Bando per l'invio alla Rivista Letteraria “Fralerighe”
La rivista letteraria “Fralerighe” prevede al suo interno una sezione per i racconti e le poesie. Chiunque può inviarci materiale, autorizzando – con il solo invio – la pubblicazione di tale materiale sulla nostra rivista, senza nulla a pretendere se non la paternità dell’opera, che sarà riconosciuta apponendo il nome dell’autore alla fine del racconto o della poesia. Le specifiche per l’invio sono di seguito riportate: 1) Inviare materiale è totalmente gratuito. Anche in caso di responso negativo, non è prevista la restituzione del testo, confidando che l’autore non invii l’unica copia. 2) Inviando il proprio testo all'indirizzo e-mail della redazione, l'autore/autrice dichiara implicitamente di aver letto e accettato le condizioni espresse nel bando e di non aver spedito un testo legato a vincoli contrattuali. Dichiara inoltre di sollevare la rivista e il suo staff da qualsiasi responsabilità legale e/o finanziaria. 3) La lunghezza massima per un racconto è di 5400 caratteri spazi inclusi (3 cartelle editoriali). La lunghezza massima per una poesia è di 3600 caratteri spazi inclusi (2 cartelle editoriali). 4) Siamo interessati esclusivamente a materiale di genere Fantastico (fantasy, fantascienza, horror, paranormal romance) e Crime (giallo, noir, thriller pulp). Pur rientranti nei generi su citati, saranno esclusi dalla selezione testi che esprimono odio, razzismo, pornografia e qualunque tematica che possa disturbare a nostro insindacabile giudizio. 5) Inviare un solo testo, rientrante nelle specifiche riportate ai punti (3) e (4). E-mail contenenti più di un’opera o testi troppo lunghi non saranno considerate. L’invio del materiale può essere aperto o chiuso: il periodo in cui sarà possibile inviare dei testi sarà comunicato dallo staff tramite il blog ufficiale e i social network. 6) Inviare i testi in formato .doc all’indirizzo: rivista_fralerighe@libero.it
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Perché pesce? Pesce perché lo scrittore è un po' come un pesce: parla poco, è silenzioso, si muove rasente al fondale muovendo appena coda e pinne, ma scruta tutto, vede perfino quello che succede alle sue spalle. Perché Pirata? Perché come i pirati informatici sposiamo in pieno la filosofia del web 2.0 Ovvero il voler rendere pubblico e accessibile il lavoro frutto del singolo o della collettività.
http://www.pescepirata.it/
INDICE Editoriale
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* Fantasy - Profilo d’Autore: China Miéville - Articolo: L’Yggdrasil delle Idee – Prima parte - Recensione: Gli Occhi di Un Re (Vol.1) – Catherine Banner - Recensione: L’Ampolla Scarlatta – Monique Scisci - Novità: Il Richiamo della Luna Oscura – Maurizio Vicedomini - Novità: Stirpe Chimerica (Vol.1) – AA.VV.
7-9 10 - 12 13 - 14 15 - 16 17 18
* Fantascienza - Articolo: Il Viaggio nel Tempo - Recensione: John Carter di Marte – E.R. Burroughs - Recensione: L’Ultimo Castello – Jack Vance
20 - 21 22 - 24 25 - 26
* Horror - Articolo: I grandi uomini dell’Horror (Prima parte): I Re Americani - Recensione: Onryo, Avatar di Morte – AA.VV.
28 - 29 30 - 32
* L’intervista - Intervista: Monique Scisci
34 - 36
* Paranormal Romance - Recensione: Red – Kerstin Gier - Novità: Il Principe Vampiro: Fuoco Nero – Christine Feehan - Novità: Dark Prince – Kresley Cole - Novità: Black Moon: Chiedi alla Luna – Keri Arthur - Esordio: Il Libro di Jade – Lena Valenti
38 - 40 41 42 43 44
* Premi & Concorsi - Concorso: Le Terre del Mithril
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Crediti
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Editoriale
Cari lettori, questo numero è l’ultimo del 2012. Si tratta di un numero che ha richiesto un lungo e doloroso parto. Perché? Be’, prima il mio computer ha iniziato a cancellare da solo vari file al grido di “W la revolution!”, poi il pc di Maurizio Vicedomini ha fatto harakiri con un calo di tensione al posto del wakizashi.
Tutto questo per voi, cari lettori. Spero apprezziate questa dedizione nei vostri confronti. In caso contrario, prendetevela con Lady Vespa (o Bruno Gaga).
Per riuscire a terminare il nuovo numero di “Fralerighe – Fantastico”, i nostro eroi hanno dovuto affrontare temibili nemici come i Teletubbies, i Puffi e una creatura frutto della fusione tra Lady Gaga e Bruno Vespa.
Il direttore delegato, Michele Greco
Tornando seri, vi auguro una buona lettura a nome di tutta la redazione!
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Profilo d’Autore
China Miéville
maggiormente tramite le situazioni. Inoltre, il “New Weird” è un genere molto allegorico e ricco di significati socio-politici e filosofici, mentre la “Bizarro Fiction” tende più all’intrattenimento fine a se stesso.
Vita: China Miéville è nato a Norwich il 6 settembre 1972. A diciotto anni è andato ad abitare in Egitto, dove ha insegnato lingua inglese, ed è stato lì che ha sviluppato un interesse per la cultura araba e la politica mediorientale. Miéville ha una laurea in antropologia sociale conseguita presso l’Università di Cambridge, un master e un PhD in relazioni internazionali conseguiti presso la London School of Economics. La sua tesi di dottorato è stata pubblicata negli Stati Uniti e nel Regno Unito col titolo “Between Equal Rights: A Marxist Theory of International Law”. Miéville fa parte del Socialist Workers Party inglese, e si è presentato senza successo alle elezioni per il parlamento inglese nel 2001 come candidato della Socialist Alliance. La sua posizione politica di sinistra colora i suoi scritti come pure le sue idee sulla letteratura; in diverse occasioni, partecipando a convention di appassionati di fantasy, le sue opinioni sulla relazione tra politica e scrittura hanno portato a discussioni accese. I romanzi di Miéville hanno vinto vari premi, tra cui l’Hugo, l’Artur C. Clarke, il Bram Stoker, il British Fantasy e il Locus. Alcuni suoi romanzi sono pure stati nominati al Nebula, al World Fantasy, al Philip K. Dick e al British Science Fiction.
Stile: Lo stile è il punto debole di China Miéville. I suoi romanzi sono scritti in modo opaco, raccontato, farraginoso, pesante e ricco di parole e frasi inutili. Lo stile di Miéville può essere facilmente descritto con una sola parola: dilettantesco. In compenso, però, Miéville eccelle in fantasia, immaginazione e originalità.
China Miéville è tra gli autori più famosi della corrente letteraria “New Weird”. Quest’ultima è un sottogenere del fantasy con contaminazioni fantascientifiche ed horror nata per liberare la letteratura fantastica dai cliché tolkieniani. Il “New Weird” si basa sull’abbandonarsi al bizzarro, anche se in maniera molto meno estrema rispetto alla “Bizarro Fiction”. In generale, il “New Weird” sfoga le stranezze più che altro con creature e ambientazioni, mentre la “Bizarro Fiction” lo fa
Tematiche: I romanzi di Miéville, e in particolare “Il Treno degli Dei”, sono molto politicizzati. Tra le tematiche
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gono rastrellati dalla milizia, Bellis Coldwine, ex fidanzata dello scienziato rinnegato, si imbarca per Nova Esperium, intenzionata a vivere in quella colonia di frontiera finché la situazione nella metropoli non si sarà risolta. Ma la sua nave viene assaltata dai pirati, gli ufficiali al comando vengono uccisi. Al contrario, passeggeri vengono accolti come membri paritari della comunità corsara e portati ad Armada, una città galleggiante di imbarcazioni sequestrate e riadattate dagli abitanti. A tutti vengono offerti lavoro e alloggio, in quella strana città che accoglie chiunque, ma che per motivi di sicurezza è impossibile lasciare.
trattate troviamo l’imperialismo, il corporativismo, il terrorismo, l’odio razziale, l’omosessualità, l’assimilazione culturale, i diritti dei lavoratori, la globalizzazione, la guerra e il pacifismo. Miéville è anche famoso per aver aspramente criticato Tolkien non solo da un punto di vista letterario, ma anche politico. In più occasioni Miéville ha attaccato sia i cliché generati dalle opere Tolkien che, soprattutto, la loro natura reazionaria e la loro morale cristiana.
Opere: Le opere più importanti di Miéville sono quelle del “Trilogia del Bas-Lag”: “Perdido Street Station”, “La Città delle Navi” e “Il Treno degli Dei”. Si tratta di romanzi ambientati a Bas-Lag, un mondo fittizio abitato da diverse e strane razze intelligenti. In questo mondo convivono la magia (chiamata “taumaturgia”) e una tecnologia di tipo steampunk. New Crobuzon è la città-stato più importante del Bas-Lag.
• Il Treno degli Dei
• Perdido Street Station
È tempo di rivolte e rivoluzioni, conflitti e intrighi. New Crobuzon sta cadendo a pezzi. Da un lato la guerra contro l’oscura città-stato di Tesh, dall’altro i ribelli che si aggirano per le strade portando la metropoli sull’orlo della rovina. Nel mezzo dei disordini, una misteriosa figura mascherata incita a una nuova forma di ribellione, mentre tradimenti e violenze si manifestano in luoghi inconsueti. Per sfuggire al caos e alla repressione, un piccolo gruppo di rinnegati è fuggito dalla città e ha attraversato terre straniere, alla ricerca di una speranza perduta, di una leggenda immortale. Così, nelle tragiche ore in cui sangue e orrore dilagano a New Crobuzon, si diffonde una voce: sta giungendo il momento del Concilio di Ferro.
La metropoli di New Crobuzon si estende al centro di un mondo sbalorditivo. Umani, mutanti e razze arcane si accalcano nell'oscurità fra le cimiere, lungo fiumi indolenti alimentati da rivoli innaturali, tra fabbriche e fonderie che pulsano nella notte. Per più di mille anni il Parlamento e la sua brutale milizia hanno governato su una moltitudine di operai e artisti, spie e maghi, ubriachi e prostitute. Ma uno straniero è giunto con le tasche piene d'oro e ha imposto una richiesta inverosimile, scatenando l'incredibile.
• La Città delle Navi In fuga da New Crobuzon, dove amici e conoscenti di lsaac Dan der Grimnebulin ven-
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Opere non ambientate nel Bas-Lag: “Un Regno in Ombra”, “Il Libro Magico”, “La Città e la Città”, “Kraken”, “Embassytown”. Inoltre, China Miéville ha scritto vari racconti, molti dei quali presenti nella raccolta “Looking for Jake”.
Michele Greco
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Articolo
L’Yggdrasil delle Idee – Prima Parte
salta all’occhio sono super palestrati in calzamaglia e super pupe in costumini succinti – tutti più
Quali sogni ho sognato. Ero un uomo che sognava di essere un dio. Ero un dio che sognava di essere un uomo. Ho conosciuto la passione. Ho conosciuto la separazione. Ho conosciuto le stelle. Ho conosciuto il dolore e il fallimento. Ho conosciuto la guerra. E la fine di tutte le cose. J.M. Straczynski – The Mighty Thor v.3
colorati del carnevale di Rio – si intrecciano visioni della vita (non solo supereroistica) tutt’altro che scontate, incredibilmente varie e non sempre compatibili tra di loro. O non compatibili a un primo sguardo. Scienza e fantascienza, magia, teologia e politica coesistono tutte sullo stesso piano appoggiando o scontrandosi con le opinioni del lettore. Costringendolo, più di una volta, a mettere in gioco le proprie idee e a fare scelte scomode.
