TRENTINI
MONDO
nel
MENSILE DELL’ASSOCIAZIONE TRENTINI NEL MONDO onlus ADERENTE ALLA F.U.S.I.E
Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Trento - Taxe Percue
anno 58°
«L’Adorazione» in una stampa custodita al Museo tesino delle stampe e dell’ambulantato «Per Via» di Pieve Tesino.
10/2015
CIRCOLI, DELEGAZIONI E FEDERAZIONI/COORDINAMENTI DI CIRCOLI dell’Associazione Trentini nel Mondo - onlus
Coordinamenti Argentina, Australia, Benelux, Bosnia, Brasile, Canada, Cile, Germania, Messico, Paraguay e Uruguay Argentina - 57 circoli - 1 delegazione Alta Gracia, Avellaneda, Azul, Bahia Blanca, Bariloche, Buenos Aires, Catamarca, Chajarì, Chilecito, Colonia Tirolesa, Concepción del Uruguay, Concordia, Cordoba, Cordoba Sud, Corrientes, Corzuela, Cruz del Eje, Formosa, General Roca, General San Martín, La Carlotta, La Plata, La Toma, Lanteri, Las Breñas, Machagai Plaza, Makallè, Malabrigo, Malagueño, Mar del Plata, Mendoza, Olavarria, Pampa del Infierno, Presidente Roque Sáenz Peña, Puerto Tirol, Quitilipi, Reconquista, Resistencia, Río Cuarto, Romang, Rosario, Salta, San Jaime, Sampacho, San José (Depto. Colon), San Nicolas de los Arroyos, Santa Fé, Santa Rosa de la Pampa, Tandil, Tucuman, Venado Tuerto, Viedma, Villa Carlos Paz, Villa General Belgrano, Villa Ocampo, Villa Regina, Zárate - Comodoro Rivadavia Australia - 8 circoli - 2 delegazioni Adelaide, Canberra, Mackay, Melbourne, Myrtleford, Perth, Sydney, Wollongong - Tasmania, Townsville Belgio - 4 circoli - 1 delegazione Bruxelles, Charleroi, La Louviére, Liegi – Limburgo Bolivia La Paz
- 1 circolo
Bosnia - 3 circoli Sarajevo, Stivor, Tuzla Brasile -
Canada - 5 circoli Alberta, Montreal, Toronto, Vancouver, Windsor & Detroit Cile - 3 circoli Copiapò, La Serena, Santiago Colombia Bogotá
- 1 circolo
Danimarca Copenaghen
- 1 circolo
Federazioni ITTONA (Canada e Stati Uniti) Messico - 13 circoli - 1 delegazione Aguas Calientes, Citlatepetl, Città del Messico, Colonia Manuel Gonzalez, Colonia Manuel Diez Gutierrez, Cordoba, Huatusco, Monterrey, Puebla, San Luis de Potosí, Tijuana, Veracruz, Xalapa - Cuernavaca Paraguay - 10 circoli Asunción, Atyrà, Caacupé, Caaguazù, Concepción, Fernando de la Mora, Lambaré, Luque, Paso Barreto, San Pedro Ycuamandiyù
Ex emigrati - 3 circoli Australia, Stivor (BIH), Svizzera
Peru Lima
Francia - 3 circoli Grenoble, Lorena, Parigi
Portogallo Portogallo
Germania - 7 circoli - 1 delegazione Colonia, Dortmund, Friedrichshafen, Monaco, Norimberga, Reno Neckar, Stoccarda – Berlino
Romania Romania
Gran Bretagna - 1 circolo - 1 delegazione Londra - Manchester Italia - 13 circoli Biella; Borgosesia; Brescia; Bresciani amici del Trentino; Como; Famiglia Trentina di Roma; Friuli; Milano; Pontino; Predazzani nel Mondo; Roma; Società Americana di Storo; Trieste Lussemburgo Lussemburgo
- 1 circolo
62 circoli
Ascurra, Belo Horizonte, Bento Gonçalves, Blumenau, Brusque, Caxias do Sul, Colatina, Coronel Pilar, Corupà, Curitiba, Divino di Laranjeiras, Encantado, Erexim, Florianopolis, Garibaldi, Gasparin, Gramado, Guaramirim, Indaial, Jahú, Jaraguà do Sul, Joinville, Jundiaì, Laurentino, Londrina, Luzerna, Nereu Ramos, Nova Brescia, Nova Trento, Ouro Fino, Passo Fundo, Pedrinhas Paulista, Piracicaba, Porto Alegre, Presidente Getulio, Rio de Janeiro, Rio do Oeste, Rio do Sul, Rio dos Cedros, Rodeio, Salete, Salvador, São Paulo, Sananduva, Santa María, Santa Olímpia, Santa Teresa, Santa Tereza do Rio Taquarì, São Bento do Sul, São João Batista, Sao Miguel do Oeste,São Sepe, São Valentim do Sul, Taiò, Tapejara, Trentin, Três de Maio, Tucunduva, Venda Nova do Emigrante, Veranòpolis, Vitoria, Xanxerè
L’elenco è consultabile (completo con indirizzi e nomi dei presidenti) sul nostro sito internet: www.trentininelmondo.it
- 1 circolo
Serbia Indija
- 1 circolo
- 1 circolo
- 1 circolo
Stati Uniti - 21 circoli Alliance, Chicago, Cleveland, Denver, Hazleton, Milwaukee, Minnesota, New England, New York, Norway, Ogden, Pittsburgh, Readsboro, San Francisco, Solvay, South Alabama, South East Pennsylvania, Southern California, Washington, Wyoming Sud Africa - 2 delegazioni Pretoria, Cape Town Svizzera - 8 circoli Amriswil, Basilea, Sciaffusa, Ticino, Winterthur, Zofingen, Zug, Zurigo Uruguay - 5 circoli Carmelo, Cerro Largo, Colonia del Sacramento, Montevideo, Rivera (S. Ana do Livramento - BR) Venezuela Caracas
- 1 circolo
EDITORIALE SOMMARIO Pagine 2-3 CONVEGNO EZA-UNAIE Pagine 4-5 LAUREE IN PIAZZA Pagina 6 ATTUALITÀ Pagine 7-10 GENTE E FATTI Pagine 11-13 VIAGGIO IN ARGENTINA TRA NATURA, CULTURA ED EMIGRATI TRENTINI Pagine 14-18 CIRCOLI (Ex emigrati in Svizzera, Charleroi, Montevideo, Buenos Aires, Formosa, Chajarí) Pagina 19 DALLE VALLI Pagine 20-21 EDITORIA STRENNA TRENTINA 2016 Pagine 22-23 DAL MONDO Pagina 24 ABBONAMENTI
ASSOCIAZIONE TRENTINI NEL MONDO O.n.l.u.s. Presidente Alberto Tafner
Direttore Anna Lanfranchi
TRENTINI NEL MONDO Mensile dell’Associazione Trentini nel Mondo aderente alla F.U.S.I.E Direzione, amministrazione e redazione
Via Malfatti, 21 - 38122 TRENTO Tel. 0461/234379 - Fax 0461/230840 sito: www.trentininelmondo.it e-mail:info@trentininelmondo.it Direttore responsabile Maurizio Tomasi Comitato editoriale G. Bacca, C. Barbacovi, F. Casagrande, B. Cesconi, C. Ciola, M. Dallapè, P. Dalla Valle, A. Degaudenz, E. Formilan, B. Fronza, L. Imperadori, A. Lanfranchi, E. Lorenzini, A. Maistri, S.Margheri, G. Michelon, N. Paulus, L. Pontalti, F. Pisoni, S. Regazzola, V. Rodaro, P. Rossi, G. Sbetti, A. Tafner, D. Zatelli, G. Zorzi Hanno collaborato: R. Barchiesi - S. Corradini - G. Degasperi F. Bocchetti - M. Anelli Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 62 - 6 febbraio 1958 STAMPA: Grafiche Dalpiaz srl Ravina di Trento (TN) Quote di adesione: Italia: Euro 20,00; Europa; Euro 20,00 Sud America: Euro 20,00; Nord America e Australia: Euro 25,00 Socio - Euro 30,00 Conto corrente postale n. 12509386 N. 10 OTTOBRE 2015 Stampato il 17 dicembre 2015
In copertina: una stampa conservata nel Museo «Per Via» di Pieve Tesino.
TERRORISMO E FANATISMO SCUOTONO LE COSCIENZE E COMPROMETTONO LA CONVIVENZA
Bisogna mettere in pratica i nostri valori etici e morali Nell’ultimo mezzo secolo in Italia e in Europa si sono susseguiti numerosi episodi di violenza terroristica che hanno messo fortemente in crisi i principi della convivenza e hanno scosso nel profondo la coscienza delle persone. Il periodo più tragico è stato probabilmente quello dei cosiddetti “anni di piombo” che hanno segnato gli anni tra il 1970 e l’80 . In quel tempo si sono succeduti tutta una serie di attentati e di drammatici atti terroristici che hanno portato l’Italia e l’Europa sull’orlo del collasso politico, culturale e sociale. A questo proposito basa ricordare alcuni fatti particolarmente emblematici come la strage delle Olimpiadi di Monaco nel ‘72, la strage del treno Italicus nel ’74, il sequestro e l’assassinio di Aldo Moro nel ’78 e la strage alla stazione di Bologna dell’80. In quegli anni la situazione era drammaticamente critica e si viveva in un perenne stato di ansia, come se un velo nero fosse sceso ad oscurare le nostre speranze ed a coprire il desiderio di partecipare alla realizzazione di un mondo sempre più libero, più solidale e più equo. Poi fortunatamente con il trascorrere degli anni e con l’impegno di una buona parte delle istituzioni e della collettività - nonostante la presenza di molte contraddizioni e di molte incertezze - sono tornati a prevalere i principi ed i criteri su cui si basano la maggior parte delle società civili e democratiche. Oggi però sembra che, pur con protagonisti e presupposti diversi, la nostra vita quotidiana debba tornare ad essere messa in discussione. Il fanatismo ed i disumani attacchi terroristici portati nel cuore dell’Europa - soprattutto con la barbarie scatenata a Parigi a metà novembre di quest’anno - hanno avuto il potere di riportare indietro le lancette dell’orologio ai tempi in cui dominava la rabbia, la paura e l’insicurezza. Sappiamo però che la strategia di chi ha colpito luoghi indifesi e ucciso gente inerme ed incolpevole, è proprio quella di far ve-
Dopo i tragici fatti di Parigi non si deve cadere nella trappola di reagire con la stessa ferocia ma riaffermare i principi fondanti della nostra società, che determinano la differenza tra barbarie e civiltà
nire a galla quel senso di vuoto e di impotenza che avevamo ormai dimenticato. Per questo motivo non dobbiamo assolutamente cadere in questa trappola reagendo – magari spinti da una momentanea idea politica di parte – con la stessa incolta ferocia degli assalitori. Se facessimo in questo modo, ci metteremo al loro stesso livello dimenticando che la nostra società è frutto di una storia che deriva da valori, principi e norme morali che determinano la differenza fra la barbarie e la civiltà. Dovremo quindi sforzarci di esercitarli davvero questi principi e questi valori spirituali
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e materiali che caratterizzano la cultura e l’etica della nostra comunità e non limitarci solamente a riempircene la bocca senza metterli in pratica. Noi della Trentini nel Mondo, nel nostro piccolo e con le dovute differenze, abbiamo sempre cercato di mettere in pratica questi principi. Se si sfoglia questo numero del giornale - al pari dei precedenti si possono leggere articoli che, a ben guardare, hanno qualcosa in più da raccontare, al di là della cronaca pura e semplice: sono notizie che raccontano storie del passato e dei nostri giorni, parlano di persone e vicende legate al mondo dell’emigrazione, descrivono iniziative promosse con l’intento di favorire l’incontro e la condivisione. Si tratta di testimonianze vive e dirette di come - solo volendo e con un minimo di sacrificio personale - si possa passare dalla teoria delle enunciazioni alla realtà più concreta. La Trentini nel Mondo continua a tradurre in pratica le norme statutarie che la guidano, in particolare lì dove si afferma che «….l’Associazione è uno strumento di aggregazione e di assistenza per i migranti….» e prosegue affermando che «….l’opera si articola nella più ampia azione di assistenza sociale e di promozione di ogni attività atta a migliorare le condizioni economiche, sociali e culturali dei trentini emigrati…..» . Sono norme e principi che derivano da un’etica che regola la convivenza umana e che ai più alti livelli si trova negli articoli della Costituzione Italiana: «tutti i cittadini – riporta ad esempio il terzo articolo della Costituzione – hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Sarebbe bello se anche in questo caotico momento che vede la nostra civiltà e la nostra cultura sotto attacco, fossimo capaci tutti di trasferire queste parole dalla teoria alla realtà. Alberto Tafner 10 - 2015
ATTUALITÀ IL TEMA È STATO AL CENTRO DI UN CONVEGNO INTERNAZIONALE PROMOSSO DA EZA, UNAIE E TRENTINI NEL MONDO
I «frontalieri», emigranti a metà in Europa sono oltre un milione
«Emigranti a metà. Frontiere permeabili e mobilità dei lavoratori» era il titolo del convegno internazionale che si è svolto fra il 23 e il 24 ottobre a Mattarello (Trento). I relatori sono stati esperti, studiosi, sindacalisti, rappresentati dei lavoratori provenienti da diversi paesi europei. Nella prima giornata sono state presen-
tate relazioni sulle forme della mobilità. La seconda giornata, invece, è stata dedicata principalmente all’approfondimento di alcune realtà specifiche attraverso contributi di esperti e testimonianze dirette di lavoratori che hanno raccontato la loro esperienza diretta di lavoro e vita attraverso un confine.
