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1. Le Forze Armate e la costituzione della Repubblica »
XIII 1. LE FORZE ARMATE E LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ("Rivista Aeronautica", n. 1, gennaio 1947; pseudonimo ARTURO MOSCHINI) 2. OBIETTIVITÀ PROFESSIONALE (lettera alla "Rivista Aeronautica", n. 9, settembre 194 7; pseudonimo ARISTIDE MASTROMICHELE)
Nel primo articolo M. conduce un esame critico del progetto di legge sulla Costituzione, che al momento (gennaio 1947) è ancora in corso di esame da parte della Costituente. Il testo definitivo della Costituzione, promulgata il successivo 2 7 dicembre 194 7 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1948, è in diversi punti diverso, e in taluni casi elimina i difetti e le lacune che qui M. indica.
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Le sue considerazioni sono tuttavia utili, perché toccano quel rapporto tra militari e politici, tra militari e politica, tra Istituzione militare e società democratica, che è all'ordine del giorno fin dalla seconda metà del secolo XIX (basti ricordare gli scritti del generale Marselli e del capitano Ranzi) l'l e non ammet-
Il progetto della Costituzione è stato presentato il 31 gennaio 194 7 dalla Commissione Parlamentare alla Presidenza della Assemblea Costituente. Ogni studioso che abbia a cuore le sorti delle Forze Armate d'Italia si sarà affrettato a cercare nel testo gli articoli che più interessino il servizio militare.
Se non sbaglio eccoli gui riportati: Art. 49 - La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.
(''). Si veda, in merito, Ferruccio BOTTI, !;arte militare del 2000, Roma, Ed. "Rivista Milicare", 1998, Cap. III (N.d.C.). te soluzioni definitive, anche perché affidato, più che ad aride norme, al discernimento e alla sensibilità degli uomini.
Evidentemente l'apertura della rivista a certi temi assai delicati, di carattere più politico-sociale che tecnico-militare, non trova tutti d'accordo, visto che M. con la lettera allegata, celandosi dietro uno pseudonimo, giustifica la sua linea con la necessità di combattere le idee soprattutto con le idee, non consentita nel passato regime (il che non è del tutto vero, visto che la "Rivista Aeronautica" cieli' anteguerra ha ospitato anche le sue idee "alternative", pur dissociandosi).
(F. B.)
Il servizio militare è obbligatorio. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino-, né l'esercizio dei diritti politici.
I.:orclinamento dell'esercito si informa allo spirito democratico della Repubblica italiana. Art. 50 - Ogni cittadino ha il dovere cli essere fedele alla Repubblica, di osservarne la Costituzione e le leggi, di adempiere con disciplina ed onore le funzioni che gli sono affidate.
Quando i poteri pubblici violino le libertà fonda mentali ed i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza alla oppressione è diritto e dovere del cittadino. Art. 51 -Il Capo dello Stato, i membri del Governo, i Presidenti delle Deputazioni regionali, i magistrati, le forze armate e quelle assimilate, prima di assumere le loro funzioni prestano giuramento di fedeltà alla Costituzione ed alle leggi della Repubblica.
A. MECOZZI - Scritti scelti - Voi. Il (1945-1970)
Possiamo anzitutto rilevare in questi tre articoli qualche anomalia:
Nell'art. 49 si tratta di «esercito»; cerro il legislatore avrà voluto comprendervi le tre fon:e armate; ma non sarebbe male ciò fosse specificato come nell'art. 51.
Nell'art. 50 è detto che «ogni cittadino ha il dovere di essere fedele alla Repubblica, di osservarne la Costituzione e le leggi» e nell'ar:t. 51 è detto che «le forze armate e quelle assimilate ... prestano giuramento di fedeltà alla Costituzione ed alle leggi della Repubblica». QJ i mi sembra si pr:esentino due gradazioni di fedeltà:
Come cittadino si deve essere fedeli «alla Repubblica»; in quanto alla Costituzione e alle leggi basta che esse si «osservino». Si è dunque considerato che fra fedeltà e osservanza vi sia sensibile differenza.