Le idee della Casa delle Idee Il mondo immaginifico creato dalla Marvel è vastissimo. Non è compito dell’articolo illustrare in breve la storia dell’azienda e dei suoi autori di punta – è facilmente reperibile online, per chi fosse interessato, e in ogni caso non sarebbe possibile farla in breve – ma basti sapere che da oltre mezzo secolo fonda il proprio successo su personaggi del fumetto che hanno trovato vita su carta come su pellicola. Il fatto che sia conosciuta come “Casa delle Idee” (a volte buone a volte non così buone, certo) rende bene la vena fertile e la prolificità del materiale. Anche coloro che non seguono il mondo dei comics (il che è terribile, recuperate subito) sa riconoscere a prima vista Spider Man – l’Uomo Ragno, o gli XMen. Si tratta di personaggi che hanno cominciato a fare parte dell’iconografia popolare collettiva. Nel corso degli anni, in cui si sono susseguite trame e autori, le esistenze dei personaggi si sono intrecciate e ne è uscito un panorama vitale e intricato che ha dato vita a un vero e proprio universo (più di uno, a onor del vero) e che si avvicina alla realtà in maniera direttamente proporzionale a quanto più irreali sono le situazioni proposte. Un paradosso squisito. Del resto l’arte è fatta di paradossi e sottovalutare il fumetto come forma artistica è un errore che è necessario cominciare a evitare. Persino quello così commerciale da apparire dozzinale. Una lunga premessa per illustrare una verità quasi ovvia: nel mondo Marvel, in cui la prima cosa che
Start Point Uno degli aspetti più interessanti, che cercheremo di avvicinare insieme, è quello della mitologia nordica che permea l’universo Marvel. Accanto a essa troviamo anche accenni alla mitologia greca e a quella di altre culture, le quali si trovano ovviamente racchiuse in una cosmogonia molto più grande e molto complessa. Tuttavia sono i miti norreni che presentano le sfaccettature più intriganti. Anche chi ha poca dimestichezza con l’universo dei comics, non sarà potuto sfuggire al viral marketing della Marvel a proposito del progetto cinematografico The Avengers che non coinvolge solo il famoso colossal diretto da Joss Whedon sul gruppo dei Vendicatori, ma anche i film sui singoli componenti del gruppo, da Iron Man 1 e 2 a L’incredibile Hulk, da Capitan America Il Primo Vendicatore a Thor. Chiunque legga queste righe ha quasi di sicuro in mente se non le tavole dei fumetti di Thor, il dio del tuono, almeno qualche particolare legato al film di Kenneth Branagh. Si tratta di un ottimo
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A un lettore della Marvel viene naturale pensare a Thor come al biondo dio del fulmine; a Loki l’ingannatore come suo eterno nemico, fratello e figlio adottivo di Odino; a Sif come dea della guerra. Peccato che nel mito Thor avesse i capelli e la barba fulva, come il fuoco, e che questo non fosse un dettaglio da poco. Che Loki non fosse affatto figlio di Odino, ma suo fratello di sangue: due sciamani che insieme si erano inoltrati nelle tenebre e insieme ne erano usciti. Che proprio grazie a questo percorso al fianco del padre degli dèi a Loki era permesso dire impunemente verità dolorose e dolci menzogne. Peccato che Sif fosse una dea del raccolto e della semina. A un lettore Marvel non viene spiegato perché il dio Balder non faccia che indossare elmi più che stravaganti, né perché Frigga, moglie di Odino e madre adottiva di Thor e Loki, a un certo punto della storia si faccia chiamare Freya e prenda il comando del regno armata di spada, quando ci era stata presentata per anni come compagna devota e dama sottomessa. Tantomeno perché il virile, muscoloso Thor debba mettersi un vestitino di pizzi per recuperare il proprio martello magico quando viene sottratto da un gigante. Il lettore di comics lo accetta perché sì, perché è un fumetto. Perché è assurdo chiedersi il motivo di simili dettagli nello stesso universo in cui un fotografo viene morso da un ragno radioattivo e acquista superpoteri. Per fortuna, si scopre che nell’arte, dove il paradosso è sempre vivo, quando ci si chiede il perché di qualche cosa, quasi sempre si ottiene una risposta, a guardare bene. Con questo ciclo di articoli cercheremo di guardare bene. Faremo del nostro meglio. Cominciamo con il chiederci perché – nonostante le premesse di Stan Lee e Kirby sembrassero così leggere, fatue e volte soprattutto a stupire – la mitologia nordica rivisitata dalla Marvel sia ancora così viva e solida, nelle trame che intrattengono i lettori ancora dopo cinquant’anni e oltre. La risposta non è semplice, eppure è sotto gli occhi di tutti. Comincia con Yggdrasil, un frassino che nasce tra quattro sorgenti e si innalza oltre i cieli, sui cui rami prosperano nove mondi. Nove diverse dimensioni. Uno di questi mondi è Asgard, la città eterna, la dorata residenza degli dèi.
punto di partenza. Un uomo che sogna di essere un dio che sogna di essere un uomo La società degli dèi del nord che propone l’universo Marvel è quanto di più lontano si possa immaginare dal reale corrispettivo mitologico. Stan Lee e Jack Kirby, i primi creatori del personaggio di Thor e dei suoi comprimari, ci affabulano con una Asgard (la residenza degli dèi) estremamente futuristica, più simile a una piattaforma di volo aerospaziale, piuttosto che a una roccaforte norrena. Questi dèi somigliano moltissimo a potenti alieni umanoidi. Tuttavia non lo sono.
Di certo negli anni e con il susseguirsi di scrittori e disegnatori che si sono dati il cambio nel raccontare le vicende delle divinità del nord, anche le rappresentazioni e le scelte artistiche riguardo ad Asagrd e ai suoi abitanti sono state molteplici. Chi più chi meno, ha pescato elementi mitologici dalle antiche leggende e le ha impastate sulle prime linee, più fantascientifiche. Quello che ne emerge è una civiltà viva, sempre in tensione tra un passato lontano e un futuro ancora più remoto che fonde gli elementi di sapore fantasy e quelli fantascientifici. Una civiltà dove scienza e magia non solo coesistono, ma toccano entrambe vertici talmente alti da finire per coincidere. I puristi della mitologia potrebbero storcere il naso: gli abitanti di Asgard vestono abiti ultramoderni e integrati di dettagli antichi (e apparentemente inutili). Come gli elmi con le corna, ad esempio, che subito rimandano all’abbigliamento vichingo. Peccato che anche questo sia un cliché: storicamente i vichinghi non hanno mai indossato elmi cornuti, si tratta di un’immagine abusata ed erronea che ha viziato la nostra interpretazione moderna. E poi ancora: Odino, il “dio orbo” per eccellenza, nei primi anni della serie presenta entrambi gli occhi azzurri, con cui dardeggia il figlio Thor, pieno di collera. Salvo perderne uno all’improvviso quando, con il passare del tempo, gli autori del comics, più smaliziati, reinterpreteranno i miti.
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Un altro è Midgard, la Terra, dove abitiamo noi. È così per il mito scandinavo. È così anche per il mito della Marvel. “Ero un uomo che sognava di essere un dio. Ero un dio che sognava di essere un uomo.” S Il gioco difficile, adesso, è scoprire insieme dove finisce uno e inizia l’altro. Proseguiremo insieme.
Scilla Bonfiglioli
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Recensione
“Gli Occhi di Un Re - Vol.1” di Catherine Banner • • • • • •
Titolo: Gli Occhi di Un Re Autore: Catherine Banner Casa editrice: Mondadori Pagine: 456 Anno: UK 2008 – ITA 2008 Formato: Cartaceo
La storia è narrata in prima e in alcune parti in terza persona; una struttura originale e ben studiata. L’autrice intende instaurare un rapporto diretto tra lo scrittore, che si trova dietro le pagine del romanzo (nascosto, invisibile) e il lettore (che sta per entrare nel mondo di Malonia). La narrazione ha una prospettiva originale perché riguarda due diversi punti di vista, quello di Leonard (che potremmo definire il protagonista principale in assoluto) e quello di Ryan, futuro erede al trono di Malonia spodestato e che si trova in una dimensione parallela chiamata Inghilterra. I punti di vista dei personaggi si accavallano più volte: per certi versi il lettore segue le vicende della vita quotidiana di Leonard e del fratellino di otto anni, che appare una narrazione un po’ monotona per le prime ottanta pagine, e altre volte segue le vicende di Ryan e Anna. Il punto forte dell’autrice è lo stile, tutto scorre veloce e il linguaggio utilizzato dalla Banner non rende pesante la lettura in alcun caso, anche se il romanzo non contiene molte scene avvincenti o/e di battaglia. Tutto ben scritto, tutto ben calcolato, ma vi sono poche scene descrittive che riguardano il mondo descritto dall’autrice e i maghi che fanno parte del mondo di Malonia. L’autrice non approfondisce, per così dire, l’aspetto “magico” della sua storia, ma preferisce di gran lunga descrivere dettagliatamente le emozioni, le sofferenze e le vicende che colpiscono la famiglia di Leonard e i suoi amici. L’incontro con una ragazza madre di appena quindici anni, l’indebolimento fisico della nonna di Leonard, la morte del fratellino e altri capitoli sconcertanti della
Trama: Leo ha 15 anni, vive con la nonna e il fratello minore Stirling nel regno di Malonia e frequenta con insofferenza l'accademia militare, imposta dal feroce regime dittatoriale. La vita del ragazzo è sconvolta dal ritrovamento di un misterioso libro dalle pagine bianche che si riempiono a poco a poco. Il libro racconta di Anna e Ryan, due ragazzi che vivono in un universo parallelo chiamato Inghilterra, dove la gente viaggia su carri scoppiettanti detti automobili e conosce armi prodigiose chiamate fucili. Le vicende presenti e passate di Inghilterra e Malonia si intersecano e si svelano pian piano, come tessere di un mosaico che si ricompone. Leo scopre che Ryan è l'erede al trono della saggia famiglia reale che governava Malonia prima che l'attuale dittatore la spodestasse, e decide di aiutarlo a riconquistare il regno. Nel frattempo, inizia a scrivere l'incredibile storia che sta vivendo tra le pagine ancora bianche del libro... lo stesso libro che ora avete tra le mani.
Recensione: “Gli occhi di un re” viene pubblicato nel 2008 nella collana “I Grandi” e ha subito un discreto successo. La storia è un fantasy particolare, per certi versi fuori dal comune e per altri molto vicino ai fantasy della nostra generazione: molti lo hanno addirittura paragonato a una sorta di “Storia infinita” di Ende nostrano.
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vita del giovane protagonista portano il lettore a provare le stesse emozioni di paura, tristezza e felicità. Catherine Banner riesce sicuramente a trasmetter attraverso carta e inchiostro fragili e spietati pensieri, parole che lasciano senza parole il lettore fino all’ultima pagina.
L’autrice: “Catherine Banner è destinata a diventare la nuova J. K. Rowling.” Ecco una frase che fa parte della recensione riguardante il primo libro dell’autrice inglese sul New York Post e che è stata riportata sulla cover del romanzo, tradotto in diversi paesi del mondo tra cui Francia, Germania, Italia, Spagna e Svizzera. Catherine Banner frequenta il College, vive a Cambridge e ha scritto “The Eyes of a King” all’età di quattordici anni, durante le vacanze estive, perché non sapeva cos’altro fare per trascorrere il pomeriggio. “Gli occhi di un re” è il primo romanzo di una trilogia ormai diventata un fenomeno in Inghilterra, una trilogia fantasy che sta facendo il giro del mondo, “The last discendent” (gli ultimi discendenti), di cui i primi due volumi sono stati tradotti in Italia dalla casa editrice Mondadori.
[…] E forse penserai che è una storia triste. Non lo è, in realtà non lo è. E’ la mia vita. Tutte le vite sono tristi. Tutti piangiamo. Tutti pensiamo di precipitare, a volte. Ma alla fine impariamo a sopravvivere. Un fantasy che non parla di streghe, maghi ed elfi che siamo abituati a incontrare nella letteratura anglosassone nostrana. Un fantasy diverso, più vicino a noi, che racconta eventi che potrebbero riguardare anche la nostra realtà ma che, al tempo stesso, ti trasporta in un mondo completamente nuovo.
