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PROSPETTIVE AI LIMITI DELL’IRRAGGIUNGIBILE di Serafino Durante Foto Massimo Sestini
Abbiamo incontrato il fotografo di fama internazionale Massimo Sestini, da sempre “vicino” all’Aeronautica Militare con i suoi scatti artistici. Per i 60 anni delle “Frecce Tricolori” ha immortalato i nove MB.339 PAN sulle Tre Cime di Lavaredo subito dopo il tramonto, per quella che ha definito una «foto impossibile».
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Prospettive ai limiti dell’irraggiungibile
Sullo sfondo, la spettacolare fotografia realizzata per il 60° anniversario della PAN da Massimo Sestini. Nei riquadri, il fotoreporter di fama internazionale operativo sui mezzi dell’Aeronautica Militare.
È
lecito chiedersi quale strana alchimia possa unire così fortemente un fotografo di fama internazionale e l’Aeronautica Militare. Semplice... l’amore, concedeteci l’accostamento, per il volo. Che, nel caso del nostro “amico” Massimo Sestini, si lega all’arte della fotografia per immortalare istanti unici e altamente spettacolari. Sì, perché le sue fotografie, restando nel campo aeronautico, non esaltano soltanto la “fluidità” del mezzo in volo, non è questo che ricerca, bensì offrono prospettive ai limiti dell’irraggiungibile ed effetti scenici di rara bellezza. Lo spunto che ci porta a parlare di lui, ormai da molto tempo vicino alla Rivista Aeronautica, scaturisce proprio dalla sua ultima “fatica” che lo ha portato a realizzare una fotografia molto particolare della Pattuglia Acrobatica Nazionale, uno
scatto «impossibile», così l’ha definito, frutto di un progetto mai tentato prima. Sarà l’immagine simbolo del 60° Anniversario della PAN, tanto da “vestire” la copertina del volume “Frecce Tricolori, l’arte del volo acrobatico”, in uscita proprio mentre leggerete questo pezzo, che le Edizioni Rivista Aeronautica hanno realizzato in collaborazione con Giunti Editore. «Illuminare uniformemente la superficie occupata da tutti e nove i velivoli – ci dice in esclusiva Sestini – un’ora dopo il tramonto, quando diminuiscono le condizioni di visibilità e aumentano le distanze, con le Tre cime di Lavaredo, patrimonio dell’UNESCO, a fare da sfondo, è stata davvero un’impresa sfidante. La “luce Rembrandt” è un fascio luminoso che arriva dall’alto con un’inclinazione di 45 gradi. Ho pensato di provare a utilizzarla in cielo, collocando 10.000 watt di luci flash
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sul portellone di un C-27J. Questi flash, radiocomandati da un altro C-27 che volava in parallelo e su cui mi trovavo, avrebbero generato lampi adatti ad illuminare tutti i nove velivoli della PAN. L’impresa non era facile, perché volavamo a temperature estremamente rigide. Contestualizzare tutto questo in un punto preciso, perché si è scelto quello spettacolare paesaggio, con un cielo crepuscolare al punto giusto, altrimenti le luci dei flash non ce l’avrebbero fatta a sopraffare la luce diurna, è stato molto complicato. Ma ci siamo riusciti. Un risultato davvero straordinario, frutto di tanto studio e lavoro. Siamo – prosegue Sestini – i primi nella storia della fotografia e delle aeronautiche di tutto il mondo che hanno osato costruire una sala di posa a oltre 20mila piedi di quota... un progetto sperimentale che poteva non riuscire. Ci abbiamo messo tanto tempo, tanta pazienza, tanta abilità, soprattutto dei piloti dell’Aeronautica Militare... e alla fine ce l’abbiamo fatta; illuminare in questo modo gli aeroplani non lo ha mai fatto nessuno, proporre una fotografia diversa da quella diurna ci rende unici». Una Rivista Aeronautica
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consapevolezza, questa, ricorrente nelle valutazioni di Masimo Sestini, che sa bene quanto sia importante per il suo lavoro avere la stima e la considerazione degli equipaggi: «In cielo – ci dice – puoi essere il fotografo più bravo del mondo ma se il pilota non ti tiene nel punto esatto dove vorresti essere è tutto inutile e lassù non si lotta con l’estetica, ma con tutta una serie di variabili non sempre facili da gestire. La mia non è piaggeria, credetemi, perché la professionalità di chi porta quelle macchine è assolutamente encomiabile per la riuscita di uno scatto». Che Massimo Sestini fosse un predestinato lo si intuisce molto presto, quando adole-
scente la sua passione per la fotografia lo porta a stampare le prime foto in casa. Le sue idee sono talmente chiare da portarlo, di li a poco, a realizzare la sua prima mostra “Un diciassettenne ed il suo obiettivo”, allora dedicata ai cantanti rock ripresi durante i concerti. Molto presto, da giovane freelance, intuisce l’importanza di scattare fotografie “diverse”, particolari, che altri non hanno, praticamente uniche. È allora, negli anni degli attentati di Mafia in cui persero la vita i giudici Falcone e Borsellino, sue le foto dall’alto delle stragi, che scopre l’amore per il volo iniziando a noleggiare aeroplani ed elicotteri. Capisce che la fotografia aerea lo attrae enormemente e si avvicina al mondo delle Forze Armate e dei Corpi Armati dello Stato, con una predilezione particolare per l’Aeronautica Militare, con la quale instaura una stretta collaborazione basata su stima e rispetto reciproci. Il suo nome viene accostato a scoop e a fotografie esclusive di ogni genere, da un giovane Carlo d’Inghilterra che dipinge con la tecnica dell’ac-