Il convegno è stato organizzato, con il contributo finanziario della Commissione Europea, dall’Associazione Trentini nel Mondo onlus, dall’UNAIE (Unione Nazionale Associazioni Immigrazione Emigrazione) e dei movimenti europei per il dialogo sociale iscritti all’EZA (Europäisches Zentrum für Arbeitnehmersfragen).
VENERDÌ VENERDÌ 23 23 Frontiere lavoratori Frontiere ee lavoratori frontalieri in in Europa Europa frontalieri
Vittorino Rodaro
Silvia Aru
Il seminario è stato aperto dai saluti dell’assessore del Comune di Trento, Italo Gilmozzi, del presidente dell’Associazione Trentini nel Mondo, Alberto Tafner, e del presidente di UNAIE, on. Franco Narducci. In qualità di vicepresidente, Jozef Mozolewski, ha portato il saluto da parte di EZA. I lavori - coordinati dal giornalista Maurizio Tomasi - sono iniziati con l’intervento di Vittorino Rodaro, ex direttore dell’Ufficio della Provincia autonoma di Trento presso l’Unione Europea, che ha presentato l’evoluzione storica e giuridica delle frontiere europee, con particolare riguardo agli ultimi venti anni. Sono stati illustrati i contenuti e l’evoluzione dei trattati (Schengen, Maastricht, Amsterdam, Lisbona), specialmente rispetto alla mobilità dei lavoratori e delle persone, toccando anche i temi di stringente attualità dell’immigrazione da paesi terzi e dell’asilo. Silvia Aru e Francesca Mazzuzi, di CEDISE (Centro Europeo Diffusione Informazione Sardegna Estero), hanno presentato i risultati dei un recente studio sulla mobilità e l’emigrazione dei giovani lavoratori dalla Sardegna.
La Sardegna, con la sua specificità di isola, è un territorio ideale e circoscritto per effettuare questo tipo di indagine, da cui è emersa la crescente mobilità dei lavoratori in particolare giovani e qualificati. La ricerca di migliori opportunità di lavoro e di crescita personale, infatti, è forte fattore di spinta alla mobilità. La percezione di trovare migliori condizioni in altri paesi e la relativa facilità a spostarsi sono tra le cause che hanno aumentato considerevolmente il numero di persone che ha scelto come sede di lavoro (e spesso anche di vita) località fuori dalla terra di origine. Manuel Beozzo, sociologo, ha presentato invece un’indagine quantitativa sui frontalieri in Europa, si tratta di oltre 1,2 milioni di persone con profili personali
e professionali molto diversi. A seconda delle economie locali la mobilità frontaliera riguarda infatti lavoratori con qualificazione di diverso livello e di diversi settori (dagli stagionali agricoli ai lavoratori estremamente qualificati del settore sanitario). Oltre alle implicazioni dirette sul mercato del lavoro, Beozzo, ha anche analizzato gli effetti territoriali che il lavoro frontaliero esercita sul mercato immobiliare, sul paesaggio, sulle politica industriali e urbanistiche delle regioni interessate da significativi flussi di pendolari frontalieri. Christian Troger, in qualità di coordinatore del consiglio sindacale interregionale delle Alpi Centrali, ha presentato invece le principali questioni aperte riguardanti i lavoratori
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Rumen Valchev
Elena Dai Prà
Christian Troger
Manuel Beozzo
Francesca Mazzuzi
ATTUALITÀ
frontalieri nel campo della tutela dei diritti, delle protezioni sociali, dei contratti; ha inoltre parlato delle iniziative di coordinamento delle organizzazioni sindacali e dell’importanza del dialogo tra le organizzazioni dei lavoratori - ma anche di quelle imprenditoriali e degli enti pubblici – attraverso i confini, in quanto la conoscenza dei diversi sistemi, dei loro punti di forza e delle loro criticità è essenziale per una migliore politica del lavoro e qualità della vita per tutti.
SABATO 24 Lavoro e impresa migranti: iniziativa individuale e tutela collettiva La prima parte della mattinata di sabato - coordinata da Aldo Degaudenz, componente della giunta della Trentini nel mondo è stata dedicata all’intervento della professoressa Elena Dai Prà, che ha raccontato la frontiera e il confine in una prospettiva storica e geografica approfondendo tutte le particolarità e le complesse relazioni che sottostanno al tracciamento delle linee confinarie. Attraverso la cartografia storica ha quindi offerto delle approfondite considerazioni sul modo in cui il confine si evolve, si modifica e sulle conseguenze che tali linee di per sé astratte intervengono
Gli aspetti emersi
nella quotidianità delle persone. A seguire sono stati presentati tre casi di mobilità frontaliera in Europa. I casi scelti sono stati individuati in virtù della loro varietà e della loro rilevanza rispetto al quadro generale in quanto capaci di illustrare la estrema complessità del fenomeno e la molteplicità di aspetti che coinvolge. Rumen Valchev (Open Education Center – Sofia) ha parlato della mobilità frontaliera tra Bulgaria e Grecia, Franco Narducci (UNAIE) della mobilità tra Italia e Svizzera e infine Gyorgy Lajtai (MOSZ) di quella tra Ungheria Austria. I lavori del pomeriggio - coordinati dalla giornalista Laura Galassi - sono iniziati con la presentazione di due testimonianze dirette di lavoratori ha completato il quadro dei casi: Emile Pojer, impiegato, che vive in Francia e lavora in Lussemburgo e Danilo Ivancic, meccanico, che vive in Slovenia e lavora in Italia. Le conclusioni sono state nel pomeriggio del sabato e sono state affidate a tre voci: Giuseppe Casucci (UIL), Carlo Parietti (CGIL) e Ferruccio Pisoni (UNAIE). I tre relatori si sono avvicendati nel tirare le somme dei precedenti interventi e hanno sottolineato ciascuno gli aspetti più rilevanti che sono emersi dalle precedenti discussioni.
- L’attenzione con cui deve essere gestito il fenomeno del pendolarismo frontaliero per evitare che sfoci in tensioni e conflitti sociali. Oltre al lavoro nero e al dumping salariale, particolare attenzione deve essere riservata alla “concorrenza” tra paesi per “acquisire” i lavoratori maggiormente qualificati con il rischio di impoverire i paesi che hanno investito nella formazione di lavoratori che poi esercitano la loro attività al di là del confine; - La necessità di informare i lavoratori sulle norme, i contratti, i diritti e i doveri previsti dalle legislazioni dei paesi confinanti; - Il valore che possono assumere gli accordi bilaterali tra Stati che sono da tempo interessati a fenomeni di frontalierato rispetto alle realtà in cui il frontalierato è un fenomeno più recente; - Il valore che la conoscenza dei temi relativi alla protezione sociale e previdenziale dei lavoratori frontalieri può assumere in un presente e futuro in cui sempre più frequentemente i lavoratori costruiranno il loro percorso professionale in due o più Stati; - La necessità di dialogo tra organizzazioni dei lavoratori attraverso i confini, fino anche alla costituzione di coordinamenti permanenti.
Ferruccio Pisoni
Carlo Parietti
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Danilo Ivancic
Emile Pojer
Gyorgy Lajtai
Franco Narducci
Giuseppe Casucci
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ATTUALITÀ LA MANIFESTAZIONE SI È SVOLTA SABATO 14 NOVEMBRE È HA AVUTO PIAZZA DUOMO COME SPLENDIDA CORNICE
vita sociale - con l’attenzione alla sicurezza delle nostre comunità». I laureati dell’Università di Trento, che hanno sostenuto la prova finale del proprio corso di laurea nei mesi di luglio e settembre, il 14 novembre hanno ricevuto la pergamena e sono stati proclamati «dottori» in piazza Duomo. L’iniziativa è stata organizzata dall’Università di Trento con la collaborazione del Comune di
Trento e della Provincia autonoma di Trento. Il Corteo accademico è partito alle 10.50 dal Rettorato (in via Calepina) per raggiungere Piazza Duomo, dove alle 11 ha avuto inizio la cerimonia ufficiale. A dare il benvenuto a neolaureati e familiari in questa prima occasione pubblica in Piazza Duomo è stato il rettore dell’Ateneo trentino, Paolo Collini. Dopo il momento iniziale di raccoglimento e l’inno nazionale, il pensiero di tutti è andato subito
Foto AGF Bernardinatti
Una cerimonia per la città, un augurio per il futuro. Un momento di visibilità pubblica per i neodottori dell’Università di Trento, ma anche una grande soddisfazione per tutta la comunità locale. Una festa di piazza dove però è arrivata l’eco dei drammatici eventi che erano appena successi a Parigi. «Il nostro cuore e la nostra ragione sono oggi provati», ha esordito il rettore Paolo Collini nel dare il benvenuto ai 366 neolaureati dell’Università di Trento che il 14 novembre sono stati protagonisti della prima cerimonia pubblica di Ateneo in piazza Duomo. «Come cittadini europei siamo costernati di fronte alle notizie che ci arrivano da Parigi. Ma dobbiamo cercare di tener vivo in noi anche in questa occasione l’orgoglio di appartenere ad una grande cultura e, allo stesso tempo, sforzarci di rimanere aperti al mondo. Dobbiamo saper combinare la comprensione delle ragioni di chi guarda al nostro Paese con speranza - e il pensiero va ai molti migranti che bussano ogni giorno alle nostre porte in cerca di salvezza da guerre e difficoltà economiche ma anche per entrare nella nostra
Foto AGF Bernardinatti
Prima cerimonia di proclamazione pubblica per 366 laureati dell’Università di Trento
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a loro, i protagonisti di questa cerimonia: gli studenti. Molti resteranno a Trento per proseguire la propria formazione con la laurea magistrale. Altri conserveranno questa esperienza di crescita personale e professionale nel cassetto dei ricordi e magari torneranno in Trentino per dar vita qui a progetti professionali e di vita. Una festa che non è soltanto la loro, perché se hanno potuto iscriversi all’università e laurearsi, lo devono ai propri sforzi ma anche ai sacrifici delle loro famiglie e agli investimenti in infrastrutture e conoscenza che la comunità trentina ha garantito. La cerimonia ha quindi preso il via con i saluti istituzionali. Il sindaco di Trento, Alessandro Andreatta, si è rivolto ai neolaureati in piazza Duomo complimentandosi per la tenacia, l’intelligenza e l’impegno: «Il mondo ha bisogno di voi: delle vostre energie, delle vostre competenze, della vostra preparazione, della vostra giovinezza. Qualunque sia il vostro campo, vi auguro di trovare il modo per
studenti, per le loro famiglie, per il territorio e, in generale, anche per il Paese, la cui crescita sempre più si baserà sulla conoscenza e sull’innovazione che la cultura può dare». «Questa cerimonia – ha sottolineato il rettore Paolo Collini nel primo degli interventi programmati – suggella un rapporto tra voi laureati e la vostra università; un rapporto che da oggi non sarà più in molti casi alimentato dalla “frequentazione” quotidiana, ma basato su un legame che accompagnerà nella vita il vostro cammino personale e professionale». E ha aggiunto: «L’essere una o un laureato dell’Università di Trento
sarà così non solo un elemento distintivo di ognuno di voi, ma soprattutto il segno tangibile di un’esperienza vissuta in questi anni nella nostra università, nelle città di Trento e Rovereto, in un territorio bellissimo che anche grazie ai laureati della nostra università, al loro lavoro e al successo che ne sanno trarre ha la reputazione di essere un luogo dove la conoscenza e il talento trovano lo spazio che meritano. Sappiate tutti trarre il massimo da quanto questa comunità vi ha dato ricordando sempre che quanto più si è ricevuto tanto più si è tenuti a restituire». È quindi intervenuto Alessan-
Foto Giovanni Cavulli
dare il vostro contributo, per esprimere il vostro talento, per prendervi il posto che vi spetta». Infine un ringraziamento speciale agli studenti trentini «di cui la città è orgogliosa» e agli studenti fuori sede che sono stati ospiti in questi anni: «Se Trento oggi è una città giovane, animata, vivace, lo dobbiamo in larga parte a voi, che avete affollato locali, piazze, impianti sportivi, incontri culturali, portando una ventata di aria nuova. Sara Ferrari, assessora all’università e ricerca della Provincia autonoma di Trento, ha espresso un plauso a questa nuova iniziativa: «Oggi è una giornata importante per tutti voi e per tutti noi. L’investimento in formazione universitaria è un vantaggio competitivo sia per il singolo che per l’intera provincia. Su queste basi si giustifica il sostegno finanziario della nostra Autonomia all’Ateneo. Per questo è giusto celebrare pubblicamente il raggiungimento di un traguardo che è individuale, ma che ha anche un significato “pubblico”». Il presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Università di Trento, Innocenzo Cipolletta ha sottolineato il valore anche simbolico di questo momento: «La laurea è un traguardo per gli
Foto Alessio Coser
Foto Alessio Coser
Foto Alessio Coser
ATTUALITÀ
dro Rossi che, dopo aver conseguito la laurea all’Università di Trento nel 1994 (nell’allora Facoltà di Economia, oggi Dipartimento di Economia e Management), attualmente è direttore Marketing Pasta Italia, Barilla G&R F.lli SpA. Da parte sua qualche consiglio a chi si appresta a entrare in una nuova fase della propria vita. Giulia Carnevali, in rappresentanza delle migliori laureate e dei migliori laureati, ha fatto un bilancio positivo dei propri studi e ha sottolineato l’importanza di cogliere le occasioni interessanti che vengono proposte per arricchire il proprio percorso personale e professionale. Verso le 11.45, poi, nella piazza è risuonato l’Inno dell’Unione europea ed è iniziata la consegna delle pergamene ai neolaureati da parte del rettore Collini e del prorettore vicario Flavio Deflorian e la proclamazione dei neodottori da parte del Rettore. Il momento ufficiale si è concluso con il lancio del tipico cappello, il tocco, sulle note dell’inno universitario internazionale «Gaudeamus Igitur». D’ora in poi l’Ateneo trentino celebrerà, pubblicamente e a cadenza regolare, questo importante traguardo con i suoi neolaureati.
