Luce 314

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3F LEM 314 – 2015 anno / year 53 trimestrale / quarterly €14

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Anche in questa III edizione i protagonisti sono i giovani under 30, la luce e la città. Il video è lo strumento per raccontarli: un breve filmato di 60 secondi che potrà essere girato con qualsiasi dispositivo mobile quali tablet, smartphone, videocamera, macchina fotografica, etc...

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LUCE 53 anni di cultura della luce portati con charme, accade quando gli anni invece di pesare contano.

Una rivista con alti e bassi, come succede a tutti noi nel corso della vita. In Italia, in Europa, nel Mondo.

Scenari, tendenze, protagonisti, architettura, arte, design, innovazione, emozioni, e futuro dal 1962.

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Oltre mezzo secolo di storia, 314 numeri, migliaia di articoli, decine di migliaia di pagine, tantissimi lettori e autori.

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LUCE

Rivista fondata da AIDI nel 1962 Magazine founded in 1962 by AIDI

Editor-In-Chief

Silvano Oldani silvano.oldani@rivistaluce.it

VICEDIRETTORE

Mauro Bozzola

DIRETTORE RESPONSABILE

Dicembre 314 Anno / Year 53 – 2015

Deputy Editor

PROGETTO GRAFICO

studio ascionemagro

Graphic Design

PHOTOEDITOR

Luce Della Foglia

COLLABORATORI

Matilde Alessandra (New York), Laura Bellia, Mario Bonomo, Andrea Calatroni, Jacqueline Ceresoli, Carlo D’Alesio, Arturo dell’Acqua Bellavitis, Eleonora Fiorani, Silvia Eleonora Longo (Berlino), Pietro Mezzi, Fulvio Musante, Alberto Pasetti, Amaranta Pedrani (Parigi), Maurizio Rossi, Francesca Tagliabue

Contributors

SEGRETERIA

314 – 2015 anno / year 53 trimestrale / quarterly €14

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Anna D’Auria, Sara Matano

Administration

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CONSIGLIO / Board Chiara Aghemo, Roberto Barbieri, Aldo Bigatti, Clotilde Binfa, Claudio Bini, Raffaele Bonardi, Mario Bonomo, Roberto Cavenaghi, Paolo Di Lecce, Gianni Drisaldi, Paolo Fiorini, Marco Frascarolo, Giuseppe Grassi, Adolfo Guzzini, Maria Letizia Mariani, Luca Moscatello, Marco Pollice, Lorella Primavera, Gian Paolo Roscio, Alberto Scalchi, Andrea Solzi, Alessia Usuelli

Margherita Süss VICE PRESIDENTE / Deputy Chairman

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COVER PHOTO Casa di Augusto, Sala delle Maschere Foto di C.De Camillis

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La riproduzione totale o parziale di testi e foto è vietata senza l’autorizzazione dell’editore. Si permettono solo brevi citazioni indicando la fonte. In questo numero la pubblicità non supera il 45%. Il materiale non richiesto non verrà restituito. LUCE è titolare del trattamento dei dati personali presenti nelle banche dati di uso redazionali. Gli interessati possono esercitare i diritti previsti dal D.LGS. 196/2003 in materia di protezione dei dati personali presso T +39 02 87390100 - aidi@aidiluce.it

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CONTRIBUTI / Contributors Matilde Alessandra, Mario Bonomo, Jacqueline Ceresoli, Carolina De Camillis, Stella Ferrari, Riccardo Fibbi, Silvia Eleonora Longo, Alberto Pasetti, Amaranta Pedrani, Andrew Peterson, Francesca Tagliabue FOTOGRAFI / Photographers Danilo Alessandro, Benjamin Bergery, Brescia e Amisano, Morten Carlsson, Maurizio Cavallasca, Jakub Certowicz, Penelope Chauvelot, Massimo Carroccia, Paolo Di Pasquale, James Ewing, Mauro Fanfani, Jordi Folch, Nicolò Galeazzi, H.Findletar, Frank Hermann, Patrick Kelley, Gilberto Maltinti, Thomas Mayer, Marcella Milani, Mathias Moxter, Federico Scutera, Matteo Serafini, Taki, Alvaro Valdecantos, Tino Zippel TRADUTTORI / Translators Stephanie Carminati, Monica Moro, Alessia Pedace, Barbara Rossi GRAZIE A / Thanks to Fondazione Studio Achille Castiglioni - Milano, Teatro alla Scala di Milano


314 sommario / summary SPECIALE / SPECIALS 18

60

All the world's futures. 56. Biennale d’Arte di Venezia /

Francesco Murano. Progettare contro il tempo / Designing against time Silvano Oldani

All the world's futures. 56. The Venice Art Biennale

Alberto Pasetti

DESIGN 66

L’ITALIA DEL MONDO / ITALY OF THE WORLD

Fontana Arte e Giorgio Biscaro: la storia rinnova se stessa / Fontana Arte and Giorgio Biscaro: the story renew itself

24

Andrea Calatroni

La casa di Augusto e la casa di Livia nel complesso Augusteo al Palatino / The house of Augustus and the house of Livia in the Augustan compound at Palatine hill

Carolina De Camillis, Riccardo Fibbi 29

Arnaldo Pomodoro a Pisa / Arnaldo Pomodoro in Pisa Silvano Oldani

LIGHTING DESIGNER WORLD 70

Jordi Ballesta. La luce è come l’aria per la musica / Light is like air for the music Andrew Peterson

CORRISPONDENCE FROM BERLINO LIGHT ART 32

La luce linguaggio universale e contenitore di memorie Light as universal language and memory storage

74

Silvia Eleonora Longo

Chiara Dynys. Pensieri, parole, emozioni di luce Thoughts, words, emotions made of light

Jacqueline Ceresoli CORRISPONDENCE FROM PARIGI GRAND TOUR 36

Nel suo atelier a Parigi l’incontro con Richard Peduzzi Meeting with Richard Peduzzi in his atelier in Paris

80

Amaranta Pedrani

Sull'isola di Lošinj le sculture luminose subacquee di Dean Skira / On Lošinj Island Dean Skira underwater lighting sculptures

Andrea Calatroni CORRISPONDENCE FROM NEW YORK 82 Antonhy McCall. L’opera è nel contenuto non nella tecnologia / The work is the content, not technology Matilde Alessandra

Abu Dhabi. Light is there but it is invisible

Stella Ferrari

FONDAZIONI / FOUNDATION 45

Fondazione Achille Castiglioni / Achille Castiglioni Foundation Andrea Calatroni

RESIDENTIAL 86

LIGHTING DESIGNER MADE IN ITALY 92 50

Adriano Caputo Gestalt o narrazione, illuminata / Gestalt or enlightened narration Silvano Oldani

Torino, abitare nella luce / Turin, inhabiting the light Francesca Tagliabue

CITTÀ TEATRO / CITY THEATRE Jim Campbell. New media artist non significa nulla New media artist doesn’t means anything

Francesca Tagliabue 96

55

Le Royal Meridien Hotel, Abu Dhabi. La luce c’è ma non si vede / Le Royal Meridien Hotel,

Roberto Corradini e Marco Palandella Professione: LD indipendenti /

Il Ponte della Libertà di Pavia / The Liberty Bridge in Pavia

Mario Bonomo, Silvano Oldani

Profession: Indipendent LD

Silvano Oldani

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INDICE / INDEX LUCE 2015 Numeri / issues 311 - 312 - 313 - 314 SOMMARIO

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LE AZIENDE INFORMANO pubbliredazionale

Nel 2014 Sesto San Giovanni, il grande comune italiano che fa parte della città metropolitana di Milano in Lombardia, attraverso la convenzione Consip Luce 2, ha affidato la gestione e l’efficientamento della rete di illuminazione pubblica per i prossimi 9 anni a Enel Sole. L’ambizioso progetto prevede la riqualifica degli attuali 7.500 punti luce con sorgenti a bassa efficienza, con un investimento di quasi 1 milione di euro e ulteriori 500mila per l’ammodernamento degli impianti più obsoleti. Dall’inizio dei lavori l’operazione ha permesso di sostituire circa 1550 lampade a sorgente tradizionale non efficienti con nuovi corpi illuminanti di moderna concezione. Utilizzando sia lampade al Sodio dotate di particolari dispositivi che permettono una ge14

LUCE 314

Sesto San Giovanni ha una nuova luce più efficiente

stione più efficiente della luce emessa in funzione del traffico veicolare, sia utilizzando moderne lampade a LED, come Archilede HP, uno dei prodotti di punta della Gamma Archilede realizzati da Enel Sole e altamente efficienti e performanti. Per entrare nello specifico del progetto di riqualificazione degli impianti, gli interventi non si sono limitati solo alla sostituzione delle vecchie armature, Enel Sole ha installato più di 3300 dispositivi per la regolazione del flusso luminoso sugli impianti di più recente realizzazione; mentre i quadri di comando sono stati dotati di particolari orologi astronomici che consentono di sincronizzare l’accensione e lo spegnimento di tutte le lampade del comune. Grazie a questa operazione il Comune potrà risparmiare più di 1,4 milioni di

KWh all’anno (pari al consumo annuo di più di 500 famiglie di 4 persone), evitando di bruciare più di 300 tonnellate di petrolio e di immettere nell’atmosfera 900 tonnellate di CO2. Con evidenti benefici per l’ambiente e per l’aria che i cittadini respirano. In linea con quanto previsto dalla Legge regionale della Lombarda contro l’inquinamento luminoso, tutti i nuovi corpi illuminanti sono dotati di ottiche “cut-off ”, eliminando la dispersione del flusso luminoso verso l’alto. Parallelamente alle attività di Efficientamento energetico Enel Sole ha previsto un totale restyling dei complessi illuminanti: sono stati verniciati tutti i sostegni presenti, pari a uno sviluppo lineare superiore ai 36km; sostituite più di 2300 vecchie lampade ormai esaurite; sostituiti circa 300 pali e

bracci non adeguati sotto il profilo statico. Enel Sole opera come una Global Service, seguendo il processo di committing dalla pianificazione dell’ottimizzazione e riduzione dei consumi energetici, alla gestione dei lavori e dell’energia. I servizi proposti rispettano i criteri di Qualità certificata (ISO 9001, ISO 4001, OHSAS 18001) in tema di sostenibilità di progetto e d’interventi manutentivi, tecnologie, ambiente e sicurezza, sia nella realizzazione di nuovi impianti che nella gestione di quelli esistenti. Enel Sole, società del Gruppo Enel, è una delle aziende a livello Europeo con maggiore esperienza e competenza nei settori dell'illuminazione pubblica e dell'illuminazione di design


applicata ad ambienti esterni, interni e ai beni artistici. L’obiettivo è quello di promuovere la cultura della luce di qualità in Italia e nel mondo. I principali clienti di Enel Sole sono circa 3700 Comuni italiani in cui l'Azienda gestisce circa 2.150.000 di punti luce. Enel Sole vanta la realizzazione di oltre 1300 interventi d’illuminazione artistica e di design, sia temporanea sia permanente, in ambito nazionale e internazionale.

SESTO SAN GIOVANNI HAS A NEW MORE EFFICIENT LIGHTING In 2014, Sesto San Giovanni, the big Italian municipality that is part of the metropolitan city of Milan in Lombardy, has entrusted for the next nine years the management and the efficiency improvement

of the public lighting network to Enel Sole through the Consip agreement Luce 2. The ambitious project involves the upgrading of the existing 7,500 light points with low-efficiency light sources, with an investment of almost EUR 1 million and 500 thousand more for the renewal of obsolete plants. Since the beginning of the works, the operation made possible the replacement of about 1,550 inefficient traditional bulb lamps, with new light fixtures of modern design. Using either sodium lamps equipped with special devices that allow a more efficient management of the emitted light depending on the road traffic, or using modern LED lamps, as Archilede HP, one of the flagship products of the Archilede range manufactured by Enel Sole and highly efficient and high-performance products. To get into the specifics of the plant redevelopment project, the interventions were not only limited to the replacement of old lighting fixtures, Enel Sole has installed over 3,300 lighting control devices on more recently built lighting systems, while the

control panels were equipped with particular astronomical clocks for the synchronization of the switching on and off of all the lights of the town. Thanks to this operation, the Municipality will save more than 1,4 million kWh per year (equivalent to the annual consumption of more than 500 families of 4 persons), avoiding burning more than 300 tonnes of oil and putting 900 tonnes of co2 into the air. With clear benefits for the environment and for the air that citizens breathe. In line with the provisions of the Regional Law of Lombardy against light pollution, all new lighting fixtures are fitted with “cut-off” optics, eliminating the upward dispersion of light. Parallel to the energy efficiency activities, Enel Sole has provided a complete redesign of the whole lighting system: all the existing lighting fixtures, equal to a linear development of more than 36km, were painted; more than 2,300 old worn out lights were replaced; and about 300 statically deficient poles and brackets were substituted. Enel Sole operates as a Global Service,

following the committing process thus planning from the optimizing and reducing of the energy consumption, to the works and energy management. The services proposed meet the criteria of certified Quality (ISO 9001, ISO 4001, OHSAS 18001) in terms of sustainability of the project and of maintenance operations, technology, environment and safety, both in the construction of new facilities and the management of existing ones. Enel Sole, a company of the Enel Group, is one of the companies at a European level with major experience and expertise in the areas of public lighting and design lighting applied to outdoor, indoor and artistic heritage environments. The goal is to promote the culture of light quality in Italy and in the world. The main customers of Enel Sole are about 3,700 Italian municipalities where the Company runs about 2,150,000 points of light. Enel Sole features the construction of over 1,300 artistic and design lighting schemes, either temporary or permanent, both nationally and internationally.

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LE AZIENDE INFORMANO pubbliredazionale

Aperta la strada della luce connessa nel retail Primo al mondo l’ipermercato Carrefour di Lille in Francia utilizza il sistema d’illuminazione LED di Philips per fornire servizi attraverso gli smartphone dei clienti

Royal Philips, leader mondiale nel campo dell’illuminazione, annuncia la più importante installazione del suo sistema di illuminazione LED connesso con tecnologia di indoor positioning, presso Carrefour, primo ipermercato in Europa e terzo più grande al mondo. Il punto vendita Carrefour di Lille, recentemente ristrutturato, ha sostituito la sua illuminazione fluorescente con 2,5 chilometri di LED Philips ad alta efficienza energetica che, utilizzando la luce per trasmettere agli smartphone dei clienti un segnale di localizzazione, consentono a un’applicazione di fornire servizi basati sulla posizione. Il sistema di Philips consente a Carrefour di fornire nuovi servizi ai suoi clienti, come aiutarli a trovare le promozioni all’interno dei 7.800 metri quadrati del negozio. Inoltre, l’illuminazione LED ridurrà del 50% il consumo totale 16

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di energia utilizzata per illuminare l’ipermercato. “Siamo sempre alla ricerca d’innovazioni che aiutino i clienti a orientarsi nei nostri punti vendita e che soddisfino le loro aspettative”, ha commentato Céline Martin, Director of Commercial Models and Innovation per gli ipermercati Carrefour in Francia. “Grazie a questa nuova applicazione che utilizza la tecnologia di Philips, siamo in grado di fornire ai clienti di EuraLille Carrefour un nuovo servizio, che consente di trovare e localizzare velocemente le loro promozioni preferite o rilevare tutte quelle attorno a loro quando si trovano nel supermercato. Un vero risparmio di tempo per il cliente, alla ricerca di un’esperienza di acquisto sempre più rapida e veloce!” Il sistema di indoor positioning di Philips comprende: un impianto

d’illuminazione LED, un database di posizioni basato sul cloud e un kit di sviluppo di software Philips su cui i clienti possono costruire la loro piattaforma di interazione mobile. Il sistema installato all’ipermercato Carrefour di Lille comprende 800 apparecchi LED lineari che usano tecnologia VLC Philips brevettata (Visible Light Communication) per trasmettere un unico codice attraverso la luce, che è impercettibile all’occhio umano, ma che può essere facilmente localizzato con la fotocamera di uno smartphone, senza la necessità di ulteriori accessori. Come parte dell’installazione, il software di Philips e il database di posizioni basato sul cloud sono stati integrati nell’applicazione di Carrefour. L’applicazione mobile “Promo C’ou” è stata creata da Think&Go e può essere scaricata dall’Apple store in Francia.

“Abbiamo aperto la strada della luce connessa nel retail grazie a Carrefour,” commenta Gerben van der Lugt, Head of LED-based indoor positioning di Philips Lighting. “Il nostro sistema di illuminazione connessa permette di trasformare lo shopping in un’esperienza molto più interattiva e personalizzata. Allo stesso tempo, consente ai rivenditori di differenziarsi, fornire nuovi servizi per gli acquirenti e migliorare la fidelizzazione dei clienti.” L’indoor positioning è in grado di supportare una vasta gamma di servizi basati sulla localizzazione che rendono lo shopping un'esperienza molto più interattiva, personalizzata, e divertente. Servizi che possono includere la localizzazione, l’individuazione di prodotti e di sconti “su misura”. In questo modo i rivenditori possono offrire agli acquirenti esperienze personalizzate


per aumentare il gradimento, migliorare il servizio clienti, promuovere la fedeltà al brand. Importante, il sistema di indoor positioning brevettato da Philips non legge le informazioni sullo smartphone dell’acquirente. Ogni impianto di illuminazione trasmette un flusso unidirezionale delle informazioni digitali utilizzando VLC. Questo flusso di dati unidirezionale non è visibile all'occhio umano, ma viene rilevato dalla telecamera sullo smartphone.

THE ROAD OF CONNECTED LIGHT IN THE RETAIL SECTOR IS OPEN First in the world the Carrefour supermarket in Lille in France uses a Philips's LED lighting system to provide services through customers' smartphones Royal Philips, worldwide leader in the lighting field, announces the most important installation of its LED connected

lighting system with indoor positioning technology, at Carrefour, first supermarket in Europe and third biggest in the world. The Carrefour sale point in Lille, recently refurbished, replaced its fluorescent lighting with 2,5 kilometers of highly efficient Philips's LEDs which, using the light to send to customers' smartphones a localizing signal, allow to provide services based on the position through an application. The Philips's system allows Carrefour to provide new services to customers, such as helping them to find promotions inside the 7.800 square meters of the shop. Moreover, the LED lighting system will determine a 50% reduction of the global amount of energy used to lit the supermarket. “We are constantly looking for innovations that can help customers to orient themselves inside our sale points and that satisfy their expectations”, said Céline Martin, Director of Commercial Models and Innovation for the Carrefour supermarkets in France. “Thanks to this new application that used the Philips technology, we are able to provide to the customers of the EuraLille Carrefour a new service, which allows them

to find and locate quickly their favorite promotions or find all those that are near them when they are inside the supermarket. A real timesaver for customers, searching for a constantly quicker and faster purchase experience!” The Philips indoor positioning system includes: a LED lighting system, a positions database based on cloud and a Philips's software developing kit on which customers can build their mobile interaction platform. The system installed in the Carrefour supermarket in Lille features 800 linear LED luminaires that use the Philips patented VLC (Visible Light Communication) technology to send a unique code through light, which is undetectable for the human eye, but that can be easily located with a smartphone's camera, not requiring any additional accessories. As a part of the installation, the Philips's software and the positions database based on cloud were integrated in the Carrefour application. The mobile application “Promo C’ou” was developed by Think&Go and can be downloaded from the ’Apple store in France. “We opened the road of connected light in

the retail sector thanks to Carrefour,” says Gerben van der Lugt, Head of LED-based indoor positioning by Philips Lighting. “Our connected lighting system allows to transform shopping into a more interactive and custom experience. At the same time, it allows retailers to differ themselves, to provide new services to customers and improving their fidelity.” The indoor positioning is capable of supporting a wide range of services based on the localization that make shopping a more interactive, custom and funny experience. Services that may include localization, finding of products or "custom" discounts. In this way retailers can offer to people custom experiences to increase the appreciation, improve customer service, promote fidelity to the brand. An important thing is that the indoor positioning system patented by Philips does not read the information of a customer's smartphone. Each lighting system transmits digital information with a single direction flux using the VLC. This single direction flux of data is not detectable by the human eye, but it is detected by a smartphone's camera.

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speciale biennale d'arte, venezia di Alberto Pasetti

Kutlug Ataman. The portrait of Sakip Sabanci, 2014, Corderie, Venezia, Courtesy Archivio Biennale

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All the world's futures 56. Biennale d’Arte di Venezia


siero unificante che ha guidato il lavoro e la partecipazione degli artisti nei padiglioni nazionali e negli spazi delle Corderie. Questa è l’impressione dominante nonostante Okwui Enwezor, curatore di quest’edizione, avesse comunicato con efficacia e chiarezza lo spunto inziale del suo principio ispiratore su cui doveva basarsi lo spirito di adesione degli artisti scelti: “Come fare per afferrare appieno l’inquietudine del nostro tempo, renderla comprensibile, esaminarla e articolarla…?” e ancora “…scavare a fondo nello stato delle cose e mettere in discussione l’apparenza delle cose…”. Egli ha trovato nell’Angelus Novus di Paul Klee la rappre-

sentazione, riproposta da Walter Benjamin di una condizione umana simbolica in cui sembra imminente la nemesi tra l’operato dell’uomo, con tutte le conseguenze nefaste sulla natura e sulla società e la visione quasi celestiale del bene, di una dimensione superiore al quale ogni essere tenderebbe in assoluto. Se è vero che tale opera di Klee possiede la forza evocatrice nel mettere l’uomo di fronte alla propria condizione e quindi di indurlo alla riflessione, non appare così evidente, dal tracciato metaforico e concettuale dei lavori esposti, quale sia il denominatore comune di tanta proliferazione artistica e di tanta diversità presente in Biennale.

Joana Vasconcelos, Giardino dell'Eden, Padiglione Swatch, Giardini, Venezia, Courtesy Swatch

ALL THE WORLD'S FUTURES. 56. THE VENICE ART BIENNALE

The 56th Art Biennale opened in a decidedly controversial atmosphere at the usual locations used for Venetian exhibitions by Ente Biennale, in the pavilions of the Giardini di Sant’Elena and the Corderie in the Arsenale. The theme of this exhibition and the ways in which it has taken place have laid the foundations for facing the great social and cultural themes of our era, however they have also triggered doubts about the real cohesion of intents and the opportunity to participate, of such a large number of artists and countries involved. In fact the common visitor does not seem

to have been struck by the central theme, the unifying thought guiding the work and the participation of the artists in the national pavilions and in the spaces of the Corderie. This is the general impression, even though Okwui Enwezor, curator of this edition, efficiently and clearly communicated his inspiring principle, that the spirit of adhesion of the chosen artists had to be based on: “How can the current disquiet of our time be properly grasped, made comprehensible, examined, and articulated?” and also, “… delve into the state of things, and question the appearance of things…”. In Paul Klee’s Angelus Novus he has found the representation, re-proposed by Walter Benjamin, of a symbolic human condition in which the nemesis of the actions of man and all its negative consequences on nature and

society and the almost celestial vision of good, of a dimension that is superior to what every being would tend to absolutely, seem imminent. If it is true that Klee’s picture has the evoking power of making man face his condition, and therefore to induce him to reflect when looking at the metaphoric and conceptual outline of the exhibited works, the common denominator of so much artistic proliferation and so much diversity present at the Biennale does not seem so evident.

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SPECIALE 56. BIENNALE D'ARTE, VENEZIA

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n un clima non poco controverso si è tenuta la 56esima Biennale d’Arte nei consueti spazi dedicati alle mostre veneziane che l’Ente Biennale riserva tra i padiglioni ai Giardini di Sant’Elena e alle Corderie nei pressi dell’Arsenale. Il tema di questa manifestazione e i modi attraverso le quali si è svolta hanno posto le basi per affrontare grandi temi sociali e culturali della nostra epoca e allo stesso tempo hanno scaturito il dubbio sulla reale coesione d’intenti e sull’opportunità di partecipazione di un numero così elevato di artisti e paesi coinvolti. Infatti, al visitatore comune non sembra essere rimasto impresso il filo conduttore, il pen-

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Dai Filtri al Caos Enwezor ha delineato il ricorso a filtri concettuali che hanno lo scopo di ordinare e regolare il flusso di produzione artistica di questa 56 esima edizione in base a tre temi. Il primo, la “Vitalità sulla durata epica”, espresso attraverso la drammatizzazione dello spazio espositivo come un evento dal vivo in continuo ed incessante svolgimento. Il secondo riguarda “il giardino del disordine”, partendo dal concetto originale del giardino nato dall’antica Persia che aveva assunto il valore simbolico del luogo della tranquillità e del piacere e che si è trasformato nel tempo in un’entità di disordine e caos. Infine, il terzo e ultimo filtro che si riferisce alla lettura del Capitale di Karl Marx attraverso il principio dell’Arena (nel padiglione centrale dei Giardini) dove gli stessi visitatori sono invitati, alternandosi, a leggere passaggi dei tre volumi in un regime di continuità, senza interruzioni. Dei tre filtri quello che sembra

più calzante è certamente quello riferito al giardino caotico. Infatti, se da una parte è l’espressione di un mondo in frenetica e confusa evoluzione dall’altra è anche la chiave di lettura per navigare nella molteplicità di sfaccettature presenti in varie proposte curatoriali. La complessità di una visione eclettica e totalizzante dell’Arte a fronte del mondo in evoluzione è materia non solo complessa e delicata ma richiede un compito di ricerca e di capacità narrativa che può essere conseguita solo in parte e comunque senza mai avere la pretesa di essere esauriente. Per questo motivo lo stesso racconto in questo articolo sul rapporto tra arte e luce, in riferimento ai lavori esposti, non solo è parziale e tangente rispetto ai grandi interrogativi posti ma costituisce in nuce una limitazione all’esperienza del fenomeno visivo percettivo. Per il semplice fatto di essere descritto, invece che sperimentato, stravolge l’essenza e la ragione di esistere del fenomeno stesso.

La scelta di raccontare alcune opere si allontana dall’aspirazione originaria di abbracciare più linguaggi e forme espressive possibili. Si tratta di una lettura diretta, selezionata e univoca che vuole ricomporre alcune delle voci coralmente espresse, dando forza alla loro singolare e drammatica unicità: scandagliare il potere evocativo in una gerarchia arbitraria che attinge solo ad una piccola parte dei grandi temi sociali, culturali ed economici alla base delle nostre contraddizioni epocali. Si tratta di pochi progetti, semplici e chiari, contraddistinti da un singolare rapporto con il mondo della luce in cui proprio l’energia luminosa diventa parte integrante della forza evocativa espressa. Progetti che diventano slogan, slogan che diventano provocazioni. La luce si materializza, prende forma elegantemente e da vita a sensazioni forti, percezioni che solo al primo sguardo sembrano stupire ma, ad una lettura più attenta, possono inquietare e a volte rivelare significati più profondi e introspettivi.