Jnfatti poi come militare lo stesso cittadino giurerà fedeltà «alla Costituzione e alle leggi» . La differenza non è molto evidente, ma intende marcare un aumento di doveri.
Se non vi fosse differenza, ossia se non si fosse voluta stabilire una gradazione di fedeltà, vi sarebbe un doppione nel testo dei due articoli. Ma ciò fa anche supporre che nel cittadino la «fedeltà alla Repubblica» sia un dovere elastico?
Passiamo adesso ad un esame di merito.
Il cittadino che manifesti sentimenti monarchici è tuttavia «fedele alla Repubblica»? e se si manifesti comunista, ossia per una repubblica ben diversa da quella costituita? giacché secondo il testo in esame non basta che egli «osservi» la Costituzione e le leggi, ma deve essere «fedele» a un regime politico dai cui principi invece dissente. Qui il concetto di «libertà delle opinioni politiche» sembra abbia subìto qualche restrizione. Sono repubblicano e non mi lamento che la Repubblica stabilisca in tal modo le proprie difese, ma tento di ragionare obbiettivamente.
Del resto è strano che mentre «tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa» (art. 14) non si trova, se non erro, nel testo un'affermazione altrettanto esplicita per la «fede politica»; il primo capoverso dell'art. 16 «Tutti hanno diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero» mi pare non basti allo stesso fine; e neppure basti l'art. 47 «Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». Ne risulta che gli indipendenti sono fuori legge, che i «senzapartito» non possono concorrere a determinare la politica nazionale? Torniamo adesso al giuramento delle Forze Armate.
Certamente la fedeltà alla Costituzione che il militare deve giurare include !a fedeltà alla Repubblica che già viene imposta al cittadino come dovere, senza giuramento.
Ma l'art. 49 dice che «Il servizio militare è obbligatorio» e dice che «Il suo adempimento non pregiudica ... l'esercizio dei diritti politici».
Osservo che tra i diritti politici non vi sono soltanto quelli stabiliti dagli articoli 45-46-47 ma v'è anche il diritto di propaganda politica, che in nessun luogo è negato ma anzi l'art. 16 sopra citato riconosce.
Può un militare far propaganda politica? Non certo contro la Repubblica o meglio non contro la Repubblica così costituita, giacché se non glielo vieta il suo dovere di cittadino (come lo stabilisce l'art. 50) glielo vieta il suo giuramento di militare (art. 51).
Dunque manca nella Costituzione la distinzione che il militare non può fruire su argomenti politici del diritto di esprimere il suo pensiero, a deroga dell'art. 16.
Ma su questo argomento vedremo più avanti altre considerazioni.
Quanto osservato qui sopra è tutt'altro che un futile passatempo. La monarchia e il fascismo avevano imposto ai cittadini e ancor più ai militari un dovere di fedeltà a quel regime che, senza offesa per alcuno, fu indubbiamente per vent'anni monarchico-fascista. Il risultato è ben noto. Fu il risultato che s'otterrebbe privando della valvola di sicurezza una caldaia a vapore; il «jus murmurandi» (manganello permettendo) non fu valvola bastevole.
Andiamo avanti. Il secondo capoverso dell'articolo 50 è interessante assai: «Quando i poteri pubblici violino le libertà fondamentali ed i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all'oppressione è diritto e dovere del cittadino».
Qui si osserva anzitutto: tra i cittadini che hanno tale diritto e dovere di «resistenza» stanno anche i militari?
Certo che sì, tanto perché sono anch'essi cittadini, quanto perché essi hanno prestato un esplicito giuramento.
Ma ai militari basterà «resistere»? o i·nvece dovranno reagire? non v'è qui motivo (o pretesto) per dei «pronunciamenti»?
Giacché: chi avrà facoltà o autorità di constatare la violazione de «le libertà fondamentali e i diritti garantiti»? il giudizio del singolo cittadino è sufficiente? o quello di qualche partito politico? o delle Camere (Assemblea Nazionale)? o d'una Magistratura Suprema?
