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Ve rso il campo di conc e ntramento
Con molta tristezza m i separai da ll'affezionato e sempre vigile Marzuoli. Ci mette mmo in cammin o alle 11, alla vol ta della stazione ferro v iaria di Brestowizz1, dove giungemmo, stanchi e affamati, alle 15 e 30, e, horribile visu, ci rinchi usero in carri bestiame, contene n ti ognu n o venti uffi cia li. Fu un coro di in dignaz ione e di protes te contro l'I. e R. scorta austriaca, scordandoci, forse, che erava mo i vinti in mano di uomini che ci odiavano.
ln tal guisa iniziammo un viaggio di sas troso, umiliante, in mezzo al freddo, alla fame, alla stanchezza che quel sistema di trasporto davvero bestiale ci arrecav a.
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Vi erano, è vero, delle panche nel vagone, come nelle nostre tradotte, non su fficienti però a farci stare tutti quanti seduti, né potevamo sdraiarci per terra per il poco spaz io e per la sporc izia che vi dominava. Così a turno, e con r ecipro ca comprens ione, ci a l ternavamo i posti a sedere.
li g iorno lo passavamo chiacchie rando, maledicendo, fumando quei rimasugli di tabacco ch e avevamo per le tasche, ma la sera purtroppo giungeva ben presto e non vi era alcun mezzo di illuminazione e, come tan te pecore, al chiuso ce ne stavamo appoggiati l'un l'altro, senza dormire ma attendendo con a n sia che spuntasse un nuovo giorno. Un soldato armato era la nostra scorta e guardia, di cui non ci preoccupavamo minimamente. In là con gli anni, con baffi e favo riti alla Francesco Giuseppe se ne s tava se du to in un angolo, con il fucile fra le gambe, arrotolando di continuo sigarette.
Senza numero fu rono le sos te lungo il viaggio e nelle stazio ni, tal che mentre era stato previsto di giungere al luogo di destinazione in du e gionù, occorsero ben qua ttro giorni e quattro notti, in mezzo a gravi sofferenze, continuamente rinclùusi.
Se talvolta qualcuno di noi azzardava ad aprire lo sportello durante qualche fer mata, e ciò anche con il taci to assenso del vecch io territoriale, s ubito uno ll paesaggio che attraversavamo e che si poteva scorge re dalle piccole aperture situate in a lto del carro bestiame, ebbe in un primo temp o una cer ta attrattiva, per le innum erevo li m ontagn e rocciose o ricche d i foreste di a beti o d i faggi, poi divenne monotono allorché attraversammo una pianura piatta, squallida, sconfinata, nella qua le solo di quando in quando s i scorgeva no distese dì meli e di cavoli. ella prima parte del nostro viaggio attraversammo la Slovenia, così che partiti alle 17 del giorno 3 da Brestowizz, giungemmo alle 14 del giorno s uccessivo alla staz ione d i Laib ach- Lubiana.
"sbirro" lo richiudeva violentemente, non senza aver prima tuonato contro l'anz ian a guardia, min acciandola di chiss à quali puni 7,io ni. Questo gioco di tira e molla, di apri e chiudi, durò fino a che lo "sbirro", spazientito, non fece scendere la nostra scorta e, dopo averla presa per il bavero del cappotto, non gli det te ordine categorico - così c i disse un nostro uffi c iale che conosceva il tedesco - di impedire assolutamente l'apertura dello sportello, ricorrendo anche all' u so delle armi, se fosse stato nece ssar io.
Qui, fatto inaudito, ci fu concesso di scendere e di andare al buffet di quella stazione ma forte fu la nostra delusione non trovando ciò che più s i desiderava, cioè il pane, ma soltanto una sp eci e di salamino, delle mel e e apfhel-wein. on pochi, approfittando della inevitabile confusione, arraffarono senza spendere un soldo!
Non ricord o a che ora pa rtim m o, ma rammento un s ini s tro caste llo su di una collina che dominava la città dove, s i diceva, erano rinchiusi dei prigionieri italiani.
All'alba d el mattino seg uente, g ià en trati in S t iria, si g iu nse alla staz ione di Steinbruch, posto di un orrida bellezza alle propaggini delle Alpi stiriane, con mon tagne a picco con selve foltissime in mez z o alle quali scorre la Drava. Qui ci dis tribuirono un po' di "caffè", con un pezzettino di pane e tre fettine di na useabondo salame.
