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Mensile d’ informazione in edilizia, architettura e ricerca dell’ APS Italiambiente. Numero I Dicembre 2013. Spedizione in abbonamento postale.

Edilizia Architettura Ricerca

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imprese e mercati in comunicazione

La lunga strada del pioppo italiano

Industria, agricoltura, ricerca. Reportage da una filiera.


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La lunga strada del pioppo italiano.

Industria, agricoltura, ricerca. Report da una filiera.

l’ Italia verso il futuro

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Porta Nuova,

Visto al MADEexpo:

il volto nuovo di Milano

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Smart Cities are growing,

Vivere smart nel Livingbox

Edilizia Architettura Ricerca

imprese e mercati in comunicazione Mensile d’ informazione in edilizia, architettura, ricerca. Italiaambiente Via Vittorio della Vittoria 25 Verona. Tel/Fax 045.2220279

Direttore Responsabile Brunetto Fantauzzi Direttore Editoriale Elena Livia Pennacchioni Redazione Annalisa Battistella, Giuseppe Di Caprio, Sveva Batani. Hanno collaborato a questo numero Fabio Boccalari, Alessandro Marchini.

Tiratura 3.000 copie Tipografia Veneta Roto Via Torricelli, 31 Verona Spedizione in abbonamento postale Scrivere a abbonamenti@italiaambiente.it


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editoriale

Milano,

E’ un fermento giovane e sostenibile quello che sta coinvolgendo i settori dell’ edilizia, dell’ architettura e della ricerca. L’ attenzione all’ ambiente è la parola d’ ordine e lo sguardo è sempre rivolto al futuro. L’ obiettivo è chiaro: raccogliere le forze fino ad ora impegnate a tenersi a galla nel mare della crisi economica, collaborare e lanciarsi verso la ripresa. Ecco dunque che la ricerca stabilisce il contatto con le imprese, gli offre lo strumento per innovare e forma professionisti in grado di trainare il cambiamento. Si riparte solo comunicando, mettendo a sistema le competenze, le risorse e talvolta, osando. Professionisti, imprenditori, uomini di coltura: decidete ora la forma che assumerà il futuro!

l’ housing è social e sostenibile

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Friburgo, un quartiere

a partecipazione sociale

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L’ architettura si fa donna

L’ Italia al Solar Decathlon 2014

Mediterraneo,

rotta del Made in Italy


La lunga strada del pioppo “Fare pioppi pare cosa da vecchi romantici e invece dovrebbe essere cosa da giovani

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italiano

che guardano al futuro” Mario Rigoni Stern

attualita’ e futuro di una produzione dell’ eccellenza italiana: il legno di pioppo. di Elena Livia Pennacchioni

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ei momenti di crisi il genio italiano fà scattare la scintilla dell’innovazione, cambia il corso della storia, ferma il declino ed apre nuove strade verso la ripresa. La pioppicoltura, utilizzata per l’approvvigionamento di legna ad uso industriale, non fa eccezione e diventa la nuova frontiera dell’economia sostenibile. E’ una pratica agricola che ha mosso i primo passi a metà degli anni trenta del secolo scorso, quando la Società delle Nazioni inflisse all’Italia, dopo l’ attacco all’ Etiopia, le sanzioni economiche che vietavano l’importazione di materiali utilizzabili a fini bellici, come il legno di betulla e faggio, largamento impiegato dall’industria dei pannelli. Dopo diversi tentativi andati a vuoto, i compensatieri del tempo individuarono nelle linee di pioppi che delimitavano i campi di grano e in quelli piantati fra le colture, lo spunto per una riconversione industriale ante litteram. La pioppicoltura italiana nasce

dunque da una storia d’ amore, quella fra chi coltiva la nostra terra e chi ne utilizza le materie prime. E vive un autentico boom, raggiungendo un estensione massima di 175 mila ettari in venticinque anni. Sono gli anni Sessanta, quando le industrie producono in abbondanza pannelli sottili e compensato per cassette da ortofrutta, fiammiferi, pianoforti e con cui gli italiani arredano le loro case. E’ una storia d’ amore che si spezza a partire dagli anni ’80: il dilagare della plastica, l’aumento dei vincoli burocratici e la miopia dei governi che si sono succeduti si abbattono sulle aziende che coltivano il pioppo, riducendole gradualmente da 60 mila alle 25 mila unità censite nel 2012. Oggi la superficie coltivata ammonta a circa 39 mila ettari, che alimentano il mercato interno dell’ industria di trasformazione. Questi tuttavia, non bastano che a soddisfare circa il 40% del fabbisogno utile alla produzione di pannelli, imballag-

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lAlALUNGA LUNGASTRADA STRADADEL DELPIOPPO PIOPPOITALIANO ITALIANO

gi, carta e biomassa per la combustione. Il resto viene importato dalla Francia (con 220.000 ha di pioppeti) e dall’Europa dell’est. L’ epilogo sembra un deja vu: gli agricoltori si rivolgono a colture maggiormente remunerative e le industrie italiane decentrano la produzione nei paesi che garantiscono una maggiore disponibilità a costi minori. La ritirata inizia dai campi storici della Lombardia, del Piemonte, dell’ Emilia Romagna, del Veneto e del Friuli Venezia Giulia. E porta con sè la perdita delle virtù ecologiche di questa pianta, a rapido assorbimento di Co2 che svolge anche funzioni di mantenimento del terreno in zone naturalmente svantaggiate. Ma l’Italia è fatta di eccellenze in grado di risollevarsi nei momenti più bui. Un lampo di luce arriva dall’ Accordo Interregionale per lo Sviluppo della Filiera del Pioppo nel Nord Italia, fortemente voluto da tutti gli attori coinvolti. L’ agricoltura con l’ Associazione Italiana Pioppicoltori, l’ industria con Assopannelli e la ricerca con il Centro Ricerche in Agricoltura collaborano alla stesura di un documento programmatico con finalità comuni. “L’ obiettivo dell’ Accordo è ambizioso”, ci dice Paolo Fantoni, Presidente di Assopannelli e imprenditore del legno di pioppo. Proprio uno di quegli imprenditori costretti fra la necessità d’ importazione e il rischio di delocalizzazione. “Ma l’ Accordo è lo strumento che serve per fare quadrato ed avanzare una richiesta chiara: incentivare tramite i fondi della PAC e in generale del PSR, una superficie coltivata a pioppo