Laura Buffa
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Recensione
“L’Ampolla Scarlatta” di Monique Scisci
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Titolo: L’Ampolla Scarlatta Autore: Monique Scisci Sottogenere: Urban Fantasy Casa Editrice: Ciesse Pagine: 336 Anno: 2012 Formato: Cartaceo/Ebook
Trama: Aurora ha tutto ciò che desidera, è di animo puro e semplice, la vita le sorride. L’amore è alle porte, ha una famiglia serena e sicura alle spalle. Tutto crolla sotto i suoi piedi, eventi tragici la surclassano e lei soccombe, impossibilitata a reagire, il destino spietato l’attende. Ma il tormento non ha fine, perché il cambiamento radicale a cui non può sottrarsi, non è ancora avvenuto. Chi la sta osservando e perché? Cos’è l’Ordine, di cui ha sentito bisbigliare alle sue spalle? Sta succedendo qualcosa al suo corpo, o sono effetti collaterali delle gocce vermiglio dell’Ampolla Scarlatta che il medico le ha prescritto? Un lupo bianco, creature della notte e segreti di famiglia mai svelati. Ce la farà ad affrontare l’arduo percorso che l’aspetta? Recensione: Sapevo sin dal principio, anche se non è chiaro dalla trama, che si trattava di un Fantasy vampiresco. Ho temuto, sono sincero, di trovarmi davanti l’ennesimo paranormal romance di bassa lega, la ripetizione della solita storia. Fortunatamente non è stato così. Di PR non c’è nulla ne L’Ampolla Scarlatta, e anzi si percepisce un ritorno alla figura folcloristica del vampiro. Diversi sono
i chiari richiami a Bram Stoker, e questo non può che farmi piacere. Lo stile è schietto, e la narrazione in prima persona permette di immedesimarsi con facilità nella protagonista. Specialmente l’inizio, dove il lato fantastico della vicenda è ancora nascosto, gli eventi e le vicende sembrano plausibili, come se accadessero – speriamo di no – a ognuno di noi. Ancora, si nota il tentativo dell’autrice di farsi spazio nella mente della protagonista e non solo, cercando l’introspezione ad alto livello. Detto ciò, l’Ampolla presenta una protagonista vivida e ben caratterizzata. La trama – senza poter dire granché per non svelare retroscena – è costituita da continui rallentamenti e accelerazioni, affiancando le scene di confusione ad altre più adrenaliniche man mano che viene fatta luce sui misteri. Naturalmente ci sono dei nei. In particolare nello stile, è possibile individuare gli unici due difetti del libro. Non grandi problemi, sia chiaro, ma piccoli segnali. In primis i dialoghi – specialmente i botta e risposta – non hanno la freschezza del resto della narrazione. In alcuni casi sembrano forzati o già sentiti. L’altro è la caratterizzazione dei personaggi non protagonisti. Non che non siano tridimensionali, ma in alcune scene si abbandonano troppo a modelli di clichè. Questi piccoli difetti non sono però presenti in tutto il testo, ma specialmente nella prima metà. Parlando di un’opera prima, appare evidente la maturazione stilistica all’interno della stessa opera. Nella seconda parte, infatti, la narrazione presenta dei punti di criticità più netti nella tensione, tutto sembra meglio caratterizzato. Ovviamente
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la presenza piena dell’elemento fantastico aiuta a promuovere con voto più alto questa seconda parte rispetto a una prima già buona, ma forse un po’ più acerba. In definitiva un buon libro che mi sento di consigliare. In particolar modo agli appassionati di Urban Fantasy e a chi vuole leggere di vampiri autentici.
L’Autrice: Monique Scisci è nata a Milano il 21 aprile del 1982. Ha conseguito il diploma quinquennale di Liceo Artistico con sperimentazione Michelangelo. Attualmente iscritta alla facoltà di Scienze e Tecnologie della Comunicazione a Milano. Lavora nel reparto commerciale di un’azienda edile. Ha collaborato per un settimanale locale, come giornalista. Da sempre coltiva la passione per i viaggi, la musica, l’arte e soprattutto la scrittura, unico vero mezzo per esprimere e interpretare emozioni profonde. Si avvicina al genere fantasy sin da piccola maturando forte curiosità per il paranormal. Ha letto svariate volte ‘Dracula’ di Bram Stoker che considera la quintessenza del romanzo vampiresco. Fortemente impegnata per la salvaguardia degli animali e per il rispetto dell’ambiente.
Maurizio Vicedomini
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Novità editoriale
“Il Richiamo della Luna Oscura” di Maurizio Vicedomini
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Titolo: Il Richiamo della Luna Oscura Autore: Maurizio Vicedomini Sottogenere: Sword & Sorcery Casa editrice: GDS Pagine: Anno: 2012 Formato: Cartaceo, Ebook
Trama: Eppure la luna oscura, ogni notte, lo chiamava. Gli sussurrava di strade segrete e sentieri dimenticati che l’avrebbero ricondotto finalmente a casa. Brillava nel suo tetro splendore, invogliandolo a viaggiare a lume di stelle, mentre il resto del mondo vagava su sentieri di sogni. E lui, ogni volta, si era lasciato soggiogare da quella voce, dalla speranza.
L’autore: Maurizio Vicedomini nasce a Napoli il 30 giugno del 1990. È studente di Lettere Moderne presso l'università Federico II di Napoli, chitarrista del sabato sera e cintura nera di Taekwondo. Appassionato lettore e studioso di letteratura fantastica sotto ogni aspetto, scrive da anni romanzi e racconti, ma solo di recente si è affacciato al mondo editoriale. Ha pubblicato Myrddin di Avalon (Edizioni Diversa Sintonia, 2012), un racconto lungo in e-book di fantascienza storica, e Il Patto della Viverna (Ciesse edizioni, 2012), un romanzo Sword & Sorcery. Ha inoltre pubblicato diversi racconti in antologie. Cura la rubrica FantaCliché su TrueFantasy e scrive articoli per Fantasy Planet e Fralerighe. Sito web: www.mauriziovicedomini.com
A cura di Michele Greco
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Novità editoriale
“Stirpe Chimerica - Vol.1” di AAVV
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Titolo: Stirpe Chimerica – Vol. 1 Autore: AAVV Curatori: Angela Visalli, Stefano G. Muscolino Casa editrice: Lulu (autopubblicazione) Pagine: 152 Formato: Cartaceo, Ebook
Banshee, dai Draghi alle Furie, dalle Ombre ai Fantasmi. Passando per personaggi ispirati alla cronaca della Londra vittoriana come Jack il saltatore o a demoni seduttori di povere fanciulle come Satanachia, o ancora esponenti della mitologia nordica come il lupo Fenrir. Altre ancora riprese dai giochi di ruolo, come il Tiefling, o dalla trazione tolkieniana come l’Ent, creatura a metà strada tra l’albero e l’uomo.
L’intera raccolta è ispirata alle Chimere, figure mitologica di origine greco/romana, il cui nome significa “sogno”. Creature frutto dell’immaginazione, con un ruolo cruciale nella storia dell’essere umano, le chimere hanno radici molto profonde e radicate nel tempo. È tra i dieci e i trentamila anni fa che risalgono le famose pitture delle caverne di Lascaux, nella Francia meridionale, come sintomo del primo mutamento nella percezione della realtà. In seguito apparvero molti altri petroglifi in tutto il mondo. Queste incisioni rupestri rivelarono creature con caratteristiche umane e al tempo stesso similitudini con altre specie animali o vegetali, circondate da fenomeni naturali come il vento, il fuoco o l’acqua.Sono stati selezionati ventidue racconti di vari autori, ispirati proprio dall’incontro tra un essere umano ed una chimera. Le creature variano dalle Sirene alle
A cura di Michele Greco
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Articolo
Il Viaggio nel Tempo Cosa succederebbe viaggiando indietro nel tempo? Per esempio andiamo indietro nel tempo e impediamo l'assassinio di Cesare. A quel punto l'intera storia romana sarebbe da riscrivere, sarebbe dunque
Contrariamente a quello che si può pensare il viaggio nel tempo è una delle prime argomentazioni fantascientifiche della storia, usato da Twain come mero espediente in Un americano alla corte di re Artù (A Connecticut Yankee in King Arthur's Court, 1889). La prima vera opera di fantascienza possiamo trovarla però con H.G. Wells nel racconto The Chronic Argonauts, meno famoso del successivo romanzo La macchina del tempo (The Time Machine, 1895), prescindendo dalle allegorie presenti in questi primi romanzi, essi sono dei prototipi per una tematica che rimarrà quasi del tutto inesplorata negli anni a venire. Occorre infatti aspettare le pubblicazioni del primo Heinlein per ritrovare i viaggi nel tempo, più precisamente Un gran bel futuro (By His Bootstraps, 1941). A seguito di questo racconto (siamo arrivati all'età d'oro della fantascienza) cominciano a comparire moltissimi tra i romanzi più famosi, tra cui La porta sull'estate (The Door into Summer, 1957), sempre di Heinlein. Asimov un paio di anni prima aveva già scritto la sua opera al riguardo: La fine dell'eternità (The End of Eternity, 1955), nel mucchio c'è da aggiungere Quellen, guarda il passato! (The Time Hoppers, 1967) di Robert Silverber, che si rifà alle allegorie dell'antesignano inglese. Più recenti e ormai considerabili fantascienza contemporanea sono L'anno del contagio (Doomsday Book, 1992) di Connie Willis e Avanti nel tempo (Flashforward, 1999) di Robert J. Sawyer; il primo addirittura vincitore del premio Hugo, il secondo forse più famoso per la serie televisiva, capace solamente di stravolgere il concetto dell'autore.
impossibile per noi tornare indietro, perché magari non esisteremmo neanche nella nuova linea tempo
rale. Questo paradosso, sintetizzato come paradosso del nonno, rimarca l'impossibilità, o per meglio dire l'imponderabilità di ciò che succederebbe e rappresenta forse l'esempio più lampante di quello che è la visione dei viaggi nel tempo (pensati scientificamente, per applicazioni pratiche) a cui possiamo appellarci. Diversamente esiste un altro punto di vista: tornando indietro per impedire le idi di Marzo potremmo invece incappare in Bruto e farlo arrabbiare così tanto da spingerlo ad assassinare Cesare come raccontano i libri di storia, vivendo così una linea temporale inalterabile in cui il viaggiatore del tempo
non può far altro che assistere agli eventi, dove le persone non possono cambiare il corso degli stessi perché indissolubilmente parte di ciò che li ha creati. Questi due aspetti possono essere rimarcati in due libri degli autori più famosi citati poc'anzi: ovvero Asimov ed Heinlein. Non tanto perché essi sono considerabili tra i padri fondatori della fantascienza,
Paradosso e linee temporali
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Da bravo caratterista, Heinlein dipinge magistralmente il suo personaggio di punta, abile e volenteroso, capace di rimettersi in piedi anche dopo diversi colpi subiti, eppure fragile e afflitto dalla perdita. Nel romanzo il viaggio nel tempo viene presentato come mero espediente narrativo, eppure è il fulcro di quello che andiamo a leggere, ma l'essere costretti a rimanere inchiodati alla linea temporale, statica e inalterabile, si sente appena.
ma perché i romanzi scritti da entrambi si rifanno all'una o all'altra idea di viaggio nel tempo. Spostare un barattolo può causare guai seri, persino la distruzione di un astroporto. Tutto programmato, se sono i ragazzi dell'Eternità a farlo. Asimov fa capire così, con un incipit che porta il lettore nel vivo della storia, la propria idea di viaggio nel tempo; dove una piccola modifica può alterare il corso della storia creando paradossi inimmaginabili e stravolgimenti che possono addirittura essere previsti. L'Eternità è quindi un'organizzazione fuori dal tempo in cui comandano anche dei supercomputer, la quale ha come scopo l'eliminazione delle scelte sbagliate prese dall'umanità, rendendola in tal modo perfetta. Quindi gli eterni sacrificano tutto, comprese innumerevoli vite, per il bene comune; una cosa di cui persino il protagonista del romanzo è convinto, finché non incontra la donna della sua vita. Il rischio di perderla a causa di una correzione della linea temporale è impensabile, tanto da spingere il protagonista a domandarsi se sia corretto imporre la volontà degli eterni sul libero arbitrio dell'umanità, impedendo all'umanità di sbagliare e di migliorarsi da quegli stessi errori. Considerato forse il miglior romanzo sull'argomento, La fine dell'Eternità è ancora oggi, dopo più di cinquant'anni, uno delle pietre miliari della fantascienza, i dialoghi stessi offrono spunti sull'idea del viaggio temporale e sui paradossi.
Perché parlare nello specifico di questi due romanzi? Perché sono l'essenza stessa delle due visioni, benché Heinlein abbia esplorato oltre questo tema con La storia di Farnham (Farnham's Freehold, 1965) e altri romanzi, rimarcando sempre la stessa teoria, la sua opera che più rappresenta la sua idea è proprio La porta sull'estate. Dunque dove incominciare, se dovessimo leggere sull'argomento? Indubbiamente entrambi sono molto validi, l'opera di Asimov è un po' più lunga, ma scorre altrettanto velocemente e quasi dispiace che l'ultima pagina sia arrivata tanto presto. Del resto il romanzo di Heinlein si legge con quattro o cinque ore di un occhio allenato, c'è una sorta di allegoria riguardo il sogno americano che potrebbe frenare, ma i richiami agli ideali dell'opera Heinleniana si sentono appena e fanno da fondale storico più o meno veritiero.
Lerigo Onofrio Ligure
La principale emozione che coglie leggendo La porta sull'estate è il bisogno di pace: quel bisogno interiore che tutti abbiamo, esattamente come il gatto Pete, di trovare la nostra porta che da sull'estate e proprio questo ci spinge a fare di tutto per trovarla, persino accettare l'idea di essere criogenati per poter andare avanti nel tempo, dimenticando le delusioni attuali. Tutto ok, finché non si cade in trappola, ingannati da tutti e criogenati nel luogo sbagliato. Qui Heinlein fa un brutto scherzo al protagonista, il quale si trova in un futuro bello e piacevole, afflitto però dalla consapevolezza di aver perduto ciò che di buono c'era nella propria vita, Pete compreso. Inspiegabili eventi nel futuro lo portano però a pensare che ci sia altro e dunque è tempo di tornare indietro nel tentativo di rimettere a posto le cose e quale meraviglia scoprire di aver giocato un tiro mancino ai cattivi, riprendendosi tutto ciò che ci avevano sottratto, ritrovando persino il gatto e l'amore, quindi la nostra propria porta sull'estate.