Con andatura poco più che pedestre, e con infinite soste, alle 14 fummo a Prag erof, dove s i cons umò il soli t o brodo, il so l ito pezzettino di pane, di les so e di salame. Durante questa sosta mi fu poss ibile , con astuzia e cautela, recarmi con altri ufficiali al buffe t , do ve - meraviglia! - si po t é acquis t are del pane e del salame più commestibi li Fu nel ri s torante ch e alcuni borghesi, vedendomi in testa il "fez" mi domandarono se fossi un militare turco. Gli risposi seccame nte : «Ital ie nich, katholisch griesgefangene offi z ier! »2
Infr uttuosa invece fu la ricerca di tabacco e di sigarette, di cu i s i principiava a dife ttare . Durante ques t a sosta incrociammo un convoglio di trupp e germanic he dall'aspetto truce e selvaggio diret t o al nostro fronte.
Ci raggiunse anche un altro convog lio di prigionieri italiani diretti in German ia, costoro erano a bbond antemente riforniti di ogg etti saccheggia ti nei negozi durante la ritirata , fo rse certi di porta rs i a casa il loro bo tt ino. Avevano co n sé un v ero emporio, dalle penne stilografiche agli orologi, dalle mutande da donna alle calze da uomo . Ben presto iniziò tra noi ufficiali e qu ei solda ti un attiv o commercio e molti di questi m iserabi l i, anziché denaro, s upplica va no il pane, t a lmente erano affama t i! In ta l modo, privandomi di un p o' di pane e di qua lche corona, acquistai una camiciola di lana, un paio di guanti d ello stesso materiale, e alcun i fazzoletti. I nostri sol d ati viaggiava n o in carr i b est iame scoper ti e g ià la temperatura era un po ' rigida. Non li udii più can t are e schiamazz are come i n passa t o, erano s t anchi, avviliti, in preda alla fame. Iniziavano forse a rendersi conto di cosa vo lesse dire ess er prigionieri
Ripartimmo alle 19, dopo cinq u e ore di sosta, arrivammo a Graz alle 8 del gio rno s uccessivo, 5 n ovemb re. Era la cit t à che basto nava a sangu e gli univers ita ri irredenti, dove gli univer s itari it a liani, facendo dimostrazioni ostili ali' Austria, quasi sempre venivano alle mani con i poli z iot ti, mettendo in se rio imbarazzo il governo di G iolitti3. Ri cordo i tafferugli avvenuti alla Lizza a Siena dura nte uno di questi minacciosi comizi, nei quali non ci perita va di can t are delle sconce s trofe co ntro l'imperatore Francesco G iu seppe !
Anc he qui la so li t a s brodaglia di ranc i o, e mentre la nostra scorta di p ane di minuiva a dismisura, la fame aumentav a semp re più. Comunque potemmo
2 La frase s i scr ivere bbe corre tta mente: " lta lie n isch katholi sch kr iegsgefangene offizier" e sig nifica : " Ita lia n o, catto lico, uffic ia le pr igioniero d i g u e rra " .
3 L'auto re si riferisce ad a lcuni episod i avv e n ut i fra il 1907 e d il 1908 a Graz, in c ui gl i s tu denti italiani dei territori irred e nti organizzaro no d imostrazion i per o tte n ere l'ape rtu ra di una lib era unive rs ità ita li ana s ul territorio imperiale. Queste dim ostraz ioni furono duramen te re presse dalle au torità austriach e . Cfr. J. SoNDEL- C ED A R:v1AS, Trieste o nulla! La richiesta dell'università ital iana i n Aust ria negli sc ritti degli irredent is fi - 11az io11 alisti ilal ia11i ( 1903 - 1914), La Mus a Ta lia Ed it ri ce, 2014 attutire gli stimoli della fame, mangiando qualche mela, una occasionale rapa e talvolta del granturco in pannocchia che qualche astuto villico furtivamente ci vendeva. é poteva essere diversamente, visto che il così detto "rancio" ci veniva distribuito quando e come piaceva alle autorità austriache. Così, ad esempio, dalla mattina alle 5 si giunse se n za cibo alle 3 de l mattino successivo, allorché, giunti nella sp lendida stazione di Wiener eus tadt - Nuova Vienna, fatto inaudito e sorprendente, ci condussero, a turno, al res taurant, dove si videro dinnanzi a noi delle tavole apparecchiate, anche se sprovviste di tovaglia e tovaglioli. Finalmente ci fu dato di sedere su di una seggiola e mangiare su dei piatti una minestra in brodo, bollito, il solito salame, una fettina di pane ed una bevanda di sa por e acidul o . Anche se il pasto si pag ò 2 corone rimanemmo soddisfatti per esserci una buona vo lta assisi ad un tavolo. Infruttuosa, invece, fu la ricerca di pane e di sigarette.