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lA LUNGA STRADA DEL PIOPPO ITALIANO

che aumenti esponenzialmente, fino ad arrivare ad un ipotesi di raddoppio del territorio agricolo impegnato. Condizione essenziale però è che si semplifichi anche la normativa che regola questa coltivazione. E’ necessario sostenere gli imprenditori che coglieranno questa sfida, senza i quali la filiera del pioppo italiano sarebbe votata alla scomparsa” continua Fantoni. “Il governo e gli enti locali devono fare la loro parte ma gli imprenditori - sottolinea - devono credere ancora nelle potenzialità delle risorse italiane e investire perché queste possano trovare nuovi campi di applicazione. A questo proposito mi preme sottolineare un merito: a fare da apripista all’ innovazione imprenditoriale del legno di pioppo è stata la famiglia Bonzano, proprietaria del Gruppo Bonzano Industries, che nel 2012 ha avviato il primo stabilimento per la produzione del pannello in OSB in pioppo 100%. L’“I-Pan” è un prodotto del territorio, crea lavoro e lancia un nuovo modo di fare impresa. Questo significa che con il pioppo si possono risollevare le sorti di un’ intera filiera economica, e si può guardare al futuro con gli occhi di chi innova” conclude il numero uno di Assopannelli. La sfida è lanciata, ora tocca alle generazioni dei social network coglierla. Mario Rigoni Stern, scrittore e profondo conoscitore degli alberi, sosteneva nel suo “Arboreto Salvatico” già negli anni ’90, che “fare pioppi pare cosa da vecchi romantici e invece dovrebbe essere cosa da giovani che guardano al futuro”. Nel 2013, noi non possiamo far altro che dire #pioppoitaliano.

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lA LUNGA STRADA DEL PIOPPO ITALIANO | Questione di terra e radici

Quali vantaggi porterebbe, all’ agricoltura e all’ ambiente la rivalorizzazione della coltivazione di pioppo?

Fabio Boccalari, Presidente dell’ Associazione Italiana Pioppicoltori e i perchè di una coltura abbandonata

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er lui il pioppo è un amore di famiglia e un lavoro. E’ Fabio Boccalari, Presidente dell’ Associazione Italiana Pioppicoltori (API), a raccontarci l’ occasione che perderemmo se perdessimo la pioppicoltura. “E’ cominciato tutto con la contrazione del prezzo negli anni ‘80, in seguito all’ aumento delle importazioni e l’ inizio della delocalizzazione. Poi dagli anni ‘90 il danno maggiore è stato causato dall’ imposizione di vincoli ambientali che però oggi, mostrano evidenti errori di valutazione.”

“Significherebbe incentivare una pratica agricola regolatrice anche di altre colture, diffondere la piantumazione di un albero che svolge anche funzioni di mantenimento del terreno in zone svantaggiate, significherebbe riaprire un capitolo della storia dell’ agricoltura italiana, capace di creare impresa e lavoro in un settore complicato come il nostro. E poi non ne avrebbero vantaggi solo gli agricoltori. Dal pioppo parte tutta la filiera di trasformazione industriale che utilizza questo legno, per cui si stanno prospettando nuovi impieghi. Insomma, dalla terra al mobile made in Italy.” Anche un’ importante valenza


Nella foto: un giovane pioppeto

ambientale dunque. “Sono anni che le Università e i CRA del MiPAAF evidenziano il rapporto e il ruolo positivo del pioppo con l’ambiente. La stessa commissione europea ha evidenziato il bilancio positivo dell’ assorbimento della CO2 nel pioppo e la sua continuità nella filiera del legno-arredo. Il Ministero e il politecnico di Torino hanno studiato il deflusso delle acque delle gravi alluvioni nel Piemonte del 1986 e del 2000, pubblicandone i risultati ed evidenziando il ruolo positivo del pioppo nel regolare e rallentare le piene del Po. Attraverso la certificazione dei pioppeti e della filiera si può raggiungere l’obiettivo di vedere il Pioppo come una pianta ecocompatibile ed ecosostenibile.” Il vostro piano d’ azione? “Condurre alla firma dell’ Accor-

do Interregionale per lo Sviluppo della Filiera del Pioppo nel Nord Italia tutti i portatori d’ interesse è la conditio sine qua non perchè la filiera stessa riparta, e insista compatta sull’ erogazione dei contributi comunitari e sul riconoscimento dei crediti di carbonio di pioppo. L’ Accordo è insieme il punto d’ arrivo dell’ enorme lavoro svolto sin qui, e il punto d’ inizio dellle attività sinergiche fra tutti gli attori coinvolti. A questo punto agricoltura, industria e ricerca collaborano preziosamente a stilare i contenuti dell’ accordo, non senza una certa soddisfazione da parte nostra: l’ Associazione Italiana Pioppicoltori ha lavorato storicamente a tutti i livelli per sensibilizzare la politica e le amministrazioni e lo stesso Accordo è nato da una mia intuizione nel corso dei numerosi incontri di settore, quando ancora

ci credevano in pochi nel pioppo! E siamo tuttora seduti a tavoli regionali, ministeriali ed europei. Proprio in Europa, con la “ProPopulus”, associazione che ha fra i membri fondatori e rappresentanti degli interessi italiani, l’ API e FederlegnoArredo, stiamo sollecitando tutte le regioni pioppicole ad una collaborazione e sensibilizzazione costante in materia. Sono davvero fiducioso che ridurre le distanze fra tutti gli attori della filiera e dare nuovo slancio al settore sia l’ unica via d’ uscita. In questo momento di forti difficoltà è fondamentale dare segnali di unità e compattezza.” Dalla componente imprenditoriale agricola dunque, più che una dichiarazione d’ intenti. Un’ occasione da non perdere, per l’ economia e per l’ ambiente.

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toria di chi ci ha creduto

I-pan Spa al MADEexpo 2013 I Bonzano della terza generazione presentano la loro ultima novità . Italia, ambiente, coraggio: ecco la forza di un’ azienda che guarda al futuro.

