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2. Nuova polemica sull'unità e autonomia dell'Aviazione militare ....................... ......... .. . »
di principio, la situazione è egregiamente risolta; ma praticamente accade che gli allacciamenti in basso, fatti attraverso formule più o meno vaghe di dipendenza, scompigliano e confondono l'armonia delle attribuzioni e delle relative responsabilità, rendendo sempre difficile il processo delle direttive e della materiale condotta della guerra.
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Il presupposto fondamentale della inammissibilità che l'Aviazione non dia tutto in caso di bisogno, certezza questa ormai acquisita al patrimonio morale dell'Arma per inconfutabili prove da essa fornite, dovrebbe garantire l'assoluta impossibilità di una evasione dalle direttive superiori o di una insufficiente collaborazione con le altre Armi, quando anche la nostra dovesse integralmente dipendere da chi ne conosce profondamente le possibilità e ne può regolare, per competenza, sensibilità professionale e chiara visione delia consistenza presente e futura, il ragionevole dosamento e lo sforzo.
L'Aviazione, arma mobile e manovrabile per eccellenza, è la tipica forza armata di cui dovrebbe poter disporre il Comando Supremo, per scatenarla, di volta in volta, là dove la situazione lo richiede e con le modalità che al Comando Supremo dovrebbero esser suggerite dal comandante unico ed unico responsabile delle forze aeree.
Fin qui lo studio del mio Amico.
A me pare che in esso è implicita qualche efficace risposta alle tesi sostenute nei due articoli che ho citato; e vi è implicita una critica severa alla condotta della guerra aerea italiana.
Ma vorrei augurare che gli aviatori sentano il bisogno d'interloquire numerosi.
Non so se l'Italia potrà ancora avere una forza aerea; ma discuterne fin d'ora l'ordinamento ed i rapporti con le altre forze armate è forse il modo migliore per non trovarsi di fronte a qualche fatto compiuto che potrebbe suscitare critiche tardive.
NOVA POLEMICA SULJ:UNITÀ E !:AUTONOMIA DELI;AVIAZIONE MILITARE
Se il mondo dev'essere distrutto dalla bomba atomica, questa polemica non serve; se le Forze Armate italiane sono destinate ad essere abolite, questa polemica non le riguarda.
[Nota di M. - N.d.C]
UNA QUESTIONE S'È RIAPERTA
!:Aviazione militare quando nacque disse alle forze armate sorelle: ognuna di Voi esiste per combattere la forza armata nemica similare, l'esercito contro l'esercito, la marina contro la marina; io vengo per attaccare nel territorio nemico tutte le potenze economiche industriali psichiche che costituiscono le possibilità di incremento e di ripristino dell'Esercito e della Marina, che costituiscono la resistenza della nazione avversa; io vengo anzitutto per impedire che l'aviazione nemica faccia altrettanto, per sopraffarla, neutralizzarla, annichilirla se possibile. Questo mio compito è nuovo, trascende le vostre possibilità per quanto grandi esse siano, mi individua, mi conferisce un carattere organicamente unitario, rende la mia opera distinta dalla vostra, inconfondibile, sebbene concomitante allo scopo comune.
L'Esercito e la Marina assentirono.
Veramente gli zelatori dell'Armata Aerea proclamavano asserzioni assai più clamorose e gli zelatori dell'Esercito e della Marina ad esse non assentirono affatto.
Venne la guerra. Il compito nuovo che trascende qualsiasi possibilità delle altre due forze armate fu adempiuto, ma insieme ad esso, più assillanti di esso, più quotidiani, più assorbenti energie umane e materiali, più fruttiferi in apparenza di risultati immediati, sorsero i compiti aviatori d'intervento contro l'Esercito e contro la Marina del nemico.
Ed ora gli zelatori dell'Esercito e della Marina insorgono, ed esclamano: la situazione è mutata, gli insegnamenti della guerra dimostrano errata la tua Dottrina, perciò l'Aviazione non deve più considerarsi distinta e separata da noi, o almeno una aliquota di essa deve far parte dell'Esercito ed un'aliquota di essa deve far parte della Marina.
Citiamo alcune asserzioni che si leggono su riviste non aviatorie:
- «J..:arma del cielo è divenuta un fattore decisivo della guerra terrestre e marittima» ... «è divenuta tale che ai nostri giorni, quando manchi il suo intervento sul campo di battaglia, può andare irrimediabilmente compromessa la sorte di qualunque esercito e di qualunque flotta, per quanto agguerriti valorosi e potenti, e perfino se più forti dell'esercito e della flotta nemica e capaci, in assenza dell'aviazione da
A. M ECOZZI - Scritti scelti · Voi. Il (1945-1970)
ambo le parti, di riportare una completa vittoria sull'avversario. La possibi lità o l'impossibilità del concorso aereo divengono ragioni determinanti nel decidere una operazione o nel rinunciarvi, nell'attuare una avanzata o una ritirata». Affermano cali zelatori: la Dottrina con la quale ti annunciasti al mondo, Dottrina che da te stessa escogitasti, s'è dimostrata inadeguata alla realtà della guerra. Le nostre influenze le cui «componenti equilibratrici e compensatrici avrebbero dato alla dottrina della guerra aerea italiana la sua sferica e completa costituzione, non furono immesse o furono introdotte in misura insufficiente».
Essi aggiungono: «La cosiddetta -guerra aerea autonoma - è forma secondaria incompleta e imperfetta d'impiego, rispetto alle forme fondamentali che sono la guerra aero-terrestre e la guerra aero-marittima>,.
«A cale forma di guerra si deve ricorrere o quando non sia possibile fare diversamente (caso classico: quello della lotta contro la Gran Bretagna), ovvero per impiegare la eventuale esuberanza delle proprie forze aeree, dopo avere cioè provveduto a soddisfare per intero le esigenze offensive e difensive basilari della guerra aero-terrestre ed aeronavale».