Dal 1962 si sono laureati cinquantamila studenti Il 2015 è un anno speciale per l’Università di Trento: l’Ateneo trentino lo ha cominciato raggiungendo e superando, nella sessione di primavera, il traguardo dei 50 mila laureati dalla sua istituzione nel 1962. Oggi sono in media tremila gli studenti che ogni anno a Trento concludono i propri studi (tra corsi di laurea triennali, magistrali e magistrali a ciclo unico). Circa la metà di loro sono trentini, altri vengono dalle province vicine, da altre parti d’Italia o addirittura dall’estero. Ma qual è il profilo dei laureati di primo
livello dell’Università di Trento? Arrivano prima alla laurea. Infatti per i «dottori» dell’Università di Trento l’età media alla laurea è di 24 anni e mezzo (rispetto a 25,3 anni in Italia) e la durata media degli studi è di 4,1 anni (rispetto a 4,6). Ancora oggi 73 giovani su 100 portano per la prima volta il titolo in famiglia e quindi contribuiscono ad elevare il titolo di studio nella comunità dalla quale provengono (il 44% arriva da fuori regione). Gli studenti dell’Università di Trento poi
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non si lasciano sfuggire le molte opportunità di internazionalizzazione: già il 10% dei laureati di primo livello è stato coinvolto in esperienze di studio all’estero (in Italia sono il 7%). Ben il 71% dei laureati ha svolto un’attività lavorativa durante gli studi (il dato nazionale è del 67%) e per quanto riguarda la soddisfazione per l’esperienza universitaria, 84 laureati su 100 (rispetto a 75 in Italia), potendo tornare indietro, si iscriverebbero di nuovo all’Università di Trento. 10 - 2015
ATTUALITÀ L’INCONTRO È AVVENUTO A SEGUITO DEL GEMELLAGGIO CON LA CITTÀ MESSICANA
L’abbraccio della Vallagarina alla delegazione di Oaxaca A seguito della firma del gemellaggio da parte del presidente della Comunità della Vallagarina, avvenuta il 15 settembre scorso a Oaxaca in Messico nel giorno della commemorazione dell’indipendenza del Messico (del quale abbiamo riferito nel precedente numero del giornale), il 19 settembre è giunta a Rovereto la delegazione messicana, guidata dal presidente municipale José Javier Villacaña Jiménez. Una folta delegazione, composta dalle assessore Rosa Silvia García Pineda (Educazione, cultura e sport), Claudia Silva Fernandez (Affari generali), Alina Gómez Lagunas (Pari opportunità), dalla presidente onoraria del DEF (Sistema per lo sviluppo della famiglia), Veronica Quevedo de Villacaña, e dalla direttrice delle relazioni internazionali Nora Isela Ortíz Muro. Inoltre, come parte integrante, la vulcanica Emma Conzatti, nipote del “maestro de maestros” e illustre botanico Cassiano Conzatti. Il giorno seguente è stato dedicato alla visita alla città di Rovereto e all’incontro con i rappresentanti della Circoscrizione di Borgo Sacco, che hanno accompagnato la delegazione alla casa dove visse il prof. Conzatti, prima di emigrare in Messico, e alla Santa Messa. La mattinata del 21 settembre nella sede della Comunità della Vallagarina sono stati presentati la docu-fiction “Alla scoperta di Cassiano Conzatti”, i documentari sulla città di Oaxaca e sulla Vallagarina e il Calendario 2016 “Cassiano Conzatti e le piante commestibili messicane/y las plantas comestibles mexicanas”, edito dall’Ufficio Emigrazione
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Gli ospiti hanno partecipato alla cerimonia presso la Campana dei Caduti, nell’ambito delle celebrazioni per il 90° della sua costruzione, in cui è stato ricordato come uomo di pace Benito Juárez, il primo presidente indigeno messicano della Provincia Autonoma di Trento e dalla Società Museo Civico di Rovereto. Quindi il presidente municipale Javier Villacaña e il presidente della Comunità della Vallagarina, Stefano Bisoffi, hanno firmato
solennemente il gemellaggio, alla presenza della console messicana di Milano, Marisela Morales (foto qui sopra), del sindaco di Rovereto, Francesco Valduga, e di sindaci e consiglieri lagarini. Il pomeriggio è trascorso fra il
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Museo della Guerra, Casa Depero e il Palazzo Alberti-Poja, ospitante la mostra “Confini e conflitti” della Fondazione Sergio Poggianella. La giornata si è conclusa con la suggestiva cerimonia alla Campana dei Caduti, nell’ambito delle celebrazioni del 90° della sua costruzione, in cui è stato ricordato come uomo di pace Benito Juárez, il primo presidente indigeno messicano, colui che scrisse la famosa frase: “Il rispetto al diritto altrui è la pace”. I due giorni seguenti sono stati dedicati alla visita alla Fondazione Museo Civico di Rovereto e, con il supporto del Servizio emigrazione della Provincia autonoma di Trento, alla conoscenza delle realtà economiche trentine di eccellenza, fra cui la sede della CAVIT a Ravina, e gli stabilimenti di Trentingrana e MondoMelinda a Taio, nonché culturali: il Museo di Padre Francesco Eusebio Chini a Segno. Il giorno 24, prima della partenza per Venezia, la delegazione è stata di visita al MART e con questo fiore all’occhiello ha lasciato il Trentino con la promessa sia di mantenere salde le relazioni fra le due realtà amministrative, tanto distanti tra loro ma quanto mai vicine nella gestione del loro territorio, che di rivederci a presto. Renzo Tommasi
GENTE E FATTI I SUOI GENITORI SONO ENTRAMBI TRENTINI: SUO FIGLIO HUGO ORLANDO È UNO DEI CIRCA 30.000 DESAPARECIDOS
Elia Espen, mamma argentina in lotta per la memoria, la verità e la giustizia Giovedì 8 ottobre 2015 si sono presentati all’archivio parrocchiale di Pergine Valsugana tre persone provenienti da Buenos Aires in Argentina alla ricerca delle loro radici: la signora Elia Espen, la figlia Silvia e il nipote Martin, figlio di Silvia. Barbara Frisanco ha allora contattato Lino Beber per la ricerca genealogica, dalla quale è nata la possibilità di conoscere una storia di emigrazione in un grande paese come l’Argentina, dove la metà della popolazione è formata da discendenti di italiani e la storia coraggiosa di Elia Espen, una delle fondatrici delle “Madres de Plaza de Mayo” che tuttora continua la sua lotta alla ricerca della verità. La signora Elia, nata in Argentina nel 1931, è figlia di Giuseppe Espen nato a Pergine nel 1894, coniugato nel 1922 con Adelaide Sartori di Costasavina. Giuseppe Espen, figlio di Francesco (1867-1934) e di Anna Oss Cazzador che abitavano in via Maier a quel tempo al numero 201, nel 1925 emigrò con la moglie in Argentina. Giuseppe non è mai ritornato nel suo paese natale e ora la figlia Elia ha voluto conoscere il paese dove è nato il padre. Aveva con sé una vecchia fotografia dello studio Paoli che ritrae un gruppo di persone tra le quali il papà Giuseppe, la zia Maria Espen sposata con Angelo Fontanari a loro volta emigrati in Argentina e tra le persone si riconoscono Giuseppe Fruet detto “Simon” dal nome del padre Simone e i due fratelli Zieger, uno dei quali, Giuseppe, è stato il primo sindaco perginese provvisorio dopo la caduta del fascismo. La signora Elia si è sposata giovanissima con Juan Elvidio Miedan (1922-2007) e sono nati Anna Maria nel 1948, Hugo Or-
Il signore in piedi a destra è Giuseppe Espen, che pone la sua mano sinistra sulla spalla di Giuseppe Fruet “Simon”; seduto è Angelo Fontanari e a lui vicina la moglie Maria Espen, dietro a loro il secondo e il terzo da sinistra sono i fratelli Zieger. Qui sotto Elia Espen Miedan durante l’incontro dell’8 ottobre 2015 a Pergine Valsugana con Lino Beber.
lando nel 1949, Cristina Mabel nel 1951, Alicia Irene nel 1952, Silvia Adela nel 1954 e infine Gabriela Malvina nel 1966.
Il figlio Hugo Orlando è uno dei circa 30.000 desaparecidos, persone “scomparse” tra il 1976 e il 1983 in Argentina, durante
gli anni della dittatura militare, seguita al colpo di stato guidato dal generale Jorge Rafael Videla. In una sua testimonianza Elia racconta; “Sono Elia Espen. Mio figlio è scomparso dal 18 febbraio 1977. Si chiama Hugo Orlando. Aveva 27 anni e frequentava il IV anno di architettura. Nel mio caso quando i militari arrivarono a casa nostra, prima di portar via tutto, proprio tutto e non lasciare nulla, ci maltrattarono con violenza. Io fui tremendamente colpita e misero le mani addosso alle mie figlie”. Il motto delle mamme di Plaza de Mayo è: «Por la memoria, la verdad y por la justicia y contra la impunidad de hoy y de ayer (cioè, per la memoria, la verità e per la giustizia e contro la impunità di oggi e di ieri). Lino Beber
«Desaparecidos» sul palco a Trento «Desaparecidos» è il titolo dello spettacolo che andrà in scena il 5 febbraio al Teatro Portland di Trento, con la compagnia Officina Teatro. Lo spettacolo è incentrato sulla storia di due recluse in un centro di detenzione clandestino, alle quali il regista, Mirko D’Urso, ha scelto di dare i nomi veri di
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due giovani donne effettivamente scomparse nel nulla, Silvia Rondoletto e Maria Elina Corsi, due amiche, due ragazze che non avevano colpe se non quelle di essere fidanzate o sposate a membri dell’ Ejército Revolucionario del Pueblo (ERP) o dei Montoneros. 10 - 2015
GENTE E FATTI
Tra caso e necessità. La un perginese emigrato a
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ari amici. Il mio nome è Valerio Berlanda, nato a Pergine Valsugana il 3 luglio1922». Toni pacati e parole semplici nei ricordi della sua lunga vita che ci ha inviato. Fanno affiorare vivo il Trentino d’un tempo e tracciano la strada del nostro presente e futuro in modo sorprendente. Precarietà allora e precarietà oggi, infatti, pur se in contesti diversi. Valerio l’ha superata rischiando, cambiando, faticando, ricostruendosi con dignità. Vale anche per l’oggi ed il domani. Lui ci è riuscito. Gli amici evocati sono quelli d’un tempo di Pergine e Trento e quelli di oggi a Wollongong dove emigrò nel 1952 e dove vive. Il nome significa «suono del mare» in lingua aborigena locale. È un centro industriale della regione
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Valerio Berlanda, 93 anni, è presidente onorario nonché socio fondatore del Circolo trentino di Wollongong (Australia) e ancora adesso è membro del comitato direttivo e socio attivo. Valerio, che vive da solo da quando la moglie è in casa di riposo, legge molto e da qualche anno ha iniziato ad usare il computer, grazie all’aiuto dell’unico figlio. La sua famiglia gli ha chiesto di scrivere la sua biografia. Cosa che lui ha fatto. Cristiana Grillo, attuale presidente del Circolo, che lo considera «una persona molto cara e speciale», ci ha inviato l’autobiografia di Berlanda, proponendo di pubblicarla «come segno di riconoscenza e rispetto per un uomo che ancora oggi si vanta della sua trentinità». Abbiamo chiesto al giornalista Mario Anelli, appassionato di storie di emigrazione, di leggere quanto scritto da Berlanda e di raccontarci la storia di Illawarra ad 82 km da Sidney, Nuovo Galles del Sud. Piani i toni, ma non la sua vita tra guerra, la seconda mondiale, insicurezza, il lungo viaggio su acque oceaniche verso l’ignoto, la nuova terra, la dura lotta per la sopravvivenza alla fine conquistata, la sua nuova comunità plurilingue di immigrati. E la musica nel sangue. Di certo l’ha aiutato la tempra tenace e fiera: «testa dura den Perzenaitro Tegazzot» dice di sé. Tegazzo è il nome del rione storico della cittadina perginese, unico lembo sfuggito al cemento, vie strette medioevali ai piedi del colle del castello. Valerio ha impressa nella mente la seconda guerra mondiale. Lavorava all’azienda aereonautica Caproni, sorta a Gardolo alle fine degli anni Trenta, riparazioni e pezzi
di ricambio per aeroplani. «Posso dire che fu la mia fortuna - ricorda - perché dopo essere stato richiamato nel 1942 per il servizio militare nell’aeronautica in Sardegna, ad Alghero, dopo due mesi mi vollero al lavoro». Ci rimase fino al 1949, sopravvivenza garantita. «Poi mi dissero: non più lavoro per te». Parole nude, quelle della realtà. Il gruppo industriale fondato dall’arcense Caproni ed espanso anche in altri stabilimenti non si era più ripreso dal disastro prodotto dalla guerra e venne ridimensionato. La sede di Gardolo chiuse e fu ceduta nel 1955. La musica, la sua passione, salvò Valerio. «Suonando in giro, sax e clarinetto, potevo guadagnarmi qualche soldo. Dalla fine della guerra fino al 1949 si prendeva lo stipendio una volta al mese o più». Insomma, già prima arrotondava, il denaro era poco e l’attesa lunga, ma lo stomaco chiedeva ogni giorno. Aveva conosciuto in città un professore di musica, da lui apprese molto e gli fu amico. Con altri diede vita a quella che chiama una piccola orchestrina. Musica e bombe, vita e morte. «Anche con gli orrori dei bombardamenti, 245 volte al Ponte dei Vodi, là dove l’Avisio entra nell’Adige e non ci sono mai riusciti, solo due arcate cadute, ma subito riparate. Ricordo che la Paganella, poveretta, era piena di buchi per le bombe ricevute. Comunque eravamo sempre occupati, i tedeschi venivano a prenderci e ci portavano dappertutto,
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volevano divertirsi, ci trattavano bene. Così anche quando arrivarono gli americani per tutto il tempo in cui rimasero in Trentino». Concerti all’hotel Bristol, vicino alla stazione ferroviaria, ogni sabato sera del suo ultimo inverno in Italia suonando con Ugo Gorgazzini, capace di interpretare con la sua fisarmonica le radici musicali della cultura locale fondendole con il jazz e le arie latinoamericane. Con suo cugino Aldo Paoli alla fisarmonica e Lele Lauter alla tromba, gareggiava nel leggere musica a prima vista, poi alla domenica via a suonare in centro a Trento, in via Grazioli e in via Santa Croce. Ovunque dove si ballava. Coglievano ogni occasione per sbarcare il lunario. Poi il caso e la sua vita svolta. «Verso la fine del Cinquantuno notai sui muri di via Calepina un manifesto con scritto - Volete emigrare in Australia? L’Australia ti vuole - cosi mi recai in via Grazioli all’ufficio competente». Fa domanda di espatrio e nell’aprile 1952 sale sulla Neptunia, una motonave del gruppo Finmare di collegamento con l’India e l’Australia. Sbarca a Melbourne e viene spedito subito nel campo militare di Bonegilla, 250 chilometri a nord-est di Melbourne trasformato nel 1947 dal dipartimento dell’immigrazione australiano nel primo e più grande centro per l’accoglienza e la formazione
GENTE E FATTI
vita di Valerio Berlanda, Wollongong, in Australia Valerio Berlanda insieme alla moglie Graziella, al figlio Luigi, alla nuora Maria Luisa e alla nipote Narelle.