V'è in qualche luogo del testo della Costituzione una precisazione in merito più completa di quella degli articoli 126 - 127 - 128 - 129, che mi sia sfuggita (e che in ogni modo potrebbe essere richiamata nell'art. 50, secondo capoverso)?
Si badi che questa «resistenza» o «reazione» contro i «poteri pubblici» potrebbe venire promossa sia da chi abbia opinioni di destra, sia da chi le abbia di sinistra; potrebbe cioè essere motivata anche da violazioni (presunte o reali) cli diritti costituzio1~ali che invece taluni estremisti di sinistra negano, co1ne «la proprietà privata»; potrebbe invece essere motivata da violazioni di carattere «reazionario,,, passatista.
Mi sembra che in questo 2° capoverso dell'art. 50 siano insiti per la Repubblica anche pericoli, oltreché difese.
Passiamo adesso ad esaminare un punto di carattere più strettamente militare: ma prima, osserviamo che il legislatore ha voluto includere l'art. 49 che tratta del servizio militare nel titolo IV dalla Parte I «Rapporti politici». Sia giusto o sbagliato, non dico; certo è sintomatico, ed ha molta importanza come cercherò di rilevare.
Dunque l'art. 49 dice che «il servizio militare è obbligatorio». La questione qui è anzitutto tecnico-professionale, pur essendo anche politica.
Specialmente è il caso di domandarsi se l'argomento può trovar posto nella Costituzione, oppure se il suo posto non sarebbe meglio in una legge. Si può pensare che la Costituzione avrebbe potuto esprimersi: «Il servizio militare può dalla Legge essere dichiarato obbligatorio».
Molti ed anche autorevoli sono gli studiosi militari che per ragioni non politiche hanno obiettato contro il servizio militare obbligatorio. Ma non è qui il caso di discutere la questione, tanto più che stabilendo un brevissimo servizio obbligatorio si conciliano abbastanza, almeno in tempo di pace, i termini controversi.
Osservo invece che i militari di qualunque grado sono, vigendo il servizio obbligatorio, di due categorie: quelli di carriera, ossia che volontariamente s'impegnano a quel servizio, e quelli non di carriera i quali subiscono l'obbligatorietà.
Mi pare che fra i due, nei riguardi dei doveri politici e diritti politici in genere e nei riguardi del giuramento in ispecie, vi dovrebbe essere qualche differenza.
Il militare di carriera, ossia volontario, non può non dichiararsi con tale volontarietà fedele e attivo difensore non solo della Repubblirn, bensì della Costituzione, in tutti i suoi articoli.
Ma imporre un identico dovere «attivo» anche ai militari non cli carriera, anche agli ufficiali in congedo o in servizio di complemento, anche ai militari per coscrizione, e ciò sia in pace sia in guerra, sia nei richiami sia nel servizio di leva o (come si dice per gli ufficiali) <<di prima nomina» può parere troppo esplicita costrizione della libertà di pensiero, di parola, di scritto affermata nell'art. 16.
Sembra si possa proporre che i militari cli carriera si debbano vincolare nelle opinioni, impegnare alla fe deltà; quegli altri alla «osservanza» obbedienza, o comunque si voglia chiamarla, in maggior grado, naturalmente, dei cittadini non in servizio militare, ma rispettando la loro libertà d'opinione.
Poi la questione si complica notevolmente se si consideri che la seconda guerra mondiale ha non dico creato (perché esisteva da tempo immemorabile), ma posto in evidenza una particolare figura di combattente, che è stata chiamata «partigiano,, e forse in buona lingua dovrebbe chiamarsi «guerrigliero», salvoché non gli si voglia dare un significato più restrittivo.
Infatti i partigiani in Russia come in Italia hanno combattuto per il «tutto» che era la Patria, anche allorché il sentimento, l'ideale che li muoveva era un ideale di << parte», di «partito», di «fazione politica» (intendendo «fazione» non in senso dispregiativo).
