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In terra russa (di B. Bertuccio, V. Camicio e S. Pedemonte
from VERSO CASA
rivista nel mese di luglio. Da Montessoro partii per Verona, Pescantina, tornai a Verona e non ottenni nessuna informazione circa il convoglio su cui era. In seguito seppi che era nella stazione di Verona su un binario morto in attesa che costituissero un treno per Genova. Dopo due giorni tornai a casa: andai a tagliare le stoppie in un campo dove era stato tagliato il grano».
Andai a tagliare le stoppie in un campo dove era stato tagliato il grano...
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Anche qui, come per altre interviste, non riusciamo a trovare parole sufficientemente chiare per spiegare l'emozione suscitata da questa frase. Dopo essere stato al fianco di una delle poche figure di uomini politici ed alti ufficiali italiani usciti degnamente dalla Seconda Guerra Mondiale e stimati per il loro comportamento sia dai tedeschi che dagli alleati, Achille pensa ad un campo di grano: la semplicità di tutto questo suggerisce la statura morale dell'uomo. Avrebbe potuto raccogliere una parte di quella celebrità riservata a chi racconta aneddoti sulla vita dei Re e dei Principi. Ma lui è stato oltre che scudiero anche ammiratore sincero del duca e ne segue le orme. Di lui ha apprezzato la riservatezza e la dignità, perché non dovrebbe seguirne l'esempio?
«Io arrivai un mattino a Isola - aggiunge Hilde - mi ero addormentata sulla tradotta, mi svegliai e vidi scritto "Isola del Cantone". Scesi di corsa e mi piazzai davanti alla locomotiva dicendo di aspettare un momento perché dovevo scaricare i bagagli, compresa la macchina da cucire che mi ero portata dall'Austria. Vennero due uomini, uno era Ciappin244; portarono le mie due casse da Carlin Campi. Sua moglie mi diede un caffelatte (era tanto tempo che non ne prendevo uno) e poi partii per Montessoro a piedi. Rividi così mio marito dopo cinque anni e mezzo». Ma Campi continua: «L'impressione di tutto quel che vedevamo era enorme. Non avevo più niente; i soldi che avevamo erano diventati pochi spiccioli. Quando partimmo per l'Africa un fiasco di Chianti costava 2 lire. Arrivati a Napoli con gli altri prigionieri, una delle prime cose che ci venne in
244 Zeffirino Tavella.
mente di comprare, fu il vino. Con stupore scoprimmo che costava 250 lire! Ricordo che dopo la resa sull'Amba Alagi, gli inglesi ci dissero di consegnare loro tutti i soldi che avevamo e che ce li avrebbero restituiti al momento del rimpatrio. Io avevo in tasca la paga del mese di maggio, più due mesi anticipati: in tutto tremila lire in una busta gialla. A Napoli, prima di sbarcare, mi chiamarono e mi consegnarono i miei soldi nella stessa busta gialla».
Albania, finiscono le illusioni.
Dal teatro italiano i nostri compaesani passano sui vari fronti aperti, come nel caso dell'Albania, quasi per una ripicca ad Hitler. Il nostro Ministro degli Esteri, Galeazzo Ciano, il 12 ottobre 1940 vede Mussolini e riporta sul suo diario: “(...) è indignato per l'occupazione germanica della Rumania (...) «Hitler mi mette sempre di fronte al fatto compiuto. Questa volta lo pago della stessa moneta: saprà dai giornali che ho occupato la Grecia. Così l'equilibrio verrà ristabilito». Domando se è d'accordo con Badoglio: «Non ancora» risponde «Ma dò le dimissioni da Italiano se qualcuno trova delle difficoltà per battersi coi greci». Ormai il Duce sembra deciso ad agire. In realtà, credo l'operazione utile e facile (...)”245. Sembra impossibile che un'operazione qual'è l'invasione di un paese montagnoso in periodo autunnale, venga liquidata in questo modo dai principali responsabili della politica italiana, senza alcun collegamento con chi gestisce la macchina militare. Le reni alla Grecia verranno spezzate, ma con il rischio di essere ributtati a mare ed al prezzo di 13.755 morti, 25.067 dispersi (in massima parte caduti sul campo), 50.487 feriti, 12.368 congelati, 52.108 ricoverati in luoghi di cura246. Le ostilità iniziarono il 28 ottobre, ostacolate dalle piogge e dal fango che impediva anche ai muli di transitare per le poche strade di montagna. I greci
245 CIANO (1980) pag. 470. 246 CERVI (1969) pag. 346; STEFANI (1985b) pag. 163. Diverse sono le cifre fornite da
ROCCA (1991) pag. 169: 13.502 morti, 39.000 feriti e 17.477 congelati.
difendevano con accanimento la propria terra e riuscirono a passare al contrattacco. Furono mobilitate molte divisioni tra cui la "Modena", la "Tridentina" e la "Pusteria" che arrivarono entro il 3 dicembre; il battaglione "Morbegno" fu addirittura aviotrasportato fra l'8 ed il 10 novembre per essere avviato immediatamente al fronte nel Corciano, senza muli e disordinatamente, a tutto discapito dell'efficienza reggimentale. Prima del 31 gennaio sbarcarono la "Cuneense", la "Sforzesca", la "Cacciatori delle Alpi", la "Acqui"; poi seguirono "Forlì", "Puglie", "Casale" e altre. Alla fine parteciparono 4 divisioni alpine, 25 di fanteria (due arrivarono a campagna conclusa), 1 corazzata, 3 reggimenti di cavalleria, il 3° rgt granatieri247 .