Ed ancora: «l.:impiego a largo raggio, all'interno dei territori nemici, mediante incursioni che non abbiano alcun legame diretto con le operazioni dell'Esercito e della Marina, non debbono evidentemente essere escluse; esse possono assurgere anche ad una grande importanza, possono perfino conseguire risultati grandiosi, ma non si devono mai preferire od anteporre alle azioni belliche coordinate di due o di tutte e ere le forze armate, quando queste siano possibili».
Ed ancora: «le forme più redditizie, le forme fondamentali dell'impiego dcli' Aviazione sono quelle che si svolgono a contatto di gomito e con assoluta simultaneità e convergenza di sforzi con le altre forze armate; così da fare di varie anività un'attività sola, di varie imprese una sola impresa, di diverse vittorie una vittona unica».
Al leggere queste ed altre parole i cuori degli aviatori hanno un soprassalto; essi vi sentono negate tutte le concezioni instillate loro per tanti anni; vi sentono contrastati tutti i sentimenti inspiraci loro nella vita militare, dall'Accademia allo Stormo, dalle scuole di pilotaggio ai cieli di guerra; e il loro primo impulso è di reagire.
Penso che la reazione polemica sia legittima soprattutto perché i zelatori suddetti non si peritano di trarre, dalla loro deplorazione degli estremismi aviatori, illazioni altrettanto estremiste in senso opposto. Ma la polemica non basta; il contendere sulle parole, il rimbeccare sulle argomentazioni, il respingere le conclusioni, il rintuzzare taluni programmi d'ordinamento e di dipendenza che svelano i particolarismi delle altre forze Armate, non possono esimerci dal riconoscere che un problema s'è riaperto da quando la guerra ha messo alla prova le premesse e le consistenze della preesistente Dottrina; è il problema della unità e della autonomia organica della Forza Armata dell'Aria. Poiché tale unità e tale auconomia hanno profonde radici nella nostra coscienza di aviatori, dobbiamo, a parer mio, ritrovarne cd esprimere le legittimazioni razionali.
CAMPO D'AZIONE AVIATORIO
I.:Esercico agisce sulla terra e la Marina sul mare. È ben vero che l'Aviazione agisce sopra la terra e sopra il mare, pur tuttavia v'è un campo d'azione suo proprio, esclusivo, inconfondibile con quelli delle altre forze armate, un campo d'azione che se l'Aviazione non esistesse non sarebbe teatro d'operazioni. Esso si estende su quella terra e su quel mare che sono, rispettivamente all'Esercito ed alla Marina, preclusi ed inaccessibili in una determinata fase della guerra e talvolta per tutta la guerra.
Campo d'azione esclusivo d'una Forza Armata è quello dove può giungere l'offesa di quella sola Forza Armata, qualsiasi l'elemento, terra o mare o aria, che lo compone, e qualsiasi gli obiettivi che quella forza Armata vi può offendere.
Ciascuna delle tre Forze Armate (Esercito, Marina, Aviazione) si muove in un proprio elemento, terra o mare o aria; tuttavia il campo di azione d'ognuna può trascendere il definito elemento, e giunge fin dove può giungere la propria capacità d'offesa, sia per lo scopo più propriamente offensivo sia per lo scopo più propriamente difensivo.
Bisogna dunque distinguere fra l'elemento (terra, mare, aria) e il campo d'azione. l.:elemento è proprio d'una determinata forza armata per ragioni fisiche; il campo d'azione è proprio d'una determinata forza armata per ragioni belliche.
Il campo d'azione esclusivo varia con gli eventi bellici; quando il campo d'azione non è esclusivo, può essere denominato campo d'azione comune a due o a tre Forze Armate.
L'Eserciro e la Marina non hanno un campo d'azione esclusivo, bensì il loro campo d'azione è sempre comune con l'Aviazione e talvolta con l'altra Forza A~mata.
Il loro campo d'azione si chiama perciò rispettivamente aero-terrestre ed aero-marittimo.
Ma per l'Aviazione un campo d'azione esclusivo esiste ed è tutto quello dove la capacità cli azione delle altre forze armate non giunge, qualunque sia l'elemento che essa sorvola; nessuna parte di esso può prendere il nome di aero-terrestre od aero-marittimo, se non qualora per mutati eventi l'Esercito o la Marina vi possano far giungere la propria difesa. (Nota per i pedanti: in tutto quanto sopra, abbiamo alluso alle tre forze armate d'uno stesso gruppo belligerante, perché è evidente per esempio che l'Aviazione operando sulla terra nemica, situata nel proprio campo d'azione esclusivo, agisce in un campo che è aero-terrestre rispetto alla Aviazione ed all'Esercito del nemico).
Nella visione complessiva della guerra, sembra fin d'ora risultare evidente: - che l'Aviazione operante nel proprio campo d'azione esclusivo non debba dipendere da una delle altre due forze armate, bensì da un Comando Supremo a tutte ed estraneo a ciascuna; - che nessuna aliquota dell'Aviazione, nessuna sua specialità d'impiego sia tecnicamente incapace di operare nel «campo d'azione esclusivo», oltre che essere capace di operare nel campo comune (aeroterrestre od aero-marittimo); - che in diverse fasi successive, come in diversi settori simultanei, si possa chiedere all'aviazione di qualsiasi specialità di operare ora nel campo esclusivo, ora nel campo comune, qui nel campo esclusivo, là nel campo comune; - che la mobilità cieli' Aviazione o meglio della potenza offensiva e difensiva dell'Aviazione possa consentire un suo concentramento di sforzi in un determinato settore del campo esclusivo o in un determinato settore del campo aero-terrestre o in determinato settore del campo aeronavale; e se ciò è possibile, ciò dunque sia talvolta inderogabile; - che pertanto una dipendenza organica, perdurante, anche solo di un'aliquota dell'Aviazione da un'aliquota d'altra Forza Armata, oltre ad essere teoricamente illogica, possa condurre praticamente a tenere inoperose, o meno fruttuosamente operose, aliquote cl' Aviazione che altrove occorrerebbero; può impedire quella concentrazione di sforzi che, sia
pure dentro taluni limiti tecnici e logistici, è altrimenti possibile e desiderabile. l.;avere definito che una parte delle Forze Armate si trova nel campo d'azione esclusivo dell'Aviazione, ci porta a rilevare che in tale campo d'azione esiste altresì una categoria di obiettivi che potremmo chiamare generali o nazionali, la cui efficienza si ricollega bensì a quella delle forze armate e del potenziale per il loro ripristino, ma non s'identifica con esse pur essendovi mescolata. Questa categoria di obiettivi riguarda la vita civile della nazione nemica, nelle sue molteplici forme, industriali, commerciali, culturali, edonistiche, sentimentali.
