TRENTINI
MONDO
nel
MENSILE DELL’ASSOCIAZIONE TRENTINI NEL MONDO onlus ADERENTE ALLA F.U.S.I.E
10/2016
Foto: Maurizio Zangrandi
Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Trento - Taxe Percue
anno 59°
Il 2 novembre è stato firmato il «Patto di amicizia» fra le amministrazioni comunali di Caldonazzo (Trentino) e Salto (Uruguay).
CIRCOLI, DELEGAZIONI E FEDERAZIONI/COORDINAMENTI DI CIRCOLI dell’Associazione Trentini nel Mondo - onlus
Coordinamenti Argentina, Australia, Benelux, Bosnia, Brasile, Canada, Cile, Germania, Messico, Paraguay e Uruguay Argentina - 57 circoli - 1 delegazione Alta Gracia, Avellaneda, Azul, Bahia Blanca, Bariloche, Buenos Aires, Catamarca, Chajarì, Chilecito, Colonia Tirolesa, Concepción del Uruguay, Concordia, Cordoba, Cordoba Sud, Corrientes, Corzuela, Cruz del Eje, Formosa, General Roca, General San Martín, La Carlotta, La Plata, La Toma, Lanteri, Las Breñas, Machagai Plaza, Makallè, Malabrigo, Malagueño, Mar del Plata, Mendoza, Olavarria, Pampa del Infierno, Presidente Roque Sáenz Peña, Puerto Tirol, Quitilipi, Reconquista, Resistencia, Río Cuarto, Romang, Rosario, Salta, San Jaime, Sampacho, San José (Depto. Colon), San Nicolas de los Arroyos, Santa Fé, Santa Rosa de la Pampa, Tandil, Tucuman, Venado Tuerto, Viedma, Villa Carlos Paz, Villa General Belgrano, Villa Ocampo, Villa Regina, Zárate - Comodoro Rivadavia Australia - 8 circoli - 2 delegazioni Adelaide, Canberra, Mackay, Melbourne, Myrtleford, Perth, Sydney, Wollongong - Tasmania, Townsville Belgio - 5 circoli - 1 delegazione Bruxelles, Centre du Borinage,Charleroi, La Louviére, Liegi – Limburgo Bolivia La Paz
- 1 circolo
Bosnia - 4 circoli Banja Luka, Sarajevo, Stivor, Tuzla Brasile -
Canada - 5 circoli Alberta, Montreal, Toronto, Vancouver, Windsor & Detroit Cile - 3 circoli Copiapò, La Serena, Santiago Colombia Bogotá
- 1 circolo
Danimarca Copenaghen
- 1 circolo
Federazioni ITTONA (Canada e Stati Uniti) Messico - 13 circoli - 1 delegazione Aguas Calientes, Citlatepetl, Città del Messico, Colonia Manuel Gonzalez, Colonia Manuel Diez Gutierrez, Cordoba, Huatusco, Monterrey, Puebla, San Luis de Potosí, Tijuana, Veracruz, Xalapa - Cuernavaca Paraguay - 10 circoli Asunción, Atyrà, Caacupé, Caaguazù, Concepción, Fernando de la Mora, Lambaré, Luque, Paso Barreto, San Pedro Ycuamandiyù
Ex emigrati - 3 circoli Australia, Stivor (BIH), Svizzera
Peru Lima
Francia - 3 circoli Grenoble, Lorena, Parigi
Portogallo Portogallo
Germania - 7 circoli - 1 delegazione Colonia, Dortmund, Friedrichshafen, Monaco, Norimberga, Reno Neckar, Stoccarda – Berlino
Romania Romania
Gran Bretagna - 1 circolo - 1 delegazione Londra - Manchester Italia - 13 circoli Biella; Borgosesia; Brescia; Bresciani amici del Trentino; Como; Famiglia Trentina di Roma; Friuli; Milano; Pontino; Predazzani nel Mondo; Roma; Società Americana di Storo; Trieste Lussemburgo Lussemburgo
- 1 circolo
62 circoli
Ascurra, Belo Horizonte, Bento Gonçalves, Blumenau, Brusque, Caxias do Sul, Colatina, Coronel Pilar, Corupà, Curitiba, Divino di Laranjeiras, Encantado, Erexim, Florianopolis, Garibaldi, Gasparin, Gramado, Guaramirim, Indaial, Jahú, Jaraguà do Sul, Joinville, Jundiaì, Laurentino, Londrina, Luzerna, Nereu Ramos, Nova Brescia, Nova Trento, Ouro Fino, Passo Fundo, Pedrinhas Paulista, Piracicaba, Porto Alegre, Presidente Getulio, Rio de Janeiro, Rio do Oeste, Rio do Sul, Rio dos Cedros, Rodeio, Salete, Salvador, São Paulo, Sananduva, Santa María, Santa Olímpia, Santa Teresa, Santa Tereza do Rio Taquarì, São Bento do Sul, São João Batista, Sao Miguel do Oeste,São Sepe, São Valentim do Sul, Taiò, Tapejara, Trentin, Três de Maio, Tucunduva, Venda Nova do Emigrante, Veranòpolis, Vitoria, Xanxerè
L’elenco è consultabile (completo con indirizzi e nomi dei presidenti) sul nostro sito internet: www.trentininelmondo.it
- 1 circolo
Serbia Indija
- 1 circolo
- 1 circolo
- 1 circolo
Stati Uniti - 21 circoli Alliance, Chicago, Cleveland, Denver, Hazleton, Milwaukee, Minnesota, New England, New York, Norway, Ogden, Pittsburgh, Readsboro, San Francisco, Solvay, South Alabama, South East Pennsylvania, Southern California, Washington, Wyoming Sud Africa - 2 delegazioni Pretoria, Cape Town Svizzera - 8 circoli Amriswil, Basilea, Sciaffusa, Ticino, Winterthur, Zofingen, Zug, Zurigo Uruguay - 5 circoli Carmelo, Cerro Largo, Colonia del Sacramento, Montevideo, Rivera (S. Ana do Livramento - BR) Venezuela Caracas
- 1 circolo
EDITORIALE SOMMARIO Pagina 2 AGENDA Pagine 3-7 «PATTO DI AMICIZIA» FRA SALTO E CALDONAZZO Pagine 8-11 ATTUALITÀ Pagine 12-13 GIOVANI OLTRECONFINE: AMEDEO POLICANTE Pagine 14-15 TRENTINO “SUPER» Pagine 16-17 INTERVISTA A ROBERT SCARPA Pagine 18-19 GENTE E FATTI Pagine 20-22 CIRCOLI (Carmelo, Colonia Manuel Gonzalez, Buenos Aires, ex emigrati in Svizzera) Pagina 23 TERRITORIO Pagina 24 ABBONAMENTI
ASSOCIAZIONE TRENTINI NEL MONDO O.n.l.u.s. Presidente Alberto Tafner
Direttore f.f. Francesco Bocchetti
TRENTINI NEL MONDO Mensile dell’Associazione Trentini nel Mondo aderente alla F.U.S.I.E Direzione, amministrazione e redazione
Via Malfatti, 21 - 38122 TRENTO Tel. 0461/234379 - Fax 0461/230840 sito: www.trentininelmondo.it e-mail:info@trentininelmondo.it Direttore responsabile Maurizio Tomasi Comitato editoriale G. Bacca, C. Barbacovi, F. Casagrande, B. Cesconi, C. Ciola, M. Dallapè, P. Dalla Valle, A. Degaudenz, E. Formilan, B. Fronza, L. Imperadori, E. Lorenzini, A. Maistri, S.Margheri, G. Michelon, N. Paulus, L. Pontalti, F. Pisoni, S. Regazzola, V. Rodaro, P. Rossi, G. Sbetti, A. Tafner, D. Zatelli, G. ZorzI Hanno collaborato: R. Barchiesi - S. Corradini - G. Degasperi F. Bocchetti - I. Turco Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 62 - 6 febbraio 1958 STAMPA: Grafiche Dalpiaz srl Ravina di Trento (TN) Quote di adesione: Italia: Euro 20,00; Europa; Euro 20,00 Sud America: Euro 20,00; Nord America e Australia: Euro 25,00 Socio - Euro 30,00 Conto corrente postale n. 12509386 N. 10 OTTOBRE 2016 Stampato il 14 dicembre 2016
In copertina: la firma del «Patto di amicizia» fra Salto (Uruguay) e Caldonazzo (Trentino).
SIAMO CONVINTI CHE LA DIGNITÀ E IL RISPETTO PER L’UOMO VENGONO PRIMA DI TUTTO
Dopo il tempo dello sdegno è il momento del coraggio
I
n questo periodo dell’anno gli appuntamenti di Natale e Capodanno si moltiplicano a ritmo frenetico ma - diciamocelo sinceramente – andarci spesso non è proprio un piacere perché in molti casi ci si va quasi più per dovere che non per la voglia di farlo. Nel caso degli incontri organizzati dalla Trentini nel Mondo (come quello tradizionale di Natale) invece la partecipazione è dovuta solo al desiderio di farlo e non perché viene considerato un obbligo sociale. Si tratta quindi del riconoscimento di un’occasione ricca di sentimenti e di significati, un momento che unisce le persone senza distinzioni di barriere culturali, politiche, di fede o sociali, spinte dal desiderio di spartire i valori positivi che uniscono la nostra società. Partendo da questa idea possiamo però allargare ulteriormente il nostro pensiero perchéentriamo in un campo piuttosto inconsueto per questi tempi, governati come sono dall’egoismo, dal disinteresse e dal cinismo collettivo. Se oggi (ma non solo oggi!) ci troviamo volontariamente per condividere questo tipo di valori e di sentimenti, bisogna prendere atto che c’è ancora speranza. La speranza che in molte persone la solidarietà umana, l’altruismo ed il rispetto dell’altro esistano ancora e che oggi siano solo momentaneamente assopiti. L’appuntamento di Natale della Trentini nel Mondo deve quindi essere inteso come un esempio di speranza... speranza che non deve essere confusa con la rassegnazione , ma deve essere vista come «un sogno fatto da svegli», così come suggeriva il vecchio Aristotele. E allora possiamo dire che la speranza che noi inseguiamo è quella che gli uomini possano diventare un po’ meglio di quello che sono oggi... che non si facciano sopraffare dalle pur enormi difficoltà che esistono e che non si facciano influenzare dai cattivi esempi che ci vengono quotidianamente impartiti dai potenti del mondo. La speranza che noi inseguia-
Lo sdegno per la realtà delle cose e il coraggio per cambiarle sono, secondo Sant’Agostino, i «figli della speranza». Il periodo di Natale ci invita alla speranza, che non va confusa con la rassegnazione
La speranza che noi inseguiamo è che si smetta di soffiare sul fuoco delle paure e si capisca che l’innalzamento di barriere e di steccati può riportarci solo ai tempi dell’uomo contro l’uomo, all’isolamento, alla disgregazione della nostra civiltà mo è quella che faccia capire proprio a chi avrebbe il dovere di essere migliore di noi, che la dignità e il rispetto dell’uomo vengono prima di tutto… prima degli interessi economici… prima degli interessi di partito prima degli interessi dottrinali e ideologici. La speranza che noi inseguiamo è che si smetta di soffiare sul fuoco delle paure e si capisca che l’innalzamento di barriere e di steccati (sia fisici che ideologici e culturali ) può riportarci solo ai tempi dell’uomo contro l’uomo, all’isolamento, alla disgregazione della nostra civiltà e in definitiva, all’oscurità. La speranza che noi inseguiamo è quella indicata da sant’Agostino quando affermava che proprio «la speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno ed il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio per cambiarle».
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Per quanto riguarda lo sdegno penso che tutti noi, in questi anni, ne abbiamo decisamente fatto il pieno. Ora è arrivato il momento di far uscire il coraggio. Ed il coraggio più grande che possiamo mostrare è proprio quello di essere grati e felici. Nell’ultimo libro scritto dal Dalai Lama assieme all’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, si legge che «quando sei grato non hai paura e quando non hai paura non sei violento, per cui le persone grate sono persone gioiose e un mondo grato è un mondo felice». Ecco, possiamo concludere questi pensieri di Natale dicendo che noi, partecipando volontariamente a queste occasioni, seguiamo questa strada e non ci resta che auspicare un’ultima speranza: quella di mantenere questi sentimenti e questo coraggio ancora per molto tempo. Alberto Tafner 10 - 2016
AGENDA MASSIMO ESPERTO DELL’EMIGRAZIONE ITALIANA IN MESSICO È SCOMPARSO IL 24 NOVEMBRE
Cordoglio della Trentini nel mondo per padre José Benigno Zilli Manica «Nel ricordo incancellabile di padre Josè Benigno Zilli Manica “Padre Benny”, socio e amico del Circolo Trentino di Xalapa e di tutta la comunità Trentina, persona che ha reso onore alle sue origini attraverso le sue preziosissime ricerche sull’immigrazione in Messico, uomo umile e umano che si è dato al prossimo, l’Associazione Trentini nel mondo profondamente commossa è vicina a voi e a tutta la sua famiglia in questo doloroso momento. Che Dio lo accolga nel suo regno per un riposo sereno»: è questo il testo del messaggio di condoglianze che la Trentini nel mondo ha inviato ai famigliari di padre José Benigno Zilli Manica, scomparso il 24 novembre all’età di 82 anni a Xalapa. Nato in Messico a Tepatlaxco (stato di Veracruz), professore universitario, ricercatore, scrittore e giornalista, padre Zilli Manica è noto come il massimo ricercatore dell’emigrazioine italiana, e trentina, in Messico. Come testimonia uno dei suoi
cognomi, Manica, il suo ramo materno aveva origini trentine, precisamente a Castellano, in Vallagarina. Nel 2014 la Provincia Autonoma di Trento gli aveva assegnato l’«Aquila di San Venceslao». «Quello che lei ha realizzato in Messico è per tutti noi motivo di grande orgoglio - si afferma nella motivazione - il suo percorso
universitario, i suoi studi e le molteplici pubblicazioni, dedicate proprio alla storia dell’emigrazione nel Paese che l’ha accolta, le hanno permesso di diventare un riferimento importante su questa materia, riuscendo a fare luce su un capitolo poco conosciuto della storia italiana e messicana». L’Aquila gli era stata consegnata, a nome del presidente
della Provincia Ugo Rossi, dal vice presidente della Trentini nel mondo, Aldo Degaudenz, affiancato da Renzo Tommasi, studioso dell’emigrazione trentina in Messico (foto di centro pagina), nel corso della cerimonia organizzata a Colonia Manuel Gonzalez per festeggiare il suo ottantesimo compleanno. Nel prossimo numero del giornale dedicheremo un ampio servizio alla figura e all’opera di padre José Benigno Zilli Manica, che è stato ricordato anche durante la messa che l’11 dicembre è stata celebrata nella chiesa di Cristo Re a Trento, per festeggiare la Vergine di Guadalupe insieme alla comunità messicana che vive in Trentino.