Ripartiti alle 5, alle 6 e 30 si giunse ad un a s tazi one secondaria di Vienna, l'odiata capitale asburgica di cui si scorgevano in lontananza i camp anili. Uscii come da un sogno pieno di incubi quando in v icinanza di un passaggio a li vello vidi i tram., che mi ricor da vano la vita felice e so prattutto la lib e rtà!
Anche qui avemmo m odo di apprezzare la solita sb rod ag lia e fu qui che ebbi il primo scontro con un funzionario di S.M. l'Imperatore. È noto che._in Austria, dal Re Impera t ore all'u l timo impiega to statale, u sa no port a re per copricapo un curioso berretto a foggia di pan di zucc hero , rigido, che ben si osserva nelle stampe e nelle oleografie riproducenti le nostre battaglie del risorg imento, quella di Radeschy4, ad esemp io, e dei suoi ufficiali.
Mentre s i at t endeva la partenza che mai avveniva, ce ne stavamo a gru ppi , seduti sui marciapiedi della s tazion e, ragionando del più e del meno . lo me ne stavo in mezzo a quello forma t o per la ma ss ima parte d a fiore ntin i. Osservando il piccolo traffico di quella stazione, più volte erano passati dinanzi a noi dei ferro v ieri con il loro caratteristico "pentolino" in testa, e si ridacchiava di quella forma così ridico la e antiestetica. Ad un tratto M eo ni, fiorentino, e sclamò ad al ta voce: «g l i è bono pe' facci covà i rondoni! >~ a cui segui una fragorosa risata di noi tutti ed io non potei fare a meno di aggiungere «bel mi' latt o ne!»5 accompa gnando le paro le con il gesto.
In quell'istante "pignattino", accortosi che lo s i osservava, ed avendo intuito nel mio gesto un atto contro di lui, si voltò di scatto e g ridand o parole per noi incomprensibili ma irate, mi assestò due pod eros i caz zo tti che ci fecero a mmuto l ire tutti quanti, senza la possibilità di fargli assaggi are quelli italiani. Il fatto non ebbe segui t o e dopo il suo sfogo "pignattino" andò per i fatti suoi.
5 Modo di dire tosc ano, oramai desueto, che desc rive l'azione di "dare colp i a mano aper ta su un cappello a c ilindro
Ripartiti dopo mezzogiorno , incrociammo un lungo convoglio di truppe ge rmaniche con numeroso materia le bellico, diretto al fronte ital iano, co n va goni infiorati e infestonati. Provammo una stretta al cuore nel vedere la ca lata dei nuovi barbari!
F u lì, in aperta campagna, nel cuore della "Osterreichisch-UngarischM ona rchie" che il no s tro convoglio fu diviso in due. Quello a cui appartenevo io era diretto al campo di concentramento di Sigmundsherberg, l'altro più nume roso a quello di Matthausen 6; chi avrà maggior fortuna dei due gruppi?
Del 70° Reggimento rimanemmo sol t anto io, il Te nente Spighi del Comando, e l'as pirante medico Guazzo. Gira e rigira, fermandoci molto e camminando u n poco intorno a Vie nna, verso le 15 si iniziò nuovamente il viaggio verso la depor tazione . Giunti su di un ponte dell'azzurro Danubio, fiume di incomparabile bellezza e maestà, ci fermammo e alle 16 ci distribuirono il rancio, in una m anie ra nauseabonda e scan dalosa. L'incarico era stato affidato ad un astuto t ratto re che già era pronto con il cibo e, meraviglia, anche con i piatti. La merav iglia si tramutò ben presto in soffocato s degno, i piatti erano in numero molto limi tato e una vo lta che ci fummo mes s i in riga, dovevamo prendere ciò che ci ve n iva dato e consumare quella porcheria in tutta fretta. Quind i il piatto e le p osa t e ve nivano s trofinate con un lurido straccio, se nza che fossero la vati . In tal g uisa ci rinforzavan o anche gli s t omacucc i deboli e delicati, che tante volte a l fronte sbraitavano contro il mai abbastanza compianto direttore di mensa.
Ripartimmo alle 19, attraversando la "Niederosterreich", l'Austria inferiore, senz a alcuna fermata alle 22 s i giunse al Lager di Sigmundsherberg.
6 L'a uto re s i riferisce a Maut hausen, che diverrà tr is temen te noto come campo di concentramento n e ll a seconda guerra mondiale, ma già usato per il mC'd esi mo scopo durant e il primo co nflitto m o ndia le.