L'Illustrazione Italiana 1918 n.36

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112 settimana della GUGrTA d'Italia.

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XII Le forze occulte. — XIIT. La gnerra e

l'influenza tedesca alla Corte di Russia. — XIV. I tradimenti. — XV. Gli attentati. L'assassinio

di Rasputin.

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Le de

sizioni dei testimoni. — \XVIL Le esequie di Raspntin. - L'incinerazione del cadavere, — XVII. La rivoluzione,

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Quindi 761 nulla ritornar dosso,0Gurdî, al mio divfn desio;

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irezione del signor Nicolò | Liùtorra, il mar, l’ocemno cho iti, « L'otorno dati dello cone è mio, Ma incontro d'on total ridur

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La visita del Re a Milano - 31 agosto. —

ENSTEIRANEZZII. Si parla

di nervi. -La Spagna

Parliamo

di nervi.

e la pace

A noi, latini,

porzioni, i nervi d'acciaio futura.

l'opinione del

mondo ha negato da un pezzo la saldezza dei nerv Noi, si sa; abbiamo

dei nervetti teneri, che si spez-

zano alla prima strappata. Invece i tedeschi hanno i nervi di acciaio, aspri e ronzanti, nervi da farne corde per gli archi, durissimi e potentissimi. Tutto

questo è stato detto per la prima volta chi sa quando

e chi sa da chi: forse da un professore di Jena, o

forse anche da uno di quei latini severi e indignati, che la sanno lunga în tedesco, e sputano in italiano e in francese entro la insipida scodella domestica.

In breve la teoria dei nervi fragili e dei nervi rouna di quelle verità massiccie, che non si debbono neppure discutere, pena la scomunica. Molti anni dopo questa scoperta, i cieli si sono popolati d’aeroplani, e, più tardi ancora, gli aerobusti ha fatto fortuna, ed è divenuta

plani tedeschi o tedescanti hanno iniziato un siste-

matico tiro di bombe sulle città tranquille delle retrovie. Che dovevano fare i nervi italiani ? Se avessero

avuto un soldino di rispetto per la scienza germanica, avrebbero compreso che il loro primo dovere era quello di ingarbugliarsi disperatamente, e poi di tremolare, pallida matassa di fili gelatinosi. Invece no ;qualche strido di donne e di ra, prime, qualche maledizione agli assassini davanti a qualche povera bara; ma poi rassegnazione, fermezza, e una dignità meravigliose. Chi sì è trovato in città

bombardate

dal

cielo, in qualche

La dimostrazione

limpida

più. Ministri, generali, vocare che

visto, il giorno dopo, la gente ripren-

dere con mestizia ma con fierezza le solite abitudini. In una città, suonato l'allarme, tagliata la luce, la folla raccolta al teatro, intonò al buio gli inni

nazionali; in un’altra città, una conferenza non fu

neppure interrotta dalle sirene che urlayano, annunziando gli aeroplani nemici. Nei ricoveri siodono frequenti motti giocondi, e assai pochi sospiri; e, se mai, durante le incursioni, c'è nel popolo nostro più fretta di uscire dalle cantine per andare a vedere i bagliori del cielo, che furia di scappare a intanarsi sotto poderose vòlte protettrici. Insomma, messi a questa prova, i nervicini italici si son mostrati elastici e resistenti. Invece, i nervi d'acciaio dei tedeschi non hanno riconfermata la loro buona riputazione. Quando sulle

città dell’Austria e della Germania, gli aeropla: latini hanno compiuto qualche giusta rappresaglia, i giornali nemici espressero in termini non dubbii l'ansia e lo sgomento popolari. Sappiamo di con sigli comunali che si sono radunati per dare una voce autorevole alla paura pubblica: abbiamo letto di suppliche rivolte al Gran Quartiere Generale tedesco, perchè con le escursioni dei Gotha'non prosse le incursioni delle ali latine.

Il popolo che

ha inventato il terrore in guerra, e ha giubilato nel sentire che, dopo il passaggio aereo degli austrotedeschi, rimanevano dei morti per le nostre vie, quando ha provato, alla sua volta, il gusto dei bombardamenti

dal

cielo, ha mostrato

di esser capace

di sopportare con cuore fermo il dolore degli altri, ma di non saperreggere all'urto del proprio dolore. Adesso poi, mentre gli alleati in Francia riducono il dio Hindenburg ad umane troppo umane, pro-

zz

BANCATTAI

si. screditano ancora di

scrittori non fanno che in-

il panico cessi, che Berlino non tremi

troppo, che Vienna non s'afflosci scorata, che Buda-

Pest non s'avvilisca. I nervi tedeschi sono giunti a

proporre a sè stessi l'esempio dei nervi francesi; e potevano anche parlare dei nervi italiani, che Caporetto non lacerò, anzi più gagliardamente tese, come s'è visto in giugno. Intanto i bollettini Hindenburg sono pieni di delicatezze materne per i popoli degli imperi centrali; e fanno ingoiar loro le varie e vaste e amarissime sconfitte, in piccole dolci pillole inargentate. Poveri, buoni, solleciti bo!

lettini tedeschi! Non parlano che di attacchi nemici infranti; e, viceversa, a ogni assalto brillantemente

respinto corrisponde sempre un salto indietro e un fiume rivalicato in fretta e una dozzina di villaggi

perduti, e qualche città evacuata per forza. Bugie così sciocche e tortuose e impacciate, che comin-

ciano spargendo l'incenso della vittoria, e finiscono schizzando di nascosto un piccolo pugno di sconfitta, bugie

di questa

tanto pietose, non

specie,

tanto

impudenti e

si raccontano che ai ragazzi im-

la Germania

Reale.

era forte, la Spagna aveva

studiato

un magnifico itinerario; girava al largo tutta l'Eu-

ropa in fiamme, si presentava a Berlino e andava ficio della pace. Adesso, mentre la Germania pencola un poco, sarebbe anche disposta a percorrere un altro cammino, purchè asciutto e piano, senza chiazze di sangue e senza buche di granate. Tutto questo mi fa pensare a un particolare di dietro la Germania a portare la sua pietra all’edi-

vita spagnuola. Non so se oggi gli usi siano mutati

ma dieci anni or sono quando un povero figlio di Adamo voleva spedire un telegramma dalla Spagna, doveva chiedere a questa operazione che presuppone una certa premura, un grazioso e cospicuo periodo di tempo, una notevole quantità di passi e una serie di ingegnose operazioni. Era necessario, anzi tutto, passare da un tabac-

caio, e versare una peseta. In cambio di quella peseta, il cavalleresco venditore di picaduras e di habanas affidava alle nostre mani un pape/ sul quale era generosamente concesso di vergare il te-

legramma. Con quel biglietto in mano si andava al telegrafo, passando attraverso

le vie soleggiate, go-

becilliti dalla paura. Gli uomini seri, savi, forti chia-

dendo

vincono. Così abbiamo fatto noi, così ha fatto la Francia. Ma l’anima dei nostri nemici è baldanzosa

grande edificio del telegrafo

e si otteneva da un

egregio impiegato

di attenzione

mano

male il male, e lo accettano, lo soffrono, lo

e prepotente solo quando

le cose vanno bene; la

sventura, invece, non è cibo che quelli stomachi frigidi possano digerire.

Accontentiamoci, dunque, dei nervi latini che la Provvidenza ci ha dato. Essi sono di buona tem-

pera.