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Un pomeriggio in compagnia dell’ I-Pan di Elena Livia Pennacchioni

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lA LUNGA STRADA DEL PIOPPO ITALIANO | Storia di chi ci ha creduto

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In alto: il primo esemplare di I-Pan uscito dall’ impianto di produzione e firmato dagli imprenditori. Nella seconda pagina in alto: Open Day presso la I-Pan Spa il 25-26 Maggio ‘13. In basso: imballaggi con I-Pan pronti alla vendita.

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’ nata una nuova stella nel firmamento del Made in Italy d’ autore: è l’ I-Pan, primo pannello OSB in pioppo 100% italiano, prodotto da una società del Gruppo Bonzano Industries. Il primo esemplare esce dal nuovo impianto di produzione di Coniolo Monferrato il 20 Dicembre 2012, portandosi dietro una sfilza di primati. E’ il primo pannello oriented strand board (OSB, a scaglie orientate) prodotto interamente in pioppo, che compete in un mercato di OSB fatti invece di legni resinosi, destinati prevalentemente all’ edilizia. Primo anche a vantare di essere un italiano doc. Per produrlo infatti, lo stabilimento I-Pan Spa si approvvigiona solo sul mercato nazionale e lo fa prediligendo una filiera “cortissima”: l’ 80% del legno di pioppo proviene da Piemonte e Monferrato, dove la casa madre, la IBL, produce pannelli in legno già da 50 anni. Così, la sostenibilità ambientale garantita anche da un impianto a biomassa alimentato dagli scarti di lavorazione, si affianca alla ricerca tecnologica: il processo produttivo è all’ avanguardia, unico al mondo e brevettato, destinato a sparigliare le regole del settore. Con una capacità produttiva di 160.000 metri cubi annui, obiettivo dell’azienda è posizionare sul mercato italiano il 70% del prodotto ed il restante 30% ai mercati esteri limitrofi. Oltre i numeri però, là fuori c’ è un mercato italiano incerto, nel quale gli investimenti non hanno caratteristiche di grandezza. Eppure, sembra che questa azienda sia l’ eccezione che conferma la regola. Dopo meno di un anno dall’ accensione delle macchine, chiediamo all’ Amministratore Delegato Enrico Bonzano cosa ha spinto il Gruppo a puntare tutto sull’ Italia. Ricerca tecnologica, sostenibilità ambientale e materia prima italiana. Cosa vi ha spinto a puntare tutto in Italia in un momento economico in cui pochi imprenditori farebbero previsioni a lungo termine? “E’ dal 1966 che facciamo impresa in questo territorio, con il quale abbiamo un legame fortissimo. La cultura del pioppo è la nostra storia e con I-Pan vogliamo dare un contributo rivoluzionario al settore del legno italiano e mondiale. Lo facciamo convinti della forza di un progetto contro l’incertezza del mercato e le difficoltà della crisi, ancora una volta innovando e investendo nel futuro. Di fronte a queste condizioni economiche, siamo convinti che osare faccia la differenza.” Possiamo dire che la vostra famiglia è storicamente abituata a stabilire dei primati. Nel 1972 avete aperto le danze della produzione del truciolare sottile, dal quale poi sono partite le innovazioni d’ impiego. A cosa è destinato l’ I-Pan?


Storia di chi ci ha creduto | lA LUNGA STRADA DEL PIOPPO ITALIANO

“Con l’ I-pan siamo entusiasti di innovare sulla scorta dei nostri valori fondanti, quelli di cui parlano gli stessi risultati avuti fino a qui che lei ha citato e che ci hanno reso leader del mercato: il rispetto della tradizione, la continua tensione alla innovazione, l’etica e la responsabilità di impresa, non senza, indispensabile, il coraggio di scelte imprenditoriali talora difficili. Il nostro obiettivo è espandere la nostra presenza nel settore dell’edilizia ed in nuovi comparti, restando protagonisti nello sviluppo della filiera del pioppo, perché, questo è certo, il pioppo resta il nostro futuro.” Un successo che il mercato dovrà ancora svelare dunque, quello dell’ ultimo colpo di genio di un’ azienda leader nel mercato che tuttavia, continua ad essere condotta dalla famiglia d’ origine. Anche questa, una storia d’ amore tra l’ impresa e la sua terra.

Bonzano industries, una storia di radici Dalla prima azienda fondata da Enrico Bonzano negli anni ‘50, sono germogliate tre realtà industriali specializzate nella produzione di pannelli di legno - IBL, DERULA e, oggi, I-PAN - che, differenziate per tipologia di prodotto e tecnologia di produzione, ne fanno un gruppo leader nel settore. E, via via, nel solco della tradizione imprenditoriale delle origini, dalla lungimiranza del fondatore a cui si erano affiancati i figli Bruno e Luigi, oggi ancora una generazione Bonzano prosegue una storia aziendale di famiglia.

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lA LUNGA STRADA DEL PIOPPO ITALIANO | Nel cuore della ricerca

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Nel cuore della ricerca | lA LUNGA STRADA DEL PIOPPO ITALIANO

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a pioppicoltura rappresenta per l’Itali la più significativa fonte interna di legname per l’industria, pur occupando una superficie minima rispetto a quella delle foreste. Per un Paese che importa i tre quarti del legno che consuma, ma che proprio nell’industria della trasformazione del legno in mobili e arredamenti ha uno dei propri punti di forza nel mercato mondiale, la pioppicoltura riveste un’ importanza vitale. Ma l’importanza della pioppicoltura non è puramente economica. Produrre legno fuori foresta, in terreni agricoli, riduce la pressione sui boschi naturali e contribuisce al migliore soddisfacimento di quei benefici di carattere ambientale e paesaggistico che sempre più vengono ritenuti obiettivo prioritario delle foreste.” Ce lo racconta Giuseppe Nervo, Direttore dell’ Unità di Ricerca per le Produzioni Legnose Fuori Foresta del Centro di Ricerca in Agricoltura del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Si tratta di uno di quegli Istituti di Ricerca Italiani che vantano ammirazione oltreconfine, ma che fanno fatica a lavorare in Italia. Parliamo del migliore centro al Mondo sulla pioppicoltura. Direttore, come si svolge la vostra attività di ricerca?