LA PUNTATA È ANDATA IN ONDA IL 2 DICEMBRE SU «RAI ITALIA» E SI PUÒ RIVEDERE SUL SITO INTERNET DELLA TRASMISSIONE
A «Community» si è parlato di «Blueprint 2016» Maurizio Tomasi, direttore del periodico «Trentini nel mondo» e Antonella Giordani, dell’Ufficio Emigrazione della Provincia Autonoma di Trento, sono stati ospiti di Benedetta Rinaldi nella trasmissione «Community» andata in onda il 2 dicembre scorso. «Community - L’altra Italia» è un programma in onda su Rai Italia (visibile in tutto il mondo, eccetto l’Europa, per chi è abbonato), dedicato agli italiani che vivono all’estero, con i personaggi, le storie, gli eventi, i filmati delle comunità italiane in tutto il mondo. Il programma è di fatto un contenitore di diverse rubriche con tanti ospiti e filmati dai paesi dove la presenza di italiani è più forte.
Nell’intervista si è parlato prevalentemente di «Blueprint 2016», il seminario che si è svolto a Rock Springs (Wyoming - USA) dal 25 al 30 maggio e
ha coinvolto una quarantina di giovani discendenti di emigrati trentini negli Stati Uniti e in Canada. Grazie ad alcuni brevi spezzoni
Per comunicare con la redazione del mensile:
info@trentininelmondo.it 10 - 2016
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filmati, durante l’intervista c’è stato spazio anche per mostrare alcuni volti dei partecipanti e alcuni momenti di «Blueprint», come il «mystical day», con la visita ai luoghi dove i trentini avevano lavorato come minatori, nella località di Superior, diventata ora una «ghost town» (città fantasma). Altro tema toccato durante la chiacchierata in studio davanti alle telecamere, è stato il progetto di interscambio giovanile promosso dalla Provincia. La puntata è la numero 40 della stagione 2016-2017 e può essere rivista sul sito internet della trasmissione, al quale si accede dal portale di Rai Italia all’indirizzo: www.raitalia.it
PATTO DI AMICIZIA IL DOCUMENTO Ăˆ STATO FIRMATO DURANTE UNA TRASFERTA IN URUGUAY DI UNA DELEGAZIONE DEL COMUNE TRENTINO
Con il ÂŤPatto di amiciziaÂť sanciti i legami storici e culturali tra Caldonazzo e Salto AGENDA
SOTTOSCRIT Ăˆ STATO MENTO IL DOCU
MBRE TO IL 2 NOVE
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SUDAMERIC DELLA CITTĂ€
ANA
Uruguay, di Salto, in rico Nella città o esculto il il Muse ha sede Prati , che porta i di origin Edmu ndo un artista e, nato nel nome di trentin arso 1889 e scomp autore nel 1970, delle e di alcun famose e piÚ belle ti in sculture presen Uruguay. (foto Edmundo alto) in a fianco fratello aveva un Eriberto, gemello, in (foto a fianco, che i valori della diffondere solidarietà . basso) pittoredecoe della p pace a Salto ha HGLŎFL ento si precisa Nel docum TrenUDWR PROWL ed Eriociazione trice Gianni PicEdmundo che ch l’Ass , promo figli Uruguay, italiano in do da sinistra). berto erano tini tin nel Mondo di amicizia, italangel o patto di Miche a Cal- cato (secon ento redatto in di questo ad operare, in na Nel docum OR IRWR D ŎDQFR VL Prati, nato si impeg i soggetti razione con re un perngidonazzo. perchÊ OLDQR H VSDJQR collabo col voler inizia tra le due per il raggiu Propri o afferma di amento coinvo coin lti, obiettivi citati. di avvicin degli legami storici come scopi corso zione da avrà mento men di e alla delega accomunategrazie all’op era le comunità , che conoscenza, l’inAssiem A azzo era la le co e cultur alied Eriberto Prati e di Caldon olfondamentalicollaborazione tra e to recipro del ComunCoro La Tor, che usanze di Calnze la e ali oni, rafEdmundo il esperie to altri ni comun di tradizi e sociali; ritto contro e; lo scambio di presente il - ha propos a amministrazio hanno sottosc zzazio ne diversità culturali popoli, person Salto la valori tre che a Salto ti in Uruguay, legami tra do e donazzo e amicizia con il quale e strateg ie; di Edmun di forzamento deiimento reciproco; due suoi concer 70° di fondaun di opere d’arte (per il azione un patto arricch affrontare o) e a ano ad ondim ento delle o Prati;la realizz rispet- per un Montevideo si impegn in Circolo Trentin al Eribert i comuni, basati sul di approf zione del Sacramento e uno percor so enza reciproca ed del progett (per l’80° Colonia della conosc to dei legami affeta La Plata Argentina, RWR D ŎDQFR fra le due consolidamen FROR I del giorli e sociali o GHO &LU cultura numer o tivi, un ampio Nel prossim cheremo comunità . di amicizia è stato nale pubblidella trasferta, dellaIl patto VHGH GHO PXQLFLSLR nto trasmis resoco mercoledÏ ŎUPDWR QHOOD parlato nella ino nel uruguayana sindaco quale si è Trent dal della città radiofonica onda giovedÏ bre scorso o Schmidt sione in novem 2 andata in azzo, Giorgi mondo di Caldon destra nella foto bre. da 10 novem (secondo Salto, Andres sindaco di e dal vice alto), dal da destra) nel moni Lima (terzo , della Trentin presidente Ciola (primo a destra) do, Cesare za dell’Ambasciatore alla presen
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Tra gli obiettivi del ÂŤPattoÂť, il rafforzamento dei legami, lo scambio di esperienze e strategie; la valorizzazione delle opere dei fratelli Prati
Edmundo (foto a fianco) aveva un fratello gemello, Eriberto (nell’altra foto), pittore, che a Salto ha decorato molti edifici. Edmundo ed Eriberto erano figli di Michelangelo Prati, nato a Cal-
donazzo. Il Patto di amicizia è stato promosso e sottoscritto proprio perchÊ Caldonazzo e Salto sono accomunate da legami storici e culturali grazie all’opera di Edmundo ed Eriberto Prati
L’esibizione del Coro del Circolo trentino di Carmelo nella Basilica del Santissimo Sacramento a Colonia del Sacramento. A fianco, la tomba di Edmondo Prati (e dei suoi familiari) nel cimitero di Caldonazzo.
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Nel documento redatto in italiano e spagnolo si afferma di voler iniziare un percorso di avvicinamento tra le due comunità , che avrà come scopi fondamentali la conoscenza, l’incontro e la collaborazione tra le persone; lo scambio di esperienze e strategie; la valorizzazione delle opere d’arte di Edmundo e Eriberto Prati; la realizzazione di progetti comuni, basati sul rispetto reciproco di tradizioni, usanze e diversità culturali e sociali; il rafforzamento dei legami, per un arricchimento reciproco; diffondere i valori della pace e della solidarietà . Nel documento si precisa che l’Associazione Trentini nel Mondo, promotrice di questo patto di amicizia, si impegna ad operare, in collaborazione con i soggetti coinvolti, per il raggiungimento degli obiettivi citati. Il Patto è stato sottoscritto il 2 novembre a Salto, durante una trasferta alla quale hanno preso parte una delegazione del Comune di Caldonazzo, il Coro La Tor e il vicepresidente della Trentini nel mondo, Cesare Ciola. Nelle pagine che seguono, il racconto di quanto successo e le impressioni del sindaco di Caldonazzo, Giorgio Schmidt, e dei componenti del Coro La Tor.
Foto Cesare Ciola
Come riferito nel precedente numero del giornale, le amministrazioni comunali di Caldonazzo (Trentino) ruguay) (U eS Salto (Urulto Sa o) e ]LDª GL DPLFL zo (Trentin Caldonaz DQFR LQ XQ ŠSDWWR gu guay) hanno ÀDQFR D À so sottoscritto un patto di amicizia c il quale con si impegnano ad affrontare un percorso di approfondimento della conoscenza reciproca ed al consolidamento dei legami affettivi, culturali e sociali fra le due comunità . Il patto di amicizia è stato firmato nella sede del municipio della città uruguayana mercoledÏ 2 novembre scorso dal sindaco di Caldonazzo, Giorgio Schmidt, dal sindaco di Salto, Andres Lima e dal vice presidente dell’Associazione Trentini nel mondo, Cesare Ciola, alla presenza dell’Ambasciatore italiano in Uruguay, Gianni Piccato. Salto è la città nella quale ha sede il Museo escultorico Edmundo Prati, che porta il nome di un artista di origini trentine, nato nel 1889 e scomparso nel 1970, autore di alcune delle piÚ belle e famose sculture presenti in Uruguay.
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PATTO DI AMICIZIA PER LA DELEGAZIONE TRENTINA È STATA UNA TRASFERTA DI DIECI GIORNI CHE DEFINIRE INTENSI PUÒ APPARIRE RIDUTTIVO
Tre tappe in Uruguay e una in Argentina accolti dalle autorità e dai Circoli trentini Definire intensi i dieci giorni di trasferta in Uruguay e Argentina del Coro La Tor e della delegazione del Comune di Caldonazzo, accompagnati dalla Trentini nel Mondo, può apparire riduttivo. Partiti nel pomeriggio di venerdì 28 ottobre, con il folto gruppo – 45 persone – siamo arrivati a Montevideo in Uruguay 27 ore dopo, a metà pomeriggio di sabato 29 ottobre. Alle ore 18 ci aspettava la Santa Messa in ricordo dei caduti di tutte le guerre, organizzata dalla nostra Ambasciata davanti al monumento antistante l’ospedale italiano ed accompagnata dal Coro La Tor. Terminata la cerimonia, via verso il Circolo Trentino, per il primo concerto, apprezzato da tanti trentini tra cui anche caldonazzesi come i discendenti di Edmondo e Eriberto Prati e Ines Ciola, figlia di Edoardo, il primo presidente del Circolo. In una serata bellissima abbiamo chiuso i festeggiamenti per il 70° anniversario di questo bel sodalizio, ora presieduto da Sergio Sartori. Abbiamo invece dedicato alla cultura la giornata di domenica 30 ottobre, visitando Montevideo per vedere le tante opere di Edmondo Prati sparse per la capitale. Lunedì 31 ottobre rapida visita al Palazzo Legislativo, con i bassorilievi e le statue di Edmondo Prati che decorano il Salone dei Passi Perduti, prima di partire per il lungo viaggio (500 chilometri di pullman) che ci ha portato nella città di Salto. Fu in questa città, all’estremo nord/ovest del paese, che – dopo la nascita nella vicina Paisandù e
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All’arrivo a Montevideo sono seguiti i trasferimenti a Salto e Colonia del Sacramanento e poi a La Plata
Qui sopra, il benvenuto del presidente del Circolo trentino di Montevideo, Sergio Sartori (terzo da destra) e del Coordinatore dei Circoli trentini dell’Uruguay, Jorge Zas (primo a destra). In alto, il Coro La Tor durante la sua esibizione presso il Circolo di Montevideo. In basso, la foto ricordo scattata a La Plata.
gli studi a Caldonazzo e Trento – vissero ed operarono i due artisti gemelli Edmondo e Eriberto Prati, consentendoci così la sottoscrizione del Patto di Amicizia tra questa città e Caldonazzo. Un particolare grazie per aver reso possibile questo lo devo al nostro Padre Pedro Wolcan ed al Vescovo monsignor Pablo Jaime Galimberti di Vietri, con i quali a maggio abbiamo cominciato a programmare l’evento con l’Intendente Andres Lima. La grande giornata della firma
doveva essere martedì 1 novembre, ma una abbondante precipitazione (150 millimetri di acqua in sei ore) ha fatto decretare lo stato di massima allerta in tutta la regione, sospendendo tutti gli eventi pubblici e chiudendo scuole ed uffici. Non ci siamo spaventati e nel tardo pomeriggio, complice un leggero miglioramento delle condizioni meteo, abbiamo visitato il bellissimo Teatro Larrañaga (splendida struttura in legno con capienza 850 posti in attività dal
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1882, con acustica perfetta), prima del concerto nella sala della Sociedad Italiana de Salto (fondata nel 1875), sotto un soffitto dipinto da Eriberto Prati. Mercoledì 2 novembre è tornato il sole e così in mattinata ha potuto concretizzarsi la firma del Patto nella bella cornice del Palacio Cordoba, alla presenza dell’ambasciatore italiano a Montevideo, Gianni Piccato. Ancor prima di mezzogiorno di nuovo in pullman, per trasferirci – attraversando tutto l’ovest dell’Uruguay per 450 chilometri – a Colonia del Sacramento, splendida città Patrimonio UNESCO. Ad attenderci c’erano la Presidente del Circolo Trentino Maria Bernardi, Padre Pedro Wolcan ed il Coro del Circolo di Carmelo, che in serata si è esibito assieme al Coro La Tor nella Basilica del Santissimo Sacramento. La serata è proseguita assieme alle rappresentanze dei Circoli con la cena all’Hotel El Mirador, con canti fino all’una e mezza della notte accompagnati dagli ottimi vini e dalle grappe della Cantina Bernardi. Giovedì 3 novembre traversata con il Buquebus verso l’Argentina, per una rapida visita alla capitale Buenos Aires prima di trasferirci a La Plata. Qui, dopo un incontro ufficiale con il Secretario General della Municipalidad de La Plata Javier Mor Roig, il Secretario de deportes Julio E. Irurueta ed il Console Generale d’Italia Iacopo Foti, il Coro La Tor si è esibito nella splendida cornice del Salon Dorado del Municipio, chiudendo poi con la cena al Circolo Trentino – presieduto da Rosa Elda Maino - i festeggiamenti per l’80° di fondazione. Venerdì 4 novembre è stata l’unica giornata di riposo, con visita alla capitale argentina e al delta del Paranà, con serata alla scuola di tango. Sabato 5 novembre tutti in aeroporto per il rientro via San Paolo, per arrivare a Caldonazzo nella serata di domenica 6 novembre, già pensando alla prossima trasferta. Cesare Ciola
PATTO DI AMICIZIA ALCUNE RIFLESSIONI DEL SINDACO DI CALDONAZZO, GIORGIO SCHMIDT, DOPO LA TRASFERTA A SALTO IN URUGUAY
Con la firma del «Patto di amicizia» piantato un seme che va coltivato
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rano anni che aspettavo l’occasione giusta per fare questo viaggio sulle orme dei Prati. Tanti sono stati i discendenti degli emigranti trentini e di Caldonazzo che sono venuti a vedere i luoghi dei loro antenati e con l’occasione hanno fatto un saluto in Comune. Tutti hanno parlato di un rapporto molto intenso tra noi e l’Uruguay. E così finalmente abbiamo compiuto il grande passo. Ecco alcune riflessioni subito dopo il rientro. Siamo due realtà molto diverse, per dimensioni territoriali, numero di abitanti, stili di vita e abitudini sociali e culturali. Ciò è normale per due realtà che hanno una storia molto differente e vivono in due Continenti molto lontani. Nelle lunghe ore di autobus che si impiegano a percorrere i 500 chilometri di distanza tra la capitale Montevideo e Salto, guardavo ammirato le immense pianure e le praterie con le mucche al pascolo fino a perdita d’occhio e mi sembravano un mare verde senza fine. Che meraviglia pensavo!! Osservavo qua e là qualche fattoria perduta nel verde e notavo la quasi assenza di traffico sulla strada che correva diritta senza fine davanti
Non ci sono parole per descrivere le intense emozioni provate nel conversare con i nostri connazionali, nel vedere il loro attaccamento all’Italia ed al Trentino, nel notare la loro attenzione nell’ascoltare le canzoni, nel capire quanto sono importanti le radici
In alto la firma del «Patto di amicizia» e la stretta di mano fra i due sindaci: Andres Lima e Giorgio Schmidt (con la fascia tricolore). Qui sopra, la piazza di Salto.
