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I militari isolesi caduti nella Seconda Guerra Mondiale
from VERSO CASA
venire a casa ci volevano 73 franchi e allora non sono venuto141 perché non li avevo.
Alla sera andavo sempre a mangiare fuori con un amico, si chiamava Luigi Peirano e aveva il padre in America che gli mandava parecchi soldi. Al ritorno da militare ho lavorato nella strada di Vobbia al ponte di Isolarotonda con mio padre».
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Anche Rinaldo Parodi è nel 1° reggimento carri armati a Forte Tiburtina di Roma in quegli stessi anni:
«Sono nato a Puno in Perù che è vicino al lago Titicaca. Fino a nove anni sono stato là poi sono venuto in Italia e andavo a scuola in cima d'Isola. Mio fratello Renzo è ritornato in Perù per un anno, io no. Il mio mestiere era lattoniere. Non mi ricordo il giorno che sono partito a militare: però era il 1932. Quando Ninni Delprato ha finito, io ho cominciato. Ero l'unico isolese: solo uno di Busalla era con me.
Marce avanti e indietro tutto il giorno. Da mangiare brodaglia nella gavetta e quello che loro chiamavano spezzatino. Ci hanno dato due divise: una invernale e una estiva ed anche il toni 142 . Avevo già preso la patente a Genova, ma qui me ne fanno prendere un'altra: tutto il giorno istruzione con il camion anche su strade brutte.
Una mattina ci radunano nel cortile e il colonello mi chiama fuori delle righe: mi son sentito mancare. Manda a prendere il camion, il carro armato e la moto che avevo in carico e mi fa un encomio di fronte a tutti per come li tenevo puliti e lucidi. Ho preso così una licenza premio di dieci giorni (l'unica in 15-16 mesi) e sono venuto a casa. Dopo un anno andiamo a Bassano del Grappa per le manovre e avevo in consegna un 15TER Fiat; una mattina avevo un mal di denti terribile e con il camion devo andare in servizio. Il sergente che era con me vuol guidare a tutti i costi, io mi metto con altri sei sul cassone ma il camion va a sbattere contro un albero. Finisco prima all'ospedale e poi agli arresti a Trieste, ci fanno il processo ma mi assolvono e condannano lui».
141 In dialetto 1 franco corrispondeva a 1 lira che era divisa in palanche (5 centesimi). 142 Tuta da meccanico.
VI
A VENDICARE ADUA
La prima guerra importante di Mussolini fu la conquista dell'Etiopia di Hailé Selassié. Dalle tre divisioni previste inizialmente si arrivò ad inviarne dieci e si finì con venticinque143: varcarono il Mediterraneo ed il Mar Rosso circa 650.000 uomini144 e due milioni di tonnellate di materiale. L'invasione si rivelò più ardua del previsto tanto che Emilio De Bono, comandante la spedizione, fu promosso maresciallo d'Italia, con la solita prassi, e rimosso dopo poco tempo: al suo posto andò Pietro Badoglio. Tra le divisioni che parteciparono vi fu la "Cosseria", nel cui 41° rgt era arruolato Emilio (Rico) Delorenzi. Egli fu chiamato alle armi il 18 settembre 1934 a Imperia e il 16 settembre 1935 si
143 SMITH (1979) pagg. 88-89. L'elenco da noi trovato delle divisioni operanti in A.O.I. riporta: "Assietta", "Cosseria", "Gavinana", "Gran Sasso", "Peloritana", "Sabauda" e "Sila" per la fanteria; la "Pusteria" degli alpini; "28 Ottobre", "21 Aprile", "1° Febbraio", "23 Marzo" e "3 Gennaio" per le camicie nere; 1a e 2a divisione eritrea per le truppe di colore; a queste occorre aggiungere le truppe in Somalia (divisione "Libia", indigena, e "Peloritana" più la divisione CC.NN. "Tevere") al comando del gen. Rodolfo Graziani, vedi: SME (1971) pag. 284, DE DOMINICIS (1983), STEFANI (1985a) pag. 324. 144 Secondo DEL BOCA (1992b) pag. 448, tra il gennaio 1935 e il maggio 1936, 500.000 italiani sbarcarono a Massaua.
imbarcò per Bengasi, ove rimase sino a dicembre quando fu spostato in Eritrea. La "Cosseria" ritornerà in Italia145 nel settembre 1936.