*

notte di luna, non ha assistito a spettacoli di. folle

paura: e ha

popolare davanti al Palazzo

La Spagna è gentilmente disposta ad assidersi al gran tavolo verde, attorno al quale una volta o l’altra

nome

si discuteranno

le condizioni

della pace.

In

di chi e di che cosa? Per bacco, in nome

del vestitino nuovo che con grande cura avrà con-

servato nella canfora

fino a quel giorno. Pensate:

presenteranno

ansanti

a quel formidabile convegno che dovrà onestamente riassestare l'Europa, tutti i popoli belligeranti si ancora

di fatica, col volto

fortemente segnato

dal

dolore e dalla volontà, con

cheranno

allora un

viso riposato,

Ed ecco

che si presenterà la Spagna, netta, sti-

le vesti strinate dai fuochi, scolorite dalle acque, lacerate, impolverate. Gli occhi degli uomini cerun aspetto

ama-

bile, qualche cosa di lucido, di soffice, di morbido. rata, disinvolta,

tasia,

gote rase, baffi arricciati, gilet fan-

calzini di seta, scarpe di copale.

Nessun

dubbio, caramba!

che sarà

accolta

con

entusiasmo. Questo è il pensiero di tutti gli spa-

gnuoli che bevono l’azucari/lo parlando di politica con pittoresca

abbondanza.

Questo era forse sino

lo spettacolo

delle belle 727725

dalle ciglia

lunghe e dagli occhi brucianti. Si penetrava nel un attimo

profu-

mata di sigaretta, e un timbro energico sul papel

Poi una sedia e un tavolo ci invitavano a più letterarie fatiche. Si scriveva il testo del dispaccio, allenati alla pazienza e alla calma, quindi ben

disposti alla scelta delicata e precisa delle parole. Compiuta la scrittura si disturbava un altro impîegato, che, circonfuso da nuvole di fumo grigiolino,

contava le parole e scriveva sul pape/ il numero

preciso di pesetas e di reales e di certavos — stavo

per dire, romanticamente, di maravedis — che l’amministrazione spagnuola delle Poste e telegrafi reclamava per assumersi il fastidio di far partire il telegramma. Allora, col pape/ in mano, si abbandonava l’ufficio, si tornava a rivedere il sole, ad ammirare

le

ninas; sì dirigevano passi tranquilli verso la bottega del tabaccaio visitata poco prima. Il tabaccaio, con un bellissimo gesto da 4id4/go, vi restituiva la

peseta depositata prima per ottenere il papel; evi vendeva una

raccoltina

di francobolli

di vario co-

lore, per un prezzo eguale a quello segnato accanto

al vostro dispaccio, dal fumante impiegato. Ecco, ora, un’altra igienica passeggiata da fare. Si tornava placidamente al telegrafo. Qui si baciavano affettuosamente, uno dopo l’altro, quei variopinti francobolli, in modo da inumidirli alle spalle, e si incollavano sul tanto travagliato pape/. Non bastava; so-

pra ogni francobollo incollato si scriveva il nostro

pensiero della Germania;

nome; poi si faceva la‘ gradita conoscenza di un altro impiegato, che accettava finalmente il tele-

modo, non pare che sia il parere dell'Intesa. I gior-

beri di correre all'albergo, a ristorarvi di tante fatiche, con un buon sonno.

all’altro giorno, anche il

ora non sî sa più, dopo il sequestro delle navi te. desche nei porti di Spagna. Ma questo, in ogni

gramma. Da quel punto eravate padroni di voi, li-

battuti. In altre parole per andare a

Ebbene, ho l'impressione che la Spagna voglia recarsi alla discussione della pace attraverso zig-zag simili a quelli che percorrevano, e forse percorrono

imperi centrali saranno ben battuti bisogna prendere la strada diritta: quella che passa attraverso

si telegrafa con maggiore semplicità. Non si fanno ghirigori. Si paga (di persona) e non occorre altro.

nali inglesi hanno subito parlato chiaro:

i neutri non

si illudano; discuteranno la pace soltanto i popoli

che si sono

quel famoso congresso che si adunerà quando gli il campo di battaglia. La Spagna da un pezzo studia — e ha avuto tanto agio di farlo — le vie più lunghe, i nastri stradali più avviluppati. Quando

ancora, i suoi cittadini che telegrafano. Ma, da noi,

La linea retta è la più corta.

Nobiluomo

BANCA _DII A:DI SCONTO FIN

Vidal.


L'ILLUSTRAZIONE

ITALIANA

È uscito il 6° numero della Rassegna mensile internazionale: Prezzo del numero

centesimi 60; abbonamento

dal 1.° luglio al 31 dicembre:

D'AEGERONTE: Lo scaccino, quando s'inizia la prima messa, se ne va trascinando un piede per la chiesa, da altare ad altare, qua aggiusta i fiori, là raddrizza una can-

dela, spolvera il Ciborio, soffia sulle tovaglie, guard: nelle pile dell'acqua santa, s’inginocchia, si soffia il

naso con un fazzoletto rosso, attira l'attenzione delle assidue oranti facendo sonare il mazzo delle chiavi,

squadra: sospettoso i visi novi, dà una mano a sonar

le campane, e considerando la chiesa come una cosa

tutta sua

ama

mostrarvi

la sua importanza.

tutta

191

I LIBRI TRE

(DUBSBEl

LIRE.

DEL

GIORNO

— Fratelli Treves, editori.

MEP;

Baroni ha promesso, venir per l'onde un autoscafo a ritorlo, docile e pronto come il cigno di Loheng Si discende a una qualunque osteria, e dalla cucina

alla cronaca.

conoscenza. Attraversando seco lui Venezia, da ogni

trovano tutte, sublimate allo stato di cronica fre-

parola rapida rassicuratrice. di quegli uomini che in una qualche epoca della

treni per Milano sono le colonne di foco della giornata di Lello. Tutta la guerra non avrebbe senso se il paese — e per il paese i giornali di Lello, che sono il Secolo, il Messaggero e il Giornale del mattino, — non fossero messi al corrente

la faccia

lucente del cuoco lo saluta

per

vecchia

parte gente gli si fa incontro. Egli ha per tutti una

loro vita vagante debbono avere reso qualche oscuro

Con altrettanta dimestichezza Enrico Maria Baroni, corrispon-

presente di riconoscere il suo futuro, eccoli dannati

*

Le capaci

nesia,

più cinematiche del giornalismo si in Lello Garinei, quirite. Le partenze dei

giorno per giorno di quello che

dente dal fronte per il Gazzet-

tino di Venezia, muovesi per

al fronte è successo. Ce mancherebbe antro che l'Ingeggne-

ogni volta che ce ne .tornerà a

po! pensa Lello, col sangue agli occhi, appena indovina che

tutte le vie della guerra. Quando questa. guerra. sarà finita,

mente e

re nun l'avesse da sapé in tem-

qualche immagine vaga

paurosa

interverrà

istantaneamente

per

il ricordo

noi

di

Baroni a rifamigliarizzarcela,a farci risovvenire quanto in fondo, vista insiemea lui, la guerra divenisse un affar semplice, accostevole, alla mano.

n

qualche ostacolo si frammette all'invio

Ù

Fatiche e glorie, fatti e misfatti

da rovesciare

sulla lavagna: /o Baroni con

fianco, spirito accurato e mode-

ore, ilcompagno di

Rino Alessi, che

sogno

grandi e presso icomandi pic-

colì, alle sezioni sanitarie, ai tribunali militari, Rimanendo

strangolato dalla fretta!