Orbene, non mi pare dubbio che in una guerra futura i <<guerriglieri,, saranno organizzati più sistematicamente che in quella passata; saranno o militari «regolari» distaccati a quella forma di guerra (guerra di retrovia, possiamo dire) o considerati militarizzati.
Potrà allora essere considerato «obbligatorio» anche tale servizio militare?
Si ponga mente àll'ipotesi non del tutto fantastica, d'una totale occupazione militare del territorio d'una Nazione, nella quale ipotesi una parte (o il totale) delle sue forze armate «regolari» abbiano «evacuato» (brutta parola che si potrebbe sostituire con «dunquerquizzato», neologismo altrettanto brutto ma almeno non ... escrementizio).
La guerriglia, la guerra cosiddetta partigiana, diverrà una necessità e un ,dovere; dovrà essere organizzata; non potrà esserlo, credo, che affidandola avolontari. Non posso dubitare che gli Stati M.aggiori, nei loro «alti studi» non stiano pensandovi su.
Tali volontari guerriglieri avranno dei doveri che gli altri militari, quelli «obbligati,,, non avranno; o per dire meglio tutti i militari di carriera dovranno sapere essere e all'occasione dovranno essere guerriglieri; ma si potrà imporre lo stesso dovere ai militari non di
A. MECOZZI - Scritti scelti - Voi. Il (1945-1970)
carriera? Non lo nego, lo domando. Tanto che la risposta sia positiva, quanto che essa sia negativa, risulta necessario precisare l'estensione di due frasi dell'art. 50 della Costituzione:
«La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino».
«Il servizio militare è obbligatorio».
Ebbene, a costo di anticipare alcune considerazioni che ho in corso di elaborazione e destinerò ad un altro articolo, osservo che anche in tempo di pace bisogna istituire non più due categorie di militari (quelli di carriera, perciò «volontari» e quelli non di carriera, perciò «obbligati»), ma anche una terza categoria che potremmo definire dei «volontari permanenti non in servizio effettivo», ossia di coloro che pur restando nella vita civile (dopo il periodo di istruzione principale alle armi) accettino particolari obblighi che in pace saranno di istruzione periodica e in guerra saranno di «servizio guerriero» qualora gli eventi lo rendessero necessario.
Adesso dedico altro sommario cenno al fatto che il servizio militare sia incluso tra i «diritti e doveri dei cittadini sotto i rapporti politici» e al dovere di «resistenza» ai «poteri pubblici» sancito dal secondo capoverso dell'art. 50.
La storia della «marcia su Roma» è stata fatta tra gli altri anche da un militare, il Generale Pugliese, il quale nel libro «Io difendo l'Esercito» sostiene che l'Esercito non favorì la matJ:ia su Roma e anzi era pronto ad opporvisi, mentre il potere politico, dopo molto oscillare, non dette gli ordini necessari affinché l'Esercito agisse.
Qui non importa entrare nel merito delle affermazioni del Generale Pugliese; ma non si può fare a meno di pensare che, se si avvicinasse una eventualità simile alla «marcia su Roma», potrebbe accadere: che il Governo avesse la medesima perplessità; che il Capo dello Stato non si sentisse costituzionalmente la facoltà di opporsi a quello che gli vien fatto apparire come il volere della Nazione; che la Corte Costituzionale di cui all'art. 126 la quale «giudica la costituzionalità di tutte le leggi» trovasse che non è sua competenza giudicare «fatti», e che la Forza Armata «ligia al giuramento prestato» lasciasse fare in attesa cli ordini dei «poteri pubblici».
Il timore che la forza armata si arroghi essa dei «poteri pubblici» è legittimo, ma è altrettanto legittimo il timore che la sua forza a difesa della Costituzione, resti ino12erosa ... per scrupolo di costituzionalità.
