L'arte della negoziazione nelle trattative con partner cinesi e giapponesi

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L'arte della negoziazione nelle trattative con partner Cinesi e Giapponesi

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Le guide di Filodiritto

FRANCESCO DE SANZUANE


L’arte della negoziazione nelle trattative con partner Cinesi e Giapponesi

FRANCESCO DE SANZUANE


Indice L’AUTORE

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INTRODUZIONE

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Parte Prima 1.1.I partner asiatici 1.1.1 Cina 1.1.2. Le differenze 1.1.3. I principi filosofici 1.1.4. Gli elementi chiave della negoziazione

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Parte Seconda 2.1. Giappone 2.1.1 I principi filosofici 2.1.2 La negoziazione 2.1.3 Le fasi della trattativa 2.1.4 La fase decisionale

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Parte Terza Conclusioni

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L’Autore L'arte della negoziazione nelle trattative con partner Cinesi e Giapponesi

FRANCESCO DE SANZUANE AVVOCATO

Francesco De Sanzuane nato a Bologna in data 11 Aprile 1974, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Bologna.

Ha intrattenuto ed intrattiene, anche in qualità di partner o Associato, stabili legami di collaborazione con Studi esteri internazionali; vanta numerosi rapporti di consulenza per diverse Associazioni di Categorie di professionisti e d’impresa; collabora con testate di approfondimento giuridico ed è autore di numerose pubblicazioni tra le quali l’opera Edita da Il Sole 24 Ore Pirola dal titolo “Glossario Internazionale di termini giuridici ed economici in 7 lingue”, edizione 2009. Nell’ambito della sua attività professionale ha consolidato una diversificata esperienza nel diritto civile, commerciale ed internazionale assistendo molteplici società e gruppi sia nazionali che multinazionali operanti in diversi settori ed in grado di assistere le società Clienti nella redazione di testi contrattuali anche complessi ed in lingua straniera (Inglese, Francese, Giapponese e Cinese). A questi fini, intrattiene rapporti professionali con importanti gruppi industriali, settore automotive, fashion e food & beverage in particolare, società editoriali, di telefonia, immobiliari, fornendo assistenza e consulenza operativa di supporto all’organo amministrativo, alla direzione generale, alla direzione finanza/controllo e del personale, nelle problematiche societarie del lavoro, contrattuali, di gestione crediti, in ambito stragiudiziale e giudiziale.

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Introduzione Riveste uno degli aspetti più importanti, quasi fondamentali, che dovrebbe essere sempre considerato prima e durante qualsiasi trattativa, tuttavia, le tecniche di negoziazione sono spesso sottovalutate, se non addirittura ignorate, e per questa ragione senza dubbio dimenticate, senza dubbio dai giuristi, ma anche dalla maggior parte di coloro che si trovano ad affrontare le problematiche che derivano dalla redazione di un regolamento convenzionale. Ciò vale in particolar misura in quei rapporti commerciali che presentano elementi di internazionalità. A onor del vero, la poca abitudine a trattare questo tipo di questioni, ossia la tendenza a sottovalutare e non preoccuparsi delle attività preparatorie che sono eziologicamente connesse, in un rapporto di causa effetto, alla redazione di un contratto, deve tuttavia essere ascritta anche alla scarsa propensione delle parti stesse nel coinvolgere, già in questa fase, un terzo soggetto, molto spesso per il timore che ciò possa rallentare lo svolgimento della trattativa o, persino, per un’esagerata apprensione che tale coinvolgimento possa ledere i propri interessi ovvero possa condurre ad un eccessivo irrigidimento dei partecipanti che, invece, vorrebbero potersi concentrare unicamente su aspetti di natura squisitamente economica. Proprio tali resistenze, tuttavia, costituiscono uno dei mali che colpiscono molte trattative, che sfumano sul nascere per il difetto di preparazione che affligge i soggetti che concretamente partecipano alle trattative, pur se competenti nelle materie che più prosaicamente costituiscono l’oggetto del possibile accordo. Diversamente da quanto si è portati a pensare, infatti, l’attività di negoziazione non si esaurisce con la semplice abilità di condurre una trattativa sul piano psicologico, ma anche e soprattutto nella capacità di interpretare, ed anticipare, le richieste e gli atteggiamenti dell’opposto interlocutore, al fine di prevedere quali saranno i punti di maggiore criticità e, allo stesso modo, quali i suoi interessi preminenti. Tale capacità di analisi permetterà di redigere schemi contrattuali già di per sé soddisfacenti anche per la controparte e, di conseguenza, sarà possibile anticipare e superare, per quanto possibile, le richieste e le chiusure che si presenteranno nel corso del dialogo. Si tenga anche presente che l’esperienza ci ha insegnato che per poter far affidamento su un contratto, soprattutto se in esso le aspettative sono alte, tutti i nodi, che potrebbero divenire “gorgiani” debbono sempre preferibilmente essere dibattuti tra le parti in diverse occasioni. In effetti, un buon accordo, e di conseguenza un buon contratto, non è quello che ci dice come calcolare eventuali penali per inadempimenti parziali ovvero che ci permette di risolvere il contratto in certe ipotesi senza il normale preavviso richiesto dagli usi, bensì quello che, di fronte alle difficoltà che possono senza dubbio emergere, ha la capacità di trovare al • 5 •


proprio interno gli strumenti per evitare qualsiasi tipo di crisi. E ciò è possibile, nell’ottica di una collaborazione di lungo termini, solo se il testo è stato condiviso in ogni sua parte. Scopo del presente studio è proprio quello di agevolare la comprensione di alcuni comportamenti che sono propri, e radicati profondamente, nel metodo di gestione di affari degli operatori commerciali asiatici, la cui conoscenza costituisce un innegabile vantaggio per chiunque si appresti, o desideri, entrare in rapporti commerciali con partners cinesi o giapponesi.

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PARTE PRIMA

I partner asiatici Sommario: 1.1 I partner asiatici – 1.1.1 Cina – 1.1.2 Le differenze – 1.1.3 I principi filosofici – 1.1.4 Gli elementi chiave della negoziazione

1.1 I partner asiatici 1.1.1 Cina Spesso accade che la sfida della mutua comprensione tra operatori occidentali e cinesi si scontri con una certa incompatibilità di fondo, che deriva dalla diversità della cultura di provenienza, ma che poi trova terreno fertile su una diffusa ritrosia a concedere fiducia a chi non pensiamo non desideri comprendere i nostri desideri e le nostre abitudini. Altrettanto frequentemente è possibile ascoltare le lamentele di coloro che, nel tentativo di concludere affari in Cina, si dichiarano apertamente delusi dell’andamento della trattativa e sostengono che i negoziatori cinesi sono inefficienti, indiretti o persino disonesti, mentre dall’altro lato, similmente, si possono percepire le lagnanze di uomini d’affari cinesi che ritengono i negoziatori occidentali troppo aggressivi, impersonali ed impazienti, poco avvezzi all’arte della negoziazione e molto interessati alla definizione dell’accordo, con poco riguardo alla sua futura esecuzione. A questo proposito, risulta utile riflettere sul seguente aspetto, che risulta utile per inquadrare con maggiore precisione la filosofia che muove l’interlocutore cinese. Non deve essere infatti sottovalutato che gli ideogrammi che compongono il sostantivo Cina, 中国 – Zhōngguó – assumono il significato letterale di “Regno di Mezzo”, ponendo in tal modo, anche dal punto di vista morale e spirituale, sebbene nell’ottica cinese, lo stesso Paese su un piano centrale e più alto rispetto alle società occidentali o comunque esterne. Naturalmente, la visione sino-centrica di cui poc’anzi non è sufficiente a spiegare quali comportamenti ci si può attendere. Vi sono principi morali che non possono essere sottovalutati, e tantomeno disattesi, e che caratterizzano profondamento il comportamento di qualsiasi cittadini cinese. I principi che analizzeremo tra breve e che concorrono a comporre un tale atteggiamento complessivo, sono la modestia, la pazienza, il rispetto per la gerarchia, l’onore, la lealtà e la tradizione. Si tratta ovviamente di concetti ideali, ma che trovano la loro appli• 7 •


