L'Illustrazione Italiana 1918 n.46

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D'ITALIA SBARCA A (Sezione fotocinematografica dell'Esercito).

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TRIESTE.

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L'Audace con a bordo il Re sì accosta al molo San Carlo.


L'ILLUSTRAZIONE

434

ITALIANA

mini che non possono parlare che con l'Universo, brigherà forse con quattro generali immutriati per riavere quello che ha perduto, farà il Napoleone

INTERMEZZI. L'abdicazione dell'imperatore Guglielmo Il. La morte di Luigi Rasi.

Quello era il vero, il miglior ufficio, per un uomo come lui, dalle

ordinate abitudini mentali, che sa-

eva più cose

‘di quelle

per recitare

ene e quindi poteva insegnar molto ‘agli altri. I suoi allievi furono numerosi; alcuni raggiunsero

fiammeggianti, da

montagne che si spaccavano come pomi granati, da

desca ribollirà nel suo petto. Gli Hohenzollern non

teatro sperimentale, che dava spettacoli di un raro interesse. In questi ultimi anni il maestro sapiente

Una volta i grandi avvenimenti avevano la cortesia

di farsi

annunziare

da

comete

bambini con le corna o da vitelli con tre teste, da

no di espiare. Odierà ancora; la famosa collera te-

immagini di santi che si mettevano a strizzare occhi. Adesso le cose vanno più lisce, e noi ab-

possono soffrire che di idrofobia.

biamo appreso che iîl Kaiser si è schiodato dal suo

trono,

in un giorno tutto

limpido e normale,

nella

più dolce estate di San Martino che si possa dare. Sicuro:

una

il Kaiser non è più il Kaiser. Egli aveva

immensa

collezione di vestiti: da imperatore

Potente, fu una delle più fatali figure della sto-

ria; non per le qualità positive o negative che egli

ebbe, ma per i principî che impersonò, e i pericoli che rappresentò. Ma cade senza grandezza, ringhiando, come una suocera spodestata dalla nuora. Il grande fragore che si ode adesso, non è

e da re, armature da guerrierone tedesco antico, e quello del suo crollo; ma il crollo di tutto il mondo tedesco; muoiono veramente e compiutamente filouniformi da ussero della morte moderno, o da ammiraglio, o da generale dei più disparati paesi del sofi, politici e soldati, che sono già cenere da un mondo, dalla Spagna, naturalmente, alla Greoia di pezzo. «Abbiamo creduto al diritto della forza, ha proclamato il cancelliere; ora siamo guariti ». Se Costantino; e /oden tirolesi e barracani arabi, forse siano guariti non sappiamo; certo il mondo oggi anche gonnelline di penne di pappagallo, secondo l’ultimo chic zulù: duto,

ma un abito

da ex Guglielmo,

da semidio deca-

da lavoratore

del trono a

spasso, da signor nessuno, insomma, non ce l'aveva,

fra tante brache e giubbe e corazze e palamido;

Anche lui, come la Germania, a tutto erano preparati, fuori che ad assumere l'aspetto e l’atteggiamento degli sconfitti. La immensa superbia di questa

gente non aveva

messo il dolore, la disfatta,

il disonore nei suoi sanguinosi affari. La stupid: certezza della sua incolumità e della sua predesti

è convinto

che

questo

diritto

è criminoso, e non

più che esso tenti di risorgere. Fin che che in nome di questo diritto grandeggiava, conservava la sua vecchia potente strut

tura gotica, c'erano troppi che credevano nella bel-

una bella notorietà;

tutti si distinguono per spe-

ciali caratteri di signorilità nella dizione. E la scuola

di Firenze, sotto la guida di Gigi Rasi, fu un vero

e curioso potè far recitare dai suoi giovani

e la Chifra di Rabin-

traverso una passione e una

fatica di decenni, lo

Ma Rasi non era tutto qui; egli era divenuto, at-

storico dei comici

italiani.

regrinazioni, la grande famiglia dei nostri attori; ne cercò le tracce negli archivi e nei libri, nelle lettere, nell'immagine e nel cimelio; raccolse un materiale

prezioso, il più completo e organico che l'Italia possieda, un museo meraviglioso, una biblioteca

stupenda, un vasto mondo di ombre colorate, di fantasie bizzarre, di volti, di ghigni, di smorfie, di tradizioni, di glorie e di malinconie, entro il quale la sua mitissima anima s'aggirava

innamorata.

sempre vigile e Tutta l'Europa egli girò, a cercare, a

lezza e nella santità della prepotenza.

scoprire,

a comperare;

de dimostrazione: questo diritto è una sopravvivenza di tempi neri, è una formazione artificiosa, in

nei suoi deliziosi pellegrinaggi, se non la sua co-

stanza, il suo entusiasmo, la sua fede, e quella cara signora Teresa, che adesso resta sola tra le cose

e gli ideali

dell’ umanità

che il suo Gigi adorò, e che ella pure adorò, per amore

di lui.

A me egli sembrava l’ar-

guto ambasciatore dei Beolco, dei Calmo, dei Cecchini, degli Andreini, dei Martinelli,

al tempo della spe-

dei Riccoboni, dei Costantini, dei Balletti, di tutti i magnifici vagabondi del teatro

dizione in Cina, Guglielmo

aveva evocato le tragiche orde guisie da Attila; e di Attila gli era piaciuto chia-

italiano; e,

geva: Arlecchino batteva la

spatola, Tritellino scivolava sulle scarpe senza tacchi, il Beltrame

se, strumenti di una volontà suprema, che aveva affidato ai tedeschi la rigenerazione del mondo, Il suo verbo preferito era « picchiare ». Non vibrava pugno o piattonata, senza chiamare a testimonio un fazioso e rabbioso dio tedesco che gli stesse splendidamente al fianco. In cin-

denti colori era la ‘grande coltura di Luigi Rasi; e da questa coltura uscirono libri bellissimi: primo fra tutti il

suo grande dizionario dei co-

mici italiani. Egli aveva ripreso l’idea che nel settecento aveva avuta în Francia l’au-

que anni di guerra non gli

tore degli Anecdofes théd-

per

trales,

esprimere l’odio, una parola viva d'uomo, ma solo il fiato sonoro della trombe wagneriane. C'era sempre un’ gigantesco riflettore presso la e magni-

loquente. La visione della sua personalità sì deformava su lo specchio convesso nella sua vanità.

Dopo il catastrofico fallimento della sua guerra, egli si ostinava a regnare. Milioni di voci gli inti mavano di scendere dal trono; egli sul trono restava, sprezzante e caparbio. Neppure all'ultimo

momento, tra il dolore, la paura del suo popolo, egli ebbe un gesto che lo ricollegasse all’ umanità. Lo Zar, abdicando, pregò che neppure suo figlio regnasse. L'autocrate non si ricordava più che di essere padre, e difendeva, come poteva, il suo povero zoppino dalle angosce del potere. Guglielmo rinunciando al trono anche per ilsuo primogenito, odioso al mondo come lui, s' è forse di

non

dover

cedere

lo

Fino all'estremo egli letica

per

scettro al più ribelle dei suoi figli. In ogni modo, nella sua rabbia, nel suo dolore, non c'è un palpersuadere

pazzo

gli altri che la

di lui; si sente ancora nu-

furioso,

crede ancora

in sè, que-

sto funesto imbecille! Anzi pochi giorni prima di

cedere è corso

al Quartier Generale

per tentare

forse di ricostituire il regno della spada sulla miseria dei tedeschi; preoccupato, ansioso, avido solo di regnare, pensando

solo a sè, disposto a scate-

può far senza. Tutto

invano.

nare în Germania la guerra civile, pur di conservare questi attributi grandiosi dei quali egli non Ora

egli. è schiac-

rato. Egli è solo con sè; non ha proclami da lanre, vite

e

libertà

da

sbalordire cotidianamente

povero comico Bartoli, marito di Teodora Ricci, incoro-

In rotta per Trieste: Dalla torpediniera 68 P.N. di scorta all'Audace (che si vede sul fondo) che porta il Re. — 10 novembre. (Sez. fotocinemat. dell'Esercito .

con la corona e gli speroni,

me, questo

e da noi aveva conso-

lato i riposi tossicolosi di quel

fiammella della sua anima effimera. Egli si credette nato

Germania ha bisogno

‘sotto la

sue gaglioflerie strepitose, e sorrideva con quella malizia che aveva affascinato Marivaux. Vivace di tutti i più ri-

benedirono le sue mani ros-

resistere, e s'affanna a

mostrava

veste il cilicio cristiano, il capitano Spaventa vociava le

terani, quando egli scannava,

pito commovente.

quando potevo

stare con lui, il passato risor-

marsi l'ideale successore. La

ebbrezza della forza diede a lui l’ostentazione della durezza e della crudeltà. Si attribuì il diritto divino della prepotenza. I suoi pastori lu-

consolato

che del

confronto con i bisogni

cordo degli Unni fu caro ai

segretamente

non era armato

danaro che gli dava il suo lavoro; nessuno lo aiutò

L’affondamento del Lusita. nia imbandierò Berlino, Il

e visse decorativo

e

» Ora è stata data ai tedeschizzanti servili la gran-

ture degli altri popoli.

uscì di bocca, neppure

Egli adorò nelle sue ori-

gini, nelle sue vicende, nei suoi fasti, nelle sue pe-

nazione al mondo, l’ha fatta

tedeschi:

un dram-

ma spirituale di Feo Belcari dramath Tagore.

ridere brutalmente sulle sven-

È

che bastano

all'Isola d'Elba, darà insomma; certo, sempre, dei fastidi ai vicini, non potendo più darli ai lontani, ma non riuscirà mai ad avere il senso pio, dolente, commosso del male che ha fatto, il desiderio uma-

manomettere;

non

ha da

il mondo coi suoi gesti

grandiosi, con le sue grandi sentenze marmoree. Che farà? che potrà fare ? Scriverà le sue memo-

rinnovata, e a questi ideali non si può resistere. Basta un pensiero vegliato da pochi, amato da pochi,

e lentamente diffuso, e tormentosamente cresciuto, er frantumare le moli di tenace acciaio, conglo-

ate in lunghi decenni. Le armi del militarismo più

organicamente e scientificamente perfetto, hanno ceduto davanti alle armi improvvisate del popolo.