FORZE ARMATE E POTENZIALE DI RIPRISTINO
Ogni potenza bellica del nemico, ogni sua forza armata nasce, si organizza, si forma, si rinnova e in parte si trasporta, esclusivamente (o quasi) nel campo d'azione che è proprio ed esclusivo dell'aviazione nostra, ossia fuori delle possibilità di efficacia delle altre due Forze Armate; anche una notevole parte delle Forze Armate in atto e perfino alcune delle Forze Armate in azione si trova in tali condizioni.
L'Aviazione può offendere (e può poco o molto distruggere) le risorse di qualsiasi genere, sia umane sia materiali, che permettono al nemico di predisporre le forze armate e cli combattere con esse ogni forma di guerra.
Per la decisione di offendere qualsiasi degli obiettivi di tale categoria che trovansi permanentemente o transitoriamente nel campo d'azione esclusivo dell' Aviazione non occorre l'intervento del comando dell'Esercito o di quello della Marina; basta invece il comando dell'Aviazione in nome e per conto del coordinatore Comandante Supremo.
Quest'ultimo, per le direttive che impartisce circa la scelta degli obiettivi, o meglio delle categorie d'obiettivi sulle quali portare l'efficacia offensiva dell'aviazione, con maggiore urgenza o maggiore intensità, possiede, in quanto Supremo anche rispetto alle altre due forze armate, tutti gli elementi d'informazione e cli giudizio che queste ultime possano porgere. · In ogni modo il Comandante Supremo sa che, qualsiasi il genere delle potenza bellica nemica che si sta formando e qualsiasi lo stadio in cui si trovi tale formazione, egli non ha che una forza armata da impiegare per impedire a quella potenza cli trovarsi prima o dopo in atto o per ritardare, ostacolare, attenuare la sua entrata in atto; questa Forza Armata si chiama Aviazione.
A. MECOZZI - Scritti scelti - Voi. Il (1945-1970)
L'esercito in pratica non può che agire contro l'esercito nemico in azione; la marina in pratica può agire, oltre che contro la marina nemica in azione, anche contro quegli elementi dell'esercito nemico in atto che siano nello stadio del trasporto marittimo; entrambi possono agire contro l'aviazione nemica, ma soltanto con azione strettamente difensiva. Invece l'Aviazione, nel senso più completamente offensivo oltreché esplorativo e difensivo, può agire contro le tre Forze Annate in azione, contro quelle in atto, e contro quella parte del potenziale bellico che prepara, ausilia e ripristina le tre forze armate in atto. O si tratti di grosse unità dell'esercito nemico che si stiano formando o stiano muovendosi per avviarsi alla lotta terrestre, o di una flotta o un convoglio navale che transitino nei mari, o di fabbriche di munizioni o di armi delle quali occorra ridurre la produzione, o di una incera zona o categoria d'industrie belliche che sia bene paralizzare, o di una rete ferroviaria da sconvolgere, o di una serie di arsenali marittimi da danneggiare, qualsiasi io stadio della forza armata nemica non in azione, purché sia fuori del raggio d'azione della forza terrestre o della forza navale, il comandante supremo ha una forza per agire, poco o molto che essa possa, una sola: l'Aviazione.
Purché sia fuori anche del raggio d'azione navale! Ma v'è una fase, quella del trasporto marittimo, in cui la potenza bellica nemica, anche se si trovi nello stadio «materie prime che vanno verso i luoghi di lavorazione», anche se si trovi nello stadio «grandi unità organiche dell'esercito che vanno verso ìl teatro operativo terrestre», è soggetta alla possibilità che la forza armata navale, con le unità di superficie o con quelle subacquee, l'attacchi e la distrugga. V'è bisogno di dimostrare questo dopo una guerra nella quale, complessivamente parlando, le unità navali d'un belligerante prevalsero nell'azione di superficie e le unità navali dell'altro belligerante prevalsero nell'azione subacquea?
Non v'è bisogno; perciò è necessario studiare se sia possibile nella pratica quotidiana delimitare il campo d'azione esclusivo dell'aviazione e quindi in corrispondenza il campo d'azione aero-terrestre e quello aero-marittimo.
Su terra, ossia nei rapporti con l'esercito proprio, cìò non è difficile, perché anche nella più intricata guerra di movimento il terreno dove può giungere la capacità d'offesa di tale esercito è ìn ogni momento abbastanza ben ·definito. Il problema nei rapporti <lcll'Aviazione con l'esercito è in primo esame chiaramente risolto definendo che là dove l'esercito amico si trova ivi è il campo d'azione aero-terrestre.
Sul mare tale delimitazione a priori è meno agevole, perché la forza navale è pìù mobile dì quella terrestre, è il limite a cui la sua capacità d'offesa può giungere in ogni momento è valutato in modo diverso a seconda della coscienza ... e dell'amor proprio della forza armata interessata. Tuttavia anche nei rapporti della aviazione con la marina il problema, in primo esame, è chiaramente risolto definendo che là dove unità navali amiche effettivamente e realmente si trovino in ogni determinata contingenza, ivi è campo d 'azione aeronavale; dove non si trovino, o per difetto numerico o qualitativo di mezzi, o perché l'intervento tion riesca ad essere tempestivo, là è campo d'azione esclusivo dell'Aviazione. Vi può essere dubbio su tal punto?