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The Propeller Group, The AK-47 vs The M16, 2015, Corderie, Venezia

From filters to chaos Enwezor outlined the use of conceptual filters, with the scope of organizing and regulating the flow of the artistic production of this 56th edition, in three main themes. The first, “Liveness: On epic duration” expressed through the dramatization of the exhibition space like a live event that continuously and incessantly takes place. The second, the “Garden of Disorder”, starting from the original concept of the garden, born in ancient Persia, which had the symbolic value of a place of peace and tranquillity, and which has been transformed, in time, into a space of disorder and chaos. Lastly, the third filter refers to the Capital of Karl Marx, through the principle of an Arena (in the central pavilion of the Giardini) where the visitors are invited, one after the other, to read parts of the three volumes continuously, without any interruptions. Out of the three filters the one that seems most fitting is certainly the one that refers to the chaotic garden. In fact if on one had it is the expression of a world that is evolving in a frenzied, confused manner, on the other it is also a way to navigate around

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the multiple different facets of the various proposals of the curators. The complexity of an eclectic and totalizing vision of Art, when faced with an evolving world, is not only a complex and delicate subject, it also requires a certain amount of research and narrative capacity that can only partly be carried out, and however with no pretence of an exhaustive result. For this reason, even the part of this article that describes the relationship between art and light, with reference to the exhibited works, is not only partial and tangential with regard to the important questions that have been asked, but it is essentially a limitation in the experience of the visual perceptual phenomenon. The simple fact of being described instead of being experimented, upsets the essence and the reason of existence of the phenomenon itself. The choice of describing some of the works takes us away from the original aspiration of embracing as many languages and forms of expression as possible. It is a direct, selected, univocal reading that intends to recompose some of the voices that spoke in a chorus, giving force to their singular and dramatic uniqueness: sounding out the

evocative power of an arbitrary hierarchy that draws from just a small part of the great social, cultural and economic themes underlying the contradictions of our era. These are few simple, clear projects, which have a singular relation with the world of light, in which it is luminous energy that becomes an integrating part of the evocative force that is expressed. Projects that become slogans, slogans that become provocations. Light takes a material form elegantly and gives life to strong feelings, perceptions that are apparently surprising at first glance, but after more careful observation can become troubling and at times reveal deeper and more introspective meanings. War! A flexible, soft, dense and transparent material is released in space, and is deformed rhythmically, so that it almost floats in a repetitive dance of contractions and expansions. It is a gelatinous parallelepiped that reveals, inside a museum showcase, a crystallized synchronous instant of a deflagrating impact. A plastic image that emerges three-dimensionally and clearly

shows the signs of a deep wound, the sign of plastic-physical violence that crosses the solidified body, denoting the impact, crash and penetration that took place, like a freeze-frame shot. Not far away, a video of the cyclic rhythm of this apparently relentless dance of the gelatinous solid contorting under the effect of a focused, circumscribed energetic field, plays on the wall. The video (www.youtube.com/ watch?v=jJfoP7xHJVI) is simply the story of an AK-47 bullet hitting another bullet, of an M16, in the centre of a gelatin block used by the FBI to reconstruct the ballistic dynamics. These bullets were used in the American Civil War and are re-proposed by two Vietnamese artists, Phunam Thuc Ha and Tuan Andrew Nguyen who, together, form “The Propeller Group”. The trajectory of the bullet is like a flash that shows the fragility of the matter, but at the same time it exalts its cold beauty, in an instant that seems to be suspended in an improbable eternity. Food! In the Italian pavilion, Marzia Migliora takes us inside an optical telescope, which


Guerra! Una materia flessibile, morbida, densa e trasparente si libra nello spazio assumendo deformazioni ritmiche che la portano quasi a fluttuare in una danza ripetitiva di contrazioni ed espansioni. Si tratta di un parallelepipedo gelatinoso che rivela, all’interno di una teca museale, l’istante sincronico cristallizzato di un impatto deflagrante. Un’immagine plastica che emerge in tutta la sua tridimensionalità e mostra nitidamente i segni di una profonda ferita, il segno di una violenza plastico-fisica che attraversa il corpo solidificato e denota l’avvenuto impatto, scontro e penetrazione come in un fermo immagine. Poco distante, sulla parete, è proiettato il ciclo ritmico di questa danza apparentemente inarrestabile del solido gelatinoso che si contorce sotto l’effetto di un campo energetico mirato e circoscritto. Il filmato (www.youtube.com/watch?v=jJfoP7xHJVI) non è altro che

il racconto di un proiettile di AK-47 che si scontra con un altro proiettile di un M16 al centro di un blocco di gelatina impiegato dal FBI per ricostruire la dinamica balistica. Sono proiettili impiegati nella guerra civile americana e riproposti da due artisti vietnamiti, ,Phunam Thuc Ha e Tuan Andrew Nguyen, che compongono “The Propeller Group”. La traiettoria del proiettile è come un lampo che declina la fragilità della materia ma allo stesso tempo ne esalta la fredda bellezza, in un attimo che sembra sospeso in un’improbabile eternità. Cibo! Marzia Migliora ci conduce, nel padiglione Italia, in un cannocchiale ottico che solo in un istante successivo si rivela come il processo di voyeurismo in cui noi stessi siamo protagonisti. Come sempre nella contemplazione dello spazio siamo parte integrante del luogo stesso e apparteniamo,

in un preciso istante, ad un pezzo fisico della realtà pur credendo di essere semplici osservatori. Attraverso un armadio, la cui porta è aperta su una distesa di pannocchie, diventiamo osservati e osservatori grazie alla presenza di uno specchio all’estremità opposta che rinvia pacatamente immagini e movimenti. L’armadio rappresenta l’archivio della memoria e l’immagine che vi si produce è la rievocazione di una foto scattata da Marzia, anni prima, nella cascina del padre. L’artista ha denominato l’opera “Natura in posa” e forse inconsciamente, in una delle memorie d’archivio, l’attrazione per questa immagine potrebbe essere scaturita dal fascino di una natura che per vocazione millenaria alimenta il bisogno primordiale dell’uomo e gli fornisce l’indispensabile nutrimento. La cromia della pannocchia è forte e inonda lo spazio grazie ad un ampio soffitto diffusore che ne amplifica l’effetto.

Marzia Migliora, Natura in Posa, Padiglione Italia, Arsenale, Venezia

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only subsequently becomes a voyeuristic process in which we are the protagonists. As always, when contemplating space, we are an integrating part of the place itself, and we belong at a precise moment, to a physical part of reality, even though we believe we are simple observers. Through a cupboard, whose door is open on a vast spread of corn on the cobs, we are the observed subjects and the observers due to the presence of a mirror at the opposite end that gently returns all the images and movements back to us. The cupboard represents a memory file and the image that is produced is the reconstruction of a photograph taken by Marzia many years ago on her father’s farm. The artist has called the work “Stilleven / Natura in posa”, and perhaps unconsciously in one of the memory files, the attraction for this image could have been triggered by the appeal of nature which has a millennial vocation of feeding the primordial needs of man, providing him with indispensable food. The colour-code of the corn on the cob is bright and strong, and fills the space thanks to a large diffusing ceiling that amplifies the effect.

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Arte! E’ un viaggio nei sensi quello che ci propone Pamela Rosenkranz nel padiglione svizzero ai Giardini, denominato “Our Product”. Luce cromatica, profumi naturali, essenze primordiali per guidare il visitatore al termine di un corridoio iniziatico in cui giace una inaspettata piscina di liquido denso riflettente. Il brodo primordiale dei pigmenti pittorici per eccellenza: il colore dell’incarnato che rivela l’incanto del potere alchemico presente dal rinascimento ai giorni nostri attraverso la storia della pittura e dell’immaginario collettivo odierno che si incontrano per celebrare simbolicamente il valore della pelle: il senso di naturalità e di vita che volti e corpi hanno ostentato attraverso le mode e le tradizioni per secoli. Il colore verde complementare proiettato nel patio gioca come precondizionatore retinico. Neote-

ne, Evoin, Bionin, Umbrotene, Albulis, Solood, Bactis, Refleine, Isolon, Necrion, Elemone, Imersa, Selentis, Vertinel, Holeana, Rilin e Carnaem sono tutte sostanze presenti nel lavoro di Pamela. Hanno significati e dosaggi molto accurati, quasi esoterici, che influenzano non solo la psiche ma anche il corpo. La sensazione immersiva e corporea produce un effetto placebo all’interno di un’ambiguità atavica: è la psiche che influenza il corpo o viceversa? Natura? Quanto di meno naturale può risultare l’installazione di Joana Vasconcelos nel suo Giardino dell’Eden costituito da fiori artificiali e suoni di grilli e cicale riprodotti. E’ l’anti-naturalità che richiama la natura stessa o l’ostentazione di tecnologie low-tech, paradossali, al limite del

grottesco per indurre l’osservatore ad una sperimentazione spaziale molto singolare. La modularità pulsante degli effetti luminosi luccicanti, in assenza completa di luce naturale, riconduce ad ambientazioni déjà vu, quasi dei clichés di cui si è ampiamente abusato nelle riproduzioni virtuali di foreste e di luoghi trasformati in simulacri. Suoni e luci sono accoppiati nell’intento di creare effetti sinestetici ma diversamente producono l’effetto contrario. La mente separa gli stimoli, li classifica e li ri-ordina attribuendo loro assonanze con significati che richiamano separatamente le sensazioni primordiali del parco originario, l’Eden, che si ricompatta solo ad occhi chiusi nell’immaginario collettivo. Anche il kitsch diventa strumento evocativo pur operando, in questo caso, per sottrazione.

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Pamela Rosenkranz, Our product, Foto Marc Asekhane, Padiglione Svizzera, Giardini, Venezia

Art! This is a journey of the senses, proposed by Pamela Rosenkranz in the Swiss pavilion at the Giardini, called “Our Product”. Chromatic light, natural scents, primordial essences to guide the visitor, at the end of an initiating corridor, to an unexpected pool of dense reflecting liquid. The primordial soup of pictorial pigments par excellence : the fleshy pink colour reveals the magic of the alchemic power present from the Renaissance to our times, through the history of painting and popular imagination of the present, that meet and symbolically celebrate the value of skin : the sense of naturalness and life that faces and bodies have shown off in fashions and traditions over the centuries. The complementary colour, green, that is projected in the patio, acts like a preconditioner of the retina. Neotene, Evoin, Bionin, Umbrotene, Albulis, Solood, Bactis, Refleine, Isolon, Necrion, Elemone, Imersa, Selentis, Vertinel, Holeana, Rilin and Carnaem are all substances which are present in Pamela’s work. They have very precise, almost esoteric meanings

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and dosages, that influence not only the psyche but also the body. The immersive corporeal feeling produces a placebo effect in an atavistic ambiguity : does the psyche influence the body or vice-versa? Nature? There is absolutely nothing natural in Joana Vasconcelos’ installation in her Garden of Eden of artificial flowers and reproduced sounds of crickets and grasshoppers. It is the anti-natural that evokes nature or the showing off of paradoxical, almost grotesque low-tech technologies, that induce the observer into a very singular spatial experimentation. The pulsating modularity of the sparkling light effects, in total absence of natural light, leads to déjà vu settings, which are almost clichés that have already been widely abused in virtual reproductions of forests and places transformed into simulacra. Sounds and lights are coupled in the intent of creating synesthetic effects but in a different way they produce the opposite effect. The mind separates the stimuli, it classifies them and

rearranges them attributing assonances to them with meanings that separately call to mind the primordial sensations of the original garden, Eden, that becomes re-compacted only with closed eyes in the popular imagination. Also kitsch becomes an evocative instrument, although in this case, by subtraction. High-tech! Pixelization has become an icon of our technological era. Mikhael Subotzky’s machine, in his Pixel Interface II, installed at the Corderie, is extraordinary. An image is projected on the wall of a multi-coloured dna of a colour image extrapolated by using a sophisticated microscope-enlargement system. Like a needle, with surgical precision, the head of the optical reader slowly wanders on the surface, examining the nature of the single chromatic point. The result is a two-dimensional work, on the wall, that changes in a slow rhythm of alternating colours of the spectrum through the reconstruction of an active LCD matrix. The work of Kutlug Ataman,

also at the Corderie, is equally interesting, it consists of an iconographic reconstruction of thousands of faces, commissioned by the family Sabanci. The effect is powerful and at the same time measured and delicate. It seems like an infinite number of faces which follow one after the other in the small monitors modifying, in a slow and inexorable regimen of continuity, a gigantic map of visual identities, without scrutinizing private zones but acting as a catalyser of single destinies, which probably never crossed one another. Just like a gigantic precious fabric hanging and fluctuating in space, Ataman’s textile pulsates above the human consciences making each individual aware of what is ephemeral.

Jurassic! What is the reason for presenting the skeleton of a macrocephalus of the Mediterranean in the Albanian pavilion? It is the question that the curator of the pavilion, Marco Scotini provocatively asks in an interview where he outlines the artistic


Hightech! La pixellizzazione è diventata un’icona della nostra era tecnologica. Straordinaria la macchina di Mikhael Subotzky nel suo Pixel Interface II, installata presso le Corderie. Ecco apparire in proiezione a parete il dna policromo di un’immagine a colori estrapolato attraverso un sofisticato sistema di ingrandimento microscopico. Come un ago, con precisione chirurgica, la testa del lettore ottico vaga lentamente sulla superficie per indagare la natura stessa del singolo punto cromatico. Ne risulta un’opera bidimensionale, a parete, che muta in un lento ritmo di alternanza dei colori dello spettro attraverso la rievocazione di una matrice attiva LCD. Non meno interessante risulta l’opera di Kutlug Ataman, sempre alle Corderie, nella ricostruzione iconografica di migliaia di volti commissionata dalla famiglia Sabanci.

L’effetto è potente e allo stesso tempo misurato e delicato. Sembrano infiniti i volti che si susseguono nei piccoli monitor modificando, in un lento ed inesorabile regime di continuità, una gigantesca mappa di identità visive che non scruta nel privato ma agisce come catalizzatore di singoli destini, probabilmente mai incrociati. Alla pari di un gigantesco tessuto pregiato sospeso e fluttuante nello spazio, la tessitura di Ataman pulsa sopra le coscienze umane e riconduce il singolo alla consapevolezza dell’effimero. Giurassico! Qual è la ragione di presentare lo scheletro di un macrocefalo del Meditteraneo nel padiglione dell’Albania? E’ la domanda che pone provocatoriamente il curatore del padiglione, Marco Scotini, in un’intervista in cui delinea il percorso artistico di

Armando Lulaj nel suo scandagliare la storia politica del suo paese. I 71 volumi che indagano la vita di Enver Halil Hoxha, costoditi nel centro di studi e ricerche su Marx e Lenin del comitato centrale del partito laburista albanese, sono rappresentati dalle 71 vertebre dell’ossatura allestita con effetto drammatico e teatrale, solo apparentemente come reperto etnografico. Il significato simbolico voluto dal curatore non può scindersi dall’altrettanto efficace messaggio pregno di solenne arcaicità: quale origine e quale destino sono riservati alla natura tramandata nei secoli? L’architettura della specie animale ricorda l’essenza della funzione vitale che si è perpetrata nel lungo viaggio fisico dalla preistoria ad oggi. Questa consapevolezza ci colma di ammirazione e fierezza e allo stesso tempo di meravigliosa inquietudine pensando a “tutti i Futuri del Mondo”.

Michael Subotzky, Pixel Interface II, Corderie, Venezia

Macrocefalo Mediterraneao, Padiglione Albania, Giardini, Venezia

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history of Armando Lulaj, who examines the political history of his country. The 71 volumes which study the life of Enver Halil Hoxha, which are kept at the Marx and Lenin studies and research Centre of the central committee of the Albanian labour party, are represented by the 71 vertebrae of the skeleton, which has been exhibited with a dramatic theatrical effect, only apparently as an ethnographic find. The symbolic significance desired by the curator cannot be separated from the equally effective message filled with solemn archaic significance: which origin and what destiny are reserved for nature that has been handed down over the centuries? The architecture of the animal species reminds us of the essence of the vital function which has been perpetrated in the long physical journey from prehistoric times up to today. This awareness fills us with admiration and pride, and at the same time with wonderful apprehension when we think of “all the World’s Futures”

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L’ITALIA DEL MONDO

La casa di Augusto e la casa di Livia nel complesso Augusteo al Palatino A Roma dopo duemila anni riprendono vita con la luce le antiche stanze della dimora imperiale di Carolina De Camillis, Riccardo Fibbi

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L’ITALIA DEL MONDO LA CASA DI AUGUSTO E LA CASA DI LIVIA

l Palatino, legato alla leggendaria fondazione di Roma da parte di Romolo, negli ultimi due secoli dell’età repubblicana era soprattutto considerato il quartiere aristocratico di Roma, prima di divenire, in età imperiale, da Augusto in poi, zona privata dell’imperatore. Quando il giovane Ottaviano fu adottato da Cesare e assunse un ruolo pubblico, acquisì nel 42 a.C. la casa dell’oratore Ortensio. Questa formò il primo nucleo di un sistema di costruzioni volto alla colta e raffinata predicazione ideologica del suo potere e della sua immagine. La Casa di Augusto e la Casa di Livia, sua terza amatissima moglie, sono porzioni del complesso di edifici imperiali la cui riapertura è stata un evento memorabile nell’ambito delle celebrazioni per il bimillenario della morte di Augusto avvenuta nel 14 a.C. Le decorazioni dei due edifici rappresentano un raffinato e ben conservato esempio di arte figurativa romana della fine dell’epoca repubblicana, connotate da motivi floreali, architetture fantastiche e scenografie teatrali, sottolineate dai colori tenui e brillanti, che si espandono negli ambienti. Il complesso augusteo è sempre stato di difficile comprensione, per l’articolata stratificazione dei resti archeologici delle diverse fasi costruttive e per il dibattito ancora in corso sull’interpretazione degli spazi e delle loro trasformazioni.

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THE HOUSE OF AUGUSTUS AND THE HOUSE OF LIVIA IN THE AUGUSTAN COMPOUND AT PALATINE HILL 2000 years after, the ancient rooms of the imperial residence come back to life with new light The Palatine Hill is connected to Romulus’s legendary foundation of Rome and it was mostly considered Rome’s aristocratic neighbourhood, before turning into the Emperor’s private area from Augustus onwards. When the young Octavianus was adopted by Julius Caesar, thus becoming a public figure, he

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La Casa di Augusto: la luce come strumento di reintegrazione dell’immagine Il progetto di illuminazione è iniziato alla fine del 2012 e si è concluso con la realizzazione nell’estate del 2014, in continuo dialogo con la progettista della Soprintendenza, l’architetto Barbara Nazzaro. L’intervento di restauro ha anzitutto previsto la realizzazione di una nuova copertura per proteggere l’area archeologica e per restituire il senso degli spazi confinati della casa. Come spiega Barbara Nazzaro, "l’interro, l’asportazione dei blocchi di tufo che costituivano le strutture verticali e il crollo generalizzato delle volte sconsigliavano il ripristino dei volumi originari, oggetto di dibattito scientifico; nel progetto di copertura si è utilizzata come riferimento una quota relativa al momento in cui fu intrapresa la attività di scavo negli anni ‘60. La linea ispiratrice del progetto è la suggestione: all’estradosso la struttura di copertura si presenta in parte con uno strato di vegetazione, dal quale emergono alcune strutture, e in parte in terra proprio come appariva all’inizio della fase di scavo. Al contempo l’intervento si pone l’obiettivo di una maggiore integrazione con il contesto paesaggistico e le visuali dai colli Aventino e Gianicolo. La struttura di copertura ha coniugato l’uso di elementi portanti in acciaio con l’utilizzo di

chose orator Hortensius’s former house, in the year 42 B.C. This was to be the first nucleus of a system of buildings, that he destined to represent the elevated and refined image of his power. The House of Augustus and the House of Livia, his beloved third wife, are part of the imperial compound whose re-opening was a memorable event, in celebration of the second millennium of Augustus’s death in 14 A.D. The decorations of the Houses are an exquisite example of well-preserved, figurative Roman art, composed of vivid colours, charming floral themes, illusive architectural perspectives and theatrical scenic designs,

which stunningly burst through the space. The Augustan compound shows a complex overlapping of archeological layers belonging to the different building epochs and scholars still debate on the interpretation of the whole area and its transformation. The House of Augustus: light as a tool for visual reconstruction Our lighting project started late in 2012 and was completed in the summer of 2014 in close cooperation with Barbara Nazzaro from the Superintendence, authors of the restoration project. A new roofing to protect the archeological site was designed to reproduce

the effect of the feeling of the architectural space within the house. As Barbara Nazzaro explains, "the burial and the removal of tuff blocks that made up the vertical structures and the widespread collapse of the vaults advised against restoring the original volume, which was the main subject of the scientific debate; for the new roof we referred to the ground level dating back to the archeological excavations of the ‘60s. The idea behind the project is that of reproducing on the roof the previous ground level with a number of walls rising from the vegetation. This allows a greater integration of the site into the landscape seen from the


Aventine and Gianicolo Hills. The large roofing frame is made of both steel and fibreglass pultruded profiles (FRP - a compound of organic resins filled with synthetic fibres), featured by low weight , mechanical strength and easy mounting. All structures are actually hidden by a false ceiling made of dark PVC film. The wall panels are in Cor-ten (weathering steel), which are well integrated with the archeological remains. The fading eyelet-textured panels evoke the suggestion of the vibration of the ancient wall”.

Beside the more traditional security purposes of the visit, the lighting project had the following main goals: 1) To revive, through artificial lighting, the original balance between light and shadows in the different rooms. We observed that in patrician Roman houses sunlight penetrated obliquely in the internal rooms, shielded by the peristilio. This peculiar light penetration created a shadow gradation that varied with the distance from the porch. 2) To create a visual hierarchy through light distribution and variation of chromatic perception, between the rooms of the

private home (domus privata) and those of the public house (domus publica); in this way we would be able to achieve a more intimate sensation in the former and a more majestic brightness in the latter. 3) To use the chromatic variation and the lighting level regulation of artificial light not for a scenographic purpose, but with the aim of fully integrating the restoration project by facilitating its interpretation and contributing to the visual reconstruction of the monument. The lighting systems, all with Led sources, are mainly integrated into the stretched ceiling of the new roof. A series of grooves

Casa di Augusto, vista dell’esterno, Foto © C. De Camillis House of Augustus, external view, Photo © C. De Camillis

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Casa di Augusto, schema preliminare: l’originaria penetrazione della luce naturale, © studio De Camillis-Fibbi House of Augustus, preliminary lighting concept: the original sunlight penetration, © studio De Camillis-Fibbi

profili in pultruso (resine organiche rinforzate con fibre sintetiche), connotati da leggerezza, resistenza meccanica e facilità di montaggio, poi obliterati da teli in PVC di colore scuro. L’acciaio Corten ha infine consentito un’integrazione con le strutture archeologiche anche grazie all’uso di pannelli con microforature calibrate in dissolvenza che richiamano la suggestione della vibrazione delle murature antiche. Il progetto della luce si è basato sui seguenti obiettivi, oltre a quelli più tradizionali di permettere la fruizione museale in sicurezza e la valorizzazione:

L’ITALIA DEL MONDO LA CASA DI AUGUSTO E LA CASA DI LIVIA

1) Rievocare con la luce artificiale i rapporti chiaroscurali tipici degli ambienti pubblici e privati della casa romana, attuati mediante la differenziazione della provenienza della luce e della sua intensità. Infatti nella casa romana la penetrazione della luce naturale negli spazi interni veniva mediata dalla presenza del peristilio che creava una schermatura nei confronti dei raggi solari più verticali e determinava una diversa luminosità degli ambienti stessi in base alla loro profondità e alla distanza dal peristilio stesso.

accommodate groups of special spots with various optical beams and different colour temperatures. The luminaires, track-mounted with modified adaptors, all have remote DMX drivers and are controlled via a touch panel. Each pair of spots has the same aim thus producing a single lighting beam whose total spectrum can be adjusted according to the flux dimming of each single luminaire and its colour temperature. By regulating the level of each spot the lighting helps to narrate the different rooms, each with subtle variations of luminance and colour temperature, in order to suggest the firelight in the private rooms and the

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2) Creare un gerarchia percettiva, differenziando la modalità di distribuzione della luce e la sua gamma cromatica negli ambienti della domus privata rispetto agli ambienti della domus publica, contribuendo a suggerire sensazioni più intimistiche per gli spazi privati, diversamente da quelli destinati alla rappresentanza. 3) Utilizzare la variazione cromatica e la variazione dei livelli di illuminamento della luce artificiale non per fini meramente scenografici, ma con l’obiettivo di partecipare pienamente all’intervento di restauro, rendendolo di più facile lettura e contribuendo alla reintegrazione dell’immagine del monumento. I sistemi di illuminazione, tutti con sorgenti Led, sono posizionati tra l’intradosso della copertura e il controsoffitto di telo termoteso in PVC. Alcune asole rettangolari accolgono i gruppi di proiettori in esecuzione speciale, con vari fasci ottici e diverse temperature di colore. Gli apparecchi sono muniti di adattatore per binario elettrificato con driver remoti DMX, regolati tramite software con un pannello di controllo. I proiettori lavorano a coppie con

cool daylight that penetrated into the rooms of imperial power. Since the preliminary project we planned to use luminaires whose lighting levels and colour temperature could be regulated: we needed lower levels with Tc between 2700K and 3000K in the private rooms without direct sunlight, while higher levels with Tc between 4000K and 5500K were necessary to suggest daylight coming from the porch with slanting beams having every possible intermediate combination according to the different areas. The two famous frescoed rooms (Room of the Pines, Room of the Masks) in the private house are flood-lit by power Led linear

lo stesso puntamento, consentendo di ottenere un unico fascio luminoso la cui componente spettrale totale varia in funzione della regolazione del flusso di ogni singolo proiettore e della sua Tc. Attraverso la regolazione del livello di ogni proiettore la luce aiuta a raccontare le varie stanze, ognuna con sottili differenze di luminanza e temperatura di colore, per suggerire il chiarore delle lucerne nelle stanze private e l’emulazione della più fredda e intensa luce diurna che penetrava nelle stanze del potere imperiale. Sin dal progetto preliminare è stata prevista la possibilità di regolare l’intensità luminosa e la temperatura di colore degli apparecchi: era necessario poter tarare tali grandezze su livelli più bassi con Tc tra 2700K e 3000K per le stanze della casa privata, luogo racchiuso con scarsa penetrazione della luce solare, fino a raggiungere livelli più alti con Tc da 4000K fino a 5500K per i fasci obliqui che dovevano emulare la provenienza della luce diurna dal peristilio, attraverso una molteplicità di combinazioni intermedie in funzione delle diverse zone. Le due famose stanze affrescate (cubicula) della casa privata, la Stanza dei festoni di pino e la Stanza delle maschere, sono state trattate come am-

modules with asymmetric optics, housed along a suspended frame of the stretched ceiling. The frames hang in the middle of each room, far from the painted walls, so as not to interfere with the observation of the frescoes. A recessed low glare downlight was fitted in the centre of the frame to flood the floor mosaics. The rooms of the House of Livia Our project included the replacement of the lighting system in the rooms of the nearby House of Livia, which can still be entered through its original access thanks to a corridor with a sloping mosaic floor. From there

the visitor enters the ancient court (atrium) that today is roofed, where the main rooms (tablinum, the side rooms and triclinium), all splendidly painted, open onto. Here, likewise, both natural and artificial lighting recall the sunlight that once penetrated the court. Here we reproduced the sensation of the transition from full daylight to the shadier perimetral area under the lost roofing. In the frescoed rooms we planned ad hoc suspended metal framework incorporating a series of low glare recessed adjustable downlighters flooding the frescoes, so as to obtain an excellent, glare-free perception of the details of the paintings.


Casa di Augusto, Sala delle Prospettive, Foto © R.Fibbi

House of Augustus, view of the inside passageway, Photo © R.Fibbi

House of Augustus, Room of the Perspective Paintings, Photo © R.Fibbi

Casa di Augusto, ala sinistra, Foto © C.De Camillis House of Augustus, Ala on the left side, Photo © C.De Camillis

L’ITALIA DEL MONDO IL CENACOLO VINCIANO

Casa di Augusto, vista dell’interno, Foto © R.Fibbi

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bienti musealizzati e illuminate con sistemi lineari con Led di potenza e ottiche asimmetriche, posizionati perimetralmente sul telaio di supporto del telo termoteso, sospeso e scostato dalle pareti in modo da non interferire con la lettura degli affreschi. Al centro del telaio sospeso è stato inserito un apparecchio da incasso a bassa luminanza, per evidenziare i mosaici pavimentali. Gli ambienti della Casa di Livia L’intervento ha compreso anche il rifacimento dell’illuminazione di alcuni ambienti della adiacente Casa di Livia, che conserva ancora l’ingresso originale attraverso un corridoio con pavimento in mosaico su un piano inclinato, dal quale si accede all’antico cortile (atrium), oggi coperto, su cui si affacciano il tablino e le due ali, oltre al triclinio, tutti decorati con splendide pitture. Anche qui la luce rievoca la penetrazione originaria dei raggi solari: nel cortile è stata ricreata la sensazione di passare dalla luce solare piena della zona originariamente scoperta all’attenuazione luminosa che si doveva percepire della zona coperta dalla perduta tettoia. Negli ambienti affrescati sono state inserite delle strutture appositamente disegnate, sospese alle volte, che incorporano una serie di incassi con sorgenti Led a bassa luminanza, orientati verso gli affreschi, in modo da ottenere una eccellente percezione delle meravigliose pareti dipinte con festoni di frutta, scene di paesaggio e mitologiche, senza abbagliamento.