cazione pratica soprattutto nelle fasi preliminari di un rapporto di affari, quando si ritiene necessario ed imprescindibile costruire il rapporto personale con l’altra parte. Dunque ciò significa, considerando detti principi e traducendoli in termini commerciali e giuridici, e pur nella consapevolezza del risultato che ci si propone di raggiungere, che per la parte Cinese il rapporto complessivo che si instaura tra le parti è idealmente di gran lunga più importante dell’obiettivo commerciale immediato. Conseguenza diretta di tale modo di pensare è la naturale predisposizione degli operatori cinesi a trattative di lunga durata. Si tenga comunque presente che nell’affrontare i principi base che caratterizzano il modo di sentire dei nostri partner cinesi e che devono essere rispettati e conosciuti per poter avere migliori possibilità di successo, faremo riferimento a stereotipi, diffusi nel pensiero generale e riferiti al mercato cinese, ma che certamente hanno in sé un significato limitato se riferiti ad un paese con oltre un miliardo di abitanti; ugualmente accetteremo nella descrizione dei comportamenti degli uomini d’affari occidentali stereotipi certamente esagerati rispetto alla realtà dei fatti. Quel che rimane certo, in ogni caso, è che la conoscenza delle basi della cultura cinese applicate al mondo degli affari è la chiave principale, e riteniamo imprescindibile, per garantire le maggiori possibilità di successo di qualsiasi tipo di affare o rapporto, anche extra commerciale. A questo proposito, si rende utile una ultima riflessione introduttiva. Sebbene negli ultimi anni la tendenza dei cittadini cinesi sia quella di spostarsi nelle città, dove è possibile trovare maggiori e diverse opportunità di impiego, non deve essere sottovalutato che ancora i due terzi della popolazione vivono in comunità rurali, e la flessione economica di questi ultimi anni pare aver lanciato una sorta di “contro esodo” verso le campagna per molti cittadini, e proprio da questo deriva il comune sentire, per il quale la cellula principale della società è la collettività e non il pensiero individuale; la sopravvivenza del gruppo, infatti, dipende direttamente dalla cooperazione e dell’armonia tra i suoi componenti1. Sono concetti che le nuove generazioni, quelle più ricche, la borghesia cinese per intenderci, cerca di dimenticare facendo sfoggio della propria ricchezza, con comportamenti di spiccata ispirazione occidentale. Ma comunque essi rimangono e trovano sempre applicazione. In altre parole, la prima cosa che un uomo d’affari cinese si aspetta dal suo interlocutore straniero è la disponibilità a cooperare a lungo termine, disponibilità che deve essere dimostrata sin dalla fase delle trattative, che per essere fruttuose difficilmente potranno assumere a principio prevalente il carattere della celerità. Questa visione unitaria, fortemente olistica dell’esistenza si riverbera ed influenza la prepara1

Un piccolo aiuto alla comprensione della filosofia cinese in ambito commerciale ci è fornito dalle parole del filosofo Fung-Yu-Lan, che nelle sue opere descrisse la civiltà cinese nella quale il lavoro agricolo era paragonato a delle “radici” di una pianta, mentre il commercio rappresenta semplicemente uno dei “rami” della pianta stessa, ed è relegato ad un ruolo secondario. Fung Yu-Lan, “Storia della filosofia cinese”; Milano; Mondadori; 1956.

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zione e lo svolgimento della negoziazione. Non è dunque sbagliato affermare che gli operatori Cinesi sono più preoccupati dei mezzi che del risultato, del modo piuttosto che del traguardo. 1.1.2 Le differenze Allo scopo di fornire un primo esempio concreto dei principi che abbiamo richiamato poco sopra, si rende utile schematizzare gli aspetti che costituiscono concretamente le differenze intercorrenti tra occidentali e cinesi e che, nella seguente tabella, trovano la propria origine nell’appartenenza dei due gruppi a contesti culturali e sociali profondamente opposti: Operatori occidentali

Operatori cinesi

I principi culturali di base ed il modo di pensare Individualista

Collettivista

Egalitario Orientato alla ricerca di informazioni

Gerarchico Orientato allo sviluppo della relazione

Riduzionista Sequenziale

Olistico Circolare

Alla ricerca della verità

Alla ricerca della via

Cultura dell’argomentazione

Cultura della contrattazione

Il modo con il quale è affrontata una trattativa Riunioni veloci

Lunghi processi di avvicinamento

Atteggiamento Informale

Atteggiamento formale

Contatto diretto

Avvicinarsi tramite intermediari

Scambio di informazioni Piena autorità Diretto

Autorità limitata Indiretto

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Prima la proposta

Prima la spiegazione Mezzi di persuasione

Aggressività

Interrogare

Impazienza

Perseveranza

Desiderio riposto nell’accordo Ottenere un buon affare

Ottenere una relazione di lunga durata

Da questo breve schema, appaiono in tutta evidenza le profonde diversità esistenti in relazione all’approccio alla negoziazione, ma anche e soprattutto rispetto all’obiettivo finale che ci si propone di raggiungere. A questo proposito, per scongiurare il pericolo di perdite di tempo, di denaro e di fiducia nei propri mezzi e nel mercato che si desidera affrontare, è necessario approfondire e riflettere su alcuni di questi principi, che attingono dalla realtà filosofica del Confucianesimo, naturali per un operatore cinese e la cui conoscenza può segnare la differenza tra il successo di una trattativa e la sua definitiva compromissione. Tra le coppie di termini posti in relazione, particolarmente significative sono quelle che esprimono la distribuzione del potere decisionale e la sua rappresentazione verso l’esterno. È infatti facile intuire che, a fronte del maggior piglio che caratterizza gli uomini d’affari occidentali, che abbiamo definito individualisti, egalitari ed aggressivi, comportamenti che invero ne testimoniano spesso l’ansietà e l’insicurezza, sarà semplice per i soggetti cinesi rispondere con comportamenti dilatori e con richieste di rinvio delle decisione, per lo più per un mero atteggiamento tattico defatigante, che fanno parte del loro naturale modo di agire e che, automaticamente, li pongono in una posizione di vantaggio, soprattutto se il maggiore interesse nel concludere l’affare può essere ricondotto all’operatore straniero (occidentale). “Chi è prudente ed aspetta con pazienza colui che non lo è, sarà vittorioso” (Sun Tzu)2. Dunque, esprimere direttamente le proprie impressioni sullo svolgimento della trattava, ad esempio lamentandosi per la sua lentezza, è fortemente sconsigliato in quanto rischia di compromettere i buoni rapporti instauratisi in precedenza e, in ogni caso, pone in nostro interlocutore in posizione vantaggiosa. 2

Sun Tzu “L’arte della Guerra”, Mondadori, 2011, trad. di Amarillis Monica Rossi.

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1.1.3 I principi filosofici 关系 – GUĀNXI Le Relazioni personali La definizione “Relazione personali” è di facile lettura e fa riferimento alla posizione che un soggetto riveste nell’alveo delle proprie conoscenze. A questo proposito è bene sottolineare che gli operatori occidentali, quando si pongono di fronte a persone che non conoscono, sono soliti porre al primo posto sé stessi, e dunque presentarsi, facendo riferimento alle proprie informazioni personali, alle relazioni con altre persone del settore, se non anche la propria eventuale notorietà, per ottenere prestigio agli occhi del proprio interlocutore. I cinesi, all’opposto, preferiscono mettere in primo piano il prestigio e la credibilità acquisiti tra il gruppo del quale fanno parte, nella cerchia dei diretti partner d’affari o di conoscenti, amici e più stretti collaboratori. Sebbene tale principio si sia con il tempo affievolito per importanza, in conseguenza della repentina apertura del mercato a soggetti stranieri che ha comportato l’adozione di alcune abitudini di origine squisitamente occidentale, è indubbio che far affidamento su un contatto diretto, ad esempio tramite un conoscente o un collaboratore della persona che si intende contattare, rappresenta ancora oggi un elemento di notevole importanza, che può essere validamente sfruttato per organizzare ed affrontare il primo contatto con maggior sicurezza ed in modo più consono alle aspettative del nostro interlocutore. Ciò comporta, tuttavia, la piena consapevolezza di come la trattativa si svolgerà se si decide di seguire questa via. In altre parole, avere a propria disposizione l’opportunità di contare su un rapporto personale diretto per avvicinare il nostro futuro interlocutore implica l’inizio di una trattativa molto lunga caratterizzata, prima ancora che dalle reciproche concessioni di natura, da un lungo processo di conoscenza reciproca3. La lunghezza della durata delle trattative o il loro lento intercedere, normale per gli operatori cinesi, ma quasi sempre considerato inutile e snervante per gli occidentali, sono ritenute fondamentali ed ignorare le regole che abbiamo appena richiamato non è una semplice mancanza di tatto: agli occhi degli uomini di affari cinesi appare infatti come una mancanza di rispetto, difficilmente comprensibile in una persona che chiede di iniziare un rapporto di collaborazione commerciale facendo ricorso a delle referenze, o meglio alle raccomandazioni di una personal conosciuta. Non rispettare il principio di reciprocità a cui abbiamo poc’anzi rinviato, huíbào in lingua cinese (回报 – che esprime il concetto di reciprocità) significa in buona sostanza assumersi il duplice rischio di compromettere la possibilità di raggiungere un accordo e quello di crearsi 3

Qi, Xiaoying (2013), “Guanxi, Social capital theory and beyond: toward a globalized social science” British Journal of Sociology, 64(2).