Campo d'azione esclusivo dell'Aviazione è evidentemente quello dove essa sola può giungere, così come sarebbe se l'esercito amico o la marina amica non esistessero.
Vi può essere dubbio?
Concludendo le grandi categorie di obiettivi che l'Aviazione può offendere sono tre: Quelli di carattere generale o nazionale, ossia cosrituenti la vita civile. Quelli costituenti le forze armate in preparazione, in ripristino, in atto (comprese quelle in trasloco), in azione, che si trovino però ancora nel campo d'azione esclusivo dell'aviazione. Quelli costituenti le forze armate che si trovino nel campo d'azione aero-terrestre ed aero-navale.
Il fatto che gli obiettivi delle prime due categorie sì trovino spesso mescolati, non lede la legittimità della predetta classificazione e le sue conseguenze pratiche neì riguardi della questione impostata al principio del presente capitolo.
INTERCAMBIO DELLE ARMI
Quando gli aviatori silurano navi nemiche sostituiscono i siluri delle navi, quando gettano bombe sulle navi nemiche sostituiscono i cannoni delle navi; questa sostituzione, questo intercambio fra armi aeree e armi navali è pienamente gradito agli aviatori, anzi è oggetto per essi di lodevole spirito d'emulazione rispetto ai combattenti della Marina; anzi i più fervidi tra glì aviatori sostengono che da questa possibilità di sostituzione deriva una tale valutazione della forza armata dell'aria, da renderli alteri e da giustificare che fin dal tempo
di pace siano devoluti alla preparazione dell'Aviazione anche una parte dei fondi che se l'Aviazione medesima non esistesse sarebbero devoluti alla Marina.
Non è questo il luogo per approfondire se tali pretese siano giuste; quanto sopra non è che una premessa obiettiva per giungere alle considerazioni qui di seguito esposte.
Aggiungiamo ancora: forse che gli aviatori quando vengono avvertiti della esistenza di navi nemiche da offendere lo fanno «a malincuore»? Non può dirsi, invece ne sono felici, e d'altronde sarebbe strano che fosse altrimenti; essi non si rammaricano punto allorquando non siano le navi amiche ad avere lo stesso incarico offensivo; anzi ne traggono ancor più quell'alterezza cui sopra abbiamo accennato, quella coscienza di valere sempre più, di essere saliti in pochi anni da accessori a sostitutori, da utili ad indispensabili; colpire la flotta nemica in porto o in mare aperto è per gli aviatori tanto legittimo e tanto soddisfacente quanto colpire una officina o un altro obiettivo della «guerra aerea integrale»; significa legittimare ancor più l'ascesa, l'aumento dei quadri organici, delle dotazioni di velivoli e degli stormi.
Aggiungiamo ancora che l'intercambio fra arrrti navali ed armi aeree può prendere due aspetti diversi o almeno due denominazioni diverse pur essendo identico l'obiettivo; ossia: - qualora gli aeroplani offendano le navi nemiche in presenza di navi amiche, si dice che compiono un'azione cooperante, aeronavale, perché le navi amiche risentono immediatamente il beneficio dell'intervento aereo; - qualora gli aeroplani offendano le navi nemiche in assenza di navi amiche, allora si dice che compiono un'azione autonoma, di «guerra aerea» perché le navi amiche non risentono il beneficio dell'intervento aereo e dei suoi risultati se non nel campo strategico.
In entrambi i casi l'aviatore è contento; più contento quando l'arma aerea agisca da sola, ma siccome la presenza e l'azione simultanea dell'arma navale non significa la dipendenza dell'arma aerea da quest'ultima, l'aviatore ha la gioia e l'alterezza d'avere i combattenti del mare testimoni delle proprie imprese; anzi dalla simultaneità s'avvantaggia avvantaggiando, perché le navi nemiche da doppia parte impegnate reagiscono meno efficaci verso entrambi.
Infine rileviamo che l'arma aerea si muove più veloce dell'arma navale, perciò può vigilare più vasta superficie a parità di tempo, può offendere più prontamente della marina a simultaneo allarme ricevuto, non rischia di impegnarsi contro le navi nemiche senza potersene più sottrarre qualora risulti in situazione d'inferiorità; perciò, anche se i reparti aerei che intervengono in una determinata occasione avessero potenza offensiva minore di quella dei reparti navali che potrebbero intervenire nella occasione stessa, l'intercambio fra arma aerea ed arma navale è in taluni casi vantaggioso.
Anche queste ultime osservazioni hanno un intento obiettivo, ossia prescindono dal giudicare o sostenere la legittimità o non legittimità dei concetti e delle terminologia cui si riferiscono; esse non sono che . premesse a considerazioni qui di seguito esposte.
Le considerazioni essenziali che ci proponiamo cli esporre consistono anzitutto in un parallelismo tra l'intercambio delle aeree con le armi navali e l'intercambio delle armi aeree con le armi terrestri.
Se offendono un parco di carri armati a duecento chilometri dalla linea del fronte gli aviatori pensano di aver compiuto un'azione di guerra aerea e ne sono soddisfatti.
Se invece offendono gli stessi carri armati quando si trovino a cinque chilometri o cinque ettometri dalla stessa linea del fronte, gli aviatori pensano d'aver compiuto un'azione cooperante a quella terrestre, hanno la coscienza d'aver compiuto un dovere, ma sono indotti a pensare: perché le truppe non provvedono a questa bisogna con le proprie artiglierie o le proprie mitragliere pesanti?
Questo fatto psicologico si è verificato nelle Forze
Armate di qualsiasi Nazione; è una realtà; come tale ci richiede di non chiudere gli occhi per non vederla, ma aprirveli bene sopra, sottoporla a riflessione, dedurne conseguenze e direttive; lasciar le cose come stanno finché la raffica passi significa dimenticare il problema quando la raffica è passata.
CAviazione si muove veloce, supera le asperità del terreno, quando ha esaurito le munizioni torna a riprenderne, non rischia di impegnarsi contro le forze terrestri nemiche senza potersene più sottrarre qualora risulti in situazione d'inferiorità; tutto ciò è in perfetto parallelismo con quanto avviene nel mare e cui sopra accennammo.