Molti imperialismi tedeschi crollano oggi,

speria-

molo, in spiriti ostinati e retrivi, anche fuori di Ger-

mania.

Perciò la caduta

del

Kaiser vuol dire più

libertà nel mondo non solo per le nazioni, ma

che per ciascuno di noi.

an-

* È morto Gigi Rasi. L'avevo incontrato poche settimane fa, sempre fresco, ilare, tranquillo, ragazzo di 66 anni, innamorato

delle marionette,

amico

di

Arlecchino e di Pantalone. Ma quel giorno egli dimenticava le maschere, e mon pensava che all’Italia e alla guerra. Aveva dei progetti — e quando non ne aveva? — voleva intensificare le sue recitazioni di monologhi, di versi popolari negli ospedali, voleva andare in linea a

divertire i soldati.

dente e fanciullesco

lamentoso,

É tutto

ciò diceva allargando le braccia, in un certo sorritono

protestando

perchè non lo facevano lavorare abbastanza; e poi si entusiasmava, e poi si commoyeva, e poi rideva, punteggiando il discorso di of Dio! ora sospirati,

ora gaudiosi; e tutta la sua buona anima era negli occhi onesti e nella calda parola. Povero indimenticabile’ Rasi! Era

stato uno dei

nostri più ‘delicati attori; ricco d'ingegno, d’intelletto,

di studî seri, di gusto, egli aveva amato l’arte

del teatro

d'un

amore fino, curioso, con sapore e

con eleganza. Lasciò la scena, ancor giovane, e fu

nato di pungenti corna da Garlo Gozzi, tidue volumetti magri del bartoliano diziona-

rio dei comici, sono divenuti i tre superbi grossi volumi del dizionario del Rasi, ricchi di notizie erudite sul tea-

tro antico e sul teatro moderno, e di ogni sorta di stampe e ritratti e disegni e documenti. Il mio povero amico aveva ora preparato un vo-

lume di appendici, che doveva presto uscire alla

luce. Altre opere pubblicò l'infaticabile Gigi: L'arte del comico, prezioso libro didattico, ben più pratico di quelli che dal Bon in poi ci lasciaronoi nostri vecchi comici; il Libro degli aneddoti e il

Libro dei monologhi; graziosissimo, il volume su Eleonora Duse, quello su La caricatura e î comici

italiani. Scrisse commedie, alcune molto applaudite; tradusse garbatamente dal latino; vagheggiò,

iniziò e dovette interrompere una superba edizione del Goldoni; pensava. a una storia della Compagnia Reale Sarda, su documenti copiosi e inediti che aveva avuto la fortuna di trovare. I comici

italiani

devono

onorare

la memoria

di

questo morto, che visse amandoli e studiandoli, ri costituendo i ricordi antichi della loro varia e fortunosa stirpe; non possono dimenticare lo scrittore, lo studioso che rinnovò con esperienza teatrale studî che altri avevano intrapreso solo con criterî storici e critici. Io mi accorgo solo: adesso che lo so morto, che

egli si accostava ai settant'anni; adesso gli rico-

- nosco l’età, che il suo spirito amabile e chiaro non aveva;

adesso

sento

una

più viva tenerezza per i

suoi capelli grigi, perchè mi pare che egli sia stato

tanto buono a mostrarsi fraterno e uguale con tanti che non avevano nè la sua autorità nè la sua dottrina. Che tristezza ora, a dovere evocare anche

lui,

da quel mondo delle ombre senza voci, tra le quali

ci ha guidato, amoroso, sicuro e giocondo maestro.

Il Nobiluomo Vidal. rie, perchè egli appartiene alla categoria degli uo- il direttore della scuola di recitazione di Firenze. © in alcune copie del nostro ultimo numero fu stampato nel titolo della prima pagina, Trieste invece dî Trento, È un errore che înostri lettori stessi avranno corretto.

VEN LIFRICI POLVERI

PASTE

IA

CREME

«e ELISIA

[is]


L'ILLUSTRAZIONE

L'ASWESIWPA

DEL

ITALIANA

435

REVAZIERTFES)TE.

(Sezione fotocinematografica dell'Esercito).

Ta

Il Re davanti al palazzo del Municipio

in mezzo

alla folla acclamante.


L'ILLUSTRAZIONE

LA

VISITA

DEL

RE

ITALIANA

A

TRIESTE.

(Sezione fotocinematografica dell'Esercito).

Davanti alla Cattedrale di San Giusto.


L'ILLUSTRAZIONE

LALVISITA

DEL

RE

ITALIANA

A

TRIESTE.

(Sezione fotocinematografica dell'Esercito).

plaudente. folla

alla mezzo in

t) Di 3 ® 2

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ta

È -E 2 cl


L'ILLUSTRAZIONE

438

ITALIANA

I LIBRI DEL GIORNO È uscito 18° numero della Rassegna mensile internazionale: al 31 dicembre: TRE LIRE. — Fratelli Treves, editori. Prezzo del numero

centesimi 60; abbonamento

dal 1.° luglio

LIQUIDAZIONE invecchiano

11 novembre.

La disfatta grande

dell'esercito

che oramai

non

austriaco è stata così

si sa più dove

mettere

ora

DELLA

per ora

sotto

GUERRA.

il sole, le armi si

coprono di rossa ruggine, le baracche marciscono e precipitano. Da oggi comincia su questi campi

le

Quanto al materiale, una volta rimosso quello che ingombrava le strade, gran parte è rimasto sul posto e c'è sempre tempo da provvedere. Ma i pri-

dono quella cifra che apocalitticamente le coronava,

mistero delle posizioni e delle retrovie nemiche.

Il Pasubio, il Cimone, il Grappa riposano alle nostre spalle pieni di trincee e di cannoni. Chi vi

che sul posto non sì possono lasciare, sono

in tale quantità da creare

più be-

per armonicamente riassumere il loro anonimo carattere geologico. Si è levato un gran sipario sul

mani.

gionieri,

10 per la prima volta. In un certo senso

nîgno, in un certo senso più estraneo; la statura e le distanze non paiono più quelle. Le quote per-

sale sente sibilare il vento, e non altro. Il paesag-

una situazione veramente

gio perde così le sue caratteristiche guerresche, e ci chiede, e ottiene, d'essere lasciato in pace.

imbarazzante. Anche se dicessimo loro: guardate, quelle son le porte, tornàtevene a casa — pochi

La vita militare s'addensa nei centri

farebbero un passo. Di maniera che, per fortuna, non c'è più bisogno di reticolati, di campanelli

La

abita!

lunga penitenza è finita. I bersaglieri di Trieste

d'allarme e di carabinieri, perchè s'agglomerano

usufruiscono della « libera uscita ». Gli alpini e gli

spontaneamente e basta un soldatino solo colla baionetta innastata per tenerne a posto un mi gliaio. Hanno fatto raduni, come di tribù, e grandi

a casa. Ognuno può oggi misurare il merito della

iglieri

di Trento fanno tornare tardi le ragazze

sua pazienza e astinenza. Quelli

che sostano ancora

accampamenti sul margine delle strade. S'arrangiano da loro come possono e aspettano senza nessuna fretta. I tirolesi fumano in grandi pipe di

in vicinanza dei tristi paesi

maiolica dipinte coi ritratti

mando scherzosamente gli allarmi di sere, prima.

Carlo e di Conrad.

Ogni tanto giunge un altro soldatino armato, in testa a una squadra di prigionieri che tornano dai lavori, e ne riordina, ne allinea e riconduce un’altra: si tratta di riattare iponti, le strade, i binari fatti saltare, di ammassare i materiali abbandonati

Falò di gioia si rispondono dalle pendici di tuttii

Tante preoccupazioni, tante paure, tantè abitudini, vanno oramai riposte, chè han fatto il loro

tempo. Tante canzoni sono scadute da un giorno all’altro, come «Le campane di San Giusto», « Sulle

nelle campagne e le immondizie. Raspano nei mucchi

con la perizia

debbono

essere

di tanti robivecchi.

convinti che

portar via chi l’ha Lavorano

Anche loro

balze del Trentino », « Monte Grappa, tu sei la mia

la sporcizia la deve

patria ». Qualche

fatta.

lentamente.

Tra'il

loro

acqua

di profittare di questa libertà.

Il soldatino che li

settimana », più vicina ai cuori e più appropriata

anche lon-

I bersaglieri innalzano le bandiere tricolori sulla torre di San Giusto a Trieste. (Fot. Polacco).

tano, liberamente, e a nessuno passa per la testa

ha in consegna non alza mai la voce. Essi vengono ificamente

ad

accendere

le loro

sigarette

al

fuoco del suo toscano. Attaccano conversazione în parlata mista. Questo nuovo contegno dei vincitori e dei vinti frammischiati

al momento. I soldati cominciano a rivedere la vita di prima, attraverso tutto quello che, hanno poi visto e patito,

po

a

salutare

fisionomia

di

commiato.