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Recensione
“John Carter di Marte” di E.R. Burroughs
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Titolo: John Carter di Marte: Sotto le lune di Marte, Gli dèi di Marte, Il signore della guerra di Marte Autore: E. R. Burroughs Sottogenere: Science Fantasy Casa Editrice: Newton Compton Pagine: 473 Anno: USA 1912/13/14 – ITA 2012 (Ristampa) Formato: Cartaceo
Trama: John Carter, conosciuto come Jack Carter della Virginia, muore improvvisamente, lasciando al nipote E.R. Burroughs un diario. Lo scrittore comincia quindi a leggere le avventure dell’uomo su Barsoom, il nome indigeno di Marte, e delle razze che vi abitano. I tre romanzi qui recensiti portano senza fretta all’esplorazione di tutto il pianeta, rovesciando le credenze barsoomiane, alla scoperta di un eroe d’altri tempi, capace di balzi sovrumani e una forza senza paragoni grazie alla gravità inferiore del pianeta rosso. John Carter si muoverà fra i Thark, gli uomini verdi, e gli uomini rossi, facendo la conoscenza di Dejah Thoris, fulcro di ogni azione cavalleresca del protagonista.
Recensione: John Carter rappresenta un classico della Fantascienza e al contempo del Fantasy. Quando fu scritto, nei primi anni ’90, non era ancora delineata la differenza all’interno del macrogenere “Fantastico”. E John Carter si mette proprio a cavallo in quella che oggi definiremmo una commistione di genere. C’è anche da considerare che all’epoca ci si spostava ancora a cavallo, e il telefono rappresentava una grandissima novità tecnologica. Dunque considerare le navi che solcano la luce Fantascienza non è un errore, sebbene molti altri aspetti si ricongiungano al Fantasy. Uno di questi è il modo in cui John Carter arriva su Marte. Chi ha avuto modo di visionare il film della Disney (2012), avrà notato che il trasporto avviene tramite tecnologia dei Thern. Ebbene, dimenticate il film nel leggere questa recensione, poiché ci ritroveremmo a parlare di cose diverse. Il capitano della Virginia giunge su Barsoom – il pianeta rosso – tramite una sorta di trasmigrazione dell’anima, un processo che – almeno nei primi tre romanzi – non viene mai spiegato. Ma andiamo con calma. Il primo romanzo, Sotto le lune di Marte o La Principessa di Marte o ancora John Carter (Under the Moon of Mars, 1912 (a puntate) o The Princess of Mars, 1917) narra del capitano John Carter, della sua fuga dagli indiani e del ritrovamento di una caverna. Qui sopraggiunge una paralisi, che gli impedisce di muoversi a lungo. Quando riesce a rompere i legami della paralisi, scopre che è solo il suo spirito, in un certo senso, a essere libero, mentre il corpo è ancora immobile nella grotta.
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E così esce all’esterno, sentendo un profondo richiamo dal cielo. Da Marte. Trasportato sul pianeta rosso, improvvisamente, si trova catapultato in un avventura fuori dagli schemi, incontrando i Thark, uomini verdi con due arti in più, e gli uomini rossi, più simili a lui, ma dalla carnagione scarlatta. La cosa più sorprendente è un lascito della sua natura umana. Su Marte egli è corporeo, sebbene la sua copia sia ancora nella grotta in Virginia. E su Barsoom John Carter trae beneficio dalla minore gravità, riuscendo a compiere balzi eccezionali. Il testo risente senza dubbio dell’epoca in cui è stato scritto. Non c’è dubbio che il raccontato sia superiore al mostrato, arrivando addirittura a spiegare interi dialoghi senza farli leggere. Tuttavia – a prescindere della sua età – questo romanzo affascina. Rende quasi plausibile la società marziana, sebbene oggi ci sia una tale conoscenza scientifica del pianeta rosso da impedirci ogni fantasticheria. E la società dei Thark, ad esempio, la loro struttura sociale, l’assenza di famiglie, è caratterizzata nei minimi dettagli, riuscendo a colpire l’immaginazione.
L’unico difetto di quest’opera, che è comunque figlia del suo tempo, è la presenza
di alcuni passaggi che si riferiscono al futuro, dove John Carter – perché ricordiamo che l’autore ha usato l’espediente del manoscritto ritrovato – dice di non capire, ma che in seguito avrebbe compreso. Il protagonista è un eroe di altri tempi: il classico guerriero senza macchia e senza paura, che non si tira mai indietro davanti a una sfida. L’eroe che si dimostra sempre superiore al nemico, chiunque egli sia, per forza o astuzia. Rientra, in questo senso, nel filone Heroic che avrebbe preso piede più avanti, nel fantasy puro con i racconti e romanzi di R.E. Howard e Michael Moorcock. E anche nella fantascienza Sotto le lune di Marte si presenta come fonte di ispirazione, specialmente per il filone Planetary Roman-
ce e lo Sword & Planet, che può proseguire la sua corsa fino all’arcinoto Star Wars. Gli altri due romanzi raccolti in volume – che chiudono in un certo senso le vicende, ma che sono seguiti da altri sette libri – permettono l’esplorazione del resto di Barsoom, e sono strettamente correlati fra loro, tanto da poterli considerare un unico romanzo o un ciclo a sé come continuazione del primo autoconclusivo. Il secondo volume è Gli dèi di Marte (The Gods of Mars, 1913), il terzo Il Signore della guerra di Marte (The Warlord of Mars, 1914). In questi romanzi Burroughs ci presenta le altre etnie presenti su Marte: i Primi Nati, ovvero gli uomini neri, pirati e seguaci prescelti della dea Issus. I Thern, uomini bianchi, considerati divinità immortali e sacerdoti della dea. E infine gli uomini gialli, creduti scomparsi, che civilizzano il nord oltre i ghiacci. Tornato su Barsoom, John Carter dovrà affrontare innumerevoli prove per ritrovare la serenità perduta. Dejah Thoris, la sua amata, è sparita, e una serie di avventure lo porteranno in giro per il pianeta alla sola ricerca della principessa di Marte. Qui, mancando Dejah Thoris, viene approfondito il rapporto del protagonista con i personaggi comprimari, come Tars Tarkas, Carthoris di Helium e nuove entrate dei più disparati popoli del pianeta.
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Presi insieme, i tre romanzi mostrano ben più di una storia fantastica. Fra le righe dei popoli marziani troviamo una critica al comunismo, mossa da Dejah Thoris contro i Thark. Ma al contempo Burroughs non sembra innalzare il capitalismo, dal momento che gli uomini rossi, che dovrebbero rappresentarlo, si muovono guerra gli uni con gli altri, allontanandosi di certo dal ruolo di società avanzata e dedita allo sviluppo. E ancora l’autore si scaglia contro le fedi cieche, contro la religione vista come una tradizione da rispettare. Si scaglia contro coloro che si rifiutano di cambiare idea davanti a prove certe, come è possibile notare lungo tutto il secondo romanzo. In definitiva, John Carter va su un Barsoom che non differisce poi tanto dalla Terra. Un pianeta ricco di uomini in guerra, di fedi e superstizioni, di chiusura mentale e brama di potere. Una Terra, però, con un qualcosa in più: un rinnovamento, portato da uno straniero. Idee nuove che scacciano le vecchie, troppo legate alle tradizioni. L’autore ci restituisce una propria visione della realtà e al contempo una speranza critica per un domani meno condizionato dai sentimenti negativi. Grande testimonianza a nostra disposizione, tra l’altro, che ci indica quanto poco il mondo sia cambiato in un secolo, a dispetto di ciò che crediamo.
Thern divini, con poteri e capacità sovrumane. Il libro, invece, li presenta come falsi déi, privi di qualsivoglia capacità. E ancora, il capitano Carter non è sposato, né mai lo è stato nel testo originale. Tale differenza dà luogo alla scena che ho più apprezzato nel film, cioè la battaglia solitaria contro i Warhoon con flashback intramezzati. La storia stessa è liberamente tratta, poiché i Thern appaiono solo nel secondo romanzo, mentre la trama di base del film è ispirata al primo. Insomma, un film godibilissimo se preso a sé, ma decisamente diverso dal libro, probabilmente con forte volontà di discostarsi da un testo che ha ormai ben 100 anni. Trovo comunque apprezzabile che per il centenario del barsoomiano della Terra, la Disney ne abbia fatto un film, invogliando anche alla ristampa dei romanzi. Purtroppo, nonostante le nuove edizioni, è ormai impossibile reperire i romanzi successivi a questa prima trilogia, se non forse in lingua originale. Un peccato per gli appassionati che vorrebbero proseguire le avventure su Marte, al fianco di uno degli eroi più amati del secolo scorso. L’Autore: Edgar R. Burroughs nacque a Chicago nel 1875. Dopo aver rinunciato alla carriera militare, cominciò a lavorare nella fabbrica del padre; successivamente fece il poliziotto, il cercatore d’oro, il negoziante, l’impiegato e il cowboy, a dimostrazione di una perenne insoddisfazione che era una sua caratteristica. Venduto il primo romanzo per 100 dollari, il successo gli arrise quasi subito con la famosissima serie di Tarzan e, da quel momento, le sue fortune economiche furono un continuo crescendo, tant’è che alla sua morte, possedeva oltre dieci milioni di dollari. I sessanta romanzi che scrisse vendettero oltre 45 milioni di copie nella sola America del Nord, a riprova di un successo che dura tutt’oggi. Maurizio Vicedomini
Qualche appunto in chiusura per chi avesse visto il film della Disney. Senza entrare nel merito della critica cinematografica, in cui non sono competente, ci sono alcune differenze importanti da segnalare fra i libri e il film. Prima di tutto – come già detto – nel libro non è la tecnologia a portare John Carter su Marte, ma una trasmigrazione dell’anima. È inoltre utile notare che il film presenta dei
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Recensione
“L’Ultimo Castello” di Jack Vance
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Titolo: L’Ultimo Castello Autore: Jack Vance Sottogenere: Post-Apocalittico Casa Editrice: Newton Compton Pagine: 94 Anno: 1994 (Ristampa) Formato: Cartaceo
Trama: Su una Terra devastata, in un futuro lontano, la società si è evoluta per classi sociali, definendo ogni individuo in base alla classe di appartenenza. Nobili, Contadini, Cadetti, Mek, ogni gradino sociale proviene da un mondo diverso, spostatisi sulla Terra per profitto. Gli agglomerati sociali vivono in castelli, roccaforti poste in luoghi strategici o difendibili con facilità. In questo contesto si sviluppa la ribellione dei Mek, e l’abbattimento di tutti i castelli. Solo uno, Hagedorn, ancora resiste, ma i suoi abitanti sono divisi fra orgoglio e timore. Qual è il modo per uscirne e sopravvivere? Bisognerebbe negare del tutto il presente e ritornare ai lontani ricordi di un passato ormai sepolto da millenni sotto un manto di illusioni e ipocrisie…
Recensione: Il mondo che Vance ci presenta ne L’Ultimo Castello (The Last Castle, 1966), è una Terra ormai desolata, che mostra i segni di una devastazione troppo estesa per essere arginata. Sebbene ci si trovi sul nostro pianeta, gli umani – intesi come terrestri veri e propri – sono isolati, esterni alla civiltà presentata, mostrandosi come predoni e abitanti del deserto. Gli uomini dei castelli, invece, sono nativi di un qualche pianeta lontano nello spazio, insediatisi sulla Terra per diversi fini. Essi si fanno chiamare Nobili, e sebbene siano studiosi, ripudiano la praticità, incapaci quindi di costruire oggetti o di combattere. Tutto è lasciato a servi e schiavi, ognuno con le proprie capacità, ognuno proveniente da un pianeta differente. I Contadini, inutile specificare di cosa si occupino, si mostrano come esseri gracili, privi di iniziativa e di grande intelletto. I Cadetti, rappresentati come fossero i giovani della società, spesso irruenti e impulsivi. Le Phane, danzatrici dalla bellezza sovrumana. Gli Uccelli, esseri alati capaci di trasportare carri per viaggi a lunga distanza. E, infine, i Mek. Operai e soldati. Sono la base, il vero fulcro della società della Terra. Incapaci di nutrirsi da sé, a causa dell’inutilizzo dei loro organi digerenti, si cibano di uno sciroppo, confezionato per ordine dei Nobili, e soggetti quindi a una schiavitù di necessità. Sono una forma di vita collettiva, dotata di antenne che gli permettono di comunicare gli uni con gli altri senza bisogno di parole. La rivolta sociale che Vance ci racconta in questo libro ha profonde radici nel mondo che conosciamo. I Mek, schiavizzati per il troppo utilizzo di una sostanza nutritiva
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– una sostanza che li faceva sentire bene, quindi – non sono altro che dipendenti, ormai incapaci di rimediare all’errore commesso dai loro progenitori. La Nobiltà stessa sembra futile, un potere privo di potere, nella condizione in cui un uomo è dotato di conoscenza, ma non può metterla in atto per una propria imposizione. In tale situazione, l’uomo si è autoimposto una minorità, che ricorda tanto quella superata con l’illuminismo. Citando Kant: L'illuminismo è l'uscita dell'uomo da uno stato di minorità il quale è da imputare a lui stesso. Minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi è questa minorità se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi del proprio intelletto senza esser guidati da un altro. In questo caso sarebbe naturale imputare la minorità ai servi, ai Mek, piuttosto che ai Nobili. Ritengo invece che sia un rapporto biunivoco: da una parte la dipendenza, dall’altra l’inattività. Ed è qui il punto focale del romanzo: le classi sociali rappresentano un singolo tipo d’uomo ognuna, e nessuno di esso è capace di vivere la propria vita da solo. Il castello, simbolo per eccellenza della solitudine e al contempo della resistenza, si tramuta qui in un rifiuto simbiotico della solitudine, dove la resistenza – e quindi la forza individuale – viene meno per far spazio alla totale incapacità di sopravvivere senza gli altri. Dunque, sebbene sia impossibile vedere solo in accezione negativa la società – poiché anche l’isolazionismo rappresentato dal castello è negativo – è anche vero che è condannato il legame troppo forte con la società stessa. Dunque due eccessi, rappresentati dallo stesso simbolo. È questo il punto di forza del libro, che si baserebbe altrimenti su un insieme di personaggi non troppo caratterizzati, se non – al limite – il protagonista Xanten. Gli altri personaggi si trovano in situazioni che mettono poco in luce la loro individualità. E se da una parte questo impedisce ai singoli di essere ricordati, dall’altro richiama ancora il discorso della classe come unico individuo. Dunque potremmo quasi considerare i Nobili come un unico personaggio. E coloro che
davvero acquistano l’individualità – nel romanzo o nell’ambientazione – sono allontanati o scelgono l’esilio volontario, lasciando il castello. Lasciando, quindi il fulcro dell’amalgamazione sociale. Un romanzo da leggere, dallo stile scorrevole nonostante l’età, e capace di far ragionare lungo le sue poche pagine. L’Autore: Jack Vance è nato a San Francisco nel 1916. Dopo aver studiato all’Università della California, si è dedicato a tempo pieno alla carriera di scrittore di Narrativa Fantastica, e oggi viene considerato uno dei «mostri sacri» della narrativa di Fantascienza e Fantasy. Idolatrato da milioni di fans in tutto il mondo, conta al suo attivo oltre 600 fra romanzi e racconti, scritti in cinquant’anni di attività, che gli hanno fruttato tutti i massimi premi del settore, dal Premio Hugo al Premio Nebula, dal Fantasy Award al Premio Pilgrim, al Balrog. Ha viaggiato in tutto il mondo, e le esperienze acquisite in diversi Paesi gli sono servite per creare contesti e avventure vere e proprie che poi ha riportato nei suoi libri.
