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4. Ricostruire, ma con giudizio »

A. MECOZZI - Scritti scelti - Voi. Il (1945-1970)

Tutto è perduto, non avete più nulla da perdere se non la vostra dignità; è la vostra acquiescenza che ve la farebbe perdere. Non vi possono più danneggiare e vilipendere se li smascherate; non toglieranno il pane alle vostre famiglie perché ve l'hanno già tolto.

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Ma vi è di più: essi, i Colpevoli, vi hanno sottratto il più gran bene che un uomo possa avere: l'alterezza d'essere cittadini del Paese dove siete nati; ve ne accorgerete se andrete all'estero e ve ne accorgerete parlando con stranieri, o leggendo quello che gli stranieri pensano di voi.

Una immensa turlupinatura durata ventidue anni, una sfacciata millanteria propagata con tutte le risorse, una sicumera cui vi veniva imposto di partecipare sotto il movente dell'amor di Patria (sì, quasi tutti noi ce ne contaminammo); una sistematica occultazione e svalutazione dei progressi esteri; e qui una enorme prosopopea costosissima dietro la quale stava il vuoto, e peggio, l'arrivismo e la profittazione.

Molti che avevano i poteri ingannavano i loro superiori, e così su su fino al gerarca supremo il quale ingannava tutti voi. Rammentate mille e mille episodi nei quali vi costrinsero ad essere complici.

Una mentalità pseudogiornalistica scambiava per realtà le frottole da essa stessa inventate e propagate ' per simulare l'Efficienza.

Rivendicate il vostro grande intrinseco concreto reale valore, di ingegneri e di piloti, di costruttori e di combattenti, di inventori e cli studiosi, di operai e di organizzatori.

Rievocate come venivano estromessi e neutralizzati, instradati «sul binario morto», impediti di produrre, coloro che con il fervore del lavorare, con l'ansia del progredire, «guastavano il mestiere!».

Chi di voi sa comporre libri li pubblichi, chi di voi sa redigere articoli li scriva.

Chi non sa farlo, o non ha tempo per farlo, ma sente di aver qualcosa da dire, qualche fatto da documentare, qualche dato da fornire, qualche ricordo da manifestare, indirizzi a me alla Rivista, nella «Posta dei lettori» che mi proverò a scrivere per lui.

Il collaboratore che si firma «Stilo,> nella rubrica «Tra i lettori e noi» sull'ultimo numero, ha dimenticato d'avvertirci se si tratti dell'arnese che adopravano gli antichi per scrivere sulle tavolette incerate, o del pugnale con lama corta e stretta; non importa, ambedue possono gravemente ferire; qualche aviatore nei tempi andati sofferse i colpi di qualche <<stilo» e non li meritava; concordo nelle esortazioni a scrivere con serenità e con misura, ma non bisognerà esagerare; ora non si tratta di fare delle vendette, ma almeno d'indurre le persone leali e generose a riconoscere gli errori, altrimenti d'obbligarvi chi non avesse quelle virtù.

RICOSTRUIRE, MA CON GIUDIZIO

Quando terminò la guerra 1914-1918 io ero un bambino, ma ricordo che in famiglia si faceva un gran discutere sulla impossibilità che un'altra guerra avesse luogo, e mio padre ed i miei zii, ch'erano reduci e decorati, si compiacevano che a me adulto la prova guerresca sarebbe stata risparmiata; furono cattivi profeti . .

Adesso sulla stampa nazionale ed estera le enfatiche affermazioni: «questa sarà l'ultima guerra» non si leggono; e sebbene si legga spessissimo che le maggiori Potenze costituiranno Forze Armate per garantirsi da qualsiasi aggressione, ciò fa pensare piuttosto alla possibilità d'una nuova guerra che d'una perpetua pace: ormai il classico Vegezio: si vis pacem para belium è parecchio svalutato.

Per quanto riguarda l'Italia, mi tengo certissimo che una nuova guerra non la provocheremo noi; abbiamo avuto una lezione che ci basterà per parecchie generazioni.

Ma possiamo proprio essere sicuri che se sopravvenisse noi non ne saremmo travolti?

È ormai comune osservazione che la nostra Penisola si viene disgraziatamente a trovare proprio sulla linea divisoria di due mondi che si sono venuti a formare; quello slavo, intorno al quale graviteranno molti popoli minori, affini o no, ma certo solidarizzati da interessi comuni, e quello anglosassone, anch'esso con la sua coorte di satelliti.

Oggi questi due mondi si dichiarano amici, o per lo meno concordi a stabilire sulla terra un nuovo ordine perdurante; ma gli elementi di discordia non mancano, e fra qualche mese o qualche anno si potrebbero acuire fino al punto da generare un conflitto.