Le

stuoie

che

|- mascheravano le strade cadono pel vento, e î sol-

sul-

la vittoria,

di tre

Quei cani d’austriaci ci han-

bre degli scheletri ritorti dei vagoni incendiati prima di scappare. Domani si tornerà alacremente a lavorare. Ma oggi la notizia che la Germania ha firmato l’armi-

a

e

stizio, la notizia che la guerra è finita ha come tagliato

î garettì alla lunga resistenza. Vedo il riflesso di questo momentaneo

seguitare a odiarlo.

Adesso

che

abbiamo

accasciamento,

non privo certamente di gioia, nello sguardo irresoluto

tà e le infamie del nemico, Un trasporto di feriti trova suscettibili d'una i lita pietà.

strade in oi

di lordure, le stazioni ingom-

persino ricordare tutte le sleal-

basso,

.i ponti e le

bili condizioni, i paesi pieni

Una tollerabile, ma grande stanchezza. Riesce difficile

in

mettere in piedi

no lasciato le

chezza patita.

così

stati, pure in

le spianatrici guaste.

mezzo di guerra venendo meno improvvisamente, tutti si risentono della grande stan-

caduto

sono

ghe e le zappe arrugginite,

per-

anni

ne

brano meno forti, tutte le van-

cossì, che la guerra già era fuggita La tensione

ce

questi anni. Ora c'è questa grande stanchezza del

strade. Tutte le braccia sem-

a tem-

i fratelli

realtà che si precipiti loro

pensiero di dover ricostruire i paesi distrut

loro

noi inavvertita.

riabbracciare

una

belli

addosso,

una

nuovo. Il passaggio dal mondo vecchio è stato così repentino che qualche cosa è pasNon abbiamo fatto

come

Momenti

la fortuna degli antiquarî a venire. I paesi hanno

le strade della vittoria ci dice che è nato un mondo

sata per

anziano intona per contro la vec-

strofe «Quando sarà quel giornò di quella

lavoro hanno

licenza di andare ad attingere

diroccati colla pistola

lanciarazzi allegrano di luci il fondo buio delle valli. Le luci bianche, rosse, verdi abbaglianti si vedon salire dai fiumi, cadere dai monti, richia-

per

dei soldati che marciano ver-

so la novissima frontiera.

ci

Hanno l’aria di non vedere e

di non ascoltare. Ciascuno denrac-

tro sè deve ripetersi: la guer-

Il saluto dei Triestini alla partenza del Re.

ra

colto tutti i frutti che desideci accorgiamo delle

to; come adesso che la guerra è finita intendiamo veramente quanto fu lunga. Il distacco dalla guerra combattuta sarà rapidissimo, oltre ogni credere. Le armi e le abita-

zioni del nemico rimaste sui campi della battaglia

è finita; e deve risentirsi

l'anima echeggiare fino in fondo. Una sottile vertigine, e la

ravamo

rovine che la guerra ha fat-

dati, passando, le strappano giù, le arrotolano, se le mettono sotto braccio, per poi accendere il fuoco. Finalmente ci è dato vedere tranquillamente

e in-

tegralmente le linee del paesaggio che avemmo innanzi agli occhi tanti mesi: è come

se lo vedes-

respirazione sì fa, un momento,

difficile:

un

gran

fatto si compie nella storia, come l’inizio d’un nuovo

mondo: è impossibile che l'umanità non l'avverta. Con questo, una tollerabile ma grande stanchezza.

Antonio Batpini.

TvTTE:LE-OPERA=

BANCATTADA NA:DISCONTO ZIONI:DI: BANCA


L'ILLUSTRAZIONE

ITALIANA

PAESI REDENTI: A TRENTO. (Sezione fotocinematografica dell'Esercito).

Pe

=


ESPE

RIENE

SE RUE

RESA

TZA

(Sezione fotocinemato

TRENTO

IMBANDIERATA

Abd


NESENTRANO:

grafica dell'Esercito).

DGILIE

LE

TRUPPE

LIBER4

A: TRENTO;


L'ILLUSTRAZIONE

NEI

ITALIANA

PAESI REDENTI: A TRENTO. (Sezione fotocinematografica dell'Esercito).

Le tracce della rotta austriaca alla Stazione.

Gruppi di prigionieri nella piazza del Duomo.



444

L'ILLUSTRAZIONE

NEI

PAESI

ITALIANA

REDENSTI:

A

FIUME.

Solenne manifestazione popolare nelle vie della città per l’arrivo della squadra.

(Fot. Ufficio Spec. della Marinay:

|


V3N

OTTIA

IS3Vd

è DI Bj

È

INOIZVALS

II1N3034

VNVITVLI

WES Sia

La'bandiera ‘italiana’ sventola sull’isola.

eri.sbarcati dalle nostre navi a ristoro della popolazione.


L'ILLUSTRAZIONE

ITALIANA

PAESI REDENTI: A GORIZIA. (Sezione fotocinematografica dell'Esercito).

Gli ultimi residui dell'esercito austriaco

nelle vie di Gorizia, già occupata dalle nostre truppe,


I3N v 2u01795) > bl m

Si v

èRî

INOIZVAL 1

DI h)

$pi

È

La popolazione di Percotto acclama i primi soldati italiani arrivati in automobile.

La nostra artiglieria

fa il suo ingresso a Rovereto.

1N3034


NIESM:EGH (Sezione fotocinemat

AC CAMPAMENTO


SON

EStT.:

grafica dell'Esercito).

IGRONIERI

A

TrentO.


L'ILLUSTRAZIONE

LA

VIA

A-monte

AL

CALVARIO:

IL

ITALIANA

MARTIRIO

DI

CESARE

BATTISTI.

Corno, dopo la cattura.

L'esecuzione.

Dopo la morte.


I19IW3N v (e) (e) z ni “ “Ji

INOIZVALS

VNVITVLI

Vv 'OLN3UL

Innumerevoli

turbe di nemici prigionieri passano davanti il monumento

del Poeta d’Italia.


452

L'ILLUSTRAZIONE

IL

POPOLO

D'ITALIA

ITALIANA

FESTEGGIA

LA

VITTORIA.

A Roma.

A Firenze: La targa in memoria di Sauro e Battisti

sul monumento

ai caduti per la Patria,


L'ILLUSTRAZIONE

— Mamma,

ITALIANA

dove va l'Imperatore?

— Dove lo chiamano le vittime del « Lusitania »,

453

(Dis. di E. Sacchetti).


L'ILLUSTRAZIONE

ITALIANA

IL VIAGGIO Muove

AL

NORD.

per tacita landa

l'Uomo percosso.

Domanda:

È questa dunque l'Olanda?

(Stanno molini con ali ferme: entro grigi canali cieli riflettonsi, uguali).

Questa? balbetta. Non pare: veggo vermiglio stagnare

sovra ogni limite un mare. O forse è rosso quel vetro? No: chè un’altra onda m'è dietro ross:

.. Automobile, indietro!

Ancor la porpora ho indosso, forse? urla l'Uomo percosso

Ecco, e si strappa di dosso il suo mantel

bruno.... Ancor

O forse è un rosso d’aurora, chè pure il ciel

Rosso dovunque!..: veder dovunque

i colora?

Non posso che rosso?!

balbetta l'Uomo percosso....

Risale: e muove ove pensi che più soave si addensi oasì di bianchi silenzi: piani di Svezia, più chiari che sotto raggi lunari

+ UMBERTO

AMEDEO

DI SAVOJA-AOSTA

ghiacci d’iperborei mari

TE DI SALEMI.

co

La morte che ha portato il lutto in quasi tutte. lile fa iglie nostre in questi anni di guerra, non ha esistenza del conte di Salemi, il 18 otrisparmiato la Casa Reale, che ha visto spegnersi illa 22giovane giugno 1889. Arruolato nel maggio 1915 quale a Crespano Veneto. Era nato a Torino di guerra, passò caporale e caporal magIdato nel reggimento cavalleggeri Catania, come volontario (19.°) ed assegnato nello squadrone guide nelle trasferito fu sergente uale giore in tale reggimento. mitraglieri appiedato, nel ‘rentino. Trasferito nei cavalleggeri Treviso al suo passaggio ad aspirante,

tobre 1918,

entrò nell'arma dei bombardieri, ottenendo

il suo passaggio da ufficiale militare

al valore

e della

il grado di sottotenente

e di tenente, e, per merito

di guerra,

i complemento ad ufficiale effettivo. Fu decorato con due medaglie d’argento

croce

di guerra,

mesi passati in trincea, riportò

trenta

per

una ferita.

La

di bombarde. morte lo colpì mentre sul Grappa. comandava la 263.' batteria del pericolo, con serena calma eseguì ricognizioni sotto Motivazione della prima me laglia» « Sprezzante e ile coraggio. Essendo stata l'intenso bombardamento nemico. In batteria fu esempio costante di

combattimento. - Castagnevizza, 23-24 maggio 1917».

con sereno disprezzo Motivazione della seconda medaglia : « Magnifica figura di soldato e di comandante, incuorando, con la voce

e con l'esempio

del fuoco nemico,

dalla violenza

suoi bombardieri, ad alcuni dei quali, sepolti dalle rovine dei ricoveri, salvava ani-

mosamente la vita. - Lozice, 17 agosto 1917».

E PAROLE DI BATTAGLIA. VOLI DI GUERRA È la prima volta che un aviatore narra la propria d’artista, Sem Benelli — scrive il Don Marzio - ha vita di guerra nell'aria. Otello Cayara - che as- raccolto in Parole di battaglia alcuni suoi discorsi somma

la triplice

lità di pilota, d'osservatore e

di guerra. Qui assistiamo

di scrittore - narràm Voli di guerra (Treves, L. 3)

venturosa del campo

le impressioni, gli scoramenti, le vertigini, le baldanze dei primi voli d’allievo pilota, e le vicende dei grandi voli di guerra da lui compiuti nel cielo

per

con un minimo di letteratura e un massimo di fatti

al riflesso della vita a

intendere

latino

ineluttabilità

contro

la stirpe

di questa lotta del

teutonica.