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una cattiva fama nel mercato. Oltre a mettere in cattiva luce la persona che si è impegnata personalmente per organizzare l’incontro e che, per colpa del nostro comportamento, potrebbe a sua volta essere considerata poco affidabile o addirittura non gradita, come vedremo in riferimento al prossimo principio. 中间人 – ZHŌNGJIĀNRÉN L’intermediario Strettamente legato al principio “guānxi” è il concetto di “zhōngjiānrén”, l’intermediario. Quando possibile, è sempre bene farsi presentare da un intermediario, che conosca il nostro corrispondente o che sia conosciuto o noto nell’ambiente. Infatti, esattamente come accade a chi si affaccia sul mercato cinese e che, per diverse ragioni, è spesso guardingo e sospettoso nei confronti del proprio interlocutore, similmente può essere detto per gli operatori cinesi, che nutrono altrettanto sospetto nei rapporti d’affari con gli stranieri. La presenza di un intermediario può superare questa diffidenza iniziale e creare le basi per la nascita tra le parti di quelle relazioni personali che abbiamo definito in precedenza. Il primo passo da compiere, dunque, è cercare di impostare la relazione sul piano personale, tramite l’individuazione dell’intermediario migliore. Tale ruolo può essere rivestito anche un non professionista, che tuttavia possa vantare una relazione personale con la nostra controparte. Un buon intermediario si rende spesso necessario anche successivamente, nel pieno dello svolgimento della trattativa. La dinamica della negoziazione fa sì che spesso gli operatori cinesi, interrogati su argomenti delicati sui quali non hanno ancora preso una decisione o per i quali ritengono di aver bisogno di tempo ulteriore per decidere, preferiscano non rispondere direttamente con un rifiuto, al fine di conservare il più possibile i buoni rapporti formali, e preferiscano modificare l’oggetto del discorso, oppure forniscano risposte vaghe o ambigue (a titolo di mero esempio “hái bù cuò” 还不错 – “non sembra male”; “hái hǎo - 还好” – “pare che possa andare” – o ancora “hái xíng” 还行 – “pare passabile”), frasi che sovente testimoniano anche la scarsa soddisfazione su come si sta sviluppando la trattativa e la volontà di sottrarvisi il prima possibile. L’intermediario può leggere con maggiore chiarezza tali comportamenti e fare la differenza, consigliando il miglior atteggiamento da prendere in ogni circostanza. Caso di scuola è quello in cui l’uomo d’affari occidentale, spazientito dalla lentezza della sua controparte cinese, comincia a tempestare il proprio interlocutore con continue domande, dirette e perentorie, arrivando a chiedere anche cosa la controparte pensi dei termini dell’affare proposto e le ragioni della sua titubanza. Normalmente, la risposta della controparte cinese assume forme del tipo “Ci permetta di studiare il punto con più calma” o simili, il che equivale quasi sempre ad una, tacita, perdita di

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interesse nell’affare o, in ogni caso, ad un atteggiamento di chiusura. Tale pericolo può essere scongiurato interpretando i segnali che la controparte cinese manda con il proprio comportamento e suggerire le giuste domande o quale atteggiamento seguire. Ci sia permessa una ulteriore precisazione, che discende dall’esperienza diretta nella conduzione di alcune trattative alle quali si è partecipato e che si sono concluse con reciproca soddisfazione per tutte le parti coinvolte. Non è assolutamente necessario porre in essere atteggiamenti volti ad indagare sulle ragioni di un eventuale temporaneo rifiuto di concludere l’affare. Non lo è perché non servirebbe. Non lo è in quanto risulterebbe offensivo e fuori luogo (ciò sarebbe vero anche nell’educazione occidentale, ma spesso si fa finta di dimenticarsene). Se il rifiuto non è assoluto o definitivo, o come abbiamo avuto modo di ricordare in precedenza, esso semplicemente si traduce in una mancata risposta, è necessario fare un passo indietro e analizzare nuovamente i termini dell’accordo che si ritiene assodato siano stati condivisi o accettati. Con tutta probabilità, è in uno di questi termini che si cela la vera ragione della ritrosia del partner cinese. Dunque, sollevare nuovamente il discorso sui punti più discussi in precedenza, ad esempio ponendo alcuni quesiti come “i termini di consegna sono dunque accettabili?” o ancora “la garanzia sulla qualità dei prodotti potranno essere estese”, risulterà essere molto utile per rinnovare l’interesse nella trattativa del nostro partner e raggiungere il nostro scopo finale. 社会等级 – SHÈHUÌ DĚNGJÍ Stato sociale Spesso gli operatori occidentali trovano difficile comprendere le formalità degli uomini d’affari cinesi. Dimenticando spesso che le proprie abitudini professionali possono a loro volta apparire singolari o non necessarie. L’etichetta è importante e protendere per un approccio eccessivamente informale, pur tenendo un comportamento amichevole, non è una buona strategia in un paese dove i valori dell’obbedienza e della deferenza nei confronti del proprio superiore, o di un ospite, prendono sempre il sopravvento. A questo proposito deve essere detto che uno degli errori più gravi che si possono commettere è quello di affidare le trattative ad un rappresentante della società che, seppur preparato, ricopre un ruolo di livello basso all’interno dell’organigramma aziendale, o che potrebbe essere considerato troppo giovane in relazione all’importanza dell’affare che si intende concludere. Il rischio che si corre è che il nostro corrispondente possa pensare “Lei ha l’età di mio figlio!”, riducendo così automaticamente la sua autorità e ponendolo in posizione svantaggiosa. Ma come possiamo comportarci in tutti quei casi in cui, per preparazione specialistica e per attitudine, il soggetto che meglio può condurre la trattativa non riveste ancora un ruolo elevato nell’organigramma aziendale? Per rispondere a questa domanda e sempre, almeno nelle fasi cruciali della negoziazione, è sempre bene far accompagnare tale soggetto da un esponente di

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più alto grado della società. Il mancato rispetto di un tale accorgimento, infatti, potrebbe essere considerato alla stregua di un atteggiamento di scarsa considerazione e di sottovalutazione nei confronti della controparte; non presentarsi nella persona di un dirigente di grado almeno pari rispetto a quello ricoperto dall’interlocutore, sarebbe dunque un comportamento passibile di una interpretazione negativa, perché esprimerebbe una mancanza di interesse e di rispetto per le capacità della nostra controparte e per l’importanza stessa dell’affare. 人际和谐 – RÉN JÌ HÉXIÉ Armonia interpersonale Ci sono due proverbi cinesi che ben rendono con sufficiente chiarezza il significato di tale principio “rén jì héxié” – armonia interpersonale. “Un uomo senza sorriso non potrà aprire un negozio” e “Un buon carattere e la gentilezza producono denaro”. Essi ci danno l’idea dell’importanza che i cinesi danno all’armonia tra le parti, armonia che deve caratterizzare la trattativa in ogni momento. Tale predisposizione spiega in parte anche la sovente “circolarità” delle risposte che molto spesso gli uomini d’affari cinesi utilizzano, in quanto risposte troppo esplicite e negative rischierebbero di compromettere i buoni rapporti tra le parti. Infatti, se il rispetto e la responsabilità sono punti cardini di una relazione gerarchica, tipica del mondo occidentale, l’armonia interpersonale è altrettanto importante negli usi cinesi. Ciò spiega anche il perché in occidente la discussione preliminare può richiedere pochi minuti, mentre in Cina possono essere necessari anche diversi giorni, che includono visite, inviti ad eventi culturali o sportivi e lunghe cene, dove tutto è volto a creare un clima di confidenzialità tra le parti, ma durante i quali niente o quasi viene detto sul vero motivo della visita. In altre parole, lo scopo di queste lunghe a tratti faticose riunioni è quello di valutare non solo l’intenzione delle parti e la loro onesta intellettuale, ma anche porre le condizioni perché le stesse possano continuare le trattative nelle migliori condizioni possibili. La fiducia che si intende creare tramite la frequentazione è necessaria per aver conferma delle buone intenzioni, o se preferiamo della “buona fede”, delle parti coinvolte. Si ricordi inoltre che, nonostante la Repubblica Popolare Cinese si sia recentemente dotata di una normativa completa, ispirata alle norme internazionali afferenti alla materia contrattuale, la fiducia reciproca e la buona fede sono concetti tutt’ora fondamentali per il buon andamento della trattativa e per la prosecuzione del rapporto anche successivamente alla sottoscrizione dell’accordo. Il concetto di fiducia nella Cina moderna si intrinseca, dunque, nel concetto di “affidamento” e di integrità, o competenza, che può essere riconosciuto ad una persona, che agisce in osse-

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quio a tali principi e qualità4. E ciò nonostante il concetto di buona fede, o di fiducia sia spesso percepito in senso esclusivo da ciascun soggetto, come se facesse riferimento all’interpretazione più corretta di detto principio, anche quando è ormai noto che in quasi tutte le culture, una persona degna di fiducia lo è in quanto, ed anche volendo aggiungere quasi a protezione della propria capacità di discernimento la locuzione – tipicamente occidentale –“in determinate circostanze”, meritevole di essere creduto, per le condotte che ha posto in essere e per i risultati che ha conseguito. D’altro canto, la fiducia è l’elemento che ci permette, anche se “a certe condizioni”, di programmare il futuro e, dunque, di assumere rischi che, altrimenti, non ci sentiremmo mai di affrontare. 整体观念 - ZHĚNGTǏ GUĀNNIÀN Concezione olistica In tutte le occasioni nelle quali saremo chiamati a condurre una trattativa in Cina, dovremo essere mentalmente preparati a discutere simultaneamente tutti i termini dell’accordo, anche senza seguire un ordine logico. Nulla è concordato sino a quando non si è raggiunto l’accordo su tutto. Dunque, la propensione occidentale di considerare un contratto articolo per articolo è destinata ad essere disattesa, in quanto tale impostazione non è culturalmente accettabile per i nostri partner cinesi, e non per cattiva volontà, ma per abitudine e cultura. Questo atteggiamento deriva dalla concezione olistica con la quale i cinesi conducono le proprie relazioni d’affari. I cinesi, infatti, sono soliti procedere iniziando con una discussione generale sui punti di interesse comune tra le parti. La richiesta immediata di concludere il contratto non è apprezzata, in quanto viene interpretata come il segnale che la controparte mette al primo posto il denaro e gli espedienti per arrivare immediatamente al profitto. Sia anche ritenuto che gli incontri di affari sono eventi sociali importanti, utilizzati per consolidare i rapporti personali. È necessario precisare che il principio filosofico olistico si basa sulla concezione che il valore e le proprietà di un determinato sistema, ad esempio il corpo umano, non possono essere valutate e spiegate esclusivamente tramite la considerazione e la semplice somma dei sui componenti, nel nostro esempio le semplici cellule. Su questa base, possiamo dire che per un uomo d’affari cinese, il contratto assumerà un valore molto più alto rispetto all’insieme delle clausole che lo compongono e, di conseguenza, trattare contemporaneamente più aspetti dell’accordo sarà ritenuto normale, in quanto è un comportamento rivolto all’obiettivo finale, che è complessivo e non individuale, e che supera in valore le singole disposizioni che ne fanno parte. 4

Pearce II, John A., and Richard B. Robinson Jr. “Cultivating Guanxi as a Foreign Investor Strategy. Business Horizons”, 2000, Vol. 43, No. 1.