Casa di Livia, il Vestibulum, Foto © R.Fibbi

L’ITALIA DEL MONDO LA CASA DI AUGUSTO E LA CASA DI LIVIA

House of Livia, view of the Vestibulum, Photo © R.Fibbi

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Casa di Livia, vista dall’Atrium del Tablinum tra le due Alae, Foto © Alessandra Visentin House of Livia, view from the Atrium to the Tablinum and Alae, Photo © Alessandra Visentin

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ARNALDO POMODORO A PISA In luoghi straordinari carichi di storia, le sue opere dialogano con le sculture medievali dei maestri pisani di Silvano Oldani Foto Mauro Fanfani

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ella cornice di Piazza del Duomo a Pisa, l’Opera Primaziale Pisana presenta la nuova mostra evento dedicata ad Arnaldo Pomodoro, artista tra i più importanti del panorama contemporaneo internazionale, che coinvolge più luoghi: il Palazzo dell’Opera, il Museo delle Sinopie e lo spazio esterno di Piazza dei Miracoli. La mostra, ideata e curata da Alberto Bartalini, si avvale di un comitato scientifico composto da Antonio Paolucci, Gillo Dorfles e Ilario Luperini. Oltre cento opere, tra sculture, progetti, disegni e documenti raccontano l’intera vicenda artistica del grande Maestro, che ha detto: “La massima aspirazione per uno scultore è ambientare le proprie opere in un confronto con il tessuto urbano e con il paesaggio. Sono perciò felice che alcune tra le mie opere più importanti si trovino a dialogare con questi straordinari luoghi carichi di storia”. Un confronto diretto tra la storia e la memoria, inscenato attraverso il dialogo tra le opere di Arnaldo Pomodoro e alcuni gessi di Nicola e Giovanni Pisano, tra i più autorevoli protagonisti della scultura medievale pisana.

L’ITALIA DEL MONDO A. POMODORO A PISA

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Il percorso espositivo parte dal Palazzo dell’Opera, dove è esposta una selezione di lavori tra i più significativi di Pomodoro dagli anni Cinquanta ad oggi, oltre ad alcuni tra i più importanti studi di opere architetturali, come il mai realizzato Progetto per il nuovo cimitero di Urbino, del 1973. Dai primi rilievi degli anni Cinquanta in argento, piombo e cemento, alle serie degli Orizzonti, delle Tavole e delle Colonne del viaggiatore. Il Museo delle Sinopie ospita le Sfere, le Colonne, i Cubi, oltre alla serie dei Grandi disegni del 1971, studi per il gruppo del Movimento di crollo, che accolgono il visitatore all’entrata nel museo. All’esterno, in Piazza del Duomo, sorprende per la sua maestosa imponenza una delle opere monumentali realizzate dallo scultore, scelta in questa occasione per dialogare con i marmi pisani: la scultura Giroscopio. Dal passato al futuro e viceversa, la

ARNALDO POMODORO IN PISA

L’ITALIA DEL MONDO A. POMODORO A PISA

In extraordinary locations, filled with history, his works interact with the sculptures of medieval Pisan masters In the Piazza del Duomo in Pisa, the Opera Primaziale Pisana presents the new event exhibition dedicated to Arnaldo Pomodoro, one of the most important artists of the international contemporary art scene. Several locations are involved: the Opera House, the Museo delle Sinopie and the outer space of Piazza dei Miracoli. The exhibition, conceived and curated by Alberto Bartalini, avails itself of a scientific committee composed of Antonio Paolucci, Gillo Dorfles and Ilario Luperini. More than one hundred works - including sculptures, projects, drawings and documents - recount the whole artistic career of the great master, who said: "The ultimate goal for a sculptor is to place his own works in a confrontation with the urban fabric

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mostra diffusa espone in diversi luoghi opere nate dalla rielaborazione suggestiva di esperienze reali e immaginarie. In quelle monumentali si possono osservare vestigia di antiche civiltà, suggerite da viaggi in siti archeologici, o rimandi a megalopoli come Tokyo, New York e altre città. Incisi sulla materia, segni brulicanti compongono un alfabeto arcano, indecifrabile, con una precisione da orafo o artigiano medioevale. Per questo affascinante contesto in cui la scultura assume in sé una valenza drammaturgica suggestiva, l’azienda Targetti ha realizzato un sistema di illuminazione customizzato, progettato in stretta collaborazione con il curatore della mostra e architetto Alberto Bartalini, che vede un particolare profilo di dimensioni ridottissime, che si integra nelle contro-pareti e che corre lungo tutto il perimetro delle sale. Qui è possibile agganciare, in

and the landscape. I'm, therefore, happy that some of my most important works are here in dialogue with these remarkable places full of history". A direct comparison between history and memory, staged through the dialogue between Arnaldo Pomodoro's works and some plasters by Nicola and Giovanni Pisano, among the most influential protagonists of the Pisan medieval sculpture. The exhibition starts from the Opera House, where a selection of some the most significant Pomodoro's works – from the fifties to the present, as well as some of the most important studies of architectural works, as the never built Progetto per il nuovo cimitero di Urbino, 1973 – is displayed. Since the earliest reliefs of the fifties – in silver, lead and concrete –, to the Orizzonti, Tavole, and Colonne del Viaggiatore series. The Museo delle Sinopie houses the Sfere, the Colonne, the Cubi, and the series of the Grandi Disegni of 1971, studies for the Movimento di Crollo sculptural group. In

qualsiasi punto, i proiettori, in modo da garantire il minimo impatto visivo e la massima flessibilità, secondo le esigenze di luce indicate dall’artista. Pomodoro aveva chiesto un’illuminazione drammatica, morbida ed elegante, in grado di esaltare la materia enfatizzandone caratteristiche e plasticità. Ogni proiettore, rigorosamente a Led ad alta resa cromatica, è stato equipaggiato da ottiche differenziate e accessori, al fine di calibrare sulle opere la luce più idonea, assecondandone la forma, il materiale o la complessità interna che le caratterizzano. Il risultato è una mostra intensa, dove le opere si confrontano con lo spazio con forza ed energia. E in questo complice dialogo emozionale tra sculture, luce, spazio, narrazione plastica di architetture, rilievi, volumi e prospettive “invisibili”, dagli intenti evocativi, prende forma la memoria, identità e storia del luogo.

Piazza del Duomo, in this very occasion in dialogue with Pisan marble sculptures, one of Pomodoro's monumental works, the Giroscopio, surprises with its grandiosity. From the past to the present, and vice versa, the scattered exhibition displays in several locations works that are were born by the evocative re-elaboration of real and imaginary experiences. In the monumental sculptures one can see traces of ancient civilizations, suggested by travels in archaeological sites, or references to megalopolis like Tokyo, New York and other cities. Engraved in the matter, swarming signs assemble a mysterious alphabet, incomprehensible, with the precision of a medieval goldsmith or craftsman. For this charming context, in which the sculpture takes on a fascinating dramatic value in itself, the Targetti company created a customized lighting system, designed in close collaboration with the exhibition curator and architect Alberto Bartalini. A particularly small profile is integrated in

the counter-walls and runs along the entire perimeter of the halls. It is here possible to hitch, at any point, the projectors, so as to ensure a minimal visual impact and a maximum flexibility, according to the needs of lighting indicated by the artist. Pomodoro asked for a dramatic, soft, and elegant lighting, capable of enhancing the matter, emphasizing its characteristics and plasticity. Each projector, strictly equipped with high colour rendering LEDs, has been equipped with differentiated optics and accessories, in order to calibrate the most appropriate light on works, complying with the form, the material or the internal complexity that characterize them. The result is an intense exhibition, where the artworks confront themselves with the surrounding space with strength and energy. And in this complicit emotional dialogue between sculpture, light, space, narrative plastic architecture, reliefs, volumes and "invisible" perspectives, the memory, identity and history of the place take shape.


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corrispondenza da berlino a cura di Silvia Eleonora Longo

La luce linguaggio universale e contenitore di memorie

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La 10a edizione del Festival of Lights berlinese nell’anno internazionale della luce e nel 25° anniversario della Deutsche Einheit

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elles Deutschland / Dunkles Deutschland? Germania luminosa od oscura? Con questa doppia copertina lo speciale n. 36/2015 del settimanale Der Spiegel, dopo l'ennesimo incendio a un centro di accoglienza per rifugiati da parte di estremisti di destra, aveva evidenziato come la Germania si trovasse davanti ad un netto bivio culturale. Nel 2015 - anno internazionale della luce e 25° dalla riunificazione - la nazione tedesca è divisa tra un fronte oscurantista, tentato dal rialzare muri e chiudere frontiere, ed un altro che punta il faro della memoria su un'identità di accoglienza, per una Berlino dal dopo muro capitale della tolleranza. A tale secondo fronte si presta la metafora dell'illuminazione con la quale si sono aperte lo scorso anno le celebrazioni del 25° anniversario del crollo del Berliner Mauer. Per l'occasione il tracciato è stato ricreato da 8mila lampade a stelo, ciascuna sormontata da un pallone d'elio: un muro di luce dissolto poi verso l'alto, liberando le sfere bianche in spettacolare sequenza la sera del 9 novembre 2014. A conclusione di un anno dedicato alla ritrovata unità dalle tormentate intermittenze della Storia, si è infine accesa la 10a edizione del Festival of Lights berlinese. Brigitte Zander, organizzatrice fin dalla prima edizione, ci racconta come, alle tradizionali installazioni luminose sui grandi monumenti cittadini, ha affiancato per la prima volta un concorso:

“Quest'anno l'installazione principale è stata la proiezione sulla Porta di Brandeburgo delle opere degli artisti selezionati. Video-mapper 3D da tutto il mondo hanno inviato contributi al tema “New Dimensions”: sei i finalisti da altrettante nazioni. Il vincitore è stato MP-Studio, dalla Bulgaria, col numero più alto di voti dal pubblico”. City Vision, prima edizione del festival dedicato a luce e scienza, ha trasformato invece Jena in un laboratorio urbano sulle città invisibili e visibili. Florian Licht, che da decenni lavora con le media facade, ha illuminato la JenTower: “L'installazione è ispirata all'attività di un faro portuale però interrotta da impulsi in sequenza casuale. L'intento principale è mettere chi osserva in una condizione mista di attesa e aspettativa. Il faro è uno dei più antichi segnali e metodi di comunicazione del genere umano, mentre la media facade è uno dei più recenti: ho voluto mettere insieme questi due sistemi”. Ad indicare il cammino alla Repubblica Federale Tedesca, nonché alle masse sulle frontiere con l'Est Europa, non c'è soltanto il faro di LED alla JenTower (149 metri di altezza, l'edificio più alto dei cosiddetti Nuovi Länder), ma anche i grandi temi della sostenibilità e riduzione dell'impatto umano sull'ambiente. L'artista brasiliano Ricardo O'Nascimiento ha presentato a Jena Save-O-Meter, in grado di trasformare uno stile di vita rispettoso dell'ambiente in effetti luminosi: “Abbiamo crea-

LIGHT AS UNIVERSAL LANGUAGE AND MEMORY STORAGE The 10th edition of the Berliner Festival of Lights in the international year of light and the 25th anniversary of the Deutsche Einheit With the double cover special issue #36/2015 Helles Deutschland / Dunkles Deutschland? – Bright or dark Germany? – the weekly magazine Der Spiegel had highlighted, after the umpteenth arson of a refugees housing by right-wing extremists, how clearly Germany ended up at a cultural crossroads. In 2015 – international year of light and 25th anniversary of the German reunion – this nation is divided: one obscurantist front, sorely tempted to raise new walls and close borders, in face of an opposite beacon, that sheds light on a welcoming tradition as social identity, ensuring present-day Berlin the title of Capital of Tolerance. The metaphor of lighting, which lends itself perfectly to this second group of people, opened the past 25th anniversary celebration of the fall of the Berliner Mauer. On the occasion the former border was recreated by 8 thousand floor lamps, each topped by lit helium balloons: a light wall dispelled then upwards, releasing these white spheres in turn on the evening of November 9 2014. In conclusion of an entire year dedicated to the German return to unity after such rough intermittences

New Dimensions, Brandenburger Tor, Festival of Lights Berlin, photo credit Morten Carlsson

CORRISPONDENZA DA BERLINO

Berliner Dom, Festival of Lights Berlin, photo credit Frank Hermann

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House of Cards, Potsdamer Platz, Festival of Lights Berlin, photo credit Silvia Eleonora Longo

Wearable Facade, Ricardo O'Nascimiento, Jena City Vision, photo credit Mathias Moxter

CORRISPONDENZA DA BERLINO

P5, Potsdamer Platz, Festival of Lights Berlin, photo credit Silvia Eleonora Longo

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Angels of Freedom, Marlene Dietrich Platz,, Festival of Lights Berlin, photo credit Silvia Eleonora Longo


of history, has been finally lighted up the 10th edition of the Berliner Festival of Lights. Brigitte Zander, first organiser still in charge, explains to us, how a contest has been introduced for the first time beside traditional light-installations on great city monuments: “The main installation this year was our first Festival of Lights Championship at the Brandenburg Gate. We invited 3D mapping artists from all over the world to send their ideas to our motto New Dimensions: we had six finalists from six different countries. The people's choice winner was MP-Studio from Bulgaria.” City Vision, the 1st festival dedicated to light and science, transformed the city of Jena instead into an urban workshop about invisible and visible cities. Florian Licht, media-facade artist for decades, lit up the JenTower: “The installation is supposed to act like a lighthouse in its best condition but interrupted by short impulses and randomly appearing effects. The main aim is to effect the observer in a condition of waiting and awaiting something. The lighthouse is one of mankind's oldest known signals and methods of communication, while media-facade is nowadays one of the youngest: I wanted to bring them both together.” To enlighten the Federal Republic of Germany's path, as well as the refugees' one at the Europe's east-west border, shine not only the lighthouse of Leds at JenTower (149 m – the tallest skyscraper in the Neue Länder) but also big themes like sustainability and low environmental human impact. The brazilian artist Ricardo O'Nascimento presented in Jena Save-OMeter, able to transform a green lifestyle into light effects: “We created an object, that makes people aware of their electricity, water consumptions and solid waste; a lamp that shows how much you save in terms of energy, water and waste, thanks to three different sensors, and an application, sending data to it. For instance there is a bin for solid waste with a sensor displaying the volume, then this information is sent to the lamp via wireless and a green indicator displays it: the more you are saving, the greener becomes the lamp. Thanks to the feature of storing memory or meaning “light speaks all languages and connects all people”, as Brigitte Zander reminds us.

Leuchtturm, Florian Licht, JenTower, Jena City Vision, photo credit Tino Zippel

CORRISPONDENZA DA BERLINO

to un oggetto in grado di consapevolizzare chi lo possiede sul proprio consumo di elettricità, acqua, e produzione di rifiuti solidi; una lampada che ne misura la riduzione attraverso tre sensori differenti e un'applicazione che le comunichi wireless i dati. Nel caso dei rifiuti solidi, il sensore collegato al cestino della spazzatura ne misura il volume prodotto e lo comunica alla lampada in termini di colore: meno rifiuti si producono, più la luce prodotta dalla lampada diventa verde intenso, tinta scelta per visualizzare questo indicatore”. La capacità della luce di contenere memoria o significato permette ad essa di “parlare tutte le lingue e unire tutte le persone”, come dice Brigitte Zander.

Juristische Fakultaet, Festival of Lights Berlin, photo credit Frank Herrmann

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corrispondenza da parigi a cura di Amaranta Pedrani

CORRISPONDENZA DA PARIGI

Nel suo atelier a Parigi l’incontro con Richard Peduzzi Grande scenografo, pittore e designer francese. È stato direttore dell'École nationale supérieure des Arts décoratifs di Parigi e dell'Accademia di Francia a Roma

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“Tristano e Isotta” di Richard Wagner, regia Patrice Chéreau, scene: Richard Peduzzi, luci: Bertrand Couderc. Stagione Teatro alla Scala 2007-2008, photo credit Brescia e Amisano © Teatro alla Scala


MEETING WITH RICHARD PEDUZZI IN HIS ATELIER IN PARIS Great French scenographer, painter and designer. He was the director of the École nationale supérieure des Arts décoratifs in Paris and of the French Academy in Rome The meeting in his atelier, before our conversation started, made me totally delve into the atmosphere that surrounds him every day. Carpet, colors, fabrics, enthusiastic coworkers, and many different materials scattered on several work planes. During its lifetime Richard Peduzzi, through relevant cooperation as the ones with Patrice Chéreau or with Luc Bondy, has applied himself to the transformation of plays' scripts into set designs or in painting gestures, as he likes to define them. Decorations of important projects such as the Wagner's Trilogy at the Bayreuth Festival in 1978/79, the Hamlet for the Avignon Festival in 1988, or The marriage of Figaro at the Salzburg Festival in 1995, stud his long career. Monsieur Peduzzi, what is for you the starting point of a new work or a new setting? There isn't a method that I rigorously apply. Everything starts from a vision, an atmosphere, from a dream that I translate into sketches in many steps. The atmospheres that you look for are a reminder of the same visions engraved in your memory of your childhood spent in Le Havre? Where the light struggled to filter through the harbor fog of the docks, or the stratifications of the post war ruins? The underground life guided my most important discoveries. Not only the discovery of the underground, but also and mainly the most visceral feelings from which my ideas are born and from which they emerge. This is the reason why my light mainly derives from a strange grey-white. I like to start from nothing, like nothing ever existed. Light is one of the main actress, she shows herself in a dance of light and dark colors. Like a discussion between the sun and the moon, between the day and the night that then realize my shapes and my colors. From a complex stratification, through simplification, you achieve minimalistic results on the stage. Do you proceed through subtraction? I am a researcher of shapes. I try to oppose positive and negative things to obtain the rhythm of a material, of an idea. When I write and when I draw I like to economize to the utmost to let light come out of darkness once in a while.

Monsieur Peduzzi, qual è per lei il punto di partenza per iniziare un nuovo lavoro, una nuova ambientazione? Non esiste un metodo che applico in maniera rigo-

rosa. Tutto nasce da una visione, da un’atmosfera, da un sogno che a più riprese traduco attraverso schizzi e bozzetti. Le atmosfere che lei cerca rimandano alle stesse visioni impresse nella sua memoria infantile passata a Le Havre? Dove la luce faticava a filtrare attraverso le nebbie portuali dei docks, o le stratificazioni delle rovine post belliche? La vita sottoterrena ha guidato le mie scoperte più importanti. Non solo la scoperta del sottosuolo, ma anche e soprattutto i sentimenti più viscerali da dove nascono le mie idee e da dove poi emergono. Per questo la mia luce nasce principalmente da uno strano grigio-bianco. Mi piace partire dal nulla, come se nulla fosse esistito. La luce è una delle attrici principali, si manifesta in una danza di chiari e di scuri. Come in una discussione tra il sole e la luna, tra il giorno e la notte che realizzano poi le mie forme e i miei colori.

Your use of light seems to me to be more some kind of will to play with shadows. Do you look for a faint light? I need to let both things play with each other. Like when I redesigned the exhibition and the reading halls of the Opéra's library in 1992, or as in the currently under development projects (Shakespeare's Othello directed by Luc Bondy at the Odéon theatre in Paris in 2016; the Chaumet's stand for the 2016 Antique Dealers' Biennial at the Grand Palais in Paris and the Retrospective of the Chaumet Collection in Beijing in 2017), where very lively peaks of light and life, but also tragic sides are present. I really like to work on projects outside the theatre's and opera's world. It allows me to try other intuitive systems that I can use again in a following occasion. A year ago “Là-bas, c’est dehors” was published, by Actes Sud, a book that is more than a simple biography, it is your collection of thoughts, which digs and tells your most intimate unconscious and the work experiences, like the direction of Villa Medici be-

CORRISPONDENZA DA PARIGI

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'incontro nel suo atelier, prima che la nostra conversazione avesse inizio, mi ha immerso totalmente nell'atmosfera che quotidianamente lo circonda. Maquette, colori, tessuti, collaboratori entusiasti, e tanti materiali diversi sparsi su differenti piani di lavoro. Da un’intera vita Richard Peduzzi, attraverso collaborazioni importanti come quella con Patrice Chéreau o Luc Bondy, si applica alla trasformazione di testi d'opera teatrale in scenografie o in gesti pittorici, come lui ama definirli. Decori di progetti importanti come la Trilogia di Wagner al Festival di Bayreuth nel1978/79, l’Amleto per il Festival di Avignone nel 1988, o Le nozze di Figaro al Festival di Salisburgo nel 1995, costellano la sua lunga carriera.

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Da una stratificazione complessa, attraverso la semplificazione, lei arriva a dei risultati minimalisti in scena. Procede per sottrazione? Sono un ricercatore di forme. Cerco di opporre il positivo e il negativo per avere la cadenza di una materia, di un’idea. Quando scrivo e quando disegno mi piace economizzare al massimo per far uscire ogni tanto dal buio dei pezzi di luce. L’uso che lei fa della luce mi appare più una volontà di giocare con le ombre. Cerca una luce evanescente? Ho bisogno di far giocare entrambe le cose. Come quando ho ridisegnato la sala delle esposizioni e la sala di lettura della biblioteca dell’Opéra nel 1992, o come negli ultimi progetti in fase di sviluppo (L’Otello di Shakespeare per la regia di Luc Bondy al teatro dell’Odéon a Parigi nel 2016; la Biennale degli Antiquari al Grand Palais per lo stand di Chaumet di Parigi 2016 e la Retrospettiva della Collezione Chaumet a Pechino nel 2017), dove sono presenti punte molto vivaci di luce, di vita, ma anche delle sfaccettature più tragiche. Mi piace molto lavorare su dei progetti al di fuori del mondo del teatro, dell’opera. Questo mi permette di mettere in gioco altri sistemi intuitivi che poi posso riutilizzare. Un anno fa è uscito “Là-bas, c’est dehors”, edizioni Actes Sud, un libro che è molto di più di una semplice biografia, è una sua raccolta di pensieri, che scava e racconta il suo più intimo immaginario e le esperienze di vita lavorative, come la direzione di Villa Medici dal 2002 al 2008 a Roma. Cosa le è restato di quell’esperienza? Roma, la città più verticale che conosco. La sua millenaria stratificazione ha infinite storie che si nascondono nelle facciate dei palazzi, nei muri, in qualsiasi spazio della città. I giochi d’ombra e di luce che inondano i muri creano quello charme che da secoli rende incommensurabile la sua bellezza, e Villa Medici ne fa totalmente parte. Durante le

mie passeggiate mi svelava tracce umane, occhi, orecchie, nasi, e villa Medici né è piena. Tutti questi particolari riuscivano a emergere solo nell’osservazione silenziosa. Con quale light designer si è trovato particolarmente bene a lavorare? Bertrand Couderc. Con lui ho appena realizzato all’Odéon “Ivanov” di Luc Bondy. È interessante come si crei il lavoro di squadra, come partendo dall’analisi del senso del testo, alla regia, si debba passare anche attraverso altre visioni. Per lei il lavoro di squadra è fondamentale? Assolutamente, e le giovani generazioni di oggi amano apprendere, comprendere, ed essere pluridisciplinari. Crede sia ancora possibile crescere come autodidatta o ritiene che le scuole di design, di scenografia, di light designer siano fondamentali per un futuro lavorativo oggi? Ci saranno sempre degli autodidatti, ma sarà sempre più difficile la loro riuscita, il loro posizionamento nella vita. Nelle scuole tutto è in mano alle menti dei professori. Fortunatamente i giovani di oggi hanno uno spirito totalmente aperto e in grado di interagire in maniera autonoma verso l’esterno. Quale desiderio, quale luogo, quale messa in scena vorrebbe aggiungere alla sua carriera pensando a dei progetti futuri? Non c’è un’idea precisa, ma tutto il nuovo è eccitante per me. Come sta accadendo ora, per esempio, con il Grand Palais, o l’allestimento per Pechino. Trovo magnifico confrontarmi con qualcosa che per me sia ancora sconosciuto. Mi piacerebbe fare dell’architettura vera, come feci per le cantine Rothschild, perché fino ad ora la prevalenza l’ho data all’architettura effimera, e sarebbe un gran risultato arrivare a legare una cosa all’altra, creare un grande insieme.

tween 2002 and 2008 in Rome. What made an impression during that experience? Rome, the most vertical city I know. Its thousand year-old stratification has unlimited stories which hide in the buildings' facades, in the walls, in every space of the city. The light and dark plays that flood the walls determine that charme which for centuries has made immeasurable its beauty, and Villa Medici is a part of it. During my walks it showed me human traces, eyes, ears, noses and villa Medici is full of them. All these details emerged only during a quiet observation. With whom light designer you find particularly easy to work with? Bertrand Couderc. With him I just realized the “Ivanov” by Luc Bondy at the Odéon. It is interesting how team work originates, how starting from the analysis of the text's meaning, to the direction, it is necessary to go through other visions. In your opinion is team work fundamental? Absolutely, and today new generations love to learn, understand and be multidisciplinary. Do you believe that it is still possible to grow up as a self-taught person or do you think that design, set and light design schools are fundamental nowadays to work? There will always be self-taught people, but it will get more and more difficult for them to be successful, to find their place in life. In schools everything depends on professors' minds. Luckily nowadays young people have a completely open spirit and they are capable of interacting with the external world in an independent way. Which desire, place, set design would you like to add to your career when thinking about future projects? There isn't a precise idea, but every new thing is exciting for me. As it is happening right now, for example, with the Grand Palais, or the exhibition set up in Beijing. I think that it is wonderful to confront my-

Disegni di Richard Peduzzi per il decoro di "Elektra" di Richard Strauss

P.41 Cover del libro “Là-bas, c'est dehors”, Richard Peduzzi Préfacier Henri Loyrette, Actes Sud Belle Arti, 2014

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Disegno di Richard Peduzzi per Tristano e Isotta di Richard Wagner

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"Elektra" di Richard Strauss, regia Patrice Chéreau, scene: Richard Peduzzi, luci: Dominique Bruguière. Stagione Teatro alla Scala 2013-2014, photo credit Brescia e Amisano © Teatro alla Scala

Cosa può fare la luce all’interno di un ambiente, di una scenografia? E quando la luce entra in gioco? Dall’inizio della scena, quando si apre il sipario. Per

forza, non potrebbe essere altrimenti. E con Bertrand Couderc il gioco inizia dal momento in cui lui mi segue mentre elaboro i miei schizzi. Osserva il mio movimento e poi costruisce la danza possibile che la luce dovrà fare sulle scene. E quale forma ha la sua natura? La vita è bella, sauve qui peut la vie, come si dice in francese. Di base sono un introverso ma allo stesso tempo ho bisogno di essere giocoso, è il senso intrinseco della vita. Lavorare è difficile, metto tutto sempre in dubbio quando qualcosa mi sembra troppo semplice. Ho paura, ho bisogno di soffrire nel mio lavoro, e il superare quella sofferenza mi premia con la gioia del risultato che in fondo avevo sempre avuto in mente, sempre visto.

self with something that it is unknown to me. I would like to do a real architecture, as I did for the Rothschild cellars, because until now I have given prevalence to ephemeral architecture, and it would be a great result to be able to link the two things, to create a big set. Which role do new technologies have in your designs? Only a secondary one, everything starts for me from the expression of a gesture of mine on a paper sheet. A gesture that originated from the heart, a thought and from the profundity of my nature. Then, when the shape is already there, it is translated through new technologies, and there may also be a second revision. Technology is only a work tool, really important for measures, but not for proportions or for a creative action. What can light do inside an environment, a set design? When light comes into play? From the beginning of the act, when the curtains open. Necessarily, it could not be in any other way. With Bertrand Couderc the play starts when he follows me while I do my sketches. He looks at my movements and then he builds up the possible dance that light should do on the set. Which shape has your nature? Life is beautiful, sauve qui peut la vie, as they say in French. Basically I am an introvert but at the same time I need to be playful, it is the inner meaning of life. It is difficult to work, I always question everything when something seems too simple to me. I fear, I need to suffer when I work, and that pain rewards me with the joy of the result which deep down I always had and seen in my mind.