L’opera

drammatica del Benelli è per tre

quarti pervasa

carsico e istriano, sul Piave, sull’Adriatico, su Pola: voli di caccia e di bombardamento. Nel dire con

dall'odio della nostra

le orde barba-

teria, ciò ch'egli ha osservato in sè e nel mondo in

liana della storia d'Italia, ed ha conferito a questi

limpida semplicità, senz'ombra di posa nè di van-

cui si svolgono le più ardite imprese aeree, gli è venuto fatto un libro di pura; rigorosa

realtà, che

ha il fascino della più alta fantasia; un'opera d’arte senza alcun lenocinio d’arte, fresca e svelta come un

azzurro volo;

materiale

e al tempo

stesso ha raccolto un

d’osservazioni acute, esatte,

sopra sè stesso, con

spirito e sensi

controllate

attentissimi,

notate con meravigliosa trasparenza e fluidità d'

e

spressione: osservazioni nuove e preziose del più vivo interesse per la fisiologia e la psicologia dell’aviatore, e la tecnica del volo.

* Un altro valoroso soldato ed una grande anima

gente contro

riche, assetate di conquiste.

L’aver

ha fornito

elementi

alla

concezione

benel-

discorsi

fiamme

e saette

che li

quattro

nuovi

,mirabili

rendono efficacissimi. Il poeta di Noz

vissuto la guerra

dI Centauri è intero

dei

nelle

superbe orazioni che congiungono al fascino della forma la robustezza d'un antico pensiero, corroborato dall'aver visto Con

D'Annunzio,

con

gli occhi mortali

sovra le sabbie mal fide?

Stride ogni zolla rimossa, stride ogni proda, ogni fossa d'un lento scricchiolìo d’ossa.... Oh! Tanti pruni; e sì bianchi? No: si sollevano in banchi, innanzi, indietro, a' suoi fianchi: femori,

tibie, falangi:

cribito e tu che ti frangi,

tu, cava occhiaia che piangi! Ah! balbetta egli, ch'io possa più non sentire quest'ossa, più non veder quella rossa © marea... Si volge. Egli è solo. Passa lontano uno stuolo

i quali

bianco: gli uccelli del polo.

di su le vecchie per-

talia, che recentemente un coraggioso giornale a striaco ci invidi.

E scende: e atroce sorride: Ah! Ma che è quel che stride

il Benelli è fra quei poeti d'I-

la fantasia aveva ricostruito

gamene medievali.

sotto la placida luna...

sull’anima d'uno scrittore di

razza, che non aveva bisogno d'impugnare.la spada genio

Ah! fortuna!

rimase imperturbabile al suo

‘duata la batteria stessa, e fatta segno a raffiche d'artiglieria nemica,

posto, finchè, per il crollo dei blindamenti e per l'incendio delle riservette, il reparto venne messo fuori di del pericolo, riordinava la batteria sconvolta

Ecco, e son giunto Ecco la placida duna

sono

stati non pure i

irtei, ma gli Achilli della nostra guerra. È perciò che il suo libro si legge con la reve-

renza onde le parole in esso raccolte furono udite.

Cosimo GiorgiERrI CONTRI.


L'ILLUSTRAZIONE

ITALIANA

La Villa Giusti, presso Padova, dove fu firmato l'armistizio fra l’Italia e l'Austria-Ungheria.

I Sovrani del Belgio, rientrati a Bruges, passano in rivista le truppe. — In fondo spicca una grande bandiera italiana. (Service bhot. de Armée Belge).


L’ ILLUSTRAZIONE

ITALIANA NECROLOGIO.

— Il generale Vittorio Alfieri, morto 1'8 novembre in un ospedale da campo, dove soggiacque a rapido morbo, erasi distinto notevolmente in que-

sti quattro anni di guerra, così nell'organizzazione dell'esercito, come nelle operazioni militari. Fu sottosegretario di Stato, col ministro generale Morrone; poi sostituì il deputato Canepa nell'ufficio di

Commissario per gli approvvigionamenti

sumi; nel novembre 1917, sunto

ministro

per

dopo

la guerra

e con-

Caporetto, fu asnel

Gabinetto

Or-

lando; finchè gli succedette, pochi mesi sono, il già

ministro generale Zuppelli, avendo egli chiesto di ritornare a servire al fronte, dove si inse come

comandante il 26° corpo d'armata, dirigendo durante

l’ultima

Piave.

Era

offensiva

stato

le operazioni

nominato

sul

Basso

senatore nel 1916; ed

era nato a Milano il 3 luglio 1863,

— Qui a Milano, dove trovavasi presso. la cognata, è morto il 9 novembre Zuigî Rasi, notis simo come artista drammatico, professore di recitazione, storico del teatro di prosa. Era nato a Lugo

di Romagna

nel 1852;

poi, per la sua

fece

passione

buoni

per

studî

classici,

il téatro, entrò, col

ruolo di «amoroso», nella compagnia Pietriboni, e

fu per parecchi anni

uno

dei prediletti del pub-

blico italiano. Ritiratosi poi dalle

scene, tenne lo-

devolmente in Firenze la direzione della scuola di recitazione; fu eccellente

renziere. Appassionato

Una seduta plenaria della Conferenza di Versailles per le trattative d’armistizio fra gli Alleati e gli Imperi Centrali. Si vedono molto bene in questa fotografia Orlando, Sonnino, il gen. di Robilant e l’amm. Grassi.

dicitore,

gustoso

confe-

raccoglitore di tutto quanto

riferivasi al teatro, compilò su tale materiale un lavoro poderoso in due volumi illustrati, il « Dizionario dei comici italiani ». Pubblicò anche il « Libro dei monologhi » e « L'Arte del comico ». Collaborò

per cose dell’arte in riviste e giornali;

e lascia un

materiale prezioso per chi vorrà costituire quello che era il suo sogno —

il Museo del Teatro Dram-

matico Italiano: = Nell'ora delle più alte fortune della Patria, da lui seguite fervorosamente fino dagli albori, si può dire, del Risorgimento, è morto in Roma, nella

pienezza dell'età, Giuseppe Manfredi, presidente

del Senato. Era uno dei testimoni e partecipi di tutte le vicende storiche dell'Unità nazionale. Nato

a Cortemaggiore (Piacenza) il 17 marzo 1828, a ventuno anni era dottore in giurisprudenza a Parma; nel 1859 assunse i poteri di presidente del Governo

provvisorio parmense e regolò l'annessione degli Stati parmensi al nuovo regno italiano; fu per una

legislatura (la 7.9) deputato di Monticelli d'Ongina al Parlamento in Torin:

oi entrò per inclinazione

nella magistratura giudiziaria come procuratore del Re; ed esordì procuratore di Stato

Il cap. medico R. Paolucci.

Il ten. col, del genio navale R. Rossetti.

a Milano, nel

processo famoso del Bòggia. Salì rapidamente, per la sua dottrina e la sua alacrità, ai più alti gradi. Nel-1874, come presidente, in Bologna, della sezione d’accusa, pronunziò non farsi luogo a procedere contro gli arrestati di Villa Ruffi (Saffi, Fortis, Val-

zania, Fratti e compagni), e ciò accentuò la sua riputazione di magistrato liberale. Venutà poco dopo la Sinistra al potere, fu, il 16 novembre 1876, nominato senatore; e il 2 gennaio 1881 assunse la

più alta carica di procuratore generale: della C: sazione in Firenze, e la tenne

fino al 1907. Nom

nato vicepresidente del Senato nel marzo 1908, succedette

poco

dopo al defunto’

Tancredi

Canonico

nella presidenza, dopo avere sostituito lo stesso Canonico infermo nel presiedere l’alta corte di giustizia contro Nasi. Fu insignito. nel 1909 del Collare dell'Annunziata, e) presiedette fino all'estate

scorsa i lavori del Senato, augurando la vittoria della Patria

=

quale

ha

potuto

conoscerla, con

gioia, poco prima di spirare il 6 novembre,‘

più fattive del mondo industriale italiano, l’irzg. Ermesto

Breda, è morto

in Milano il 6 novembre, a soli 66 anni, soggiacendo

agli effetti

di colpo‘ apopletico che lo colpì il 3

mentre assisteva

ad \una seduta

del Comitato di

Mobilitazione Industriale. Era nipote del fu senatore

Stefano, grande assuntore di opere pubbliche, imprese industriali e allevamenti di cavalli. Da 32 anni viveva a Milano, dove, nel 1886, aveva rilevato a Porta Nuova lo stabilimento Cerimedo: si dedicò specialmente alle grandi industrie ferroviarie, svi-

luppò grandi impianti, specialmente a Sesto San Giovanni; presiedeva |a numerose imprese industriali; e durante la preparazione e lo svolgimento della guerra fu uno

nizzatorì La Viribus Unitis affondata nel porto di Pola il 1.° novembre dal ten. col. R. Rossetti e dal cap. medico R. Paolucci.

“CINZANO, VERMOUTH F.

- VINI

SPUMANTI

CINZANO

e C. - TORINO.

della

dei più coscienti e tenaci orga-

produzione

bellica; ed accingeva

ad essere un genialissimo trasformatore delle grandi

industrie per la pace.

FERNET-BRANCA FRATELLI BRANCA -MILANO BPN:OTALITÀ

Amaro

n

tonico

—,

Guardarsi

Corroborante dalle

Digestivo

conitraffazioni Oni ————


L'ILLUSTRAZIO

UOMINI

Sui muri di Udine:

E

COSE

nella città liberata.