E sintomatico che la Costituzione tratti partitamente dei tre poteri nel!' «Ordinamento della Repubblica»: il legislativo (titolo I - Il Parlamento), l'esecutivo (titolo II e III - Il Capo dello Stato e il Governo), il giudiziario (titolo IV - La Magistratura) e che si astenga accuratamente dal trattare de <<La Forza Armata» (salvoché per inciso nel terzo dei tre articoli 49-5 0-51 qui illustrati), quasi per timore che essa possa apparire un quarto potere, mentre nella pratica dei <<rapporti politici» fra Stato e cittadini rischia, come sempre, di risultare impotente.
Altra questione che interessa i militari è quella che risulta dalla lettura dell'art. 5 6 (eleggibilità a senatore).
Unico accenno ai militari è che sono eleggibili i: decorati al valore nella guerra di liberazione 1943 -1945, capi di formazion i regolari o partigiane con grado non inferiore a comandante di divisione.
Si tratta cioè, se non capisco male, di una specie di super-ricompensa al valore relativa soltanto ai combattenti nella guerra di liberazione 1943-45.
Ma (o sbaglio di grosso) è precluso l'accesso al Senato ai militari come tali, in atto?
Si verifica dunque che i militari, i più legittimi difensori della Costituzione, coloro in definitiva che hanno la forza per farla rispettare, non possono (come tali) difenderla con la parola nel Parlamento.
Non v'è da farsene il sangue cattivo, ma è bene rilevare l'anomalia. Forse gli onorevoli deputati alla Costituente sono stati influenzati dalla supposizione (forse legittima) che molti, troppi, militari di grado elevato si sentano ancora piuttosto difensori della Costituzione passata che di quella imminente.
Giunti a questo punto, è necessario fare un'altra ipotesi, sempre in tema di guerriglia e qui meglio si vede perché «il servizio militare è obbligatorio» venne inserito fra i «rapporti politici».
Supponiamo che la Nazione A, posta geograficamente fra le Nazioni B e C tra loro avverse, allo scoppio di un conflitto venga occupata dalle forze armate della Nazione B col consenso del suo Governo (ossia del Governo di A), dei suoi «poteri pubblici» come dice l'art. 50 (2° capov.).
Ma una parte dei cittadini di A (in questo caso una parte dei cittadini della Repubblica italiana) giudicano che il proprio Governo ha tradito gli interessi della Repubblica, e si mettono a far guerriglia (in questo caso davvero «partigiana») a favore delle forze armate della Nazione C che tentano o si apprestano o cominciano ad invadere il territorio di A.
I.:allusione alla passata guerra partigiana nell'Alta Italia è chiara, né meno chiara è l'allusione ad una, diversa ma simile, eventualità futura.
Beh! come la mettiamo quest'ipotesi, in rapporto al secondo capoverso dell'art. 50? e alla obbligatorietà
Parte I - Il primo dopoguerra e gli scritti sulla "Rivista Aeronautica" (1945-1953)
del giuramento cli fedeltà alla Repubblica anche per i militari non cli carriera? e in rapporto alla (necessaria) definizione cli «forze annate»?
Passiamo finalmente al punto più grosso. ~ultimo capoverso dell'art. 49 dice «I.;ordinamento dell'esercito (leggi anche marina ed aeronautica) si informa allo spirito democratico della Repubblica italiana».
Finalmente un militare potrà parlare e scrivere in Italia di - democratizzare le Forze Armate - senza far venire il mal di capo ai lodatori del buon tempo antico.
Ma qui potrebbe cominciare una discussione, sul cosa significhi democratizzare e come si dovrà democratizzare, così complessa e così lunga che converrà rimandarla ad un apposito studio, giacché non è più materia di Costituzione ma di Legge e di Regolamento.
Pertanto termino queste mie considerazioni frettolose e senza pretese.
P. S. Nel momento di correggere le bozze (la cortesia della Direzione mi ha concesso questa eccezione) mi accorgo che per la mia mania della obiettività ad ogni costo ho girato d'attorno al nucleo della questione senza affrontarlo. Ora qui mi decido e chiedo scusa se la urgenza (poiché la Costituzione è in corso di approvazione) mi impone espressioni che possono sembrare troppo perentorie; conosco i miei limiti di fronte a problemi tanto vasti e gravi e riconosco che posso sbagliare.