Le forze terrestri talvolta nell'incalzare il nemico che s_i ritira non fanno a tempo a far avanzare le proprie artiglierie della potenza richiesta, o le loro munizioni, perché il terreno si oppone; talvolta non hanno in quel settore dotazioni sufficienti di determinate armi o munizioni o determinati veicoli che sarebbero necessari;
A. MECOZZI - Scritti scelti - Voi. II (1945-1970)
infine talvolta le forze terrestri sono sopraffatte dalle similari nemiche, subiscono una crisi psicologica o logistica, fanno appello all'arma aerea, chiedono l'intercambio delle arini.
Allora l'aviatore interviene, sostituisce con le proprie mitragliacrici le similari che le truppe non hanno o non possono adoperare, sostituisce con le proprie bombe i proietti d'artiglieria che le truppe non hanno o non possono sparare, sostituisce nel cielo del combattimento cerrestre l'artiglieria contraerea che fosse risultata insufficiente, sostituisce il servizio logistico che non fosse in grado di funzionare.
L'aviatore agisce con tutto lo slancio, con tutto lo spirito di sacrificio, non bada a fatiche né a perdite, ma ... agisce «a malincuore», ... perché pensa che nello stesso tempo duecento chilometri o duecento miglia più in là vi sarebbero tanti appeticosi obiettivi di «guerra aerea integrale» contro cui usare le stesse mitragliatrici o le stesse bombe.
Perché tutto questo? Perché, in situazione parallela, su mare l'Aviazione pensa in un modo, e su terra pensa in un altro? Il parallelismo può rilevarsi rispecto a tutte o quasi le considerazioni espresse nell'inizio di questo capitolo a riguardo dell'intercambio fra arma aerea ed arma navale: anche qui la simultaneità delle azioni aeree e terrestri s'avvantaggia avvantaggiando; anche qui l'impresa aerea, sempre efficace e gloriosa, ha testimoni ammiranti i combattenti «di superficie»; anche qui l'arma aerea dimostra una maggiore propria versatilità ed utilizzabilità, perciò induce altrui a una maggiore valutazione di se stessa; anche qui sostituisce in parte un'arma più anziana ma in alcuni casi meno pronta o meno sufficiente; anche qui, infine, l'arma aerea aggiunge buone ragioni per un sempre maggiore incremento dei quadri organici, dei mezzi materiali, degli stormi, cioè del proprio bilancio finanziario.
Perché dunque quella disparità di parere quando si voli sopra il mare e quando si voli sulla terra?
UNA METAFORA DIMOSTRATIVA
Supponiamo che esista un unico Corpo od Ente automobilistico destinato al servizio di cucce e tre le forze armate (ed anche per esempio degli altri organi statali); per chi lo governasse sorgerebbero i proble-
mi: - di dar disponibilità continua degli autoveicoli a qualsiasi degli utenti che ne avesse veramente bisogno, nella misura veramente necessaria e con la tempestività veramente corrispondente allo scopo; - di restringere od anche annullare la suddetta disponibilità al riguardo di tutti gli altri utenci allorché uno di essi per una ragione suprema richiedesse la concentrazione di tutti gli autoveicoli o della maggior quantità di essi per un determinato scopo in un determinato tempo ed eventualmente in un determinato territorio.
Sorgerebbe cioè un problema di disciplinamento per la più razionale utilizzazione sia normale sia straordinaria. (Fra parentesi questo problema esiste dovunque un autoreparto piccolo, grosso o grossissimo faccia servizio per alcuni parecchi o molti comandi, direzioni o simili «utenci»). Sviluppiamo:
Primo: Ciascuna delle tre Forze Armate dichiara di aver bisogno di adoperare automobili, ossia vuole essere «utente» dell'unico Servizio Automobilistico; siccome ciascuno è buon giudice dei propri bisogni ed espone le buone ragioni che lo inducono a chiedere, stabilmente od occasionalmente, dappertutto o localmente, l'intercambio delle proprie carrette con gli autoveicoli del Servizio, un Comando Superiore per tutte determinerà, disporrà, disciplinerà in definitiva.
Secondo: Se, fatta la somma dei fabbisogni reali e riconosciuti si vedrà che il Servizio Automobilistico è insufficiente, si provvederà ad incrementarlo di uomini, di quadri, di materiali, di reparti, di bilancio finanziario; e di ciò i più contenti dovranno esserne gli automobilisti.
Terzo: Se l'incremento non fosse possibile, allora l'organo superiore a tutti gli utenti stringerà ulteriormente i fabbisogni determinati e il disciplinamento del servizio, contesterà la necessità di taluni impieghi automobilistici a qualche utente che risulti troppo prodigo; ossia provvederà a ciò cui si provvede di continuo in ogni altro servizio ogni volta che le richieste siano molte e le dotazioni siano poche.
Quarto: Fermo restando quanto sopra per le esigenze normali di pace o di guerra, il Comando Superiore, in caso di emergenza concernente una delle Forze Armate, non starà a contestare o a discriminare troppo sottilmence le richieste, ma destinerà tutti gli autoveicoli possibili alla richiedente, decurcandone anche dai bisogni normali delle altre.
Quinto: Se alla fine tutto riuscisse inutile, qualora il comando dell'unico servizio automobilistico non riuscisse nel suddctro disciplinamento razionale per la suddetta utilizzazione razionale, che cosa ne seguirebbe, dopo averne cambiato il comandante e aver
constatato che l'inconveniente tuttavia non viene eliminato?
Forse ne conseguirebbe che ad uno o più degli «utenti» verrebbe negato quanto richiedono, malgrado ogni legittimità della richiesta? Sarebbe troppo comodo sopprimere il problema per dichiarare di averlo risolto, mandare a piedi l'utente per dichiarare funzionante il servizio automobilista.