ITALIANA

DEL

GIORNO,

Infermiere austriache della Croce Rossa rimaste coi prigionieri in località da noi occupate.

(Sezione cinematografica dell'Esercito).

Il ministro degli Esteri dell'Uruguay, Buero, tra l'on. Luciani (a destra) e il march.

Maestri Molinari, nostro ministro

La popolazione di Montevideo davanti alla Stazione Centrale

a Montevideo,

La

Missione

ITALIANA

fa una grande dimostrazione alla Missione Italiana. NELL’URUGUAY.

Avana: Alla Commemorazio della battaglia} della}-Marna “mentre parla il ministro d'Italia ane. Cuba, Stefario Carrara = 10 seftembre.


ae;

EI

L'ILLUSTRAZIONE ITALIANA “ANIME DANNATE,, pi CORRADO RICCI. Bei tempi! quelli a cui l'infelicità

del presente

ci risospinge con immaginazione più vivace della stessa speranza nel fulgido avvenire; quelli a cui ci richiamano, suscitando un desiderio vano, tutte le lusinghe dell'arte: l'età riposata e semplice che Dante invidiò al suo trisavolo, o l'età fidente e animosa în cui tutto il popolo era cavaliere: i giorni i

però Leonardo, e Raffaello dipinse :i giorni,

magari, in cui stettero allegri Alessandro Tassoni

e Lionello Spada. E le delizie di quando parve così giuliva e graziosa la spensieratezza; e pur coloro che pensarono

alla

fatalità

dell'umano

soffrire, e

sospettarono prossimo lo sconquasso della rivolu-

zione, si svagarono con le Grazie e con gli Amori, si inchinarono incipriati e sorridenti nelle movenze

soavi del minuetto? E i festosi gaudi del Regno Italico? Bei tempi! * È tale, l'illusione del passato, che ne restan prese

dimostrare anch'esso, se ce ne fosse bisogno, con che acume il Manzoni improntò il tristo secolo, nei per-

— Dunque, che novità mi portate? — domandò la contessa Lonati al vecchio amico marchese Onori, che veniva fedelmente a farle la visita settimanale.

nei rapporti sociali e religiosi imponeva, come sola

Garbi se n'è andato... Già, to avuto il telegramma

necessità, il decoro dei modi esterni e la vanità delle forme. Fu bandito da Bologna e da tutto il territorio bolognese, dopo sei o sette omicidi, non contando i ferimenti e le bastonature. Riparò in Toscana, a Fivizzano, e dal granduca Ferdinando II ottenne la facoltà di «ivi fermarsi e transitare, occurrendogli, insieme coi suoi servitori, per il rimanente del felicissimo stato. » E di là non tardò a calare

bastava il grano provveduto in Puglia dal suo signore, ed era costretta a scacciare i forestieri e ad escludere gli affamati delle campagne? Accadde più volte. E Giovanni Il non era peranche al limite

della

rovina;

Ginevra Sforza

era

ancora celebrata per la « casta bellezza », la « man-

suetudine», e il resto; nè certo prevedeva che a Tei, morta in esilio, tra breve si farebbe dire:

Se fui nel mondo carca d'ogni vizio, Empia, maligna, avata e scellerata, Or son nel Stigio regno incatenata, Ove d'ogni fallir porto supplizio.

Ancora bravano

amore

perfetto

accordo

col

« vi-

loro tempo, per

dell'arte e per tutto ciò che è bello ». Ed a

Bologna avveniva questo:

«IÌ poco che sì trovava di mangiabile era. rac-

colto dal gonfaloniere del popolo, e ridotto in nero pane, che port:

con la scorta dei militi, nella

chiesa di San Petronio, dentro ad una cappella difesa da inferriate, e di là si distribuiva al popolo, dandone cinque once per un bolognino.... I pove-

retti

acini

delle

campagne

stritolavano

d'uva e semenze di meliche, e le rimpastayano

guisa facevano stiacciate ».

gato ed il Papa invocavano la cattura del più « pes-

Ma il secolo più tristo fu forse il seicento. Si di-

lusso e dei piaceri, e il ceto umile si soddisfacesse in un gretto egoismo, Invece! Alle i restie e di contagi, sì aggiunsero le infermità morali e li, generate dalla corruzionee dall’abie-

i intollerabili, per quanto fosse profonda la Di sopra, l'orgoglio che non concedeva tregua alle prepotenze e ai contrasti: di sotto, la miseria civile incoscien

che imbestialiva e sfrenava: e la tracotanza degli uni e la barbarie degli altri, si dibatteva la classe

media. Pochi poteva sollevare la religione: superstizione o ipocrisia per i più.

Così la delinquenza arrivò al grado di follia col-

lettiva. A Bologna, gato il Cardinule

simo uomo che viva ».

stole contro gli

invasori della sua casa, non sparò

alcun colpo: si arrese, vigliacco. E in cammino per cominciò a piagnucolare, a protestare che non gli usassero abbastanza riguardi: e pianse addirittura, entrando nel maschio di Volterra. Vi campò non senza piacevoli distrazioni quaran-

la prigione,

tatrè anni e vi morì novantenne senz'essere riuscito,

ricco

com’era

rimasto,

ad aprirsi

un

varco

alla

durante i tre anni che ci fu

Vidoni, si contarono 3600 omicidî,

55 in'un giorno solo. È se la tortura e la forca punivano i facinorosi del volgo, i nobili, che sì cir; condavano di bravi, ed ammazzavano per punto

d'onore, gelosfa e smania di sopraffare, scampavano

a suon di ducati. Curia e governo profittavano delle

multe, e di rado le multe parevano inadeguate ai delitti.

Cinquemila scudi, offerti dall’ Opera dei Vergoguosi, sua erede, non valsero a salvar dal capestro un Negri, di illustre famiglia, che, a sfogar odio e

sono sempre stimato troppo avventurato

una nomina

squartato,

e

egli « ebbe funerali splendidi e sepoltura nella chiesa

dell’ Annunziata,

vestito

da

gentiluomo

».

quattrini nè aderenze. cospicue sottrassero alla man-

naia il senatore Legnani, che, essendo gonfaloniere, aveva fatto appendere davanti al suo palazzo « due

innocenti ». È Diavolo! Provocò a sdegno Paolo V, con l’uccisione di « persone d'alto rango». _—

-Più curiosa nei particolari caratteristici dell’ età, è la storia del conte Giuseppe Maria Felicini. Ce la narra Corrado Ricci nel libro: Azizze dannate.

Questo ignobile conte non fu nè un Innominato,

e:

— Ah! scordavo! La marchesa Sarni non è stata

cappelletta a Santa Bar-

cardinalizia e la santificazione

terina de’ Vigrì —

di Ca-

ordinava di cantar 7e Deum con

«esquisitissima musica ».

La cristiana pietà gli aveva

cuore perverso?

dunque addolcito il

*

Lasciò languire nella indigenza un figlio naturale,

sebbene in passato l'avesse riconosciuto per san-

gue suo.

* Il seicento, direte, non fu tutto così, fosco e truce. Infatti la storia che meglio ci rappresenta il se-

colo XVII è ancor quella del Ricci ristampata —

venturiera siagitò ogni sorta di gente in ogni sorta

di disordini e mal costume: scandali enormi, amorosi ricatti, sfacciati adulteri: duelli, monacazioni forzate, matrimoni per sorpresa; avvelenamenti e archibugiate; bagordi e batoste; bizzarrie comiche

ed espiazioni tragiche. Ma siamo d'accordo: il seicento non fu neppur tutto qui. Quanti però che allora si affliggevano e lamentavano di vivere allora, potevano confortarsi con le mirabili

intuizioni scientifiche, o con

la ve-

nerazione di santi contemporanei, « pieni di ardore serafico »?

Nè — siam d'accordo — il settecento passò tutto

fra le tribolazioni e gli affanni delle guerre di successione; gli spiriti non vi risorsero, con la pace,

alle frivolezze soltanto e all'albagia del « Giovine signore ». Ma le riforme sperate e l'attesa abolizione dei privilegi bastarono forse a consolare la

società gemente da secoli?

Poi, la rivoluzione, l'invasione

francese;

poi, le

guerre napoleoniche. E l'orrore, dopo, di quella dominazione per cui combattiamo anche adesso? * Vecchie cose traggono a riflessioni vecchie.