Per capire cosa successe in quei giorni basta riportare alcuni brani tratti dal libro del generale Sebastiano Visconti Prasca: “(...) la divisione "Modena" a metà circa dell'ottobre 1940 si trovava tutta riunita a Vittorio Veneto. Vi si era trasferita dalla frontiera occidentale, nel mese di agosto, dopo aver partecipato all'offensiva contro la Francia. Dall'agosto all'ottobre la divisione aveva perfezionato il suo ordinamento e il suo addestramento in previsione di una campagna contro la Jugoslavia. Nel mese di settembre, a conclusione e a dimostrazione del grado di addestramento raggiunto, svolse sull'altipiano del Cansiglio una manovra di più giorni che ebbe pieno successo nonostante difficoltà del clima e dei servizi. Tale essendo la situazione a metà di ottobre la divisione ricevette l'ordine di rientrare nella sua sede ordinaria (Savona) effettuando peraltro, prima, una forte riduzione di organici (truppe e ufficiali) riducendo al 50 per cento gli organici che erano quasi al completo. Questa riduzione, che era quasi una smobilitazione, fu subito iniziata, ed era in corso da vari giorni quando giunse alla divisione l'ordine di ricostituirsi perché destinata in Albania. Questo ordine giunse circa il 20 ottobre. La ricostituzione non avvenne con gli elementi della divisione ma con altri ceduti dalle divisioni viciniori. L'ordine di partenza (porti di
247FATUTTA (1990); STEFANI (1985b) pag. 171; CERVI (1969) pag. 336; MONTANARI (1991) pag. 800 e segg. Secondo quest'ultimo erano presenti in Albania il 12 aprile 1941: 21.951 ufficiali, 494.709 sottufficiali e soldati.
imbarco Bari e Brindisi) giunse circa il 10 novembre. La ricostituzione della divisione, assai laboriosa, era ancora in corso. Alcuni ufficiali, tra i quali il comandante del 41° fanteria, raggiunsero i reparti quando essi erano già in treno. I primi reparti della divisione giunsero in Albania (Valona) tra il 15 e il 20 novembre (...) ricordo con precisione che i reparti giunsero alla spicciolata, frazionati in aliquote, incompleti di salmerie, specialmente di quelle delle artiglieria, di armi per la fanteria e di materiali per il genio che erano rimasti a Bari o al porto di sbarco (...)”248. Questa è la versione di uno dei protagonisti dell'invasione, colui che guidò all'attacco le divisioni italiane.
Proseguiamo adesso con il racconto di Nucci Punta che avevamo lasciato al passaggio in treno da Isola: «Arrivammo a Vittorio Veneto e a piedi a Follina in provincia di Treviso, accantonati nella basilica benedettina. La popolazione simpatizzò soprattutto con noi della Banda perché alla sera facevamo servizio di concerto in piazza con marce e spezzoni di Opere musicali. Simpatizzarono tanto che all'ordine di partire per l'Albania ci seguirono in massa con saluti e qualche lacrima di qualche bella bambina che cominciava ad innamorarsi o di qualche mamma al pensiero che andavamo in guerra nuovamente e questa volta contro Albania e Grecia oltremare. Al 1° novembre 1940 siamo a Bari, dove ci imbarchiamo sulla nave Argentina e dopo qualche giorno a Valona. Qui giunti, sbarcati, e inquadrati, Banda in testa, per raggiungere il raggruppamento a Barzizza, senonché suonate 3 o 4 battute di musica ci piomba addosso un ufficiale di sede colà, sbraitando: "E che mica siete venuti per campeggio! Qui siamo in guerra". Morale, ci ritirarono gli strumenti musicali e chiusi in cassa di legno ce li ritorneranno poi a guerra finita. A Barzizza un ufficiale cerca qualcuno per andare in camion a Valona per ritirare materiale in porto: mi convince a seguirlo. Mi prendo così un bombardamento a tappeto e mi tocca riparare in un ospedale da campo. Da quella volta mi giurai che avrei eseguito gli
248 Riportato in CERVI (1969) pag. 173. Tratto da Sebastiano VISCONTI PRASCA, Io ho aggredito la Grecia, Milano, 1946.