“A Casale Monferrato, in questo centro di ricerca fondato nel 1939, lavoriamo alla selezione dei migliori cloni (individui arborei) di pioppo per individuare quelli con le caratteristiche più adatte.” Adatte a cosa? “Adatte intanto alla coltivazione. L’ obiettivo è offrire agli agricoltori cloni a rapido accrescimento, resistenti alle avversità e capaci di adattarsi ai vari ambienti. Poi dobbiamo considerare le istanze della trasformazione industriale. Selezionare pioppi che produrranno legno di buona qualità è importante per offrire la possibilità alle imprese che se ne approvvigionano, di realizzare un buon prodotto finale. Ma qui si indagano anche tecniche di coltivazione intensiva,

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LA LUNGA STRADA DEL PIOPPO ITALIANO | Nel cuore della ricerca

da biomassa, e modelli selvicolturali che rispondano alle esigenze dettate da un’arboricoltura ecologicamente sostenibile. Poi vengono studiate le tipologie colturali più idonee per programmi di recupero di aree degradate e di rinaturalizzazione di ambienti fluviali.” Quindi il pioppo è anche una pianta versatile. “Il pioppo è facilmente adattabile, si presta a moltissimi usi e ha una valenza ecologica che l’ Italia non considera. In altri Paesi, come il Brasile, la Cina, la Francia, stanno riconvertendo grandi aree forestali con questa piantagione.” Cosa ci fa il pioppo in Cina? “Contrasta la desertificazione rendendo il terreno fertile e argina i grandi fiumi asiatici. C’ è da considerare però che tutte queste nazioni considerano la pioppicoltura una pratica forestale e non agricola, come accade in Italia. Ma parlo di valenza ecologica perchè produrre legno significa anche sottrarre all’atmosfera parte del carbonio responsabile dell’ “effetto serra” e sequestrarlo in prodotti e manufatti durevoli. E farlo con i pioppi significa usare una quantità di pesticidi inferiore da 2 a 15 volte rispetto alle colture agrarie alternative. E ancora, crescere alberi per dieci e più anni su un terreno significa arricchirlo di sostanze nutritive che le radici assorbono in profondità e depositano ogni anno con le foglie negli orizzonti superficiali.” Lei crede che sia davvero possibile un rilancio della pioppicoltura in Italia?

In alto: Il Direttore del Cra Giuseppe Nervo con il Direttore di LINK Elena Livia Pennacchiooni. Nella pagina precedente: pioppeti sugli argini del Po.

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“Tutti gli attori della filiera italiana devono accordarsi e contribuire ognuno con il proprio impegno ad una forte pressione perchè la pioppicoltura italiana sia finalmente valorizzata. Dal mio tavolo, posso solo dire di sentirmi profondamente dispiaciuto quando, dopo aver ricevuto grandi riconoscimenti all’ estero, rimettiamo piede in Italia.”



LA TUA VACANZ


ZA AUTENTICA.


A sinistra: progettazione urbana sostenibile.

TESTO | Giorgia Ardielli

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cosostenibilità dello sviluppo urbano, diminuzione degli sprechi energetici e riduzione dell’inquinamento grazie ad una migliore pianificazione urbana. Questa è la forma che assume la smart city ideale, modello del futuro per molte città d’ Europa e del Mondo, orientate a diventare sempre di più poli economici e attrattive turistiche. L’ America fa da capofila, dove l’ amministrazione e l’ impresa hanno individuato la giusta sinergia per investire nell’ innovazione. L’ Italia invece, con le sue meravigliose città traboccanti di storia, sembra in netto ritardo sul piano delle infrastrutture tecnologiche, e manca ancora di una vera esigenza popolare tesa al cambiamento. Eppure si tratta di una questione molto attuale: entro il 2030, le Nazioni Unite prevedono che il 60 per cento della popolazione mondiale abiterà nei centri urbani. Questo significa che ci troveremo a vivere in metropoli sempre più grandi, costrette a massimizzare sin d’ ora il loro potenziale green. E per iniziare a giocare la partita del cambiamento, è necessario fare chiarezza sulle condizioni attuali delle città intelligenti italiane. A far luce, la seconda edizione di ICity Rate, il rapporto annuale realizzato da FORUM PA che fotografa

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L’ Italia verso il futuro | SMART CITIES ARE GROWING

la situazione di 103 città italiane fra le più importanti, descrivendone le caratteristiche principali in termini di economia, ambiente, mobilità, governance, qualità della vita e capitale sociale. Presentata a Bologna presso lo Smart City Exhibition, importante manifestazione interamente dedicata al tema delle città intelligenti, ICity Rate ci aiuta a capire quali sono in questo momento i punti di forza e di debolezza per ogni territorio, quali città in quest’ultimo anno hanno fatto passi avanti nel percorso verso la smart city e quali invece sono tornate indietro sui diversi aspetti del vivere urbano. L’ obiettivo è offrire un quadro di riferimento utile a programmare i prossimi interventi. Viene fuori che Trento e Bologna sono le città in testa alla classifica generale. Subito dietro, ben distaccato, un gruppone di inseguitrici con Milano, Ravenna, Parma, Padova, Firenze, Reggio Emilia, Torino e Venezia. Si conferma il distacco tra le città del centro nord e del centro sud: bisogna arrivare infatti al 47esimo posto per incontrare la prima città meridionale che, come lo scorso anno, è Cagliari, seguita da Lecce (52esima) e Bari (59esima). Fanalino di coda della classifica generale sono, ancora una volta, Siracusa, Crotone, Enna e