a noi, incontravamo solo qualche camion carico di mucche pronte per il macello. Vuoi mettere le nostre strade piene di traffico, non c’è paragone! Ore ed ore senza incontrare un distributore di carburante, un paese, un albergo, nulla. Eppure qualcuno vivrà anche qui, pensa-
vo. Certo che il territorio è molto diverso dal nostro Trentino. Le nostre montagne, le vallate, i paesini, piccoli e attaccati una all’altro, punti di ristoro, alberghi, ecc. Ma se ci capitasse di avere un guasto, oppure un incidente o di aver bisogno di un medico, come faremo? Beh mi son detto, non
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c’è problema, chiamo aiuto con il cellulare. Lo prendo, lo accendo e vedo che non c’è campo. In questo tratto siamo isolati. Lo sviluppo economico e sociale ha necessità prima di tutto di una rete infrastrutturale efficiente e veloce: porti, aeroporti, autostrade e ferrovie, approvvigionamenti energetici, reti informatiche costituiscono le basi per un progresso che è sia economico che sociale e culturale delle popolazioni. Arrivati a Salto mi sorprende positivamente la città ordinata, pulita, con ampie piazze e parchi. Piena di verde, circondata da molti agrumeti, adagiata sull’imponente Rio Uruguay, che in quei giorni minacciava di esondare per le forti piogge ed in alcuni tratti aveva già invaso le rive. Scesi dall’autobus nella piazza principale dove si trovano gli edifici più importanti della vita sociale, politica e culturale della città, ci troviamo sotto alla maestosa statua in bronzo dedicata al Generale Artigas, eroe nazionale uruguayano che ebbe un ruolo fondamentale nelle lotte indipendentiste, che a cavallo di un potente destriero indica la via CONTINUA A PAG. 6
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PATTO DI AMICIZIA
CONTINUA DA PAG. 5 della resistenza al popolo. Tale monumento è stato realizzato da Edmundo Prati. Accompagnati dal nipote Edmundo Rodriguez Prati, architetto, che vive a Salto, entriamo nella vicina Cattedrale di San Giovanni Battista con il Palazzo Episcopale e vi troviamo numerosissime sculture e bassorilievi di Edmondo Prati ed affreschi del gemello Eriberto Prati. Più tardi in fondo alla piazza visitiamo il Museo dedicato ad Edmundo Prati contenente numerosissime opere e calchi in gesso dello scultore. A poco a poco realizzo che qui tutto parla dei Prati anche lo stemma del Municipio di Salto fù ideato e realizzato dal pittore Eriberto Prati. Più visitiamo e parliamo con le persone di Salto e più prendo coscienza che c’è un filo che unisce le nostre due Comunità grazie ai legami storici ed alle opere dei gemelli Prati e la curiosità di conoscere, scambiare esperienze e collaborazioni è un’opportunità unica che va colta al volo. Molti potrebbero essere i campi nei quali potremmo attivare delle
Salto: due monumenti (a fianco un dettaglio di quello a destra nella foto qui sopra) entrambi opera di Edmundo Prati (foto di Cesare Ciola).
collaborazioni, penso a progetti nel settore del turismo, a progetti in campo agricolo, nella ricerca storica, in ambito culturale, della cooperazione, nel microcredito, ecc. Alla sera poi, incontriamo i numerosissimi oriundi italiani e trentini, i parenti dei Prati, arrivati ad assistere al concerto del Coro La Tor, inizialmente previsto presso il bellissimo Teatro Larrañaga, poi spostato presso la sala della Società italiana. È questo uno dei momenti più belli ed emozionanti del viaggio. Non ci
sono parole per descrivere le intense emozioni provate nel conversare con i nostri connazionali,
nel vedere il loro attaccamento all’Italia ed al Trentino, nel notare la loro attenzione nell’ascoltare le canzoni di montagna, nel capire quanto sono importanti le radici e quanto grande sono la nostalgia e la malinconia per le loro origini lontane. Le profonde suggestioni che ho provato meritano da sole uno slancio verso queste genti perché è vero forse che abbiamo qualche esperienza da condividere, ma abbiamo anche molto da imparare, per esempio nelle relazioni umane. Come dice sempre anche Papa Francesco, “oggi più che mai è necessario costruire ponti e non innalzare muri”. Come ho avuto modo di dire in qualche occasione, la firma del Patto di Amicizia è come aver piantato un seme. Se verrà coltivato, annaffiato, curato da entrambe le Comunità allora crescerà una pianta molto forte e porterà molti frutti. È un impegno condiviso dalle due Comunità che potrà portare a legami ancora più forti e duraturi e portare ad un futuro gemellaggio o, nel peggiore dei casi, rimanere sepolto dalla polvere in qualche armadio. Giorgio Schmidt
È stato un lavoro di squadra, grazie a tutti A nome del Comune di Caldonazzo e mio personale esprimo un grazie particolare a tutte le persone ed istituzioni che si sono impegnate per organizzare nei minimi dettagli questa trasferta. E’ stato un lavoro di squadra, ognuno ha messo le proprie competenze al servizio di tutti ed anche questo è molto bello. Cesare Ciola e l’Associazione Trentini nel mondo, che hanno attivato la splendida rete dei Circoli Trentini in Uruguay e Argentina, con un’accoglienza incredibile. Il Coro La Tor, che con passione e bravura ha cantato in ogni occasione, ufficiale e non, portando il calore delle genti di montagna e commovendo per l’intensità delle prestazioni. Il Comune di Caldonazzo e gli amministratori presenti, che hanno curato i 10 - 2016
rapporti istituzionali. L’ambasciatore italiano a Montevideo,
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Gianni Piccato, che ha voluto essere presente in alcune occasioni e da buon piemontese, ex alpino, ha apprezzato molto l’atmosfera di amicizia che si è creata. I parenti dei Prati, in particolare Blanca Prati figlia di Mirko Prati, che ha radunato i discendenti della famiglia di artisti ed ha fatto da interprete. I Coordinatori dei Circoli Trentini di Uruguay e Argentina, Jorge Zas e Carlos Trentin, i Presidenti ed i direttivi dei Circoli Trentini di Montevideo, Carmelo, Colonia del Sacramento, Buenos Aires e La Plata, i Consultori della Provincia Autonoma di Trento per l’Uruguay (Laura Vera Righi) e Argentina (Mariano Roca), che hanno dedicato molto tempo ed energie affinchè tutto fosse perfetto. Grazie a tutti !! Giorgio Schmidt
PATTO DI AMICIZIA PER IL CORO «LA TOR» È STATO UN IMPEGNO FATICOSO MA RIPAGATO DAL CALORE E DALL’AFFETTO DEL PUBBLICO
Luoghi, persone, emozioni e accoglienza sono diventati ricordi indelebili per tutti Quando al Coro La Tor è stata presentata la proposta di affrontare una trasferta in Uruguay e Argentina, sull’onda dell’entusiasmo di una precedente esperienza in Brasile, non si è fatta attendere una positiva adesione da parte di tutti i coristi. I motivi che maggiormente hanno spinto la direzione a mettersi al lavoro per realizzare questo progetto, con il supporto dell’associazione Trentini nel Mondo e l’amministrazione comunale di Caldonazzo cui va il nostro ringraziamento, sono stati l’incontro con i discendenti di emigrati trentini e la partecipazione ufficiale alla firma del Patto d’Amicizia tra il Comune di Caldonazzo e la città di Salto, in Uruguay, famosa per la presenza di numerose opere degli artisti Caldonazzesi Edmondo ed Eriberto Prati. Sono stati dieci giorni impegnativi in cui il Coro si è esibito in diversi concerti, ha dovuto macinare numerosi chilometri per raggiungere e incontrare Circoli e comunità e, sicuramente, dormito meno del solito. Le fatiche del viaggio sono comunque state ripagate abbondantemente dalle emozioni che il coro ha vissuto nei vari appuntamenti. L’incontro con i Circoli Trentini, con le comunità, le singole persone, si sono rivelati essere il più grande appagamento per il nostro lavoro; intravvedere tra
«Ci si rende conto che mantenere viva la tradizione canora del Trentino è anche un impegno e un dovere nei confronti di tutte le persone che, ascoltandoci, anno potuto sentirsi un po’ più vicini alle loro origini e alla loro “casa”»
il pubblico occhi commossi nel riascoltare le canzoni insegnate dai genitori o dai nonni, sentire cantare le canzoni più note della tradizione trentina da tutta la
platea non ha eguali in emozione e soddisfazione per un coro amatoriale. Commuove pensare all’amore che lega queste persone alla terra
dalla quale sono partiti i loro genitori e i loro nonni e nella quale non hanno più potuto fare ritorno e che spesso noi, purtroppo, non rispettiamo o della quale ci lamentiamo. Lacrime, emozioni, accoglienza, persone e luoghi che porteremo sempre con noi. La trasferta è stata inoltre occasione di aggregazione e confronto tra i membri del coro, gli accompagnatori e le autorità al seguito che ha portato a consolidare i legami personali e a dare forza a un gruppo affiatato che, da sempre, ha fatto dell’unità il suo punto di forza. Nel salutarci, prima di ripartire, la raccomandazione comune che c’era rivolta, era: «Non dimenticatevi di noi, parlate ai trentini di altri trentini che sono nel mondo che non dimenticano il Trentino, la loro terra!» Di fronte a tale amore e orgoglio per le proprie radici e per la propria storia ci si rende conto che ciò che il coro cerca di fare, mantenendo viva la tradizione canora di questa terra, non è altro che un impegno e un dovere nei confronti di tutte le persone che, ascoltandoci, hanno potuto sentirsi un po’ più vicini alle loro origini e alla loro “casa”. Con questi sentimenti il Coro “La Tor” ha affrontato questo impegnativo viaggio e con la consapevolezza che ovunque si vada, il linguaggio della musica unisce tutti e in tutto il mondo ci si sente un po’ a casa!
A centro pagina, l’esibizione a Colonia del Sacramento (Uruguay). Qui sopra, il Coro La Tor nella piazza di La Plata (Argentina): alle loro spalle il municipio. A destra, la cattedrale di La Plata. Le foto da pagina 3 a pagina 7 (eccetto dove diversamente indicato) sono di Daniele Costa e Maurizio Zangrandi.