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A questo proposito, l’uso di una semplificazione ci permetterà di rendere più comprensibile il significato di tale principio. Gli operatori occidentali sono soliti impostare la discussione per tappe determinate, in una serie di piccole questioni da discutere: prezzo, quantità, garanzia, spedizione, modalità di pagamento e via dicendo. E per ogni argomento, è necessario tipizzare una soluzione, trascriverla nel testo contrattuale e, di conseguenza, approvarla definitivamente e passare oltre. Gli operatori cinesi, invece, hanno la tendenza a discutere di tutte queste materie contemporaneamente, saltando da un argomento all’altro; la sensazione provata dalla controparte straniera è quella di non arrivare mai ad una definitiva soluzione dei termini chiave dell’accordo. Anche se questa sensazione è sbagliata, perché effettivamente, in modo forse per noi convulso e disordinato, i termini dell’accordo stanno trovando la propria definizione. In altre parole, se per un occidentale la negoziazione è conclusa quando si è conclusa la discussione su tutti i punti della ipotetica lista che abbiamo citato poc’anzi, al contrario deve dirsi per un cinese, che solo dopo aver trattato “sommariamente” tutti questi punti si sentirà nella posizione di cominciare a considerare il futuro rapporto nel suo complesso, tornando più volte sugli argomenti trattati. A questo proposito è consigliabile “tenere i nervi saldi” e non cominciare a fare concessioni, spesso non necessarie, per sveltire le operazioni e la trattativa. La domanda più naturale che viene da porsi, arrivati sin qui, consiste nel chiedersi quando si può confidare che la trattativa si stia svolgendo proficuamente. Al di là dell’ovvio, ovvero quando l’accordo è siglato, un buon segnale è costituito dalle ripetute domande che la nostra controparte ci pone, interrogandoci su un punto determinato dell’accordo e che hanno il compito di permettere l’acquisizione di maggiori informazioni sul particolare che, evidentemente, è considerato di basilare importanza dal nostro corrispondente. Una volta raggiunta la piena consapevolezza di quel determinato punto, probabilmente sarà possibile concludere l’accordo. Pur potendo apparire in un primo momento come una inutile dilatazione dei tempi, si tenga presente che la richiesta di un nuovo appuntamento per discutere un punto specifico dell'accordo deve essere inteso, il più delle volte, con favore, in quanto testimonia la volontà di discutere più approfonditamente l'argomento, non ancora chiaro, in vista dell'accettazione definitiva. Inoltre, altresì positivamente devono essere considerate le brevi pause richieste dal nostro interlocutore per conferire con i propri collaboratori: con tutta probabilità, tale comportamento si tradurrà nell’imminente presa di posizione e nella successiva decisione. Inoltre, altresì positivamente devono essere considerate le brevi pause richieste dal nostro interlocutore per conferire con i propri collaboratori: con tutta probabilità, tale comportamento si tradurrà nell’imminente presa di posizione e nella successiva decisione.

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节俭 – JIÉJIǍN Parsimonia La tradizione cinese porta con sé una spiccata tendenza al risparmio, dovuta ai lunghi periodi di carestia e povertà che ne hanno caratterizzato la storia ultra millenaria. Da qui deriva l’abitudine degli operatori cinesi di ottenere il prezzo migliore in qualsiasi circostanza, a volte anche a discapito di altri aspetti che nella pratica potrebbero risultare maggiormente utili ed economicamente convenienti; altresì, altra conseguenza è la loro riluttanza a concedere riduzioni sul prezzo senza prima avere la certezza di ottenere una contropartita ritenuta ragionevole. Per raggiungere tale scopo, sovente gli operatori cinesi utilizzano il “silenzio” come mezzo di persuasione, contando proprio su quello che deve considerarsi il vero tallone di Achille degli occidentali, la loro proverbiale impazienza. Difendendo la propria posizione, ad esempio sul prezzo, ma ciò vale per qualsiasi aspetto dell’accordo, l’arma preferita dei nostri corrispondenti sarà dunque l’attesa, il silenzio, uniti alla pazienza, ovvero l’allungamento dei tempi della trattativa. Questo comportamento, come detto, si basa sul fatto che essi si aspettano delle concessioni reciproche, ed in particolar modo sul prezzo. Nel momento in cui l’operatore cinese presenterà un’offerta realmente competitiva in relazione al prezzo, sia esso di acquisto o di vendita, quello sarà il momento per porre domande a nostra volta su altre questioni, ad esempio sul programma della spedizione o sulle garanzie, distogliendo l’attenzione dall’argomento. Ciò per evitare che la nostra controparte comprenda che per noi è il prezzo, come la maggior parte delle volte accade, il punto più importante dell’accordo. O quanto meno l’aspetto che più di altri influisce sulle nostro capacità decisionali. Senza dubbio una strategia di questo tipo richiederà più tempo, ma sicuramente darà i migliori frutti. Su queste premesse ed in conclusione, possiamo provare ad immaginare il pensiero di un uomo d’affari cinese che si trovi in tale circostanze: “Faccio una concessione e mi aspetto di riceverne una di pari valore”. 吃苦耐劳 - CHĪKǓ NÀI LÁO Pazienza, Resistenza, Determinazione nel lavoro I cinesi sono noti per la loro etica in rapporto al lavoro e per la loro costanza. Dove gli occidentali mettono al primo posto il talento e le capacità personali come chiave per il successo, i cinesi pongono la perseveranza come elemento più importante ed onorevole, che distingue la persona normale nella società civile. Il duro lavoro, anche in condizioni disagiate, assume i contorni di un’ideale, che rende la persona degna di rispetto ed onore. • 17 •


Ai nostri fini possiamo rilevare che tali aspetti si evidenziano con particolare forza in due momenti attinenti alla trattativa. Il primo è quello della preparazione dell’incontro, che da parte cinese avviene in modo molto accurato e con grande dispendio di energie. Il secondo è direttamente connesso allo svolgimento della negoziazione: gli operatori cinesi si aspettano, come la cosa più normale e naturale, che la trattativa sia lunga e difficile; solo così si potrà veramente affermare l’importanza del rapporto commerciale che si intraprenderà in futuro. In altre parole, un accordo concluso in poco tempo è anche poco prestigioso. D’altro canto, è bene non dimenticare che se nel corso della discussione il nostro proferisse una frase del tipo “questo non è un gran problema”, per quanto sopra segnalata, dovremo invece fare grande attenzione a quanto sta accadendo perché molto spesso detta un pensiero che può esprimere esattamente il contrario, ovvero una criticità che necessità una immediata indagine in merito alla natura dell’ostacolo e cercare delle soluzioni. 1.1.4 Gli elementi chiave della negoziazione Dunque, nel tentativo di trarre le fila del nostro studio, per operare in questo quadro complessivo, è necessario rispettare tre regole. La prima è quella di fare domande. In particolare, fare più domande anche sullo stesso argomento o in relazione ad una questione particolarmente discussa o di particolare interesse per la controparte: un tale atteggiamento esprimerà la volontà di comprendere esattamente le ragioni e le necessità del nostro interlocutore e dimostrerà che siamo disposti a comprenderne le ragioni nel tentativo di trovare un compromesso accettabile. Un buon esempio potrebbe essere: “Notiamo che questo argomento è di notevole importanza per voi, potreste ripeterci le vostre necessità?”. In secondo luogo, mostrare pazienza, dando spiegazioni sulla propria situazione, “scoprendo abilmente le proprie carte”. Può essere una buona strategia illustrare la situazione della propria società, le proprie necessità e preferenze facendo tuttavia attenzione, con ciò, di non sconfinare nell’auto promozione. In taluni casi, non è neppur sconsigliato fornire alla nostra controparte cinese informazioni sui nostri concorrenti nel mercato o condurre l’oggetto della discussione su argomenti “accessori” all’oggetto vero e proprio del contratto, ad esempio proponendo la possibilità di ospitare nel nostro paese i nostri interlocutori, offrendo loro una visita per una dimostrazione o mettere a disposizione dei tecnici della controparte la possibilità di partecipare a brevi corsi di aggiornamento. Una tale apertura, infatti, al di là delle evidenti conseguente pratiche, consiste un vero e proprio atteggiamento positivo e concreto e con il quale è possibile dare dimostrazione della sincera intenzione di coinvolgere il partner nella comprensione di tutti gli aspetti essenziali del rapporto economico che si desidera instaurare.