Caltanissetta. Rispetto al 2012 dunque, il cambiamento più evidente riguarda gli indicatori economici e di qualità della vita. La crisi c’è e si sente soprattutto nella dimensione urbana, quella più vicina ai bisogni dei cittadini. Migliora, invece, in termini complessivi, la dimensione sociale, segno di un cambiamento interno alle pubbliche amministrazioni che risultano più propense all’ascolto e al coinvolgimento dei cittadini. “Senza dubbio, c’ è ancora molta strada da fare e il cammino verso la smart city per i nostri territori è ancora pieno di ostacoli” sottolinea Gianni Dominici, Direttore Generale di FORUM PA, che prosegue: “Non ci troviamo in un momento facile per le città. Per questo l’analisi e il monitoraggio continuo dei territori è un’azione indispensabile per orientare le politiche degli enti locali. In questo senso con ICity Rate non vogliamo fare un elenco di promossi e bocciati, ma capire a che punto sono le nostre città e aiutarle ad andare avanti. Selezionando e raccogliendo i principali indicatori socio-economici utili a descrivere il nostro sistema urbano – prosegue Dominici – e mettendoli a disposizione di amministratori, imprese, cittadini, associazioni, offriamo loro uno strumento fondamen-

tale per capire come migliorare la qualità della vita nei centri in cui vivono e lavorano. Si tratta di un’ attività che stiamo portando avanti da più di tre anni e che continuerà nei prossimi mesi”. Ma cosa è necessario perché il futuro sostenibile si intraveda anche in Italia? “Finanziamenti e sinergia nella progettazione, perché i primi vengano spesi. E bene. Nei prossimi sette anni arriveranno sulle nostre città almeno cinque miliardi di finanziamenti per l’innovazione: circa un miliardo è stato già stanziato dai tre successivi bandi per le smart city; la programmazione europea 2014-2020 prevede che circa il 5% dei 30 miliardi che sono previsti per l’Italia vada alle città, cifra che raddoppia con il cofinanziamento nazionale; almeno un altro miliardo arriverà dai bandi per l’efficientamento energetico, per i trasporti e la logistica. Si tratta di una grande opportunità, che però rischia di trasformarsi in un’occasione persa se le città non sapranno progettare bene le azioni su cui investire questi finanziamenti” . Ancora una volta, troviamo l’ Italia di fronte ad una lunga strada da percorrere per continuare ad inseguire la linea dell’ orizzonte.


Un volto nuovo per Milano

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ifiorisce una parte di Milano. Si chiama Porta Nuova ed è un’area strategica a soli 1.500 m dal Duomo. Sospesa in un limbo degradato da oltre quarant’anni, comprende tre quartieri: Garibaldi, Varesine e Isola. Porta Nuova, polo centrale di sviluppo verso l’Area Expo 2015, è uno dei più grandi interventi italiani di riqualificazione urbana. La progettazione del quartiere nasce attraverso la definizione dei progetti planivolumetrici elaborati

dagli studi Pelli Architects, Kohn Pedersen Fox Associates , PA e Boeri Studio, mentre la progettazione degli spazi pubblici e pedonali è opera dello Studio Land. Le architetture dei singoli edifici sono state sviluppate da professionisti selezionati, tramite concorsi internazionali, fra più di 500 architetti provenienti da tutto il mondo, favorendo i talenti emergenti “under 40”. Nel complesso l’area si sviluppa per 290.000 mq, interconnessa con 4

linee metropolitane, 2 stazioni ferroviarie e una fitta rete di trasporti pubblici di superficie. Le infrastrutture cruciali saranno interrate, per unire l’efficienza dei trasporti al rispetto della vocazione pedonale di Porta Nuova. L’amminstratore delegato Manfredi Catella di Hines Italia, afferma: “Il vasto spazio verde, la dimensione a misura d’uomo, l’importanza istituzionale e sociale dell’area, sono i fattori che hanno spinto a programmare uno sviluppo della


Un volto nuovo per Milano | PORTA NUOVA

TESTO | Annalisa Battistella Nella pagina sinistra in alto: panoramica del cantiere milanese in corso In basso: prospetto planivolumetrico di Porta Nuova Nella pagina destra in alto: sede di Unicredit In basso: l’Altra Sede della Regione Lombardia

sostenibilità ambientale, civica e infrastrutturale che ne valorizzi al massimo le risorse. Porta Nuova mette al centro della progettazione l’ individuo avviando un nuovo umanesimo che possa rappresentare un modello virtuoso di sviluppo sostenibile e di buona pratica per qualsiasi grande progetto.” Spazio quindi a pedoni e biciclette nel grande parco “I Giardini di Porta Nuova”, esteso per oltre 85.000 mq, e nelle zone verdi con oltre 1.500 nuovi alberi, piazze e ponti che garantiscono un collegamento sicuro e facile tra i quartieri. La mobilità sostenibile viente sollecitata grazie ad un’ area pedonale continua di circa 160.000 mq attraversata da 2 km di piste ciclabili che consentono di raggiungere ogni quartiere senza dover mai attraversare una strada. Oltre al nuovo polo istituzionale, costituito dal Palazzo degli Uffici del Comune di Milano e dall’Altra Sede della Regione Lombardia, l’area prevede anche strutture residenziali, spazi commerciali, uffici e spazi sociali. E qui si svela il fiore all’occhiello dello sviluppo culturale: il Modam, destinato a divenire un polo di formazione dedicato alla creatività, è un campus con spazi espositivi, aule e laboratori; la Casa della Memoria, è un centro civico dedicato al quartiere Isola; la Fonda-

zione Riccardo Catella, promuove e studia le pratiche di eccellenza nello sviluppo del territorio; l’ incubatore per l’Arte, prosegue le esperienze culturali e artistiche consolidate nel quartiere Isola. Poi cè è la cura dedicata alla sostenibilità ambientale in edilizia: tutti gli edifici sono stati sottoposti alle valutazioni LEED (Leadership in Energy and Environmental Design), metodologia sviluppata dall’ US Green Building Council (USGBC), organizzazione leader mondiale nel campo della promozione, diffusione e ricerca in materia di sviluppi immobiliari sostenibili. S. Richard Fedrizzi, Presidente di USGBC afferma: “Il sistema di valutazione LEED è stato elaborato per definire l’edilizia ecosostenibile e trasformare il mercato. Dalla sua istituzione, il LEED è diventato uno standard all’avanguardia nel settore – con oltre 330 milioni di mq di area edificata, e sta contribuendo a trasformare il mercato a tal punto, che in futuro non si parlerà più di “edilizia ecosostenibile”, ma semplicemente di “edilizia”. Per influire sulle variazioni climatiche, è necessario che tutti i Paesi collaborino per mitigare le variazioni del clima. Siamo pronti a collaborare con l’Italia in un impegno comune per influire davvero sull’ambiente.” Appuntamento dunque, al 2015.