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EVENTI
I numeri e le indicazioni del «Rapporto sulla protezione internazionale in Italia»
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livello mondiale, nel 2015, circa 34mila persone al giorno sono state costrette a fuggire dalle loro case per l’acuirsi di conflitti e situazioni di crisi, ovvero una media di 24 persone al minuto: si sono così contati, nel 2015, oltre 65 milioni migranti forzati nel mondo, di cui 21,3 milioni di rifugiati, 40,8 milioni di sfollati interni e 3,2 milioni di richiedenti asilo. Si trovano in regioni in via di sviluppo i Paesi che accolgono il maggior numero di rifugiati a livello mondiale. La Turchia si conferma il Paese che ospita il maggior numero di rifugiati con 2,5 milioni di persone accolte, rispetto agli 1,6 milioni dello scorso anno. In Europa, nel 2015, sono state presentate 1.393.350 domande di protezione internazionale: un valore più che raddoppiato rispetto all’anno precedente. La Germania, con 476.620 domande presentate (pari al 36% delle istanze in Unione Europea) si conferma il primo paese per richieste di protezione internazionale, seguita da Ungheria, Svezia, Austria e Italia. Questi primi cinque paesi raccolgono il
Cos’è e come funziona lo «SPRAR» 10 - 2016
UNHCR/Alessandro Penso
74,8% delle domande presentate nell’Unione Europea. Alla fine di ottobre 2016 si contano 4.899 persone che hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa, di queste 3.654 nel Mar Mediterraneo. Sempre alla fine di ottobre 2016, sono arrivate in Italia 159.432 persone (+13% rispetto all’anno precedente), fra cui 19.429 mi-
nori non accompagnati (12,1%); alla stessa data in Italia 171.938 persone accolte in diverse strutture di accoglienza (CARA, CDA, CPSA, CAS, SPRAR). Questo in estrema sintesi il quadro generale che ci restituisce il terzo Rapporto sulla protezione internazionale in Italia presentato a Roma presso la sede di Anci e realizzato da ANCI, Caritas
Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) è costituito dalla rete degli enti locali che per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. A livello territoriale gli enti locali, con il prezioso supporto delle realtà del terzo settore, garantiscono
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Italiana, Cittalia, Fondazione Migrantes e dal Servizio Centrale dello SPRAR, in collaborazione con UNHCR. «Il sostegno ai Comuni che accolgono e, attraverso di loro, alle persone in fuga da guerre e violazioni dei diritti umani caratterizza l’impegno di Anci che, attraverso la rete dello Sprar, punta all’accoglienza diffusa e sostenibile sul territorio, soprattutto grazie alla collaborazione e al pieno coinvolgimento degli attori locali» ha dichiarato il segretario generale dell’Anci Veronica Nicotra in apertura dei lavori. «Il nostro obiettivo è concorrere ad organizzare un sistema di accoglienza ed integrazione stabile che superi la gestione emergenziale e dia risposte al disagio di molte comunità, eliminando gli addensamenti
interventi di “accoglienza integrata» che superano la sola distribuzione di vitto e alloggio, prevedendo in modo complementare anche misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento, attraverso la costruzione di percorsi individuali di inserimento socio-economico. Per ulteriori informazioni: www.sprar.it
EVENTI
e assicurando controllo». «In questa direzione – ha proseguito Nicotra - per supportare i Comuni che volontariamente scelgono di aderire alla rete abbiamo proposto, tra gli emendamenti alla Legge di bilancio, la possibilità di non calcolare le spese per il personale impegnato nei progetti Sprar ai fini della valutazione dei tetti di spesa e di assunzioni di personale. Voglio ricordare anche il superamento del limite dei 45 euro al giorno per i progetti SPRAR a favore dei MSNA (Minori Stranieri Non Accompagnati). Si tratta di un altro tassello importante che speriamo possa permettere di estendere la rete a beneficio di tutti». Mons. Giancarlo Perego, Direttore Generale della Fondazione Migrantes, ha presentato i dati del Rapporto sulla protezione internazionale 2016, evidenziando numeri e aspetti nuovi delle migrazioni forzate a livello nazionale, europeo, internazionale. Commentando i dati ha sottolineato come purtroppo sia evidente la crescita del numero
È sempre più urgente l’attuazione un sistema di accoglienza organizzato, sostenibile e radicato sul territorio, per rispondere in modo efficace alla crescita della domanda di protezione delle accoglienze in strutture precarie e straordinarie (oltre il 300% in tre anni), mentre il numero delle persone richiedenti asilo e rifugiati negli SPRAR è aumentata solo del 20%: dati che chiedono di continuare un impegno di accoglienza diffusa e organica sul territorio nazionale, a tutela di un diritto fondamentale, quale è l’asilo. Anche la situazione dei minori non accompagnati, quasi raddoppiati nel 2016 rispetto al 2015 – ha proseguito Mons. Perego - vede ancora un’accoglienza in strutture straordinarie (12.000 su 14.000), inoltre concentrata sia nelle strutture straordinarie che negli SPRAR per i minori soprattutto in Sicilia (ad esempio, 10 volte più che in Veneto e 5 volte più che in Lombardia) e in Calabria, con la crescita
anche del numero degli irreperibili (almeno 8.000 nel 2016): un tema che chiede urgentemente l’approvazione definitiva e l’entrata in vigore della legge ZampaPollastrini. «I numeri presentati oggi - ha sottolineato il delegato Anci all’immigrazione Matteo Biffoni – evidenziano quanto sia sempre più urgente l’attuazione un sistema di accoglienza organizzato, sostenibile e radicato sul territorio, per rispondere in modo efficace e proporzionato alla crescita della domanda di protezione internazionale nel nostro Paese» «Per questo il lavoro dell’Anci – ha proseguito Biffoni - va nella direzione del rafforzamento e dell’aumento del numero dei Comuni che aderiscono allo Sprar, l’unico sistema che garantisce una gestione pienamente traspa-
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rente delle misure di accoglienza, una diffusione delle strutture che rispetti criteri di proporzionalità con la popolazione residente, e la costruzione di percorsi di condivisione con la cittadinanza e il mondo del terzo settore qualificato, tutti elementi imprescindibili per vincere la partita dell’accoglienza. Per i Comuni questo richiede uno sforzo che facciamo convinti che l’Europa debba però svolgere la propria parte e in attesa che la cooperazione internazionale porti i suoi frutti nei Paesi di partenza dei richiedenti asilo». «L’impegno dell’Anci – ha concluso Biffoni - ha permesso di fare un importante passo in avanti in questo senso con due atti concreti: l’attivazione della clausola di salvaguardia, inserita nella direttiva ministeriale dello scorso ottobre, che rende esenti i Comuni della rete Sprar, o che intendano aderirvi, dall’attivazione di ulteriori forme di accoglienza e il Piano di ripartizione nazionale, che ci auguriamo possa vedere la luce entro la fine dell’anno». Uff. St. Fondazione Migrantes
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ATTUALITÀ UNA RIFLESSIONE A SEGUITO DELLA MORTE DI UNA GIOVANE PROFUGA AFRICANA LUNGO LA FERROVIA DEL BRENNERO
Un’ingiustizia palese e inaccettabile
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ro sul treno che la sera di mercoledì 16 novembre, partito puntuale alle 21.50 da Verona con destinazione Bolzano, dopo la fermata a Domegliara non ha più ripreso il suo viaggio. L’altoparlante ha diffuso nei vagoni l’annuncio che c’era stato un investimento nella tratta fra Domegliara ed Ala e che non era possibile prevedere quando il treno sarebbe ripartito. Ci vorranno almeno due ore, ha informato poco dopo la capotreno: il tempo minimo per consentire a soccorritori e magistrato di svolgere i compiti previsti in questi tragici eventi. Tutti hanno inteso che c’era stato un suicidio. Un’ipotesi più che plausibile, considerato che il Trentino Alto Adige è ai primi posti a livello nazionale nella statistica dei suicidi. Al pensiero che quell’inattesa interruzione del viaggio verso casa dipendesse dal gesto estremo di qualcuno che aveva voluto farla finita, i passeggeri hanno reagito con pacatezza, senza segni di insofferenza, perché è la compassione il primo sentimento che si prova per chi non ha più né la forza né la speranza per immaginare per sé stesso un futuro. Ma a perdere la vita, in quella tragica notte, come reso noto due giorni dopo da un giornale, era stato invece qualcuno che di speranza nel futuro ne aveva da vendere e che a tutto pensava fuorché a togliersi la vita. Era una giovane donna africana, una profuga. Stava camminando a fianco delle rotaie e non si è buttata sotto il treno: probabilmente è stata colpita da un predellino e scaraventata sulla scarpata. La notizia ha avuto l’effetto di un pugno nello stomaco. Cosa c’è di più doloroso, di più ingiusto, che perdere la vita in un paese straniero, di notte, all’aperto, da soli? Senza un documento in tasca che possa far conoscere con certezza il nome, l’età, la provenienza di quella persona esanime, straziata dal vagone di un treno, senza nessuno che possa spiegare perché stesse camminando sulla massicciata. Da dove veniva? Cosa e chi si era lasciata alle spalle? Quali pensieri aveva in testa? Dove voleva dirigersi? I passeggeri di 10 - 2016
Il 25, 26 e 27 novembre si è svolto a Modena il «Festival della migrazione 2016», con convegni, dibattiti, laboratori, spettacoli e mostre. Il tema scelto per questa prima edizione del Festival, promosso da Fondazione Migrantes, Associazione Porta Aperta Onlus, Dipartimento di Giurisprudenza di Unimore e IntegriaMo, era «Diritto al viaggio: noi e loro».
quel treno bloccato alla stazione di Domegliara sono arrivati a casa loro con qualche ora di ritardo.
Lei non rivedrà mai più la sua e non potrà averne un’altra, come di certo aveva sognato. Cosa c’è di più straziante e insensato che morire senL’IMPERATIVO za poterlo far sapere ai propri cari? DELL’ACCOGLIENZA Aveva attraversaDI FRANCO ASTE to deserto e Mediterraneo, con tanta Uomini umiliati voglia di costruirsi da percorsi di miseria, una vita dignitosa, per morire a Bormartoriati nella carne ghetto, dove una e nello spirito volta correva un da lotte perdute nelle povertà, confine, dove esisteva un di qua e vengono a dirci lo scandalo un di là. Un luogo delle nostre fortune, simbolico, perché sono sempre più ad invitarci al risveglio numerosi e convinti delle nostre coscienze coloro che pensano atrofizzate, che una barriera sia la risposta giusta a proporci di abbattere per arginare il flusso dei migranti del il cinismo del nostro egoismo, giorno d’oggi. La morte della sconoa lasciarci coinvolgere sciuta profuga li dalle provocazioni di San Francesco smentisce. all’entusiasmo della solidarietà. Il loro arrivo non può essere fermada «Oltre la Poesia», Editrice Veneta, Vicenza 2016 to da muri o filo spinato. Perché la
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disperazione che hanno vissuto nei luoghi da cui provengono li ha dotati di un incredibile coraggio, di un’inesauribile speranza, di un’incrollabile fiducia in un domani migliore, di una umanissima voglia di riscatto, che dà loro la forza di camminare anche se è notte, anche se non sanno dove sono. La loro meta è un luogo dove sperano ci siano le condizioni per tornare a sentirsi esseri umani, per far parte di una società nella quale essere liberi e vivere in pace; un posto dove una persona può realizzare se stessa e ambire ad avere un lavoro, una casa, dove poter studiare, dove la salute è tutelata, insieme agli altri diritti fondamentali. Per noi, che viviamo in una società così, viaggiare è un piacere, uno svago, un’occasione di lavoro, un’opportunità per crescere: e ci si vanta di quanti timbri si hanno sul passaporto. Per la sconosciuta profuga di Borghetto viaggiare è stato sinonimo di fatica, sofferenza, distacco, solitudine, paura, abbandono. La sua silenziosa morte ha la forza di un urlo, è uno straziante appello a prendere coscienza di questa odiosa disparità. Se c’è chi può permettersi di spostarsi seduto su un vagone e chi, nello stesso momento, deve farlo camminando di nascosto a lato delle rotaie, siamo di fronte a un’ingiustizia: palese e inaccettabile. Maurizio Tomasi
ATTUALITÀ L’ULTIMA RICERCA DELLA «MNEMOTECA DEL BASSO SARCA» È DEDICATA A UN FENOMENO ATTUALE DI GRANDE RILEVANZA
«Nuove migrazioni», dodici giovani trentini raccontano le loro esperienze all’estero Il 18 novembre è stato presentato ad Arco il risultato di una recente ricerca condotta dalla «Mnemoteca del Basso Sarca», che ha portato alla realizzazione di un libro (di settanta pagine del quale sono autrici Tiziana Calzà e Laura Robustelli) e di un DVD (della durata di trenta minuti, con la regia di Francesco Bontadi), entrambi con
lo stesso titolo: «Nuove migrazioni. Giovani trentini e mobilità transnazionale». Sono dodici i giovani intervistati, che vivono e lavorano in otto diversi paesi: Germania, Gran Bretagna, Cuba, Spagna, Austria, Cambogia, Stati Uniti, Belgio. Su questa pagina proponiamo un estratto dell’introduzione al libro a firma delle due
autrici, nella quale illustrano in sintesi criteri e principali risultati della ricerca. Per la nostra rubrica «Giovani oltreconfine» (alle pagine 12-13) ospitiamo in questo numero una testimonianza tratta dal libro. Chi fosse interessato a libro e DVD, può prendere contatto via e-mail con la Mnemoteca: info@mnemoteca-bs.it
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ra il 2009 e il 2010 stavamo lavorando a “Vivere altrove”, una raccolta di storie di emigrazione da e verso il nostro territorio dagli anni quaranta ai nostri giorni: testimonianze di un vicino passato, quando a emigrare eravamo noi, affiancate a quelle dei nuovi abitanti della nostra zona provenienti da tutto il mondo. In quell’occasione pensammo che era in corso ormai un nuovo tipo di migrazione, che ci coinvolgeva molto da vicino e che meritava di essere indagato. Avevamo infatti due figlie di età diverse le quali, dopo aver conseguito dottorato e master fuori dall’Italia, avevano scelto di rimanere nel paese ospitante. Nell’estate del 2015 realizzammo le interviste. Approfittavamo del fatto che, nel mese di agosto, tutti i ragazzi, i nostri “uccelli migratori”, rientravano ad Arco e a Riva per le vacanze. Il “reclutamento” è avvenuto secondo le modalità a noi consuete: amici e compagni di scuola delle nostre figlie, ex alunni dei quali avevamo seguito le vicende, segnalazioni, passaparola: non abbiamo pretese scientifiche, piuttosto ci muoveva il desiderio di dare voce ai giovani del nostro territorio. Avevamo stilato un elenco dei temi che ci interessava trattare, ma non c’è stato quasi mai bisogno di farli presenti, perché tutte le narrazioni li hanno affrontati spontaneamente, e ognuna aggiungeva elementi, chiariva, approfondiva. Tutti gli intervistati concordano nell’affermare che uscire dall’Italia espande gli orizzonti, arricchisce con esperienze positive, offre opportunità imperdibili: bisognerebbe però essere messi nelle condizioni di poter scegliere se tornare o meno, e più d’uno dei nostri ragazzi non escluderebbe
Uno scorcio della Sala Consiliare del Casinò di Arco durante la presentazione del docufilm e del libro. In basso, una mappa sulla quale sono indicati i paesi nei quali vivono e lavorano i giovani intervistati per il libro e il DVD.