querello in quel di Recanati a Licio Gelli arrestato a Ginevra dopo essersi costituito, dal primo bikini di Lady Diana al Giubileo del 2000, dal G8 di Genova ai funerali di Papa Woityla, alla tragedia della Moby Prince. È agli inizi degli anni 2000 che viene attratto da un modo tutto
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particolare di fare fotografia, quella prospettiva zenitale che, contemplando scatti perfettamente perpendicolari al soggetto ritratto, entra a far parte della sua personale visione della professione di fotoreporter, fino a rappresentare il suo marchio di fabbrica. Sue le suggestive immagini dei velivoli della PAN su Trie-
ste in occasione della 50esima edizione della Regata Barcolana e a terra sulla base di Rivolto con i piloti sdraiati sulle ali; ma soprattutto sua la fotografia del barcone di migranti, pubblicata sulle principali testate di tutto il mondo, che gli ha consegnato nel 2015 il premio internazionale World Press Photo. Ma come nascono nella sua testa fotografie di così rara bellezza? «L’immagine – precisa Sestini – rappresenta il metodo più profondo per comunicare perché è il più immediato, parla tutte le lingue del pianeta, deve toccare il cuore di chi la guarda... è per questo che la devi studiare e progettare, devi avere un’idea, devi avere qualcuno che ti stima e che ti metta in condizione di perseguire il tuo progetto e, a quel punto, realizzarlo. Ovviamente, per quanto sia tutto predisposto e preparato nei minimi dettagli, in questo tipo di attività vanno messe in conto possibili imprevisti... l’importante è non demordere
e riprovarci il giorno dopo». O, aggiungiamo noi, l’anno dopo, riferendoci proprio a quanto accaduto per ottenere la celebre fotografia che ha ricevuto il prestigioso riconoscimento di cui abbiamo fatto accenno. E sì, perché lo scatto ottenuto nel 2013, quando Sestini stava realizzando le foto per il calendario dell’Aeronautica Militare, non lo aveva per niente soddisfatto. Frutto di quattro passaggi con un’imbracatura che lo ancorava all’elicottero, mancava di intensità e di tensione emotiva, visto che nei volti dei migranti era venuto meno quell’effetto sorpresa e di spontaneità indispensabile. Per arrivare alla fotografia definitiva ha atteso l’estate dell’anno seguente, consapevole questa volta di dover fare centro al primo colpo, quando i migranti avrebbero rivolto al cielo il loro sguardo di speranza. Così è stato... il resto della storia lo conoscete già. Poi c’è tutta la parte di addestramento che un’attività
del genere presuppone. «Volare su macchine altamente performanti – ci tiene a sottolineare l’artista – oltre alle consuete visite mediche e alle indicazioni per affrontare ogni evenienza, ci si deve allenare tanto. Ho dovuto imparare a scendere nelle profondità del mare, a stare verricellato sotto un elicottero o imbracato sui pattini del “212”: una buona preparazione è assolutamente necessaria!». E quando gli chiediamo qual’è per lui lo scatto aeronautico più bello che abbia finora realizzato non esita neanche un secondo: «La foto che mi piace di più – dice – è quella di un F-35 che sale verso il cielo, oltre le nubi, con il pilota nel cockpit ben
visibile perché le luci dei flash entrano di taglio e lo illuminano completamente». Prima di salutarci la curiosità ci porta a chiedere quali progetti abbia in mente per il futuro: «Vorrei arrivare un giorno – ci dice sorridendo – ad effettuare un volo suborbitale, magari con la Virgin o, perché no, con Elon Musk. Fotografare il pianeta da 100mila piedi non mi dispiacerebbe affatto». Un “visionario”? No di certo! E ce lo ha sempre dimostrato con i suoi scatti fuori dal comune. A noi non resta che augurare all’amico Massimo Sestini di realizzare tutti i propri sogni. n © Riproduzione riservata
Nella pag. precedente, In alto, il “backstage” dello scatto di apertura, realizzato grazie a due C-27J dell’Aeronautica Militare; in basso, addestramento a bordo del T-346 del 61° Stormo di Galatina (Lecce). In queste pagg., sullo sfondo, Sestini ancorato ad un elicottero dell’A.M. mentre fotografa un Typhoon che passa a grande velocità; a sinistra, immagine particolare durante una missione addestrativa di ricerca e soccorso in mare; sopra, ancora Sestini praticamente fuori all’elicottero per scattare una delle sue fotografie.
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