Schizzo per Ercole di Georg Friedrich Haendel, acquarello, 2004

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CORRISPONDENZA DA PARIGI

Che ruolo hanno le nuove tecnologie nei suoi progetti? Solo secondario, tutto per me nasce dall’espressione del mio gesto su carta. Un gesto scaturito dal cuore, dal pensiero e dalla profondità della mia natura. Poi dopo, quando ormai la forma c’è, la si traduce tramite le nuove tecnologie, e lì ancora si può arrivare a una seconda revisione. La tecnologia rimane solo un mezzo di lavoro, molto importante per le misure, ma non per le proporzioni o per l’atto creativo.

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corrispondenza da new york a cura di Matilde Alessandra

ANTHONY MCCALL Installation view of Five Minutes of Pure Sculpture at Hamburger Bahnhof, Berlin April 20 - December 8, 2012 Courtesy of the artist and Sean Kelly, New York

CORRISPONDENZA DA NYC

Anthony McCall L’opera è nel contenuto non nella tecnologia

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introdotto a quel tipo di cultura. Ero interessato alla danza sperimentale, ma anche agli artisti concettuali; la più grande ispirazione per me era John Cage. Di conseguenza ero attratto naturalmente dalla performance art, che feci per alcuni anni. Ho fatto spettacoli in aperta campagna usando fumo e fuoco, documentandoli su video. In breve ho scoperto che ero più interessato al processo cinematografico di per sé, non tanto ciò che succedeva davanti alla lente, ma ciò che accadeva dietro alla mia telecamera. Cinque film e un anno dopo stavo già lavorando a Light Describing a Cone, il primo di una serie cui mi sto ancora dedicando". Come nella sua ultima performance, nel lavoro di McCall s’incentra sul concetto del tempo. Le sue opere di Solid Light, per la quale è famoso, sono proiezioni che avvolgono lo spettatore nel loro spazio in continua evoluzione. Le opere sono di una semplicità disarmante, e consistono nella proiezione di linee bianche in una leggera foschia. "Uso uno o due proiettori posti orizzontalmente o verticalmente. producendo l'immagine del disegno di una semplice linea bianca, che ruota lentamente in cicli ripetuti da cinque a dieci minuti di lunghezza, sulla parete o sul pavimento. Una nebbia simulata prodotta da una macchina rende il fascio di luce visibile e palpabile. Ci sono quindi solo tre elementi: il buio, la proiezione e la nebbia che creano la forma scultorea e volumetrica. Quando ci si avvicina danno l'impressione di essere solidi immobili, e s'impiega qualche minuto prima

ANTHONY MCCALL THE WORK IS THE CONTENT, NOT TECHNOLOGY Anthony McCall is a very busy artist these days, traveling the world over to exhibit his work. He has recently come back from Tasmania where he has just installed a large exhibition and did a performance called 'Night Ship'. It was commissioned by the Museum of Old and New Art (MONA) for their annual “Dark MoFo” winter festival. Each night of the festival the performance took place on the fjord-like River Derwent, and could be watched all along the river banks. The elements of the performance consisted of a ship, a foghorn, and a searchlight. The passage of the ship, the sounding of the foghorn, and the rotation of the searchlight followed a tightly constructed temporal and spatial “score” The full work had a duration of two hours, during which time the ship traveled up-river until it reached the museum. Observers were lining the river banks on both sides all the way up. Having started off as a performance artist, he talks very enthusiastically about this last project. “In the early days I was drawn to the happenings movement,” he tells us, “After Art School in England (where I did graphic design, art history, photography and philosophy – the kind of things one studied at art school in the 60's! ) I was living in London with Carolee Schneemann (performance artist and painter exponent of the Feminist Art Movement, ndr ) so I was introduced to that culture. I was interested in dance performances but also in conceptual artists, though ultimately the one I found most exciting was John Cage. As a consequence I got naturally involved in performance art, and that lasted a few years. I made performances in the wilderness, using smoke and fire and documenting them on video. But then I quickly found out I was more interested in the the process of the film-making itself; not so much what went on in front of the camera, but what happens in projection. Five films and a year later I was making Light Describing a Cone, the first of a series that I'm still working on now.” As in his latest performance, in McCall’s work everything has to do with the structure of time. The 'Solid Light' works for which he's so well known are structured projections that engulf the viewer in their ever changing space. The pieces are disarmingly simple, consisting of the projection of white lines in a light mist. “I use either one or two projectors placed horizontally or vertically. They cast the image of a simple line drawing, slowly rotating in repeated cycles from 5 to 10 minutes long onto the wall or floor. A light mist in the air produced by an haze machine makes the beam of light become visible and palpable. So you have three main elements: the darkness, the projection, the mist that create the volumetric sculptural form.

ANTHONY MCCALL Study for "Leaving" (360º rotation, seen from the left), 2006 suite of 12 pencil drawings on paper paper: 12 1/2 x 17 inches (31.8 x 43.2 cm) each framed: 14 1/8 x 18 1/8 inches (35.9 x 46 cm) each titled, signed and dated, recto © Anthony McCall Courtesy of Sean Kelly, New York

CORRISPONDENZA DA NYC

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nthony McCall (Regno Unito, 1946 – vive a New York), artista di fama internazionale molto indaffarato, giramondo per curiosità e per mostre di Solid Light, opere in bilico tra installazioni, perfomance multimediali e sculture. È appena tornato dalla Tasmania dove ha realizzato una grande mostra e una performance intitolata Night Ship, commissionata dal Museum of Old and New Art (MONA) per il festival invernale "Dark MoFo". La performance è stata messa in scena tutte le sere durante il festival lungo il fiume Derwent, e poteva essere guardata da entrambe le rive. Il tutto consisteva in una barca, un faro issato sulla stessa, una sirena anti-nebbia: il percorso della barca, il suono della sirena, e la rotazione del faro seguiva un percorso temporale e spaziale ben definito. La performance completa ha una durata di due ore, durante le quali la barca viaggiava per il fiume dalla foce sino a raggiungere il Museo, mentre il pubblico sostava lungo le due sponde. McCall racconta quest'ultimo progetto con entusiasmo, avendo iniziato la sua carriera proprio come performance artist. "All'inizio ero molto attratto dagli happenings” spiega l’artista “dopo la Scuola d'Arte in Inghilterra, dove ho studiato grafica, storia dell'arte, fotografia e filosofia - il genere di cose che si approfondiva nelle scuole d'arte negli anni Sessanta! - vivevo a Londra con Carolee Schneemann (performance artist e pittrice esponente del movimento artistico femminista, ndr), così sono stato

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CORRISPONDENZA DA NYC

ANTHONY MCCALL Installation view of Face to Face at Sean Kelly, New York February 16 - March 23, 2013 Photography: Jason Wyche, New York Courtesy of Sean Kelly, New York

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ANTHONY MCCALL White Noise Installation, Surge on the Diagonal (I), 1973/2008 ink and wash on paper paper: 14 1/8 x 23 inches (35.9 x 58.4 cm) framed: 16 3/4 x 25 3/8 inches (42.5 x 64.5 cm) © Anthony McCall Courtesy of Sean Kelly, New York

terale diventa difficile avere tutto nella testa, quindi un modello tridimensionale diventa necessario. Alcune volte faccio delle prove utilizzando un proiettore appeso sopra la mia scrivania per fare dei campioni in scala 1:4 ". Nella mostra ci sono anche le proposte per opere pubbliche, cui McCall si avvicina con cauto entusiasmo: "Dentro a un museo lo spettatore si concentra nella calma e nella tranquillità del luogo appositamente costruito; mentre quando si fa qualcosa in un contesto pubblico, non è per nulla così, si potrebbe avere rumore o movimenti di “spettatori accidentali”; sei in competizione con gli aerei, il traffico, la folla. Queste sono sfide interessanti, ed è una scala emozionante. Ma la parte più difficile delle opere pubbliche è che l'arte diventa imprevedibile, troppo soggetta alla politica e al cambiare delle amministrazioni. La mostra coincide con un libro, Anthony McCall: Notebooks & Conversations, con immagini dei suoi taccuini, disegni e interviste nel corso di dieci anni. “Esistono solo due o tre spazi al mondo che possano contenere le mie installazioni verticali, e Hangar Bicocca è uno di questi”. Così aveva detto Anthony McCall in occasione della sua grande mostra a Milano nel 2004: serie di installazioni composte di solidi geometrici all'apparenza concreti, ma in realtà frutto di una combinazione di luce e vapore acqueo. Disegni che giungevano da videoproiettori collocati a dieci metri di altezza producendo coni di luce che si susseguivano longitudinalmente nello spazio totalmente oscurato del grande capannone, e non distante l'installazione di Kiefer I Sette Palazzi Celesti. Una mostra indimenticabile per suggestioni indescrivibili, e questa intervista a LUCE rappresenta metaforicamente un ritorno virtuale in Italia del grande artista.

At a first approach his projected pieces they seem perfectly still, but after being engaged in them for a while you start noticing that things have changed. You don' t see it happening at first because everything moves so slowly. Their constant movement brings the viewer to experience rather then view the piece, inviting him to enter the cone of light that it's subtly circling, giving the perception that the planes are moving, changing the space in which they stand. “I want my works to be approached with thoughtfulness, I don't have any rules of engagement but the ideal observer ought to be absorbed in it, exploring the space. You need to move around to understand the form. But also be captured long enough in it to explore the structure over time, because the art is in the time, not in the structure itself.” Ironically MCCall is not that concerned with light - but rather with the projection process and the time of the cycles of movement. “Light is purely a by-product: what I was thinking about when it all started was the cinematic aspect of the works. With Light Describing a Cone I was merely trying to make a film, and as a consequence I found myself working with light, within the performance tradition as well as the sculpture tradition. But I was never making light-art, in fact I dislike the , it has no meaning, just like video art has no meaning. The artwork is about the content, not the technology. So I don't consider my work neither of them ” Currently, he has an exhibition at Sean Kelly Gallery in New York; this time not of his sculptural work but rather of his notebooks and sketches, exploring the origins and initial concepts for his pieces. Meticulous drawings chart the development of several projects: each one starts with a small note-book, moving on to bigger books and then to diagrams, and sometimes to small paper machette. “In some cases the paper model become necessary. I can imagine something in my mind quite easily, but when I use two projectors and a two-sided screen it becomes difficult to have it all in your head, so a three-dimensional model becomes necessary. I sometime do small scale 'try-outs' using a projector above my desk to do quarter-sized models”. There are also proposals for public works, something that McCall approaches with cautious enthusiasm: “Inside a museum the viewer is focused in the calm and quietness of the purpose-built place; when you do something in a public context is not like that at all, you have 'accidental spectators' plus you might have noise and movements around, you're competing with planes, traffic, crowds. Those are interesting challenges, is a thrilling scale. But the most difficult part of public works is that the art becomes unpredictable, subjected too much to politics and changing administrations" The exhibition coincides with a book, called Anthony McCall: Notebooks & Conversations that contains images of his notebooks and drawings and several interviews taken over a ten year period. "There are only two or three spaces in the world able to contain my vertical installations, Hangar Bicocca is one of these". So Anthony McCall said in occasion of the Milan exhibition in 2004: a series of installations composed by geometric solids, in appearance, but actually a light and steam combination. Drawings came from projectors located ten meters height, producing light cones in longitudinal succession along the totally obscured big shed space, and near the Kiefer’s installation The Seven Heavenly Palaces. An unforgettable, indescribable and suggestive exhibition, and this interview with LUCE metaphorically represents a virtual return to Italy for the great artist. LUCE 314

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che si notino dei cambiamenti, perché tutto si muove in modo lentissimo. Il loro movimento costante porta lo spettatore a sperimentare piuttosto che semplicemente a visualizzare l'opera, invitandolo a entrare nel cono di luce che girando su se stesso dà la percezione che i piani sono in movimento, cambiando lo spazio in cui si trovano. "Voglio che i miei lavori siano approcciati con attenzione” ci dice McCall, “non ho delle regole specifiche, ma l'osservatore ideale dovrebbe essere assorbito in essi, esplorando lo spazio in cui si trovano. È necessario muoversi per capirne la forma. Ma anche restare abbastanza a lungo da esplorarle nel tempo, perché si esprimono nel tempo, non nella struttura stessa". Paradossalmente McCall non è interessato alla luce ma piuttosto alla proiezione e il tempo dei cicli di movimento. "La luce è puramente un sotto-prodotto: sin dagli inizi ero preoccupato solo dall'aspetto cinematografico delle opere. Con Light Describing a Cone stavo cercando di fare un film, e la conseguenza di ciò è che stavo lavorando con la luce, all'interno della tradizione della scultura e nella tradizione delle performance. Non faccio Light-Art, infatti non mi piace questa definizione, non ha alcun significato, proprio come Video Art non ha alcun significato. L'opera è nel contenuto, non nella tecnologia” In questi mesi McCall ha una mostra alla galleria Sean Kelly di New York; questa volta non delle sue sculture ma dei suoi taccuini e bozzetti, che esplorano, presentano le origini e i concetti iniziali delle sue opere. Disegni meticolosi che raccontano lo sviluppo di diversi progetti: ognuno di questi comincia su piccoli taccuini, per passare a libri più grandi e poi a schemi e talvolta a delle piccole machette. "In alcuni casi il modello di carta diventa necessario. Posso visualizzare le cose abbastanza facilmente, ma quando uso due proiettori e uno schermo bi-la-

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FONDAZIONE ACHILLE CASTIGLIONI Giovanna Castiglioni, figlia e curatrice, ci racconta com’è nata l’idea della Fondazione e cos’è il metodo “alla Castiglioni” che ha riformato, per sempre, il modo di fare design di Andrea Calatroni

“Se non siete curiosi, lasciate perdere. Se non vi interessano gli altri, ciò che fanno e come agiscono, allora quello del designer non è un mestiere per voi” Achille Castiglioni

“If you're not curious, forget about it. If you don't care about others, what they do and how they work, so that the designer is not a job for you”

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FONDAZIONI

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iovanna Castiglioni, come nasce l’idea della Fondazione? Lo Studio di architettura nasce nel 1937 - in corso di Porta Nuova nei locali lasciati liberi dal padre Giannino – quando il più anziano dei fratelli – Livio (1911-1979) – lo apre, successivamente entrano nello studio Pier Giacomo (1913-1968) e infine Achille (1918-2002). Nel 1962 lo Studio viene trasferito in Piazza Castello dove i due fratelli Achille e Pier Giacomo continuano l’attività insieme fino alla morte di Pier Giacomo (1968), poi Achille proseguirà da solo, fino al 2002. La trasformazione dello Studio in museo visitabile è stato un passaggio naturale. In primo luogo c’era la volontà di tenerlo aperto, poi si è cercato di capire come renderlo dinamico, e questo passaggio (dal 2002 al 2005) è stato lungo e impegnativo. Il primo passo è stato di trasformar-

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ACHILLE CASTIGLIONI FOUNDATION Giovanna Castiglioni, daughter and curator, tells us how the Foundation idea was born and what is “alla Castiglioni” method that has, forever, reshaped doing design Giovanna Castiglioni, how did the idea of a Foundation? The Studio was born in 1937 – in Corso di Porta Nuova in some rooms, legacy of the father Giannino – when the oldest of the brothers – Livio (1911-1979) opened it, Pier Giacomo (1913-1968) and Achille (1918-2002) joined him later. In 1962 the Studio was transferred in Piazza Castello, where the two brothers, Achille and Pier Giacomo, continues their activities until Pier Gaicomo passed away, then Achille prosecutes by

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lo in Museo, poi grazie al supporto della Triennale in Studio Museo, il passaggio successivo avvenuto nel 2011 è stato diventare Fondazione. L’evoluzione è stata possibile grazie al riconoscimento della Regione Lombardia, che ha compreso la valenza culturale del progetto e del patrimonio documentale. Lavorando con le aziende storiche la Fondazione si è aperta al mondo, proponendo e partecipando a progetti di ampio respiro. Il passaggio da uno status all’altro ha aumentato la presenza di visitatori, soprattutto esteri, circa 5000 l’anno. La gestione avviene su due livelli: il primo è l’archivio, tutela e conservazione del patrimonio cartaceo e materiale (prototipi, modellini, materiali, ecc.) per una corretta restituzione al pubblico; il secondo è l’accoglienza del visitatore, che negli spazi dello studio deve sentirsi a casa, con le sedie da provare e le

himself until 2002. The architecture Studio transformation in open museum was an inevitable step. First, there were the will to maintain it open, then we have tried to understand how to make it dynamic, this step (from 202 to 2005) was long and challenging. The first step was to transform it in Museum, and then with the Triennale’s support in Studio Museum, next step was the Foundation in 2011. This evolution was possible with the Regione Lombardia recognition, which understand the cultural and documental value of this project. The Foundation working with the historical companies is open to the world, purposing and participating to large-scale projects. The status change has increased the audience, especially from abroad, in 5000 persons per year. The Foundation management is

cose da toccare. Abbiamo impostato la visita come un ricevimento tra amici, il passaparola è vincente e permette di instaurare rapporti inusuali per una istituzione museale. Conservazione e presentazione sono le idee guida che conducono la nostra Fondazione. Avete aderito al progetto Storie Milanesi voluto dalla Fondazione Adolfo Pini, una delle numerose iniziative che proponete per far conoscere la Fondazione alla città. Quali altri progetti avete in cantiere? Per mantenere vivo e vivace lo Studio si deve sempre variare e creare nuovi progetti che portino a nuove conoscenze. Lo spazio all’interno dei locali cambia spesso e velocemente, per dare la sensazione a chi ritorna di un’entità viva e in costante

on two levels: first, the archive, protection and conservation of the paper materials (prototypes, mock-up, materials, etc.) for a correct presentation to the public; second, the visitors welcoming, we want they feel at home, with chairs to try and things to touch. We has created the tour as a friend’s party, the word-of-mouth is effective, creating unusual relationship for a Museum. Conservation and presentation are the guidelines that drive the Foundation. You have joined the Storie Milanesi project, created by Fondazione Adolfo Pini, one of the most important initiatives purposed to show the Foundation to the city. Have you others projects under construction? To keep alive and vibrant the Studio is necessary to vary and create new projects that

lead to new knowledge. The inner space change very quickly and often, to give the impression who returns in something alive and in constant changing, that allow us to create new tales, new narrations. We joined Storie Milanesi project, together with a numbers of cultural Foundations in Milano, we believe that this “container” allows maintaining all our identities preserved. The portal Storie Milanesi, has reached the target to diffuse the visions, ideas and projects of the architects, artists and writers that lived in our city. This channel allow us to promote and think to new projects, because if we want to keep the Foundation a living body we need a continued narration. A great plan, a great enthusiasm and a storytelling are the perfect tools to send a story. One of the next project is about


three very important exhibitions created by Castiglioni brothers: Colori e Forme nella Casa d’Oggi in Villa Olmo, Como (1957), La Casa Abitata in Florence (1965) and Mobili Italiani in Tokyo (1984). The project concerns a deepening on these exhibitions; Beppe Finessi will curate it. In 2014 with Stilnovo you have started a collaboration to reedit the Saliscendi lamp realized for the Camer di Commercio in Milano. Which was the Foundation role? The collaboration with Stilnovo was born simultaneously, at one hand the Camera di Commercio exhibition that we were interested to produce and on the other hand, the willingness of the company to reedit the Saliscendi (1958-2013). To reedit a Castiglioni objet means, for the Foundation, recover

riguarda tre degli allestimenti più importanti dei fratelli Castiglioni: Colori e Forme nella Casa d’Oggi a Villa Olmo. Como (1957), La Casa Abitata a Firenze (1965) e Mobili Italiani a Tokyo (1984). Si tratta di un approfondimento su questi progetti che sarà curato da Beppe Finessi. Nel 2014 avete avviato una collaborazione con Stilnovo Italia per la riedizione della Saliscendi per la Camera di Commercio di Milano. Qual è il ruolo della Fondazione? La collaborazione con Stilnovo è nata in simultanea, da una parte una mostra su Camera di Commercio che avevamo intenzione di fare e dall’altra la volontà dell’azienda di rieditare la Saliscendi (1958-2013). Rieditare un oggetto di Castiglioni significa, da parte della Fondazione, il recupero degli originali, seguire

original, follow all working phases, until communication and storytelling. As well as Achilles, we follow the company at 360 degrees, for all the reeditions. The storytelling involve us very actively, it is a plus, especially during selling moment, in addiction to exhibit the object on catalogue, the Foundation telling voice explains where and when a product was born, how it was realized and why it was reedit. Back to Saliscendi, the company chose Led sources to adapt it to the present market, even if someone crooked the nose it was a correct and coherent choice with the Castiglioni method, he was a super curious about new technologies, solutions and materials researcher for all the new projects. If Achilles was here to reedit his lamp, he surely chose led sources.

tutte le fasi di lavorazione, fino alla comunicazione e al racconto. Così come Achille seguiva un’azienda a 360° gradi, così noi facciamo per tutte le riedizioni. Il lavoro di narrazione, dell’oggetto, che ci coinvolge attivamente, è un elemento aggiuntivo, anche in fase di vendita, oltre a esibire l’oggetto sul catalogo, la voce narrante della Fondazione fa capire dove e perché nasce un prodotto, com’è stato realizzato e perché è stato rieditato. Tornando alla Saliscendi, l’azienda ha impiegato i LED come sorgenti per adeguarla agli standard attuali, anche se qualcuno ha storto il naso, è stata una scelta corretta e coerente con il metodo di lavoro di Castiglioni, grande curioso di nuove tecnologie, cercatore di soluzioni e materiali nuovi per ogni progetto. Se Achille avesse avuto modo di rieditarla, probabilmente avrebbe scelto sorgenti LED.

Fondazione Studio Achille Castiglioni, interni © Fondazione Achille Castiglioni

FONDAZIONE ACHILLE CASTIGLIONI

movimento, questo ci permette di creare sempre nuovi racconti, nuove narrazioni. Siamo entrati nel progetto Storie Milanesi, insieme a un gran numero di fondazioni culturali della città, perché crediamo che questo ‘contenitore’ consenta di mantenere intatte le identità di ciascuno. Il portale Storie Milanesi ha raggiunto l’obiettivo di far conoscere e diffondere le visioni, le idee e i progetti degli architetti, degli artisti e scrittori che hanno abitato questa grande città che è Milano. Questo è un canale che ci ha permesso di pensare e proporre sempre nuovi progetti, perché per tenere vivo un luogo come una Fondazione è necessario avere un moto continuo di nuovi racconti. Una buona pianificazione, un grande entusiasmo e saper raccontare sono gli strumenti migliori per la trasmissione della storia. Uno dei prossimi progetti su cui stiamo lavorando

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Ci vuole raccontare cosa s’intende per progetto “alla Castiglioni”? Non lo sappiamo neanche noi cos’è il metodo “alla Castiglioni”. È un modo di progettare, di vedere la vita, di innamorarsi e incuriosirsi degli oggetti che ti stanno intorno. La complessità di restituire il metodo al pubblico è una grande sfida, la affrontiamo sollecitando i visitatori e gli studenti con la sua celebre frase: “Se non siete curiosi, lasciate perdere. Se non vi interessano gli altri, ciò che fanno e come agiscono, allora quello del designer non è un mestiere per voi”. Curiosità e “lavorare bene” con le aziende, sono i due elementi fondamentali del “metodo”. Quest’ultima cosa era vera soprattutto negli anni Cinquanta/Sessanta, da una parte grandi opportunità legate alla ricostruzione dell’immediato dopoguerra e allo spirito di riscatto sociale e architettonico di una città come Milano, dall’altra le aziende, come Flos o Alessi, De Padova o Brionve-

ga, con tutta la loro capacità produttiva e creativa. Sapevano interagire, dialogare e confrontarsi con il disegno degli architetti, difficilmente si sarebbero avuti oggetti come Arco o Sleek se non ci fossero state queste condizioni socio-culturali. Quando parlo di dialogo, intendo quello operativo con l’operaio che riceveva i disegni e si confrontava quotidianamente con Castiglioni, un’esperienza unica e irripetibile, fatta di umiltà da parte di entrambi, un costante scambio di opinioni e di conoscenze per arrivare alla produzione. Un confronto alla pari e aperto tra “esperti”, da una parte le idee e dall’altra le soluzioni per realizzarle, uno scambio dialettale, più che dialettico. Un modo molto umano di affrontare qualsiasi progetto e realizzarlo in maniera precisa e perfetta in tutti i dettagli. Castiglioni era famoso per la sua ironia, ma lo era anche per la sua precisione assoluta, pensiamo al tavolo T95 fatto di dettagli e raccordi perfetti, ironico ma esatto.

Achille Castiglioni: nove Compassi d’Oro, premi e riconoscimenti in tutto il mondo per il suo design ma esistono prodotti, come il Rompitratta, che hanno cambiato il nostro modo di vivere e lampade che hanno cambiato la nostra idea di luce. Qual era il vero industrial design per Castiglioni? Il vero design per Castiglioni era proprio il Rompitratta, perché è il vero oggetto della produzione industriale, non è un oggetto di “industrial design”, ma è un “progetto industriale” legato alla produzione seriale, di massa, un oggetto dai grandi numeri, pensato per entrare nella casa di tutti. Ti assicuro che dei 45mila visitatori che ho personalmente ricevuto e conosciuto, solo il 10% sapeva che il Rompitratta è di Castiglioni, e questo è il vero design industriale, un prodotto quasi anonimo che tutti hanno usato, visto e comprato. E quello che più mi rende orgogliosa è quando questo 90% scopre, con meraviglia, che un oggettino tanto semplice è stato ideato da mio pa-

Interruttore Rompitratta, VLM, Foto Taki

Sleek, Alessi 1962-1977

T95, De Padova, 1995

Do you want to tell us what does it means with project “alla Castiglioni”? We do not exactly what is the method “alla Castiglioni”. It is a designing way, to see the life, to fall in love and get curious of the surrounding objects. To explain the complexity of this method to the public it is a great challenge, we face it soliciting visitors and students with his famous quote: “If you're not curious, forget about it. If you don't care about others, what they do and how they work, so that the designer is not a job for you”. Curiosity and “working well” with the companies, are the most important method’s ingredients. The last thing was certainly true during the Fifties and Sixties, on one hand great opportunities due to the post war reconstruction and Milano social and architectural redemption spirit, on the other the companies as Flos or Alessi, De Padova or Brionvega, with

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Arco, Flos 1962

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dre. Finché ci sarà la famiglia a fare da mecenate a se stessa, con l’aiuto della Triennale e delle aziende, il Museo riuscirà a sopravvivere altrimenti sarebbe difficile trovare le risorse per tutte le attività che svolgiamo. Quello della scarsità di risorse è un discorso un po’ triste e tutto italiano, i molti visitatori stranieri che riceviamo rimangono sorpresi da questo fatto, che la terra creativa per antonomasia non preserva, cura e condivide col mondo i suoi patrimoni culturali. Tornado alla domanda sui riconoscimenti, a Castiglioni che ricevesse il Compasso d’Oro, interessava il giusto, ma era comunque contento di ricevere questo riconoscimento per il proprio lavoro. Ma, tra il trovare la lampada Arco in un museo e saperla in una casa qualsiasi, certamente preferiva la seconda soluzione. Questo ci riporta alle varie lampade disegnate dai fratelli Castiglioni per Flos, le quali hanno un grande componente di funzione più che di forma, questa è stata il vero centro del progetto. Le lampade per

Flos coprono tutte le possibili funzioni e interazioni con la casa. La Gibigiana è per non litigare se uno vuole leggere a letto, la Toio con il suo faro d’auto illumina tutto l’ambiente, la Parentesi è una lampada a saliscendi su un filo senza meccanismi aggiunti, è un niente che illumina una camera intera, Taccia con il suo disco bianco riflettente fa una luce indiretta. Alla fine, però, l’unica funzione era fare luce. Achille seguiva un percorso molto interessante per lo sviluppo delle lampade, in primis lavorava con Gandini, Sergio e Piero, poi con l’operaio e poi la raccontava ai rivenditori, spiegava loro qual era la funzione del prodotto e questo permetteva a loro di creare un racconto, una storia da riportare al cliente, all’ignoto fruitore, per arrivare poi all’acquisto. Un esempio perfetto è il packaging di Parentesi, un blister di plastica trasparente con tutti i pezzi in vista, un foglio d’istruzioni e ognuno poteva montarsela in casa perché Castiglioni progettava per tutte le persone e i luoghi abitativi.