Invece Antonio Bernuzzi, meglio conosciuto come Mario, è nella 224a sezione cannoni della "Gran Sasso" insieme a due cugini di Prarolo. Allo scoppio delle ostilità è in nave sul Mar Rosso e si ricorda che stava giocando a carte. Dopo lo sbarco a Massaua arriverà fino ad Asmara: «Sempre a pé» 146 specifica. Ecco cosa ci ha scritto:
«Presidio in Asmara per un mese circa. Dopo tocca a noi, armi someggiate e zaino in spalla. Traversiamo la zona di Decameré per poi arrivare presto nel paese di Dingri (bellissimo paese). Lì ci siamo fermati per riposo e ancora in qualche bar si beveva qualche cicchetto offerto da mani bianche. Ecco si inizia il nuovo cammino verso il fiume Mareb e oltre attraverso la boscaglia. La prima fermata si fa in un piccolo forte chiamato Derotaclé. Armi in postazione e molta sorveglianza: tutti si doveva osservare con cautela, si temeva qualche imboscata. Grazie ai nostri bravi ufficiali che han saputo dare la dovuta sicurezza si riprende poi il cammino. Rimane soltanto un po' di paura ma tutto andrà bene. Certo la foresta era ancora lunga, ogni tanto qualche casolare si incontrava, faceva piacere poiché si trovava l'acqua da bere e riempire le borracce. Finalmente dopo vari chilometri ecco che vediamo un po' di luce, possiamo vedere con i nostri occhi la grande pianura, culla della nostra città molto desolata: Adua, capitale del Tigrai! Pensare che tempi prima ospitava personaggi di tutto il mondo. La troviamo deserta, nelle famiglie c'erano solo vecchie e bambini, qualche donna più giovane con la testa rapata, testimone che il suo marito era soldato. Tutto molto triste, case vuote. Solamente il Tribunale funzionava. Giudici: a volte misti, giudicava il giusto dal colpevole la pena era capitale; forche in funzione erano n. 6, viste e fotografate. Adua: non è che mi sia fermato lì, abbiamo fatto ancora molti chilometri a piedi. Siamo giunti
145 La "Cosseria" inviò in Etiopia il 41° e 42° rgt ftr più il 29° rgt art. Nello stesso periodo, in
Italia, si costituì la "Cosseria II" con l'89° e 43° rgt ftr più il 48° rgt art (DE DOMINICIS, 1983; SME, 1979 pag. 191). 146 - Sempre a piedi.
ad Acsun147 dopo un'offensiva, sempre con il nemico che si ritirava, c'era un campo di aviazione, era un centro importante, ed il mio battaglione fu schierato su un'altura diviso in tanti fortini per la difesa. Attaccammo il 29 febbraio, era anno bisestile, e ci rimettemmo in cammino verso il lago Tana: avevamo le armi someggiate. Giunti a Ghirgizia girammo verso l'angolo egiziano148 dove rimanemmo fino a guerra finita presidiando quella zona. Ritorno in Italia nell'agosto del '37».
Nel maggio del '93 saliamo, in una domenica ventosa, a Marmassana ed in quel piccolo paradiso ancora fortunatamente intatto intervistiamo Carlo Balbi e Tomaso Scarlassa, 80 anni il primo e 82 il secondo: ben portati e con una memoria da far invidia ai giovani.
«Sono partito a militare per la prima volta il 6 aprile del '34 per Castrovillari in Calabria, 16° rgt della brigata "Savona", 27a divisione "Sila" - inizia Carlo - C'erano Franco Punta, Santin di Pietrabissara, eravamo quasi tutti liguri. Posti brutti, dove però viene un mucchio di roba bella e la gente si offende se non prendi qualcosa che ti offre. Per quasi sei mesi sono stato laggiù. Abbiamo dato due franchi per fare il regalo alla figlia del principino Umberto, appena nata149. Poi a casa, richiamato il 14 maggio 1935 a Parma nel 62° rgt ftr, 8a divisione "del Pò", sempre con Franco Punta e Ameri di Pietrabissara. Dopo vado a Lecco alle grosse manovre e finalmente alla "Cosseria" a Savona, DV battaglione mitraglieri. Per l'Africa son partito tre giorni dopo gli alpini, da Napoli, con noi c'era Badoglio. Dopo sbarcati abbiamo
147 Axum, città santa per la religione copta, a ovest di Adua: faceva parte del mitico regno di
Saba. Ancora oggi vi sono vestigia di una civiltà evoluta con templi sotterranei scavati nella roccia e centinaia di obelischi, il più alto dei quali supera i 38,5 metri (uno di questi fu portato a Roma nel 1937 in piazza di Porta Capena). La propaganda mussoliniana, che dipingeva gli abissini ed il Negus come selvaggi, era lontanissima dalla verità. Basti pensare che il cristianesimo giunse in Etiopia nello stesso secolo in cui è arrivato a
Milano e che Axum fu capitale dai tempi preistorici fino al 1538 con palazzi grandiosi come quello del re Tazka Mariam o belle chiese come quella di Santa Maria di Sion (ZAMORANI, 1994 e MANDEL, 1976). 148 Forse verso il Sudan anglo-egiziano. 149 Maria Pia.