che il momento richiede di es-

arrivar primi.

sere: profugo coi profughi, giac-

La

castello

Le automobili pronte per la

in mezzo

è vissuto molto a Venezia, roma-

arditi,

carabiniere

coi

Ma un sospetto

ga che ha un cuore tanto fatto,

e che aveva sinceramente pian-

monte ha un cugino comandan-

to la morte del magnifico avia-

te. Per Baroni la guerra rimane

tore romagnolo. Ma il démone si agi al sentimento, e în casi come questi essa fa di un leone una jena.

quindi un’ordinaria faccenda di

della «concorrenza » lascia scar-

famiglia: e ci sta dentro, ope-

roso, servizievole e crudele, co-

me fosse veterano di tutte le guerre combattute da Giulio Ce-

Ciononostante ci son due Lelli da considerare: un Lello

sare în poî. A sentirlo raccontare pare sempre che riferisca i casi e le

quando il treno sta per partire

— coi capelli irti sul capo, con

chiacchiere del mercato. Tutto gli fa brodo. Ferma le barell

gli occhi vitrei sfagiolati, che

geme, che urla; ‘e un Lello

per farsi raccontare dai feriti

quando il treno

disparte i piantonie: « come ha passato la notte Sua Eccellen-

dicale natura romanesca, d’uo-

za?» Non v'è cipiglio scuro di colonnello, nei momenti più foschi, che lo possa disarmare.

ino che lascia scorrere l'acqua sotto

della Terza Armata,

LA

FESTA

È

i

grandissima busta di pelle sotto il braccio piena di

qualche cosa bi-

sogna pure raccontargli. Qualunque cosa gli abbiano poi raccontato egli entra nella persuasione di sapere tutto quello che occorreva sapere.

Una volta per esempio ci seppe riferire che a Raccogliano sì trovavano quattro galline. Queste notizie egli poi le regala con un viso chiusoe misterioso, parlando basso, perchè facciano più impressione.

Fatto sta che quando unò va in giro con

Baroni trova da per tutto segni della sua larga in-

fluenza. Si giunge in riva al mare, ed ecco, come

CS

DEGLI

sfilano

davanti al Duca

AUTOMOBILISTI

DELLA

servizio a Mefistofele: il quale poi per compenso del mondo senza mai titubanze.

Per

questo rimane

sempre una punta di crudeltà in fondo a quel loro fare tanto servizievole, rimane sempre un'insanabile

indifferenza in fondo a quel loro interessamento così ugualmente vive.

distribuito

per tutto quello che

Legati al presente, eccoli insolenti col passato

e col futuro.

E siccome la guerra

nella storia sta

a rappresentare la grande passione del passato che momentaneamente non trova modo attraverso il

si

ricorda

allora imomenti belli dî rinei. La fisionomia gli si ridi

ArMaTA.

rilasciò loro la ricetta di non invecchiare, di non soffrire, di non stupirsi più di nulla, e di servirsi

che

mai la pena di prendersi le cose troppo a cuore. Vengono

d'Aosta.

III

i ponti,

quanti secoli ci son voluti-a-fare Roma e ne deduce che non val

Le automobili, gli autocarri, i sidecar, le motociclette

gallette e d’opuscoli militari, con quelle mani adorne di anelli e altro vario ottoname:

è partito, che

per qualche mezz'ora può finalmente indulgere alla sua ra-

come vanno le azioni. Piglia in

ha molto sofferto, con quella

lo

mano non occorre che aggiun-

ad un'in-

finità di generali, e sopra ogni

Mette la mano alla visiera del berretto e vi si presenta con voce modestamente autorevole « Baroni, del Gazzettiro ». Non sipuò rimandarlo via, con quella faccia color cenere d'uomo che

atroce

tanagliava; che non giunges

lo trova sempre:

di «tu»

al cervello l’idea fis-

prima sul posto il Corriere della sera, in persona di Civinini. Quando dico che Lello è ri

in ciò lo guida un istinto formi

dabile. Dà

gli austriaci

nostre linee.

am:

ricano del sud cogli americani del nord. Un punto qualunque di solidarietà

che

sa di correre a prendere sul Montello il corpo del maggiore Baracca precipitato fuori delle

r

cogl

.carabi

eritreo cogli eritrei,

notte

ripassarono il Piave, Lello non potè dormire, Gli s'era acc

rivista.

gnolo coi romagnoli giacchè è nieri,

Egli

e che în ogni modo bisogna

di Polcenigo in quel di Sacile, veneziano coi veneziani giacchè ardito

bi-

con

ha stabilito che da che mondo è mondo «la concorrenza c'è»

sempre uguale a sè stesso, egli al tempo stesso è tutto quello

vissuto in Romagna,

ha invece

di far tutte le c

n

lavoro

suo comodo e dietro conferma, la mo’ che avremmo ritrova il nostro Lello sotto un tavolo,

che aderenza, presso i comandi-

mano coi romani,

ai piedi dell In-

gegnere, Se non gli vivesse

mezzi propri vado a.... per as-

nato e

corrispon-

della guerra, altro non sanno parergli che un dono magnifico

sumere informazioni per tutti i colleghi. Baroni può andare dovunque a colpo sicuro, giacchè dovunque egli conta qual

il suo

sua

naturalmente, l'ingegner Pontremoli, direttore del Secolo.

Certe mattine arrivando al nostro ufficio troviamo scritto

chè ha lasciato

della

. denza, delle sue fotografie, del suo telegramma: l'ingegnere è,

stende, torna ad essere animale 7 domestico, trova bei motti, dimentica un momento le sue ombre nere che sono due:

il prete («guerra a ortranza!»), e il Corriere della sera. Allora

io posso

sull’ombelico

del

collocarlo idealmente fra il

Campidoglio e l’Aracoeli e mi compiaccio di ric noscere in lui la grande e vera impronta municipale. (Pensa un po’, Lello, come Roma sta giacendo mondo,

da

tanti

secoli,

senza

scossa. Cerca di ritrovare, se possibile, un po' di calma anche t

Ma a Lello le orecchie spuntano aguzze sotto a quei suoi capelli d’un biondo bruciato... che qualche «notizia », inavvertitamente, non solchi l'aria placata. Antonio BALDINI.

CREMA E CIPRIAperHEGINA BERTELLI


L'ILLUSTRAZIONE

GLI ESERCITI Dal15 luglio, epoca dela

TEDESCHI

IN

FRANCIA

ITALIANA

SULLA

VIA

DELLA

RITIRATA. mata nel 1916, quandoi

l’inizio della offensiva de-

gli alleati,

tedeschi vollero risolutamente trattenereifranco-

data il movi-.

inglesi, e portare le loro

mento travolgente impo-'

sto ai toichi dal gene-

masse contro

I tedeschi, nella grande

all'avanzata di fronte alla

offensiva del marzo, ave-

linea di Hindenburg, gl’in-

vano di nuovo varcate la Somme

e la Marna,

la Russia.