Non è certo questo il luogo, e comunque vi sarebbe presuntuoso, per pronosticare se noi in quel fatale domani saremo con l'Occidente o con l'Oriente; ma da qualunque parte fossimo, ·ci troveremo di certo come il noto vaso di. coccio tra i vasi di ferro; e forse il nostro territorio tornerà ad essere campo di battaglie, luogo di avamposti, terreno perduto e ripreso, economia martoriata, edilizia distrutta, carnaio di militari e cli civili, anche se saremo belligeranti e più forse se saremo neutrali.

Parre I - Il primo dopoguerra e gli scritti sulla Rivista Aeronautica (1945-1953)

La prospettiva non è rosea e non ci conforta certamente nelle pene e difficoltà attuali; ma chiudere gli occhi per non vederla non ci avvantaggia d'un millesimo.

Pensavo a tutto questo giorni fa, leggendo la notizia che integralmente riporto:

«Gli alleati rastrellando il territorio a nord del centro di Nordhausen, hanno scoperto due stabilimenti sotterranei, i quali, nel loro genere, costituiscono un capolavoro di ingegneria. I tedeschi, per installare gli impianti che erano specializzati per la costruzione di strumenti di precisione di carattere bellico, e metterli al sicuro dai bombardamenti, hanno perforato in lungo e in largo una intera montagna. Le officine sono dislocate in caverne rivestite di lastre di acciaio e collegate tra loro da una serie di camminamenti che si sviluppano per un complesso di oltre tre chilometri nell'interno della massa rocciosa. Il ricambio dell'aria è assicurato da un perfetto sistema di aerazione azionato eleqricamente. L'illuminazione piena a giorno è parimenti assicurata da una apposita centrale che produce anche l'energia necessaria per il funzionamento delle officine. Tre grandi gallerie principali attraversano il sottosuolo, collegate tra di esse da camminamenti trasversali. Le officine, dotate di macchine modernissime, erano specializzate in particolare per la costruzione di apparecchi di precisione per la costruzione dei siluri volanti. Lungo le gallerie si può camminare agevolmente, l'aria che vi si respira è fresca e gradevole e continuamente rinnovata. Nell'inverno, tutto il complesso degli stabilimenti era riscaldato in modo da consentire alle maestranze di svolgere il loro lavoro nelle migliori condizioni. Nel periodo estivo, gli ambienti venivano ventilati. Una delle gallerie principali era stata incominciata a costruire verso la fine della prima guerra mondiale, ma poi i lavori furono abbandonati per tutto il periodo della repubblica di Weimar. Si no al quattro aprile scorso, questi stabilimenti sono stati in piena attività. Nel.la notte successiva e nel mattino del cinque, formazioni aeree alleate martellarono l'intera zona di Nordhausen e gli abitanti si precipitarono a migliaia in questi stabilimenti, che costituivano per loro un rifugio antiaereo di assoluta sicurezza. Due tronchi ferroviari nell'interno delle gallerie principali e in collegamento con l'esterno provvedevano ad assicurare il trasporto dei materiali e delle maestranze. Si calcola, che circa ventimila operai, di cui il nove per cento costituito da lavoratori stranieri, erano impiegati negli stabilimenti».

Orbene, oggidì le nostre industrie sono demolite negli edifici e rapinate nelle attrezzature; ottima occasione sarebbe per ricostruire pii:1 razionalmente ed attrezzare con più modernità di efficienza!

Senonché la nostra economia ha urgentissimo bisogno di produrre le miriadi di cose, anche di prima necessità, che ci occorrono. E la mancanza di tutto, principalmente ciel crediro per acquistare all'estero, ci costringerà non alla soluzione migliore, bensì a quella più rapida e più economica, ossia forse alla meno efficiente.

Limitandomi a parlare degli edifici, credo che, superato l'acume della crisi, le fabbriche sorgeranno come funghi, all'aria aperta, con sottili pareti, con labili strutture, giacché più presto sorgeranno più presto potremo cominciare a fabbricare automobili o casseruole, macchine agricole o carta da stampa.

Tragico dilemma! Abbiamo la ... fortuna di poter ricostruire con metodo razionale tutto quanto era stato costruito per struttura ed ubicazione nel modo più illogico di fronte all'eventualità della guerra aerea, ed abbiamo la disgrazia di dover ricostruire con urgenza e risparmio per far fronte alle necessità immediate, pur sapendo, senza dubbio possibile, che tale metodo sarà deplorato come imprevidente dalla generazione (l'attuale o la successiva?) che dovrà subirne, per azioni belliche, la demolizione.

Io domando al direttore della Rivista Aeronautica: non è questo un argomento degno di studio? Non è abbastanza aviatorio affinché lo si discuta su questo periodico? Non v'è qualche collaboratore, competente di edilizia industriale, di organizzazione ed economia industriale, che ci illumini, me e chissà quanti altri lettori, sulla possibilità di risolvere almeno praticamente il problema?

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