di voler tornare, se messo nelle condizioni di poterlo fare. La nostalgia dell’emigrante non è particolarmente presente in questi cittadini del mondo. Tutti portano con sé le proprie radici, amano moltissimo il loro luogo di origine, in questo caso il “microcosmo della Busa”, ritenuto un posto unico per le sue bellezze naturali, per il clima, la qualità della vita, gli affetti familiari, le amicizie, il buon cibo e la facilità nelle relazioni interpersonali, ma non si raccontano con vittimismo. Alcuni hanno sposato persone di altre nazionalità, aspettano o già hanno figli nel nuovo paese e sentono questa multi-nazionalità come un arricchimento e non una limitazione. Vivere altrove non è facile: manca l’aiuto dei genitori, la rete di amici e parenti, c’è una com-
petitività molto alta, un ritmo di lavoro più sostenuto. Nei diversi paesi i giovani non creano associazioni di connazionali, come gli emigrati d’un tempo, anche se mantengono intensi rapporti
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virtuali con l’Italia e con gli amici come loro espatriati. La formazione qualificata conseguita nelle università pubbliche italiane è di alto livello. Ha il difetto, è vero, di essere sganciata dal mondo produttivo, ma fornisce una preparazione vasta e non settoriale come è invece quella dei paesi anglosassoni; questa preparazione è apprezzata all’estero, perché consente una metodologia di ricerca ben strutturata e una visione “umanistica”. Nei paesi anglosassoni, per contro, c’è un maggiore pragmatismo, maggiore autonomia, più dinamismo. Alcuni tornerebbero, ma la situazione immobile e chiusa delle Università italiane e del mondo del lavoro non consente loro di farlo; altri invece proprio non prevedono un rientro, ormai abituati a condizioni di lavoro più favorevoli, basate sul merito e non soggette a una gavetta lunghissima sotto “protezione” di qualche professore. Le università italiane, infatti, non incoraggiano i dottorandi a pubblicare a loro nome su riviste internazionali e non insegnano a fare ricerca in modo originale. Anche chi lavora nelle ditte multinazionali apprezza il fatto che, nel mondo del lavoro europeo o extraeuropeo, ci sia più fluidità: l’età e le differenze di nazionalità vengono considerate ininfluenti, conta solo il proprio curriculum e la capacità di apprendere e mettersi in gioco. La selezione e il progredire della carriera sono infatti basati sul merito e sulla trasparenza, le offerte di lavoro numerose e meglio pubblicizzate. I giovani espatriati sentono forte l’identità europea ed è strano che ciò accada in un momento in cui il concetto di Unione Europea è in crisi profonda. 10 - 2016
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i chiamo Amedeo Policante, nato a Riva del Garda nel 1983 da genitori rivani e vissuto a Riva fino ai diciott’anni. Per l’università ho scelto Bologna, dove ho studiato Scienze Politiche. Il terzo anno di università mi sono trasferito a San Francisco, con una borsa di studio dell’università di Berkeley. Il mio anno americano è stato molto formativo, a livello personale più che professionale. L’esperienza mi ha lasciato molto, a livello di voglia di viaggiare, di conoscere persone nuove, realtà diverse e, in generale, una grande positività verso il mondo. Dopo San Francisco ho fatto qualche viaggio, sono stato in Messico, poi sono tornato a Bologna, un po’ come quando, arrivato a casa, ti fermi per qualche minuto davanti alla porta prima di bussare, infine sono tornato a Riva. È stato interessante per me scoprire che, pur essendo stato molto bene negli Stati Uniti - dove vivevo in un collettivo di cinquanta studenti in autogestione di una casa dell’università - forse ancora più bello è stato tornare. Il tornare per me è sempre stato uno degli aspetti più belli dell’andare. Riscopri così delle cose che altrimenti daresti per scontate. UN’ESPERIENZA INTERESSANTE
Tornato in Italia, tra Riva e Bologna ho finito la triennale, con una tesi che è stata pubblicata in un libro intitolato «I nuovi
«Come gli uccelli mig anch’io, più che una c
mercenari» uscito per «Ombre corte». Il libro è nato da un articolo che avevo scritto per il Manifesto ed era un’inchiesta sull’industria della sicurezza in Italia, sull’ossessione securitaria che stiamo vivendo negli ultimi dieci, quindici anni. Lavorando al libro avevo stabilito dei contatti con la London School of Economics di Londra: mi hanno offerto una borsa di studio per fare un master lì e sono andato un anno in scambio. Anche quella per me è stata una bellissima esperienza. Avevo già in programma di tornare per finire la specialistica, mi sono laureato e nel frattempo
mi hanno proposto un dottorato presso un’altra università londinese, il Goldsmith College, specializzato in discipline umanistiche – Storia, Sociologia, Storia della cultura popolare – collegate alla Storia dell’arte, insomma un college dell’Università di Londra dedicato all’Arte. Mi sono iscritto a un dottorato in Studi culturali e… sono rimasto a Londra altri tre anni. Appena arrivato all’estero non mi sono reso subito conto del fatto che i ricercatori italiani sono valorizzati maggiormente fuori di quanto non lo siano in Italia, me ne sono accorto nel momento in cui ho cercato di riportare le mie competenze qui, alla fine del dottorato, e tramite i racconti degli amici. Non devo certo spiegare le condizioni disastrose in cui versa l’università italiana, la ricerca italiana, basti dire che negli ultimi sette anni la ricerca è stata tagliata del 25%, il numero dei ricercatori, negli ultimi sette anni, è diminuito del 25%, è logico che le possibilità per un ragazzo di inserirsi in un’area che si restringe costantemente diventino molto difficili. Ecco perché c’è un forte movimento di italiani che si spostano a Londra; tra i ragazzi che conoscevo molti erano usciti dall’Italia dopo aver provato ad entrare nel mondo lavorativo e universitario italiano e aver trovato le porte chiuse. Nel mio caso, è stato quasi un naturale proseguimento del percorso che avevo fatto fino a quel momento e del quale Goldsmith è stata una tappa apicale. GENERAZIONE PRECARIA
Amedeo, al centro con la cravatta, nel giorno della sua laurea. sull’altra paginba, pronto per partire per San Francisco. A centro pagina: in alto, durante il suo viaggio in Messico; in basso, il college in Malesia dove ha insegnato.
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Nel frattempo ho cominciato a lavorare ad un progetto nato anch’esso un po’ casualmente. Un amico incontrato a San Francisco aveva ricevuto la proposta dalla Biennale di Venezia di dar vita a un padiglione pirata. L’idea era di creare al di fuori dei padiglioni ufficiali dedicati ai vari stati uno spazio per i gio-
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Amedeo Policante, 33 anni, insegna all’università di Nottin dei ricercatori precari». Si è a Bologna. Ha frequentato il q di Berkeley, in California. Ha co School of economics e il dot di Londra. A settembre 2013 ha tenuto un corso di storia d presso un college dell’Univer e il Trentino ha un rapporto che
gratori che vanno e tornano casa, ho una mia traiettoria» La testimonianza di Amedeo Policante è tratta dal libro «Nuove migrazioni. Giovani trentini e mobilità transnazionale», di Tiziana Calzà e Laura Robustelli, edito dalla Menomoteca del Basso Sarca nella «Collana Ricerche»
, rivano, vive in Inghilterra, ngham e fa parte del «Collettivo laureato in Scienze Politiche uarto anno presso l’Università onseguito il master alla London ttorato al Goldsmith College è partito per la Malesia dove delle relazioni internazionali rsità di Nottingham. Con Riva definisce «abbastanza positivo»
vani artisti precari, rompendo un codice basato sulle arti nazionali e offrendo un luogo a tutti i giovani artisti che non trovavano espressione. L’amico mi aveva chiesto di scrivere un’introduzione, un piccolo saggio: l’ho fatto, poi la cosa si è sviluppata, è diventata più lunga, una riflessione sul ruolo che ha giocato la figura del pirata, della pirateria, nella storia legale e culturale europea. Questo progetto di scrittura, che è stato pubblicato in Inghilterra e tra un paio d’anni dovrebbe uscire anche in Italia, è stato per me la conclusione di un percorso al termine del quale ho insegnato al Goldsmith per un anno, con uno di quei contratti che vanno di sei mesi in sei mesi e in cui sei pagato solo per il periodo nel quale insegni, alla condizione di tutti i giovani precari europei.
«Mi sono sempre affidato alla casualità della vita e degli incontri, quindi non ho mai avuto un vero e proprio “masterplan», infatti non mi sento da questo punto di vista un emigrante; è stata più una sequenza di eventi che ho seguito e che mi hanno portato in posti diversi»
NEL CAMPUS IN MALESIA
Questa instabilità geografica, che ha sempre contraddistinto la mia esperienza, io l’ho raccontata come una serie di scelte individuali, ma fa parte di un processo molto più ampio di precarietà in cui siamo generazionalmente coinvolti. Così, dopo il dottorato, effettivamente mi sono ritrovato in una situazione in cui c’erano delle compulsioni - a livello di mercato - che mi hanno portato a cercare possibilità in tutto il mondo. Dopo il dottorato ho fatto quello che fanno tutti, sono entrato nella macchina circolare terribile della ricerca di lavoro, quindi l’invio di curriculum, la ricerca di bandi, e così via. Ho fatto domande abbastanza a tappeto, sul momento preso dalla disperazione per aver guardato i numeri della disoccupazione giovanile in quel periodo e un po’ anche le esperienze delle persone che mi stavano attorno. Invece durante l’estate, il giorno dopo aver ricevuto la pergamena del dottorato, mi hanno chiamato dall’università di Nottingham per fare un’intervista. Mi sono presentato e mi hanno fatto un
primo contratto di lavoro, con l’idea di insegnare un periodo nel loro campus in Malesia per poi tornare a Nottingham. Sono partito a settembre del 2013. Io tenevo un corso in storia delle relazioni internazionali ed è stata un’esperienza forte, che mi ha dato molto, anche se ero dell’idea di fare un periodo limitato, non certo di stabilirmi lì. NON RADICI MA GAMBE
Molte volte mi è stato chiesto se io mi senta sradicato: rispondo di no, perché l’uomo essenzialmente non ha delle radici, ma gambe, mezzi per muoversi. Adesso vivo in Inghilterra, insegno all’università di Nottingham e faccio parte del “Collettivo dei ricercatori precari», molto presente in Italia, una realtà che coinvolge la maggioranza dei giovani lavoratori all’interno dell’università e della ricerca accademica in generale. Quello che vorrei avere non è un radicamento, o una casa, quello che vorrei è un percorso, una serie di luoghi all’interno
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dei quali sentirmi a mio agio. Il problema è che oggi l’economia ti porta a due rischi: uno è la stagnazione che ti blocca in un posto, dato che resto convinto che l’uomo ha la necessità della scoperta, del movimento, ha una cera irrequietezza di fondo; l’altro rischio, che è molto forte oggi e ancora maggiore sarà in futuro, è quello opposto del perdersi, dell’essere totalmente sballottato per il mondo da ciò che ti richiede il mercato del lavoro, senza nessun controllo sulla tua vita. Io mi sono sempre affidato alla casualità della vita e degli incontri, quindi non ho mai avuto un vero e proprio «masterplan», infatti non mi sento da questo punto di vista un emigrante; è stata più una sequenza di eventi che ho seguito e che mi hanno portato in posti diversi. Questo non vuol dire che avrei potuto realizzare i miei sogni, i miei progetti se fossi stato qui, non so se avrei avuto gli stessi sogni e gli stessi progetti! Siccome il soggetto si forma durante il percorso, probabilmente non sarei nemmeno la stessa persona. Però io ho con il Trentino, con Riva, con l’Italia un rapporto abbastanza positivo: ho sempre avuto una certa compulsione ad andare, ad uscire dalla conca del Basso Sarca, però ho sempre avuto anche una grande compulsione a tornare. Se vai alla casetta grigia in fondo al lago e vedi questi aironi cinerini e altri uccelli migratori, che vanno e tornano ma, più che una casa, hanno una loro traiettoria, ecco, posso dire che io mi sento affine a loro. Comunque non mi sono mai sentito staccato dalla realtà rivana, sento che Riva è una delle basi della mia geografia. 10 - 2016
di Mario Anelli IL FONDATORE, EMANUELE PLAGA, AVEVA AVVIATO L’ATTIVITÀ RIPARANDO PAIUOLI DI RAME A CAVALLO DEGLI ANNI 20 E 30 DEL 1900
Abilità artigiana e tecnica d’avanguardia chiavi del successo di «Plaga Lattoneria»
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i trova su un colle della piccola frazione di Salter la sede aziendale di Plaga Lattoneria. A 948 metri di quota in alta Valle di Non, comune di Romeno. Alcune sue installazioni brillano però sotto il sole di Terra Santa, luogo tra i più noti ed ammirati al mondo. Altre sono in Trentino ed in Italia. La ditta artigiana produce coperture e rivestimenti metallici di tetti e di pareti per case, industrie, chiese, baite di montagna, rifugi, musei, lavorando metalli diversi. Rame, piombo, ottone, bronzo, alluminio, zinco titanio ed acciaio variamente preparato. Tra le sue specializzazioni si trovano l’aggraffatura doppia ed angolare, i rivestimenti di facciate in doghe, scaglie o piccoli elementi, le saldature dell’alluminio con tecnica Tig e brasature. Oltre alle tradizionali produzioni e pose di lattonerie varie. Al piano terra della grande casa avita dove il nonno Emanuele iniziò l’arte, si trovano i laboratori sotto ampi avvolti. Matteo Plaga, 34 anni, è il titolare. Un passato da pilota di aerei passeggeri per Alitalia, era al timone già a 19 anni, lasciato alle spalle per tuffarsi nel lavoro del padre Adriano, maestro artigiano lattoniere. Il passaggio di consegne nel 2011. (Emanuele Plaga il fondatore, iniziò riparando paiuoli in rame a cavallo degli anni Venti e Trenta del secolo scorso). Passione ed orgoglio di mestiere danno vita alle parole di padre e figlio mentre navigano dentro il racconto delle loro realizzazioni, lavoro e fatica, successi ed applicazioni particolari per esperienza ed abilità. Attorno a loro le macchine del mestiere: profilatrici, aggraffatrici, una piegatrice speciale da dieci metri, taglierine, mole, incudini e numerosissimi attrezzi. Nel logo aziendale la tradizione del mestiere: incudine, spessimetro, 10 - 2016
L’azienda, con sede in Val di Non, produce coperture e rivestimenti metallici di tetti e di pareti per case, industrie, chiese, baite di montagna, rifugi, musei, lavorando metalli diversi: rame, piombo, ottone, bronzo, alluminio, zinco titanio ed acciaio variamente preparato
www.plagalattoneria.it martello, forbice. La modernità e l’attualità della produzione è nella copiosa gallery del sito aziendale (www.plagalattoneria. it). Alla periferia di Trento, un grande tetto in alluminio con il fotovoltaico integrato, installazione pilota in Italia. Le coperture per una villa storica difronte a piazza dei Miracoli a Pisa, il tetto della nuova stazione autobus ad Ossana (Valle di Sole), le scandole doppie in alluminio sull’hotel Piz Galin di Andalo, un particolare tetto in rame a Castelgandolfo (Roma), la veranda Wintergarten (Madonna di Campiglio), ecc. Frutto di continua formazione e specializzazione. Certamente unici sono i loro lavori in Terra Santa. Matteo e Adriano con una squadra di operai,
tra loro Beduini del luogo, hanno restaurato il tetto vecchio di novant’anni della Basilica del Getsemani, ai piedi del Monte degli Ulivi. I Plaga erano giunti a Gerusalemme dopo un terribile incidente occorso al padre nel 1988, un tonfo da un tetto, da otto metri e più d’altezza. Se l’era cavata con un braccio rotto e guasti alla bocca. Ritenendosi miracolato, l’anno dopo era pellegrino in Terra Santa. Un incontro fortuito con l’archeologo francescano Michele Piccirillo che affida loro la copertura in rame della chiesa del Convento al Monte Nebo, che domina il deserto giordano e Gerico. Nelle giornate limpide i lattonieri intravvedono Gerusalemme. «Sono
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partito con 20 kg di attrezzi in una sacca, come negli anni Cinquanta, il rame comperato sul posto si lavorava battendo a mano» ricorda Adriano. Ci tornano nel 2010 per porre zinco titanio sulla copertura del Memoriale accanto al Monastero, dove c’è la tomba di Mosè. Tre anni dopo sono a Gerusalemme, sul tetto della Basilica del Getsemani, ai piedi del Monte degli Ulivi, dove restaurano tutte le 14 cupole con piombo su una superficie di 1.650 mq. Lavoro certosino, con le mani che plasmano, arte e sudore sotto gli occhi del mondo oltre che degli esperti, storici e studiosi d’ogni genere. È un tetto mappato e riprodotto sui manuali, non si devono mutare nemmeno i segni del tempo. Lavori di consulenza in rame anche sul Monte Tabor per la Basilica della Trasfigurazione ed a Petra. Altro macchinario dei Plaga attende in Giordania, pronto all’uso per nuovi lavori.