Contemporaneamente

ralissimo Foch.

glesi il 31 agosto-1.° set-

mi-

tembre avanzavano

in

;eriamente

Fiandra verso Estaires, ri-

inglesi, con gli america-

ina di Kemmel, distrug-

1 franco-

ni, seppero

opporre

rendendo

gendo l’ultima speranza

tale

resistenza, che 1 tedeschi dovettero adattarsi all’in-

tedesca

di arrivare

alle

città costiere della Mani-

dietreggiamento. Da principi CONAA pie Taglio, a

ca. Lo stesso giorno1.° set-

tembre gli inglesi spinge-

vansi fin sotto Lens; e il 2 intaccavano profondamente il tratto della linea di Hindenburg, denomi-

ritirata s’effettuò da sud a nord fra Soissons e Reims, cioè dalla Marna alla Ves-

le, quivi arrestandos gli inglesi riconq no buona

anche la col-

nato la « linea di Wotan » da Queant

parte del te

mentre

a

Drocourt,

i franchi

varca-

vano la Somme a nord di

ritorio Leluto in prima-

Nesle, puntando su Ham.

Un comunicato da Pa-

rigi 2, diceva: « Nell’offen-

siva dal15 luglio al31 ago-

sto gli eserciti alleati hanno catturato 128302 priri, fra cui 2674 ufli, 2069 cannoni, 1734

poco dopo precipitò rapidamente la seconda linea - Bapaume, Combles, Péronne, Nesle, e, da ultimo Noyon, e la lotta ven

lanciafiamme,

derevole quantità di mu-

È

detta di Hindenburg, for-

e

e:

nizioni, provvigioni ema-

abba

teriali

Il monte

GOMME

PIENE

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‘LE PIÙ ELASTICHE - LE PIÙ ROBUSTE Fabbricate a MONCALIERI (Torino)

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R. POLA

13783. mi-

tragliatrici ed unarconsi-

soa avea Lina

« C.

di ogni specie.»

Kemmel.

GENTE DELL'ALTRO MONDO Gli Americani più interessanti d’oggi

FERDINANDO

D’AMORA

QUATTRO LIRE. aai Fratelli Treves, editori, in Milano,


L'ILLUSTRAZIONE

GLI

ESERCITI

TEDESCHI

IN

FRANCIA

ITALIANA

SULLA

193

VIA

DELLA

RITIRATA.

La piazza del Mercato di Noyon com'era prima della guerra.

La stessa piazza al 26 marzo di quest'anno.

Il villaggio di Saint-Maur; soldati italiani riparano la strada.

Strada principale e chiesa di Ressons-sur-Matz.


UsN=

sN UOVO

ERYAFBIRIRESTREA (Laboratorio fotografico

Questa fotografia fu presa da un'altezza di 400 metri. (Veggansi le bombe che cadono in direzione dei binarii). GLI

IMPIANTI

FERROVIARI

| DI

FRANZENSFESTE

BO


DIE

NOSTRI

AVVIATO RI,

driglia Aeroplani),

ao

Veggansi in alto le bombe che cadono, e più abbasso gli scoppi e gli incendi determinati dal bombardamento. LI

MATTINA

DEL

31

AGOSTO

DAI

>. NOSTRI

3V SVA.


ai

LA

VITTORIOSA

D (/2] i Pi <

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CONTROFFENSIVA

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[j ut

odop 1p vipuo] IK0}eIsINDUO o18Sema tp pd) 2YD ‘oquauzeq afep addnu) un cidse auudA


L'ILLUSTRAZIONE

UOMINI

E

ITALIANA

COSE

DEL

GIORNO.

IM

Hindenburg e Ludendorff nella storica piazza del Mercato a Bruxelles. VELI

DA

ZANZARIERA

A

UNI

IL

(Mu

i

Si

ALZI

LR

Ai

Le gare di foot-ball dei nostri soldati.

CAPPUCCIO

ALLE DONNE

PER

COMBATTENTI.

D'ITALIA.

I veli a cappuccio come si fanno attualmente sono una vera benedizione per i combattenti nelle zone del Piave infestate dalle mosche

e dalle

zanzare.

Furono suggeriti fin dallo scorso anno da un valo-

roso ufficiale che ne fece prova sull’Isonzo. Giudi-

cati dapprima inefficaci, guardati con indifferenza e quasi derisi, sono ora desiderati, invocati dai combattenti a cui zanzare e mosche, pestifere e moleste, non lasciano tregua. nè riposo. Donne d' Italia, salvate i nostri soldati da questo

tormento

che ne prostra le forze e avrete compiuto

un’opera buona toria.

Un

e concorso efficacemente alla vit-

velo costa meno

di tre lire.

Gli

Uffici

Doni e Propaganda di Torino, Corso Vinzaglio, 6, di Milano, Via Brera, 12, di Bologna, Via Mazzini, 46, di Roma, Palazzo Doria, ecc., vi daranno tutte le istruzioni per sapere come e dove acquistare il tulle

da zanzariera per i veli, oppure i veli già pronti, fatti a cappuccio.

Donne d'Italia, rinunciate

a un velo del vostro

Il Re

Ho

cappellino o delle vostre gonne e mandate per mezzo degli Uffici Donî un velo ai combattenti. Sarete benedette. La stagione incalza. Fate presto.

alla guerra.

letto un libro

dei

tempi: // Re alla guerra; di Bruno Astori e Pirro Rost (Firenze, Bemporad).

Esso

mi ha

dato vivo e

schietto piacere. Questa bella celebrazione del Re

nostro, è veramente piena di fervore, di colore, di luce intima e di genuina poesia.

La trama scelta non è di quelle che intessono i

consueti

libri aneddotici;

e la bella vigoria dello

scrivere, il buon uso dell’ argomento, che è pieno

di attraenze, rendono amabile questa lettura e di-

segnano con grande ampiezza di linee questa figura del Principe sabaudo, che vive tra la sua gente ar-

mata come un franco e generoso condottiero.

+ È un libro che non andrà senza incontrare la sua fortuna, e vivere in luce tra le buone opere della

Velo a cappuccio chiuso nella giubba.

“CINZA NO, - VINI SPUMANTI

VERMOUTH

F. CINZANO e C. - TORINO.

Gumo

pa VerONA.

Velo a cappuccio sciolto.

Il più lungo scandalo del secolo XIX (Carolina di Brunswick, Principessa di Galles), di

G. P. CLERICI. Con documenti inediti ed il-

lustrazioni, 2 vol. della “ Biblioteca Amena, — L. 3.50,


L'ILLUSTRAZIONE

LA

VISITA

DEL

Uscendo

RE

A

MILANO:

dalle Officine « Trieste » (motoar:

ITALIANA

AGLI

STABILIMENTI

i e altre macchine

agricole).

ROMEO.


L'ILLUSTRAZIONE LA

VISITA

DEL

RE

A

MILANO:

ITALIANA AGLI

STABILIMENTI

Nelle acciaierie in attesa di una colata.

Il Re, acclamato dagli operai, lascia gli stabilimenti Romeo.

ROMEO.