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In terzo luogo, dimostrare pazienza e perseveranza in ogni momento della negoziazione. I cinesi raramente decidono qualcosa individualmente (le decisioni vengono prese sempre collegialmente) e, allo stesso tempo, conoscono molto bene che il protrarsi dei tempi è un punto a proprio favore. Il miglior metodo per trattare con operatori cinesi è imparare ad utilizzare le loro stesse astuzie, dimostrando temperanza, riconsiderando, anche quando non necessario le singole clausole sulle quali l’accordo è già stato raggiunto e dando importanza continua alle domande della controparte cinese. La complessità dell’argomento consiglia di procedere ad un’ulteriore semplificazione, nella quale considereremo le due fasi fondamentali nelle quali il processo di negoziazione può essere idealmente separato. La prima fase può essere definita la fase “tecnica”, molto dettagliata e lunga, durante la quale sarà necessario presentare la società nella persona di un componente di spicco dell’organigramma societario, esperto e preparato sugli aspetti tecnici dell’affare. Le società cinesi, di grandi dimensioni, ma non solo, sono solite affrontare la trattativa presentandosi in persona di due diversi “team”, quello tecnico prima e quello che si occuperà di definire gli aspetti più squisitamente commerciali poi. In termini generali, la prima fase è necessaria per dimostrare la propria competenza sostanziale sulle questioni afferenti alla collaborazione che si intende intraprendere, in modo che la controparte cinese possa verificare efficacemente i vantaggi che essi potranno trarre. Se si decide di operare con due gruppi, quello tecnico prima e quello commerciale poi, con tutta probabilità il secondo gruppo attenderà molto prima di entrare fattivamente in azione, ma in ogni caso sarà necessario che entrambi collaborino sin dall’inizio, per poter pianificare la strategia migliore, allo scopo di non dimenticare o trascurare nessun aspetto che poi potrebbe assumere rilevanza durante la seconda fase. Come detto in precedenza, per i cinesi, un contratto è soprattutto un accordo che deve essere basato sulla fiducia reciproca; tale concezione supera il valore legale del documento, quanto meno nell’accezione che ad esso viene data dagli operatori occidentali. Tenendo conto di tale principio di massima, e ricordando ancora una volta che la Cina ha un approccio culturale fondamentalmente orientato alla leadership, il gruppo di negoziazione, o i due gruppi, potranno essere composti anche da tecnici e professionisti, ma in ogni caso la controparte cinese cercherà sempre di ottenere un contatto diretto con la persona che ricopre il gradino più alto della società o che, effettivamente, ha l’autorità per prendere le decisioni definitive. Per questo, agli incontri non potrà mai mancare l’amministratore delegato o il titolare d’impresa, che ovviamente avrà il potere di dare la sua approvazione definitiva ai singoli accordi, anche parziali, raggiunti di tempo in tempo. In alternativa, la persona incaricata di condurre

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le trattative dovrà poter provare di essere stata investita di tutti i poteri necessari e di poter assumere, se non la decisione definitiva, obblighi e impegni formali per la società. In altre parole, essere in grado di comporre un gruppo affiatato, che sia consapevole delle abitudini di negoziazione cinesi, prima ancora che delle questioni tecniche o commerciali, significherà avere maggiori possibilità di successo. In conclusione, per poter affrontare con profitto una trattativa e poter entrare in affari con un operatore cinese, la conoscenza preventiva di tali principi è requisito fondamentale. Muoversi con largo anticipo, imparare le regole del gioco, prevedere più incontri e viaggi, non pretendere immediati risultati, ma coltivare le conoscenze personali acquisite con il tempo sono dunque il modo migliore, e più redditizio, per costruire rapporti commerciali fondati sulla fiducia, di lunga durata e, dunque, per sviluppare i propri affari in modo duraturo in Cina.

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PARTE SECONDA

Giappone Sommario: 2.1 Giappone – 2.1.1 I principi filosofici – 2.1.2 La negoziazione – 2.1.3 Le fasi della trattativa – 2.1.4 La fase decisionale

2.1 Giappone Non v’è dubbio che gli elementi di caratterizzazione della cultura giapponese siano così tanti e tali da renderne difficile l’individuazione per mezzo di semplici elencazioni. Alcuni di questi sono riconducibili ai principi che abbiamo avuto modo di studiare nella parte dedicata alla conduzione delle trattative con partner cinesi. Ma l’elenco rimane comunque nutrito. Ciò nonostante, è possibile far riferimenti a dei meta-principi che svolgono un ruolo di importanza imprescindibile nello svolgimento della normale vita in Giappone di tutti i giorni, così come, ovviamente, nello svolgimento delle trattative commerciali. Le differenze culturali e comportamentali tra Occidentali e Giapponesi

Natura Tempo

Azione Comunicazione Spazio Potere Individualismo

Occidentali

Giapponesi

Controllo sulla natura Concezione del presente e orientamento per una collaborazione a breve termine

Armonia con la natura Concezione del passato e orientamento per un collaborazione a lungo termine

Raggiungere il successo Basso profilo Privato

Far parte di una organizzazione Alto profilo Pubblico

Egualitario Alto individualismo

Gerarchico Basso individualismo

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Competitività

Competizione

Cooperazione

Struttura

Struttura semplice

Etichetta

Informale

Struttura complessa Formale

2.1.1 I principi filosofici __________ 和 – Wa Armonia Il più significativo principio filosofico tutt’ora vivo ed efficace nella società Giappone è il concetto di armonia. Esso si riverbera non solo nei rapporti prettamente sociale, ma anche in quelli di affari. Anzi, è forse possibile affermare che, considerata l’importanza che il lavoro assume nel sentire di tutti i giorni, sia un elemento irrinunciabile proprio in questo settore. In termini commerciali, infatti, esso riflette il rifiuto di tenere qualsiasi comportamento che sconfini nella auto-celebrazione e nell’individualismo e la preservazione delle buone relazioni a dispetto delle differenze di opinioni. Tale principio agisce, in particolar misura, sul comportamento che gli operatori giapponesi tengono durante le trattative e sulle risposte che essi danno, che proprio per questo non saranno mai espresse direttamente con termini negativi assoluti, ma piuttosto con termini indiretti e allusivi. È necessario considerare che in Giappone, il modo o le attenzioni con le quali una persona è trattata dipendono dal gruppo, o dalla categoria nella quale la stessa è collocata. Le relazioni personali sono parte essenziale della società e prevalgono sugli impegni e persino sugli affari. Tuttavia, o forse proprio per questo, nessun comportamento che possa in qualche modo comportare un attrito personale o il nocumento di un interesse diffuso sarà mai posto per garantire un vantaggio di natura individuale. In considerazione del fatto che le relazioni personali assumono un posto prevalente, per mantenerle i Giapponesi saranno propensi ad aiutare prima le persone che con le quali sono in contatto e che sentono vicine, senza domandarsi troppo cosa la regola richiede in quella circostanza. Ciò vale anche e soprattutto negli affari. Prima, tuttavia, di affrontare con maggiore precisione questo aspetto, v’è un altro particolare che deve essere sottolineato e che attiene ai rapporti personali. La società Giapponese è fortemente improntata sulla negazione di qualsiasi espressione di emotività in pubblico, sul diniego di mostrare i propri sentimenti; nella concezione paternalistica della cultura, e sul rispetto degli anziani; tali principi pongono in secondo piano la pa-

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rità con le donne, che raramente assumono ruoli strategici negli organigrammi delle aziende anche se, seppur faticosamente e lentamente, la tendenza sta mutando in alcuni settori dove le qualità femminili sono maggiormente apprezzate, quali ad esempio il campo della moda o delle arti. A questo proposito si rende necessaria una precisazione. Il maschilismo che comunque caratterizza la struttura sociale giapponese raramente intacca i rapporti con imprenditrici straniere, che vengono rispettate e tenute in grande considerazione. Anzi, il più delle volte abbiamo potuto riscontrare che, in taluni casi, imprenditrici straniere sono state stimate, in parità di circostanze, ben più dei loro colleghi imprenditori. __________ 顔 – Kao Il viso/la faccia (nel senso dell’onore) Questo principio testimonia l’importanza dell’onore personale e forma la base della reputazione di un individuo, sulla quale poggia il suo stato sociale. Preservare il proprio onore è un percorso che esige il massimo sforzo, evitando i contrasti, l’espressione di critiche dirette nei confronti di un proprio pari, allo scopo di per consolidare del proprio rango. In questo senso, ogni parola proferita deve essere libera da qualsiasi fraintendimento o sotterfugio e deve essere seguita da sforzi concreti che testimonino la volontà della persona di mantenere la parola data. __________ 思い遣り – Omoiyari Il rispetto Tale principio fa riferimento all’empatia nei confronti delle necessità della controparte ed al senso di lealtà che deve caratterizzare sempre i rapporti interpersonali. Letteralmente, il termine significa “immedesimarsi nei sentimenti altrui”, per cui la costruzione di una forte relazione commerciale sarà possibile solo sulla base della fiducia e della reciproca comprensione delle opposte esigenze. Non dobbiamo mai dimenticare che la società giapponese è radicalmente fondata sul senso dell’onore, presente in tutti gli aspetti della vita sociale, e mancare sotto tale punto di vista è certamente un comportamento imperdonabile. È dunque necessario compiere uno sforzo, nel corso della trattativa e di fronte ad ogni eventuale domanda, per comprendere le ragioni alla base delle richieste del nostro partner che, come noi, è impegnato nel raggiungere i propri scopi. __________ 甘え – Amae Benevolenza; dipendenza dagli altri