I..:unica conseguenza sarebbe che l'unicità del servizio automobilistico verrebbe spezzata d'autorità, che si creerebbero tanti servizi automobilistici per quanti sono gli utenti e che di fronte al vantaggio di lasciare a ciascuno di essi la piena disponibilità, autorità, responsabilità e gravame finanziario per l'aliquota di servizio automobilistico risultante, si avrebbero i seguenti danni: - pluralità degli organi tecnici, approvvigionatori, ripnstmatori, irnmagazzinatori, recuperatori, nonché degli organi amministrativi e di altri simili che prima erano unici; - pluralità delle basi, dei parchi, delle rimesse, delle officine, dei criteri di servizio, anche là dove per ragioni territoriali essi erano unici; - pluralità degli organi didattici, dei ruoli organici e di tutte le questioni inerenti al personale, con minore ampiezza nei ruoli per tutti, con più bassi vertici gerarchici, con minore seleziQnabilità, eccetera; - esuberanza in tempi normali ed insufficienza in tempi eccezionali dei mezzi materiali e del relativo personale per ogni separato servizio; - impossibilità, od almeno difficoltà gravi, che in caso di supreme r:agioni tutti o quasi gli autoveicoli vengano concentrati a favore di un solo utente per uno scopo determinato, in determinato tempo ed eventualmente in determinato territorio.
L'UNICITÀ DEJ,,L'AVIAZIONE
Sappiamo bene che non esiste un Servizio Automobilistico unico per le tre forze Armate, come non esiste un unico Servizio Sanitario, o un unico Servizio Amministrativo o un unico Servizio Telefonico e così via dicendo; e non è nostro proposito argomentare pro o contro una delle suddette unificazioni; abbiamo soltanto esposto una metafora e crediamo che più trasparente e più dimostrativa non potrebbe essere; sappiamo anche che l'Aviazione non è un <<servizio» ma una forza armata combattente, con una dignità, una sovranità, una importanza che non la rendono assi.milabile a un servizio per quanto essenziale e dinamico possa essere.
Sappiamo che nell'Esercito (non parliamo di quello italiano ma di uno qualsiasi) non basta mai il quantitativo di aviazione che ha disponibile; che nelle «emergenze» favorevoli o contrarie (per esempio ripiegamento del nemico o proprio ripiegamento) le unità dell'Esercito tendono ad eccedere nelle richieste d'intervento della Aviazione; sappiamo che alle grandi unità dell'Esercito non basta che l'Aviazione sia «disponibile» ma che esse ritengono necessario averla alle dipendenze, possibilmente organiche ma almeno «per l'impiego»; sappiamo che tutto ciò non garba agli aviatori (non parliamo degli italiani ma di quelli di qualsiasi nazione) perché essi hanno un programma di «guerra aerea integrale,> e non concordano troppo nei vantaggi ipotizzati per la guerra aerea cooperante.
Non entriamo qui nel merito delle legittimità di tale ultima opinione; qui vogliamo argomentare non sui programmi e tanto meno sulle Dottrine, ma su pratiche, materiali, quasi banali constatazioni inerenti al bisogno che l'Esercito afferma d'avere dell'intervento aviatorio.
Se gli eventi della guerra trascorsa non bastassero a dimostrarlo, tanto per i casi di offensive vittoriose quanto per i casi di difensive sfortunate, basterebbe il raziocinio a dimostrare che: - se l'esercito vuole riprendere la sua mobilità (che nella prima guerra europea sembrò per sempre paralizzata a causa d'una supremazia della difensiva che diventò Dottrina e che fu poi ripudiata dal raziocinio e smentita dai fatti) ... - se l'esercito è costretto a riprendere la mobilità (sia pure verso l'indietro) ... - se i cannoni e le mitragliatrici non mettono le ali per superare l'impervio terreno ... - se le munizioni e le truppe cli rinforzo non mettono le ali per superare distanze altrimenti proibitive ... - se tutto ciò ed altro ancora è una realtà e non si seppe o non si poté evitare che accadesse, allora bisogna dar credito ai comandi dell'Esercito che chiedono l'intervento delle Ali Armate, la disponibilità della Aviazione ... ... allora una alternativa si presenta, parallela a quella che abbiamo espresso circa il mecaforico servizio automobilistico: - o l'Aviazione (di qualsiasi nazione) si dimostra disponibile ed ha fiducia nel Comando Supremo moderatore, e allora le richieste dell'Esercito tenderanno a crescere, ma l'Aviazione conserverà la propria unità e tenderà a crescere, ciò di cui i primi a compiacersi saranno gli aviacori; i quali non hanno
A. MECOZZI - Scritti scelti - Voi. Il (1945-1970)
voce per giudicare se le armi terrestri siano poche o poco munizionate o poco mobili rispetto ai bisogni; essi hanno tutto l'interesse a sostituirle con le armi proprie, a fare l'intercambio; - oppure l'Aviazione persiste nel suo esclusivismo per la guerra aerea integrale, e allora l'unità rischia di venire vulnerata, gli sviluppi fatali dell'arte e scienza m ilitare «complessive» avranno il loro corso nonostante le Dottrine aviatorie, le diatribe e le polemiche.
In tal deprecabile caso, accanto all'Armata Aerea per la guerra integrale rinasceranno una Aviazione dell'Esercito e una Aviazione della Marina per esplorare, per offendere, per difendere, per trasportare.
E per di più esse nasceranno con caratteristiche specifiche per lo specifico impiego, tali che non risulteranno bene utilizzabili per la guerra aerea integrale; in tal modo al danno organico s'aggiungerà il danno strategico dell'avere una aliquota di forza aerea non concentrabile per detta guerra integrale; ossia non si potrà ripetere quell'integrale passaggio a diverso criterio strategico che l'Aviazione di alcuni paesi ha fatto, nella guerra recente.
Il danno futuro d'una tripartizione dell'Aviazione militare sarebbe comune ai tre utenti, ma verrebbe trascurato per l'immediato vantaggio, cui solo gli aviatori farebbero obiezione.