Il mio parere è questo: si ha torto nel non esprimere nella Costituzione il preciso concetto che «le Forze Armate sono il presidio delle istituzioni repubblicane» e trarne le conseguenze.
Non dimentichiamo quello che è accaduto: dopo vent'anni di condominio monarchico fascista, le coscienze che avevano prestato due giuramenti si sono sbandate; l'una è andata al nord, l'una è andata al sud, altre sono andate a diversi punti cardinali.
Adesso abbiamo richiesto un frettoloso e sommario giuramento a un nuovo regime anche da militari di carriera che avevano ricevuto il crisma dal regime precedente; si è così data poca importanza a un atto che deve essere considerato solenne e impegnativo; sarebbe sembrato più saggio che tutti i militari venissero dispensati dal servizio militare (salvaguardandone gli interessi materiali) e si aprissero concorsi nuovi, per accedere ai vari gradi delle Forze Armate della Repubblica. ·
Ma qui il discorso diventa troppo complesso per poterlo proseguire in questa sede.
Vorrei poi dire al... proto del testo stampato distribuito ai Deputati, che scrivere forze armate ed esercìto con le iniziali minuscole, e scrivere per esempio Presidenti delle Deputazioni regionali con le iniziali maiuscole, sono piccinerie (vedi articoli 49-51).
Sul giuramento e sui diritti politici dei militari v'è ancora qualche altra cosa da dire.
In base al secondo periodo dell'art. 49 un militare può essere eletto e non resta sospeso il suo diritto cli essere elettore. Non concordo.
È una opinione molto diffusa che «il militare non deve far politica»; questa frase, questo monito, questa constatazione è uno dei luoghi comuni più ripetuti, delle convenzioni più generalmente accettate, da molti anni, da sempre.
Dovrei dire pseudo-constatazione, dovrei dire menzogna convenzionale, perché, almeno al militare di carriera, come sopra definito «volontario» è stato sempre chiesto di «far politica» purché la facesse pel regime in vigore.
Spezziamo una buona volta questa menzogna; il militare «volontario» che ha giurato come sopra detto, deve far politica, anche con la propaganda; però oggi gli si chiede, gli si deve chiedere di farla per la Repubblica quale risulterà dalla Costituzione.
In quanto al militare «obbligato», cosa vale, cosa valse, cosa varrà il suo giuramento di fedeltà quando La legge lo estorce alla sua coscienza? Imponetegli l'osservanza ma non La fedeltà .
Se egli non aderisce col cuore, con l'intelletto alla Repubblica, a questa Repubblica (o perché egli può non volere la Ret)Ubblica o può volerla diversa) è proprio giusto ed opportuno (si badi ad entrambi gli aggettivi) consentirgli nel così relativamente breve tempo del suo servizio, di «far politica», come indubbiamente poco o molto egli fa esercitando i «diritti politici?».
Confesso che ho i miei dubbi; infatti l'esercizio attivo de/là f)Olitica quale si chiede, si deve chiedere, a mio parere, al «volontario», si risolve in una suggestione, quasi coercizione sull'«obbligato», il quale non può reagirvi in altro modo che nel secreto del volto; giacché, come abbiamo visto t1iù sofJra, egli non può legittimamente fruire del diritto di t>ropaganda (art . . 16); io proporrei di sospendere pel militare «obbligato» il diritto di voto, così la fJrot1aganda degli altri non produrrà né acquiescenze né reazioni, queste più probabili di quelle.
Posso aver torto; mi dia atto che le osservazioni suespresse sono spregiudicate, obiettive, dopo di che amerei che qualcuno mi dimostrasse il torto; non occorre dimostrarmi che alcuni partiti non vogliono rinunciare al voto delle masse militari, degli «obbligati».