ILLUSTRAZIONE

LORD

MAYOR

A

TORINO

VISITA

pr, accompagnato

dall'ing. March:

GLI

ITALIANA

STABILIMENTI

visita gli

DELLA

“FIAT”.

stabilimenti della «

ll Lord Mayor, il prilno cittadino di Londra, venuto negli scorsi giorni in Stabilimenti della £izf. Il prosindaco di Torino avv. Depanis gli è stato di ggio di solid: li simpatia della sua grande | SÌ palagi è si monumenti cli cavi ingi Mdfchesi alle officine e alle metropoli, ene ha ri o imonianza di amicizia e di am- | macchine della Fiat ne del, popolo italiano intento all'armi e al lavoro. L'alto magistrato Una sola profonda ammira a riunito le impressioni dell'ospite illustre, ieme alle ispirate e presaghe paconcittadi isuoi ttà, le nostre | che le rievocherà per > nostr valorosi eseri ‘e ha visto i nostri ine, la forza, 2, le 2: ali storica e dell'It: role con cui lo ha sal ing. Marchesi: «Quando sarete tornato nel vodire agli operai inglesi che il battito dei martelli degli ciav pae ro a Torino lo spettacolo insigne delle due città fuse nuova. Ha contemplato anima e în un solo destino: la città regale con le sue nobili e |: operai italiani è l' imore delle vostre officine; dite loro che in Italia lenne, abbracciata in uno sguardo dal Monte dei | siamo tutti convinti che il formidabile ma concorde concerto delle macchine à industriale estesa e palpitante negli | lavoratrici e dei cannoni è il preludio del canto della pace ». Cappuccini, e la nuova titanic


L'ILLUSTRAZIONE

201

ITALIANA

del 1870 e fu più tardi capo della Casa militare del Presidente

della

Repubblica

Carnot, poi

go-

vernatore di Parigi e finalmente generalissimo dell’esercito francese. Nel 1914 riprese il servizio attivo ed ebbe il comando di un gruppo di divisioni territoriali, mentre mare,

i tedeschi

correvano

verso

il

Le sue divisioni molto soffersero moralmente

e fisicamente, ma trizzandole

egli seppe

riordinarle,

coll’esempio, contribuì

e, elet-

ad arrestare la

marea germanica tra Amiens e Béthune. Poi per ragioni di salute dovette

ritirarsi

dal servizio at-

tivo.

I problemi fatali agli Absburgo. — Nell'ultimo

volumetto delle Pagine dell'Ora (Milano, Treves), Pietro Silva esamina due dei più gravi problemi della politica interna dell'Austria, quelli su cui l’In-

tesa, nello scopo di abbattere la monarchia austroungarica, dovrebbe maggiormente tener rivolta la propria attenzione. Il problema dei territorî czeco-

slovacchi e jugo-slavi. Solo, infatti, quando questi

territorì saranno staccati dall'impero, e non solo quando saranno strappate al nemico Trento e Trie-

ste, si potrà considerare l’Austria politicamente e + Morozzo peLLa Rocca Feperico, di Palermo, capitano granatieri, decorato con medaglia d’oro con la seguente motivazione:

«Con truppe miste della Brigata granatieri © di altri corpi, circondato da forze nemiche soverchianti, battuto da poderose e numerose artiglierie avversarie, senza viveri e senza munizioni, contese rabbiosamente ed ostinatamente all'avversario, per più e più giorni, una posizione di capitale importanza, trascinando più volte gli avanzi de’ suoi riparti ad epici contrattacchi alla baionetta. Con perizia, con fulgido coraggio, con sovrumana energia, resistè fino agli estremi, in condizioni disperate, destando l'ammirazione dello stesso avversario. Monte Cengio (Altip.di Asiago) 28 maggio-3 giugno 1916 ».

+ Gumo Monti,

di Pordenone,

tenente

d’arti-

glieria, decorato con medaglia d’oro con la seguente motivazioni

militarmente annullata. Il Silva esamina i due movimenti separatisti nella loro genesi. Quello czeco ha origine nel 1600 con una rivolta, che culmina nella sconfitta degli insorti alla Montagna Bianca, continua anche durante

“ rinunciando all'esonerazione e alla riforma, assunse volontariameute servizio. Nominato ufficiale d'artiglieria, chiese ed ottenne di essere addetto agli osservatorii di

l'accentramento di Giuseppe Il, prende nuovo im-

tusiasmo disagi e pericoli. Più volte sotto l’infuriare del bombardamento nemico che interrompeva le comunicazioni, riuscì col suo personale intervento a ristabilirle e a mantenerle in efficienza. Una volta, sebbene ferito e contuso in

tesche di Praga, e, tentato di soffocare interamente

prima linea, nei qual

‘ammalato, affrontò con en-

iù parti del corpo e con febbre alta, rifiutò di ritirarsi dalzione, nella quale continuò per due giorni. Il terzo giorno,

pulso di correnti idealiste al tempo della rivoluzione francese, si manifesta nelle rivoluzioni quarantot-

dal 1866 fino allo

scoppio della guerra mondiale,

continua a palesarsi sempre, per opera ultimamente di un partito richiedente la restaurazione dell’antico

regno czeco.

visto un reparto di fanteria privo di ufficiali, ne assunse il comando e lo condusse all'assalto di una fortissima posizione, persistendo nella lotta, ‘sebbene gravemente ferito. Castagnevizza, maggio, e Dosso Faiti, 21 agosto 1917 ».

Anche il movimento jugo-slavo si riconnette, in origine, alla rivoluzione francese, ma fu meno de-

jutato, fu uno dei più operosi liberali democratici; facevano capo a lui molte organizzazioni patriottiche e sociali. Invaso ilsuo paese dai tedeschi, venne in Italia e prodigò la sua attività nella propaganda per la guerra e per l'amicizia ©la fiducia f'a le nazioni dell'Intesa. ns — È morto di un colpo l’ex-generalissimo francese Brugére. Nato nel 1841, partecipò alla guerra

tare tutti i partiti jugo-slavi dell'indipendenza comune.

ciso di quello czeco-slovacco, certo a causa delle diversità di lingue, tradizioni e religioni della razza slava. La dichiarazione austriaca di guerra alla Ser-

bia riavvicinò le più opposte tendenze, e fece orien-

NECROLOGIO.

_ A Parigi è morto improvvisamente, il 1.° set-

tembre, il deputato belga Giorgio Lorand, conosciutissimo in Italia, dove visse a lungo da giovine

essendo studente, un trenta anni sono, all'Università esistente

di Bologna, allievo deì collegio fiammingo

daZsecoli. Nel Belgio, dove ben presto fu eletto de-

Il Silva

conclude

prevedendo

slavo, le cui tendenze

l'aspirazione

a fine

attuali sono

guerra

DENTIFRICI

È

ELIXIR, PASTA, POLVERE o SAPONE >”

DICTIN dei

>”

DE

(i

RR.

PP.

SOULAC

sno RIGOROSAMENTE danno ai denti un CANDORE

ANTISETTICI SMAGLIANTE

possiedono

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— Piva danttricl. ra a

la

identiche alle

nostre, eTche”culminano nel principio nazionalista, della libertà rispettiva di ogni popolo. (Il Messaggero della Domenica).

[ele lec lc|ele e clelc;o [e cleic

ì

verso

formazione di due Stati liberi, czeco-slovacco e jugo-

n


202

L'ILLUSTRAZIONE

PLENILUNIO — Bada fai male.

DI SETTEMBRE

coi pettini, fai adagio, stai attenta, mi

— Sì, sì, sto attenta. Vi metto tutta l'attenzione;

ma' non è possibile, sono un solo intrico, paiono i cordami delle vele dopo una tempesta. —

Sono

come

i desiderii

e i pensieri;

ciano in un punto per riprendersi e riunirsi più lontano.

ITALIANA

IN CORNOVAGLIA,

novetta pi RAFFAELE

sole batte di sbieco ma basta per asciugarli e per dorarli come l'uva che va maturando... — E passava i capelli tra le dita molli e poi la accarezzava

pianamente sulla gola e sulle spalle per il gioco di veder fiorire di rossori improvvisi e di brividi il candore paffuto della pelle. Ella non piangeva come

d'uso, non

sospirava.