MATTEO PLAGA, 34 ANNI, TITOLARE DELL’AZIENDA, PARLA DELLA SUA ATTIVITÀ DELLA QUALE È MOLTO ORGOGLIOSO
Passione e fantasia sono fondamentali A 13 anni Matteo Plaga era in Terra Santa a fianco di suo padre Adriano. Quali ricordi conserva ora? Fu una visita guidata continua di 15 giorni al seguito di padre Pietro Kaswalder. In piedi all’alba, ci spiegava ogni ritrovamento, cos’era accaduto dall’alba dei tempi a Petra, in Palestina, in Terra Santa. Allora per me fu un tour de force, ma oggi, a 34 anni, mi ritengo fortunato. La nostra guida era la persona più preparata che ci fosse in materia archeologica. Lei v’è tornato per anni. Che significa questa esperienza? Se la vivi da turista rimani in superficie. Ci sono tornato per lavorare con mio padre, anche nel 2015, in mesi invernali. Riesci allora ad entrare nel profondo, ti rendi conto delle differenze con la nostra società, quanto i racconti filtrati dai media siano fuorvianti rispetto al reale. La conoscenza diretta pulisce la mente dai pregiudizi. Anche in quei luoghi lei ha rivendicato con orgoglio di esse-
Fare il lattoniere oggi richiede anche tanta voglia di provare, sperimentare e non temere di sbagliare
Matteo Plaga sul tetto della chiesa del Convento al Monte Nebo, in Terra Santa. Nella pagina a fianco suo padre Adriano con una decorazione in rame realizzata per la chiesa di Caoria. Qui sotto, e sulla pagina a fiaco, due scorci della basilica del Getsemani.
re un artigiano lattoniere. Che significa oggi fare il lattoniere al suo livello? Fondamentale è la passione, possedere fantasia e tanta voglia di provare, sperimentare e non teme-
re di sbagliare. È un’arte aggraffare manualmente ovvero piegare la lamiera su se stessa tante volte quanto serve per garantire tenuta, solidità, impermeabilità. Anche modellare il piombo sui tetti lo è.
Le soddisfazioni maggiori? I lavori in Terra Santa, ma anche quelli a casa Knycz di Trento con il primo fotovoltaico in Italia integrato nell’alluminio: c’è dentro tantissima tecnica. Comunque la nostra è una continua evoluzione. Quest’anno, ad esempio, abbiamo lavorato a un tetto con un rivestimento perimetrale mai sperimentato in precedenza. Ne uscirà un prototipo. Quali sono le unicità della ditta Plaga? Ad esempio la saldatura Tig per alluminio in copertura. In Trentino o chiamano me o tecnici tedeschi. Lei ha 34 anni. Che pensa dei giovani che emigrano a decine di migliaia ogni anno in Europa ed altrove? Hanno un bel coraggio. Ho vissuto e lavorato all’estero come pilota d’aereo e come lattoniere. È vero che le opportunità di successo sono maggiori che da noi, qui li hai tutti addosso a fare la cresta sul tuo lavoro, ma lasciare tutto è un salto grosso.
Una onlus per ricordare padre Pietro Kaswalder L’associazione «Amici di padre Pietro Kaswalder» è presieduta da Renata, madre di Matteo, il titolare della Plaga Lattonerie. Aveva 13 anni quando conobbe in Terra Santa il frate francescano originario di Roveré della Luna (Trentino), scomparso nel 2014. Professore a Gerusalemme, biblista e responsabile del parco archeologico di Cafarnao, conservatore di altre opere nella città santa e promotore, tra l’altro, della ristrutturazione della basilica del Getsemani (foto a fianco). Era cresciuto all’ombra del noto archeologo padre Michele Piccirillo. Tra i soci della onlus si trova anche il trentino Francesco Patton, il francescano attuale Custode di Terra Santa. Tra gli scopi della onlus si trova l’attività di studio, di ricerca e di promozione sociale di chi opera in quei luoghi; il sostegno alla Custodia francescana; la divulgazione del significato e dell’opera di padre Kaswalder.
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L’INTERVISTA FIGLIO DI DUE EMIGRATI, UN TRENTINO DI FORNACE E UNA TREVISANA, È NATO IN BELGIO VICINO A LIEGI NEL 1951
Robert Scarpa, l’autore che racconta com’è andata davvero a Marcinelle Una sala stracolma ha seguito venerdì 21 ottobre a Fornace la messa in scena da parte del gruppo Poemus di «Marcinelle, 8 agosto 56», un testo teatrale scritto da Robert Scarpa, che rievoca la drammatica catastrofe nella miniera di carbone a Marcinelle (Belgio) dell’8 agosto 1956, nella quale morirono 262 minatori tra cui 136 italiani e fra di loro anche il trentino Primo Leonardelli di Viarago. Robert Scarpa è nato in Belgio vicino a Liegi nel 1951 e i suoi genitori sono entrambi emigrati: la madre dalla provincia di Treviso e il padre da Fornace. Proprio per questo la rappresentazione Robert Scarpa si è laureato in comunicazione sociale, si è specializzato in comunicazione interculturale, ha lavorato in ambito socio-culturale, è diventato docente universitario e scrive testi per la radio. Lo abbiamo incontrato al termine della serata organizzata a Fornace e l’intervista è iniziata con un accenno alle sue origini italiane e trentine. Mio padre è nato a Fornace quindi queste radici sono state presenti fin dall’inizio della mia vita. Mia madre è trevisana. Fin dai miei primi anni a casa ho sentito parlare non l’italiano ma i dialetti trevisano e trentino, che si sono mescolati nella mia testa e nella mia lingua. Mi ricordo poi, ed è un ricordo molto forte, il mio primo viaggio fuori dal Belgio quando avevo cinque anni. Era il 1956 e sono venuto a Fornace per due, tre mesi. Per me fu la scoperta dell’Italia, delle radici paterne e di un altro
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del suo lavoro teatrale nel paese natale del padre e del nonno ha conferito all’evento un significato del tutto speciale. Dopo essere stato tradotto dal francese, il testo di Scarpa è stato ridotto e adattato da Antonia Dalpiaz e nella trama sono state inserite canzoni, fotografie e filmati dell’epoca. In occasione del 60° anniversario della tragedia, l’8 agosto di quest’anno, per iniziativa della Trentini nel mondo, lo spettacolo, al termine del quale gli spettatori si erano alzati in piedi ad applaudire, era stato rappresentato, presso la Campana dei caduti di Rovereto
Il suo lavoro teatrale «Marcinelle, 8 agosto 56», andato in scena in Belgio per la prima volta nel 2012, è stato rappresentato il 21 ottobre scorso dal gruppo trentino «Poemus» a Fornace. Dopo essere stato tradotto dal francese, il testo è stato ridotto e adattato da Antonia Dalpiaz
modo di vivere: per me Fornace era sinonimo di campi e boschi. Dopo quel primo viaggio nel 1956 ce ne sono stati altri? Sono poi tornato quando avevo 18 anni. Fino ai tre anni non parlavo francese, lingua che ho imparato quando ho cominciato ad andare a scuola. Quando avevo
dieci anni e poi nell’adolescenza non volevo avere più niente a che fare con l’Italia e la sua lingua, perché la consideravo troppo lontana e volevo inserirmi nell’ambiente belga. Poi, al termine delle scuole superiori mio padre mi disse che avrei fatto bene a trascorrere in
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Italia i mesi di vacanza prima di iniziare l’università. Mi disse «vai in Italia, presso le nostre famiglie». In quel periodo, che mi è piaciuto moltissimo, trascorso tra Fornace, Bolzano e Treviso, ho imparato l’italiano e ho ritrovato le mie radici italiane. Da allora sono tornato spesso in Italia. Quando e perché ha deciso di scrivere un testo sulla tragedia di Marcinelle? Mi scoccia un po’ dirlo ma lo spunto mi è venuto dopo aver visto alla televisione belga un telefilm su Marcinelle prodotto in Italia e ho avuto una sgradevole sensazione: quello a cui avevo assistito mi era sembrato molto falso. Il telefilm era una storia d’amore e le vicende della tragedia si esaurivano in due tre giorni, mentre nella realtà in Belgio l’attenzione per quanto successo a Marcinelle è durata a lungo, anche perché trascorsero molti mesi prima che i corpi delle vittime fossero recuperati. Mi sembrava
L’INTERVISTA
Per centrare l’obiettivo di scrivere un testo che rispettasse la storia vera, per documentarsi ha letto gli articoli pubblicati su una decina di diverse testate giornalistiche dell’epoca, usciti nell’arco di un anno che quel telefim non fosse per niente fedele alla realtà. E così ho deciso di scrivere un testo mio. Dal 2012 è stato rappresentato in lingua francese una decina di volte e per la radio belga ho preparato una riduzione della durata di un’ora e mezza, usando anche gli archivi sonori dell’epoca (*). Come si è documentato su quanto successo in quei giorni? Quali ricerche ha fatto? È stato un lavoro molto lungo. Ho letto gli articoli pubblicati su una decina di diverse testate giornalistiche dell’epoca, usciti nell’arco di un anno, perché mi sembrava importante rispettare la storia vera. Poi mi sono chiesto come avrei potuto raccontare quegli eventi. Non potevo farlo dall’interno della miniera, perché i minatori erano morti subito. Così ho avuto l’idea di prendere in considerazione un punto di vista del tutto originale, quello delle donne. Quando si parla di miniere non si
pensa di certo alle donne. Così nel mio testo ci sono le emozioni vissute in quei momenti da alcune donne legate ad un minatore italiano che non ha fatto ritorno. Ci sono la madre del minatore, ammalata, che vive nella stessa casa con la moglie belga del figlio e la figlia della coppia. Quest’ultima è ancora una bambina, che nello sviluppo della storia diventa un po’ pazza per il dolore, perde la ragione, perché è troppo difficile accettare la realtà che suo padre è morto ma il suo corpo non è stato ancora ritrovato. Inoltre, la bambina assiste ed è coinvolta dal conflitto che si genera fra mamma e nonna, che vivono con diverse sensibilità e reazioni la perdita del marito e del figlio. Poi ho voluto anche inserire nella trama la presenza della radio, sempre con l’intento di raccontare la storia vera. Stasera a Fornace, cosa le ha fatto più piacere?