Taccia, Flos 1962

Parentesi, packaging, Flos 1971

their productive capability and creativity were able to interact, discuss and deal with the architects. I think it would be impossible to have products like Arco or Sleek, not having these socio-cultural conditions. When I talk about dialogue, I mean the operative one with the worker, who received the drawings and in contact with Castiglioni daily, a unique and unrepeatable experience, made by humility from both, a constant exchange of information and suggestions to reach the mass production. An open and au pair deal between “experts”, on one hand the ideas on the other the solutions, a dialectical exchange instead of dialectal. A very human way to face and realize the project, in a precise way perfect in every detail. Castiglioni was famous for his irony, but also for his absolute precision, consider table T95, all made by perfect details and elbows, ironic but exact.

Achille Castiglioni: nine Compasso d’Oro, awards and recognitions all over the world for his design, but exist products like Rompitratta, that has changed our living and lamps that has changed our idea of lighting. Which is the real industrial design for Castiglioni? The real design for Castiglioni was really the Rompitratta, because it is a real mass production object, and not an “industrial design” object, it is an “industrial project” bent to mass production, an object created in large scale, created to enter in every house. I assure you that all the 45.000 visitors, personally received and known only the 10% knows that Castiglioni made Rompitratta this is the real industrial design, a product almost anonymous, that everyone used, seen or bought. The thing that make me very proud is when the 90% discover, surprised, that this very simple

objet was designed by my father. As long as there is the family to act as patron to itself, with some help from Triennale and companies, the Museum will survives otherwise it would be very difficult found sources for all our activities. The sources scarcity is a sad and Italian problem, many foreigner visitors we receive are surprise about that the land of creativity does not preserve, cure and share with the world its historical heritage. Back to question, Castiglioni who received the Compasso d’Oro was interested in the right, but he was happy to receive it as a recognition of his work. He always prefer to find his lamp Arco in a simple house more than in a museum, he always prefers the second option. This drive us to the lamps designed by Castiglioni brothers for Flos, the have had a great functionality component more than shape, that is the real core of the project. The Flos lamps

covers all functions and interactions with the house. Gibigiana made to allow bed reading, Toio with its car lamplights spaces, Parentesi is an up-and-down wire without mechanism, a nothing that light the room, Taccia with its big white reflecting plate creates an indirect light. At the end the function is produce light. Achilles always follows a singular path to design a lamp, first he worked with Sergio and Piero Gandini, then with the worker and at the end, he told the product to salespersons, he explained them the product functions and that allow them to create a tale, a story for clients, to convince the unknown user to buy it. A perfect example is the Parentesi packaging, a transparent plastic blister with all pieces on sight and a technical sheet everyone was able to mount it because Castiglioni design for everyone in every place.

FONDAZIONE ACHILLE CASTIGLIONI

In alto Gibigiana, Flos, 1980

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lighting designer made in italy

Adriano Caputo Architetto. Specializzato all’Iccrom in conservazione preventiva di opere d’arte, in tecniche di illuminazione, progettazione di allestimenti in importanti musei e di mostre temporanee in edifici di interesse storico-artistico. Direttore Artistico di Eventi di Musica e Luce d’Arte in collaborazione con il CRM del M° Michelangelo Lupone. Docente di Lighting Design presso lo IED di Roma, Corso di laurea triennale in Interior Design e Master in Interior Yacht Design. Professore a contratto presso la facoltà “La Sapienza” Dip. DiAP di Roma, Master in Lighting Design e Professore a contratto di "Museologia e Lighting Design" per il Master in Exhibit & Public Design - "La Sapienza" Dip. DATA.

di Silvano Oldani

Architect. Specialized at Iccrom in preventive conservation of works of art, in exhibition techniques, design of permanent museum exhibitions and temporary exhibitions sited in buildings of historic and artistic interest. Artistic Director of Light Music and Art Events in cooperation with CRM (M° Michelangelo Lupone). Professor of Lighting Design at IED Rome, First Level Degree Course in Interior Design and Master Degree in Interior Yacht Design. Adjunct Professor at “La Sapienza” University Dept. DiAP, Master in Lighting Design and Adjunct Professor of “Exhibition and Museums Lighting Design” for Master Degree in Exhibit & Public Design at "La Sapienza" University Dept. DATA.

photo credit Gilberto Maltinti, Parioli Fotografia

Adriano Caputo Gestalt o narrazione, illuminata

C

LD MADE IN ITALY ADRIANO CAPUTO

ome è diventato Lighting Designer? Una vocazione illuminante a seguito di una conferenza sulla luce del prof. Corrado Terzi che ha rischiarato il mio mondo delle tenebre. Poi occupandomi da circa trent’anni di mostre d’arte temporanee e di allestimenti scenici per grandi eventi notturni, ho imparato da autodidatta sul campo, le interazioni continue tra spazio, architettura costruita e oscurità. Ed è in quelle occasioni provvisorie ed emotivamente forti per l’apprensione della riuscita e il poco tempo a disposizione per provare, che mi sono forgiato tra errori e soluzioni tecniche sperimentali. Infine tanti approfondimenti cognitivi.

A suo parere esistono progetti difficili da realizzare? La capacità intellettiva risiede nel saper affrontare una realtà oggettiva che non si conosce con l’umiltà nel fare fronte ad essa con il sostegno di altri carismi propri o altrui. Ognuno di noi possiede un “campo vibratorio personale”, una matrice che genera tramite i pensieri, le emozioni, il fisico, oltre che, naturalmente, tramite ciò che contiene a livello interiore. In seguito ci sono diversi livelli di lettura che scaturiscono dalla Gestalt (lo studio della forma e della percezione visiva in uno spazio architettonico, Ndr) e le sue implicazioni fenomeniche nel campo visivo. In questo complesso “teatro di eventi” gli esseri umani sono attori e spettatori: attori, in quanto interagiscono tra di loro e con l’ambiente; spettatori, in quanto osservano ciò che accade nello spazio per acquisire e riconoscere nel minor tempo possibile le informazioni utili, e che possiedono un apparato sensoriale che si modifica automaticamente a seconda dell’energia presente nell’ambiente. Infine esiste un apprendimento mentale, quello derivato dallo studio che va ad alimentare il sapere.

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Vuole darci una breve sintesi di un progetto riassuntivo della sua professionalità e della sua creatività Senz’altro il Gran Salone di Palazzo Barberini a Roma affrescato da Pietro da Cortona e progettato da Bernini e Borromini (1° premio “Trophées Lumiville 2011 de la Conception Lumière” nella sezione Prix InLight Expo “Espace Intérieur” per la migliore opera realizzata nel 2010, Ndr). Sono entrato in punta di piedi avvertendo la presenza “ingombrante” di questi sommi maestri. Il primo avvicinamento è stato caratterizzato da un apprendimento interiore per entrare in vibrazione con il luogo e le atmosfere che lo contraddistinguono, con il non visibile. Si è trattato di qualcosa in cui la mente è dovuta intervenire a posteriori, per rendere consapevole ciò che si era compreso in modo da traslarlo sul piano appunto della consapevolezza ed acquisirla per risonanza. il mercato in italia riconosce l’importanza di rivolgersi a un lighting designer? Il mercato culturale (Istituzioni, architetti, committenza privata) si avvale del nostro apporto quando si tratta di progetti complessi o di lunga durata (piani della luce, musei, edifici articolati). Purtroppo il resto del mercato è nelle mani delle aziende produttrici di apparecchi illuminanti che forniscono gratuitamente ai clienti e ai nostri colleghi architetti, in barba alla deontologia, dei “progetti” a volte anche di qualità tecnica, ma privi di poetica architettonica. Si può paragonare alla situazione dell’ammalato che va in farmacia per farsi curare. Gli architetti che creano degli spazi o che inventano degli scenari, e i professionisti della illuminazione che li mettono in luce non parlano la stessa lingua: gli uni si esprimono in un linguaggio artistico che nasconde una inesperienza riguardo al “problema luce”, e gli

ADRIANO CAPUTO GESTALT OR ENLIGHTENED NARRATION How did you become a Lighting Designer? An enlightened vocation after a conference on light by prof. Corrado Terzi which lit up my world of darkness. Then working in the field of temporary art exhibitions and set designs for big nighttime events for thirty years I learned as an autodidact on the field the continuous interactions between space, built architecture and darkness. It is in those temporary occasions which are also emotionally charged for the apprehension related to the outcome and the short time to practice, that I trained myself among errors and experimental technical solutions. In conclusion many in-depth cognitive analyses. In your opinion are there projects difficult to carry out? The intellectual capacity lies in the ability to deal with an objective reality which is unknown with humility using the support of our own or other people's charisma. Each one of us has a "personal vibratory field", a matrix that generates through thoughts, emotions, the body, and also, obviously, through what it contains at an internal level. Then there are several levels of reading that come from the Gestalt (the study of the shape and visual perception in an architectural space, Ndr) and its phenomenal implications in the visual field. In this complex "events theatre" human beings are actors and audience: actors, since they interact with each other and with the environment; audience, since they observe what happens in the space to acquire and recognize in the shortest possible time useful information, and they possess a sensorial system that automatically modifies itself according to the environment's energy. In conclusion there is a mental learning, which derives from study and which nurtures knowledge.


Gallerie d’Italia, Milano. Banca Intesa Sanpaolo Gallerie d’Italia, Milan. Intesa Sanpaolo Bank

photo credit Paolo Vandrasch

Would you please briefly describe to us a design that you think summarized your competence and creativity Without any doubts the Gran Salone of Palazzo Barberini in Rome frescoed by Pietro da Cortona and designed by Bernini and Borromini (1° prize “Trophées Lumiville 2011 de la Conception Lumière” in the section Prix InLight Expo “Espace Intérieur” for the best work made in 2010, Ndr). I entered on tiptoes feeling the "lumbering" presence of these great masters. The first approach was characterized by an internal learning to feel the vibrations of the place and its own aura, what is not visible. It was something in which the mind started to act in a second time, to be aware of what was understood in order to transfer it on the awareness' plane and internalize it through resonance.

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photo credit Thomas Mayer

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altri ragionano in termini di illuminotecnica, riducendo al solo ambito tecnico ciò che è nel contempo scienza ed arte. "Dare luce", in fotografia, al cinema o in teatro, è offrire fisicamente la possibilità di vedere; “illuminare” per guardare o meglio, "diffondere luce" è dare da pensare, da meditare, da riflettere; è anche suscitare emozione. Sono queste due azioni, l’una tecnica e l’altra artistica, intimamente unite, che fanno sorgere dal nulla dell’oscurità le immagini offerte agli spettatori.

sica, può e deve essere anche colorata (massimo due colori alla volta oltre ai bianchi) in quanto può avere un potere narrativo legato ai subitanei passaggi di stati d’animo impressi dal componimento, e ne agevola la lettura. Per quanto concerne la luce architetturale sarebbe più raffinato utilizzare solo le diverse tonalità del bianco per i materiali e la propria colorazione che ne definiscono la pelle. In cucina si usano aglio e prezzemolo per ravvivare i cibi insipidi del giorno precedente…

Parlando come lei ha ben fatto di illuminazione “illuminata”, architetto Caputo, una buona illuminazione espositiva nei musei italiani dovrebbe essere allora un imperativo per direttori e sovrintendenti. A suo parere a che punto siamo? Occupandomi da anni di questa materia che insegno con passione, posso dire che in Italia la preparazione culturale dei direttori dei musei, che è alta, determina una buona museologia e quindi delle giuste valutazioni museografiche progettuali. Non sempre poi gli architetti incaricati si rivolgono a noi, ma bensì alle agguerritissime aziende. Poi le questioni amministrative e politiche possono intralciare la realizzazione dei piani di lavoro con imposizioni di nominativi dettate da altri interessi. In Francia, dove ho lavorato molto, si interpella il Lighting Designer prima del progettista…

Da diversi numeri LUCE dedica molte pagine alla figura dei lighting designer italiani e internazionali. Pensa che possa essere un valido strumento per i non addetti ai lavori di comprendere il ruolo di questa importante figura professionale non molto conosciuta nel nostro paese? La rivista LUCE si adopera molto con impegno e qualità, ma occorrerebbe trovare il modo di illustrare non solo “cosa”, ma “come” descrivere agli architetti l’argomento luce nella sua essenza e non solo nella tecnica, di cui noi Lighting Designer dovremmo poi occuparcene. La mia attività di docente è imperniata sull’insegnamento, ai giovani futuri architetti, a saper comunicare le proprie intenzioni progettuali connesse ai loro stati d’animo, alla nostra categoria che le traduce in poetica della tecnica. La rivista LUCE non può avere la pretesa di essere un’opera didattica, né può essere un’opera scientifica – anche se basata sulle diverse tecniche di visualizzazione delle immagini, che siano fotografiche o grafiche. Dovrebbe rivolgersi a tutti gli appassionati o i professionisti dell’immagine, ai fotografi come ai direttori della fotografia e agli spettatori, ai patiti dei musei come ai semplici curiosi che si interessano al mistero complesso della

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Il dibattito sull’uso del colore per l’illuminazione architettonica nel nostro paese è sempre aperto, il suo parere? A mio modesto parere, facendo questo mestiere anche nell’ambito di spettacoli di Musica e Luce d’Arte con il CRM del M° Michelangelo Lupone, dove la luce che anticipa, ritarda o accompagna la mu-

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Does the Italian market recognize the importance of turning to a lighting designer? The cultural market (Institutions, architects, private contractors) turns to us when dealing with complex or long projects (light plans, museums, complex buildings). Unfortunately the remaining part of the market is in the hand of luminaires' manufacturers that provide, free of charge, to our clients and colleague architects, regardless of professional ethics, “projects” which sometimes also show technical quality, but lack of architectural poetry. It can be compared to a sick person that goes to the pharmacy to be treated. Architects who design the spaces or scenarios and lighting designers who lit them do not speak the same language: the former use an artistic language which hides a lack of experience in what concerns the "light problem", the latter think in terms of lighting engineering, thus reducing to only a technical matter what is science and art at the same time. "Give light", in photography, cinema or in theatre, is to physically offer the possibility to see; “illuminating” to look or more precisely, "diffuse light" is to give something to think about; it is also to move people. These two actions, one technical and the other one artistic, intimately linked are the ones that make the images offered to the audience stand out from the nothingness of the darkness. Talking about "enlightened" lighting as you did so well, architect Caputo, a proper lighting in Italian museums should be an imperative for directors and superintendents. In your opinion where are we? I started dealing with this topic several years ago and I also teach it with passion, therefore I can say that in Italy the cultural knowledge of museums' managers, which is high, determines a good museology and hence right design evaluations. Moreover the appointed architects do not always turn


Sala delle Colonne a Palazzo Barberini, Roma. Photo credit Thomas Mayer Column Hall in Palazzo Barberini, Rome. Photo credit Thomas Mayer

Hermès FuoriSalone 2014, Palazzo Serbelloni, Milano Courtesy Hermès Hermès en lumière during Milan design week in 2014, Palazzo Serbelloni Courtesy Hermès

Pagina a fianco Musica e Luci d’arte al Colosseo con CRM Music, evento Capitalia, Roma. P. credit Massimo Carroccia Light Music event in cooperation with CRM Music at the Colusseum, Rome. P. credit Massimo Carroccia

Mostra al MAXXI di Roma sull’ architetto Piero Sartogo photo credit Paolo Di Pasquale LD MADE IN ITALY ADRIANO CAPUTO

Solo show at MAXXI museum of Rome about the architect Pietro Sartogo photo credit Paolo Di Pasquale

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luce e delle ombre nella natura e nell’arte. Le molte esperienze che ho riscontrato nel mio lavoro con committenti molto diversi per personalità e cultura, mi hanno dimostrato che in materia di illuminazione quasi tutti hanno una conoscenza imprecisa della sostanza principale che crea le immagini: la luce e la sua antitesi, l’ombra. Architetto Caputo, a chiusura del nostro incontro, ancora due domande: un’architettura storica e una contemporanea in italia che le piacerebbe illuminare? Posso affermare che è più facile affrontare una architettura antica dove si riescono a cogliere vibrazionalmente il genius loci e lo spirito del tem-

po, che non una contemporanea dove la presenza condizionante dell’architetto non sempre facilita una libera interpretazione del manufatto. Naturalmente la qualità intellettuale e l’ingegno dell’architetto facilitano il Lighting Designer ad esprimersi al meglio con la luce. Purtroppo la maggioranza dei progettisti teme di perdere il proprio ego e la paternità dell’opera coinvolgendo un Architectural Lighting Designer di chiara fama. E l’ultimo libro letto? “Il Regno” di Emmanuel Carrère che mi ha aiutato a capire ancora di più quanto la religiosità sia necessaria alla espansione della propria spiritualità.

Corte del Casale di Polline, Lago di Bracciano, Roma

The debate on the use of color in architectural lighting is always going on in Italy, what is your opinion? In my modest opinion, since I also work in the field of Music and Art Light with the CRM of M° Michelangelo Lupone, where the light that anticipates, delays or accompanies music, can and must also be colored (maximum two colors at a time plus white ones) given that it can have a narrative power related to the sudden mood changes impressed by the composition, and it helps reading them. Concerning architectural lighting it would be more refined to use different white tones for materials and their own colors that define their skin. Garlic and parsley are used in cooking to revive yesterday's flavorless food … Starting from previous issues several pages of LUCE are dedicated to Italian and international lighting designers. Do you think is could be an effective tool, especially for those who do not work in this field to understand the role of this important profession which is not so known in our country? LUCE magazine does its best with great commitment and quality, but there is the need to find the way to show not only "what", but also "how" to describe to architects the topic of light in its essence and not only in the technical aspects, with which us Lighting Designers should then deal. My activity as a professor is focused on teaching, to young future architects, how to communicate their design ideas related to their mood, to our category that translates them in poetry from technique. LUCE magazine cannot pretend to be an educational work, nor can it be a scientific one - even if based on the different techniques of images' visualization, both photographic or graphic ones. It should be aimed at all enthusiasts or image professionals, to photographers as well as to photography directors and to the audience, to museums' lovers as well as to simply curious people that are interested in the complex mystery of light and shadow in nature and art. The many experiences that I encountered in my work with really different contractors for personality and culture, made me realize that in the field of lighting almost everyone has an imprecise knowledge of the main substance that creates images: light and its antithesis, the shadow. Architect Caputo, to wrap up our meeting, two more questions: an historic architecture and a contemporary one in Italy that you would like to light up? I can say that it is simpler to deal with an historic architecture where it is possible to feel the vibrations coming from the genius loci and the spirit of the time, compared to a contemporary one where the influencing presence of the architect do not always helps a free interpretation of the building. Certainly the architect's intelligence and talent help the Lighting Designer in using light in the best way. Unfortunately the majority of designers fear the loss of their ego and the authorship if they turn to an Architectural Lighting Designer with a sound reputation.

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Courtyard of a Countryside Residence, Bracciano Lake closed to Rome

to us, but to the really combative companies. In addition there are also administrative and political reasons that may interfere with the realization of work schedules with the imposition of names which originates from other interests. In France, where I worked much, the Lighting Designer is consulted before the designer…

Musica e Luci d’arte all’ Arsenale di Venezia

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Light Music event, Venetian Arsenal

Last book read? “The Kingdom” by Emmanuel Carrère which helped me to understand how much religiousness is necessary to expand our own spirituality.


lighting designer made in italy di Silvano Oldani

Roberto Corradini e Marco Palandella, photo credit Robert Persson

Roberto Corradini e Marco Palandella Professione: LD Indipendenti Serata di gala Premio Codega con Elena Pedrotti, Arsenale di Venezia 2013, photo credit Francesco Bonetti

Codega Award gala event with Elena Pedrotti, Venice Arsenale 2013, photo credit Francesco Bonetti

ROBERTO CORRADINI è un Lighting Designer indipendente, già membro PLDA (Professional Lighting Designers' Association) e socio APIL (Associazione Professionisti dell’Illuminazione). Nato nel 1970, si laurea in Architettura e consegue il Master per Lighting Designer a Venezia. Lavora su progetti di luce di scala diversa, sia in Italia che all’estero; recentemente ha tenuto conferenze in Iran, in Arabia Saudita, all’Università di Roma La Sapienza, nonchè e corsi di formazione continua dedicati ad architetti. Ha pubblicato diversi articoli sulla rivista LUCE nel campo dell’illuminazione architetturale, in particolare si concentra nell’esplorazione delle modalità con cui la luce influenza la percezione dell’ambiente. Acquarellista dilettante, è iscritto all’Ordine degli Architetti della Provincia di Venezia. Roberto Corradini is an independent PLDA (Professional Lighting Designers' Association) and APIL (Associazione Professionisti dell’Illuminazione) Lighting Designer. Born in 1970, he graduated in Architecture and earns a Master’s degree in Lighting Design in Venice. He practices in various scale projects in Italy and abroad. Most recently, he has been guest lecturer in Iran, in Kingdom of Saudi Arabia and at La Sapienza’s Rome University. He also teaches in CPD programs for registered architects. He has published articles in “Luce”, in the architectural lighting field, his interests are focused to explore the ways that light affects peoples’ environments. Watercolour painter for pleasure, he is also a registered Architect of Venice.

MARCO PALANDELLA è un Lighting designer indipendente iscritto a PLDA (Professional Lighting Designers' Association) ed APIL (Associazione Professionisti dell’Illuminazione). Nasce a Casale Monferrato il 26 settembre 1975. Inizia a lavorare nel settore dell’illuminazione a servizio di edifici sottoposti a vincolo di tutela architettonico e artistico, riceve alcuni riconoscimenti internazionali per i suoi progetti. È professore di “Tecniche di illuminazione” all’Università SUPSI di Lugano/CH. E’ È membro della commissione “Luce ed Illuminazione” dell’UNI (Ente Italiano di Normazione). Lavora oggi in Italia e nel mondo per committenti pubblici e privati. LD MADE IN ITALY R.CORRADINI - M.PALANDELLA

Marco Palandella is an independent lighting designer, member of PLDA (Professional Lighting Designers' Association) and APIL (Associazione Professionisti dell’Illuminazione). He was born in Casale Monferrato on the 26th September 1975. He started to work as a lighting designer on several illumination projects of sites of historic and artistic interest, and public venues, which were awarded with important prizes and gained national recognition. He is professor of “lighting techniques” at SUPSI University in Lugano/ CH. He is member of the Commission “Light & Lighting” of UNI (Italian Organization for Standardization). He is working in Italy and abroad for public and private Clients.

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oberto Corradini e Marco Palandella sono due quasi giovani lighting designer nati negli anni Settanta, professionisti indipendenti, membri entrambi di PLDA e APIL. Uno, veneziano, l’altro di Casale Monferrato. Sono amici, lavorano e collaborano assieme su dei progetti; hanno studiato e insegnato in molte parti del mondo, dall’Iran alla più vicina Svizzera, o a Roma e continuano a farlo. Sono simpatici, ironici, lavorano con passione, amano la luce, sono molto informati e anche conosciuti e apprezzati nel circuito internazionale dei lighting designer. Li abbiamo incontrati, avrebbero potuto rilasciarci le loro interviste in momenti diversi, ciascuno la sua, invece hanno optato di accettarla assieme, per cui a domanda seguono due risposte, rinunciando ognuno a favore dell’altro, a un po’ più di spazio in questo servizio a loro dedicato. Buon giorno Corradini, buon giorno Palandella, mi raccontate come siete diventati lighting designer? Roberto Corradini: Quasi per caso. Dopo la laurea, avevo iniziato a lavorare in uno studio di architettura di giorno e, di notte, realizzavo visualizzazioni tridimensionali. Mi piaceva molto offrire ai miei clienti immagini notturne, con architetture illuminate in modo poetico (almeno, così mi pareva a quei tempi). Finché, capitò in studio un agente di un’azienda tedesca e, visto il piacere che provavo a studiare le lampade che mi portava, e il mio interesse per la

tecnologia e gli effetti di luce, mi chiese “Ma perché non studi lighting design? Potrebbe diventare la tua professione!”. Era il 2004: cercai immediatamente un Master e ne trovai uno a Venezia. Il resto è storia. Marco Palandella: Lavoravo in uno studio d’ingegneria negli anni in cui l’illuminazione artificiale si arricchiva di nuove sorgenti efficienti e performanti (alogenuri metallici con bruciatore ceramico), e mi resi conto che la luce era la terra di tutti e quella di nessuno: decisi così di dedicarmici a fondo. Ad Asti, nel 2001, ascoltando una presentazione degli architetti e lighting designer Serena Tellini e Francesco Iannone, decisi di iscrivermi all’allora ELDA. Esistono per voi progetti difficili da realizzare? RC: Per un professionista non esistono progetti facili. Ogni progetto presenta una sua particolarità, una specificità che lo rende unico: il mio è un lavoro intellettuale, non faccio mai progetti “copia-incolla”! MP: I progetti se affrontati da professionisti indipendenti sono di solito complessi, anche per i tanti attori che ne fanno parte. Un progetto che considerate riassuntivo della vostra professionalità e creatività? RC: Il prossimo! MP: Un progetto in Russia a Ekaterinburg non realizzato, avevo preso spunto dalla cucina molecolare per rappresentare segni e colori di un famosissimo pittore. Purtroppo non è stato realizzato.