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In termini pratici, i giapponesi non si sentono a proprio agio con persone che esibiscono pubblicamente le loro qualità o la loro posizione sociale, comportamenti che negano il concetto filosofico per il quale tutti dipendono dagli altri per le proprie necessità, amae (甘え) appunto. Per questo, essi sono soliti provare un sentimento di completa fiducia ed affidamento (Shinyo - 信用) non solo nei confronti delle altre persone che non approfittano di situazioni vantaggiose a loro discapito, ma anche nei rapporti di affari, durante i quali hanno la tendenza a dimostrare indulgenza e comprensione nei confronti della controparte. Si tenga conto che la conclusione di un buon affare, e dunque la stipula di un accordo commerciale, non è il risultato del talento di un singolo, bensì la somma degli sforzi di un gruppo di persone, che agiscono nell’interesse comune e nel rispetto delle gerarchie costituite, che sono poste per rendere il lavoro del gruppo più armonico ed efficace. L’impostazione individualista, tipicamente occidentale, è vista come un mero esercizio di superbia, senza alcun pregio. __________ 怨む – Uramu Ostilità Nel caso in cui gli sforzi compiuti nell’essere indulgenti e comprensivi siano ignorati, o peggio non considerati, i giapponesi tendono a chiudersi in se stessi e cominciano a serbare rancore nei confronti dell’altra persona. A questo punto emerge un tipo di ostilità chiamata proprio uramu, che si esprime nel risentimento contro la persona o il sistema che ha rifiutato i loro sforzi e, naturalmente, impedirà qualsiasi sviluppo di una trattativa commerciale. Come sopra sottolineato, è molto facile che l’uomo d’affari protervo e autoreferenziale esca sconfitto dalla trattativa, ancor prima di accorgersene. __________ 遠慮 – Enryo Diffidenza Diretta conseguenza del principio di cui sopra, sia detto che nelle situazioni in cui un giapponese non si senta a proprio agio con qualcuno, nel caso in cui egli non sia in grado di dimostrare la propria benevolenza, il proprio “amae”, essi trasformano il proprio atteggiamento nella diffidenza, o nella ritrosia (enryo). Un tale comportamento è strettamente legato al desiderio di non rischiare di essere coinvolti in situazioni che non gradiscono o di assumere impegni non desiderati o, ancora, di trovarsi in circostanze che possano ledere l’armonia dei rapporti interpersonali. È preferibile mantenere la propria reputazione limpida che concludere un affare, i cui benefici non potrebbero certo superare, nel tempo, la perdita di onorabilità e rispettabilità.

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__________ 犠牲者 – Giseisha La sindrome della vittima Deve essere sempre tenuto presente che i giapponesi tendono ad essere particolarmente suscettibili all’offesa. Ciò conferisce loro la tendenza a sentirsi vittima di ingiustizie ogni qual volta qualcuno o qualcosa interferisce con i propri scopi o i propri progetti. Tale sentimento è ancora più forte quando il comportamento che essi ritengono ingiusto proviene da un soggetto nel quale essi avevano fatto affidamento o dal quale si attendono stima e collaborazione: il partner d’affari. __________ 直感と論理 – Chokkan to Ronri Intuizione contro logica In breve, tale espressione fa riferimento al fatto che la logica non è un dato assoluto, ma al contrario ciclico o elastico. In termini generali, naturalmente, può dirsi che i giapponesi tendano ad essere più intuitivi che legati alla logica stretta. Ciò spiega in parte anche la particolare tendenza a discutere i punti della trattativa che, al momento, sembrano più importanti di altri, senza seguire un ordine predefinito. Tale comportamento è in parte riferibile al principio di interpretazione “olistica” di un rapporto commerciale, già affrontato nel primo capitolo del presente approfondimento, e che poggia la propria ragione anche su un altro tipo di ragionamento: quanto è oggi valido per entrambi, in futuro potrebbe non esserlo più. Pertanto, posso desiderare di rivedere un aspetto dell’accordo che ieri mi appariva non condurre alcun problema, e mi attendo che la controparte comprenda questa necessità, in quanto potrebbe essere anche sua nell’immediato futuro. __________ 事と次第には – Koto to Shidai ni wa La verità circostanziale La verità non assume mai caratteri assoluti, ma è di solito espressa con maggiore indulgenza e in termini più umani, come qualcosa che è relativo e dipende dalle circostanze e dal contesto (d’altro canto, non si può dimenticare che nella cultura Giapponese le cose dette o fatte devono essere sempre interpretate tenendo in considerazione la situazione particolare in cui si collocano). Siccome le circostanze e i doveri cambiano di tempo in tempo, tale elasticità colpisce anche il concetto di verità. Conseguenza ulteriore è che gli individui sono generalmente limitati nelle cose che possono dire, in quanto non sono quasi mai nelle condizioni di agire o prendere decisioni in maniera indipendente. Ciò li pone spesso nella condizione di non essere in grado di esprimere in maniera completa il proprio pensiero su determinati argomenti. Un giudizio definitivo su qualsiasi aspetto, infatti, non potrebbe esser altro che smentito perché nessuna verità è assoluta.

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_________ 立前/本音 – Tatemae/Honna La posizione pubblica/le reali intenzioni I due termini sono spesso utilizzati in coppia e giocano un ruolo significativo in tutti gli aspetti della vita in Giappone. Tatemae (立前) assume un significato simile a “facciata”, ed esprime generalmente qualsiasi atteggiamento con il quale si intende celare le proprie intenzioni reali ovvero si ritiene di dover mantenere un comportamento neutrale e formale, per difendere le apparenze ed evitare coinvolgimenti personali. Honne (本音), al contrario, significa letteralmente “voce onesta” e fa riferimento alle ragioni che muovono l’individuo. In qualsiasi contesto, sociale, politico o d’affari, questi principi contrastanti sono utilizzati per celare le verità che potrebbero essere sconvenienti o imbarazzanti. Ad esempio, per proteggere la propria dignità, piuttosto che affermare un fatto che potrebbe essere fonte di tensioni, i giapponesi preferiscono semplicemente omettere di farvi riferimento ovvero, quando “costretti” a parlarne, farlo succintamente e con massimo riguardo, per evitare imbarazzo o inquietudini. Dunque, nel sentire sociale del popolo giapponese, la franchezza intesa nel presente contesto al pari di “schiettezza”, non è il valore più importante ed è comunque subordinato al tatto ed alla conservazione dei buoni rapporti interpersonali. 2.1.2 La negoziazione Sebbene alcuni aspetti della cultura Giapponese possono essere ricondotti alla tradizione cinese per la naturale colleganza esistente costituita dalla religione Buddista, vi sono diversità notevoli che distinguono le abitudini dei due popoli, che derivano non solo dalla differente evoluzione storica dei due paesi, ma anche dal comportamento che essi hanno tenuto nei secoli recenti. Si può dire, a questo riguardo, che i ruoli dei due paesi si sono invertiti e che il Giappone si sia liberato ben presto dall’isolamento in cui si era rifugiato mentre le vicende politiche della Cina, che hanno caratterizzato il secolo scorso, hanno fatto sì che le frontiere si stiano effettivamente aprendo agli stranieri solo in questi ultimi anni. Un esempio di tale diversità è dato dall’abbandono del vecchio concetto di “pazienza” o “temperanza”, ancora operante in Cina, che caratterizza il mercato Giappone, dovuto alla sempre maggiore immedesimazione degli operatori commerciali Giapponesi nel modello internazionale, e più precisamente in quello statunitense, che non concepisce tempi eccessivamente lunghi e per il quale le decisioni devono essere prese rapidamente e con efficienza. A questo proposito, tuttavia, è necessario compiere una precisazione. Aver adottato, da parte del popolo Giapponese, alcuni canoni di comportamento tipicamente occidentali – consideriamo ad esempio che il comportamento consumistico tipico di un consumatore nipponico ha superato di gran lunga le abitudini occidentali, quanto meno sotto l’aspetto della frenesia

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con il quale viene estrinsecato – non toglie il fatto che nei rapporti di affari più complessi e prestigiosi, e dunque senz’altro quando a parteciparvi vi sono soggetti stranieri, i principi ai quali stiamo dedicando attenzione rimangano irrinunciabili, di importanza fondamentale. Dal punto di vista pratico, possiamo annotare alcuni esempi di corretto comportamento da tenere in queste situazioni. Quando si è in procinto di avviare una negoziazione e si desidera ottenere un appuntamento, è sempre buona norma presentarsi o telefonare direttamente (contatto diretto). È questo un aspetto di fondamentale importanza in quanto, ad esempio, è fatto notorio che cercare di costruire una futura collaborazione con una semplice lettera di presentazione, in Giappone, sarà considerato quale dimostrazione di scarso interesse e impegno. Anche la struttura gerarchica che caratterizza le società giapponesi si riflette nel processo di negoziazione. Le società giapponesi sono solite iniziare le trattative con i propri “membri” che rivestono ruoli esecutivi, per poi continuare la discussione presentandosi in persona dei dirigenti della società. Ma in ogni caso, le decisioni saranno prese, almeno in apparenza, collettivamente. Per ciò che concerne gli aspetti più pratici, è bene analizzare le fasi principali di un processo di negoziazione con soggetti giapponesi, considerandone i suoi aspetti generali: 1. 2. 3. 4.

incontro non impegnativo o ufficioso; scambio di informazioni; negoziazione; e concessioni ed accordo finale.