Pessimo mestiere, il profeta; tuttavia ci dichiariamo certi che ormai è iniziata per l'Aviazione una nuova storia concettuale e forse anche organica, corrispondente al sempre più intimo connubio operativo fra terra e cielo per un esercito sempre fJiù dinamico ed una aviazione sempre più versatile, e che la Dottrina aerea esclusivista resterà nella soffitta donde nessuna euristica riuscirà più a trarla fuori 5 • Pei rapporti con la Marina sia detto analogamente.
Per scongiurare !'altrimenti ineluttabile comune danno, bisogna che Aviazione da una parte ed Esercito e Marina dall'altra, facciano entrambi qualche rinuncia; la prima rinunci al suo esclusivismo strategico, i secondi rinuncino ad ottenere che l'aviazione operante in collaborazione, sia posta alla propria dipendenza organica od anche a quella «per l'impiego» perché potranno bastare le direttive del Comando delle tre Forze Armate nell'intero teatro operativo.
5. L'allusione è scherzosa; l'euristica o «scienza del trovare» (anzi dottrina del trovare) è stata così nominata da un valentissimo Tecnico che forse è inopportuno citare qui.
Concludendo, ci sembra necessario che non una aliquota dell'Aviazione ma tutta l'Aviazione sia disponibile per collaborare, che essa operi in solidale spirito con l'Esercito e con la Marina fino all'estremo delle proprie forze, fino all'ultimo velivolo e all'ultimo pilota.
DISPARITÀ DI VOCABOLARIO
Allo stato degli animi, quando l'Aviazione asserisce «eccomi tutta disponibile per cooperare» si rischia forte che essa per cooperazione intenda una cosa diversa da quello che l'Esercito intende; altrettanto anche per quel che diciamo qui di seguito, vale per la Marina.
Si potrebbe sperare che l'Aviazione stessa, essendo in grado di esplorare, potendo essa sola giudicare le possibilità tecniche meteorologiche ed orarie d'un intervento, sapesse e volesse anche giudicare d'iniziativa il luogo, il tempo e l'intensità che siano necessarie od opportune ed attuare l'intervento medesimo, vuoi nel campo tattico, vuoi in quello strategico.
Ma assai probabilmente le opinioni dei due interessati, Esercito ed Aviazione, risultano discordi, tanto caso per caso quanto in tesi generale.
Nella migliore delle ipotesi, l'Aviazione tende ad ammettere un intervento nel campo strategico, invece l'Esercito tende a preferire l'intervento nel campo tattico.
Ciò che può anche equivalere: per l'Aviazione a intervenire soltanto quando, dove, e contro quegli obiettivi che interessino l'intero scacchiere operativo; per l'Esercito a chiederne l'intervento per ogni contingenza anche se concerna una delle minori sue Grandi Unità.
Evidentemente durante le operazioni belliche, l'Esercito, a chiedere gli interventi aviatori, non vi rimette niente; anzi più interventi di tal genere ottiene contro l'esercire nemico, tanto nel campo tattico quanto in quello strategico, più esso risparmia le proprie energie, i propri mezzi, le proprie vite.
Altrettanto evidentemente l'Esercito apprezza molto più gli interventi chiesti che quelli ottenuti senza richiesta; più quelli previamente concordati e coordinati che quelli d'iniziativa improvvisa ed autonomi; ancor più apprezza quelli nei quali l'Arma dell'Aria agisca come ogni arma terrestre secondo gli ordini del Comando operante terrestre.
Ma in tal modo gli Aviatori hanno quattro categorie di ragioni per intervenire «a malincuore»:
Parte I - Il primo dopoguerra e gli scritti sulla "Rivista Aeronautica" (1945-1953)
- ragioni dottrinali, che stanno alla base della questione, che rendono secondo loro essenziale la guerra aerea integrale e secondaria la guerra aerocooperante; e ragioni concettuali nel dettaglio perché gli aviatori presumono avere, per deliberare un intervento, maggiori elementi di giudizio di quanti non ne abbiano i comandi terrestri, e mal si acconciano al giudizio e alle richieste di questi ultimi; - ragioni d'ordine economico-finanziario in senso lato, in quanto, pur ammettendo che la guerra è comune, pur ammettendo che i bilanci bellici hanno una elasticità diversa da quelli di pace, gli aviatori considerano che i mezzi (personale e materiale) creati a spese del proprio bilancio e che costano anche tempo ed energia, vengono logorati a beneficio di un'altra forza armata, e sottratti alla guerra aerea integrale; - ragioni d'ordine morale, di prestigio; in guanto, se esiste una sensibilità di tal genere tra fanti ed artiglieri, fra genieri e cavalieri (ed è bene che esista entro moderati limiti) è pur legittimo che esista fra chi opera nell'aria e chi opera sul terreno, anche se il pensiero supremo della Patria affratelli; - ragioni d'interessi «di categoria», che sono gli ultimi, ma non sono spregevoli fino a che gli uomini siano umani; gli aviatori, i quali' fino al termine della guerra europea 1914-1918 videro misconosciuta l'importanza del!' Aviazione, che dopo la guerra lottarono, si unificarono, progredirono, crearono una somma cli interessi morali e materiali, di tradizioni, di spirito cli corpo (e ruoli, tabelle organiche, prerogative, e così via) non possono volentieri vedere tutto ciò frammentato ed anche minacciato per causa della subordinazione dell'Aviazione o di sue aliquote ai comandanti dell'Esercito, sia pure per il solo impiego, ma che potrebbe estendersi prima o dopo a una dipendenza totale, giacché in tal senso basta cominciare.
E l'Esercito ha forse torto? A prescindere dalla discussione dottrinale sull'impiego dell'Aviazione, è certo che le forze terrestri, un tempo oppresse dall'incubo d'una inconclusiva guerra di posizione, hanno visto nel conflitto 1939-1945 che il movimento è possibile, ed è tanto più fruttuoso (se verso l'avanti) quanto più sia celermente violento; hanno visto che tale celerità ha per limite la possibilità di far avanzare i mezzi pesanti, che tale limite viene ampliato se I' Aviazione intervenga per offendere e per trasportare oltreché per difendere e per esplorare; sanno che, quanto più gli eventi favorevoli o contrari si succedano rapidi, tanto più l'unicità di comando su tutti i mezzi destinati allo stesso atto operativo è vantaggiosa fino a diventare indispensabile, perché non v'è tempo per gli accordi e tanto meno per la fortuita concordanza.