Maurizio Vicedomini
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I grandi uomini dell'horror (prima parte): i re americani
pessimismo quasi asfissiante, che trova il suo apice nella poesia il corvo (the raven).
Quando si parla del genere horror subito vengono in mente delle opere specifiche, delle pietre miliari giunte fino a noi. È facile pensare subito a Dracula e ai suoi protagonisti, a Frankenstein e al suo mostro ripugnante, ai racconti del Necronomicon e al mitico Cthulhu, a Shining ed il suo adattamento cinematografico ad opera di Kubrik. Ma prendiamo per un momento in considerazione gli uomini che hanno preso in mano la penna per dar vita a queste figure immortali, uomini – e le donne – che, molto spesso, hanno dato prova di vivere storie più incredibili di quelle da loro descritte.
Considerato l'unico degno rivale di Edgar Allan Poe per moltissimo tempo, Howard P. Lovecraft è un eccezionale esempio di autore divenuto leggenda prima ancora di passare a miglior vita. Nato in un difficile contesto familiare (il padre era stato interdetto, la madre era iperprotettiva e, alla morte del nonno materno, presto si ritrovarono ad affrontare anni bui a causa di pessimi investimenti), Lovecraft si è distinto in tenera età per la curiosità verso le scienze e verso i classici della letteratura perennemente a portata di mano, cosa resa possibile dalla grande cultura del padre e del nonno. Cos'ha reso così speciale questo scrittore di Providence appassionato di chimica ed astronomia? La risposta è semplice, Al Azif. Dire che la sua produzione di limiti a questo sarebbe riduttivo, ma senza alcun dubbio si tratta di uno dei tratti più rilevanti delle sue opere. L'Al Azif, conosciuto come Necronomicon è un libro mistico e dal contenuto oscuro scritto da un filosofo folle nativo dello Yemen, Abdul Alhazred; egli sosteneva infatti d'aver visitato una città misteriosa nel deserto, era adoratore di divinità sconosciute: Cthulu e Yog. Di Alhazred e della sua opera si hanno molte informazioni, il che non dovrebbe essere tanto sorprendente se non per un piccolo dettaglio: nessuno dei due è mai esistito. Nessun Abdul Alhazred è mai vissuto per scrivere il Necronomicon. Lovecraft è riuscito a creare un vero e proprio mito immortale con tanto di note biografiche, dettagli storici e persino finte aste per la vendita della fantomatica opera. Improvvisamente molti amanti dell'occulto avevano sviluppato una vera e propria ossessione per il Necronomicon ed i rituali d'evocazione che si diceva fossero contenuti in esso, le creature inventate da Lovecraft erano riuscite (nonostante fossero appartenenti ad un universo a sé stante e regolato da leggi incredibili) a vivere al di fuori delle pagine, alimentare un mito che tutt'ora
In questo numero mi occuperò dei tre esponenti americani di maggior rilievo. Tra le personalità più interessanti va annoverato Edgar Allan Poe. Di lui ci siamo già occupati nel numero di Fralerighe di marzo nello speciale dedicato all'autore. Nato a Baltimora da una famiglia di artisti, in seguito all'abbandono del padre e la morte della madre viene affidato al padrino. La sua vita è un susseguirsi di lutti ed eventi sfortunati che lo conducono già in giovane età ad abusare d'alcool ed a perdere ingenti somme di denaro (spesso al di fuori delle sue possibilità economiche) nel gioco d'azzardo. Ad una prima analisi delle sue opere maggiori, risulta evidente come questi tristi eventi abbiano influenzato trame, ambientazioni o persino lo stile: si pensi alla tetra atmosfera che aleggia sulla figura del pittore ne il ritratto ovale (the oval portrait), la triste storia di un uomo incapace di lasciar andare la propria amata, costringendola a consumarsi per rendere immortale lo splendido ritratto a lei ispirato. Di simile lettura i tre racconti Eleonora, Ligeia e Morella, tutti incredibilmente collegati alla prematura scomparsa della moglie dell'autore, Virginia Clemm. La disperazione e le difficoltà economiche, nonché le delusioni in campo lavorativo e sentimentale, hanno costellato i racconti di Poe di un
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non è stato soppresso e rendere questo scrittore una leggenda. Ultimo personaggio da prendere in considerazione per questa prima parte dell'articolo è Stephen King, oggi considerato il re della letteratura horror moderna. Nato a Portland, come i due autori precedentemente trattati ha dovuto attraversare molte difficoltà prima di diventare lo scrittore osannato dalla critica che è adesso: dai rifiuti degli editori alla pessima situazione economica, passando attraverso lavori poco gratificanti e problemi familiari, King era pronto a gettare la spugna quando la moglie, nel 1973, lo convinse a provare ancora un'ultima volta. Fu in questo modo che nacque la leggenda, grazie alla pubblicazione del libro Carrie. La scalata al successo, le numerosissime pubblicazioni, fanno di King il secondo autore (dopo Shakespeare) ad aver ricevuto maggiori adattamenti cinematografici.
Dietro il successo esiste però anche un lato più cupo che trova il modo di farsi sentire in racconti come Shining: il protagonista, Jack Torrance, è un uomo distrutto, vittima dell'alcool che ha perso il lavoro e che deve fare i conti con i bisogni della famiglia. King ha spesso detto che c'è un po'di se stesso in Torrance. Bill Denbrough, protagonista di It, sotto certi aspetti sembra parlare per conto dell'autore, a partire dalla sua visione della letteratura: essa non deve necessariamente trattare argomenti politici o sociali, deve anche essere fine a se stessa, capace di divertire o appassionare per la storia o i personaggi. Un concetto che viene molto spesso sottovalutato. Nei prossimi numeri ci occuperemo di altre personalità dell'horror, magari osservando ciò che c'è ad est dell'Oceano Atlantico. Siamo sempre ben disposti verso suggerimenti o segnalazioni sui possibili autori da trattare.
Christine Amberpit
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Recensione
“Onryo, Avatar di Morte” di AAVV • • • • • • • •
Titolo: Onryo, avatar di morte Autore: Autori vari Curatori: Massimo Soumaré, Danilo Arona Sottogenere: Horror Japanesque Casa Editrice: Urania Mondadori Pagine: 327 Anno: 2012 Formato: Cartaceo
Le apparizioni di Onryo dimostrano che un mondo super-monitorato come il nostro contiene ancora molte cose nascoste alla vista. Cose terribili. Cose di cui preferiremmo ignorare l’esistenza. I fantasmi continuano ad accompagnarci. Silenziosi, sfuggenti, abbarbicati a questo piano di realtà, agiscono attraverso il tempo pronti a distruggere barriere fisiche e geografiche. Come la distanza che ci separa dal lontano oriente e dai suoi luoghi letterari, che trovano in 12 autori di diverse sensibilità un terreno comune di dialogo. Come tutte le imprese difficili, anche il progetto Onryo ha una gestazione lunga e ponderata, che nasce in casa Mondatori ben cinque anni prima dell’effettiva uscita in edicola. La proposta di Alan Altieri, mirata a collocare l’antologia nella (poi defunta) collana Epix, coinvolge due curatori di tutto rispetto, ovvero Massimo Soumaré, scrittore, traduttore e grande conoscitore del milieu letterario giapponese, insieme a Danilo Arona, prolifico scrittore e giornalista di navigata esperienza. Dalla messa a confronto dei due mondi sono germinate una serie di storie assai legate ai propri territori di origine, ma con interessanti punti di contatto. Le simmetrie non mancano. Tematiche, stilistiche e strutturali, ma soprattutto umane, attraverso lo sgomento dei propri interpreti che reagiscono con simile fragilità al contatto con l’impossibile.
Trama: Fantasmi, larve e creature misteriose infestano le strade di città moderne col loro carico di orrori senza tempo. Da Torino a Tokyo la morte si fa da parte per lasciare agire copioni eterni, dannazioni e vendette declinate dai racconti di 12 scrittori contemporanei italiani e giapponesi. Dalla tradizione o dalle pieghe della società mediatica due lingue diverse s’incontrano per costruire una comune mappa dell’incubo.
Recensione: Con l’uscita di Onryo, avatar di morte sono almeno un paio le opinioni che vengono messe in discussione. La prima è che una collana di fantascienza pura come Urania non possa ospitare anche buone storie gotiche, l’altra è che la tecnologia abbia reso obsoleto il sovrannaturale togliendogli spazio e soprattutto credibilità.