L’intero processo di consultazione, come abbiamo visto, è orientato verso la decisione di gruppo, nell’ambito del quale ciascun membro preferirà evitare qualsiasi tipo di espressione diretta del proprio parere, comportamento che avrà come conseguenza naturale un allungamento dei tempi, anche se non drastico come può accadere con soggetti cinesi. È importante considerare che i negoziatori giapponesi dedicano molto tempo alle prime due fasi della trattativa, sentendo il duplice bisogno di assumere più informazioni possibili sull’operatore occidentale e di fornire altresì tutte le informazioni necessarie alla controparte. Solo quando le due fasi di “approccio” saranno completate, essi si sentiranno pronti per affrontare la trattativa vera e propria. Non sempre, tuttavia, per i nostri interlocutori Giapponesi, è necessario raggiungere un accordo definitivo in seguito ad una discussione; se essi ritengono di non essere in grado di raggiungere un accordo soddisfacente al termine di un incontro, verosimilmente cambieranno l’oggetto del confronto o ignoreranno il problema, rimandandone la soluzione, se possibile, ad un successivo incontro. Il motivo sta nel fatto che essi non arriveranno mai a mettere in pericolo o ad interrompere

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rapporti personali per un disaccordo di natura commerciale. Tuttavia, dove si riscontrano le più grandi differenze, è nell’approccio alla negoziazione e nel suo svolgimento. Abbiamo già affrontato questo aspetto. Solitamente, gli operatori occidentali sono soliti negoziare passo dopo passo i punti del contratto, allo scopo di arrivare gradualmente al raggiungimento di un accordo generale; come contraltare, i giapponesi tendono invece a raggiungere un accordo globale complessivo, che verte sull’effettiva possibilità di concludere l’affare e sulla dimostrazione di interesse per una collaborazione proficua, posponendo ad un secondo momento lo studio dei dettagli.

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A fronte di ciò, risulta di grande importanza essere in grado di individuare nel minor tempo possibile chi sia la persona con maggiore autorità tra coloro che compongono il gruppo dei nostri interlocutori. A questo proposito, esiste una regola molto importante, afferente alle posizioni che i singoli individui occupano al tavolo di negoziazione. Solitamente, colui che riveste una posizione di maggior importanza prenderà il posto centrale, mentre alla persona meno importante spetterà il posto più esterno, e dunque lontano, rispetto a chi ha maggior potere, ovvero più vicino alla porta. Ricordare questo piccolo particolare ci permetterà di inquadrare immediatamente il nostro “vero” interlocutore, la persona che in altre parole può prendere le decisioni definitive o che ha il potere di influenzare la decisione di gruppo, così come ci permetterà anche di individuare la scala gerarchica del gruppo, comprendendo meglio di quali opinioni sarà importante tener conto. In conseguenza dell’influenza del Confucianesimo, inoltre, è estremamente importante dimostrare grande rispetto nei confronti del membri più anziani: età e rango, di solito, sono fortemente connessi e conseguenti tra loro. Il membro più anziano del gruppo è probabilmente colui al quale spetta l’ultima parola. Deve anche essere ricordato che, sebbene il valore che è riconosciuto al contratto dal punto di vista legale è simile a quanto normalmente considerato in occidente, la firma dello stesso non rappresenta mai il termine o la fine dell’affare. Al contrario, la continua interrelazione con la controparte giapponese, anche se non necessaria materialmente ai fini della collaborazione, deve essere incoraggiata. L’attenzione per la controparte e la volontà di instaurare una collaborazione di lunga durata sono punti fermi nel modo di agire degli operatori giapponesi, che pretenderanno lo stesso dai nuovi partner d’affari. A questo scopo, siamo soliti consigliare maggior aperture possibili quando si è chiamati a delineare le procedure di richiesta e di conferma di un ordine, perché questo aspetto risulta essere uno dei più problematici da superare quando, per necessità di una delle parti, sono avanzate richieste di derogare a criteri già decisi e, magari, oggetto di lunghe trattative Elenchiamo ora alcuni aspetti più attinenti all’etichetta da rispettare, la cui conoscenza può agevolare i rapporti di cordialità ed ingenerare reciproca fiducia tra le parti: • Lo scambio dei biglietti da visita (Meishi -名刺) è fondamentale. Essi devono essere presentanti tenendoli con entrambe le mani (è meglio se sono scritti in entrambe le lingue) e il nome deve essere rivolto verso chi riceve il biglietto. Sempre con due mani è necessario prendere il biglietto da visita che ci è offerto, leggerlo con cura (per quanto possibile, ma solitamente i nostri partner li preparano anche in lingua inglese) o comunque esaminandolo e ponendolo sul tavolo (anche per ricordarsi chi ce lo ha dato ed il suo nome); se siamo in piedi, non riporre mai il biglietto da visita nella tasca posteriore dei pantaloni o

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nella borsa, ma riporlo con attenzione nel portafoglio o in un apposito raccoglitore; • Parte significativa del protocollo è costituita dallo scambio di doni, che sono accettati con gratitudine. In ogni caso, non si deve esagerare presentando oggetti troppo costosi, in quanto potrebbero essere interpretati alla stregua di una mancanza di rispetto o addirittura di una “bustarella”. Generalmente, i regali ricevuti non devono essere aperti subito, sempre che non si riceva dalla controparte un invito a farlo: i Giapponesi tendono e mettere da parte i doni e ad aprirli in un secondo momento (ciò per non essere costretti ad affermare che un determinato oggetto è bello o incontra il nostro gusto anche se ciò non corrisponde al vero); • Evitare in qualsiasi occasione il confronto diretto con il proprio interlocutore su argomenti di contrasto ed evitare qualsiasi emozioni negativa durante la negoziazione. Le proprie opinioni possono essere espresse apertamente, ma senza utilizzare espressioni troppo dirette o rifiuti aggressivi; • Prestare attenzione al momento iniziale della presentazione, cercando di rispondere con misura all’inchino della controparte, inchinandoci a nostra volta; • Non rivolgere eccessivi complimenti ad uno dei componenti del gruppo della controparte di fronte agli altri membri; il gruppo è più importante degli individui; • Evitare di gesticolare o di accompagnare con il movimento delle mani le proprie affermazioni. I Giapponesi non parlano con le proprie mani. Passando al momento vero e proprio della negoziazione, in ragione della concorrenza altissima che caratterizza il mercato, è necessario prepararsi al meglio per ottenere il miglior contratto possibile, il che significa sostanzialmente assicurarsi una duratura collaborazione nel tempo. Per poter aspirare ad un simile obiettivo, il primo passo è conoscere, con un buon grado di certezza, il valore che il nostro prodotto o servizio può avere in Giappone. Per poter aspirare ad un simile obiettivo, il primo passo è conoscere, con certezza assoluta, il valore che il nostro prodotto o servizio può avere in Giappone. Solo in questo modo avremo a nostra disposizione la pietra angolare sulla quale costruire la successiva negoziazione e grazie alla quale potremo valutare con maggior successo le controproposte della controparte. Classico esempio è la negoziazione che ha per oggetto la vendita di prodotti: dobbiamo considerare che lo scopo di qualsiasi distributore è quello di rivendere il prodotto ad un prezzo superiore di quello d’acquisto. I distributori migliori pretendono di avere i migliori prodotti: l’obiettivo primario è dunque quello di convincere il distributore che noi conosciamo il mercato di riferimento e che il prodotto che proponiamo è un’importante opportunità, che darà grandi vantaggi al nostro futuro partner. • 30 •