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Un bosco nel cielo TESTO | Annalisa Battistella

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e nuove torri più eccitanti del mondo. Ecco come il Financial Time ha definito la costruzione di due torri residenziali all’interno dell’ area Porta Nuova Isola a Milano. Firmatario del grandioso progetto di riforestazione urbana è Boeri Studio, a cui lavorano Stefano Boeri, Gianandrea Barreca, e Giovanni La Varra. Il primo afferma: “Le due torri di Bosco Verticale previste per l’area dell’Isola-Lunetta rappresentano il modello di una nuova strategia che punta alla riduzione della “mineralizzazione” degli ambiti urbani e alla loro parziale ricolonizzazione da parte della natura.

Oltre che realizzare un ambiente urbano più mitigato, le due torri permetteranno infatti un sostanziale incremento della biodiversità, grazie all’introduzione di elementi vivi e biologicamente attivi in connessione con gli ampi spazi verdi delle aree a parco sottostanti. Una strategia che produce sia una ricaduta interessante dal punto di vista climatico/ambientale (riduzione delle isole di calore), sia benefici a livello di miglioramento visuale percettivo e psicologico dell’ambiente urbano.” Le due torri rispettivamente di 112 m e 80 m di altezza, pari a 26 e 18 piani, ospiteranno appartamenti muniti di veri e propri giardini pensili che compongono un bosco verticale di 480 alberi grandi e medi, 250 alberi piccoli, 5.000 arbusti, 11.000 piante fra perenni e tappezzanti, oltre cento specie diverse e una superficie verde di circa 10.000 mq. Sono edifici concepiti come veri e propri filtri vegetativi e organici: aiuteranno a costituire un microclima particolare che possa produrre umidità e ossigeno e assorbire CO2 e polveri sottili. Il risultato? Un consumo energetico ridotto del 30% e un netto miglioramento della qualità della vita. E poi, per la prima volta l’albero è stato posto al centro del progetto. Per completare i 10.000 mq di ver-

de ci è voluto uno studio certosino che ha impegnato il vivaio Peverelli a precoltivare le piante in vivaio per due anni. I criteri di selezione presi in considerazione sono stati molteplici, ma uno in particolare ha richiesto un approfondito studio: la resistenza alla ventosità presente alle diverse quote. E’ proprio questa la difficoltà più grande che si affronta quando si pianta un fusto di due metri al nono piano di altezza, ma è stata brillantemente risolta grazie all’uso delle eccellenze tecnologiche che abbiamo a disposizione: test sugli alberi di aerodinamica ambientale infatti, sono stati effettuati nella galleria del vento del Politecnico di Milano e alla Florida International University di Miami. Natura e uomo, un connubio che può finalmente coesistere nel rispetto delle reciproche esigenze.

In alto: panoramica di una delle due torri allo stato attuale dei lavori. A sinistra: simulazione della crescita delle piante selezionate. La scelta della flora da mettere a dimora, è stata effettuata ad opera di un team di esperti del settore, tra cui Laura Gatti, paesaggista agronoma, e Emanuela Borio. Un mix di sempreverdi e caducifolie dalla mutante policromia delle foglie, porteranno ad un piacevole impatto estetico in ogni stagione.


Visto al madeexpo 2013 In alto: Livingbox presentato in occasione del Made Expo 2013. In basso: alcuni arredi all’interno della smart house.

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Vivere smart nel LivingBox

modulare, prefabbricata, trasportabile, riciclabile e vanta la certificazione «make it sunstainble». Si tratta di “Livingbox”, la Smart House progettata e realizzata da Edilportale su concept dell’Università di Trento e presentata al Made Expo 2013 a Milano lo scorso ottobre. Architettura e Design funzionale in simbiosi per creare un’unità residenziale modulare di ultima generazione. Le dimensioni di un modulo sono quelle di un container di 2,5 x 10 m facile da assemblare in più moduli a seconda delle esigenze. Abitazione o unità ricettiva come ad esempio stanza d’albergo anche pluripiano.

Livingbox non è solamente studio dello spazio ma è anche efficienza energetica. Pannelli solari termici, fotovoltaici, sistemi di cogenerazione e minieolico possono essere integrati e utilizzati. Parola d’ordine ecosostenibilità. Pannelli XLAM compongono la struttura uniti a materiali isolanti termici e acustici naturali, che consentono di limitare le emissioni di CO2 sia in fase di montaggio che di gestione e dismissione. E’ questa una prova concreta che l’imprenditoria e la ricerca possono lavorare in sinergia per ottenere ottimi risultati. Un contributo prezioso per le future Smart City.




Housing del futuro?

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ilano si libera dalle impalcature della prima torre del complesso per il Social Housing di Via Cenni. Prende forma il progetto “Cenni di Cambiamento”, finanziato dal Fondo Immobiliare di Lombardia avviato nel 2006 su iniziativa della Fondazione Housing Sociale e della Fondazione Cariplo che, sotto la spinta del crescente disagio abitativo, hanno ricercato nuove modalità per incrementare gli investimenti nel settore dell’ edilizia sociale sostenibile. Le nuove residenze previste dal progetto si sviluppano su un’area complessiva di 17.000 metri quadrati, secondo il progetto dell’architetto Fabrizio Rossi Prodi di Firenze. La loro realizzazione è gestita dalla Polaris Investments S.g.r. Spa ed eseguita da Carron

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Spa, mentre la previsione è che saranno pronte ad essere affidate agli utenti a metà del 2014. Si tratta del più grande progetto residenziale realizzato in Europa che utilizza un sistema di strutture portanti in legno. L’intervento offre appartamenti a prezzi contenuti e una soluzione abitativa innovativa, basata sulla cultura dell’abitare sostenibile e collaborativo, ed è destinato alle generazioni del futuro. Ecco dunque che l’ abitare del futuro diventa sociale e sostenibile. Ma come? I nuovi nuclei familiari avranno a disposizione quattro edifici di nove piani per un totale di 124 alloggi in classe energetica A di diverse dimensioni, proposti in affitto a canone calmierato da 5mila euro e con patto di futuro acquisto. Ma non solo: il progetto prevede an-