degli immigrati, il «Bonegilla Migrant Reception and Training Centre». Ci passavano tutti coloro che fuggivano dalla guerra per cercare rifugio in Australia. Dal 1947 al 1971 circa trecentomila persone da tutto il mondo e la presenza italiana fu sicuramente tra le più forti. Al suo arrivo Valerio ricorda una dozzina di trentini «alcuni nomi mi sono presenti, come Guido Giacomoni di Povo, Franco Bond del Primiero, i fratelli Pedri di Cembra, Bassetti di Lavis». Era assieme ad altri diecimila emigranti europei in attesa di lavoro in qualsiasi luogo d’Australia. Dormiva in baracche di lamiera ondulata. Il cibo appena sopportabile, ma «nell’aria c’era una grande puzza di caprone. Si voleva fare la marcia su Canberra», perché delle speranze evocate dagli appelli sui muri di Trento non v’era traccia. Valerio era sbarcato proprio in quel 1952 che fu per l’Australia un anno di recessione e molti italiani giunti allora non riuscivano a trovare lavoro. Senza denaro e isolati nel campo di Bonegilla cominciarono ad organizzare accese forme di protesta per il cibo, per le ostilità della popolazione locale e per la forte disoccupazione, talvolta così violente da richiedere addirittura l’intervento delle autorità diplomatiche e militari. Valerio vide e visse tutto ciò. Ma la musica, ancora, gli ridiede vita. Fin dalla prima settimana nel campo si cercò chi sapesse suonare.
«Mi presentai, la sera stessa mi portarono in un campo dello staff dove incontrai altri, cosi abbiamo formato un complesso. No barriere, nella musica non esistono, così si andava d’accordo, ogni week-end sabato e domenica, very, very busy. Il campo era circondato dall’esercito, ma gli ufficiali entravano a ballare. Mi pagavano ogni volta e mi offersero lavoro nel post office, a far pulizia». Intraprendenza, dunque sopravvivenza assicurata. Dopo tre mesi l’offerta di lavoro a Port Kembla, un sobborgo di Wollongong. «Non sapevo dov’era. Il mio primo pensiero fu - rimango due o tre anni, poi via - invece mi trovai a mio agio e sono ancora qui da 62 anni». Da Bonegilla all’Unanderra hostel, entrò in un altro campo per migranti, sempre in baracche di lamiera per i singoli. Mensa abbastanza moderna, cibo del posto. Mangiare gli spaghetti diventava una cerimonia (rara) «come fosse un giorno di grande festa, noi invece, perché siano decenti,
si aggiungeva dell’olio di oliva, così diventavano umani». (Gli spaghetti). Anche qui Valerio suona, dà vita ad un quartetto. «Venivano a cercarci, con tutta la comunità italiana si voleva costruire un Club, che è ora il Fraternity Club, quasi tutti i week end occupati, anche con diversi altri gruppi, polacchi, greci, Australian club e altre associazioni». Poi la vita dell’emigrante perginese si srotola giorno dopo giorno in una quotidianità mai banale. Stringe forti amicizie. Con i genovesi Porata, lui marinaio disertore diventato pescatore. La loro casa diventa quella di Valerio. Anni felici, impara a mangiare i prawn, birra a fiumi. Il ricordo commuove Valerio. Quindi viene ospitato dalla famiglia Pol di Jesolo. Valerio è nuovamente felice «ma mancava un’altra cosa, personale: una compagna per la vita». La trovò in Graziella Valcanover, perginese. Il ricordo di lei, conosciuta molti anni prima, era ancora vivo, l’attrazione era stata reciproca. Lei non esita quando lui le chiede di sposarlo, via posta. Valerio inoltra la domanda, era un matrimonio per procura, allora possibile. Le «carte» si smarriscono a Roma, lui paziente
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rifà tutta la documentazione con l’aiuto di padre Aldo Lorigiolla, scalabriniano. Ricorda pure il primo sacerdote a Unanderra, padre Prevedello, che proveniva da New York. Tramite suo dagli Usa arrivarono centinaia di lettere contenenti i dollari necessari per costruire una chiesa. Valerio ed altri immigrati prestano braccia e competenza. Quando arriva Graziella nel 1956, la nuova chiesa è finita. Si sposano e vanno ad abitare nella medesima casa dove vive oggi. Valerio è inarrestabile. Dà vita ad un coro della chiesa, ci canta anche Ferruccio Martina, un romano dalla magnifica voce baritonale e pure Bruno, il fotografo, i matrimoni la sua specialità. E Valerio accompagna le cerimonie suonando e non mancava mai il floor show (spettacolo di varietà), né Ferruccio con le sue canzoni napoletane. Graziella e Valerio vogliono figli, ci provano senza successo cinque volte, finché un loro grande amico, Dereck, li porta dal dottor Kaw, un medico cinese di Sydney. Individuò il problema ed operò. Poté così nascere Luigi, ad Oak Flat, un sobborgo di Wollongong. «Con grande nostra gioia». Luigi si fa largo, è il migliore in molte scuole, con la prima laurea diventa computer engineer, poi la seconda. Con Maria Luisa, la sua compagna, ha Narelle che riempie la casa di Valerio e Graziella. Legami familiari strettissimi danno la felicità alla vecchiaia dell’emigrante perginese, che è sempre più noto. Nel 1974 i Trentini di Sydney lo vogliono nel loro Circolo ed alle Convention, dove diventa grande amico di Guido Zanella, cuoco. Poi nel 1996, con Lorenzo Sommadossi, fonda il Circolo trentino a Wollongong, anche perché «i viaggi su e giù da Sydney cominciavano a pesare». Valerio invecchia e si fa filosofo «Accetterò quello che Dio mi darà», conclude così questi suoi ricordi. M. A. 10 - 2015
GENTE E FATTI VIVE A BLUMENAU ED È DISCENDENTE DI UNA FAMIGLIA EMIGRATA NEL 1875 DA PERGINE VALSUGANA VERSO IL BRASILE
Dalirio Beber, senatore di Santa Catarina, appassionato cultore del dialetto trentino A Blumenau, città dello stato brasiliano di Santa Catarina, vive il senator Dalirio Beber, nato a Massaranduba (Santa Catarina) il 16 aprile 1949. Dalirio è avvocato e dal 19 maggio 2015 senatore a Brasilia per il partito socialdemocratico brasiliano (PSDB) per lo stato di Santa Catarina. Da tempo ero alla ricerca di parenti di un fratello del bisnonno Giovanni, un certo Antonio Beber sposato con Candida Dellai (nei documenti scritto Delaj) emigrati nel 1875 in Brasile con i figli Maria (9 anni), Francesco (7 anni) e Teresa (2 anni) e con i genitori di Candida, Domenico Dellai e Teresa Toller. L’albero genealogico redatto da don Tomaso Vigilio Bottea riportava “in America” sotto il matrimonio di Antonio e Candida Dellai avvenuto nel 1865, non specificando se Nord o Sud.
Recentemente dal Brasile Amarildo Santini, al quale su segnalazione di Aldo Beber, avevo inviato numerose fotografie della nostra cittadina di Pergine per una mostra in occasione del settimo raduno dei Santini a San Valentin e Loreto, vicino alla città di
Caxias do Sul, mi ha informato dell’esistenza del senator Dalirio Beber fornendomi la sua mail. Ho allora scritto a Dalirio per chiedere se per caso derivasse da questo fratello di mio bisnonno Giovanni e prontamente mi è arrivata la risposta positiva: An-
tonio, fratello del mio bisnonno Giovanni, era il suo trisnonno e Francesco il suo bisnonno. Ha anche telefonato dal Brasile parlando in un perfetto dialetto trentino, conservato intatto dopo 140 anni, e ha inviato alcune fotografie della sua famiglia. L. Beber
In duecento alla «Festa-Incontro dei Lenzi» Il 17 ottobre scorso a Rio dos Cedros (Santa Catarina -Brasile) si è svolta la «Prima Festa-Incontro della Famiglia Lenzi». Abbiamo riunito circa duecento persone, quasi tutte discendenti della stessa «zoca» dei Lenzi emigrati nel 1875 dal Comune di Samone (in Valsugana). La festa è stata realizzata nel salone della Cappella di Nostra Signora del Caravaggio, che è stata scelta perché dietro a questa chiesetta sono stati sepolti i primi emigrati della nostra stirpe. Questo è un luogo ha quindi un grande valore simbolico per la nostra famiglia. È stata una giornata ricca di emozioni, di abbracci, di sorrisi, di grande gioia per avere l’opportunità di stare tutti insieme: «vèn fato dele bele ciàcerate en dialeto trentin con i nòsi pù vèci». Sicuramente non sarà la prima e ultima festa che organizziamo. Dobbiamo portare avanti questo senso di famiglia, perché per noi la famiglia è il bene più prezioso che i nostri antenati ci hanno lasciato. Alceu Lenzi
Per comunicare con la redazione del mensile:
redazione@trentininelmondo.it 10 - 2015
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DIARI DI VIAGGIO
Argentina «querida»: tra natura, cultura e i discendenti degli emigrati trentini
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ono le 21 circa quando finalmente il giovedì 5 novembre 2015, dopo più di tredici ore di viaggio, atterriamo sul suolo argentino. Ad aspettarci all’uscita dell’aeroporto il sorridente Mariano Roca, consultore della Provincia Autonoma di Trento per il Sud dell’Argentina. Mariano ci porta a conoscere il quartiere dove per qualche giorno alloggeremo: la tranquilla Recoleta. Il giorno seguente l’amico Cristian Zampedri, conosciuto nel 2013 in occasione dell’interscambio giovanile (l’iniziativa organizzata dall’Ufficio emigrazione della Provincia Autonoma di Trento), ci guida attraverso le vie del quartiere popolare e colorito della Boca. Lì incontriamo un’artista la cui zia ha origini trentine. Il suo atelier, al primo piano di una delle case tipiche che si incontrano in questo quartiere creato dagli emigrati genovesi, è pieno di colori e di bei quadri. Per pranzo assaggiamo il famoso «choripan», un panino con dentro il chorizo, una specie di salsiccia, una bomba che ci toglierà la fame fino a tardi la sera. Scopriamo così che i prezzi non sono molto differenti da quelli italiani, nonostante le paghe siano più basse. Ci avviamo poi verso il quartiere di San Telmo dove ammiriamo bellissime case coloniali, uno spettacolo di tango nella piazza e gustiamo un buon caffè al mercato. La sera, visitiamo il quartiere di Puerto Madero e ci facciamo cullare dal rumore delle rane e altri animali della riserva ecologica. Il sabato partiamo con Mariano alla scoperta della cittadina di Tigre al Nord di Buenos Aires. Dopo aver assaggiato la nostra
Danilo Zatelli e Noemie Paulus, marito e moglie, sono da anni due attivi componenti del Gruppo Giovani e volontariato della Trentini nel mondo e nell’aprile scorso sono rispettivamente eletti nel Collegio dei revisori dei conti e nel Collegio dei probiviri dell’Associazione. Nel 2014 avevano aderito al progetto «Interscambio giovanile» della Provincia Autonoma di Trento - ospitando un discendente di emigrati trentini in Argentina. Dal 5 al 21 novembre sono stati in Argentina per visitare il paese di provenienza
del loro ospite, come prevede il progetto. Il viaggio ha offerto anche l’opportunità di visitare due Circoli trentini, quello di Buenos Aires e di La Pampa, che li hanno accolti con grande affetto e simpatia. La Patagonia, con la Penisola Valdes, è stata la meta finale del viaggio. Su questa e nelle due pagine seguenti, Noemie a Danilo raccontano la loro esperienza in Argentina tra natura, cultura, e discendenti di emigrati trentini.