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bandonati diventano agenti meccanici e surreali di uno sconfinamento su un mondo altro. Un diverso approccio al tema, rispetto ai toni sfumati di De Filippi, viene dalla scrittura nervosa di Stefano Di Marino, action writer incalzante e sanguigno, pronto a catapultarci con una prosa fortemente visiva nell’incubo di “Il cacciatore di figli posseduti”. E’ impossibile non lasciarsi prendere dal vortice degli eventi che orchestra nella sua vicenda impregnata di leggenda, nel solco della tradizione narrativa dei predestinati diabolici, a cui si oppone la forza di un emissario del Bene dai tratti inquietanti, privo di ogni pietà. Altro picco d’eccellenza nell’antologia, è di certo il bellissimo “La madre del Kudan” di Sakyo Komatsu, figura di prima grandezza nel panorama fantastico giapponese. Raffinato autore, padrone di una lingua di alto profilo artistico, Komatsu dipinge uno scenario bellico triste e realistico, in cui le sfortune di una famiglia povera portano i protagonisti a entrare in contatto con un segreto nascosto nella casa che pietosamente gli offre rifugio. Lì, mentre gli echi del conflitto scivolano in uno sfondo indistinto, una creatura dalla natura incantata apre squarci rivelatori sull’esito della guerra in corso. Più rassicurante nello scenario, ma altrettanto inquietante nello sviluppo, il racconto della scrittrice Nanami Kamon colloca tra le mura di una scuola l’incontro con un ritornante. In “Una storia vera”, l’istituto animato dalle rivalità e dai crudeli rituali delle adolescenti acquista una valenza ostile insidiando la vita dei suoi occupanti, descritti con un attento scandaglio psicologico. La realtà si sgretola quando le dicerie paurose delle studentesse si rivelano qualcosa più di uno scherzo lasciando affacciare una minaccia che porta il gioco a delle tragiche conseguenze.
Fondamentale cesura tra aree così diverse è proprio il racconto di Soumaré, che grazie alla propria competenza di orientalista ambienta con efficacia un intreccio tra la Torino contemporanea e il Giappone del Periodo Edo. In “Barocco kaidan” il protagonista torinese confonde la normale quotidianità col destino maledetto di un ronin, un samurai senza padrone, scoprendo gradualmente di essere vittima di un’inevitabile, nonché ciclica, rovina dalle origini remote. Il racconto di Masako Bandô propone invece uno spaccato di vita tutta nipponica che ci avvicina a una realtà contadina dalle sfumature culturali ancora tinte di arcaico. La limpida e profonda scrittura della Bandô riporta fedelmente l’incontro fra tradizione e mistero. Il fantastico entra nel suo “La voce del cadavere” proprio allacciandosi alle credenze popolari e ne chiude il cerchio narrativo tramite l’humus vitale che alimenta (o produce) gli spettri, ossia il senso di colpa. Nelle pagine di “Fobia” Samuel Marolla utilizza una figura problematica che proviene dal moderno Giappone metropolitano, lo “hikikomori”. Collocando questo auto-recluso in una storia fitta di suspence e colpi di scena inaspettati, Marolla fa strada a un incubo che si manifesta sul web. Ogni apparenza nasconde un sofisticato gioco di inganni e l’elemento sovrannaturale è la catarsi che risveglia il protagonista, isolato nel suo mondo claustrofobico. La contaminazione tra horror e fantascienza con sfumature Lovecraftiane è al centro del racconto di Masahiko Inoue, “Il caso del bagno Odoro”. Con uno stile moderno e asciutto, Inoue ci introduce ai segreti di un luogo della memoria, la sala da bagno del titolo, alla quale fa ritorno il nostalgico protagonista per scoperchiare un’invasione silenziosa che stravolge la realtà del quartiere affacciato sulla via dei Cavalli di Legno. Del tutto sospeso in una dimensione dall’atmosfera onirica, “Antracite” di Alessandro De Filippi manipola in maniera abile pulsioni e fascinazioni invisibili, (da buon psicanalista junghiano) portando il lettore al cospetto di apparizioni che vivono tra i resti di una struttura industriale, in cui gli stessi macchinari ab-
La vendetta è sempre un’ottima ragione per tenere la morte in stand-by. Angelo Marenzana, proveniente dal noir e ben a suo agio in trame dai risvolti gialli, organizza la propria storia
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all’interno di una detection che si consuma approdando al paranormale. “La donna dai capelli ramati” ruota tutto intorno al riuscito contrasto tra la banalità del quotidiano e l’evento inspiegabile che ne contraddice ogni regola. Hiroko Minagawa ha legato la sua attività alla narrativa per ragazzi, non a caso “Chiarore lunare” ha i toni crepuscolari di uno sguardo rivolto al passato, dove la presenza della misteriosa bambina Ayako, conduce il protagonista in un viaggio a ritroso nel tempo per andare incontro al proprio destino.
I curatori: Massimo Soumaré, nasce a Torino nel 1968 e si occupa da anni di cultura nipponica come traduttore, giornalista, saggista, narratore e insegnante di lingua giapponese presso il CentrOriente e la Fondazione Università Popolare di Torino. Oltre a curare mostre d’arte e convegni ha collaborato con numerose riviste come Quaderni Asiatici, LN Libri Nuovi, Studi Lovecraftiani e altre ancora. Come autore ha pubblicato sulle antologie Alia, Fata Morgana, Tutto il nero del Piemonte, Igyo Collection. Suoi testi sono stati tradotti in Cina, Giappone, Usa.
Danilo Arona, nato nel 1950 è un prolifico autore attivo sin dagli anni settata, oltre che musicista e giornalista, esperto di cinema e autore di ricerche sul folklore e saggi sul sovrannaturale. Protagonista della scena letteraria nazionale, tra le sue tante pubblicazioni annovera i fortunati libri Cronache di Bassavilla, Finis Terrae, L’estate di Montebuio. Ha collaborato (tra le altre) con le riviste Robot, Aliens, Focus, Cinema& Cinema, Carmilla, Il Corsaro Nero. Nel 1980 è stato giurato al Festival del cinema fantastico e del terrore di Sitges. Con Marco Tropea e Laura Grimaldi ha fatto parte del Comitato Scientifico di "ChiaroScuro - Tutti i colori del libro", il primo festival di letteratura italiano di Asti, ed è oggi parte attiva dell'iniziativa alessandrina Equi-Libri, rassegna multimediale e itinerante di musica, libri e altro, coordinata da Enzo Macrì e Angelo Marenzana.
Altrettanto elusivo nella sua cornice notturna, “Paura dal monte degli Dei” di Yoshiki Shibata ci accompagna in un viaggio in cui l’attore Ichitaro Takamura si ritrova ospite suo malgrado in una rappresentazione delirante. Spettatori occulti, gli Dei provenienti dal Paese di Yomi, il paese dei morti, e i morti stessi. Danilo Arona, infine, mescola nelle pagine di “Vale va bene” un’intensa serie di temi perfettamente calibrati in una vicenda profondamente umana di cui è interprete il musicista Morgan Perdinka. E’ impossibile non lasciarsi prendere dall’atmosfera del locale fumoso in cui Perdinka si lascia sedurre dal fascino di una sconosciuta, la “Vale” del titolo. Nostalgia, paura della solitudine e della morte, il valore salvifico della musica e l’amore che attraversa ogni barriera fisica fanno da sfondo a una narrazione ruvida, calda, evocativa, nella tradizione del miglior Arona, capace di inserire nelle nebbie della provincia gli echi spaventosi di un mondo vivo e palpitante, a un passo dalle nostre sicurezze. Onryo termina il suo percorso senza rassicurare. Forte delle sue identità multiple, rimodella vecchi canovacci in prodotti nuovi, in grado di interessare il lettore e fargli affrontare la zona del crepuscolo del conosciuto, l’area cieca di tutte le telecamere. Che i nostri occhi siano tondi o a mandorla, infatti, quando la luce si spegne restano fissi sull’enigma che non ha mai smesso di turbarci dall’antichità. Il buio.
Fabio Lastrucci
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Intervista a
Monique Scisci Di Maurizio Vicedomini
L’ospite di questo numero è Monique Scisci, autrice esordiente del milanese, entrata nel panorama editoriale con il romanzo Urban Fantasy L’ampolla scarlatta, edito da Ciesse Edizioni e pubblicato nel mese di luglio 2012. Un ottimo esordio, come dimostrato dalla recensione presente su questo stesso numero, nella sezione Fantasy. Ma lasciamo che sia l’autrice a presentarsi ai lettori, a parlare del suo romanzo e a discutere di editoria e genere fantastico. R: L’Ampolla Scarlatta è nato in un periodo complicato della mia vita, per riemergere ho iniziato a vivere in un mondo parallelo, quello dell’immaginazione, e
*** D: Ciao Monique, benvenuta sulla Rivista Fralerighe. Per rompere il ghiaccio ci parli un po’ di te? R: Ciao Maurizio, innanzitutto grazie per la possibilità che mi stai dando, parlare del mio romanzo è sempre un piacere immenso, ogni volta cerco di mettere in luce gli aspetti più interessanti con la speranza di incuriosire i lettori. Cosa posso raccontarti di me? Ho una vita abbastanza frenetica; lavoro, gestisco la casa, il cane e il marito, ma trovo sempre il tempo per scrivere.
dal nulla è emersa una storia. Mio marito mi ha incoraggiata molto, e così ho iniziato a trasporre su carta i miei pensieri. La storia si è srotolata capitolo dopo capitolo, la trama si è infittita e i personaggi sono emersi come attori di un film, ero io che seguivo l’evolversi e non il contrario. Vedevo le scene e le trascrivevo. Un’esperienza emozionante che credevo fine a se stessa. Ecco perché quando è arrivata la proposta di pubblicazione di Ciesse Edizioni mi è mancata la terra sotto i piedi dalla la felicità. Ho iniziato a credere di vivere un sogno. La collaborazione con Alexia Bianchini che si è occupata dell’editing, è stata fondamentale e istruttiva, da lei ho appreso davvero molto, anche se ho ancora un bel po’ di strada da fare.
Dopo l’uscita del libro sono nate nuove collaborazioni “scrittevoli” che, indubbiamente, hanno aumentato il carico, ma non mi lamento. Sto vivendo un periodo bellissimo. Sono entrata a fare parte di un mondo nuovo che mi piace, e ancora faccio fatica a credere che stia succedendo proprio a me. Amo leggere, tantissimo, se mi piace un libro sono capace di restare sveglia fino alle quattro del mattino (orario limite che mi sono autoimposta), fosse per me leggerei e scriverei tutto il giorno, ma per ovvie ragioni devo limitarmi. Sono un’appassionata di cinema e serie televisive verso cui sviluppo un interesse compulsivo. Per il resto sono una persona apparentemente normale.
D: Chi è Aurora nella tua concezione del romanzo? R: Aurora è la protagonista, il personaggio principale, il narratore e il collante di tutte le figure che compaiono. È una parte di me, il passato e il futuro. Ho scelto di dar vita al personaggio in un momento difficile della sua vita, forse attingendo dal mio vissuto personale. Il suo percorso è una
D: L’Ampolla Scarlatta è il tuo primo romanzo. Com’è nato?
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crescita psicologica che culmina con l’accettazione, con la rivincita. È un soggetto apparentemente semplice ma che, in realtà, racchiude turbamenti e insicurezze dovute a un costante senso di inadeguatezza, che spesso caratterizza le persone.
questo forte richiamo attorno alla figura del vampiro, basandosi sul clamore mediatico di Twilght. Come hai giustamente fatto notare, circolano molti romanzi a tema vampirico, ma non è un fenomeno attuale tantomeno di passaggio. Di fatto, una delle prime opere che trattò il mito fu Varney il vampiro di Thomas Prest e James M. Rymer, romanzo gotico pubblicato sotto forma di opuscolo nel 1845. Nel 1872 Sheridan La Fanu scrisse il racconto Carmilla che non influenzò solo la cinematografia, ma lo stesso Bram Stocker, che nel 1896 scrisse il famoso Dracula (di cui fra l’altro esiste un sequel scritto dal pronipote pubblicato nel 2009), che Francis Ford Coppola traspose in una pellicola di successo anni dopo. Tutto questo per far meglio comprendere quanto in realtà sia radicato l’interesse per la letteratura vampiresca, riportata in auge negli ultimi anni, grazie ai romanzi di Anne Rice che ci restituisce un’idea moderna, a Stephanie Meyer e tanti altri autori che hanno deciso di cimentarsi con il mito. L’interesse per questa figura non è un fenomeno recente, anzi. Il vampiro attrae e questo è un dato indiscusso. Racchiude in sé il fascino del proibito, fa sognare una vita eterna, in alcuni casi rappresenta la redenzione, il bene che domina sul male, in altre è forza allo stato puro, aggressività, violenza che si mescola alla seduzione, è potere, ricchezza, abbatte le barriere sociali. Insomma, comunque lo si descriva, offre spunti interessanti e fa volare con la fantasia. Non trovo strano che molti autori decidano di trattare il mito, ognuno con un proprio schema costruendo immaginari sempre diversi. Per quanto riguarda il lupo, in realtà, il mio non ha nulla a che vedere con la licantropia, ho cercato di dare un significato diverso coniugando l’animale al sovrannaturale.