Interni Chiesa Parrocchiale dell'Assunta, Balzola (AL) - progetto vincitore IESNA (Illuminating Engineering Society of North America), IIDA (International Illumination Design Award) award of merit 2005, photo credit Foto Levi Parish Church of the Assumption, Balzola/I - IESNA (Illuminating Engineering Society of North America), IIDA (International Illumination Design Award) award of merit 2005, photo credit Foto Levi

Pagina a fianco Illuminazione per evento degli esterni del Castello di Pomaro (AL) 2009, photo credit Massimiliano Morlotti Event lightign design, Pomaro Castle exteriors 2009, photo credit Massimiliano Morlotti

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Uno scorcio dell'installazione realizzata dagli studenti per lighting workshop internazionale "Lights in Alingsås 2015" - Roberto Corradini & Marco Palandella workshop leaders, photo credit Patrik Gunnar Helin, copyright Alingsås Kommun

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A view of the installation created by students partecipating at the international lighting workshop "Lights in Alingsås 2015" - Roberto Corradini & Marco Palandella workshop leaders, photo credit Patrik Gunnar Helin, copyright Alingsås Kommun

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ROBERTO CORRADINI AND MARCO PALANDELLA PROFESSION: INDIPENDENT LD Roberto Corradini and Marco Palandella are two almost young lighting designers born in the seventies, independent professionals, and members of both PLDA and APIL. One is Venetian, and the other comes from Casale Monferrato. They are friends, now and then they work and collaborate together on some projects; both have studied and taught in many parts of the world, from Iran to, closer to home, Switzerland, or in Rome, and keep on doing it. They are funny, ironic, work with passion, like light, are very knowledgeable and also very well known and appreciated in the international circuit of lighting designers. We met them, they could release their interviews, each his own, at different times; instead, they chose to accept to do it together, so to a single question two answers follow, each were giving up in favour of the other, renouncing to have a longer space in this press report dedicated to them. Good morning, Mr Corradini, Good morning, Mr Palandella, would you like to tell me how you became lighting designers? Roberto Corradini: It was quite by accident. After graduation, I started working in an architectural firm by day and at night I realized three-dimensional displays. I loved to offer my clients nocturnal images, with architectures lit in a poetic way (at least, so it seemed to me at the time). Until an agent of a German company came, by chance, in the studio and, seeing the pleasure I felt in studying the lamps that he brought me, and my interest in technology and the effects of light, asked me: “But why do you not study lighting design? It could become your profession!”. It was 2004: I then immediately went looking for a Master, and I found one in Venice. The rest is history. Marco Palandella: I worked in an engineering firm in the years when artificial lighting was enriched with new light sources, efficient and high-performance (metal halide with ceramic burner), and I became aware that the light was the land of every one, and that of no one: so I decided to devote myself to light to the fullest. At the town of Asti, in 2001, listening to a presentation by the architects and lighting designers Francesco Iannone and Serena Tellini, I decided to enrol at the then ELDA. Are there any plans difficult to achieve for you? RC: For a professional, there are no easy projects. Each project has its own peculiarities, a specificity that makes it unique: my work is of intellectual nature, I never do “copy-paste” projects! MP: Usually, projects taken on by independent professionals are complex even for the many actors who are part of it. Tell me a project that you consider the summary of your professionalism and creativity? RC: The next one! MP: A project in Russia, at Ekaterinburg, never made, I was inspired by molecular cuisine to represent signs and colours of a very famous painter. Unfortunately it has not been realized. Does the market in Italy recognize the importance of addressing a lighting designer? RC: Italy is lucky enough to have numerous talented independent lighting designers, many of whom are appreciated and mostly work abroad. Our country, however, suffers a heavy cultural debt. The problem is that most of our architects, surveyors and engineers, even before consulting a lighting


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Il mercato in Italia riconosce l’importanza di rivolgersi a un lighting designer? RC: L’Italia ha la fortuna di avere dei bravissimi lighting designer indipendenti, molti dei quali sono apprezzati e lavorano soprattutto all’estero. Il nostro Paese però sconta un pesante debito culturale. Il problema è che la maggior parte dei suoi architetti, periti o ingegneri, prima ancora di rivolgersi ad un lighting designer cercano la consulenza “gratuita” da parte di un’azienda produttrice. MP: Concordo con Roberto al cento per cento.

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Una buona illuminazione espositiva nei musei italiani dovrebbe essere un imperativo per direttori e sovrintendenti. A vostro parere a che punto siamo? RC: L’imperativo morale deve essere preservare il nostro patrimonio culturale e artistico, per offrirlo allo studio e al godimento delle future generazioni. Oggi, considerazioni di carattere energetico, unite alla cronica mancanza di fondi dei musei italiani, portano a preferire la tecnologia Led per operazioni

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di retrofit. A parte il vantaggio dell’assenza di radiazione infrarossa e ultravioletta, si crede che basti cambiare le sorgenti per illuminare risparmiando. Spesso in buona fede, i direttori di musei e curatori di mostre si lasciano irretire da “consulenze gratuite” offerte assieme alla fornitura di corpi illuminanti. Così, ormai, in quasi ogni mostra, siamo offesi da abbagliamenti, riflessioni multiple, temperature di colore mal assortite, etc. MP: Aggiungo solo che l’Ente Italiano di Normazione (UNI) lavorerà presto per la stesura di un testo congiunto tra esperti d’illuminazione ed esperti museali sull’importante tema. Il dibattito sull’uso del colore per l’illuminazione architettonica in Italia è sempre aperto, il vostro parere? RC: Personalmente adoro illuminare con il colore, ma non lo uso sempre e mai dappertutto. Il colore aggiunge nuovi significati al progetto d’illuminazione e richiede di essere dosato con sapienza. Francamente, sono stufo di vedere le nostre città acce-

designer, seek “free” advice from a manufacturing company. MP: I agree with Roberto one hundred per cent. Good exhibition lighting in Italian museums should be an imperative for managers and superintendents. In your view, where do we stand? RC: The moral imperative must be to preserve our cultural and artistic heritage, in order to offer it to the study and enjoyment of future generations. Today, energy considerations, together with the chronic lack of funds of Italian museums, lead to prefer Led technology for retrofit operations. Apart from the advantage of the absence of infrared and ultraviolet radiation, many people believe that it is enough to change the light sources to light up and save. Often, well-intentioned museum directors and curators allow themselves to be ensnared by “free consultations” offered along with the light fixtures supply. So, by now, in almost every exhibition, we are offended by glare, multiple reflections, mismatched colour temperatures, etc.


Da due anni questa rivista dedica molte pagine ai Lighting Designer italiani e internazionali. Pensate che possa essere un valido strumento, soprattutto per i non addetti ai lavori di comprendere il ruolo di questa importante figura professionale non molto conosciuta nel nostro Paese? RC: Ne sono convinto. La rivista, negli anni, ha fatto un salto di qualità e segue con attenzione l’evolversi delle esigenze del mercato, ponendo attenzione agli aspetti progettuali prima che a quelli di pro-

dotto o energetici. MP: Certo, è sempre molto importante dare spazio ai professionisti del settore, quindi grazie. Un’architettura storica e una contemporanea in Italia che vi piacerebbe illuminare? RC: Il mio sogno nel cassetto è illuminare l’Arena di Verona. Ogni volta che ci passo davanti, la guardo, me la immagino accesa. Architettura contemporanea? La torre NET di Padova, ripensarne l’illuminazione esistente credo che potrebbe migliorare notevolmente l’immagine notturna della città patavina. MP: La torre civica (Torre di Santo Stefano) della mia Casale Monferrato, ma sono arrivato tardi… Nemo propheta in patria... L'ultimo libro letto? RC: Ho appena riletto “LUCE - Storia dell'Illuminazione Artificiale nel secolo XIX” di Wolfgang Schivelbusch. MP: Ho da poco terminato “Negroni Cocktail, una leggenda italiana” del bartender Luca Picchi.

MP: I would only add that the Italian Authority for Standardization (UNI) will soon be working to draft a joint text between lighting specialists and museum experts on the important subject. The debate on the use of colour for architectural lighting in Italy is always open, what is your opinion? RC: I personally love to illuminate with colour, but I do not use it anytime and never everywhere. Colour adds new meanings to the lighting project and needs to be dosed with wisdom. Frankly, I’m quite sick of seeing our cities lit by “change colour” equipment, obsessively geared to visual vulgarity. MP: The “change colour” are born for a special purpose aimed to the show. Circumstance where, in fact, the light has to be distinctive, strong and focused, it has to underline and emphasize scenes and characters, but not only, the “change colour” lights allow you to alter the reality of things, creating parallel dimensions of artificial type. All this can work in architectural lighting as long as it is done with great care and attention. Our magazine has for two years dedicated many pages to the Italian and international Lighting Designers. Do you believe that it can be a valuable tool, especially for non-experts to understand the role of this important professional figure not very well known in our country? RC: I am convinced. The magazine, over the years, has made a leap in quality and is closely monitoring the evolution of the market needs, paying attention to the design aspects before those of products or energy. MP: Certainly, it is always very important to give space to professionals, so thanks. Among the historic and contemporary architectures in Italy what you would like to illuminate? RC: My dream is to illuminate the Arena of Verona. Every time I pass by it, I look at it and I picture it lit up. Contemporary architecture? The NET tower in Padua, I believe that rethinking the existing lighting could greatly enhance the nocturnal image of the city of Padua. MP: The civic tower (Torre di Santo Stefano) of my Casale Monferrato, but I arrived late … Nemo propheta in patria... The last book you read? RC: I just reread “LUCE - Storia dell'Illuminazione Artificiale nel secolo XIX” by Wolfgang Schivelbusch. MP: I just finished “Negroni Cocktail, una leggenda italiana” by the bartender Luca Picchi.

Pagina a fianco Illuminazione per il 50° anniversario dell'indipendenza 2015 nell'ambito del Singapore Heritage Fest - Singapore SG 50, photo credit Cecilia Ghidetti Al-Abrar Mosque, Singapore Event lighting for Singapore Heritage Fest in occasion of Singapore SG 50, photo credit Cecilia Ghidetti

LD MADE IN ITALY R.CORRADINI - M.PALANDELLA

se da apparecchi “cambia colore” ossessivamente improntati alla volgarità visuale. MP: I “cambia colore” sono nati per un uso finalizzato allo spettacolo. È qui, infatti, che la luce deve essere caratterizzante, forte e mirata, sottolineare e porre in risalto scene e personaggi, ma non solo, i “cambia colore” consentono l’alterazione della realtà delle cose, creando dimensioni parallele di tipo artificiale. Tutto questo può funzionare nell’illuminazione architettonica a patto che sia realizzata con grande cura e attenzione.

Interni Chiesa parrocchiale di San Germano in Ottiglio (AL), progetto vincitore del "section award" 2006 @ IESNA IIDA (USA), Foto Levi S.n.c. Parish Chuch of San Germano in Ottiglio (AL) - award winner @ IESNA IIDA (USA)

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lighting designer made in italy

Segnaliamo con piacere che lo Studio Quintiliani Murano ha ricevuto l’ADI Design INDEX 2015, attestato di “Eccellenze della Lombardia” per l'illuminazione della Madonna Esterhazy, mostra a Palazzo Marino, Milano (vedi LUCE n.311/2015).

di Silvano Oldani

Francesco Murano Architetto, ha conseguito il diploma di Master in disegno industriale presso la Domus Academy di Milano e il titolo di Dottore di ricerca in Disegno Industriale presso il Politecnico di Milano con una tesi dal titolo “Le figure della Luce”. Si è dedicato ad attività didattiche, di ricerca e di progettazione per aziende e per enti e Istituti di Cultura nazionali e internazionali. I suoi progetti e le sue realizzazioni sono stati pubblicati da riviste italiane ed estere d'arredamento. È stato membro dello staff di ricerca della Domus

Academy e del Tapey Design Center e coordinatore del master in Lighting Design presso l’Istituto Europeo di Design di Milano. È ricercatore e docente presso la Facoltà del design del Politecnico di Milano e membro del Laboratorio “Luce e Colore” del Politecnico di Milano. Architect, obtained a master at the Domus Academy and a PhD in Industrial Design at the Politecnico of Milan with a degree thesis entitled “The light shapes“. He has dedicated his

work to educational activities, research and design for businesses and international institutes of culture. His projects have been published by italian and foreign magazines of design. He has been a member of the research staff of both the Domus Academy and the Taipei Design Centre and Coordinator of Master in Light Design at the Istituto Europeo di Design of Milan. He is Assistant Professor at the Politecnico of Milan, Department of Design and member of Laboratorio “Luce e Colore” Politecnico di Milano

We are pleased to point out that the Studio Quintiliani Murano has received the ADI Design INDEX 2015, the certificate “Eccellenze della Lombardia”, for the lighting of the Esterhazy Madonna, exhibition at Palazzo Marino, Milan (LUCE n.311/2015).

Ritratto di Francesco Murano, photo credit Danilo Alessandro

Francesco Murano Progettare contro il tempo

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Lampada Sistina, Skipper, 1985

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C

aro Murano come è diventato lighting designer? La luce mi ha sempre affascinato. Da adolescente e fino alla laurea in architettura ho avuto la passione per la fotografia e ho passato molte notti a sviluppare e stampare foto in bianco e nero, così ho imparato a conoscere le meraviglie della luce naturale, dopo la laurea ho smesso di fotografare e pensavo di fare l’architetto. La luce mi è tornata vicino alla Domus Accademy, seguendo le lezioni di Design Primario condotte da Clino Trini Castelli e da Antonio Petrillo, allora ho approfondito la conoscenza della luce artificiale, conoscenza che ho riversato nel mio primo progetto illuminotecnico presentato in occasione della mia tesi di Master. La tesi aveva come argomento l’illuminazione di un salone di automobili ed è stata pubblicata nel libro “Il lingotto primario”; le luci erano pensate per i riflessi che producevano sulle carrozzerie, il progetto nasceva proprio dallo studio di tali riflessi e determinava la forma degli apparecchi, un percorso insolito che rivoluzionava la prassi illuminotecnica poiché partiva da un effetto per disegnare un apparecchio e non da un apparecchio per valutarne l’effetto. In seguito ho progettato apparecchi di illuminazione e la mia prima lampada riprendeva l’insegnamento della Domus Academy, una lente posta su di una dicroica ne proiettava l’interno producendo un effetto fantasmagorico sul soffitto. La luce texturizzata faceva vedere e si faceva vedere, la luce era l’oggetto e il soggetto dell’illuminazione. La lampada ebbe grande successo e fu prodotta dalla ditta Skypper, un’azienda allora famosa che aveva in catalogo lampade di Sottsass, di Mangiarotti, di Gecchelin, mi trovai all’improvviso proiettato tra i più famosi designer di oggetti luminosi e per molti anni ho disegnato lampade. Dopo ho cominciato a illuminare ambienti interni ed esterni, dagli stand di Armani in Rinascente alle Torri di Guardia sul lago di Como e infine sono approdato all’illuminazione

delle opere d’arte, illuminando decine di mostre, da Michelangelo a Warhol, da Raffaello a Hopper. Esistono progetti difficili da realizzare? Dipende dal tempo e dai mezzi, se hai molto tempo e puoi fare quello che ti pare i progetti ovviamente diventano facili ma per assurdo a posteriori mi sembrano tutti poco interessanti, mi piacciono di più quelli nei quali il tempo non c’è e i mezzi scarseggiano allora devi davvero tirare fuori il carattere e riuscire a far bene dove sembra impossibile ottenere un risultato anche solo accettabile. Un progetto che ritiene riassuntivo della sua professionalità e creatività? Senza dubbio l’illuminazione della Tempesta del Giorgione a Venezia. A Palazzo Grimani il dipinto del Giorgione era posto in una sala detta tribuna sormontata da un lucernario, il dipinto era stato scelto da Vittorio Sgarbi, curatore di una mostra composta di sole tre opere del Maestro. La sala era priva non solo dell’ impianto d’illuminazione ma anche di quello elettrico ed io avevo perciò deciso di illuminare il dipinto dall’esterno attraverso il lucernario posto sopra la sala e circondato da una piano calpestabile. Gli apparecchi erano equipaggiati con quattro lampadine dicroiche da 50W con apertura di 10 gradi, secondo i miei calcoli erano sufficienti a illuminare adeguatamente il dipinto con 140 lux. Una volta piazzati e accesi i fari, verificai che la quantità di luce era giusta e quindi tornai in albergo in attesa dell’apertura della mostra prevista per il pomeriggio del giorno dopo che era una domenica. Intorno alle due di notte fui però svegliato dall’assistente di Sgarbi che mi chiese di recarmi a Palazzo Grimani perché il curatore non era contento della luce che illuminava il dipinto. Nel 2010 non conoscevo personalmente Sgarbi ma temevo i suoi celebri scatti d’ira, mi accolse invece con simpatia e spiegò che lui voleva una luce “quadrata” e non rotonda. Compresi che voleva

FRANCESCO MURANO DESIGNING AGAINST TIME Dear Francesco Murano how did you become a lighting designer? Light has always fascinated me. As a teenager and to the degree in architecture I had a passion for photography and spent many nights to develop and print photos in black and white, in this way I got to know the marvels of natural light; after graduation I gave up photographing and thought of being an architect. The light came back close to me at the Domus Accademy, following the lessons of Design Primario conducted by Clino Trini Castelli and Antonio Petrillo, then and there I deepened my knowledge of artificial light, a knowledge that I put into my first lighting project, which also was my Master's degree thesis. The thesis focused on the lighting of a car salon and was published in the book “Il lingotto primario”; the lights were designed for the reflections they produced on the car body, the project was born out of the study of these reflections and determined the design of the lighting fixtures, an unusual path that revolutionized the lighting practice, since it started from an effect to design a lighting appliance, and not from an appliance to assess its final effect. Afterwards I designed lighting equipment and in my first lamp design I took up the teaching of the Domus Academy, I placed a lens on a dichroic bulb that projected its inside part, producing a phantasmagorical ceiling. The textured light was able both to show things and to make itself seen, the light was the object and the subject of lighting. The lamp was a great success and was produced by the firm Skypper, at that time a famous company that had in its catalogue lamps by Sottsass, Mangiarotti and Gecchelin, I found myself suddenly projected among the most famous designers of lighting objects and for many years I designed lamps. Later I began to light up indoor and outdoor environments, from the Armani stands in the Rinascente, to the Torri di Guardia at the Como Lake and finally I came to the lighting of artworks, illuminating dozens of exhibitions, from Michelangelo to Warhol, from Raphael to Hopper. Do you think there are designs difficult to achieve? It depends on the time and the means, if you have a lot of time and can do whatever you want, projects obviously become easy, but in retrospect, paradoxically, they all seem to me not so interesting, I like best those ones, in which there is no time and shortage of means, then again you really have to bring out your character and be able to do well where it looks impossible to get a result even just acceptable. Tell me about a project that you consider a summary of your professional skills and creativity? Undoubtedly the lighting I made for the Tempesta by Giorgione in Venice. At Palazzo Grimani, Giorgione’s painting was placed in a hall called tribune topped by a skylight, the painting had been chosen by Vittorio Sgarbi, curator of an exhibition composed of just three works of the Master. The hall had no lighting system, and also no electric one, and I had, for that reason, decided to illuminate the painting from the outside through the skylight above the hall and surrounded by a walkable surface. The appliances were equipped with four 50W dichroic bulbs, with a 10 degrees beam angle, according to my calculations they were sufficient to adequately illuminate the painting with 140 lux. Once placed and turned on the spotlights, I was able to verify that the amount of light was correct and so I went back to the hotel, waiting for the

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Schema di illuminazione Hieronymus Bosh e Giorgione a Palazzo Grimani, Venezia

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una luce sagomata e gli dissi che la mattina avrei provveduto. Passai tutta la notte a cercare in internet indirizzi di service luci in grado di fornirmi un sagomatore e la mattina del giorno li chiamai tutti sperando che qualcuno fosse presente anche la domenica. Ne trovai uno e alle 15 mettemmo in opera come potevamo il sagomatore e aggiungemmo un leggero filtro diffusore che produsse una luce perfetta sul quadro. Con lo stesso sistema sempre a Palazzo Grimani l’anno dopo ho illuminato le “Quattro visioni dell'Aldilà” di Bosch. Credo che il mio maggior merito sia quello di trovare soluzioni semplici in tempi rapidi come è accaduto per l’illuminazione del teschio di Damien Hirst, nella mostra “For the Love of God” quando ho utilizzato tre specchi per indirizzare la luce dei sagomatori o quando ho usato il riflesso della bussola in vetro dell’ingresso per illuminare un ritratto di Felice Carena a palazzo Franchetti a Venezia. Il mercato in Italia riconosce l’importanza di rivolgersi a un Lighting Designer? Per fortuna ancora no, così come categoria possiamo sperare di lavorare di più. Non amo le lamentazioni corporative e credo che ognuno debba cercare il proprio segmento di professionalità e sfruttarlo al massimo. Una buona illuminazione espositiva nei musei italiani dovrebbe essere un imperativo per direttori e sovrintendenti. A suo parere a che punto siamo? Molti direttori lo hanno capito, ho illuminato collezioni permanenti e temporanee in diversi musei

in Italia e ho verificato come la coscienza della necessità di una buona illuminazione stia crescendo. In alcuni casi, però, i direttori dei musei sono fuorviati dalla loro grande conoscenza storica e filologica delle opere d’arte che li distoglie dall’apprezzamento reale della luce che li illumina, è un po’ la stessa differenza che c’è tra un geologo e un paesaggista nell’osservare una roccia: il primo ne conosce la composizione chimica e la datazione, il secondo la osserva per i colori e per come brilla sotto la luce. Il dibattito sull’uso del colore per l’illuminazione architettonica in Italia è sempre aperto, il suo parere? Qualsiasi illuminazione artificiale investa l’architettura e tanto più un edificio storico, una scultura o un dipinto è frutto di una scelta arbitraria, ovviamente “non naturale” e quindi legittima anche se personalmente penso che la luce sia cosmesi. Per me l’illuminazione delle opere d’arte e dell’architettura deve avere lo stesso effetto della cipria sul viso di una bella donna, deve cioè correggere qualche lieve imperfezione ed esaltare la bellezza naturale del soggetto. La cosmesi si risolve nella pratica del trucco e il termine trucco indica proprio il fatto che occorre agire senza che nessuno si accorga del nostro intervento, tanto più riuscito quanto più occultato dalla bellezza apparentemente genuina del risultato. Questa è solo la mia opinione e ognuno è libero di illuminare come vuole, la luce non fa male agli edifici e se non piace si può modificare o spegnere.

Illuminazione mostra Hieronymus Bosch a Palazzo Grimani, Venezia, photo credit Federico Scutera

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Illuminazione mostra Edward Hopper, con Fabrizio Lucci, Palazzo Cipolla Roma 2010, photo credit Arthemisia

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opening of the exhibition scheduled for the afternoon of the next day, which was a Sunday. Around two in the morning I was, however, woken up by Sgarbi’s assistant, who asked me to come to Palazzo Grimani because the curator was not happy with the light that illuminated the painting. In 2012 I did not know personally Sgarbi, but feared his famous outbursts of anger; instead, he greeted me with affection and explained to me that he wanted a “square” and not a round light. I understood that he wanted a shaped light and told him that in the morning I would have done so. I spent all night searching the Internet for addresses of lights services able to give me a beam shaper and during the morning I called them all, hoping that someone was in attendance even on Sundays. Eventually I found one, and at 15.00 o’clock we put, as we could, the beam shaper in place and we added a slight diffusion filter, which produced a perfect light on the picture. After a year at Palazzo Grimani, with the same system, I lit the "Quattro visioni dell'Aldilà" by Bosch. I think my greatest merit is to find simple solutions quickly, as I did for the lighting of the skull by Damien Hirst, in “For the Love of God” exhibition when I used three mirrors to direct the light of the profile spots or when I used the reflection of the glass of the vestibule entrance to illuminate a portrait of Felice Carena at Palazzo Francchetti in Venice. Do you think the market in Italy recognizes the importance to turn to a Lighting Designer? Fortunately still not, so as a category we can hope to do more work. I do not like corporate lamentations and I believe that everyone should try their own segment of professionalism and make the most of it. Good exhibition lighting should be a must for managers and superintendents in Italian museums. Mr Murano, in your opinion, where are we? Many directors have understood it; I have lit permanent and temporary collections in several museums in Italy and have verified that the awareness of need for good lighting is growing. In some cases, though, the museum directors are misled by their great historical and philological knowledge of the works of art, which keeps them from being able to appreciate the light that illuminates them, it’s somewhat the same difference existing between a geologist and a landscape architect observing a rock: the first one knows the chemical composition and the age, whereas the other one looks at its colour and how it sparkles in the light. The debate on the use of colour for architectural lighting is always open in Italy; what’s your opinion? Any artificial light that invests the archi-


Palazzo Sciarra Roma, photo credit Arthemisia

Illuminazione mostra Escher, Chiostro Del Bramante, Roma 2014, photo credit Arthemisia

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Illuminazione mostra sculture dalle Collezioni Santarelli e Zeri,

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Da diversi numeri LUCE dedica molte pagine alla figura dei Lighting Designer italiani e internazionali. Pensa che possa essere un valido strumento, soprattutto per i non addetti ai lavori di comprendere il ruolo di questa importante figura professionale non molto conosciuta nel nostro paese? Penso di sì, specie per la diffusione della rivista, penso però che i progetti presentati debbano essere sempre anche tecnicamente ben illustrati per gli addetti ai lavori che spesso commettono errori banali e facilmente evitabili comprendendo gli esempi di chi ha più esperienza e ha operato in un caso simile. Occorrerebbe poi vedere realmente i lavori perché la luce si apprezza solo vivendola, io visito sempre le mostre d’arte proprio per imparare.

Un’architettura storica e una contemporanea in Italia che le piacerebbe illuminare? Non un’architettura ma una scultura. Mi piacerebbe illuminare la Pietà di Michelangelo, vorrei ricreare con la luce artificiale il capolavoro luministico del cambiamento della luce naturale ripreso da Antonia Mulas in una famosa sequenza fotografica del 1979. L'ultimo libro che ha letto o sta leggendo? Reparto numero 6 di Anton Cechov, un racconto toccante e profetico sulla capacità che hanno i mediocri di creare strutture autoreferenziali, strumenti indispensabili per conservare il proprio dominio impedendo l’accesso o la carriera ai meritevoli e ai capaci.

tecture, and the more a historic building, a sculpture or a painting is the result of an arbitrary choice; it is obviously “non-natural” and therefore legitimate although I personally think that light is cosmetics. To me the lighting of works of art and architecture has to have the same effect as face powder on the face of a beautiful woman that is it has to correct some slight imperfections and enhance the natural beauty of the subject. The cosmetics is the practice of makeup, and the word makeup indicates precisely the fact that we must act without anyone being aware of our work, the more successful the more it is concealed by the seemingly genuine beauty of the result. This is only my opinion and everyone is free to illuminate as he wishes, the light does not hurt the buildings and if you do not like it you can change it or switch it off. Since several issues, LUCE devotes many pages to the figure of the Italian and international Lighting Designer. Do you think that it can be a valuable tool, especially for non-experts, to understand the role of this important professional figure, still not very well known in our country? I think so, especially with the spread of the magazine, and I think that the projects presented should always be described in detail, also technically, for all us professionals, who sometimes commit trivial and easily avoidable mistakes, including the examples of those who have more experience and has worked in similar cases. Should be see the works from real, because the light con be appreciated only by living. I always visit the art exhibitions just to learn. A historical and a contemporary architecture in Italy that you'd like to illuminate? Not architecture but a sculpture. I would like to light the Pietà di Michelangelo, to reinvent with artificial light the luministic masterpiece of natural light change, captured by Antonia Mulas in a famous photographic sequence of 1979.

Schema di illuminazione del Ritratto della Baronessa Ferrero, Mostra Felice Carena e gli anni veneziani, Palazzo Franchetti, Venezia 2010

Schema di illuminazione teschio di Damien Hirst nella mostra “For the Love of God” Palazzo Vecchio, Firenze 2010

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Illuminazione mostra Cleopatra. Roma e L'incantesimo Dell'Egitto, Chiostro Del Bramante, Roma 2013, photo credit Arthemisia

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Which is the last book you read or are reading? Reparto numero 6 by Anton Cechov, a touching and prophetic story about the ability that mediocre people have to create self-referential structures, which are essential tools to keep your domain by preventing access or career to the deserving and capable ones.


LA CULTURA DELLA LUCE

“Cultura della luceâ€? VLJQLĂ€FD LQ SULPR OXRJR riconoscere il ruolo che O¡LOOXPLQD]LRQH KD QHOOD YLWD quotidiana di ognuno di noi.

AIDI è presente sul territorio nazionale con 12 Sezioni Territoriali e la Sede storica di Milano.