Il nostro viaggio in Argentina è stato l’occasione per incontrare persone molto gentili e simpatiche, curiose, che volevano informazioni sull’Italia. Le nostre culture non sono poi così diverse, l’ospitalità ed il calore ci contraddistinguono prima «parrillada» (grigliata mista di carni e frattaglie), a bordo di una barca percorriamo i diversi rami del delta del Paranà. Conosciamo anche un’amica di Mariano, Nelida, che ci accompagna
fino a Buenos Aires per prendere un delizioso gelato. È pur vero che è novembre, ma in Argentina è primavera e si sta benissimo in maglietta a maniche corte. La domenica siamo invitati
al pranzo del circolo Trentino di Buenos Aires, dove conosciamo la mamma di Mariano e presidente del Circolo, Gabriela Anzelini, l’effervescente Delfina Marta Turrina, i fratelli Luciano e Rinaldo Andreolli (originari di Gazzadina, la stessa frazione di Trento da cui viene Danilo), insieme a tantissime altre persone simpatiche. Dopo un meraviglioso pranzo, facciamo una piccola presentazione sui pittori trentini, ideata con il gruppo giovani di Trento (per un’iniziativa culturale presso il Circolo trentino di Norimberga, in Germania). Si parla del Ciclo delle Stagioni della Torre dell’Aquila, di Fortunato Depero e di Paola de Manincor. La sera lasciamo Buenos Aires per raggiungere la lontana Puerto Madryn, porta d’accesso alla Penisola Valdes, sita a 18 ore di autobus. Scopriamo i fantastici «coche cama»: degli autobus nei quali i sedili sono comodissimi per dormire e dove servono cena, colazione e pranzo come CONTINUA A PAG. 12
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DIARI DI
Argentina«querida»: tra natura, cultura e i d CONTINUA DA PAG. 11 sull’aereo. Lì passiamo quattro giorni circondati da animali per noi nuovi come: balena franca australe, pinguini di Magellano, guanachi, ñandu, armadillo, elefanti e leoni marini. Sono momenti indimenticabili, le balene che saltano così vicine al porto, sembra uno scenario surreale. Vediamo i pinguini della colonia di Punta Tombo che camminano in modo così buffo, che covano le loro uova e le sorvegliano perché non vengano mangiate da armadilli, volpi o uccelli, che si lavano le piume. Infine, i leoni marini che si innervosiscono per tenere il loro harem sotto controllo… Il paesaggio è arido, la penisola è in una zona desertica e ventosa: la steppa patagonica. L’ultima sera facciamo un incontro inatteso, non con la fauna indigena ma con dei giovani trentini. Infatti, all’ostello notiamo un ragazzo che porta una maglietta di un festival trentino e così cominciamo a chiacchierare. Scopriamo che è venuto con la cugina Gilda che ha partecipato all’edizione 2013 dell’interscambio e che ora sono in viaggio per incontrare la sua partner che abita a Jacarí, nella provincia di Entre Rios. Coraggiosi, viaggiano anche con la bimba di Gilda,
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Cecilia, di solo un anno e mezzo. Dobbiamo già salutare la Patagonia ma la prossima destinazione sarà piena di sorprese e di nuovi incontri. L’autobus è diretto verso Santa Rosa de la Pampa. Ci aspetta Francisco Canepele che abbiamo avuto la fortuna di conoscere in occasione dell’interscambio 2014 al quale abbiamo partecipato. Facciamo colazione assieme a Francisco e i suoi genitori, Leonor, chiamata Menecha dal cognome Domenech e José Luis, il cui papà era originario di Villa Banale. Francisco era molto attaccato al nonno paterno e ora è il presidente del circolo Trentino della Pampa. Mostra a Danilo le lettere del nonno, scritte durante la seconda guerra mondiale quando era sul campo di battaglia, un momento molto emozionante. Francisco ci accompagna a visitare Santa Rosa: la piazza principale, l’università, la stazione e ovviamente la sede del circolo. A Santa Rosa ci sono molti discendenti piemontesi e quando arriviamo stanno seguendo un corso di dialetto piemontese. Però ci sono anche persone i cui antenati vengono dal Friuli o da regioni del meridione. Il pomeriggio abbiamo il privilegio di essere invitati alla trasmissione radiofonica «Raices
Italianas». Il programma è condotto da Daniel e Dario di origini piemontesi, Francisco e Paolo che purtroppo non poteva esserci. Ad occuparsi dell’aspetto più tecnico la moglie di Daniel: Rita. La sera ci portano in un bellissimo locale a mangiare piatti tipici delle tradizione: Maria Castaña. Ci si chiede chi possa essere questa Maria. Qualcuno spiega che deriva da un’espressione, qualcosa che è dei tempi di Maria Castaña è qualcosa di antico, di tanto tempo fa. I simpaticissimi amici di Francisco, anche loro di origine italiana, Cristella e Elian, ci portano con la loro macchina a fare un giro di Santa Rosa «by night» e ad ammirare l’enorme casinò. Il giorno seguente andiamo a visitare la «Reserva Provincial Parque Luro». All’inizio del XX secolo un ricco residente, il dottor Pedro Luro, creò la prima riserva di caccia dell’Argentina e vi introdusse animali di origine straniera come il cervo, il cinghiale europeo o il bufalo. La riserva è immensa e ammiriamo ñandu, pappagalli e fenicotteri. Fa un caldo pazzesco e pensare che a Trento è autunno ci rallegra. Finalmente viene il momento tanto atteso di recarsi a Bernasconi, il paese natale di Francisco, di cui ci ha tanto parlato. Ritroviamo così i genitori di Francisco davanti ad un buonissimo asado. Vicino a Bernasconi c’è una colonia di Mennoniti. Questo movimento anabattista è originario dell’Olanda ed è stato creato da Menno Simons durante il periodo della riforma. La colonia è grande ed è divisa in due campi. Ogni casetta ha il proprio pezzo di terra da coltivare. Qui
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A tu per tu con la
non esiste il traffico, le famiglie si spostano con carrozze trainate da cavalli. Le donne indossano un vestito intero e un cappello, gli uomini hanno tutti la salopette scura e un berretto. Sembra di
VIAGGIO
iscendenti degli emigrati trentini
a lingua spagnola Durante questo viaggio è stato molto stimolante confrontarsi con la lingua spagnola: ecco alcune espressioni che ci sono particolarmente piaciute: Un montón: «En la Pampa, hay un monton de Calden, de vacas y... de personas lindas!» Un ratito: «En Argentina, a la tarde, se duerme un ratito, se hace la siesta ». Pico “Se cena a las 9 y pico”
tornare indietro nel tempo. La sera assistiamo al primo dibattito politico televisivo per la presidenza argentina. Per noi è molto interessante poterci confrontare con le persone, conosce-
re le idee di entrambi i candidati e le particolari campagne e slogan che hanno elaborato. Arriva il 17 novembre, 28 anni fa nasceva Francisco! Alla sua festa di compleanno abbiamo il piacere di conoscere la nonna materna, gli amici di famiglia e di infanzia di Francisco; ci sentiamo parte della famiglia! Andiamo a vedere poi il laboratorio di meccanica di Francisco e di suo papà dove ci sono tantissime macchine e pezzi di macchine d’epoca. Il nonno materno di Francisco era meccanico. Alla sera giunge già il momento di salutare Menecha e José Luis, che ci hanno offerto un’accoglienza stupenda. Non avremmo mai pensato che si potesse mangiar di più che in Italia, ma l’Argentina e gli argentini ci hanno dimostrato il contrario. Si torna a Santa Rosa per festeggiare con gli amici della capitale e la sorella Carolina: si mangia, si ride, si scherza. Soprattutto, si beve il famoso Fernet con la coca-cola, un cocktail molto apprezzato dai giovani argentini. Un aneddoto: la ditta italiana Fernet Branca ha autorizzato la produzione di questo amaro anche in Argentina. L’ultimo giorno nella Pampa, Cristella ci insegna a fare il «mate», in modo che possiamo portarci un pezzo di Argentina a casa e usare le bellissime tazze che ci regala Francisco. Purtroppo dobbiamo lasciare i simpatici pampeani, il viaggio sta arrivando alla fine e dobbiamo raggiungere Buenos Aires. Ad aspettarci alla stazione delle corriere il temerario Mariano: sono le 6 e 30 della mattina. Andiamo a far colazione insieme al Caffè
Tortoni. Piove, piove tanto però nell’antico caffè troviamo un bellissimo rifugio. Ci dirigiamo poi al Teatro Colòn. Noémie sta per chiedere perché si chiama Colòn e per fortuna non lo fa. Colòn è il nome spagnolo del famoso navigatore genovese: Cristoforo Colombo. Il teatro è stato ristrutturato da poco e ora è una meraviglia. Il celebre regista Franco Zeffirelli disse: «è il teatro più bello del mondo». La sera assaggiamo le migliori empanadas mangiate fino ad ora, quelle della mamma di Mariano. Finiamo il nostro viaggio con una giornata molto spirituale. Cristian ci porta a conoscere il quartiere Flores, dove l’attuale Papa Francisco è cresciuto. È proprio nella Basilica di Flores che il giovane Jorge Bergoglio un 21 settembre ebbe la vocazione. Vediamo poi la casa dove è nato, dove è cresciuto ma anche la scuola che ha frequentato. Infine, raggiungiamo la Recoleta per ammirare il monumentale «Cementerio» con il mausoleo del presidente Sarmiento. Per concludere il nostro viaggio decidiamo di riavvicinarci allo stile di vita italiano per evitare lo shock del ritorno. Ceniamo davanti ad un piatto di pasta ma con un buonissimo vino rosso argentino. Il nostro viaggio in Argentina è stato l’occasione per incontrare persone molto gentili e simpatiche, curiose, che volevano informazioni sull’Italia. Le nostre culture non sono poi così diverse, l’ospitalità ed il calore ci contraddistinguono. Abbiamo percepito che la società argentina era molto divisa durante il periodo elettorale. Il nuovo presidente, Macri, è stato eletto dopo che abbiamo raggiunto l’Italia. Speriamo che sia stata la scelta giusta. Suerte Argentina! Noemie e Danilo
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Nelle fotografie Da sinistra in senso orario: l’intervista a Radio Nacional a Santa Rosa de la Pampa; José Luis Canepele prepara un gustosissimo asado; insieme a Francisco Canepele, nella sua città, Bernasconi; sulla panchina (da sinistra) Francisco, Noemie e la mamma di Francisco, Leonor Domenech; nella sede del Circolo trentino di Buenos Aires con Cristian Zampedri, la presidente Gabriela Anzelini e Delfina Marta Turrina; un momento di relax insieme a Mariano Roca, del Circolo trentino di Buenos Aires; davanti alla casa natale di Papa Francesco a Buenos Aires; un pinguino di Magellano; gli spazi sconfinati della Penisola Valdes; nel Circolo trentino di Buenos Aires, con i fratelli Luciano e Rinaldo Andreolli. A CENTRO PAGINA: Danilo davanti a un «calden», l’albero tipico della Pampa; un armadillo e uno scorcio di vita quotidiana nella colonia mennonita, non lontano da Bernasconi.