S'era

dimenticata

il

gran male, e Brandina che l'aveva vissuto di riflesso

— Sapete che il settembre fa bene ai capelli e li fa più biondi? metà sono di un oro pallido di

dolcezza

hanno assunto una morbidezza molle che li fa pie

mento venuto meno come un vento in bonaccia.

moneta, metà

d’un oro

più fulvo da reliquario, e

ghevoli a tutte le carezze.

Alle carezze? non conoscono che il peso della

corona. — Gran peso! gran peso, Regina! ma se li veanche

le dita

da lontano

così disciolti, se lì filasse

credo che ne morirebbe.

Brandina?

Chi? se non il Re? Mi sono

‘a questa mane non so bene se rinata o dissepolta. C'è nel mio

capo un vasto

ronzìo di mille

i e mi sento leggera e chiara come

una bam-

bina. Qualcosa manca alla mia vita, Cosa? Cosa? Brandina ? Tu che mi conosci, tu che tu che mi sei più d’una camerista una sorella; mi capisci?

Nessuno mi ha mai capi

— Uno sì. Uno sì. Voi

sapete chi, senza che io

vate il suo nome sempre desiderio nel nominarl

sulle labbra, morivate di ile che siate così

lo nomini.

Solo

l’altro ieri, solo l’altra

notte ave-

bene guarita. In virtù di che farmaco, Regina ? —

Non

sol! non

buio più incerto

so!, non so bene. Brancolo nel della conoscenza,

a tastoni, e mi

prgo di non essere più io. Mi par di rasentare — O la saggezza? A chi pensate? follia...

A chi se non al Re? e Marco ?

è andato ? dov'è andato?

rucciato

iccial a caccia! Non l'ho mai visto core violento come in quest’alba: scudisciava

cani, cavalli, falconieri, ‘canattieri:

di paura —

come foglie.

Perchè

tutti

tremavano

è così aspro e violento, da un po’?

— Non è da un po’, è

sempre, da un anno

almeno; da quando venimmo dall’Irlanda con la nave.

i scarlatto sul cassero, conporgeva da bere. testo sogno confuso. Lavamii capelli con un po’ d’acqua nanfa. — È meglio se vi sedete presso il davanzale. Il

giorno e notte era quasi impaurita di indifferente

sopravvenuta

quella blanda

al delirio, pur

conoscendo la magìa per la quale era a un moGli occhi eran meno cerchiati, il pallore moriva

in un roseo più caldo. — Non piangete più, Regina! non piangete più ! — Piangevo dentro di me! mi struggevo da sola non so bene per cosa, per chi. È come quando uno cade da cavallo e si ritrova tramortito nel polv: rone di una strada ignota e gli par di ridesta dopo un sonno di anni! — Ricordate ? ricordate il tormento dei giorni scorsi, delle notti scorse quando mi dicevate: «Bran-

dina, tienimi alle

caviglie o mi

getto giù », È vero?

— Dolce cosa dimenticare ! iiziondo ha due Iddii: la speranza e l'oblio; e l'oblio è certamente il

più grande. — ‘« Come soffro, mi dicevate, come soffro », e serravate le labbra per non urlare di spavento. — Questo, ricordo; questo, ricordo :mi dicevo una

vedendo i rematori sotto la sferza nelle gio nate di tramontana arrancare senza fiato: muterei la mia sofferenza di Regina con la loro

e vorrei piuttosto arrancare sotto una

di schiavi;

sferza

anche

più crudele in una navigazione libecciosa più fosca,

senza fine.

Il cielo si

velava un poco

di nubi lanose soffici

e leggerissime: e appena l'ombra sopravviveva, la camera si empiva di una biondezza d'oro in cui scintillavano i bacili di argento pieni d’acqua e gli

smeraldi della collana.

$'Anche il paggio osava ora patlare: — Non sei più ammalata, Regina? © Ella si volgeva al fanciullo con un ri jo luminosissimo e nuovo alle sue labbra dolenti

— Vieni, vieni qui:

lunghe dita da liutista gliatura ricciuta.

lasciati accarezzare — e le scomparivano

nella capi-

— Badate! Badate, Regina! la mia scimmia ha confidenza.

non

— Sciogliela! sciogliela! lasciala correre incon:

tro alla levriera.

E la scimmietta impennacchiata fuggì.

CALZINI.

La levriera donata veniva innarizi lenta lenta per

i gradini di malachite con un leggerissimo passo

sospeso e timido e scuoteva negli urti il sonaglio d’argento lucido e sonoro come un diamante traforato, Ella si inginocchiava dinanzi; prendeva il muso scaltro fra le mani senz'anelli, rovesciava sovra le pupille di smalto le orecchie lunghe della cagnola nervosa. Poi si alzò da sedere, ritornò alla

finestra, s'appoggiò al davanzale, curvò il capo, lasciò che tutti i capelli asciugati le piovessero all’ingiù della fronte, pari pari alla nuca,e rise, rise finalmente,

rise di sè,

del mondo

liberato, della

gioia racquistata, della felicità chiara raggiunta. E la voce squillava come il cantare di una quaglia

dentro una bracciata di frumento.

Ma Brandina consapevole del segreto e della magia del sonaglio che la levriera teneva al collo e per il quale si sperdevano tutte le tristezze e annegavano i ricordi, si rammaricava per l'eroe così

presto dimenticato. La reggia era tutto uno strepito

di vita mattu-

tina di serve, di schiavi, di mute, di falchi; il mare

era senza velee senz'onde: accanto alla foresta di

abeti nerissimi, le selve di betulle a perdita d'occhio sentivano nel fogliame un brivido colorato di

Autunno. La finestra respirava spalancata: le fontane dell'atrio rovesciavano il pianto degli zampilli dai bordi di vetro nei bacili cendo

uno

strepito

alabastro fa-

di danzatrici ubriache, e Bran-

dina parlò colla sua signora. Osò perchè non la vedeva in volto, perchè i magati occhi regali erano fatti invisibili dai capelli: perchè intuiva di adem-

piere un compito strano e fatale. Le parole, tentatrici e cautissime, le uscivano dalla bocca a fragola, come

rincorrendosi

— Mezzogiorno; il Re sarà qui, a minuti. Presto presto racconciamo i. capelli, mettiamo tutti gli

smeraldi, sciogliamo tutte le perle. Presto, presto, non siete mai

stata così bella, così sorridente. La

tristezze come

il vento con le nebbie; le allontana:

magia del sonaglio compie il suo miracolo. Colui che pena (o penava?) în Irlanda per la sua dolce-cuore vi ha mandato per guarirvi una levriera che reca un sonaglio fatato; il sonaglio fa con le non esistono più. Sereno! Sereno! Regina, siete li-

berata, liberata dalla tentazione che .è figlia del desiderio, madre della perdizione e sorella del diavolo. Fate una

croce;

che li raccolgo, che

ma state

attenta ai capelli

li torco. Volete mutar veste?

perchè no? la levriera vi guarda, pensate che quegli occhi di smalto specchiarono di là dal mare... —

Lui, Brandina ?