An-

tico il soffrire, antico l'argomento a conforto. Ep-

pure troppi se ne scordano o tacciono. Sì: come la vita individua, la vita dei popoli è contemperata di beni e di mali, è avvicendata di

fede, guai alle nazioni prive di una mèta ideale, inconsapevoli della fatale ascensione umana alle conquiste della civiltà! E non furono mai diverse negli uomini e nei popoli, le conseguenze dell’or-

trucidato,

contessa,

bara, «sua particolare avvocata », e un altare alla Vergine; e a Bologna in solenni occasioni— quali

compiere vendette, si era messo a capo d'una maaccoppato,

varow, cioè, noi due, per non dimenticarci, Nando Folnieri, che ora si è ritirato in Inghilterra presso sua figlia, e quindi è perso per noi, e la marchesa Sarni. Vi ricordate che deliziosa damina Pompadour era quella sera? — Sì, rammento, — rispose asciuttamente la

di poter

snada, e aveva

raviglia sua e di tutti. Ma — ecco il seicento! —

ra, eccoci proprio in pochi a tenerci compagnia! — Se non sbaglio, siamo rimasti quattro del bel tempo antico; e, per segnare una data piacevole a

ricordarsi, dirò quattro di quelli che presero parte al famoso ballo in costume dalla principessa Sa-

finire la mia penitenza e i miei giorni in questa fortezza, nulla desiderando, altro che un poco d'allargamento per potere accudire alla salute dell’anima e del corpo». E per la salute dell'anima

venture

sin rubato il pane ai poveri. Fu impiccato, con me-

gano a un altro mondo: infatti, che cos'ha di co-

fuga. Non par vero. Ma ecco il seicento: * Egli, il signor conte, scriveva al Granduca: «Mi

e accresciuta con notizie e aneddoti — sotto il nome di Cristina Paleotti. Intorno all’illustre av-

rebbe che, intorpidita, se non spenta del tutto l'anima nazionale, lla rassegnazione al lungo servire ormai fosse agevole, e il ceto alto si appagasse del

tua intorno a noi!.... Questa è la pena maggiore della

mune FETO che fu il nostro con quello che ora é il loro? Vedete: noi siamo come vecchi tronchi rimasti in piedi, mentre in terra giacciono abbattuti li alberi che furono i nostri compagni d’un tempo.

scorze d’alberi,

con acqua, aggiungendovi talora tutti i rimasugli conservati nello spremere l'olio dalle noci, e di tal

trite,.che lo teneva inchiodato sopra una poltrona... La contessa sospirò, e disse piano, con voce triste: — Un altro dei nostri che ci ha lasciati! Quanto è dolorosa la solitudine che ogni giorno più si accen-

vecchiai: Poichè è inutile sforzarsi a ire la vita che incalza, a voler intendere le idee dei giovani; una barriera sta fra noi e loro, e non possiamo abbatterla. ‘Ci par quasi che essi apparten-

costruiva in Volterra una

l'anima di lei e l'anima del marito

— Nulla di lieto, pur troppo! Il povero Giannino stamani. Poveretto! da un pezzo penava per quell’ar-

felice stato della Legazione Pontifi-

nel non meno

Quando il Granduca, finalmente, ci si deliberò, occorsero truppe, strategia militare ed un assedio in piena regola. Costretto a capitolare, il briccone ebbe l'impetuosa scossa di don Rodrigo contro il Griso infame; ma se spianò — non una — due pi-

pestilenza diffondevano — inevitabile a ogni sguar-

MARIA. L

famigliari non gli avessero risparmiato — a don Ro-

drigo — il bando dalla legge. E simile a don Rodrigo, costui ritenne di quella educazione falsa, che

come veramente dovevano vivere anche i protetti dalla fortuna, nel rinascimento splendido ai nostri occhi, quando, con intervalli di pochi anni, e non

di rado, per due, tre anni di seguito, la fame e la

BIANCA

prese, ma non l'approssimò con l'animo: usò l'ef-

feratezza brutale dei delinquenti vili, la bestiale malizia che avrebbe usato l'altro, se le condizioni

ORA

NOVELLA DI

storica. All'uno, il Felicini rimase di poco inferiore nella gravità delle colpe e nel clamore delle im-

cia a vendicarsi con altri tre omicidî — in due anni — e a divagarsi con le solite bazzecole ed il rapimento di una ragazza. jacattiveria di lui passava il superlativo: il Le-

do — una tetraggine di miseria e di morte? Chi, er esempio, scorge nell'intima realtà Bologna, allorchè, dominando il magnifico Bentivoglio, non le

L'ULTIMA

sonaggi da lui creati, a una realtà più viva della

le teste più colte. Chi ricorda l'inquieta, grama esistenza tra gli odî delle fazioni cittadinesche, il ter-

rore e lo squallore delle regioni corse emesse a ferro e a fuoco da genti prossime o straniere, i flagelli della tirannide e i mali della schiavità, che viltà e ignoranza non giovavano a mitigare? Chi si figura

È

nè un don Rodrigo, ma d'entrambi ebbe tanto da

e sventure. Ma come

sono

condannati a

soffrire di più gli uomini non sorretti da virtù o

goglio, della violenza cieca, dell'egoismo insano.

Infelici, sì, i tempi in cui queste passioni si scatenano, ma più infelici quelli in cui mancarono l'anima e l'energia a reprimerle; in cui al sangue e ‘al pianto che costa il reprimerle non sembrò ri-

storo un avvenire certo e non lontano di pace benefica, di ravviato progredimento, di rinnovata o nuova libertà, di ricorsacrato amore.

(Il Fronte Interno).

ADOLFO ALBERTAZZI.

— Avete ragione:

fui un po' troppo

dura con lei

ma l'indulgenza s'impara così tardiL È forse l'ulti-

ma virtù che la vita c'insegna. — È vero che voi avevate il diritto di giudicare ed anche di condannare, — disse Onori, che provava il bisogno di attenuare il rimprovero fatto poco prima, — Ho letto nel Vangelo che Gesù Cristo disse, accennando la donna colpevole: « Chi non ha peccato, lanci la prima pietra ». Voi siete

una delle pochissime donne che possono lanciare una cava intera di pietre! La contessa sorrise, ed il marchese riprese, fissando la sua interlocutrice negli occhi, come a scrutarne l'anima: — Ma, ditemi la verità: ora non avete rimpianti ? — Di che cosa? — chiese stupita la vecchia si-

gnora; @ poi aggiunse, ridendo :— Di non avere ascoltato con maggiore condiscendenza le vostre dichiarazioni ? x — No: lo sapete, non sono nè un vanesio, nè un presuntuoso :ammetto, sebbene con dolore, di non essere riuscito a interessarvi menomamente; ma non ho mai potuto persuadermi che nessun ‘altro più bello, più intelligente

e più simpatico

di me,

non sia stato più fortunato. Ne avete avuti tanti dei corteggiatori e pera spasimanti! Ma voi, sem-

pre impavida, sempre fedele a quel tiranno e noioso

di vostro marito, che vi costrinsero a sposare a sedici anni, com'era il bell'uso a quei tempi. — Zitto,

zitto! — ammonì dolcemente la contessa,

posando l'indice sulle labbra; — dei morti non si

dice male.

s

È

— Nemmeno quando se lo meritano? — ribattà il marchese, tra l’ironico e lo scherzoso, e si alzò

per congedarsi.

Ma mentre sì chinava a baciare la mano che la contessa gli porgeva, notò l'estrema pallidezza del

volto di lei, che appariva diafano alla luce del cre-

puscolo, e domandò:

— Come vi sentite? } — Oggi è stata una cattiva giornata; questo beil dottore dice che è debole, io sento che è stanco, — Ma che! Stanco di che cosa dovrebb'essere?

nedetto cuore non va»

— tornò a ribattere scherzosamente il vecchio gentiluomo. — Non certo di aver palpitato d'amore... Tutti i vostri: corteggiatori si sono dovuti convin: cere che era protetto da una corazza d’amianto.... State tranquilla, e non credete ai medici 1il vostro

cuore seguiterà a battere metodicamente per altri cinquant'anni!

profezia,

Sono lieto di lasciarvi con questa

E si avviò verso la porta, con quel suo passo ri-

masto elastico, e che da lontano, per la strada, lo faceva ancora parere un giovanotto. Appena il marchese

ebbe oltrepassata la

porta

del'talotto;.la conteisa nascose ilvolts ta.l tel;


L'ILLUSTRAZIONE me delle mani, e socchiuse gli occhi, quasi provasse

un improvviso bisogno di oscurità e di raccogli

mento.

Come il viandante distratto che getta un ciottolo nella tranquilla acqua del fiume, turban-

done fino al fondo la-placida serenità, il marchese, nel pronunciare un nome e una data, aveva risvegliato nell'amica l'eco di una lontana, terribile tem-

pesta, il cui pensiero ancora le sconvolgeva l’animo, Poche

donne erano state come lei avvinte dalla

passione che morde e strazia; poche donne conoscevano il sapore amaro della vittoria, ch'ella aveva saputo ottenere su sè stessa, spietatamente. ino a trent annî non aveva amato mai. Ad un tratto, come l'impetuosa ventata che investe all'ansconcertata,

sgomenta

di sentirsi

balia di questa forza nuova e sconosciuta; poi, a

eirrigidire la persona, quasi avesse paura di cadere Poi, tutto

si confondeva, si avvolgeva

di tenebre.

Si era ammalata assai gravemente, come spesso accade quando una troppo acuta crisi morale spossa il fisico, più debole dell'anima. Nella convalescenza, le prime amiche accorse a vederla, le avevano rac-

contato, fra le altre novità, il grave scandalo del

es

la marchesa Sarni era scappata con Vieri

— lo ho un seggiolone ricamato così;

la contessa; — se vuol venire a vederlo...

disse

il loro

spirito era altrove.

che sempre l'accompagnerebbe come una dolce mu-

già tutto dimenticava e rinnegava, fuggendo con

un'altra donna! Che cosa era stato l’amore per lei se non il comune capriccio che ogni uomo Papalato prova go una donna che gli piace? Così, allo spa-

simo

della rinunzia e dellifiato, sottentrava una

più sottile e crudele tortura. Anche l'orgoglio della contessa era protondamente ferito: per quale donna Vieri l'aveva scordata! Lauretta Sarni era una donnina frivola e leggera, vissuta fra madrigali e adulazioni, piena i vivacità e di grazia, e nulla più me mai aveva potuto in così poco tempo soffo-

care nel cuore di Ubaldi l’altra passione, che pa-

reva tanto profonda? Come mai ? . Mille volte, anche quando

l’acutezza

del dolore

si fu calmata, anche quando il dolore fu spento, e non rimase che la rimembranza, la contessa sì rivolse tale domanda. Nè mai potè perdonare alla

marchesa il martirio che inconsapeyolmente-le aveya inflitto. E quando quindici anni dopo Lauretta Sarni tornò a Firenze e molti dimenticarono il passato, ella fu implacabile ed evitò di tenderle la

mano.