inseguito i ribelli che avevano attaccato un cantiere della Gondrand150 fino a Adua. I muli ci sono morti tutti. Ai piedi dell'Amba Aradan, quelli della sussistenza son morti tutti per malattia, allora mi hanno preso a fare il macellaio. Portavamo anche da mangiare ai vari posti. Tutti i giorni vedevo Rico De Lorenzi, mio parente. La divisione faceva presidio intorno ad Adua. C'era il generale Fava che era degli alpini anche se comandava noi. Angelo Balostro dei Tuè di Borlasca era nella "Gran Sasso". Nel '40 mi richiamano il 25 novembre e faccio un pezzo di viaggio con Tomaso e Lorenzo Scarlassa: vado nel V battaglione mortai, caserma "Umberto I" a Ventimiglia. Lì c'erano Battista Persano, Ernesto Bottaro, Giovanni Carminati, quello che ha sposato Teresita Mirabelli e Luigi Gaiardo: campi e marce fino all'8 settembre del '43».
«Io son partito nel '31, di primavera, - ci dice Tomaso - alpino del "Pieve di Teco" a Mondovì con Balbi di Cascissa, Casella di Busti. Ero nella 3a compagnia dove rimarrò per tutto il militare. Mi hanno mandato anche a Pieve di Teco dove eravamo un distaccamento di dieci alpini a guardia di un magazzino. Da mangiare tubi lunghi e alla domenica spezzatino. Vengo a casa e alla vigilia di Natale del '35 c'era la neve alta; due di Cascissa erano nell'osteria in Vobbietta e i carabinieri li pregano di avvertirmi che sono richiamato: c'era tanta neve che non riuscivano a venire a Marmassana. Parto subito e il giorno dell'Epifania mi imbarco per l'Africa a Napoli. Contenti non lo eravamo: chi mangiava, chi pativa. Nella mia compagnia c'erano Zuccarino Emilio, Casella Giovanni (Tomaso), Siri, Balbi. Arriviamo laggiù ed è tutta terra bruciata, niente acqua. Una gran sete: una volta abbiamo bevuto nelle pozze lasciate dagli zoccoli dei muli. Ho passato una Pasqua che abbiamo bevuto un cucchiaio di vino. Ci mandano di rincalzo alla fanteria che si batteva per l'Amba Aradam. Poi l'han fatti ritirare per il turno di riposo e avanziamo noi ma non troviamo nessuno, gli abissini se n'erano andati. Marciamo ancora con davanti i carri armati, fino al lago Ascianghi e Mai Ceu. Lì ci hanno fatto fare le
150 La ditta Gondrand costruiva strade e opere pubbliche: probabilmente anche alcuni isolesi lavorarono in Eritrea ed Etiopia, in quel periodo, con questa impresa.
trincee perché sapevano che ci avrebbero attaccati. E difatti all'alba attaccano. C'era un sottotenente di Rapallo e si prende la prima pallottola in fronte. Si vedevano partire151 a mucchi perché venivano giù tutti insieme e dietro di noi l'artiglieria sparava giusto. Anche gli aerei li bombardavano. Eppure erano tanti che ci sono arrivati alla trincea. Non c'era tempo per avere paura. Loro paura non ne avevano, venivano avanti come se niente fosse perché erano convinti di resuscitare. Tiravamo anche pietre. Così fino a notte, i pochi di loro che sono rimasti si sono ritirati. Secondo richiamo nel '40 a Cairo Montenotte. Dovevo partire per l'Albania ma avevo due fratelli a militare: Luigi che si è fatto 8 anni di militare e che è andato in Russia con la "Cosseria" e Lorenzo. Mi mandano a casa ma è per un mese solo: altro richiamo a Cairo Montenotte, ma avendo già completato la chiamata, misero il visto sulla cartolina di precetto e mi rimandarono a casa. Il 2 febbraio del '41 entro in ferrovia».
Come vivevano quest'avventura gli isolesi rimasti a casa? Un simpatico aneddoto ce lo racconta G.B. Repetto (Mecco), classe 1930:
«Avevo sei anni e come tanti altri partecipai ai festeggiamenti per la conquista dell'Etiopia. Da Isola, una sera, andammo in divisa da balilla con una specie di processione muniti di fiaccole negli Orti dove c'era il campo sportivo (ora c'è la fonderia) e alimentammo un bel falò che fu la gioia di noi bambini. Al ritorno, nel passare in paese vedo la Carmelina Ferretto che, dalla finestra, apostrofa un passante: "Cose l'è successu ? ". "I l'an pigiò Addis Abeba ! ". "Chi a l'è , a muggié du Negus ? " »152 .
Povera Carmelina: aveva ben altro da pensare, vedova con cinque figli!
151 Nel senso che l'artiglieria li annientava. 152 "Cosa è successo?" - "Hanno preso Addis Abeba!" - "Chi è, la moglie del Negus?".