D: Vampiri e lupi. Scelta ardita in un mercato che ne è ormai saturo. Perché hai scelto proprio questi temi? R: In realtà non è stata propriamente una scelta, sono sempre stata attratta da queste figure misteriose e, quando ho iniziato a pensare una ipotetica trama, sono emerse in tutta autonomia. Differenze rispetto all’iconografia classica ci sono; nonostante abbia attinto dall’immaginario collettivo, ho cercato di inventare qualcosa di nuovo, sfruttando alcune letture a cui sono affezionata, per riconsegnare al vampiro la sua identità ambivalente, divisa tra il bene e il male. Ho anche reso attuale il contesto, per rendere la storia più credibile e realistica, e per fare in modo che il lettore possa avvicinarsi ai temi trattati in maniera istintiva.
D: Quali autori – nell’ambito del Fantastico – ti hanno influenzato maggiormente? R: Sicuramente Bram Stoker, il suo Dracula mi ha trasmesso l’amore per il genere, Jeanne Kalogridis di cui ho letto I Diari della famiglia Dracula e Il Patto con il Vampiro e ovviamente Anne Rice. Di recente ho letto molti dei romanzi in circolazione nel vasto panorama fantasy, ma questi tre autori sono stati fondamentali per la scelta degli ingredienti.
A tal proposito, la tua domanda mi permette di rispondere a tutti coloro si chiedono come mai esiste
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D: Che cognizione hai del Fantastico italiano?
Biografia:
R: Sono fermamente convinta che si debba investire sulla narrativa fantastica italiana. Di recente ho letto diverse opere di autori nostrani, anche esordienti, che mi hanno colpita per la loro freschezza e originalità. Libri raffinati, ben scritti che non hanno nulla da invidiare ai colleghi stranieri. È vero che il fantasy è un genere che in seguito a diverse situazioni culturali, ha attecchito poco nel nostro paese, e che purtroppo le grandi Case Editrici non sfruttano le nostre risorse prediligendo la traduzione di testi anglosassoni, ma è anche vero che con Internet, oggi possiamo abituare i lettori a leggere romanzi pubblicati da case editrici medio-piccole, che per fortuna, scelgono di puntare su di noi. Il mondo del fantastico è in espansione, io confido nelle scelte di coloro che leggono.
Monique Scisci è nata a Milano il 21 aprile del 1982. Ha conseguito il diploma quinquennale di Liceo Artistico con sperimentazione Michelangelo. Attualmente iscritta alla facoltà di Scienze e Tecnologie della Comunicazione a Milano. Lavora nel reparto commerciale di un’azienda edile. Ha collaborato per un settimanale locale, come giornalista. Da sempre coltiva la passione per i viaggi, la musica, l’arte e soprattutto la scrittura, unico vero mezzo per esprimere e interpretare emozioni profonde. Si avvicina al genere fantasy sin da piccola maturando forte curiosità per il paranormal. Ha letto svariate volte ‘Dracula’ di Bram Stoker che considera la quintessenza del romanzo vampiresco. Fortemente impegnata per la salvaguardia degli animali e per il rispetto dell’ambiente.
D: Indiscrezioni sulle prossime uscite? R: Sto lavorando a diversi progetti tra cui il sequel de L’Ampolla Scarlatta, ma al momento sono concentrata sulla promozione del mio romanzo d’esordio, proprio perché credo sia importante diffonderlo il più possibile per farmi conoscere e fidelizzare i lettori.
Ringrazio Monique Scisci per l’intervista a nome della redazione di Fralerighe! Grazie a te Maurizio e un saluto alla redazione di Fralerighe.
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Recensione
“Red” di Kerstin Gier • • • • • • •
Titolo: Red Autore: Kerstin Gier Sottogenere: Urban fantasy Casa editrice: Corbaccio Pagine: 329 Anno: ITA 2011 Formato: Cartaceo, Ebook
Recensione: Red è il primo romanzo di una trilogia che prosegue in Blue e in Green, denominata la “Trilogia delle gemme” (i colori nei titoli, rosso, blu e verde fanno infatti riferimento ai colori di tre gemme che possiedono i saltatori nel tempo) e oltre a essere una lettura estremamente piacevole, è anche così scorrevole che si arriva all’ultima pagina senza quasi accorgersene. Posso dire che è stato il libro che ho letto più rapidamente in assoluto, l’ho iniziato e l’ho finito nella stessa serata e ha comunque più di trecento pagine. Non è stata certo una corsa a perdifiato sperando di arrivare in fretta alla fine, quanto piuttosto una tranquilla passeggiata mossa dal desiderio di voler sapere, di voler svelare ogni segreto della storia. Ho acquistato Red principalmente per il suo tema, l’idea del gene che si tramanda da una generazione all’altra e che permette di spostarsi nel tempo diventando dei veri e propri viaggiatori mi ha subito incuriosita. I salti, così come li chiama la Gier, si preannunciano con giramenti di testa, nausea, debolezza e avvengono in modo incontrollato, non si può decidere in quale epoca si andrà e quanto tempo si resterà via, a meno che non si usi un apposito strumento legato al sangue del saltatore per monitorarli e indirizzarli, il cronografo. Ciascun gene portatore ha una propria gemma di colore diverso che lo contraddistingue e quello di Gwen, la protagonista, è il rosso rubino. I personaggi del romanzo sono veramente tanti, c’è la famiglia che abita con Gwen, ci sono gli amici, ci
Trama: Per l’amica Leslie, Gwendolyn è una ragazza fortunata: quanti possono dire di abitare in un palazzo antico nel cuore di Londra, pieno di saloni, quadri e passaggi segreti? E quanti, fra gli studenti della Saint Lennox High School, possono vantare una famiglia altrettanto speciale, che da una generazione all’altra tramanda poteri misteriosi? Eppure Gwen non ne è affatto convinta. Da quando, a causa della morte del padre, si è trasferita con la mamma e i fratelli in quella casa, la sua vita le sembra inspiegabilmente peggiorata. La nonna, Lady Arisa, comanda tutti a bacchetta con piglio da nobildonna e con l’aiuto dell’inquietante maggiordomo Mr Bernhard, e zia Glenda considera lei, Gwen, una ragazzina superficiale e certamente non all’altezza del nome dei Montrose. E poi c’è Charlotte, sua cugina: capelli rossi, aggraziata, bravissima a scuola e con un sorriso da Monna Lisa. E’ lei la prescelta, colei che dalla nascita è stata addestrata per il grande giorno in cui compirà il primo salto nel passato. Charlotte si dà un sacco di arie, ma Gwen proprio non la invidia: sa bene che si tratta di una missione pericolosissima non solo per la sua famiglia, ma per l’umanità intera, e da cui potrebbe non esserci ritorno. E non importa se Charlotte viaggerà sola ma sarà accompagnata da un altro prescelto, Gideon de Villiers, occhi verdi e sorriso sprezzante…Gwen non vorrebbe davvero trovarsi al suo posto. Per nulla al mondo…
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Gideon si mostra infastidito dalla presenza di Gwen, ma la sua riluttanza iniziale si tramuta ben presto in simpatia, per poi sfociare in un vero sentimento, che viene ricambiato dalla ragazza. Di fisico c’è poco e niente in questo primo capitolo della trilogia, si assiste al nascere dei sentimenti dei due durante le numerose peripezie in epoche passate e si rimane con il cuore a mille per quello che accade nelle ultimissime pagine, lasciando la voglia di correre in libreria ad acquistare i seguiti. L’elemento dei viaggi nel tempo tiene alto l’interesse del Lettore ed è ben gestito all’interno dell’intera narrazione, offrendo la possibilità di sovrapporre i piani temporali di Red con quelli degli altri due romanzi, Blue e Green. Scene del primo romanzo, infatti, non sono cronologicamente slegate da ciò che avviene poi nel secondo e nel terzo capitolo della saga, ma anzi ne costituiscono il completamento, perché ogni cosa si intreccia e si incastra alla perfezione, in un quadro di insieme che si arricchisce man mano che si prosegue con la lettura. Lo stile della Gier è fresco, divertente, incalzante, così come lo sono le situazioni che è capace di creare. I misteri che ruotano attorno ai geni portatori e alla loro facoltà di trasmigrare in una certa epoca (termine usato a indicare il viaggio in un anno e in un’ora prefissata grazie al cronografo) tengono sempre con il fiato sospeso e riservano inaspettati e riusciti colpi di scena. Le continue citazioni a inizio capitoli, alcune tratte da autori della letteratura inglese, altre puramente inventate dall’autrice e tratte da scritti e libri degli stessi personaggi della storia sono azzeccate e incuriosiscono molto. Eccone un esempio: “Un viaggio incontrollato nel tempo si preannuncia in genere con alcuni minuti, a volte ore o persino giorni di anticipo, con giramenti di testa, mancamenti allo stomaco e/o alle gambe. Molti gene portatori riferiscono anche dolori al capo simili a emicranie. Il primo salto nel tempo, denominato anche salto iniziatico, avviene tra il sedicesimo e il diciassettesimo anno di vita del gene portatore. Dalle Cronache dei Guardiani, volume 2, Regole generali”. La fantasia della Gier è lampante, così come lo è la sua bravura nel far combaciare tutti gli indizi, i segni, le profezie e le premonizioni che ha inserito nel corso dei tre romanzi. L’originalità, la complessità della trama e il romanticismo sono sicuramente i tre punti a favore di Red, quelli che lo
sono le comparse di altre epoche, ci sono i de Villiers, da cui discendono altri geni portatori e così via, ma si ha lo stesso, in qualche modo, la sensazione, poi confermata con l’intera trilogia, che ciascuno di essi abbia la sua importanza. Sono da apprezzare in questo senso le spiegazioni e i disegni, tra cui quello dell’albero genealogico, che l’autrice ha inserito a supporto del Lettore. Gwen vede tutti i giorni sua cugina Charlotte che si allena e si prepara per compiere il suo primo salto nel tempo e nonostante sia la preferita di tutti, lei non la invidia per niente. Gwen non vorrebbe mai trovarsi al suo posto, per essere catapultata da un momento all’altro in un’altra epoca a compiere chissà quale missione pericolosa, lei adora la normalità ed è contenta che non sia toccato a lei ereditare il gene di viaggiatrice. Nelle prime pagine, tutto porterebbe a pensare che Charlotte sia davvero una saltatrice. Si scopre poi più avanti che a dover compiere il suo primo salto nel tempo non è lei, bensì la povera Gwen, infelice e impreparata alla situazione. Le epoche storiche sono ricostruite nei dettagli ed è interessante l’idea che viaggiando, ci si possa trovare a contatto con un parente mai conosciuto, come un bisnonno, oppure un genitore ancora vivo o in giovane età. Nella trama, c’è un velo di oscurità e malvagità che viene ricondotta alla figura del Conte di Saint Germain, un uomo misterioso e molto potente i cui piani restano celati fino alla fine e che la protagonista incontra durante un salto nel tempo. La storia d’amore è costantemente presente. Si nota fin dalle prime comparse di Gideon de Villiers, occhi verdi e sguardo in apparenza sprezzante, come Gwen se ne senta irrimediabilmente attratta. Gideon è un gene portatore dalla parte dei de Villiers e ha il compito di saltare nel tempo insieme alla viaggiatrice dei Montrose per portare a termine una delicata missione nel passato. Anche Gideon, come del resto gran parte degli altri personaggi, ha sempre creduto sarebbe stata Charlotte a viaggiare insieme a lui nel passato e per questo motivo i due hanno instaurato un bellissimo rapporto, che sembra quasi andare al di là dell’amicizia. Quando il ragazzo scopre che sarà Gwen ad accompagnarlo nelle sue avventure, ne resta deluso e reagisce trattando male la ragazza, quasi come se fosse colpa sua. Il motivo per il quale sarà Gwen e non Charlotte a sperimentare i salti nel tempo è ampiamente trattato e spiegato.
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rendono distinguibile e riconoscibile tra mille altre letture dello stesso genere. Particolare anche la scelta del prologo e dell’epilogo, raccontati dal punto di vista esterno di Lucy e Paul, due gene portatori che sono in fuga in un’altra epoca, proprio perché nessuno sa esattamente dove si trovino nè cosa stiano tramando e ciò genera la voglia di smascherare i loro piani. Consiglio Red, così come Blue e Green, a tutti gli amanti del genere timetravel e delle storie d’amore dalle tinte tenui e dolci. Chi cerca un romanzo sul fantasy moderno, che abbia una trama di tutto rispetto e che non annoi dopo due minuti, ha appena letto una recensione che fa per lui. Ora che si avvicinano anche le feste Natalizie, Red, Blue e Green, potrebbero essere un ottimo regalo da spacchettare sotto l’albero. L’autore: Kerstin Gier è nata nel 1966 e vive con marito e figlio vicino a Bergisch Gladbach, in Westfalia. Alla sua attività di insegnante ha affiancato dal 1995 quella di scrittrice. Con Red ha raggiunto il successo mondiale, un successo da 600.000 copie e diritti venduti in 15 paesi. Valeria Bellenda
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Novità editoriale
“Il Principe Vampiro: Fuoco Nero” di Christine Feehan
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Titolo: Il Principe Vampiro: Fuoco Nero Autore: Christine Feehan Sottogenere: Urban fantasy Casa editrice: Newton Compton Pagine: 384 Anno: ITA 2012 Formato: Cartaceo, Ebook
Autrice: Christine Feehan è una scrittrice a tempo pieno e ha all’attivo oltre 40 romanzi. Ha vinto numerosi premi ed è stata più volte ai vertici delle classifiche di vendita degli Stati Uniti. Con la saga Il principe vampiro ha ottenuto uno straordinario successo in tutto il mondo,conquistando pubblico e critica e vincendo un gran numero di prestigiosi premi riservati alla narrativa fantasy.