Tutte queste argomentazioni ci portano a constatare che, fino a quando il problema non verrà impostato in modo diverso, fino a quando non si sposteranno i dati cli fatto odierni, fino a tanto che i rapporti fra le due forze armate restino in tale equilibrio instabile, si sarà costretti a soluzioni di compromesso all'atto del bisogno, a soluzioni di ripiego, a interventi <<a malincuore», con tutto quanto di perditempo, di approssimativo, di incompleto, di empirico, d'improvvisato, ciò comporta; con tutte le beghe, le recriminazioni, le contestazioni che ne derivano; con l'alterna angoscia di ogni comandante d'aviazione in uno scacchiere o settore, il quale deve stare in equilibrio fra le richieste dei comandi truppe e le reprimende del comando d'aviazione a lui superiore.
Quando questo stato di cose si verifichi in contingenze gravi, favorevoli oppure contrarie, allora è il pensiero della Patria che fa deplorare di non avere trovato ancora una soluzione al problema; chi conosca la storia riservata degli ultimi anni sa che ciò è più volte avvenuto.
Bisogna riconoscere che le discussioni dottrinali in genere e quelle sull'impiego cooperante in particolare, risultano alquanto inutili; ciascuna delle due parti in causa le incoraggiava un tempo (chi non ricorda talune aspre polemiche?) sperando, se non di convincere l'altra parte, almeno di convincere chi, sopra di entrambi, avrebbe potuto decidere; ormai che le sostanziali ragioni ciel disparere inconciliabile non risultano più quelle dottrinali, ma (diciamo così) quelle pratiche, ciascuna delle due parti preferisce che gli inopportuni cliscutitori delle dottrine si tacciano; al di là d'una disparità d'opinioni v'è una divergenza d'interessi.
PRECONCETTI NON DOTTRINALI
Finora davanti alla questione centrale si sono chiusi gli occhi, il problema spicciolo è stato risolto «alla giornata,, con arresti riprese e contromarce; dopo la guerra le polemiche riscoppiano ma è troppo tardi per questa generazione; le polemiche serviranno, se serviranno, per la generazione futura e per la guerra futura.
Non v'è il minimo dubbio che da noi l'Aviazione nella propria preparazione e nell'impiego iniziale
A. MECOZZI - Scritti scelti - Voi. Il (1945-1970)
abbia agito in stretta connessione con i propri presupposti dottrinali; né di ciò si può darle torto; per fortuna la dottrina integrale lungo la strada della preparazione si addolcì notevolmente, altrimenti avremmo avuto soltanto grossi bombardatori armati a propria difesa e null'affatto velivoli da caccia.
Ma si può anche supporre che nella preparazione suddetta influl qualche poco il timore che talune forme d'impiego, talune caratteristiche di velivoli o d'armamento, agevolassero le altre forze armate nella tendenza a far propria una aliquota dell'Aviazione.
Tipico fra gli altri il caso del velivolo silurante a volo rasente, che fu violentemente avversato in taluni ambienti aviatori con l'affermazione che la bomba dall'alto è l'arma dell'Aviazione, che essa imbrocca il segno con una probabilità soddisfacente, e che «nave colpita è nave affondata»; in realtà il silurante aereo divenne poi l'emulo fortunato del bombardiere aereo.
Tipico il caso dell'aviazione d'assalto in genere, per le offese in picchiata od a volo rasente, su terra o su mare, specialmente adatta agli obiettivi di piccola dimensione; essa fu contrastata da chi professava la Dottrina della guerra aerea integrale perché «la distruzione dei centri demografici ed industriali» che era il suo canone, poteva accomodarsi benissimo dell'opera dei bombardieri in quota disseminanti bombe sulle vaste superfici distruggibili; ma fu avversata soprattutto da chi, considerando l'aviazione d'assalto nelle sue possibilità di battere efficacemente obiettivi di piccola dimensione, quali sono quelli che interessano le truppe a terra e le navi in mare, considerando la tradizione che fa risalire le glorie dell'aviazione d'assalto (avanti-lettera) al Carso e al Montello, considerando l'interessamento sperimentale concesso dall'Esercito alla nascente specialità; ritenne che la stessa avrebbe potuto costituire il nocciolo di una aviazione di linea adatta alla cooperazione completa ed intima con le forze terrestri, e perciò dall'Esercito desiderata alle proprie dipendenze.
Certo si può capire che gli aviatori, i guaii (ma non tutti) si proponevano di far capitolare col bombardamento le città e le nazioni, ed i quali appena ammettevano che nei brevi giorni occorrenti per tale impresa, convenisse possedere un po' d'aviazione da caccia per diminuire le ritorsioni dei bombardieri nemici, si può capire che considerassero accessori e trascurabili gli altri impieghi e gli altri mezzi d'azione.
Ma dopo tanta eloquente storia, cominciata nel settembre del 1939, divenuta sempre più istruttiva dopo le fallite operazioni germaniche contro l'Isola britannica, fattasi decisamente persuasiva con le operazioni degli assaltatori sovietici, si potrebbe pensare che gli aviatori abbiano cambiato parere.
Questo mio scritto non conclude, né si prefigge di concludere; sebbene sia intitolato «nova polemica» non è nelle mie intenzioni mettermi a polemizzare ma di · assistere alle polemiche chiarificatrici che svilupperanno gli altri; riconosco che le note soprascritte sono fJer gran parte d'ordine teorico, e mi auguro che altri sappia e possa svolgere una trattazione di carattere concreto; a me bastava inàtare i colleghi più giovani ad impegnare l'intelletto nei riguardi di questa questione che si è riaperta; a loro spetta, ché essi debbono ricostruire, non a me che mi firmo ... GERONTE.