AIDI è formazione e aggiornamento professionale.

AIDI dal 1959 è ambasciatrice di una moderna cultura della /XFH ,WDOLDQD H SURPXRYH OR VYLOXSSR GHO VHWWRUH LOOXPLQRWHFQLFR ULOHYDQGR XQ¡LGHD GL TXDOLWj di eccellenza e di ambiente.

AIDI è testimone della VWRULD H GHOO¡LPPDJLQH dei suoi associati: XQ¡LPSUHQGLWRULD LOOXPLQDWD H FRUDJJLRVD VWXGLRVL H SHUVRQDOLWj GHO PRQGR DFFDGHPLFR SURJHWWLVWL D]LHQGH GL VHUYL]L FXOWRUL della luce.

$,', q XQ¡HIĂ€FDFH sistema di comunicazione che consente di raggiungere il mondo della luce italiana e internazionale JUD]LH DOOD VXD ULYLVWD /8&( FDUWDFHD GLJLWDOH H ZHE DO VLWR $,', DOOH Newsletter.

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DESIGN

LOREM IPSUM DOLOR SIT

di Andrea Calatroni

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Fontana Arte e Giorgio Biscaro: LA STORIA RINNOVA SÉ STESSA


Giorgio Biscaro

FONTANA ARTE AND GIORGIO BISCARO: THE STORY RENEW ITSELF After his bachelor degree in Industrial Design obtained at IUAV of Venice in 2001, Giorgio Biscaro has more and more deepened design process methods, with a specific reference to the world of decorative lighting design, in his opinion one of the most complex and stimulating. Since the very beginning, he chooses to match his freelance career, still active, many work experiences among different companies somehow related to products design, motivated by the will of better understanding the dynamic and the processes and how highly structured brands deal with culture, per se impossible to frame into schemes whatsoever. He frequently keeps courses and lectures in academic environments, an occupation he reputes very important as any activity conveying knowledge (and, among those,

ricerca strategica di un nuovo linguaggio internazionale. Luce e movimento: incontro ideale fra due aziende che da sempre puntano su design e innovazione per la casa. Un giovane designer e un’azienda storica, a un’alta responsabilità deve corrispondere un’alta creatività. Ringrazio anzitutto per la definizione di giovane, che in Italia ha valori di riferimento decisamente diversi dal resto d’Europa (anche se, rispetto alla sua lunga storia sono senz’altro giovane). Effettivamente il tema della responsabilità è centrale. Non credo però che la chiave del mio lavoro con Fontana Arte sia stata la creatività (termine per il quale ho una particolare avversione), quanto il rispetto per la sua storia. Dal 2012 c’è stato un grande cambiamento nel catalogo, indotto certamente da alcune mie scelte, ma indubbiamente anche figlie di un’acquisizione che ha apportato un grande know-how industriale e agevolato la ricerca strategica di un nuovo linguaggio internazionale. Questo ha reso possibile inserire a catalogo prodotti che, se a un primo sguardo potevano sembrare incoerenti rispetto alla tradizione dell’azienda, con l’approfondimento rivelavano avere lo stesso carattere innovativo e anticonformista che aveva caratterizzato l’azienda delle origini. Armato di questa volontà di recuperare gli intenti iniziali ho dunque valutato progetti che riuscissero a testimoniare il carattere innovativo dell’azienda voluta da Ponti, fedele alle suggestioni di quest’ultimo riguardo al concetto di “casa vivente”. Un concetto decisamente contemporaneo. Luce riflessa: è il tema portante di molti suoi progetti e di quelli presentati in Euroluce 2015. Di che tipo di scelta si tratta? Quando sui libri di scuola studiai la Gibigiana di Castiglioni, fui affascinato dalla possibilità di pie-

design as well): this year he will in fact start teaching at SID (Italian School of Design in Padua), to me one of the best institute which pays lot of attention to the relationship between designers and companies. This kind of attention lead me, in 2011, to co-found with three colleagues and partners SomethingGood brands, editing small furniture objects produced by selected craftsman, mainly located in Veneto, with the specific aim to communicate the Italian manufacturing value and design qualities. From 2012 he follows the FontanaArte art direction, one of the most important and awarded lighting companies in the world. Founded in 1933 starting from a Gio Ponti idea, it is one of the companies that made “the lighting and furniture history” both in Italy and in the world, involving famous architects and designers building together a cultural project on architecture, lighting and furniture: timeless objects, beautiful shapes,

gare la luce: una funzione che ero abituato a concepire fissa, diretta, indomita, veniva piegata e amministrata. In generale, spostare l’attenzione dalla sorgente a un secondo componente, che ne estenda le funzioni o l’accessibilità, è un tema che mi interessa per via dell’incremento prestazionale generato, ma soprattutto per la piccola magia di cui parlavo più sopra. Inoltre, nel caso dei LED, questa soluzione ha una motivazione del tutto pragmatica: l’emissione dei diodi è lineare, mentre quella di una lampadina alogena G9 è radiale. Questo ha fatto sì che con l’adozione dei LED in ambito decorativo, si sia persa la possibilità di illuminare degli sferoidi con una sorgente sola e senza generare ombre. La luce riflessa serve per l’appunto a questo: utilizzando paraboloidi o superfici appositamente disegnate, è possibile amministrare le limitazioni del tipico fascio luminoso dei LED e ottenere risultati altrimenti difficili da raggiungere. Con Holly G, (FontanaArte, 2015) ho lavorato per far sì che la luce di un LED remoto molto potente e dal fascio estremamente concentrato viaggiasse magicamente invisibile per tutto il corpo principale della lampada, per poi essere riflessa dal cappello, che essendo libero di ruotare su una superficie sferica consente di direzionare il flusso luminoso. Con Lunaire, la riflessione diventa funzionale a un risultato estetico importante: riuscire a creare una luce piacevolmente diffusa su una superficie verticale, anche se la sorgente è incapsulata in un blocco centrale. La riflessione della luce è dunque un tema al quale tengo molto, in effetti è ciò che permette a una lampadina di illuminare una stanza intera, che non è cosa da poco. Se può, ci potrebbe raccontare le scelte strategiche e linguistiche per la nuova FontanaArte? Vetro stampato, ceramica e sensori ovvero nuova vita a materiali antichi e introduzione delle nuove tec-

some of them now are classical and exposed in the most important museums around the world. From 2010 FontanaArte was bought by Nice spa, it represents an opportunity to realize an industrial solid base for the future and to encourage a strategic research of a new international language. Light and movement: it’s perfect deal between two companies always related to design and home innovation. A young designer and a long story company, a high responsibility must match a high creativity. First, thank you for your definition of “young”, which in Italy has a very different value than in the rest of Europe (even if, in comparison to FontanaArte’s long history I’m definitely young). Coming to the question, the topic of responsibility is crucial. Anyway, I don’t think the main focus of my work with FontanaArte has been creativity

(a term I don’t love); instead I think it’s all about the respect for its history. In 2012 the company underwent a huge change, surely induced by some of my choices, but also because of an acquisition who brought a great industrial know-how and eased the strategic research of a new international language. This allowed some product to enter the catalogue, products that at first sight might seem not so coherent with the tradition of FontanaArte but, analyzing them, fitted perfectly with the nonconformist and innovative nature. Lamps like Luminator or Mano in the 30ies were an avant-garde that had very few peers in Italian industrial history. On the strength of this will of rescuing the original intents, I considered projects that could prove the innovative attitude of the brand built by Ponti, faithful to his suggestions about a “living house”, a concept undoubtedly modern.

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DESIGN FONTANA ARTE E GIORGIO BISCARO

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iorgio Biscaro, dopo la laurea in Disegno Industriale allo IUAV di Venezia nel 2001. Da allora, ha sempre più approfondito le tematiche di progetto con speciale riferimento al mondo della luce decorativa, a suo avviso uno dei temi progettuali più complessi e stimolanti. Da subito ha scelto di affiancare alla sua attività di designer freelance, che tuttora svolge, esperienze lavorative presso diverse aziende di settore, spinto dal desiderio di conoscere dall’interno le tematiche aziendali e capire come un mondo altamente normato come quello del brand si fa portavoce di un messaggio culturale, che per sua natura non è imbrigliabile. A queste attività ha affiancato l’insegnamento accademico, un’attività che ritiene di estrema importanza così come tutte le azioni che permettono trasmissione di cultura e sapere e, tra queste, includerei il design: da quest’anno sarà infatti docente alla Scuola Italiana di Design di Padova, che è un ottimo istituto con grande attenzione al rapporto tra designer e impresa. La stessa che lo ha ispirato nel 2011 a fondare con altri tre soci e colleghi il brand SomethingGood, editore di piccoli oggetti di arredamento prodotti con selezionati artigiani in maggior parte localizzati in Veneto, con lo scopo di comunicare i valori di qualità progettuale e manifatturiera italiana. Dal 2012 si occupa della direzione artistica di Fontana Arte, uno dei brand di illuminazione più famosi mondo. Fondata nel 1932 dall’idea di Gio Ponti, è tra le aziende italiane che hanno fatto la “storia della luce e dell’arredamento” in Italia e nel mondo, coinvolgendo i più importanti architetti e lighting designer per costruire un progetto culturale sull’architettura, l’illuminazione e l’arredamento: oggetti senza tempo, dalle splendide forme, alcuni dei quali sono dei classici del design esposti nei più importanti musei del mondo. Dal 2010 Fontana Arte entra in Nice spa cha ha rappresentato l’opportunità di realizzare una solida base industriale per il futuro e facilitare la

Pagina a fianco Parola, Gae Aulenti, Piero Castiglioni, 1980 Riedizione 2015. Foto di Maurizio Cavallasca

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Lunaire, Ferréol Babin, 2013. Foto di Maurizio Cavallasca

LOREM IPSUM DOLOR SIT

Fontana, Max Ingrand, 1954. Foto di Maurizio Cavallasca

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Volée, Odo Fioravanti, 2015. Foto di Maurizio Cavallasca


HollyG, Giorgio Biscaro, 2015

nologie. Sono parte del nuovo linguaggio/identità dell’azienda? Per i motivi di cui sopra, non parlerei di “nuova FontanaArte”, quanto di una nuova grammatica che esprime i significati progettuali e culturali ai quali siamo affezionati. Sicuramente, la scelta di materiali innovativi è parte di un processo di riscoperta dell’industrialità che fino a pochi anni fa non era stato possibile affrontare, anche se non abbiamo intenzione di abbandonare il vetro e la tradizione vetraria che ha fatto grande il marchio. Credo che l’Azienda sia oggi una singolarità nel mondo dell’illuminazione decorativa, perché riesce a coniugare la capacità di realizzare prodotti semi-artigianali (si pensi a lampade come la classica Fontana o la 0024) con la cura nel confezionare prodotti complessi e ottenuti in grandissima serie tramite investimenti elevatissimi in termini di sviluppo e attrez-

Reflecting light: it is an important theme in yours and in the new projects showed in Euroluce 2015. What kind of choice is it? When at school I studied Castiglioni’s Gibigiana, I fascinated by the possibility it gave to bend the light: an element until then I had considered fixed and pure was somehow domesticated. In general, shifting the attention from the light source to a secondary component, which is able to extend its functions or the accessibility, is a topic I’m totally in love with because of the increased performances, but especially for the above-mentioned little magic. Moreover, speaking about LEDs, this solution has a very pragmatical reason of being: LEDs emission is linear, while halogen’s one is radial. So, when we started using LEDs in decorative lighting, we had the problem of an even diffusion of light, shadow-free. Reflected light was born for this precise reason: using parabolas and mirrored custom-surfaces, we can go beyond LEDs’ typical limitations and achieve better results. With HollyG (FontanaArte, 2015) I wanted

zature. Il tutto sviluppato, prodotto e assemblato in Italia. Questa vicinanza al sistema produttivo ci permette di fare un lavoro di ricerca specifico e mirato, intervenendo in modo non lineare nel processo di sviluppo progettuale. I materiali innovativi servono a questo: risolvere problemi laddove materiali tradizionali non possono arrivare. Sarebbe però sbagliato partire dal materiale in modo aprioristico, perché questa scelta può solo avere ragioni estetiche, che io personalmente preferisco lasciare ad altri. Credo invece in una coesistenza felice di materiali corretti per un determinato scopo, così come la giusta tecnologia per una precisa funzione: tutto deve essere rapportato al progetto e a come questo deve assolvere al proprio compito. La sperimentazione, per lei è un tema molto sentito, c’è spazio in azienda per farne?

the light of a very bright, remote LED featuring a very narrow beam, to magically cross a transparent glass body and finally to be reflected by the top hat which in turn is fully adjustable so it can reflect the light beam wherever the user wants to. With Lunaire, the reflection is functionally bound to an important aesthetic result: casting a pleasingly diffused light on a vertical surface even if the light source enclosed in a central core. The light reflection is thus a topic I care about: if you think about it, it’s the reason why a simple bulb can light up an entire room, which is no small thing! If you can, could you tell us the new strategic and linguistic choices for the new FontanaArte? Cast glass, ceramic and sensors means new life for ancient materials and introduction of new technologies. Are they part of company new language/identity? For the above said reasons, I would not speak about a “new FontanaArte”, but rather a new grammar expressing the cultural and processual meanings we are familiar with.

Molto, e questo è ciò che oggi rende FontanaArte speciale. Abbiamo un dipartimento tecnico altamente specializzato che può raccogliere qualunque tipo di sfida: la differenziazione è ciò che oggi crea valore nei brand. Abbiamo una casa madre che ha fatto della sperimentazione e dell’innovazione la chiave del proprio successo, di conseguenza la fase sperimentale è vista non solo di buon occhio, ma passaggio necessario per creare valore nel marchio. Beninteso, la sperimentazione non è da intendersi solamente in senso tecnologico: sono personalmente alla costante ricerca di nuove necessità, modi d’uso, abitudini e faccio un costante lavoro di analisi socio-culturale per capire in che modo domani la luce servirà alla persona, perché la casa vivente di cui si accennava segue comportamenti umani che ovviamente non sono gli stessi in tutte le parti del mondo.

For sure, the choice of innovative materials is part of a process that revives the industrial values the company couldn’t face some years before, even if we don’t have any plan of abandoning glass and glass-blowing tradition that were the company’s flagship. I think FontanaArte today is a singularity in decorative lighting design, because it can match a high knowledge in managing handcrafted products (think about the iconic Fontana or 0024) with the ability of building highly industrialized products, thanks to the biggest tooling investments in the field. Everything developed, produced and assembled in Italy. This proximity to the world of production allows us to make a very tailored and focused work, intervening in a non-linear way in the design process. Innovative materials have indeed this aim: they can solve problems standard materials cannot. But it would be a terrible mistake starting from the material a priori, because this could only have aesthetic reasons, which I prefer not to embrace. Instead, I believe in a happy coexistence of the right

material for the right purpose, just like a technology must serve to a specific function: everything should be functional to the project and that way it fulfills its duty. Experimentation, for you is very important, there space for it in your company? Very much, and this is what makes FontanaArte so special. We have a highly specialized engineering department that can take on whatever challenge: differentiation is what today creates brand value. We have a parent company that put innovation at the first place, so experimenting is not only encouraged, but also crucial in raising the brand value. Needless to say, experimental research is not only technological: I’m constantly craving for new needs, way of use, habits and I analyze the socio-cultural dynamics to understand how tomorrow’s light will be, because the “living house” we were talking about before follows human behaviors’ and they are completely different wherever you go.

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DESIGN FONTANA ARTE E GIORGIO BISCARO

Milano2015, Carlo Colombo, 2015. Foto di Maurizio Cavallasca

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lighting designers world by Andrew Peterson

interview with jordi ballesta Anoche Iluminación Arquitectónica barcelona

Centro Comercial L’Illa Diagonal, Barcellona. He is Academic Director in lighting design at Elisava University.

LIGHTING DESIGNER WORLD JORDI BALLESTA

Jordi Ballesta Technical engineer in Industrial Design at Elisava, University Pampeu Fabra, Barcelona. Starting working very young, he works in Edinburgh as theater lighting designer. Back to Barcelona he starts to collaborate with XFAD (Arts and Design Development), he gains the opportunity to design numbers of events and exhibitions in Barcelona. He has worked as technical manager for an important lighting practice in Bercelona, working on national and international projects. During the last years he works as lighting consultant with architects as Richard Rogers, Jean Nouvel, Estudio Lamela, TAC Architectos Eduard Gascón, Batlle i Roig, b720 Fermín Vázquez, Patrick Genard & Associates, Alonso & Balaguer Arquitectes Associats. He designs numbers of custom made luminaires for the Forum 2004, Parc Central,

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Ingegnere tecnico in Industrial Design presso Elisava, Università Pompeu Fabra, Barcelona. Ha iniziato a lavorare con la luce molto giovane, ha lavorato a Edimburgo come collaboratore alle illuminazioni teatrali. Tornato a Barcellona, è entrato nella XFAD (Sviluppo delle Arti e del Disegno), ha avuto l'opportunità di progettare l'illuminazione di numerose mostre ed eventi a Barcellona. Per quattro anni, è stato direttore dell'ufficio tecnico per uno studio di lighting design in Barcellona, con progetti nazionali e internazionali. Negli ultimi anni ha collaborato come consulente per architetti come Richard Rogers, Jean Nouvel, Estudio Lamela, TAC Architectos Eduard Gascón, Batlle i Roig, b720 Fermín Vázquez, Patrick Genard & Associates, Alonso & Balaguer Arquitectes Associats. Ha progettato apparecchi d’illuminazione speciali per il Forum 2004, Parc Central, Centro Comercial L’ Illa Diagonal, Barcellona. È Direttore Accademico dell’Università Elisava per il Lighting Design.

LIGHT IS LIKE AIR FOR THE MUSIC


Filarmonica, Szczecin (Poland), Photo © Jakub Certowicz

LA LUCE È COME L’ARIA PER LA MUSICA Jordi Ballesta, quando è stato affascinato dalla luce? È una lunga storia, ma che si può riassumere come una tradizione familiare. Fin da piccolo sono stato circondato da lampade, poiché la mia famiglia ne ha sempre progettate, costruite e vendute, grazie a questo ho sempre vissuto la luce con naturalezza. Inoltre, il punto di svolta credo sia avvenuto nell’estate del 1999 quando ho conosciuto un altro modo di lavorare con la luce: il teatro. Per molti mesi ho vissuto a Edimburgo e questo mi ha dato l’opportunità di frequentare l’Edinburgh International Festival (http://www.eif.co.uk/). Avevo 19 anni ed ero uno studente di ingegneria, ho iniziato a comprendere che la luce non è soltanto un oggetto, ma anche un magnifico strumento per tramettere sensazioni alle persone. Da allora, e fino ad oggi, non ho mai smesso di lavorare con questo elemento, è questo il punto essenziale del nostro lavoro che intendo trasmettere ai miei studenti durante le mie lezioni universitarie.

trying to transmit this to all my students in my university lectures. Could you, briefly, narrates us what does it mean, “Light is an intangible material”? I have try to read and studied Alberto Campo Baeza works and wrintings, who has explained like any one that light is an architectural material, that being free (sunlight I mean) is the maximum luxury and that is the main theme of the Architecture. For architects light is like the air for the music, as there would be no music without the air transmission, in the same way there is no architecture without lighting, they remain simple buildings. Browsing your portfolio, I noticed that you use light like a surface. The walls, under your lights, become a canvas for shadows, such as in Franci-

Scorrendo il suo portfolio, ho notato che usa la luce come una superficie. I muri, sotto le luci, diventano una tela per le ombre, come nella Franciscanos Church. È un’intuizione corretta? Sì, lo è. La luce deve essere percepita anche sulle pareti. Questa è la nostra filosofia di progetto, controlliamo e direzioniamo la luce per raggiungere un effetto di rinforzo e di sottolineatura dell’idea architettonica. Che tipo di relazione stabilite con gli architetti, come ad esempio Jean Nouvel o Rafael Moneo. Nel nostro studio, abbiamo imparato a differenziare le operazioni, quando dobbiamo creare l’illuminazione e le scene dall’inizio e quando lavoriamo con gli architetti che hanno un’idea forte e una buona conoscenza della luce, in questo caso noi siamo dei collaboratori che li aiutano a eseguirla e renderla reale. Così noi ci sosteniamo e miglioriamo a vicenda, per noi è un piacere lavorare con loro e una grande opportunità per imparare qualcosa di nuovo da questi grandi architetti.

LIGHTING DESIGNER WORLD JORDI BALLESTA

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ordi Ballesta how has been fascinated by light? It is a long story, we can to resume as a family tradition. I have lived since I was a child surrounded by lamps, because my family designed, manufacture and sell them and thanks to that, I always lived it the light with naturalness. However, I think the definitive turning point was in 1999 summer when I knew another way to work with the light: the theatre. I have been lived several months in Edinburgh and I had the opportunity to enjoy the Edinburgh International Festival (http://www.eif.co.uk/). By the time I was a 19 years old engineer student, but I began to understand that light is not only an object, but also a wonderful tool to transmit sensations to the people. From then until today I have not stopped to work with this tool, to that is the focal point of our work that I am

Ci potrebbe raccontare, brevemente, cosa intente quando parla de “La luce è un materiale intangibile”? Ho studiato e letto tutti i lavori e gli scritti di Alberto Campo Baeza, il quale si riferisce alla luce come ad un materiale architettonico come gli altri, tra l’altro gratuito (quella naturale almeno) e questo è un grande lusso e uno dei grandi temi base dell’architettura. Per gli architetti la luce è come l’aria per la musica, non ci sarebbe musica senza la trasmissione dell’aria, allo stesso modo non ci sarebbe architettura senza luce, sarebbero soltanto semplici edifici.

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scanos Church. That is correct? Of course. Yes, it is. Light has must been perceived on the walls. This is our thought is why we think, we control and direct the light to reach and obtain the effect that reinforces the concept or the underlying the architectural idea. Which kind of relationship you establish with architects, i.e. Jean Nouvel or Rafael Moneo. In our studio, we have learned to differentiate operations, when we have to “create” the lighting and the scenes from the beginning and when we work for architects with a very strong idea and knowledge of lighting, in that case we are collaborators and help them to execute and make it real. We need and improve each other and for us is a pleasure work with them and a great opportunity to learn something new by the side of these great architects. In 2015, the Philharmonic in Szczecin won the Mies Van der Rohe Award. How your lighting design affected in this recognition? The Szczecin Philharmonic (Poland) is a Project that began in 2006 when Barozzi Veiga won the competition. Their main idea was the creation of a building that shows to the exterior the inside activity. To reach this idea the way to lighting and the facades control was the main target.

We backlighted the white glass covering with an LED dot grid in RGBW and white in order to create different scenes that expresses and exposes to the city the Philharmonic activities in the interior. The award not recognizes only the creativity of the whole consultants and architect team of outside, but also recognizes their perseverance to believe that you we can realize make a project like this. Your initial approach to the project is so unusual. Xavier Ferrés produces some beautiful watercolors sketches that includes all the concept ideas. This helps with your clients. Of course. Sure, in Anoche we are three associates, Xavier Ferres, Marià Vallès and me. Xavier gives us that a kind of magic that only a genius have. When Xavier draws, the rest we sit around him without breathless and speechless, in a sort of pagan prayer. After the greatest Sagrada Familia lighting, which architecture would you like to light up? Professionally we are interest in to collaborate in all kind types of projects. We ask for require creativity, strength of the concept and also, why not, organization and order. Why not the next new football stadium or a museum?

Nel 2015, la Filarmonica a Szczecin ha vinto il Mies Van der Rohe Award. Che ruolo ha avuto l’illuminazione in questa assegnazione? La Szczecin Philarmonic (Polonia) è un progetto iniziato nel 2006, quando Barozzi Veiga hanno vinto il concorso. La loro idea principale era la creazione di un edificio che mostrasse all’esterno quello che accade all’interno. Per raggiungere questa idea, realizzare il pieno controllo dell’illuminazione e delle facciate era l’obiettivo principale. Abbiamo retroilluminato il vetro bianco del rivestimento con una griglia di punti Led RGBW con l’intento di creare differenti scene che esprimessero ed esponessero alla città le varie attività della Filarmonica. Il premio non riconosce solo la creatività di architetti e consulenti, ma anche è un riconoscimento alla perseveranza nel voler realizzare un progetto come questo. Il vostro approccio al progetto è inusuale. Xavier Ferrés produce alcuni bellissimi schizzi ad acquerello che racchiudono l’idea di progetto. Questo aiuta con il cliente? Certamente, in Anoche siamo tre associati: Xavier Ferres, Marià Vallès e me. Xavier ci regala sempre quella speciale magia tipica dei geni. Quando disegna, noi ci sediamo attorno a lui, senza respirare o parlare, in una sorta di preghiera pagana. Dopo il grandioso progetto della Sagrada Familia, quale architettura vi piacerebbe illuminare? Professionalmente siamo interessati a lavorare su ogni tipologia di progetto. Noi richiediamo creatività, concept forti, ma anche organizzazione e ordine. Perché non un museo o un nuovo stadio di calcio?