99

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L'ILLUSTRAZIONE — Vedete, Regina, se ignoro le arti delle fate e i miracoli della magia ? Non ritornate pensierosa; animo; ridete, ridete. Chi ride di plenilunio tien lontano ogni infortunio, luna piena di settembre dentro il cuore vi risplende, la Regina di Cornovaglia se sorride acceca o-abbaglia. Ecco gli zoccoli alti, i braccialetti per le caviglie, le armille per i polsi, le perle. Il Re rientra, il Re rientra! vi ritrova sua. Benedetto questo giorno, quest'ora! Perchè non ri-

ITALIANA

Poi il Re volle che la famiglia se ne andasse, che la musica cessasse i suoni. Rimasero soli; a fronte.

rinai che giravano gli argani e tiravano în secco Ella provava

una volontà

tare: le venivano

di canstrofe di

canzoni, e alle caviglie ritmi di

di un’ebbrezza diffusa einsonne; traboccava incon‘tenibile. È Poi il Re volle che ella bevesse nella sua coppa;

La levriera vi conosce, si inginocchia: è uma-

nissima come la cerva di Santa Genoeffa. Udite il suono del sonaglio: ha la voce di un angelo. La cena era sul finire. Due ancelle mormoravano, vedendo la Regina lieta e disamorata: — «lontan dagli occhi lontan dal cuore » e ridevano con malizia. — Tu mangi, finalmente! — Sì: sì... — Tu bevi, finalmente! Sì: sì.

Tutta la cortigiànìa guardava; estaticamente. Era

la riconciliazione; era la pace famigliare; fuggite le nubi, dissipata la gelosia torbida. Re Marco gongolava.

Ella sorrideva senza sapere il perchè: ritrovava

accanto ad una letizia disusata esepolta, una sen-

sualità vitale infrenabile. Aspirava ilprofumo. delle vivande, dei vini

danza. Il vuoto che

si rovesciò,

che passavano

alle mani

degli

scalchi e dei coppieri: la vista degli arrosti

fu-

onde su onde. a La levriera si era accucciata in cerchio sulla falda

di porpora d’un’altissima portiera come sulla base® di un monumento funebre; il sonaglio splendeva nella penombra. Brandina, appoggiato il volto sul braccio, dor-

e tutto

parve che ridesse al disopra di qualcuno che pian-

miva, chiuso e pesante. Il miracolo del sonno,

geva nella lontananza. Forse un bambino, forse un

manti, dei pesci rosei lessati che una volta le moveva nausea, ora le faceva dilatare le narici e schioccar la lingua contro il palato. Sentiva fame finalmente: e sete. Addentava certe frutta roscide, certe carni sanguinolente con morsi piccoli e acuti di belvetta. Il Re sbadigliava; masticava forte, a tratti rovesciava indietro il capo canuto per rider più sguaiato e si appoggiava alla tavola scuotendola tutta. Ella lo spiava hi sotto le ciglia incrociate; il sangue bellissimo le affluiva a vampate alle tem-

pie e alle orecchie per una vergogna istintiva

HUSta rozzezza dalle mani /pesanti, inselvatichita le caccie, dai festini, dal cioncare, dal cantare, dal combattere. La levriera gironzolava fra panche

e tavole, inquieta, timidissima; e il sonaglio la-

sciava cadere goccioloni d’argento squillantissimi fra lo stropiccìo dei piedi e il ciangottìo del vasellame.

lice,

— Come sei bella, Regina. — È l'abito nuovo verde berillo che mi sta bene.

mani da ladra e da amante, lo passò carne, e allora lo tolse dalla

dal

goletto

slacciatura del seno.

Appariva lucente come un ciottolo bagnato, e scin-

tillente come

una

madreperla;

metallico diminuire come

se

sentiva

il freddo

la febbre

delle vene

azzurre sì fosse comunicata a quelle invisibili del-

l'argento; lo scrollava pian piano:

il suono si espan-

deva, per cerchi, con la beatitudine, nella notte, la portava indietro indietro agli anni d'Irlanda quando

era usa addormentarsi sotto le pergole con i grapoli appena colti fra le mani. Si ritrovava l’ani

Beata. l'ala: (score pena. I levrieri famelici

dormire.

Cessati'i canti dei marinai, spente

gelosia, l'insonnia, il sospetto, la menzogna, che la

le voci della

tormentavano giorno e notte da tanti anni, avevano cessato dall’inseguirla. Tutto era sonno.

città, morto il crepuscolo; si levò. Tutta la Corte intese il suo canto salire di nota

Il sonno teneva la reggia da cima a fondo.

în nota, propagarsi di gradino in gradino finchè fu di colpo mozzato dal richiudersi della porta bronzea pesantissima.

C'era un arciere ubriaco che canticchiava sor damente, poggiato alla saracinesca; e si ridesta

per urlare la parola d'ordine ad ogni ritornare

Si trovò nella camera da letto e tacque. Spense

sei lampade dai becchi grifagni; tranne una foggiata a colomba. Si sentì felice, si accorse che jr pace era intorno a lei, dentro lei, e tornando in-

pensiero rammentò

ch’essa le era venuta da na lo la nave le aveva portato in dono dall’Irlanda con la levriera falba il sonaglio d'argento. La febbre che durava da giorni,

la disperazione di tante ore, il pianto, lo- struggimento, la sete folle sì erano mutati un senso stanco e sterile di. oblìo come,se!qualcuno di troppo caro le

senza

nel tepore della gola, ebbe un leggero brivido, poi le parve ch'esso divenisse una parte della sua

scatto, di abbandonarsi anzi pian piano; ma specchiandosi di sbieco nell’argento di un’armatura non si riconobbe, impaurì, si divincolò, sciogliendosi. E il Re,la lasciò sola. Non vi erano ormai più che due luci: tra gli orli delle nuvole l'oro del plenilunio incandescente e un oro più fulvo, più violento, più misterioso sulla porpora dove la Reginapoggiava il bellissimo

dietro giorno per giorno col

e

angoscia, le stavano

Era il miracolo del sonaglio: Brandina aveva ragione. Lo slacciò dal collare leggerissimamente con

Ella levò le mani in arco come a proteggerli dalla bramosia,a serrarli; egli alzatosi da sedere la baciò sulle treccie con la bocca larga e violenta che sen-

*

piana e fe-

senz'anima

tristezza e senza

ora dinnanzi ritornate per sempre.

tiva il vino. o) Si stupì di non dare un grido, di non levarsi di

per non

la esistenza

l’indolenza» smemorata

cuore, senza

— E fiorita e matura e fresca: con i capelli che i nostri marinai credono di vedere dall'alto mare...

capo chiomato

cielo, circondava

sicuro dopo un navigare tempestoso, vento su vento,

si era fatto intorno alla sua mente si empiva ora

e la Regina bevve, e la coppa

del più alto

il silenzio delle sue vene con quello delle enormi stanze. Le pareva d'essere approdata in un porto

gabbiano sui frangenti.

*

=

toccavano il sereno

grandissima

alle labbra, spontanee,

quale fu ridonata la vista, e disse: «lasciatemi l’oscurità; io vi vedevo un mondo molto più bello e

molto più mio di questo»?

misteriosamente guarita. La Reggia in un cerchio di torri e di nuvole che

le navi.

dete? non ridete già più.