La capacità di dimostrare la potenzialità del prodotto utilizzando per riferimento il mercato locale e la capacità di assicurare una costante assistenza al distributore ci permetterà di concludere un accordo di distribuzione proficuo e di entrare nel mercato direttamente, sfruttando la rete commerciale del nostro partner che ci stupirà per l’impegno e la dedizione che profonderà nel promuovere il nostro prodotto. 2.1.3 Le fasi della trattativa Proviamo ora ad immedesimarci nel nostro interlocutore Giapponese, tenendo conto di quanto sin qui descritto. La fase della presentazione è di grande importanza. In questa sede non è importante cosa viene detto, bensì il modo con cui le cose vengono espresse. Gli uomini d’affari giapponesi utilizzano questo primo incontro per formare la propria opinione sull’integrità, sull’affidabilità e sull’umiltà della controparte. Solitamente, quando ritengono che non sia ancora il momento per passare alla negoziazione vera e propria, essi sono soliti suggerire incontri informali, ad esempio un pranzo o una cena, allo scopo di creare quell’armonia e quello spirito di cooperazione che, abbiamo detto in precedenza si traducono nel principio wa – (和). Per raggiungere un tale scopo i primi colloqui hanno per oggetto la famiglia, hobby, i comuni interessi, in poche parole tutti quegli argomenti che sono utili per le parti per creare quel clima di amicizia che si rende necessario per proseguire poi la trattativa. D’altro canto, lo scopo di questi incontri preliminari non è quello di discutere sulla possibile collaborazione, ma di comprendere la controparte, la sua storia ed i suoi interessi, al fine di costruire quella fiducia reciproca che sarà fondamentale nelle fase successive della negoziazione. Una volta che il rapporto di fiducia è stato consolidato, si passerà alla negoziazione vera e propria. In Giappone per prima cose vengono lunghe descrizioni e relazioni e solo esaurita questa fase si potrà avanzare a quella delle scambio delle proposte. I giapponesi sono soliti fare molte domande senza tuttavia esprimere alcun giudizio sulle risposte ricevute, per conservare l’armonia venutasi a creare tra le parti. A questo proposito, essi saranno soliti assumere atteggiamenti di basso profilo, per cui le loro richieste sulla riduzione del prezzo di vendita, o di nuovi prodotti saranno presentate senza formalità, per non perdere la fiducia del proprio interlocutore. Generalmente, i punti fermi dai quali possiamo partire per cercare di interpretare come la nostra controparte giungerà ad una decisione sono fondamentalmente tre: • La necessità di una doppia conferma delle decisioni prese: la persona che prende la prima decisione non è quasi mai colui che ha il potere di esprimere il giudizio definitivo, ma per così dire “il suo braccio destro”. Per questo, la decisione dovrà trovare la confermata, o il

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rifiuto, del soggetto più autorevole, successivamente ad una ulteriore consultazione con il proprio gruppo o con specialisti del settore. Solo quando il consenso sarà raggiunto la decisione finale sarà confermata. Ciò significa che “il braccio destro” tenderà ad assumere il maggior numero di informazioni possibili, per evitare di prendere una decisione senza punti di riferimento solidi e quindi per non correre il rischio di presentare al proprio capo una proposta non soddisfacente. A questo scopo, fornire il più possibile informazioni dettagliate sugli argomenti oggetto di trattativa risulterà più proficuo che cercare di mantenere a tutti i costi il massimo riserbo su tutti quei dati che si ritengono non strettamente necessari al raggiungimento dell’affare, ma che potrebbero essere determinanti per il nostro interlocutore per formare un giudizio completo sulla situazione. • Necessità di verifica: la verifica dei prodotti o dei servizi o dei beni altrimenti considerati è elemento necessario perché la controparte giapponese possa ritenersi soddisfatta, in ragione degli altissimi standard di qualità pretesi dal mercato nipponico. • Utilizzare un linguaggio semplice, anche su aspetti tecnici, permetterà al nostro interlocutore di comprendere più velocemente gli aspetti del futuro rapporto, abbreviando il processo decisionale basato, come abbiamo visto, sulla minuziosa raccolta di informazioni. La lentezza che tale sistema comporta, dunque, non deve essere interpretata alla stregua dell’avversione ad assumersi dei rischi, ma trova la sua ragione nella concreta necessità che la decisione definitiva abbia raccolto il consenso di tutte le persone impegnate nel processo decisionale. Nella lingua giapponese tale principio prende il nome di ringi (稟議), per il quale tutti i membri sono coinvolti ed orientati al raggiungimento dell’obiettivo e nel quale, molto spesso, il gruppo dirigente delega la propria autorità ai propri subordinati in relazione alla valutazione preliminare della negoziazione. Non deve poi essere sottovalutato che i giapponesi sono soliti fare molte domande, o ripetere le domande già fatte, in quanto il processo decisionale prevede il coinvolgimento di tutto il gruppo e, quindi, tutti i suoi membri devono essere convinti. Ma non solo. Spesso fare molte domande è semplicemente un mezzo per mantenere il controllo della situazione, o per prendere tempo o, ancora, più semplicemente per celare la mancanza di conoscenze su un determinato argomento. 2.1.4 La fase decisionale Non esiste una netta separazione tra le fasi di avvicinamento e quella decisionale vera e propria. Naturalmente, il passare da una all’altra fase non significa poter abbandonare le cautele usate e, di conseguenza, diventare aggressivi o presentare improvvisamente richieste dirette al momento sbagliato sarà sempre considerato non cortese ed avrà, come unica conseguenza, la

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chiusura del nostro interlocutore. Si tenga presente che le tecniche di negoziazione utilizzate ancora oggi negli incontri di affari sono basate sui principi del libro di Miyamoto Musashi “Il libro dei cinque anelli” (五輪書, Go Rin No Sho) molto vicini a quelli espressi da Sun Tzu nel suo “L’arte della Guerra”5. Lo scopo è quello di ottenere il controllo della controparte senza arrivare ad uno scontro diretto, ma usando la psicologia. “Per sconfiggere il nemico la psicologia à la strategia più alta. Per distruggere il nemico l’attacco (militare) è la strategia peggiore”. Per gli uomini d’affari Giapponesi questa lezione continua ad essere valida e, di conseguenza, pazienza, perseveranza e l’intelligente raccolta di informazioni, senza concedere troppo all’avversario, formano un’insieme dal quale i giapponesi non si discosteranno mai. È questo il motivo per cui i giapponesi si presentano sempre al tavolo di negoziazione ben preparati e sono ansiosi di assimilare tutte le informazioni ricevute. Similmente a quanto detto in relazione alle trattative con soggetti cinesi, anche i giapponesi non sono soliti negoziare un contratto punto per punto. Essi sono abituati a ricercare preliminarmente una ampia intesa tra le parti e si può dire che il primo accordo è raggiunto quando il rapporto è consolidato. Anche in questo caso la concezione olistica influenza il processo di avvicinamento alla decisione finale, per cui le questioni saranno discusse e considerate simultaneamente. Per ciò che concerne la forma dell’accordo, si tenga presente che in Giappone gli accordi orali sono ancora largamente utilizzati, in quanto gli uomini d’affari giapponesi continuano a valutare la propria reputazione pubblica basandosi sul senso dell’onore. Non è insolito che transazioni di altissimo valore siano concluse sulla base di accordi orali. L’attitudine a sottoscrivere contratti scritti, infatti, si deve più alla volontà di rendere tangibile l’esistenza della collaborazione commerciale che esiste tra le parti più che per motivi di tutela giuridica, in quanto il contratto non è visto, come in occidente, alla stregua di uno strumento inteso alla precisa regolarizzazione e definizione delle questioni attinenti alla collaborazione. In termini pratici, ciò altro non significa se non che i giapponesi ritengono che tutte le clausole del contratto, e quindi i termini della collaborazione, sono sempre rinegoziabili, in quanto le circostanze, sulla base delle quali la decisione è stata presa, sono mutevoli e possono sempre cambiare.

5 Miyamoto Musashi “Il libro dei cinque anelli”, Astrolabio Ubaldini, 2004. Ecco alcuni estratti dal libro di Sun Tsu, “L’arte della guerra”, Mondadori editore; 2003: Il più grande condottiero è colui che vince senza combattere; Chi è prudente ed aspetta con pazienza chi non lo è, sarà vittorioso; Conosci il nemico, conosci te stesso, mai sarà in dubbio il risultato di 100 battaglie; Un risultato superiore consiste nel conquistare intero e intatto il paese nemico. Distruggerlo costituisce un risultato inferiore.

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PARTE TERZA

Conclusioni 3. Conclusioni Volendo tracciare un quadro conclusivo sull’argomento, può dirsi che le tecniche di negoziazione più efficaci, sono proprie quelle preferite dai nostri interlocutori asiatici. Lo stretto legame che unisce il comune pensiero sociale e la tradizione, dalle quali tali tecniche prendono corso e con le quali si immedesimano, le rendono, al contempo, imprescindibili ma anche vantaggiose, per quanto riusciremo a volgerne le caratteristiche a nostro favore. Prepararsi con lungo anticipo, investire tempo per studiare il mercato di riferimento, organizzare una trattativa di lunga durata in visione di un’altrettanto lunga collaborazione futura sono i punti chiave per ottenere i risultati che ci si propone. Non deve essere dimenticato, tuttavia, che qualsiasi negoziato ha una storia a sé e, come abbiamo accennato all’inizio della trattazione, alcuni comportamenti sono stati considerati accettando stereotipi che non costituiscono modelli consolidati e assoluti. La progressiva internazionalizzazione del mercato globale, infatti, ha comportato l’avvicinamento dei sistemi economici e, in un certo modo, uniformato alcuni dei comportamenti che attengono alle fasi meno tecniche della negoziazione. La fase preliminare, quella della reciproca conoscenza, potrebbe dunque essere più breve di quanto previsto, e le richieste di “mettere per iscritto” quanto stabilito potrebbero provenire con insistenza dalla nostra controparte asiatica prima ancora del necessario. Come si può notare, in ogni caso, lo scostamento dai modelli comportamentali qui descritti si traduce nell’accettazione di un sistema di negoziazione prettamente occidentale, senza dunque comportare problemi o eccessivi imbarazzi per il proseguo della trattativa, ma al contrario agevolando il ruolo del negoziatore occidentale.

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