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CIRCOLI COME SEMPRE C’È STATA GRANDE PARTECIPAZIONE AL TRADIZIONALE PRANZO DI NATALE
Gli «ex emigrati in Svizzera» pronti per celebrare il 30°del loro Circolo I soci del Circolo degli ex emigrati in Svizzera si sono incontrati in un ristorante di Trento domenica 29 novembre, per il loro tradizionale pranzo di Natale. Nonostante il lento ridimensionamento del numero dei soci dovuto all’inevitabile trascorrere del tempo che ne riduce la consistenza, al pranzo erano presenti più di settanta persone, tutte animate da entusiasmo e dal piacere di un incontro annuale che consente di ricordare la vita e le esperienze di lavoro trascorse nelle più diverse località della Svizzera. E ricordi evocano i tempi lieti, i successi conseguiti, le amicizie nate e conservate nel tempo, le vicende dei figli e dei nipoti, molti dei quali sono rimasti in Svizzera, terra in cui sono nati ed in cui hanno creato le proprie famiglie. È sorprendente come lo spirito umano sia portato a dimenticare le difficoltà ed i problemi incontrati nei primi anni di emigrazione e che rimangano impressi nella memoria gli aspetti migliori dell’esperienza oltre confine. Tutto ciò indica la positività di una vita impostata sul lavoro, sull’onestà, sugli affetti, come preludio di un periodo di riposo
meritato e ricco di soddisfazioni. La presidente del circolo, Ilaria Zanetti e la segretaria Silvana Pignatelli, sono l’anima attiva di un Circolo che, nel prossimo anno, festeggerà il trentesimo della propria fondazione. Al pranzo era presente, in rappresentanza della Trentini nel Mondo, Aldo Degaudenz che ha portato il saluto dell’Associazione, ha ricordato il significato dell’emigrazione del dopoguerra come fattore di sviluppo del Trentino di oggi, ed ha assunto l’impegno di essere presente anche nel
2016, in occasione del trentesimo compleanno del Circolo. Non sono mancati, dopo il pranzo, una ricca lotteria che ha dispensato premi a molti soci partecipanti e la presenza della musica che ha consentito, ai più «giovani e allenati», di cimentarsi nei balli in voga nei loro anni giovanili come, il valzer, la mazurka, il tango, la polka, ecc..., sicuramente più graditi dei balli di gruppo dei giorni nostri. Tutti i presenti hanno assunto l’impegno di ritrovarsi il prossimo anno.
«El Bambinel», dal Brasile una poesia per Natale En ’na picola stala L’ è nat Nost Signòr, En zièl sluzeva la stela, El Bambinel co’ el sò splendòr. El Bambinel en sto Nadàl, L’ è dreo aspetar en pòc depù d’amor, Domanda che la paze sia universàl, Senza Gesù la vita no gh’à colòr... Foto Ugo Fanti
Ary Vidal, nipote di emigrati veneti che vive a Lapa (Paranà - Brasile), ha inviato come omaggio ai nostri lettori per il Natale questa sua poesia in dialetto trentino che, come precisa lui stesso, ha imparato un po’ dai suoi amici discendenti di trentini.
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CIRCOLI DA GIUSEPPE FILIPPI UN DETTAGLIATO RESOCONTO DEL TRADIZIONALE APPUNTAMENTO CHE SI È SVOLTO IL 25 OTTOBRE
Ancora un «tutto esaurito» a Charleroi per la «Polentada d’autum» del Circolo Avendo vissuto da vicino tutte le fasi di questo primo appuntamento dell’anno sociale 2015-2016 del Circolo trentino di Charleroi (Belgio) - dall’annuncio, ai primi preparativi, fino alla chiusura delle porte quando la festa è finita - posso tranquillamente farmi l’interprete fedele di come è trascorsa la festa. Perché è stata veramente una festa, una altra «festa di tutti color…», con i suoi grandi momenti… e le sue difficoltà. Ma poiché, come ho appena scritto, l’ho seguita fino dal momento dell’annuncio, iniziamo il nostro resoconto da quel momento. Per la verità devo precisare che già prima dell’invio dell’invito, alcuni si erano già iscritti, per non incappare nella «mancanza di posto», rischio dovutamente precisato nell’invito. Passiamo oltre e arriviamo ai preparativi, che comportano i soliti acquisti, ordinazioni diverse, e molti divertenti grattacapi tipo «come rinunciare alle troppe numerose adesioni senza offendere?», precisando che la capacità del locale concede di accogliere «solo» 160 ospiti. Chiaro che in certi casi, si potrebbe invocare il «Padre Eterno», perché faccia in modo che le mura indietreggino. E così è avvenuto. Il miracolo ha consentito di accontentato altri 25 felici commensali. Lasciando però per strada più di cinquanta insoddisfatti. E anche se «all’impossibile nessuno è tenuto», per il comitato del Circolo, se da un lato questo grande entusiasmo rappresenta una vera consacrazione del successo dell’iniziativa, è anche vero, purtroppo, che costituisce nodo problematico difficile da sciogliere. Ma «passiamo oltre», ho scritto prima, e allora passiamo. E arriviamo a domenica 25 ottobre.
A mezzogiorno in punto, in pochi minuti, quasi tutti gli iscritti sono presenti, pronti per uno spensierato pomeriggio, sotto l’egida del sempre simpatico ed allegro «Trio Italia», che con
le sue allegre melodie riesce a far ringiovanire gran parte del pubblico, che in quel pomeriggio, ogni tanto trascurava le pietanze per un ballo indiavolato. Un pubblico, fatto dei soliti
In alto, i «polentari» al lavoro. Al tavolo si mangia, si beve, si chiacchiera, si sta in buona compagnia. In basso: a sinistra, uno scorcio della sala pronta ad accogliere gli ospiti e a destra, il meritato pasto per chi ha lavorato in cucina.
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fedeli ospiti, ma anche di facce nuove, di facce trentine fino ieri sconosciute, e che, altro miracolo, hanno scoperto, o ritrovato la strada giusta, quella che porta al Circolo. Questo per quanto riguarda il lato «sala»: vediamo ora la cucina, dove il solito comitato si lamenta vieppiù della sua età avanzata, ma «sgobba» come se avvesse sempre trent’anni... Anche in cucina si sono visti visi nuovi, anche in questo caso più giovani. Vedere quella cucina che assomigliava ad un’arnia, dove ferve il lavoro è stato un vero godimento. Anche se bisogna ammettere che in certi momenti di inevitabile ingorgo, la tensione era alta. Ma non si sono viste scintille, se non quelle della soddisfazione dell’opera compiuta, luccicare negli occhi di tutti. Sì, è stata una dolce, bella festa, che si è conclusa con un ballo finale dal tutto particolare. Senza le travolgenti note dei musicisti. All’ora di chiusura si sono visti certi ballerini, gli ultimi ancora presenti, certo non tutti, rimbocarsi le maniche ed aiutare gli organizzatori sfiniti. Un balletto di sedie accatastate, di tavoli smontati. In pochi minuti, una sala sgomberata, pulita come un soldo nuovo. Un comitato sorpreso e felice di questo improvviso e spontaneo, salutare aiuto. Festa finita, relazione finita… ma non prima comunque, di parlare della «polenta», che era il motivo, la scusa, di questo allegro pomeriggio. La «polenta», che un giorno all’anno ci accomuna, noi Trentini di Charleroi, e ci fa sentire sempre più Trentini, orgogliosi di farla conoscere «a chi non la sa»... È uno dei nostri modi di fare conoscere il nostro bello ed indimenticabile Trentino. GIeffe
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CIRCOLI
Splendida escursione di una giornata a Tigre per quindici socie del Circolo di Buenos Aires Organizzata da Ana Maria Serafini, il 31 ottobre si è svolta una gita alla città di Tigre e ai suoi dintorni, alla quale hanno partecipato quindici socie del Circolo trentino di Buenos Aires (Argentina). Tigre è una città di circa 300.000 abitanti, situata nella parte settentrionale dell’area metropolitana della Grande Buenos Aires e sorge sul delta del fiume Paraná. Fondata nel 1820, la città è ancora oggi un importante centro per il trasporto e la lavorazione del legname. La meta era stata consigliata dalla signora Ana. È stata un’escursione magnifica. Siamo partite a metà mattina in pulmino dalla sede del Circolo Trentino e vi abbiamo fatto ritorno. Durante il viaggio si sentiva l’allegria di tutte, le chiacchiere erano incessanti. Era il periodo di Halloween e io ho raccontato perché si celebra questa particolare ricorrenza, quali sono le sue origini e perché la si festeggia. Siamo arrivate sul posto verso
le 13 e siamo entrate direttamente al casinò della città, dove era stato prenotato un pranzo a buffet libero che è stato apprezzato da tutti. Anche durante il pranzo si è continuato a chiacchierare affabilmente e tra molte risate e molti scatti fotografici. Poi ci siamo divise in piccoli gruppi, per passeggiare in libertà all’aria aperta e per visitare il famoso mercato di frutta di Ti-
gre, che ospita anche una fiera dell’artigianato, con numerosi e splendidi negozi. C’è stata così la possibilità per tutte di acquistare ouvenir, di osservare il traffico di imbarcazioni sulle tranquille acque del fiume, di camminare, di sedersi al tavolino di un bar per bere un corroborante caffè, fino al calar del sole. È stato veramente un viaggio spendido: ringraziamo Ana Maria
per le idee, la signora Ana per il suggerimento, ed Ettore l’autista del pulmino. È stato un viaggio simpatico, bello e tranquillo che si è concluso con un grande applauso e con la promessa di realizzare altre escursioni simili. Grazie alle socie del Circolo che hanno partecipato per la loro allegria. Alla prossima. Delfina Marta Turrina
Formosa, alzabandiera in onore degli immigrati Il Circolo Trentino Formosa (Argentina) ha partecipato alla cerimonia dell’alzabandiera, organizzata dall’assessorato comunale alla cultura. L’evento si è tenuto lo scorso 4 settembre, in occasione dei festeggiamenti per il giorno degli immigrati: erano presenti rappresentanti delle comunità di origine italiana, spagnola, francese, araba. A portare lo stendardo del Circolo è stata Natasha Belen Palazzo, nipote di Angelica Dellagnolo, socia fondatrice del Circolo.
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CIRCOLI
Alla «Festa della polenta» di Montevideo canzoni, musica da ballo e divertimento La polenta preparata con la consueta maestria da Raul Berti è stata la principale protagonista della «festa» organizzata dal Circolo trentino di Montevideo (Uruguay). Cotta sul fuoco e tagliata con il filo, come da tradizione, la polenta è stata molto gradita dai circa 120 presenti. Sapori tradizionali trentini anche per il
dessert, a base di strudel di mele. Molto appreazzata anche l’animazione, con l’esibizione del coro del Circolo «Stella Alpina» (foto in alto a sinistra), la musica del gruppo «Cono y Pomi» e l’intervento della cantante melodica Olga Soto (foto in alto a destra). Hanno partecipato anche la presidente
del Circolo di Carmelo, Teresa Gazza Donatti, insieme ad alcuni soci del Circolo, rappresentanti del Circolo Giuliano e delle Famée Furlane e alcuni soci «storici» del Circolo di Montevideo, come le sorelle Elisa e Popa Rosa (entrambe nate a Molina di Ledro) e l’ex presidente Eduardo Franceschini.
Qui sopra, uno scorcio della sala durante l’esibizione del coro del Circolo. In basso, da sinistra: Sergio Sartori, Edurado Freanceschini, Alfiero Vivaldelli e Jorge Zas.
Ascolta la trasmissione
Trentino nel mondo in onda il giovedì dopo il giornale radio delle ore 13.00 venerdì alle ore 18.05.
Visita il sito: www.radioitaliatrentinoaltoadige.it
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CIRCOLI
Il Circolo di Chajarí ha festeggiato il suo quindicesimo anniversario Con una festa alla quale hanno partecipato oltre cinquanta persone, il 5 dicembre il Circolo trentino di Chajarí (Argentina) ha celebrato il suo quindicesimo anniversario di fondazione. All’incontro erano presenti anche il coordinatore di zona dei Circoli trentini, Carlos Trentin, e una delegazione del Circolo trentino di Concordia, della quale facevano parte la presidente Marta Viola, la vice presidente Maria Salvaterra, il tesoriere José Luis Nonino e Mariano Nonino, referente del gruppo giovani. A fare gli onori di casa è stato il presidente del Circolo di Chajarí, Gustavo Ceroleni Toller. Durante la serata è stato proiettato un video sulla storia del Circolo ed è stato letto il messaggio inviato dall’Associazione Trentini nel mondo. Prima della festa (foto in basso a sinistra), presso la sede della Società Dante Alighieri, si è svolta una riunione coordinata da Carlos Trentin, per parlare dell’attività svolta e di quella futura. Per il Circolo, oltre al presidente, erano presenti la tesoriera Graciela Avancini e i soci Alejandra Zampedri e Rosario Zampedri.