Trama: Quando Darius vede per la prima volta la bellissima Tempest Trine, il nuovo meccanico che deve riparare la roulotte della sua band di musicisti carpaziani, è stupito di notare il rosso acceso dei suoi capelli. Perché da secoli Darius, pericolosamente vicino alla trasformazione in vampiro, non vedeva più a colori né percepiva emozioni. Anche Tempest si rende subito conto che quello non sarà un lavoro come un altro: qualcosa in quell’uomo così misterioso e imponente la attrae e la spaventa al tempo stesso. Quando il carpaziano, la lega a sé con un potente incantesimo, la ragazza capisce che lui potrebbe offrirle l’amore che ha sempre cercato. O forse la sta esponendo a un pericolo più grande di quanto lei stessa possa immaginare?
a cura di Valeria Bellenda
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Novità editoriale
“Dark Prince” di Kresley cole • • • • • • •
Titolo: Dark Prince Autore: Kresley Cole Sottogenere: Urban fantasy Casa editrice: Leggereditore Pagine: 416 Anno: ITA 2012 Formato: Cartaceo, Ebook
Autrice: Kresley Cole vive in Florida, con il marito e i loro cani. Per Leggereditore sono già usciti i primi sei romanzi della serie Gli Immortali, Dark Love, Dark Pleasure, Dark Passion, Dark Night, Dark Desire e Dark Dream, che hanno riscosso uno strepitoso successo.
Trama: Lucia riesce a fuggire dalla grotta in cui la tenevano prigioniera. È di nuovo libera, adesso, ma in fin di vita per le atroci torture subite da Cruach, un dio malvagio che era stato segregato con lei. Aiutata da sua sorella Skathi, incontra la dea della caccia, che in cambio della sua castità la salverà e le donerà i poteri di arciera. Mille anni dopo farà l’incontro le cambia la vita: quello con Garreth MacRieve, un guerriero brutale e determinato che nasconde un oscuro segreto. Ma anche lei nasconde dei segreti, ed è in pericolo. Sa di non poter infrangere il suo voto di castità, ma non riesce a controllare la sua passione per Garreth. E quando il male si insinua tra loro, l’uomo è pronto a tutto pur di proteggerla, anche a mettere a repentaglio la propria vita. Ma basterà il loro amore per portarli alla salvezza?
a cura di Valeria Bellenda
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Novità editoriale
“Black Moon: Chiedi alla Luna” di Keri Arthur • • • • • • •
Titolo: Black Moon: Chiedi alla Luna Autore: Keri Arthur Sottogenere: Urban fantasy Casa editrice: Newton Compton Pagine: 320 Anno: ITA 2012 Formato: Cartaceo, Ebook
Trama: Certe notti non hanno mai fine. Certi desideri non muoiono mai… La guardiana Riley Jenson, metà vampiro e metà lupo mannaro, ne ha abbastanza di confrontarsi con la morte. Non vuole più saperne di killer, indagini e cadaveri. Ora che Kye Murphy, la sua anima gemella, non c’è più, Riley comincia a mettere in discussione molte delle proprie scelte, incluso il suo lavoro al Dipartimento Razze Diverse di Melbourne. Quando però viene ritrovato il cadavere dilaniato di un ex detenuto, la giovane e affascinante detective decide di accettare il caso e si mette sulle tracce dell’assassino. Tuttavia, è prima di tutto la sua vita a essere in pericolo. Un’altra letale minaccia, infatti, è in agguato: un mortale nemico è tornato dal passato e sta tramando per portarle via tutto, il suo amante, suo fratello, e persino la sua stessa identità. La coraggiosa guardiana sa di dover combattere ancora una volta con tutte le sue forze per trovare delle risposte, prima che il buio inghiotta ogni cosa… Riuscirà a contrastare quest’ultima, violenta aggressione?
Autrice: Keri Arthur vive con sua figlia a Melbourne, in Australia. I suoi libri e racconti, che spaziano dal paranormale all’urban fantasy, hanno ricevuto importanti riconoscimenti di critica e un grande successo di pubblico. Black Moon. L’alba del vampiro è il primo libro dell’appassionante serie che ha come protagonista l’eroina Riley Jenson, un affascinante mix di vampiro e lupo mannaro.
a cura di Valeria Bellenda
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Esordio editoriale
“Il Libro di Jade” di Lena Valenti • • • • • • •
Titolo: Il Libro di Jade Autore: Lena Valenti Sottogenere: Urban fantasy Casa editrice: Fanucci Pagine: 592 Anno: ITA 2012 Formato: Cartaceo, Ebook
Trama: Caleb è un uomo tormentato. Un Vanir, un essere immortale creato dagli dèi per proteggere gli umani da qualsiasi minaccia e dagli esseri accecati di sangue e potere. Ora è a Barcellona, con lo scopo di smascherare l’organizzazione che da anni perseguita e uccide quelli della sua stirpe. Ma è anche in cerca di vendetta, e il suo obiettivo principale è rapire Aileen, la figlia dello scienziato che sta usando i corpi della sua gente per esperimenti dolorosi e mortali. E lei dovrà dargli le risposte che cerca se vorrà sopravvivere. Ma Caleb non ha fatto i conti con il destino. Non può immaginare che la ragazza diventerà la sua più grande fonte di sensuale perdizione... Aileen ha una vita normale, senza grandi scosse; ma quando viene rapita dall’affascinante e terribile Caleb, viene trascinata in un mondo del quale non sospetta l’esistenza: un mondo fatto di magia e rituali sacri, di legami scritti nel destino e di una sensualità che va oltre ogni umana immaginazione. Lacsiarsi andare non è mai stato così facile…
Autrice: Dopo aver lavorato come responsabile della comunicazione per la Casa del Libro (una delle più importanti catene di librerie spagnole) e come webdesigner, Lena Valenti (Barcellona, Spagna, 1979) ha iniziato a pubblicare i primi episodi della sua Saga Vanir, basati sulla mitologia nordica. Lena nutre da sempre una passione per la scrittura, che le ha consentito di affermarsi via via come una delle scrittrici di fantasy/romance più importanti, in grado di rivoluzionare il genere in Spagna. La Saga Vanir ha venduto nella penisola iberica già 50.000 copie in due anni, numeri che hanno destato l’interesse di numerose case editrici straniere. Nel 2012, infatti, la saga è sbarcata da noi in Italia, in Germania, in Bulgaria, in Argentina e in Messico e molti altri paesi ne stanno acquisendo i diritti. La Saga Vanir è diventata un vero e proprio fenomeno e moltissimi sono gli eventi che hanno visto protagonisti la scrittrice e i suoi libri, in Spagna e all'estero. In Italia Fanucci pubblicherà l'intera saga.
a cura di Valeria Bellenda
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Concorso letterario
Le Terre del Mithril
La casa editrice Antipodes s.a.s. indice il I Concorso letterario per racconti di genere fantastico “Le terre del mithril”, a partecipazione gratuita con pubblicazione finale delle opere selezionate. Il concorso è finalizzato alla raccolta di opere inedite di narrativa scritte in lingua italiana in stile fantasy, in ogni declinazione del genere (urban fantasy, heroic fantasy, epic fantasy, sword&sorcery, new weird, slipstream, steampunk, dieselpunk, …), per dare vita a una collana di qualità che raccolga e promuova i nuovi talenti. Ai partecipanti è richiesto un testo avvincente e accattivante, dallo stile moderno e scorrevole, in cui prendano forma ambienti, personaggi, avventure ed atmosfere magiche tipiche del genere fantasy. Sarà criterio preferenziale per l’individuazione dei vincitori l’originalità delle trame, la caratterizzazione dei personaggi e la capacità descrittiva delle ambientazioni.
re rigorosamente PARTECIPAZIONE CONCORSO “Le terre del mithril”, Le opere dovranno essere accompagnate da un altro documento .doc contenente le generalità complete dell'autore (nome, cognome, indirizzo completo, email, numero di telefono) e la seguente dicitura: “Il sottoscritto [nome e cognome] dichiara: di essere l’autore degli elaborati presentati a concorso; che le opere presentate sono inedite; di aver preso visione del bando integrale del concorso e che ne accetta le condizioni. Il/la sottoscritto/a fornisce il consenso al trattamento dei dati personali.” La segreteria invierà una mail di conferma dell'avvenuta registrazione al concorso.
COME PARTECIPARE
Art. 5: La Giuria del Premio sarà composta da rappresentanti della casa editrice Antipodes che selezionerà, tra tutte le opere pervenute, fino a un massimo di 10 racconti che saranno pubblicati in una raccolta in formato digitale intitolata “Le terre del mithril”.
Art. 4: Il termine ultimo per partecipare al concorso è fissato al 31 marzo 2013. Farà fede la data di ricezione della mail d'iscrizione. SELEZIONE DELLE OPERE E GIURIA
Per partecipare al concorso “Le terre del mithril”, inviate le vostre opere inedite entro e non oltre il 31 marzo 2013 e atteneteVi scrupolosamente al regolamento qui sotto riportato: REGOLAMENTO
Art. 6: Le decisioni della Giuria sono inappellabili.
Art. 1: Le opere dovranno essere inedite cioè mai pubblicate a mezzo cartaceo né digitale, né mai apparse integralmente online su blog/forum e di lunghezza non superiore alle 18.000 battute spazi inclusi (10 cartelle dattiloscritte); potrà essere anche inviato un disegno inedito in formato jpg da utilizzare per la copertina. È possibile partecipare con una sola opera.
PREMI Art. 7: Gli autori selezionati riceveranno un regolare contratto di pubblicazione senza richiesta di contributo e le loro opere verranno pubblicate nell'antologia “Le terre del mithril”. I vincitori riceveranno gratuitamente il cofanetto e-book contenente l’antologia “Le terre del mithril”, lo stesso o verrà incluso nel catalogo degli e-book della casa Editrice Antipodes s.a.s., sarà disponibile sul sito www.antipodes.it e pubblicizzato su social network, forum e blog specializzati. La pubblicazione su supporto digitale consentirà una diffusione agevole e veloce dei testi selezionati al fine di garantire una maggiore visibilità agli autori. Gli autori delle opere
Art. 2: La partecipazione al concorso è libera e gratuita. Art. 3: I racconti devono essere scritti in font Times New Roman dimensione 12, e inviati via mail all’indirizzoantipodescasaeditrice1@gmail.com in un file .doc o .docx. L'oggetto della mail deve esse-
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selezionate riceveranno comunicazione tramite mail entro il 30 aprile 2013.
Art. 8: La partecipazione al concorso “Le terre del mithril” implica l’automatica accettazione del presente bando. La mancanza di una delle condizioni che regolano la validità dell’iscrizione determina l’esclusione dalla partecipazione al concorso.
zativa dichiara che il trattamento dei dati dei partecipanti al concorso è finalizzato unicamente alla gestione del concorso; dichiara che con l'invio dei materiali letterari partecipanti al concorso l'interessato acconsente al trattamento dei dati personali; dichiara inoltre che l'autore può richiedere la cancellazione, la rettifica o l'aggiornamento dei propri dati rivolgendosi alla segreteria del concorso (Email: antipodescasaeditrice1@gmail.com).
Art. 9: Tutela dei dati personali: Ai sensi della legge 31.12.96, n. 675 “Tutela delle persone rispetto al trattamento dei dati personali” la segreteria organiz-
Data scadenza iscrizione: domenica 31 marzo 2013
CONDIZIONI ULTERIORI
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Crediti
Aniello Troiano: Fondatore Michele Greco: Direttore delegato Maurizio Vicedomini: Redattore per le sezioni Fantasy, Fantascienza e Horror, Grafico Laura Buffa: Redattrice per le sezioni Fantasy, Fantascienza e Paranormal Romance Scilla Bonfiglioli: Redattrice per le sezioni Horror e Fantasy Fabio Lastrucci: Redattore per le sezioni Fantascienza e Horror Christine Amberpit: Redattrice per la sezione Horror Valeria Bellenda: Redattrice per la sezione Paranormal Romance