Mi ha commosso vedere la gente commuoversi durante la rappresentazione messa in scena dai Poemus e mi ha fatto pensare che forse ho raggiunto il mio obiettivo. Il gruppo Poemus ha fatto un grande lavoro nel tradure e adattare il mio testo, per trasmettere al pubblico italiano le emozioni che ho voluto raccontare. Se devo fare un paragone con le rappresentazioni in Belgio, in quella dei Poemus c’è una dimensione musicale molto presente e ci sono poi le proiezioni di filmati e fotografie che aiutano a dare un’idea dell’ambiente dell’epoca. In ogni caso, quando qualcosa è scritto non appartiene più all’autore e quindi lascio che siano i gruppi teatrali a interpretarlo a modo loro. Penso che sia una cosa buona che i Poemus si siano appropriati del mio testo alla loro maniera, con sensibilità italiana e trentina. Ho provato a seguirlo come se non l’avessi scritto io,
perché è diventato qualcos’altro Che emozioni ha provato nell’assistere allo spettacolo nel paese natale di suo padre? Tantissime emozioni e tutte molto intense. Durante lo spettacolo ho pensato a mio nonno Carlo, che era partito nel 1929 per il Belgio per lavorare nelle miniere e che è morto di silicosi. Quali reazioni ha suscitato in Belgio il suo lavoro teatrale? È stato molto ben accolto. Quando nel 2012 abbiamo allestito la prima in un teatro di Marcinelle, abbiamo dovuto fare due o tre repliche per soddisfare le richieste del pubblico. E della prima rappresentazione ho un ricordo molto bello e vivido: in prima fila c’era un vecchio minatore di 80 anni o più che indossava gli abiti di lavoro, casco compreso. A fine spettacolo si è alzato in piedi e ha gridato: «è andata proprio così». È stata la più bella recensione che potessi avere. Maurizio Tomasi
Nella foto a destra, Robert Scarpa con Antonia Dalpiaz, del gruppo Poemus, che ha curato l’adattamento in italiano del testo teatrale. Nella foto a sinistra, con il sindaco di Fornace, Mauro Stenico, nella sala consigliare del Comune. In alto, Robert Scarpa in prima fila applaude insieme al pubblico che ha assistito alla rappresentazione di Fornace. Sull’altra pagina, uno scorcio della sala. Tutte le foto relative allo spettacolo (e il primo piano di Robert Scarpa) sono di Claudio Condini. (*) Per ascoltarla in lingua francese: www.rtbf.be/lapremiere/article_marcinelle?id=9094803
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GENTE E FATTI LA PUBBLICAZIONE, USCITA IN LIBRERIA E NELLE EDICOLE LA PRIMA DOMENICA D’AVVENTO, È AL SUO 113° ANNO DI VITA
«Strenna Trentina» è ritornata puntuale con avvenimenti, racconti e molto altro
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on un impegno perseguito da molti decenni, anche quest’anno la prima domenica di Avvento è coincisa con l’uscita nelle librerie e nelle edicole di «Strenna trentina 2017», giunta al suo centotredicesimo anno di vita. Presente nell’editoria trentina dal 1905, la sua longevità non ha paragoni tanto da renderla un appuntamento fisso lungo più generazioni. 240 pagine (al prezzo di 7 euro) in cui si tracciano avvenimenti, documenti, narrazioni, poesie e racconti ma anche delle riflessioni, specchio diretto della terra trentina, delle sue valli, dei suoi paesi, della sua gente di ieri e di oggi. Nata dentro quel movimento di mutualità sociale che faceva capo a don Lorenzo Guetti su iniziativa di un gruppo di capifamiglia come almanacco a uso dei contadini e le famiglie trentine d’inizio secolo, “Strenna Trentina” ha attraversato l’intero Novecento e continua puntuale e attesa, come segno di fraterno augurio. Un dono particolare quindi, come vuole il significato della parola, da consegnare in occasioni speciali, che sin dalla sua prima comparsa editoriale coincidono con le festività di fine d’anno. “Graditela voi e fate che con voi se la godano molti” – scriveva nel preambolo del primo numero fra Martino, l’anima fondatrice. Eravamo nel 1904 e quel primo fascicolo portava l’anno 1905. Pragmaticamente egli poi – “compiuta la nostra parte” – affidava il futuro di quelle pubblicazione ad una forma popolare partecipata, cooperativa e solidale aggiungendo, a monito: “leggetela, fatela leggere, diffondetela a larghe mani in tutte le famiglie del nostro caro Trentino…”. Da allora Strenna Trentina continua ininterrotta, fedele ad una propria impostazione grafica, riproposta negli anni e mai omologa-
Le 240 pagine dell’ultima edizione accolgono più di cento contributi firmati da donne e uomini della società trentina: testi brevi, poesie, equilibrate immagini in un’alternarsi sostenuto delle voci e degli argomenti con concatenazioni tra presente, passato e futuro ta. Lo stesso che è dello spirito indicato da fra Martino in quelle prime pagine da cui tutto: “una pubblicazione di scritti scelti, di componimenti in prosa e in versi, tutti interessanti e gentili, tutti belli insomma, come le penne che li regalano”. Così è stato e così è oggi. Le pagine sottili di Strenna Trentina 2017 (altro distintivo) accolgono più di cento contributi: testi brevi, delle poesie, equilibrate immagini in un’alternarsi sostenuto delle voci e degli argomenti con concatenazioni tra presente, passato e futuro. A firmarli, con stile personale e gratuità d’impegno, donne e uomini della società trentina: in molti si possono riconoscere protagonisti della vita di oggi, ma nella maggioranza si tratta di persone più silenziose, che hanno vissuto e ascoltano con attenzione le vicende di questa terra, scrivendone con gusto e passione, declinandole nel verso giusto a far si che ancora si abbia senso e bellezza per un incontro, un dialogo, una passione: nelle città come nei paesi. Sfaccettature sociali, culturali, di tradizione, di curiosità storiche e di eventi che tracciano gli affanni del vivere quotidiano di oggi e ieri
e di prima ancora, anche in dialetto per non dimenticarlo. Tante facce della società che portano Strenna Trentina di fatto ad essere una presenza immancabile, un acquisto per una lettura da affrontare in maniera lenta, nei ritagli di tempo. Questa la sua forza, che la porta ad essere riposta “sul tavolino o sul piano dello scaffale più accessibile, per essere ripresa in mano agevolmente, nello spirito dell’incontro come è quello con un amico”, come ebbe a scrivere qualche anno fa Franco de Battaglia. Un’immagine, quella di una Strenna dalle pagine un po’ sgualcite dal passaggio di mano in mano
Gli auguri del Circolo al novantenne Alfredo Delpero Il 21 giugno scorso per noi trentini del Circolo di Stoccarda (Germania) è stata una giornata speciale. Il nostro socio Alfredo Delpero, con la moglie Carmela, il figlio Angelo e la figlia Melania con marito e tre figli, tutti soci del Circolo trentino, hanno organizzato una serata piacevole per festeggiare il novantesimo compleanno di Alfredo. Erano presenti il presidente Fausto Cavallari e alcuni soci, che si sono congratulati col festeggiato per l’età raggiunta e gli hanno augurato ancora anni di salute e felicità. Alfredo, che per alcuni anni è stato segretario del Circolo, ha ringraziato il buon 10 - 2016
Dio che gli ha donato una vita serena, ma anche moglie, figli e amici che gli hanno voluto bene durante questi anni. Alfredo è stato anche l’organizzatore delle gite annuali: a noi il compito di invitare i soci a partecipare, a lui il compito di stabilire percorsi e mete da raggiungere. È seguita una lauta cena, con antipasto, un secondo all’italiana e un terzo con polenta e coniglio, e infine frutta e torte, di cui una speciale a forma di montagna con il ghiacciaio in alto. Un ringraziamento va a tutti quanti hanno partecipato e augurato altri anni di salute e serenità. Un socio
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GENTE E FATTI IN OCCASIONE DELLA CERIMONIA DI ACCENSIONE IN PIAZZA S. PIETRO DELL’ALBERO DI NATALE OFFERTO DAL TRENTINO
Uno zelten in regalo a Papa Francesco Grande emozione il 9 dicembre in Sala Nervi, in Vaticano dove papa Francesco ha avuto parole di ringraziamento per la comunità trentina che ha donato il grande albero di Natale poche ore dopo sarebbe stato acceso in Piazza San Pietro per accompagnare i fedeli attraverso il lungo periodo in cui si ricorderà la nascita di Cristo. A guidare la delegazione trentina presente all’udienza del pontefice c’erano l’arcivescovo Lauro Tisi e il governatore Ugo Rossi. Presenti anche il senatore Panizza, alcuni sindaci della Bassa Valsugana, il coro Lagorai, i Vigili del fuoco volontari e numerosi fedeli. C’erano inoltre i ragazzi dell’istituto alberghiero di Rovereto e Levico Terme che hanno cucinato un dolce (zelten) donato a Papa Francesco e che pomeriggio hanno preparato rinfresco seguito alla cerimonia dell’accensione dell’albero.
È stato lo stesso papa a ricordare che “L’albero di Natale posto accanto al presepe proviene dai boschi di Scurelle, ai piedi della catena montuosa del Lagorai, contornata da un’incantevole natura, con fiori, piante e ruscelli cristallini che costeggiano i sentieri”. “La bellezza di quei panorami - ha aggiunto il pontefice - è un invito a contemplare il Creatore e a rispettare la natura, opera delle sue mani. Siamo tutti chiamati ad accostarci al creato con stupore contemplativo”. “È una giornata ricca di emozione - ha poi commentato Ugo Rossi - ma anche di orgoglio perché il nostro Trentino - degnamente rappresentato in piazza San Pietro - è chiamato a rappresentare la sintesi tra il vivere civile e l’attenzione all’ambiente e e alla natura. Credo che questo albero rappresenti anche un piccolo esempio di come il nostro territorio sia ancora ben saldo dentro questo valori”.
È UN ABETE ROSSO ALTO 25 METRI PROVENIENTE DAI BOSCHI AI PIEDI DEL LAGORAI
Acceso in piazza San Pietro l’albero di Natale trentino Dopo un conto alla rovescia scandito delle centinaia di fedeli raccolti in Piazza San Pietro a Roma, nel tardo pomeriggio del 9 novembre si sono accese le luci che fanno risplendere l’albero di Natale donato dal Trentino a Papa Francesco. Assieme al presepe di Malta accompagnerà i giorni che ci separano dal Natale con un messaggio di speranza, di pace e di solidarietà, «Siamo particolarmente emozionati e anche orgogliosi di essere qui in Piazza San Pietro con un simbolo così caro alla nostra tradizione - ha affermato il governatore del Trentino Ugo Rossi - ma assieme a questo c’è anche l’impegno che sono certo ci accomuna ai cittadini di Malta e a molti altri: quello di continuare a credere in un’Europa che serva davvero ai nostri figli, forse ad-
dirittura a ricostruire questa idea di Europa ferma, salda, fiduciosa nei propri valori e nelle proprie tradizioni, ma anche un’Europa che sappia accogliere, che sappia integrare, e che non giri la testa da un’altra parte quando si presentano le sfide che persone che vogliono venire nel nostro continente ci pongono davanti tutti i giorni”. L’abete in piazza San Pietro proviene dai boschi dalla Val Campelle nel comune di Scurelle, nella Provincia autonoma di Trento, ai piedi della catena montuosa del Lagorai. Si tratta di un abete rosso alto 25 metri, certificato per la gestione sostenibile della foresta d’origine: la pianta ha circa 85 anni di vita, ha un diametro iniziale alla base della chioma di 8 metri e un diametro del tronco di 70 cm, pesa 60
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quintali e nello stesso giorno in cui è stata abbattuta, domenica 13 novembre, una scolaresca della Valsugana ha piantato 49 alberi (larici e abeti rossi). Un atto simbolico, per sensibilizzare anche le giovani generazioni alla gestione attiva e sostenibile in una zona dove lo scorso autunno sono stati abbattuti alcuni alberi colpiti da un parassita. Con l’aiuto dei Vigili del Fuoco volontari della zona e della Protezione Civile di Trento, l’albero è stato trasportato a valle da un elicottero dell’Esercito Italiano Reggimento Aves «Antares» di Viterbo e poi adagiato sul Tir che lo ha trasportato su gomma nella capitale dove è arrivato giovedì 23 novembre. “Ci eravamo già resi disponibili per donare l’Albero alla Santa
Sede già nel 2007 - ha dichiarato il sindaco di Scurelle Fulvio Ropelato - e quando quest’anno ci è stata concessa questa opportunità ne siamo stati onorati». La tradizione dell’offrire l’abete natalizio è iniziata nel 1982 con Papa Giovanni Paolo II che, per la prima volta, ebbe in dono da un contadino che lo trasportò fino a Roma sul suo camion un abete proveniente dalle foreste della Polonia. Negli ultimi anni quasi tutti gli abeti sono venuti da foreste certificate PEFC italiane ed europee, cioè che forniscono garanzie per la loro gestione sostenibile e responsabile, dove ad esempio ad ogni pianta abbattuta segue sempre una azione di ripristino delle condizioni ambientali ottimali. (Uff. Stampa PAT) 10 - 2016
CIRCOLI
Anche il Circolo trentino di Carmelo alla prima «Festa delle collettività» Il Circolo trentino di Carmelo (Uruguay) è stato uno dei protagonisti della prima edizione della «Fiesta de las colectividades», la prima festa delle collettività, che si è svolta domenica 13 novembre, con la partecipazione anche delle rappresentanze delle comunità basca, spagnola, tedesca, paraguayana e delle associazioni «Sociedad Italiana» e «Progenie d’Italia». Dopo la sfilata con i costumi tipici e l’omaggio all’eroe nazionale uruguayano, Artigas, i partecipanti hanno raggiunto Plaza Indipendencia,
dove erano stati allestiti degli stand, nei quali ogni singola comunità ha avuto la possibilità di far conoscere ai visitatori aspetti legati alla storia, la cultura e le tradizioni dei paesi di origine: fra gli oggetti in mostra (foto in alto a destra) anche la rivista «Trentini nel mondo» Alla sera presso il teatro Uamá c’è stato uno spettacolo con musiche, canzoni e danze dei vari paesi. Il Circolo trentino di Carmelo ha animato la serata con il suo coro e il suo gruppo di danza.
Il 21 ottobre il Circolo di Carmelo ha fatto visita a quello di Colonia del Sacramento
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Colonia Manuel Gonzalez ha 135 anni Il 16 ottobre, si è svolta la cerimonia per celebrare i 135 anni di emigrazione trentina e della fondazione del nostro amato paese Colonia Manuel Gonzalez. La celebrazione è iniziata con l’apertura della mostra dedicata al botanico Cassiano Conzatti: a tagliare il nastro (foto in alto a sinistra e a centro pagina) sono stati il sindaco di Zentla, Ignacio Castelan Marini con la moglie, il sindaco di Chipilo, Pedro Martini Mazzocco, e il Console onorario d’Italia per lo stato di Veracruz, Emilio Zilli Bernardi. Nei discorsi seguiti all’inaugurazione, il giovane Francesco Fontano Patan, ha parlato del suo suo libro dal titolo «La Colonia Manuel Gonzalez, un successo all’interno di un progetto fallito», pubblicato recentemente.