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DALLE VALLI
Domenico Bassetti è tornato a Lasino Domenica 29 novembre è stato inaugurato, nel nuovo parco del Comune di Lasino, il monumento dedicato a Domenico Bassetti, nativo di Lasino, la cui storia sfiora la leggenda. Domenico Bassetti nacque a Lasino il 20 gennaio 1828; a causa dei suoi ideali filo-italiani, lasciò il Tirolo Italiano (come era chiamato il Trentino) appartenente all’Impero Austro-Ungarico. Nel 1859 combatté, durante la seconda guerra di indipendenza, nell’esercito piemontese nella battaglia di Palestro, vinta dall’esercito franco piemontese contro l’Austria. Successivamente si arruolò nella Legione Straniera e si recò in Algeria dove, sposatosi con una berbera (da cui avrà quattro figli), acquistò, nel 1877, un vasto territorio 77 Km a Sud di Algeri e fondò una cittadina alla quale diede il nome di Palestro, in ricordo della battaglia contro l’Austria; la cittadina, oggi, si chiama Lakhdaria. A coltivare le nuove terre chiamò, coloni francesi e spagnoli, un fratello ed alcune famiglie da Lasino e dalla Val di Non. Nel 1871 la cittadina fu attaccata dai Cabili, popolo locale che si ribellava alla colonizzazione francese. Domenico, dopo aver favorito la fuga di numerosi abitanti tra cui donne e bambini, rimase a combattere contro gli assedianti. Morì, all’età di 43 anni, combattendo insieme a 63 difensori, mentre altri 40 furono fatti prigionieri e solo pochi furono risparmiati. L’assedio di Palestro evoca, nell’immaginario collettivo, la famosa battaglia di Alamo, in Texas, in cui un gruppo di americani, dopo aver fatto uscire le famiglie, morirono combattendo durante l’assedio da parte dell’esercito messicano. La Legione Straniera liberò Palestro dopo qualche giorno,
È stata inaugurata nel suo paese natale una copia del monumento che la Francia gli aveva dedicato dopo la sua morte avvenuta in Libia nel 1871 durante l’assedio di Palestro, città che aveva fondato quando, però, la tragedia si era ormai consumata. La Francia eresse un monumento a Domenico Bassetti, come eroe nazionale; il monumento fu poi distrutto; ne rimase la memoria storica solo attraverso una fotografia. Il monumento inaugurato a Lasino riproduce, abbastanza
fedelmente, quello originale ricavato dalla fotografia ed è opera dello scultore Enrico Pasquale, presente alla cerimonia. Alla cerimonia hanno partecipato il sen. Franco Panizza, il consigliere provinciale Gianpiero Passamani, il sindaco di Chiampo Matteo Maciletto, Comune nel quale ha sede la ditta Margraf
Alla cerimonia (foto in alto a sinistra) hanno partecipato (con le fasce tricolori, da sinistra) i sindaci di Chiampo, Matteo Maciletto; di Palestro, Paola Franzo e di Lasino, Eugenio Simonetti e (foto in alto a destra) tre discendenti di Bassetti.
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che ha sponsorizzato la realizzazione del monumento, la sindaco di Palestro, Paola Franzo, la banda musicale di Calavino, tre anziani di Lasino discendenti da Domenico Bassetti, i rappresentanti di varie associazioni e un numeroso pubblico. Per l’Associazione Trentini nel Mondo è stato presente il consigliere Aldo Degaudenz. La cerimonia, coordinata dallo scrittore-giornalista Renzo Maria Grosselli anch’egli nato a Lasino, è stata introdotta dall’intervento del sindaco di Lasino, Eugenio Simonetti, che ha ripercorso le avventurose vicende di Domenico Bassetti, ha ringraziato le ditte che hanno consentito di realizzare l’opera ed il noto scrittore-editorialista del «Corriere della Sera» Gian Antonio Stella (presente alla cerimonia) che, con i suoi articoli, ha fatto conoscere al grande pubblico la vicenda di un eroe finora dimenticato. Sono seguiti vari interventi tra i quali quelli del giornalista Gian Antonio Stella, del senatore Panizza, dei sindaci di Palestro e di Chiampo e del rappresentante della ditta che ha sponsorizzato l’opera. Prima della benedizione del parroco di Lasino, lo scrittore Mauro Neri, insieme a due collaboratrici, ha letto alcune lettere originali tra Domenico Bassetti, dall’Algeria, e la sorella residente a Lasino. La vicenda storica di Domenico Bassetti apre una finestra su una emigrazione che esce dagli schemi tradizionali. Si inserisce, infatti, nel filone legato al fenomeno, non molto presente nel nostro Trentino, del nascente irredentismo contro l’Impero Austro-Ungarico; irredentismo che avrà una certa diffusione a ridosso della prima guerra mondiale e che troverà in Cesare Battisti e Damiano Chiesa i suoi protagonisti più noti. 10 - 2015
EDITORIA LE RICERCHE DI EDVARD CUCEK HANNO PORTATO ALLA LUCE L’AFFASCINANTE STORIA DI UN DISCENDENTE DI EMIGRATI TRENTINI
Aba, l’artista muto di Banja Luka
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uando Aba si tuffava nella acque del Vrbas, il fiume che attraversa la città di Banja Luka, in Bosnia Erzegovina, nessuno poteva prevedere quando e dove sarebbe riemerso. Riusciva a rimanere sottacqua per un tempo lunghissimo. Era un campione del nuoto in apnea. E ogni volta riusciva a sorprendere quelli che dalle sponde assistevano alle sue imprese, anche loro con il fiato sospeso: quando ricompariva era sempre in un punto più lontano di dove anche chi già conosceva le sue incredibili capacità potesse immaginare. Aba era adorato soprattutto dai bambini. Per loro era un eroe. Era il loro idolo. Era nato il 6 maggio 1908 e quando aveva pochi anni cadde in un pozzo. Lo salvarono ma quella disavventura lo segnò per il resto della sua vita, perché rimase zoppo e sordomuto. Ma queste menomazioni non gli impedirono di diventare grande, forte – nel fisico e nell’animo famoso e soprattutto benvoluto da tutti. Aba aveva un corpo che farebbe invidia ai body builder del giorno d’oggi. Una sua immagine a torso nudo divenne una vera attrazione nella vetrina di Ismet Ibrisagic, un maestro della fotografia di Banja Luka. I muscoli delle braccia, del petto, dell’addome, erano scolpiti, possenti. La sua forza era
Banja Luka oggi, attraversata dal fiume Vrbas
proverbiale e sempre usata a fin di bene. Si racconta che abbia salvato molte persone che rischiavano di affogare nel Vrbas, in quella parte del fiume che scorre sotto l’antico Kastel, conosciuta dagli abitanti di Banja Luka come “Simsur”, nome che deriva dal tedesco “Schwimmschule” (scuola di nuoto). Quando era in acqua nuotava così veloce che sembrava potesse decollare da un momento all’altro. Ai suoi tempi era sicuramente il più abile e forte nuotatore di Banja Luka. Ma la sua fama non derivava solo dalle sue epiche imprese natatorie. Aba giocava anche a calcio, come portiere, e dicono
(Foto di Rade Nagraisalovic – Tonka)
fosse una vera saracinesca. Era poi un abile barcaiolo. La tipica imbarcazione usata a Banja Luka per spostarsi sul Vrbas si chiama “dajak”. È lunga e stretta e per manovrarla si sta in piedi a poppa e si usa una pertica che si punta sul letto del fiume: Aba aveva la forza e il grande senso dell’equilibrio che servono per stare in quella posizione. E aveva anche un’altra strabiliante dote: era infatti conosciuto e ammirato come mimo. Lui, che aveva perso la parola e l’udito, aveva sviluppato una straordinaria capacità di comunicare con i gesti, i movimenti del corpo, le espressioni del viso. Le sue
esibizioni erano apprezzatissime e applauditissime. Due rappresentazioni su tutte erano diventate il suo cavallo di battaglia: si intitolavano “Il pescatore” e “La donna che si prepara per l’uscita serale”. Quando mimava queste scene, chi assisteva rimaneva incantato, rapito e si divertiva. Aba non si stancava mai di farle: l’entusiasmo che suscitavano era per lui linfa vitale. L’apoteosi come mimo la raggiunse quando a Banja Luka arrivò per uno spettacolo la famosa compagnia teatrale della “Scuola di mimo” di Zagabria. Ne facevano parte dei veri e indiscussi maestri di mimo. Anche Aba, la cui fama aveva varcato i confini della città, quella sera fu invitato ad esibirsi. Salì sul palco, sotto i riflettori del teatro e a fine spettacolo gli applausi più lunghi e fragorosi furono per lui. Si racconta che non smetteva più di inchinarsi per ringraziare il pubblico, che a sua volta non smetteva di battere le mani. Aba per guadagnarsi da vivere lavorava come linotipista. Chissà se quella sera, in cui con la sua arte appresa da autodidatta aveva surclassato i professionisti, pensò di abbandonare la tipografia e seguire quella che forse era la sua vera vocazione: fare il mimo e girare di città in città. Aba rimase invece a Banja Luka, dove si è spento il 4 marzo
IL DIARIO DI ALBINO GIONTA È DIVENTATO UN ROMANZO CHE RACCONTA UNA STORIA POCO CONOSCIUTA E RICORDATA
Trentini al fronte con la divisa austroungarica Giordana Bonfanti e Ruggero Gionta sono gli autori di «Il contadino che conobbe Battisi» (Giorgio Tarantola Editore), che ha come protagonista Albino Gionta, un contadino nato a Celledizzo in Val di Peio nel 1887, che sul finire della propria vita ricevette una lettera, che lo porterà a ripercorrere la propria vita alla ricerca del significato più intimo e profondo. Attraverso i suoi ricordi e i suoi racconti Albino descrive il mondo contadino di inizio secolo, la storia della sua famiglia segnata dalla migrazione stagionale del padre e da quella oltreoceano dei fratelli, e accompagna i lettori a comprendere i desideri e le difficoltà di chi ha deciso, per senso del dovere o per responsabilità, di cercare «l’America» nella propria terra, mostrando quello che hanno provato i parenti di coloro che sono rimasti. Rimanere in patria in quel periodo significò anche affrontare la Prima Guerra Mondiale. Albino ha lasciato un diario-resoconto del conflitto, in cui 10 - 2015
parla di tutte le traversie che dovette sopportare nei lunghissimi quattro anni al fronte, lontano dal suo amato Trentino. Il diario, che racconta la Guerra combattuta dai soldati austriaci di lingua Italiana, una storia particolare, oltre che poco conosciuta e ricordata, è integralmente riportato nel libro. «Abbiamo ricostruito questa vicenda – affermano gli autori - esponendola in un linguaggio semplice, ma accattivante, affinché si possano ricordare questi semplici uomini, che con le loro scelte hanno percorso e personalizzato i grandi eventi che hanno sconvolto il Trentino». Per gli autori ”Il contadino che conobbe Battisti” è un romanzo, una testimonianza storica e un saggio per non dimenticare che la memoria ha le proprie radici nella storia dei nostri padri, e che questa non può ridursi a pura conoscenza, ma deve insediarsi nel cuore di ognuno, per poter dare i suoi frutti».
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EDITORIA
La storia di Aba è su «Strenna trentina» Puntuale come da tradizione, all’inizio di dicembre è uscita «Strenna trentina». Nelle 240 pagine dell’edizione 2016 ci sono 96 articoli con aneddoti dei tempi passati, curiosità inedite, profili di persone o personaggi, temi sociali, oltre a numerose poesie di autori dialettali. «Aba, l’artista muto di Banja Luka», di Maurizio Tomasi, direttore responsabile del periodico «Trentini nel mondo», fa parte del ricco sommario della
del 1970. Ai suoi funerali c’erano tanti bambini, molti dei quali sordomuti come lui, per dare l’ultimo affettuoso saluto a un uomo entrato a pieno titolo nella schiera dei personaggi che hanno lasciato un segno nella storia popolare di Banja Luka del secolo scorso. Non per niente “Aba l’artista” è il primo dei cento capitoli del libro “Le pagine di storia di Banja Luka”, del giornalista Alexander Ravlic. Nel testo, oltre a esporre propri ricordi personali, Ravlic cita anche quanto raccontato a proposito di Aba dallo scrittore Antonio Anto Cosic nel suo libro “Non puoi vivere per sempre”. Ed è proprio scorrendo questi testi che si può risalire al nome e cognome completo di Aba, che all’anagrafe di Banja Luka era stato registrato come Juraj Bertotti Aba, figlio di Dominik Bertotti e di Jelisava Cortolleti. Quando un paio di anni fa Edvard Cucek, di origini trentine, nato 40 anni fa a Banja Luka e ora residente in Trentino, ha letto quei nomi nel libro di Ravlic ha avuto un sospetto che poi si è rivelato fondato: Aba, con quel cognome, probabilmente aveva origini trentine. Aiutato anche da alcuni amici,
Strenna trentina, che propone anche altre storie e racconti legati all’emigrazione, come «Nonesi in Australia» di Ruggero Finadri,«Da Garniga vecia a Zurigo» di Silvia Tarter, «Un sogno che un tempo era realtà» di Alberto Tafner, presidente della Trentini nel mondo, che prende spunto dalla ricorrenza del 140° anniversario dell’emigrazione in Brasile, «I migranti trentini» di Valgi» sulla partenza dei giudicariesi verso il Vorarlberg.
La vetrina del negozio del fotografo Ismet Ibrisagic, nella quale fu esposta un’immagine di Aba. Purtroppo le ricerche condotte fino ad ora non hanno consentito di recuperare copia di quella fotografia.