— Brandina, dove si racconta di quel cieco al

Brandina aveva detto il vero: l'amante lontano giudicando dal proprio tutto il suo strazio, aveva

Voluto ch'esso cessasse e il suono argenteo l'aveva

Il respiro di tutto il mare avventò una folata salmastra piena di resina e di canti; i canti dei ma-

fossefmorto.

della ronda. — «Gog e Magog. Gog e Magog, Go;

La parola barbarica chiudeva

barriera

di fantasmi

delle nubi. Ella si dimenticava

e Magog..»

più

terribili.

eggia in una delle torri e

del

mondo;

non

piangeva

più, non rideva più; i guinzagli che la vincolavano si erano allentati, la lasciavano leggera e disciolta. Gli occhi

grandi

rasserenati

vedevano

nel

fondo

dello specchio un sorriso roseo sotto un casco biondo armato di smeraldi e di rubini; il casco si

era rifuso nell’oro dei capelli che ella soleva sper-

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L'ILLUSTRAZIONE

204

ITALIANA

perare e straziare nei gesti insonni della disperazione. — Veramente, — mormorava — questo sonaglio

dimenticato le si avventò contro, la

desse, così trasmutata

nominava, da troppo non lo chiamava:

è la più preziosa cosa del mondo, S'egli mi vee diversa,

quanto ne gioi-

rebbe: se gli andassi incontro non mi riconosce-

rebbe. E nell'atto di chiamarlo, si accorse di aver dimenticato pur il suo nome, il nome che ella usava una volta per designare tutta

la sua vita, tutto il

creato. Il nome di tutto. N’ebbe sgomento. Corse a. guardare, in preda alla follìa, dietro un guanciale di porpora sulla spalliera di un sedile dov ella aveva inciso con un crinale le iniziali dei due homi

intrecciati e il suo nome intero.

. Nella furia il sonaglio scivolò dalle mani e cadde: rimase per terra in una pozzanghera luna, simile alla perla nella valva della conchiglia.

La levriera levò il muso e le orecchie in sospetto

e mugolò.

Buona! Buona levriera! hai sete?

E versò un po’ d’acqua nelle mani e gliene fece

coppa al muso e sentì nel

palmo il rugoso viscido

della lingua come la.coda di una salamandra. Poi la levriera riprese sonno; e la Regina col fiato sospeso, col cuore in gola si tolse le babbuccie per non far rumore, s’allungò come una pantera a raccogliere il sonaglio ch'era scivolato, lo recò alle labbra, alle palpebre; spense

colomba.

i

La notte fu una

anche

il lume della

sola; la finestra s'ergeva

come la coffa di un albero maeò alla balaustra che dava. sullo specchio fosforescente, lasciò cadere senza gettarlo il sonaglio che fu inghiottito, luce l’acqua, senza

e suono,:

dal-

pur un tonfo. E subito comprese

di

aver gettato in fondo al mare la vita e la speranza e di aver giuocato il destino. Il tumulto

dell'amore

la riprese, la piegò. come una

tasi al largo. La febbre martellò

scosse, la lasci

grande onda forma-

una catena alle

tempie, al cuore, alle caviglie. Da troppo non lo

— Tristano. Sentiva lo spasimo di formare quella parola con la bocca e di udirla: avrebbe voluto che tutto il vuoto della notte si empisse di quelle sillabe tristi come il nome, tristi come l'eroe. E sentendosi smarrita chiamò: — Brandina! Brandina. La camerista alzò gli occhi assonnati e nebbiosi: — Chi mi vuole? —

Cosa farà Messer Tristano in quest'ora?

— Chiamerà Isotta. Sì, vero? Chiamerà me! Mi chiama!

S'avventò scalza

per la scaletta

teva alle bertesche

buia

che

met-

della torre mastra: le ginocchia

le si scioglievano sotto la gonna, il cuore propagava il battito moltiplicato di scalino in scalino a

tutta la reggia; ela gran selva bionda dei capelli

nel fremito della corsa cominciava a gonfiarsi, a fiorire, rovesciando dal casco la visiera sulle occhiaie violette piene di ombra. Ella ritrovava nello smarrimènto di quell'attimo il suo amore dimenti-

cato; il cuore le doleva ma era sempre vivo.

Afferrò il pettine di smeraldi (era il suo gesto), sciolse le treccie, si chiuse in quella nuvola d’aurora, strinse fra i denti una ciocca per poter dire

sottovoce: « Tristano |Tristano! Tristano!» senza singhiozzare, senza rotolarsi per terra, senza dare il capo nelle muraglie; per aver respiro e salire più in alto. — Tristano! Frristano! meglio l’Inferno con te che il Paradiso da sola.

E pensò Tristano, e nominò Tristano e gettò alla

notte la parola Tristano;

e ringraziò

° tanta voce da poter nominare fino alla morte quegli che, di là dal mare, si chiamava Tristano. Dalle bertesche più alte la reggia proiettava l'om-

bra tozza e feroce sulla marina opalescente; l’aria era agitata da una nuvola sonora che passando fra il sommo delle montagne stendeva un battere di

vele e una collana di ali fra stella e stella. Stormi di gru passavano nelle nebbie plenilunari del settembre. Le venivano, confuse e indistinte, alla memoria le canzoni che accomandano al volo dei migranti i pensieri d'amore: avrebbe voluto varcare l’ignoto luminoso ch'era il cielo del plenilunio, superare la fosforescenza del mare, arrivare, chiedere di lui, sorprenderlo taciturno e melanconico, buttarsi nelle sue braccia: morirvi. E pure le bastava di poter piangere, di potersi torturare, di poter vivere per pensarlo, per chiamarlo. La levriera, udito nel dormiveglia il passo della signora scomparire nell’alto, ingoiato dalla strombatura della scala, si svegliò, diede due o tre sgambetti nervosi e col passo saltellante, di scala in scala venne alla porta dove dormivano, poggiate

alle alabarde, le guardie del Re. E cominciò a guaire, e a piangere umanamente

tremando

come

una

creatura. Tanto che Re Marco si destò da un suo

sogno di guerra. — Dunque: c'era nel reame di Cornovaglia una levriera smarrita e piangente! Cosa fanno — urlò —

i canattieri, gli scudieri, le guardie? Che vigilanza? Barcollando obeso ed ansante, in una gran ca-

micia gialla sì affacciò alla porta. Faceva un

ple-

nilunio chiaro e limpidissimo. Tutta la guardia dormiva, ronfando in tono di basso. — Vieni qui! Vieni qui! Paurosa! — l’afferrò per la collottola e la portò a dormire fra le coltri. RAFFAELE

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pegzzione cheneAfece

| ANGELO GATTI (ora colonnello di S. M.) nei

LA GUERRA SENZA

CONFINI]

In-8 di pagine xv-349, edizfone Treves, Cinque Lire.

Sottosegretario di Stato per le Colonie. pe

LE VERGINI ‘Commedia in 4 atti di #

MARCO PRAGA TRE LIRE.

low pubblicava: alla vi, ilia della

Imperiale, è stato completamente

rimaneggiato

guerra, e

dall autore ed agere

sciuto d'importanti ‘capitoli, secondo il nuovo punto di vista è il nuovo

ordine di fatti creato dalla guerra. Riesoe ora sommamente interes:

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oe)per sa UE

Corttoriaià, quest'edizione rinnovata —

completamente ritradotta dalnuovo originale tedesco — con la prima

stica d’avanti guerra, e di cui rimangono ancora pochi elio wr volume in-8, di 354 pagine. DIECI LIRE. on [l

teressante il confronto tra le fasi della recente offensiva franco-

pria

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libro che il principe di Bal bbli || IlArc naro my pair avaveti ge gum

LE DUE BATTAGLIE DELLA MARNA] remo La nuova ‘dittoria degli Alleati sulla Marna

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DI BULOW

Traduzione dal tedesco del} Dottor ALBERTO BOCCASSINI, con Prefazione dell'Oî. Conte PIERO FOSCARI,

e da piangere, no‘a

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PRINCIPE BERNARDO

Ria MESSINA. La stella confiden-

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(La spada e l’aratro) |

DI EGO

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TRE LIRE.

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