Ma quella sera, in cui le parole del vecchio amico le facevano frugare ancora una volta tra le ceneri

di quel passato sempre più lontano, non si trovava

più nell'animo la forza Apatcon rancore. Vedeva la sua vita come.il viandante scorge dall'alto del monte la via percorsa: tutto sì attenua e diviene uniforme; certi grossi inciampi che l'hanno obbligato a fermarsi lungo il cammino, appena si scor-

gono; certe asperità che parevano insormontabili, della natura circostante. E quasi una curiosità la prendeva di riavvicinare l'antica compagna della giovinezza, che aveva sapiù non emergono, confuse nell’armonia

puto farsi farsi amare per lunghi anni da Vieri Ubaldi, II

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R

di aprire il cofano.

— No, oggi no. Sarebbe una commozione che le potrebbe fare molto male, Si rimetta presto

marchesa: «Chi sa perchè sì è tanto accanita contro di me in passato?.... È vero che una donna

ze, e quando

patire!» «Chi mi

fettamente

avrebbe

detto

che

un

giorno

Solo un mese dopo, quando la marchesa fu per-

questa

solennità:

donna entrerebbe in casa mia ? » pensava dal canto

— Brava! poichè credo che ora toccherà proprio

sogna aiutarci fra noi vecchi... scono i nostri malanni,

di non esser annoiati...

un altro giorno ? Se tornerà mi farà piacere.

i giovani non

capi-

e, del resto, hanno il diritto

Il giorno dopo stava peggio, ma non volle la-

seguente, e

sciarlo parere, non mandò nemmeno a chiamare il medico per tema che la confinasse a letto e le proibisse di ricever visite. La marchesa giunse puntualmente alle cinque

oi ancora dopo pochi giorni, e così a poco a poco Pass ea signore presero l'abitudine di pas-

sare spesso qualche ora insieme, lavorando per i

recando sotto

un braccio il cofanetto, e nell’altro

un fascio di rose, che depose in grembo all’amica. — Grazie, grazie! Com'è buona di ricordarsi la

Più si conoscevano e più provavano gusto di stare Eppure erano tuttora due creature così il loro

una certa

a lei a venir da me;da qualche giorno mi sento debolissima, ho quasi l'impressione di non poter più andare avanti! — rispose la contessa, e proseguì sorridendo :— Incerti della nostra età, e bi-

che un'ora passò, senza se ne accorgessero. Un po'

Anche

all'amica con

abbastanza forte.

confusa per la prolungata visita, la marchesa si alzò e salutò la contessa che sorridendo le disse: — E il ricamo della poltrona ?.... Vuol vederlo

diverse!

guarita, disse

— Domani verrò io da lei. Ora sono forte, sono

suo la contessa. « Com'è ironico il destino! ha voluto che sulla soglia della morte io tendessi la mano a colei che tanto mi ha fatto soffrire!» Si sedettero viciho e, dopo il primo momento di perplessità, trovarono tante e tante cose da dirsi

E Lauretta Sarni tornò la settimana

in for-

verrà da me, mi porti questo cofanetto che apriremo insieme.

troppo virtuosa può diflicilmente intendere e com-

mia predilezione per le rose! Che fragranza hanno!

fisico formava uno strano

Prima di metterle nei

vasi voglio

tenermele

un po'

contrasto; gli anni avevano tolto al viso della con-

tessa Lonati ogni freschezza, ma non ne avevano

accanto, come cari visetti freschi.

per nulla alterato piosa massa

rose in grembo. Quando la marchesa si fu tolti i guanti e il cappello, come soleva dacchè ‘non si era sentita più

grande

dei capelli

nobiltà;

E la vecchia signora sciolse il mazzo e sparse le

i lineamenti purissimi, e la cobianchi

il visetto

chesa Sarni, un tempo

le conferiva

capriccioso

una

della mar-

così attraente con le vivide

un'estranea in

labbra e gli occhi Tino) era ormai appassito,

tanto tempo

tutto rughe e grinze, e non conservava più alcuna parvenza dell'antica grazia. Chi non l'aveva cono-

sueto

i giovani non vo-

Se il fisico della marchesa Sarni

aveva

cantuccio

quel palazzo Lonati rimastole per

impenetrabile, e si fu seduta nel condel canapè

rosso, tacque

un po’

confusa. Un indefinito malessere invase l'animo delle due donne. Ma benevolmente la contessa

sciuta nei tempi dei suoi trionfi non riusciva a im-

maginarsela seducente donnina;

prese le mani dell'amica fra le sue: — Mii dica, mi parlì francamente, se questo le può far bene, se può alleggerirla da un peso mo-

levano persuadersi che ella fosse tanto piaciuta. Ma i giovani, si sa,,non possono giudicare di ciò che fu prima di loro....

lesto.

perso

È

Ecco, — incominciò Lauretta Sarni, — bisoil gna— che mi ascolti con bontà, con indulgenza. Lei sa che da giovane fui assai corteggiata: ma io mi divertivo a ballare, a ridere; a a (oggi si a certi suoi paradossi dei quali rideva senza discu. direbbe /firfare/), senza che nessuno dei miei corterli. Solo un giorno in cui la sentì esclamare:

ogni attrattiva, il suo spirito un po'mordace,

brio della sua conversazione eran rimasti inaltera: tI e la contessa si divertiva a certe sue vivaci uscite,

«L'amore è l'unica gioia della vita, e lo proclamo

altamente sebbene mi abbia fatto tanto soffrire!»

non potè trattenersi dall'osservare con accento un po' ironico: « Non mi pare che l’amore l'abbia fatta

troppo soffrire; lei può vantarsi di essere stata amata come poche donne...»

— Povero

Vieri! — esclamò repentinamente la

teggiatori m'interessasse in modo particolare; solo

un uomo

esercitava un vero fascino su di me, solo

ad un uomo sentivo che non avrei potuto resistere,

ma quello non mi faceva la corte. Qualche volta m' invitava a ballare, ma_non si accorgeva ch'io fremevo fra le sue braccia; sembrava sempre, distratto, con quello sguardo vago e pur profondo che gli era proprio; e, riaccompagnatami alla mia

marchesa con voce smarrita.

sedia, mi faceva un leggero inchino e se ne andava.

volta da Lauretta Sarni fece sussultare dolorosamente il cuore della contessa, e mise quel giorno una certa freddezza nella loro conversazione, quasi

tellava forte. Al ballo in costume della principessa Savarow avevo finito di ballare una quadriglia al-

E quel nome udito pronunziare per la prima

un'ombra si fosse posta fra loro.

Nei bei pomeriggi uscivano spesso insieme, e meta

delle loro passeggiate erano sempre le Cascine per le quali, da buone fiorentine quali erano, avevano una particolare predilezione. Giunte al viale soleggiato che costeggia l'Arno scendevano di carrozza,

chiacchierando sommesse, ripetendo spessoleme:

desime cose, rievocando gli stessi ricordi.

E qual-

che volta la contessa pensava: «Se mi vedessero

le mie amiche di gioventù asseggiare alle Cascine a fianco di Lauretta Sarnì Poul sventata di Lau-

Da qualche tempo le due vecchie signore s'incontravano più spesso; il numero delle loro conoscenze andava sempre più restringendosi, poichè la morte falciava la loro generazione, ed erano pochi ormai i salotti nei quali si poteva rievocare în pace i ricordi del tempo lontano. La frequenza degli incontri li rese man mano insensibilmente più cordiali; la contessa Lonati, che aveva giudicato la marchesa Sarni donna di nessun valore, si stupiva di scoprirle una certa profondità di pensiero che insieme collo spirito sempre pronto rendeva la sua conversazione piacevolissima; e l’altra, che era stata a lungo ferita dall'ostilità della contessa e la credeva una donna superba e di animo gelido; lariconosceva assai diversa nell’avvicinarla, e si sentiva attirata verso di lei.

— Sì, sì, mì calmo, ma mi deve promettere che

dendo un cofanetto da un mobile vicino — qui

Ma la contessa, sebbene incuriosita, la trattenne:

Pensava la

poverì, efacendo, le domeniche, interminabili partite di z0/ist.

sica nel segreto dell'anima, l’uomo che le aveva Ppronunziate con tanto ardore e contenuta passione,

x

sentiva un po’ commossa.

insieme,

lorante per la gran lotta sostenuta, mentre l'anima sua ancora vibrava al ricordo delle parole d'amore,

»

marsi.

mi ascolterà e mi aiuterà... Vede — proseguì pren-

baldi, innamoratosi pazzamente di lei. Il colpo fu rude, quanto inaspettato. Appena due mesi erano trascorsi da quella sera del ballo. Dunalla vita, tutta do-

perchè lei mi può aiutare... è la

La contessa, turbata da queste parole, temè quasi

racchiusa la lettera che mi ha avvelenato la vita, tutta la vita, passato e avvenire... — e faceva l'atto

que,

mentre ella si risvegliava

parlarle prima...

Il volto pallido della vecchia marchesa si colorì a un tratto giovanilmente, e il giorno dopo, nell’at-

traversare i silenziosi saloni dei palazzo Lonati, si

Quando le due donne si trovarono di fronte, sole,

in

poco a poco, la fiera lealtà del suo carattere aveva reso il sopravvento, facendole guardare il pericolo in faccia, e giurare di vincerlo. E quando, al ballo în costume dalla principessa Savarow, Vieri Ubaldi le aveva susurrato parole d'amore, ella lo aveva respinto. La scena si era îndelebilmente fissata nella memoria della contessa: ella rivedeva ancora quell'uomo sbiancarsi in volto

che la convalescente vaneggiasse e la pregò di cal-

un giorno di non poter più ritrovare il disegno di

rimasero turbate, quasi si vedessero per la prima volta, e mentre si scambiavano le solite frasi con-

un repentino fuoco nelle vene. Nel primo momento rimasta

sola persona ormai che mi possa aiutare...

un antico punto in seta.

venzionali,

golo d'una via, un palpito più potente le metteva

era

ITALIANA

Il più futile dei motivi indusse la contessa a fare una gentilezza a Lauretta Sarni. Questa si lamentò

retta che avevamo messa

al bando, che non salu-

tavamo più...»