TESTO | Elena Bazzerla

Nelle foto: a sinistra, visione d’ insieme degli edifici;

che l’inserimento di servizi collettivi, spazi ricreativi e culturali ed attività dedicate ai giovani, con l’obiettivo di creare le condizioni ottimali per la formazione di una rete di rapporti di buon vicinato solidale. L’ obiettivo è chiaro: creare un contesto socio abitativo animato e sicuro, parallelamente all’offerta di ambiti da destinare alla valorizzazione delle relazioni sociali. Per facilitare questo intento è stata data particolare rilevanza alla progettazione e distribuzione degli spazi comuni, concepiti come una serie di percorsi e luoghi che si articolano in modo da essere fruibili nei diversi momenti della giornata e da diverse tipologie di abitanti. Proprio con questo intento sono stati


Al centro, gli spazi sociali; A destra, pannelli XLAM.

progettati alcuni elementi architettonici destinati a diventare spazi di relazione dove la comunità potrà incontrarsi e relazionarsi. Il cuore del progetto è la corte interna, che diventerà un piccolo parco, aperto anche ai cittadini, che comprenderà aree gioco, spazi di sosta e pergolati. Tutto questo costruito con il materiale ecologico per eccellenza, la riscoperta delle generazioni del terzo millennio: il legno. Che c’ è, ma non si vede. Quello che vediamo sono le finiture interne ed esterne del tutto simili a quelle di qualsiasi altro edificio, eppure questo materiale è stato scelto per svolgere una funzione portante al pari delle murature o dei setti in cemento armato e dei solai con tecnologia mista.

sostenibile e social!

I circa 6100 metri cubi di pannelli in legno portanti a strati incrociati rappresentano una delle tecnologie più all’avanguardia nel settore edilizio e ormai, anche un’ esperienza consolidata: è a partire dagli anni ‘90 che la tecnologia XLAM ha consentito di realizzare edifici di grandi dimensioni e a più piani. E il primato di via Cenni consiste proprio nelle dimensioni dell’intero complesso residenziale per quantità ed altezza dei fabbricati assieme. Infatti, l’utilizzo delle pareti portanti XLAM permette la realizzazione di unità abitative a più piani sfatando il mito secondo cui le abitazioni in legno si addicano esclusivamente alle costruzioni di case singole. La struttura è di notevole rigidezza e robustezza strutturale, permettendo di rinunciare all’impiego di pilastri ed

evitando quindi la concentrazione delle forze agenti sulla struttura e sulle fondamenta. Ne risulta una struttura più robusta e meno sensibile in caso di sollecitazioni sismiche, che abbatte notevolmente le dispersioni di calore d’inverno e protegge dal calore estivo. E non è tutto. Questo legno proviene dalle foreste certificate dell’Austria in cui viene praticata una gestione forestale che permette una costante crescita del patrimonio boschivo: si calcola che il legno utilizzato verrà rigenerato integralmente in meno di quattro ore. Mentre per l’ Europa il social housing e la sostenibilità ambientale dell’ abitare è già una realtà consolidata, per l’ Italia si tratta di vera innovazione. Quando si dice “Cenni di Cambiamento.

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Friburgo, un quartiere TESTO| Annalisa Battistella

Nella foto a sinistra: una via del quartere Vauban. Nella pagina destra: diverse prospettive delle abitazioni i n armonia con la natura circostante e a misura d’uomo.

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li obiettivi sono stati posti quasi 20 anni fa e sono paragonabili ad alcune delle azioni che vengono oggi ritenute necessarie alle nostre città per diventare Smart. Una filosofia ecosostenibile lungimirante che si può tradurre in riduzione di CO2, coinvolgimento della community, mobilità sostenibile e uso massiccio di energie rinnovabili. E’ questo lo storico di Vauben, quartiere residenziale di Friburgo a sud ovest della Repubblica Tedesca. Esempio perfetto della creazione di un insediamento urbano ecologico e a misura d’uomo, è una città veramente speciale. La sua politica architettonica ed urbanistica si fonda su una filosofia all’avanguardia e socialmente attuale: il co-housing. Il quartiere infatti è stato costruito interamente con la partecipazione

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dei cittadini, utilizzando strumenti e procedure sensibili alla mobilità sociale dirette al risparmio energetico. Un progetto ambizioso che è diventato un punto di riferimento di tanti altri già pronti e in itinere nel mondo e in Italia. Nel 1993 la municipalità di Friburgo acquista dalla Federal Authorities, il sito di 38 ettari dell’ex caserma francese di Vauben e avvia la pianificazione urbana. «Learning while planning» è il motto che rappresenta a pieno le caratteristiche che hanno accompagnato l’intero processo di costruzione del Vauban district. La costituzione del Forum Vauben Association da parte dei cittadini ha permesso di coordinare e pianificare il processo partecipativo dall’interno del progetto che oggi

conta 2.000 appartamenti con 5.000 abitanti. Cinque sono i temi fondamentali su cui si basa la progettazione di Vauban: il miglioramento dell’efficienza energetica di tutti i nuovi edifici; la costruzione di unità abitative passive; la costruzione di impianti di co-generazione e di sistemi integrati di reti elettriche; l’uso massiccio di energia solare; l’incentivazione di una mobilità sostenibile. E’ proprio per questo che le aree verdi sono state pensate e sviluppate nel rispetto della vegetazione preesistente al progetto insieme ai futuri residenti, così come molte strade e aree pubbliche sono a completa disposizione dei bambini. Trasporto pubblico e car pooling la fanno da padrone dunque, tanto che non sono ammessi parcheggi di fronte alle abitazioni e le carreggiate scoraggiano il passaggio delle autovetture. Il progetto del distretto di Vauban, ha ottenuto un’ampia risonanza nel mondo della pianificazione urbanistica di edifici e quartieri sostenibili e intelligenti. Il punto di forza? Uno sviluppo ecosostenibile in armonia con la natura e i suoi equilibri.


a partecipazione sociale

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Quando l’ architettura si fa donna | L’ Italia al Solar Decathlon 2014