Edvard ha così iniziato una minuziosa ricerca negli archivi in Trentino e in Bosnia Erzegovina e sui libri di Paolo Perotto, Maria Rosa Sartorelli, Casimira Grandi e Umberto Raffaelli. Ha incrociato dati, fatti, luoghi, nomi, fino a ricostruire l’albero genealogico di Aba. È così emerso che suo padre, Giuseppe Domenico Bertotti era nato a Trento nel dicembre 1866, nella parrocchia di San Pietro. Sua madre era Elisabetta (Jelisava in lingua serbo-croata) Cortelletti, era di Villazzano, dove era nata nel settembre 1870.
Suo padre Bortolo era emigrato con la famiglia a Mahovljani. Come Giuseppe Domenico ed Elisabetta siano arrivati a Banja Luka non è documentato. Si sa però che il nonno di Aba, Antonio Bertotti, era emigrato con quattro figli a Konjic nell’autunno 1883. Era poi rientrato in Trentino ma solo con un figlio: è quindi plausibile che uno di quelli rimasti in Bosnia Erzegovina, Giuseppe Domenico, il padre di Aba che di mestiere faceva il muratore, possa aver trovato lavoro a Banja Luka. Completata la ricerca, per Edvard Cucek non esistevano più dubbi: Aba era proprio figlio di due emigrati trentini sta stabilitisi
nel cuore della “vecchia Banja Luka”. “Quella di Giorgio (Juraj in croato-bosniaco) Aba Bertotti – afferma Edvard Cucek – è una figura che mi affascina, per tanti motivi, oltre che per le comuni radici trentine. Quando ho iniziato la mia ricerca su di lui, ho scoperto che fra gli abitanti di Banja Luka che hanno più di 50 anni il suo ricordo è ancora vivo. Quando chiedevo informazioni sui forum on-line, le risposte sono sempre arrivate numerose. Aba era un uomo di grande coraggio e doveva avere una forza d’animo ancora più grande di quella fisica per affrontare la quotidianità, per comunicare con la gente, per cercare di vivere in modo meno doloroso la sua condizione di disabile, in una società nella quale nei confronti di chi non era “normale” c’era certamente più disprezzo che sensibilità. È riuscito a guadagnarsi fama e soprattutto rispetto. Tutta la città lo conosceva anche se molti non sapevano chi fosse realmente e nemmeno come si chiamasse. Ha lasciato però in tutti un bel ricordo, perché ha saputo esprimere tutte le sue migliori qualità: era amato dai bambini, era un nuotatore eccezionale, un mimo straordinario e soprattutto un uomo di buon cuore. Mi auguro che nel prossimo libro che sarà scritto sui trentini in Bosnia Erzegovina, si parli anche di Giorgio Bertotti”. Maurizio Tomasi
Sul sito www.bosnafolk.com (foto a sinistra) è riportato il racconto di un viaggiatore che ricorda la figura di Aba. Qui sopra, la “Scuola di nuoto” in una cartolina d’epoca e un panorama di Banja Luka negli anni 40 del secolo scorso.
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DAL MONDO LO STATISTA ITALIANO ERA MOLTO LEGATO AL TRENTINO
A Dortmund una croce dedicata ad Aldo Moro per unire e riconciliare popoli e paesi diversi “Il mondo è piccolo. Trovi cose a te vicine o conosciute in ogni parte della terra, dove meno te l’ aspetti”. Questo detto mi sorse spontaneo nella mente tempo fa mentre parlavo con un’insegnante tedesca a Dortmund, in Germania. Frau Brigitte Spieker, insegnante liceale in pensione e cultrice della storia locale, mi raccontò di aver trovato, per caso, nella chiesa cattolica St. Clemens a Dortmund- Brackel, un sobborgo di Dortmund, una croce sovrastante l’altare maggiore, dedicata al politico italiano Aldo Moro. Dortmund (circa 600.000 abitanti) è il capoluogo della Westfalia in Germania e fino agli anni ‘90 era importante per le miniere di carbone, le acciaierie e per la produzione della birra. Aldo Moro (1916-1978) , pugliese di nascita, era particolarmente attaccato e affezionato al Trentino. Si sentiva politicamente ed ideologicamente un figlio e discepolo del nostro Alcide Degasperi. Aveva scelto il Trentino per i suoi periodi di riposo. Si era costruito anche una casetta per ferie a Bellamonte di Predazzo, in Val di Fiemme e lo si poteva incontrare spesso in estate mentre passeggiava fra i boschi e i prati di questa valle. La croce è stata ideata e scolpita nel 1978 dalla scultrice tedesca di Dortmund Liesel Bellmann (19202000), come spontanea reazione alla notizia del brutale omicidio di Aldo Moro per opera delle Brigate Rosse. L’artista fu talmente sconvolta da questa tragedia che colpì non solo Moro e la sua famiglia, ma anche l’Italia e il mondo intero, che dedicò a lui questa croce e la
chiamò “Il mio Aldo Moro”. La croce, in bronzo, dalle dimensioni 1,20 m x 1,30 m, sovrasta l’altare maggiore della chiesa parrocchiale, è denominata anche “Croce del trionfo” e vuole simboleggiare non solo la vita di Aldo Moro stroncata brutalmente ma anche la sua rinascita ad una nuova vita. Morte e resurrezione: una unità che dà significato, senso e valore alla vita vista come missione e impegno umano,
sociale e, per chi crede, cristiano. Alla Comunità parrocchiale l’artista diede la seguente spiegazione e interpretazione dell’opera. “La realizzazione di una croce ai nostri tempi è una cosa normale, scontata. La
Enrico Defrancesco Circolo trentino di Dortmund
sede in via Malfatti, 21 - 38122 TRENTO - tel. 0461 234379 - fax 0461 230840
e-mail: info@trentininelmondo.it / sito internet: www.trentininelmondo.it 10 - 2015
crudeltà del fatto storico della crocifissione ai tempi di Cristo è rappresentata in ogni croce. Una simile crudele raffigurazione è ai nostri tempi una cosa ovvia, perché l’uomo odierno, televisivo, ben informato è messo a contatto ogni giorno con simili orrori. La croce di Cristo invece è il segno del suo amore verso gli uomini in obbedienza volontaria, nella certezza della resurrezione: l’unica speranza nella nostra vita. La croce qui rappresentata ha la forma dell’albero della vita, in crescita, che si apre al suo centro e accoglie il Cristo, che, come un seme nella terra, aspetta la nuova vita, la resurrezione.” Il Parroco della Chiesa St. Clemens, Heinz Schreckenberg, così scrisse nella cronaca parrocchiale: “In occasione dell’inaugurazione fu scoperta e benedetta la nuova croce in bronzo, opera della scultrice Liesel Bellmann che la dedicò al politico italiano Aldo Moro, ucciso barbaramente in un attentato. Essa adorna in modo convincente e provocatorio la chiesa: un punto centrale e ideale sopra l’altare. Al centro della croce, che assomiglia ad una corteccia d’albero che si apre come una gemma, è messo il Cristo torturato, che simboleggia l’opera di riconciliazione di Dio attraverso la morte in croce: venite tutti e da tutte le parti della terra, lasciatevi riconciliare in Gesù Cristo”.
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DAL MONDO AL PRANZO CHE SI È SVOLTO IL 18 OTTOBRE HANNO PARTECIPATO 37 DISCENDENTI DEI TRE FRATELLI BEPPI, MARIO E ALBINO
Clima sereno, familiare e nostalgico al raduno dei Dalpiaz «cisani» in Belgio
Il ceppo «Dalpiaz», degli oriundi di Cis, in Valle di Non, è la più importante delle famiglie «cisane» emigrate in Belgio. Conta circa cinquanta discendenti. E già in un passato, oramai lontano, erano state organizzate diverse serate di ritrovo. I «capi» famiglia, discendenti di tre fratelli Dalpiaz, nativi di Cis, emigrati nella regione di Charleroi (Belgio), si invitavano a vicenda, ospitando le altre famiglie Dalpiaz per un’allegra «cenetta» fra cugini. Sono state belle occasioni per rinsaldare i legami fra parenti, e soprattutto quelli fra i loro figli, della terza generazione, Senza dubbio, sarà certamente stato questo retroscena a spingere Alain ed Ettore,
mariti di due delle figlie della famiglia, a riproporre l’iniziativa dopo anni di «carestia». Ed è così che il 18 ottobre scorso, la vecchia tradizione è uscita dall’oblio. I Dalpiaz, figli di Pierina e Beppi (Angelo-Giuseppe), partiti da Cis nel 1948, raggiunti nel 1957 da Albino, il loro beniamino, si sono riuniti per una simpatica giornata fra cugini. Per la cronaca, mancavano solo quattro cugini. Tutti «validamente scusati per altri impegni o malattia». La festa si è «celebrata» presso l’azienda di Albin, figlio di Albino, dove c’era un spazio abbastanza ampio per accogliere i trentasette convenuti. È inutile dire che la proposta è stata unanimemente accolta con grande entusiasmo e calore. Prima che iniziasse veramente la festa, una delegazione della famiglia si è recata al cimitero di Montigny-le-Tilleul, dove riposano i quattro Dalpiaz scomparsi in Belgio: Pierina, Beppi, Albino e Jean, figlio di Albino. A presiedere il pranzo sono stati Amalia Ebli, vedova di Beppi, anch’ella partita da Cis per il Belgio nel 1948, dopo il matrimonio, ed Angela Londero, vedova di Albino, e oriunda di Gemona del Friuli, in Belgio dal 1957. Per ricordare lo stretto legame che esiste
fra i presenti, erano esposte diverse fotografie dei nonni, capostipiti della «sacra» famiglia, dei tre fratelli maschi: Beppi, Mario (da cui la discendenza, ricca di quindici anime, vive oggi a Savona) ed Albino, foto scattata probabilmente subito dopo la seconda guerra mondiale. E per abbellire ogni posto a tavola, sui tovaglioli è stata stampata una foto ingrandita di tutto il «vecchio» ceppo della famiglia. Per aiutare i più giovani, ma non solo, ad appropriarsi delle loro radici «cisane», c’era l’indispensabile «albero genealogico». È poco dire che ha suscitato molte domande e richieste di chiari-menti da parte di tutti. Alcuni, soprattutto i più giovani, si sono stupiti di sapere che un ramo importante della famiglia dei Dalpiaz, risiede in Liguria e completa la dinastia. Si può immaginare che il clima, sereno e famigliare ma anche carico di sana nostalgia, che i presenti hanno respirato in quella giornata, abbia indotto più d’uno a sognare un altro raduno, chissà dove, quando e con chi. A questo proposito si può parafrasare il motto del lotto belga, che dice: «Anche i sogni son fatti per essere concretizzati». Allora lasciamo i Dalpiaz del Belgio sognare, chissà quanto dolce sarà il loro risveglio… Gieffe
Zio Vic (Australia) Zio Vic (Vittorio Facchini) di Sydney (Australia) ha da poco compiuto 98 anni e riceve con gioia la nostra rivista. «Grazie a voi mi tengo sempre informato sul mio
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amato Trentino, che ricordo sempre con nostalgia» Vic dice sempre: «Se la me va ben, ne veden fra doi ani, a cent’anni de etá. Ve porterò en canguro». 10 - 2015
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CALENDARIO 4 dicembre C.T. Presidente Getulio (BR): sfilata magica
Fondazione e festa di Natale C.T Banja Luka (BIH): Festa di Natale
C.T. Villa Regina (AR): Assemblea generale C.T. Colonia del Sacramento (UY): Festa di Natale 4 - 6 dicembre C.T. Agro Pontino (IT): festa 75° anniversario dell’insediamento dei trentini provenienti dalla Bosnia nei comuni di Aprilia, Ardea e Pomezia 6 dicembre C.T. San Francisco (USA): festa di Natale C.T. Toronto (CA): Festa di Santa Claus Gruppo Donne del C.T. di Toronto (CA): Bake sale a beneficio della Kidnet Foundation e Camp
13 dicembre C.T. Charleroi (BE): pranzo dei pensionati C.T. Denver – Colorado (USA): Festa di Natale CT Como e Lecco (IT): scambio auguri di Natale e Santa Lucia C.T. Brescia (IT): Natale trentino C.T. Buenos Aires (AR): Pranzo di fine anno 15 dicembre Gruppo Donne del C.T. Toronto (CA): Kris Kringle
C.T. Cordoba (AR): pranzo di fine anno
15 dicembre Associazione Trentini nel Mondo onlus (IT): Incontro di Natale
5, 6, 12 e 13 dicembre C.T. Piracicaba e C.T. Santa Olimpia (BR) organizzano i “Mercadìn de Nadàl”
18 dicembre C.T. Toronto (CA): cena tortei di patate con vin cot
6 dicembre C.T. San Francisco (USA): festa di Natale C.T. Toronto (CA): festa di Santa Claus 12 dicembre C.T. Montevideo (UY): Festa 69° anniversario di
19 dicembre C.T. Myrtleford (AUS): Christmas BBQ 20 dicembre C.T. Bresciani amici del Trentino (IT): Santa Messa in ricordo dei soci defunti e del caro Rino Zandonai – Natale Bresciano dei Trentini
Foto Danilo Zatelli
Alle pagine 11-13, il resoconto di un viaggio in Argentina tra natura, cultura e i discendenti degli emigrati trentini