E questa idea la faceva sorridere, quasi ella com-

mettesse una scappatella in barba

a tutte

quelle

pettegole amiche che alle Cascine più non veni. vano.

*

Jo rimanevo come smarrita, col cuore che mi mar-

lorchè vidi Ubaldi che se ne

«Se ne va così

«Non mi sento

andava.

Lo fermai:

presto? Perchè prima della cena?» bene»mi rispose con voce stran;

era pallidissimo. Rimasi ansiosa a guardarlo. L'o

chestra attaccò un valzer brioso; prima

mi trascinava a ballare vorticosamente. lo non po-

tevo parlare, credevo di muovermi nei rapidi giri scorgevo centinaia d'occhi inche.sogno, ci guar davano, e mi pareva che quella specie di corsa folle non dovesse mai aver fine. Quando, spossati, ci sedemmo sopra un canapè, Ubaldi mi disse: «Ora debbo andarmene

davvero. Quando posso venire a farle una visita ?»« Domani alle tre» risposi pronta, Egli venne puntualmente il giorno dopo e molte altre volte ancora. Il mio amore cresceva smisuratamente. Che fascino aveva quell uomo! Lei lo conosceva, vero?

La contessa chinò lievemente la testa, e l’altra

Dopo qualche tempo la marchesa Sarni si ammalò; ebbe una bronco-polmonite che minacciò di

portarla via; poi la crisi si risolse, la malata

migliorò. Appena entrata in convalescenza la prima persona che chiese di vedere fu la contessa Lo-

nati. Essa accorse, e quando la convalescente la vide le buttò le braccia al collo : « Ho proprio creduto di andarmene, sal iangendo Ed ho pensato

a lei...

ho pensato a lei...

3

che potessi

rendermene conto Ubaldi mi aveva cinto Ja vita e

ho pensato che debbo

Sono usciti:

IL TEATRO vi ETTORE

NOSTRO

GRECO

ROMAGNOLI

‘on 20 incisioni.

Sei

Lire.

PURGATORIO

IFatti personali del tempo della guerra italiana (1915-1917).

Di

ANTONIO

BALDINI

Quattro Lire. Dirigere valla aiF.lliTrevea, loMilano,


L'ILLUSTRAZIONE

460

l’angoscioso pellegrinaggio dai medici, e la ricerca

dei climi più sepali e salubri. Io folle di disperazione pregavo che la malattia prendesse me pure

e che ce ne andassimo insieme. Ogni giorno l' more di Vieri diveniva più cupo. Spesso mi

ITALIANA

in sè stessa, ascoltava le dolci parole che le inon-

— Era una lettera d'amore! E non per me, ca-

pisce? Non per me che l'avevo idolatrato per lunghi anni!

La

rivelazione

fulminea

mi

ieri aveva vissuto tutto quel tempo

annientò:

con me, ado-

davano l’anima di una gioia sovrumana. A poco a pose perdeva la nozione del luogo e dell'ora; ecco, ieri tornava a lei per dirle le care parole ch’ella non aveva voluto ascoltare ‘un tempo; finalmente,

chiostro, e lasciami un poco solo». Quando tor-

rando in segreto un’altra donna! — Ed in codesta lettera non vi è nessun indizio? — chiese turbata la contessa. — No, niente, niente, neppure il più lontano in-

seritto fine e nervoso, e me li tendeva dicendomi: «Ti prego, buttali nel caminetto ». Che cosa con-

dizio, e nonostante tutte le mie indagini non sono mai riuscita a sapere chi fosse questa donna, e

e veniva a compensarla di tutte le segrete lagrime versate. Durante la sua lunga vita, ella non aveva mai avuto un’ora come questa; era l'ora suprema che cancella ogni tortura passata. Ma perchè il

questi pochi giorni di vita chè mi rimangono, per

male? Ah! non metteva conto di badarci; ben pre-

ceva:

«Fammi

il piacere, dammi

la carta

e l’in-

navo da lui aveva riempito vari foglietti di uno tenevano

quei fogli ?Pensai

malato. Più peggiorava e temevo

gli facesse

male;

fosse

una

manìadi

più voleva scrivere. Io

lo dissi al medico che

scosse la testa: « Lo lasci fare, lo contenti... » Infatti, che cosa valevano le cure ormai ?... Ben presto non potè più alzarsi, ma anche dal letto ac-

cennava che voleva scrivere. Non perse mai cono-

scenza, la sua mente era lucidissima. L'ultimo giorno di carnevale Vieri chiese ancora di scrivere e di esser lasciato solo. Ma quando tornammo

nella

camera lo trovammo supino con gli occhi chiusi. Due fogli scritti giacevano presso la sua mano; istintivamente li afferrai e me li posi in seno, Solo

quando la terra ebbe ricoperto il mio povero amato lì lessi. Eccoli qua. Grosse lacrime cadevano dagli occhi della contessa

Lonati, ma

la marchesa,

tutta

assorta

nei

suoi ricordi, non vi badava. Aprì il cofanetto che esalò un odore di vecchie cose, e trasse dal fondo

due foglietti ingialliti e quasi recisi lungo la linea della

ripiegatura,

Lentamente,

con

cura

infinita

li aprì: — Anche oggi, dopo tanti anni, rileggendo que-

tuttora l’angosciosa curiosità mi tormenta, e darei

sapere...

forse, chi

Ecco,

ora

tempo

potrà

L'altra incominciò:

in questo mo-

mento, forse perchè il mio amore all’approssimarsi morte

si è spiritualizzato;

quest'amore,

sera. Ma tu, come

non possono interessare lei che ha avuto sempre il cuore di ghiaccio. La sua famosa virtù le è costata

fosti dura e spietata!... Lo fosti

troppo, e oggi penso che non dovevi essere completamente sincera. Non so se io comincio a yaneggiare; ma in questa ultima ora della mia vita,

volte vidi lampi nel tuo sguardo, e sentii la tua mano tremare mentre stringeva la mia.... poi, fosti offesa che ti dichiarassi il mio amore; forse, chi

Poi, vedendo

che la mar-

passato,

Ebbene, codesta

lettera ?

chesa taceva con

lo sguardo

aggiunse: —

perduto

nel lontano

pensa, contessa? Chi sarà stata, chi sarà

ripiegando i foglietti. Stupita di non ottener ri-

sposta

mi pareva di aver sorseggiato tutto l'amaro calice. E non era, non era vero!

mezza voce la contessa.

Che

stata quella donna? — chiese ansiosa la marchesa

divenuto veramente grande ed alto. Solo ora sono degno di offrirtelo. Fremo nel ricordare la dichiarazione brutale che te ne feci in quella lontana

sento farsi in me una

— Si sa forse mai fino a che punto possa giungere la nostra facoltà di soffrire ?.— mormorò a

adagio adagio una specie di stordimento. Non cercava di vincerlo. Com'era dolce quel letargo che

a

traverso tanti anni di sacrifizio e di lontananza, è

sta lettera sento una terribile stretta al cuore. Nel-

l’accompagnare Vieri al camposanto pensavo che più nulla ormai potrebbe farmi piangere e soffrire;

gran luce, come se adesso

soltanto io vedessi nitidamente il passato. E muoio

con la dolce certezza che tu mi abbia

sa, avesti anche

amato. Più

paura, e nella tema di cadere mi

scacciasti, Oh! anima santa, io ti adoro e ti venero, sopra ogni altra donn: La contessa, con gli occhi

chiusi, tutta

raccolta

spalla

guardò l'amica. Aveva la testa reclinata sulla

destra e gli occhi chiusi.

— Si è addormentata!!! È vero, le storie d'amore

poca fatica! — pensò Lauretta Sarni sdegnata.

Si alzò, sì rimise in fretta il cappello e il :mantello; ma quando fu pronta sostò un momento presso la dormente, e si sentì cogliere da un senso di soggezione davanti alla solennità che l'aspetto della vecchia signora aveva assunto: ella riposava serena e composta,

sorriso

nuovo

era

sulle

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e un

sue labbra. In punta di piedi la marchesa uscì dal salotto; ed al servo che attendeva nel vestibolo disse: « Non disturbate la signora contessa. Riposa. » Bianca MARIA.

E.FRETTE©C.],

NMUN

ra che

ritornaya nitida; era vestito da etica come in quella lontana sera, e lentamente lentamente si chinava a sfiorarla.... Ella si abbandonava...

un’ultima volta che ti amo, che ti amo, che ti amo. della

ed

La voce che le parlava d'amore ed il profumo delle rose che aveva sparse in grembo le davano

sempre più l’avvinceva! L'immagine di Vieri si dileguava; ella non riusciva a vederlo più; poi ecco

«Mia adorata, «Sento che sto per andarmene, e voglio ripeterti come

di battere,

calma! Che riposo! Che silenzio!

— Forse, — rispose debolmente come un'eco la contessa, e fece cenno all'amica che leggesse.

Non ti ho mai sentita vicina

cuore le batteva in modo così precipitoso da farle

sto si sarebbe stancato

le leggerò la lettera, e dopo,

sa, lei che fu del nostro aiutarmi a trovare.

dopo tanti anni, Vieri aveva intuito il suo martirio

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