È poi seguita la messa di ringraziamento nella parrocchia di San José, al termine della quale è stata scattata una foto di gruppo (qui sopra). A sorreggere le bandiere dei Circoli trentini di Colonia Manuel Gonzalez e di Xalapa sono rispettivamente Monica Andrea Cruz Fadanelli e Angelo
Sampieri. Dopo la messa c’è stata la deposizione di una corona di fiori al monumento dedicato a Manuel González, alla presenza del sindaco di Zentla, di Chipilo e di Puebla (Pedro Martini Mazzocco), dei presidenti dei Circoli trentini di Colonia Manuel Gonzalez
(Monica Fadanelli del Carmen Figueroa), Huatusco (Jorge Durante Bernardi), Cordoba (Jaime Crivelli ) e Xalapa (Marisol Espinoza Sampieri Petrilli). La celebrazione è proseguita presso il «Bochodromo Armando “Nica” Marini» con un rinfresco a base di piatti messicani (dud, barbecue, tamales, riso, peperoncino piccante rellenos). Non è mancata la tradizionale polenta, oltre a dolci, pane italiano, e caffè. La giornata è stata vissuta da tutti con grande gioia e in un clima di amicizia e condivisione, con il sottofondo musicale dei mariachi «Tierra Santa». Dopo il pranzo i presenti hanno giocato a bocce, una delle usanze portate dai nostri nonni dall’Italia. Mónica del Carmen Fadanelli Figueroa
Il direttore della Cooperazione trentina, Carlo Dellasega gradito ospite presso il Circolo trentino di Buenos Aires Nell’ultimo numero del mensile «Cooperazione Trentina» c’è un articolo firmato da Mariano Roca, sulla relazione tenuta da Carlo Dellasega, direttore della Federazione Trentina della Cooperazione nell’ambito delle Giornate di finanza rurale inclusiva, che si sono svolte a Buenos Aires, organizzate dal Ministero dell’Agroindustria argentino. Durante la sua permanenza a Buenos Aires, Carlo Dellasega è stato ospite del Circolo trentino della capitale argentina. Ecco come Mariano Roca ha descritto l’incontro sul mensile «Cooperazione Trentina» nell’articolo intitolato «La visita al Circolo di Buenos Aires. «Accompagnato dal consultore della Provincia Autonoma di Trento per il Sud dell’Argentina, Mariano Roca, il direttore della Federazione ha avuto occasione
di visitare la sede del Circolo Trentino di Buenos Aires nel quartiere di Caballito. È stato accolto dalla neopresidente Delfina Marta Turrina, figlia di un emigrato trentino nato a Vigo Cavedine, e dai membri del consiglio direttivo Gabriela Anzelini, ex presidente dell’istituzione, i cui genitori sono emigrati da Fondo (Val di Non, e Rinaldo Andreolli, trentino doc nato a Gazzadina ed emigrato in Argentina negli anni ’40 dello scorso secolo. Fondato nel 1932 come “associazione di mutuo soccorso,
cultura e ricreazione”, quello di Buenos Aires è il Circolo più antico dell’Argentina e ha avuto storici rapporti con l’Associazione Trentini nel Mondo sin dai tempi del presidente Bruno Fronza. La foto dei membri del direttivo insieme all’ospite d’onore è stata scattata al primo piano della sede del Circolo, che ospita il museo e la biblioteca e dove si svolgono anche le assemblee e si celebra la Messa. Nella biblioteca, Carlo Dellasega ha potuto sfogliare i volumi conservati in archivio della Voce Trentina, il bollettino
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mensile che i trentini di Buenos Aires stampavano già nei primi anni ’30 per fornire ai soci informazioni sui diversi appuntamenti e servizi erogati dall’istituzione e trasmettere inoltre le notizie che arrivavano dalle diverse vallate del Trentino. Attualmente, tra le diverse attività portate avanti dal Circolo, vi sono il tipico pranzo trentino della seconda domenica del mese (da marzo a dicembre), le iniziative culturali del Gruppo Donne, le lezioni d’italiano e il Coro misto dell’istituzione». 10 - 2016
CIRCOLI
Il Circolo ex emigrati in Svizzera ha festeggiato i suoi trent’anni Cari amici, i nostri ex emigrati trentini in svizzera compiono 30 anni e sono entrati nel bel mezzo della loro maturità. Dalla complicità dei primi volenterosi, sono infatti trascorse diverse stagioni. All’inizio tutto aveva l’aspetto di un campo incolto, poi questo Circolo ha vissuto la semina e la conseguente crescita di tanti piccoli progetti di aggregazione, sbocciati allo scopo di favorire la condivisione di ricordi e di esperienze di vita fatte dai trentini in terra elvetica. Spesso chi rientrava per godere finalmente dei frutti delle proprie fatiche, lasciava alle spalle, profonde tracce del suo cammino, ma non la voglia di mantenere stretti i legami con il mondo dell’emigrazione trentina. Lo scorrere del tempo li ha rinforzati, resi pronti ad accogliere sempre nuovi amici, curiosi di conoscere questa nostra realtà, contribuendo a rendere più rigoglioso questo speciale «giardino» del quale trascorrere innumerevoli pomeriggi allegri, pieni di musica e balli, talvolta dedicati al carnevale, alla primavera,
«All’associazione Trentini nel mondo con gratitudine e amicizia, in ricordo del 30° anniversario del Circolo»: è questa la frase scritta, insieme alle firme dei componenti dell’attuale consiglio direttivo, sul retro della fotografia qui a fianco. In alto a sinistra, un momento della messa celebrata il 21 agosto ad Alberé in occasione della festa per il 30° anniversario.
All’inizio tutto aveva l’aspetto di un campo incolto. Ora, grazie all’impegno volontario e costante di persone speciali, che negli anni hanno sempre saputo creare tanti begli eventi, condividendo insieme l’essenza vera del rapporto umano c’è un «giardino» rigoglioso e speciale al bosco d’estate, alle castagne, al pranzo di natale, oppure a zonzo per scoprire ogni anno luoghi interessanti, o per gustare insieme dell’ottimo pesce fresco. Questo grazie all’impegno volontario e costante di
persone speciali, che negli anni hanno sempre saputo creare tanti begli eventi condividendo insieme l’essenza vera del rapporto umano. Per questo ognuno di loro meriterebbe un pensiero speciale in questa bella ricorrenza, poiché ognuno ha messo un semino che
ha reso migliore la crescita di questo giardino comune. Una ragione in più quindi, per sottolineare, quanto la forza del gruppo stia nel sostegno e nella passione del singolo per la felicità di tutti. Così noi, che oggi rappresentiamo questo Circolo, giunti alla stagione del buon raccolto, desideriamo rivolgere un caloroso ringraziamento a tutti voi per la fedele partecipazione alle nostre attività passate e attuali, infine ci permettiamo di rivolgere un sentito grazie all’associazione Trentini nel mondo, alle persone stupende che vi lavorano con gentilezza e professionalità e che in questi decenni ci hanno sempre sostenuti e spronati a dare il meglio, e visto il traguardo raggiunto crediamo di esserci riusciti molto bene. Quindi benvenuti amici, nel condividere con noi oggi i frutti di questo nostro bellissimo giardino.
Gita d’autunno nel Vicentino Di buon’ora, il 18 settembre, un pullman carico di simpatiche persone si è diretto in territorio vicentino, principalmente per gustare dell’ottimo pesce «al calesse del Piero» ma anche per partecipare alla messa presso il Santuario della Madonna di Monte Berico. La foto di gruppo qui a fianco è stata scattata proprio sulla scalinata del San10 - 2016
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tuario, a testimonianza di quest’ennesima occasione di festa trascorsa insieme in allegria e amicizia, organizzata dal nostro Circolo ex emigrati in Svizzera. Cogliamo l’opportunità di mandare a tutti i nostri conoscenti ed amici, i nostri più cari saluti e auguri di Buon Natale e felice anno nuovo. Alla prossima nostra meta. Ciao.
TERRITORIO IL TEMA È STATO AL CENTRO DI UN CONVEGNO CHE SI È SVOLTO PRESSO LA CAMERA DI COMMERCIO DI TRENTO
La viticoltura di montagna deve puntare su sostenibilità e produzione integrata In Trentino, che conta 10.200 ettari di vigneto, nel 1992 erano solo 12 gli ettari a produzione biologica effettivamente certificati: oggi sono 850. In totale i viticoltori sono 7.600 e la produzione annua raggiunge circa 1,3 milioni di quintali pari all’1,3 % di quella nazionale tecniche colturali, volti – fra l’altro - a limitare l’uso dei fitofarmaci e ad applicare sistemi di controllo miranti a garantire la sicurezza del prodotto finale e la tutela della salute degli operatori. Oggi i due sistemi produttivi prevalenti nella viticoltura trentina sono quello della produzione integrata e quello della produzione biologica. Mentre nel 1992 erano solo 12, oggi gli ettari a produzione biologica, effettivamente certificati in Trentino, sono 850. «Tuttavia – ha argomentato Bottura – non sarà mai possibile arrivare al trattamento-zero perché non esistono al momento procedimenti agricoli risolutivi nella lotta contro funghi e microorganismi che infestano gli impianti». In rappresentanza di Equalitas, società nata dalla volontà di produttori ed istituzioni del settore vitivinicolo nazionale allo scopo di misurare e certificare l’impegno per la sostenibilità
del comparto, la dott.ssa Maria Chiara Ferrarese ha richiamato i requisiti sociali, ambientali ed economici di un sistema agricolo sostenibile: non solo aspetti colturali, ma anche processi di organizzazione aziendale che non possono prescindere dall’adozione di buone pratiche di gestione, dalla trasparenza di bilancio, dalla coerenza fra comunicazione, attività ed investimenti. Ad affrontare il tema della sostenibilità come elemento fondamentale di una viticoltura che valorizza l’ambiente, è stato il senatore Franco Panizza, relatore della legge che disciplina la coltivazione della vite e la produzione ed il commercio del vino, approvata ieri dal Parlamento. Panizza ha ricordato che l’articolo 1 della norma riconosce il vino, la vite e i territori vitati quali componenti fondamentali del patrimonio culturale italiano. Il tema del rapporto fra coltura della vite e cultura del vino è stato
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più volte sottolineato anche dal giornalista RAI, Nereo Pederzolli, che ha moderato il dibattito. Dopo le relazioni della dott. ssa Barbara de Nardi di CREA sui riscontri offerti dalle nuove varietà viticole «resistenti» e della dott.ssa Francesca Ceola sul sistema di qualità nazionale di produzione integrata (SQNPI), che ha come obiettivo quello di valorizzare le produzioni agricole vegetali ottenute in conformità ai disciplinari regionali (riconosciuto a livello comunitario dal Reg. Ce 1974/2006), il convegno si è concluso con una tavola rotonda che ha visto la partecipazione del segretario generale della Cciaa di Trento, dott. Mauro Leveghi, del direttore del Consorzio tutela vini del Trentino, dott. Graziano Molon, del dott. Renato Martinelli della Provincia autonoma di Trento (Servizio Agricoltura) e del dott. Roberto Gaudio, presidente del Cervim. Il dibattito ha messo in evidenza come nelle zone di montagna la questione della sostenibilità implichi aspetti economici, tecnici ed ambientali che ne fanno una sfida ancor più complessa, ma irrinunciabile per poter garantire ai territori un futuro sul piano della fruibilità delle risorse naturali e quindi anche agricole, paesaggistiche e turistiche. (P.M.)
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Foto Romano Magrone
Il Trentino conta 10.200 ettari di vigneto, coltivati da 7.600 viticoltori con una produzione che raggiunge circa 1,3 milioni di quintali annui, pari all’1,3% della produzione viticola nazionale. Come ha sottolineato Maurizio Bottura, ricercatore della Fondazione Edmund Mach, nel corso del convegno su sostenibilità e produzione integrata tenutosi il 18 novembre presso la sede della Camera di commercio di Trento, «con questi piccoli numeri, per rendersi riconoscibili, è necessario puntare sulla qualità». Oggi però il concetto di qualità è estremamente poliedrico e non può non tenere in considerazione quello di sostenibilità. «Anzi - ha proseguito Bottura – la sostenibilità è un prerequisito per poter stare sul mercato». Anche se non esiste una definizione univoca di «sostenibilità», essa può essere sinteticamente definita come quell’insieme di pratiche che attingono alle risorse dell’ambiente facendo attenzione a non comprometterne la godibilità per le generazioni future. Ma che cosa sta facendo la viticoltura trentina in questo ambito? Bottura ha evidenziato l’impegno profuso fin dagli anni ’90 nel campo della riduzione degli impatti ambientali mediante protocolli di autodisciplina delle
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CALENDARIO 1 novembre A Salto (UY): firma del patto di amicizia tra il Comune di Caldonazzo e il Comune di Salto
27 novembre C.T. Belo Horizonte (BR): Festa italiana 20° anniversario di fondazione
4 novembre C.T Toronto (CA): commemorazione per i defunti
C.T. Basilea (CH): pranzo sociale
12 novembre C.T. Liegi (BE): Castagnata 12 – 13 novembre C.T. Santa Teresa (BR): incontro di bande e cori 13 novembre C.T. Carmelo (UY): partecipa alla Fiesta de las colectividades
2 dicembre C.T. Bento Gonçalves (BR): Assemblea elettiva 4 dicembre Circolo Ex emigrati trentini in Svizzera (IT): pranzo di Natale C.T. Monaco di Baviera (DE): Festa di Natale C.T. Garibaldi (BR): pranzo di amicizia
C.T. Buenos Aires (AR): pranzo sociale
10 dicembre C.T. Montevideo (UY): Festa 70° anniversario di fondazione
C.T. Florianopolis (BR): visita alla comunità trentina di Rodeio
C.T. Myrtleford (AUS): Christmas BBQ
C.T. Villa Regina (AR): conferenza “Italia e le sue regioni: Lazio e Toscana” 19 novembre C.T. Montreal (CA): Festa delle Castagna 20 novembre Gruppo Donne del C.T. Toronto (CA): 33° anniversario
10, 16, 17 dicembre e 6 gennaio C.T. Bento Gonçalves (BR): “Encanto Trentino” 11 dicembre C.T. Denver – Colorado (USA): Holiday Brunch C.T. Como e Lecco (IT): Natale Trentino C.T. San Francisco (USA): pranzo di Natale
24 novembre C.T. Buenos Aires (AR): Te culturale
C.T: Buenos Aires (AR): Pranzo di Natale
25 novembre C.T. Jaragua do Sul (BR): Cena 25° anniversario
C.T. La Louviere (BE): Mercatinbo di Natale con degustazione di prodotti tipici trentini
26 novembre C.T. Londra (GB): cena danzante C.T. Toronto (CA): cena dei cacciatori C.T. Carmelo (UY): festa di fine anno C.T. Charleroi (BE): 20° anniversario della sede del Circolo C.T. Porto Alegre (BR): cocktail 25° anniversario di fondazione C.T. Buenos Aires (AR): concerto del “coral trentino” diretto da Guillermo Suar 26 - 27 novembre A La Plata (AR): Incontro di lavoro con i coordinatori dei circoli trentini dell’Argentina
C.T. Cordoba (AR): pranzo di fine anno
15 dicembre Incontro di Natale dell’Associazione Trentini nel Mondo
16 dicembre C.T Toronto (CA): ultima serata dell’anno 12 gennaio Trasferta a Trento con concerto del Coro Tramontina del Rio Grande do Sul (BR) in collaborazione con Cooperativa Kaleidoscopio 15 gennaio A Gardolo, Giornata mondiale del migrante e del rifugiato
Foto di Daniele Costa
La cattedrale di Salto (Uruguay) città con la quale Caldonazzo ha sottoscritto un «Patto di amicizia» (servizio alle pagine 3-7)