Quando l’ architettura si fa donna! TESTO | Sveva Batani

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hiara Tonelli, architetto e ricercatrice presso la Facoltà di Architettura di Roma Tre, ha condotto il team della sua Facoltà al terzo posto del Solar Decathlon Europe 2012, Olimpiadi dell’ architettura sostenibile che hanno visto competere l’ Italia a Madrid, capace sorpassare storici vincitori e abituè della sostenibilità architettonica come i tedeschi. Ma la sfida non termina con “Med in Italy”, il progetto dalla medaglia di bronzo ‘12. Nel 2014 Chiara Tonelli punta ancora sui suoi ragazzi e fa rotta a Versailles, dove verrà montata sul campo di gara “rhOMEforDenCity”, unico progetto architettonico green italiano entrato a far parte della rosa dei venti partecipanti. Il progetto, presentato allo Smart Village del Made Expo, ha le caratteristiche tematiche dell’ edizione 2014: densità, convenienza, trasportabilità e sobrietà ma soprattutto, un forte legame con il territorio. Un team romano per Roma, una città ‘densa’ nella quale la sfida non è quella di aumentare i metri cubi di cemento occupando aree non ancora costruite ma di incrementare il numero di abitazioni nella stessa area, salvaguardando il territorio ed ottimizzando le infrastrutture preesistenti, favorendo la sicurezza ed il miglioramento delle relazioni sociali. ‘’Roma – spiega la

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Foto in basso: Chiara Tonelli Pagina destra: il progetto della casa “rhOMEforDenCity”


Tonelli è una metropoli e come tale ha molti problemi che riguardano tanto il contro che le periferie. Da un lato ci sono le aree dismesse dalle Ferrovie dello Stato, più o meno centrali; dall’altro le periferie che in particolare a Roma devono fare i conti con l’abusivismo che va a intaccare il paesaggio e le preesistenze archeologiche. La nostra è di liberare le preesistenze archeologiche dell’agro romano compattando i volumi in edifici più densi da riposizionare ai margini della città consolidata’’. Le abitazioni progettate dal team hanno pannelli solari fotovoltaici flessibili integrati nei tendoni ombreggianti delle logge; un parapetto che in inverno produce acqua calda, che in estate viene trasformata in riserva di fresco ed un sistema di corrente d’aria programmata. Le prestazioni energetiche sono di quasi otto volte superiori a quelle di una classe energetica C e di una vol-

ta e mezza superiori a quelle di una classe energetica A+ e saranno così in grado di produrre più energia rispetto al fabbisogno, contribuendo al rifornimento energetico di tutto il quartiere. ‘’La casa – sottolinea la Tonelli - è un grande inquinatore. Pensiamo che il 50% dei consumi di energia elettrica in Europa deriva dall’edilizia e più in particolare dalle abitazioni. Si tratta di grandi numeri che vanno ad impattare sull’ambiente. Per questo non si può più pensare che le case sostenibili siano destinate solo ad una nicchia di persone privilegiate. Il nostro progetto vuole dare a tutti la possibilità di abitare in case che siano più confortevoli e che non hanno bollette perché non consumano energia, anzi la producono’’. L’ Italia va nel Mondo con la forza di un intero team e un grande lavoro di squadra. Ma con il volto di una donna vincente.

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EXPORT | Mediterraneo, rotta del Made in Italy

Mediterraneo,

rotta del

Made in Italy TESTO | Giuseppe Di Caprio

Mercato interno ancora in contrazione, stabilità politica incerta. E allora il Made in Italy del legno va all’ estero.

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e imprese italiane che scommettono su export ed internazionalizzazione, guardano nella maggioranza dei casi verso Estremo Oriente ed America Latina. Molte opportunità però possono arrivare dal bacino del Mediterraneo, soprattutto da quella “porta verso l’Asia” costituita da paesi vicini come Turchia, Emirati Arabi ed Arabia Saudita. E’ proprio questa l’ intuizione che ha avuto l’ industria Italiana del legno-arredo, che ha già pronto il programma 2014 di sostegno alle aziende del comparto che vogliono imparare ad internazionalizzarsi. E’ promosso da FederlegnoArredo, che ha individuato nelle aziende che trasformano il legno da impie-

gare nell’ edilizia strutturale, i cavalli vincenti. “Nonostante queste non abbiano la tradizione dell’ export per l’ arredamento e il design, le aziende del legno stanno guadagnando significative quote di crescita”, dice il Presidente Roberto Snaidero durante il Convegno Nazionale del Legno di quest’ anno. Ed ha ragione. Secondo una ricerca di Euler Hermes, questi paesi rappresentano oggi per le piccole e medie Imprese italiane, una risorsa più semplice da sfruttare rispetto ai paesi oltreoceano. L’Italia ancora sofferente a causa del credit crunch e dal calo della domanda interna, ha due grandi punti di forza: prodotti diversificati di fascia media e una forte base industriale.


Mediterraneo, rotta del Made in Italy | EXPORT Queste caratteristiche, unite alla vicinanza territoriale, potrebbero consentire un aumento delle esportazioni verso Paesi del Mediterraneo meridionale, fuori dall’eurozona, verso i quali oggi si concentra solo l’8% delle nostre vendite. Una percentuale destinata a crescere, visto l’aumento medio del 3,5% di Pil previsto per la chiusura dell’ anno in corso per questa area, vero traino del Mediterraneo assieme ai Paesi nordafricani, tra cui il Marocco che ha fin ora dimostrato maggiore stabilità politica ed apertura agli scambi commerciali. E’ qui che molte aziende italiane vorrebbero indirizzare i propri commerci, anche considerando che la popolazione è giovane, molti sono emigrati per lavorare in Europa e, una volta rientrati nei Paesi d’origine cercano di migliorare la propria qualità di vita a cominciare proprio dalla casa. E le abitazioni in legno sono un buon inizio anche perché Marocco, Algeria, Tunisia sono aree prevalentemente secche e il clima per la conservazione del legno è ideale. Dunque i settori maggiormente interessati saranno i trasporti e l’edilizia, con il rafforzamento delle infrastrutture, ma determinante sarà la collaborazione tra pubblico e privato per favorire lo sviluppo delle costruzioni.

Nelle foto: Pagina sinistra, Dubai. Pagina destra in alto, la città marocchina di Fez. In basso, nuova costruzione edilizia presso Martil, Marocco.


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