Casa La Fosca, Palamos (Spain) Photo © Alvaro Valdecantos

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Mercat del Born, Barcelona, Photo © Alvaro Valdecantos

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Hotel Mercer, Barcelona, Photo ©Jordi Folch

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light art

Chiara Dynys, Più luce su tutto, 2013. GNAM Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma

Albero della Vita © 2015 Balich Worldwide Shows. Photo by Luigi Caterino. Courtesy ACT lighting design - Clay Paky

di Jacqueline Ceresoli

Chiara Dynys Pensieri, parole, emozioni di luce

LIGHT ART CHIARA DYNYS

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a luce dà forma alle idee e si dissolve, è un elemento plastico e dinamico che traccia profondità immateriali o spazi transitori, dona allusività e distorsioni spaziali o plasma processi cognitivi. Chiara Dynys, artista poliedrica di fama internazionale, colta, progettista, regista, concettuale-minimalista, riconoscibile per installazioni luminose in relazione all’architettura, sorprende per un gesto poetico e un linguaggio cromatico emozionale. L’artista attinge dalla molteplicità di riferimenti nella letteratura, nell’arte, filosofia, cronaca e cinema. Dagli anni ‘80 lavora sull’ambiguità percettiva, sulle analogie e differenze, sugli opposti e sull’illusione ottica, rielaborando il passato senza cedere all’ostentazione retorica o alla nostalgia. Nel suo eclettismo visivo, che oscilla tra storia e realtà contemporanea, il protagonista è lo spettatore in rapporto allo spazio. Se Dan Flavin prediligeva i tubi al neon per “scolpire” spazi simili a quadri astratti, Dynys con la luce e altri materiali industriali reinterpreta la minimal art con leggerezza e poesia, con intuizioni formali raffinate e rigorose, sospesa tra visibile e invisibile, pesantezza e leggerezza, astrazione e sensualità, tradizione e innovazione. Come procede, più delle parole, lo testimoniano le

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sue opere, nelle quali il peso della storia dell’arte si risolve nella sperimentazione di materiali non tradizionali e nell’intervento a mano: principio senza fine del fare arte. Per esempio, nell’istallazione Più Luce su tutto (2010) 150 libri in vetro dipinto a mano adagiati su mensole minimaliste, alcuni illuminati all’interno, creano inattese profondità chiaroscurali, zone d’ombra come metafora della memoria; evanescenti tracce di sapere di un archivio immaginario, per una soggettiva biblioteca di storie. Anche in altri lavori il codice spaziale declinato in un linguaggio verbo-visuale attraverso il neon, in bilico tra l’elemento corporeo e incorporeo, scolpisce pensieri, parole, riflessioni, con interferenze luminose e ambienti che ribaltano punti di vista. Dynys non persegue uno stile, ogni sua opera si distingue per un rigore formale e per l’eleganza armonica di elementi contrapposti assemblati insieme. Le sue opere materializzano intuizioni “pittoriche” e costruzioni narrative attraverso la luce, all’insegna di un’arte “espansa” a confronto con parole, immagini, colori e suoni, superando le attese quando sperimenta le potenzialità espressive di nuovi materiali. Il colore e l’ambiguità percettiva

CHIARA DYNYS THOUGHTS, WORDS, EMOTIONS MADE OF LIGHT The light shapes ideas and dissolves. It is a plastic and dynamic element that traces intangible depths or transient spaces, gives allusiveness and spatial distortions, or shapes cognitive processes. Chiara Dynys – internationally renowned multifaceted artist, cultured, designer, director, conceptual-minimalist –, recognizable for her luminous installations in relation to architecture, surprises with a poetic gesture and an emotional chromatic language. The artist draws from multiple references in literature, art, philosophy, news and cinema. Since the 80s she works on the ambiguity of perception, on similarities and differences, on the opposites and the optical illusion, reworking the past without succumbing to rhetoric ostentation or nostalgia. In her visual eclecticism, ranging from history to contemporary reality, the viewer in relation to the space is the protagonist. While Dan Flavin favoured neon tubes to “sculpt” space-like abstract paintings, Dynys reinterprets the minimal art with light and other industrial materials, with lightness and poetry, with refined and strict formal intuitions, suspended between visible and invisible, heaviness and


LIGHT ART CHIARA DYNYS

Chiara Dynys, In Alto, ZKM Museum of Contemporary Art, Karlsruhe, 2009

Chiara Dynys, Sipario, ZKM Museum of Contemporary Art, Karlsruhe, 2009

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Chiara Dynys, Sei la luce dei miei occhi, 2014, Dynamo Camp

LIGHT ART CHIARA DYNYS

Chiara Dynys, Doppio Sogno, 2010, Archivio Centrale dello Stato

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Chiara Dynys, Hole-Whole, 2007 (a.p.), M77 Gallery St. Moritz, 2015 foto Davide Giauna

Chiara Dynys, Love-Hate, 2010 (produzione), M.AR.CA Museo delle Arti di Catanzaro, 2015, Foto Davide Giauna


è il caso di Hole-Whole (2007) ripetuti, rovesciati come se visti allo specchio o combinati; altro esempio è Love-Hate (2010): scritte con tubi al neon rosso e bianco. Le sue opere attivano cortocircuiti visivi e concettuali: Dynys è nata a Mantova, dove Andrea Mantegna ha dipinto la Camera Picta (1465-1474), nota come Camera degli Sposi e Giulio Romano i ciclopici cicli di affreschi a Palazzo Te. Maestri dell’illusione ottico-percettiva da cui l’artista ha acquisito la configurazione di prospettive apparenti, chiaroscuri, distorsioni, alterazioni spaziali che attivano relazioni tra l’oggetto e l’architettura, pieni e vuoti, materia e astrazione, alla ricerca di nuove soluzioni formali di aura classica, fuori dal tempo e dallo spazio. Autrice di opere di luce come rappresentazione di un’esperienza ai confini tra pittura, scultura, instal-

lightness, abstraction and sensuality, tradition and innovation. More than words, her works bear witness to how she works; it is where the weight of the art history resolves in the experimentation of non-traditional materials and in the intervention by hand: the endless principle of making art. In the installation Più Luce su tutto (2010), 150 books made of hand-painted glass and placed on minimalist shelves, some of which are lit from the inside, create unexpected chiaroscuro depths, shadow areas as a metaphor for memory; evanescent traces of a knowledge of an imaginary archive, for a subjective library of stories. In other works, the spatial code, declined in a verbal-visual language by the use of the neon, in the balance between the corporeal and incorporeal element, sculpts thoughts, words, reflections, thanks to luminous interferences and environments that overturn viewpoints. Dynys does not pursue a style: each work stands out for a formal rigor and for the harmonic elegance of the opposite elements assembled together. Her works materialise “pictorial” intuitions and narrative constructions through the light, in the name of an “expanded” art in comparison with words, images, colours and sounds, overcoming expectations when she experiments the expressive potential of new materials. The colour and the perceptive ambiguity take form through different materials such as mirror, glass or transparent ceramics; the light in relation to space, being it either internal or external, public or private: this is her visual alphabet, and the sculpture, a vocation, an attitude that shapes conceptual devices in relation with the place where it is located, often cleverly thought out as an optical trap for the viewer. This happens in the site-specific work Luce negli occhi / Light to the eyes (2007) realized at the centre of the Besana’s dome in Milan. In the installation Doppio Sogno (2010), composed by the Più luce su tutto sign, the artist subjectively remakes the swirly work The true artist helps the world by revealing mystic truths (1967) by Bruce Nauman, adopting the neon as raw material to give volume to phrases that are “floating” into the space, and bright colours such as red or blue. Chiara Dynys uses categorical imperatives, opposite verbal elements: it is the case of Whole-Hole (2007), repeated and

Padiglione Intesa San Paolo Photo by Federico Villa. Courtesy Artemide

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LIGHT ART CHIARA DYNYS

prendono forma attraverso diversi materiali come specchio, vetro o ceramiche trasparenti; luce in rapporto allo spazio interno o esterno, pubblico o privato: questo è il suo alfabeto visivo, e la scultura, una vocazione, un’attitudine che plasma dispositivi concettuali in relazione con il luogo in cui si colloca, spesso congeniata come trappola ottica per lo spettatore. Accade nell’opera site-specific Luce negli occhi / Light to the eyes (2007) realizzata al centro della cupola della Besana a Milano. Nell’installazione Doppio Sogno (2010), composta dalla scritta Più luce su tutto, rielabora in maniera soggettiva l’opera spiraliforme The true artist helps the world by revealing mystic truths (1967) di Bruce Nauman, adottando il neon come materia per dar volume a frasi “galleggianti” nello spazio e colori accesi come il rosso o il blu. Chiara Dynys ricorre a imperativi categorici, elementi verbali opposti:

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lazione e disegno rigorosamente “albertiano” dello spazio, prima abbozza, disegna, dà forma visiva a idee, connessioni, per far comparire dal nulla linee, intuizioni coordinate apparentemente inutili che, realizzate, operano sui sensi e materializzano “pensieri in atto”, illusioni solide, prima astratte e poi fisiche. Le sue opere create per spazi pubblici s’infiltrano nell’ambiente circostante e giocano e creano intese con la storia e, paradossalmente, con la quotidianità. Accade, per esempio, nell’opera “in dialogo” con Villa Panza di Biumo a Varese Dietro di sé (2009). Dynys, individuato un tempietto all’interno del giardino della Villa, innesta un intervento quasi impercettibile, da vedere più che da raccontare, non invasivo nel rispetto del luogo,

dell’ambiente e della storia. Ecco: se di leggerezza si parla, allora, il metro di lettura del suo lavoro, oltre alla geometria di vitruviana memoria, è una poetica del tutto personale, una ricerca costante di tensione tra solidità ed evanescenza. In alcuni interventi site-specific per esterni, l’artista più che riempire tende a svuotare gli spazi, lavora sull’aura metafisica dei luoghi, attraverso sapienti giochi di luce variabili in cui lo spettatore s’immerge perdendo il contatto con la realtà per qualche istante. Con la luce coglie il flusso del divenire, visualizza segni fluidi, spazi-soglia impercettibili, instaura relazioni con il passato alla ricerca d’identità e codici visivi generati dalla sua cultura, da emozioni e vissuti personali e con la storia.

Chiara Dynys, Dietro di sé. In dialogo con Villa Panza di Biumo a Varese, 2009

LIGHT ART CHIARA DYNYS

Chiara Dynys, Shangai, 2006, Rotonda della Besana, Milano, Foto Giulio Buono

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Chiara Dynys, Panopticon, 2006, Rotonda della Besana

inverted as if viewed in a mirror or in combination, or of Love-Hate (2010), written with red and white neon. Her works activate visual and conceptual short-circuits: Dynys was born in Mantua, where Andrea Mantegna painted the Camera Picta (1465-1474), known as the Bridal Chamber, and Giulio Romano the gigantic frescoes at Palazzo Te. Masters of the optical-perceptive illusion from which the artist has acquired the configuration of apparent perspectives, chiaroscuros, distortions, and spatial alterations that activate relations between the object and the architecture, the full and the empty, the matter and the abstraction, looking for new formal solutions of classical aura, beyond time and space. Authoress of works made of light as representation of an experience between painting, sculpture, installation and drawing of the space in a strictly “Alberti” manner, first she sketches, draws, gives visual form to ideas, connections, then lines appear out of thin air, apparently useless coordinated intuitions that, once realised, operate on the senses and materialise “thoughts in action”, solid illusions, abstract at first and then physical. Her works created for the public spaces infiltrate the surrounding environment and play and create agreements with history and, paradoxically, with the everyday. This is what happens, indeed, in the work “in dialogue” with the Villa Panza di Biumo in Varese, Dietro di sé (2009). Dynys, once identified a small temple in the garden of the Villa, engages in an almost imperceptible operation, to be seen more than to be told, not invasive and respectful of the location, environment and history. There: if it comes to lightness, then the reading’s standard of her work, in addition to the geometry of Vitruvius, is a very personal poetry, a constant search for tension between solidity and evanescence. In some site-specific outdoor works, the artist aims more to empty rather than fill the spaces, working on the metaphysical aura of places, through skilful plays of variable light in which the viewer is immersed, losing touch for some instants with reality. With the light she catches the flow of becoming, displays fluid signs, imperceptible space-thresholds, establishes relations with the past in search of identity and visual codes generated by her culture, emotions and personal experiences and with history.



grand tour medusa project - croatia di Andrea Calatroni

Sull'isola di Lošinj Le sculture luminose subacquee di Dean Skira

GRAND TOUR MEDUSA PROJECT - DEAN SKIRA

Hotel Bellevue, Island of Lošinj, Mali Lošinj (Croatia)

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ON LOŠINJ ISLAND Dean Skira underwater lighting sculptures

Medusa Project, is certainly an unusual project combining a solution for general lighting together with an underwater luminous sculptures called Jellyfish. They are 80 cm wide illuminated globes with a fiber op-

te marino e non è invasivo per lo spettatore anche durante il giorno. Le radici sott'acqua sono state pensate anch’esse come delle sorgenti luminose, realizzate in fibra ottica e composte di 20 illuminatori. I pali, totalmente sommersi, sono fissati con 14 cavi di fissaggio sottomarini, anch’essi definiti in forma di tentacolo di medusa, con uno speciale tessuto connettivo che ne permette l’illuminazione. Questa sembra provenire dal fondale, rendendo l'esperienza sottomarina indimenticabile per i sommozzatori e i bagnanti notturni. L’intero sistema lavora a 24volt, i trasformatori

tic system providing numbers of luminous tentacles on each globe. The weight of each Jellyfish is approximately 60kg, it’s anchored in the sea floor taking into account possible harsh weather condition and tides. Its design is adjusted to the maritime area, being noninvasive to the viewer during daytime. Underwater roots are also light fiber optic cables with 20 illuminators. The poles with fourteen decorative submarine fixtures in

di potenza sono posti in una stanza di controllo a circa 80 metri dall’illuminatore ottico più lontano. L’idea è stata quella di creare un portale di luce che giungesse dal mare. Tutta la struttura illuminotecnica ha richiesto sei mesi di lavoro per la costruzione e due mesi per l’installazione, grazie ad un team di subacquei e d’installatori specializzati seguiti da Dean Skira e dal suo team di ingegneri. Ricerca, curiosità e passione sono state le costanti che hanno guidato Medusa Project, in stretto rapporto, non solo simbolico, fra la natura, i suoi potenti elementi e la luce.

shape of jellyfish, share this connective tissue which resembles to a lighting stroke coming from the shore making an unforgettable underwater experience for divers and providing lighting for night swimming. The entire system works on 24 volt where the power transformers are positioned in the panel room 80 m away from the longest illuminator. The idea was to create light portal for who comes directly from the sea.

All this bespoke luminous installation took six months manufacturing and two months installation, with a divers professional team and installers closely followed by Dean Skira's supervision and his team of engineers. Research, curiosity and passion were the constants that drove the lighting design process, in close relationship, not just symbolic, between nature, its powerful elements and the light.

GRAND TOUR MEDUSA PROJECT - DEAN SKIRA

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l Medusa Project, in Croazia, sull'isola di Lošinj, è sorprendente perché combina una soluzione per l'illuminazione generale assieme a delle sculture luminose subacquee chiamate Medusa. Queste sono dei globi da 80 cm illuminati da un sistema a fibra ottica, forniti di numerosi tentacoli luminosi per ciascun globo. Il peso di ogni Medusa è di circa 60 kg ed è ancorata al fondo del mare, e tiene in considerazione le più disparate e possibili condizioni atmosferiche, soprattutto quelle avverse, e il moto delle maree. Il suo design consente un perfetto inserimento nell’ambien-

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grand tour

GRAND TOUR LE ROYAL MERIDIEN HOTEL

di Stella Ferrari

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bu Dhabi, Emirati Arabi Uniti. In una delle città più ricche e patinate del mondo anche l’offerta di hotel deve sempre scommettere sull’eccellenza. Punta in alto Le Royal Meridien Hotel, cinque stelle, situato all’interno di un grattacielo affacciato sul Golfo Persico. Vero e proprio landmark della zona, soprattutto per via dello straordinario ristorante rotante sulla sua sommità dal nome efficace, Al Fanar, il Faro. Il palazzo è stato recentemente oggetto di una ristrutturazione interna a cura dello studio LW Design Group. I lavori sono serviti a conferire uno stile più contemporaneo delle aree comuni e a dare nuovo appeal alle 202 stanze e 74 suite che com-

pongono la struttura. A coadiuvare il nuovo concept dell’interior, è stato chiamato il team di “dpa lighting consultant”, responsabile del progetto illuminotecnico degli spazi interni. “Abbiamo lavorato a stretto contatto con il team di LW Design Group – raccontano da dpa – fin dall’inizio. Questo è stato molto importante e ha portato grandi benefici al progetto perché abbiamo potuto definire presto e direttamente in cantiere, le potenze, le profondità d’incasso, il sistema di controllo. Lavorando in questo modo abbiamo potuto anche studiare soluzioni particolari che potessero esaltare le finiture interne e i tessuti, e una cura così approfondita non sarebbe stata possibile se


La luce c’è ma non si vede

fossimo stati contattati a lavori avviati. Una buona illuminazione è importantissima per esperire e percepire correttamente gli spazi. In un progetto come quello de Le Royal Meridien Hotel, il lighting non dovrebbe essere notato di per sé, ma essere in armonia con gli interni e fare in modo che lo sguardo delle persone si posi nei punti di maggior interesse, dovrebbe sempre fare in modo che ci sia un’ottima resa cromatica e materica degli elementi e dare equilibrio allo spazio. Grazie al sistema di controllo delle luci il “carattere” di un ambiente può variare in base ai differenti momenti della giornata”. Per mantenere “stretti” i tempi di cantiere, il team di “dpa” non ha potuto richiedere la realizzazione

di alcun prodotto custom, ma il risultato finale è stato ugualmente sartoriale. “Durante la mattinata e il pomeriggio gli spazi comuni sono letteralmente inondati dalla luce naturale. Le luci artificiali più utilizzate in questi momenti sono quelle installate a soffitto come retroilluminazione dei “finti lucernai” nelle zone della lobby più distanti dalle finestre. Qui i toni chiari dell’ambiente sono accesi da arredi e complementi colorati (blu e giallo, soprattutto) e tutto è leggero e arioso. I prodotti installati sono Led lineari di Osram. Nei ristoranti abbiamo invece cercato di creare un’atmosfera più intima, utilizzando ancora Osram assieme a prodotti di Flos e Lucent. Le lampade decorative sono state prodotte

su disegno di LW Design Group”. Anche le camere per gli ospiti sono state oggetto di ristrutturazione e sono state arredate da zero. “dpa” è intervenuto anche in questi spazi: “L’atmosfera desiderata era quella di una moderna semplicità e di caldo benvenuto per gli ospiti. Di giorno, la luce è vibrante, mentre per la sera e le ore notturne abbiamo previsto la possibilità di creare differenti scenari luminosi che siano contemporaneamente accoglienti e romantici”. Alla fine del lavoro i progettisti hanno tirato le somme: “Siamo molto soddisfatti del risultato finale. Ci sono molti e diversi spazi, dove la luce è trattata in maniera speciale, e pensiamo ci sia una generale armonia d’insieme”.

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Quando interior e lighting designer collaborano il risultato è di alto livello. Succede in un lussuoso hotel del vicino Oriente

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Abu Dhabi, United Arab Emirates. In one of the most rich and glamorous cities in the world the hotels' offer also has to always bet on excellence. The Le Royal Meridien Hotel aims high, it is a five stars hotel, located inside a skyscraper that looks toward the Persian Gulf. A proper landmark of the area, mainly for the extraordinary rotating restaurant on its top with an effective name, Al Fanar, the Lighthouse. The palace recently underwent an interior refurbishment designed by the LW Design Group studio. The works were aimed at giving a contemporary look to common areas and to give a new appeal

to the 202 rooms and 74 suites included in the facility. The “dpa lighting consultant” team was called to help with the new interior concept, it was entrusted with the lighting design of indoor spaces. “We worked side by side with the LW Design Group's team – tells dpa – from the beginning. This was very important and it brought great benefits to the project because we were able to define early and directly on the construction site, installed powers, recesses' depths, control systems. Working in this way we were also able to study specific solutions that could enhance the interior finishing and fabrics, and such a detailed attention would have not be possible if we were called after construction started. A proper lighting is extremely important to enhance and correctly perceive spaces. In a project like the Le Royal Meridien Hotel one, lighting design should not be perceived by

itself, but is should be balanced with the interior spaces and it should direct people's gaze toward the most interesting points, it should always guarantee an excellent color and material rendering of the elements and bring balance to a space. Thanks to the luminaires' control system the "character" of an environment can change according to the different parts of the day”. To keep the construction time sheet “strict”, “dpa” could not require any custom made product, but the final result was still sartorial. “During the morning and the afternoon common areas are literally flooded with daylight. During these moments the most used electric lighting systems are those installed on the ceiling as backlighting of the "false skylights" in the lobby's areas that are farthest from the windows. Here the environment's light tones are lit by colored furniture (manly blue and yellow) and everything is light and spacious.

The installed products are linear LEDs by Osram. On the other hand, in restaurants we tried to create a more intimate atmosphere, using once again Osram together with Flos and Lucent products. Decorative luminaires were designed by the LW Design Group”. Guests' rooms also underwent a refurbishment and they were furnished starting from zero. “dpa” also worked on these spaces: “The desired atmosphere should have a modern simplicity vibe and give a warm welcome to guests. During morning, light is vibrant, whereas during the evening and the night we planned the possibility to create different light scenes that could be cozy and romantic at the same time”. At the end of the work designers concluded: “We are very satisfied with the final result. There are many different spaces, where light is dealt with in a special way, and we think that there is a general overall balance”.

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LIGHT IS THERE BUT IT IS INVISIBLE When the interior and lighting designers work together the result shows high quality. It happens in a luxurious hotel in the near East

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residential di Francesca Tagliabue Foto Piero Ottaviano, Massimiliano Sticca

Abitare nella luce

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A Torino un esemplare intervento di recupero architettonico passa anche dall’utilizzo della luce in ambito artistico. L’arte di Richi Ferrero per il Giardino Barocco di Palazzo Valperga

RICHI FERRERO Torinese, in quarant’anni di attività ha percorso un cammino artistico che ha sempre sconfinato tra i diversi generi – teatro, cinema, arti figurative, land-art, uso della luce, allestimenti museali –, sempre caratterizzandosi come artista nel senso più ampio del termine. Nell’ambito dell’utilizzo della luce, ha sperimentato nuovi sistemi d’illuminazione, collaborato con importanti realtà pubbliche e private, specializzandosi nell’illuminazione di spettacoli, opere d’arte e monumentali. Inizia a lavorare in campo teatrale nei primi anni ’70, quando fonda con gli attori del Gruppo Zoo di Michelangelo Pistoletto la compagnia di ricerca Il Granserraglio. Dal 1984, anno in cui allestisce Set nell’ambito del Festival Internazionale Cinema Giovani, Ferrero crea installazioni di teatro urbano: grandiosi eventi teatrali nei

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quali il palcoscenico è la città, gli attori sono manichini o marchingegni spettacolari, dove non c’è azione teatrale, dove sono gli spettatori a costruire il racconto portandolo a una partecipazione attiva. Per il Museo Teatro alla Scala di Milano cura, su progetto di Sebastiano Romano, l’illuminazione de “I Viaggi di Mozart in Italia” (1991) e “Lo spazio della musica nelle ‘Memorie’ di Carlo Goldoni” (1993). Nel 1996 fonda il Gran Teatro Urbano, che debutta in occasione del vertice Europeo a Torino con lo spettacolo “Concert Para Voices Und Colori”, con immagini gigantesche, interi edifici trasformati in quadri. Nel 1998 nasce a Torino “Luci d’Artista”: Ferrero è invitato a partecipare con altri importanti nomi dell’arte internazionale. Presenta una gigantesca gru edile trasformata in scultura di luce, “Lucedotto”, opera permanente; seguiranno in altre

due edizioni “Porto Palazzo” e “Imbarco Torino”. Sua è l’illuminazione monumentale della Chiesa della Gran Madre a Torino, primo esempio d’illuminazione teatrale applicata a un monumento: gli elementi architettonici diventano attori sulla scena. Sempre sue le luci per le Olimpiadi invernali nel 2006, l’illuminazione artistica e poetica di Ponte Balbis e di Ponte Isabella, sempre nella sua amata e bellissima Torino. (vedere intervista a Richi Ferrero su LUCE 4/2009) Born in Turin, in forty years of his artistic activity he has followed a path crossing different genres – theatre, film, visual arts, land-art, use of light, museum exhibitions -, always characterizing himself as an artist in the broadest sense of the term. In the lighting, he experimented with new lighting systems, worked with leading public and private organizations, specializing in lighting of shows, art works and monuments. In the early 70s he started working in the theatre, founding the Il Granserraglio company with actors from the Gruppo Zoo of Michelangelo Pistoletto. Since 1984, when he creates Set for the Festival Internazionale Cinema Giovani, Ferrero creates installations of urban theatre: major theatrical events in which the city itself is the stage,

the actors are dummies or spectacular gimmicks, where there is no theatrical action, and where it is the audience to build the story bringing it to an active participation. For the Museum La Scala in Milan he designed, in accordance with Sebastiano Romano’s design, the lighting of “I Viaggi di Mozart in Italia” (1991) and “Lo spazio della musica nelle ‘Memorie’ di Carlo Goldoni” (1993). In 1996 he founded the Gran Teatro Urbano, which debuted at the European summit in Turin with the show “Concert Para Voices Und Colori”, with gigantic images and entire buildings turned into paintings. In 1998, Ferrero is invited to participate, with other important names of the international art world, at “Luci d’Artista”, in Turin. “Lucedotto”, a permanent work, is a giant construction crane turned into a light sculpture; “Porto Palazzo” and “Imbarco Torino” will follow in the other two editions. His is the lighting of the monumental Chiesa della Gran Madre in Turin, the first example of a theatrical lighting applied to a monument: architectural elements become actors on the stage. He also designed lights for the Winter Olympics in 2006, the artistic and poetic lighting Ponte Balbis and Ponte Isabella, always in his beloved and beautiful Turin. (See interview to Richi Ferrero on LUCE 4/2009)


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orino. In via Alfieri 6, a pochi passi dalla centralissima piazza San Carlo, è tornato a nuova vita il palazzo Valperga Galleani di Canelli di Barbaresco. L’edificio – sottoposto al vincolo della Soprintendenza dei Beni architettonici – è considerato un gioiello del barocco piemontese. Realizzato nel 1663 da Maurizio Valperga, e ampliato nel 1781 da Michele Luigi Barberis, ha subito nel corso dei secoli profonde trasformazioni sia nella forma sia nella destinazione d’uso. Dopo anni di occupazione di tipo terziario, il palazzo torna a essere oggi residenziale grazie alla ristrutturazione operata da Gruppo Building. Lo studio, fondato nel 1983 dalla famiglia Boffa, è specializzato nella gestione diretta degli immobili e, per Palazzo Valperga, Gruppo Building ha guidato la realizzazione del condominio contemporaneo all’avanguardia denominato The Number 6. Il complesso ospita 36 appartamenti, 36 box auto interrati, una moderna Beauty & SPA a servizio dei condomini e una palestra con attrezzature Technogym. Uno degli approcci più interessanti del lavoro è sicuramente la decisione di rendere pubblico lo spazio della corte interna: Building, infatti, ha optato per una ricostruzione dei luoghi perduti attra-

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INHABITING THE LIGHT In Turin, an exemplary architectural refurbishment intervention uses light in an artistic way. The art of Richi Ferrero for the Baroque Garden of Palazzo Valperga Turin. In via Alfieri 6, within walking distance from the central square of San Carlo, the Palazzo Valperga Galleani di Canelli di Barbaresco is back to a new life. The building – protected by the Superintendence of Architectural Heritage – is considered one of the jewels of the Piedmontese Baroque. Built in 1663 by Maurizio Valperga and extended in 1781 by Michele Luigi Barberis, the building has, over the centuries, undergone several transformations both in its shape and in the destination of use. After years in the tertiary sector, the palace now

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verso citazioni di alto livello. Del giardino originale seicentesco si erano conservati solo una vasca con fontana addossata a un muro e parte del ciottolato originale sul piano di calpestio (più volte rimaneggiato e dunque non più riconoscibile nella sua forma primigenia). Per il cortile gli architetti hanno chiamato a collaborare Richi Ferrero (vedi box, ndr), celebre ed eclettico scenografo e artista della luce, o… “né l’uno né l’altro”, come confidò a Gisella Gellini nell’intervista a LUCE nel 2009: “l’arte è il mio mare e il mio cielo, ci navigo e ci volo. La mia scuola è il teatro e nel teatro ci sta tutto”. Raccontano da Studio Building: “Utilizzando la luce, Richi Ferrero ha attivato un recupero importante che, avvalendosi della leggerezza delle emissioni luminose, restituisce alla memoria quello che era il segno caratteristico delle aree comuni rappresentate dal giardino ormai scomparso e dal cortile tuttora esistente, seppur rimaneggiato. Un disegno di pietre e di luce nel cortile, realizzato con sassi luminosi custom made, ricrea un classico modello barocco. I ciottoli vanno dal grigio-azzurro alle tonalità più calde della sabbia che si abbinano a un’illuminazione calibrata nei toni. Sopra di essi l’albero, ombra maestra di ogni giardino, è rico-

comes back to the residential function thanks to the refurbishment carried out by Gruppo Building. The studio, founded in 1983 by the Boffa family, specializes in the direct management of real estates and, for Palazzo Valperga, Gruppo Building has guided the creation of the cutting-edge condominium known as The Number 6. The complex hosts 36 apartments, 36 underground garages, facilities such as a modern Beauty Farm & SPA and a gym with Technogym equipment. One of the most interesting approaches of this work is the decision to turn the inner courtyard into a public space: Building, in fact, opted for a reconstruction of lost places through refined references. Of the original seventeenth century garden, only a fountain placed against a wall and part of the origi-

struito in acciaio e sospeso nell’aria, tra il primo e il terzo piano. 520 kg di ferro zincato compongono il tronco e il braccio che lo sostiene. L’albero si sviluppa in altezza per oltre sei metri, con un diametro massimo di 5,30 metri, mentre il braccio di sostegno è lungo 4,30 metri. Ogni ramo ha una luce e ogni luce cambia colore. I tredici rami principali sono realizzati con 590 kg di tubi in inox, con 78 punti luminosi alimentati da 180 alimentatori. Al calare della luce diurna, l’albero illumina la corte ridisegnata con i ciottoli luminosi. Intorno e sopra l’albero, i segni si semplificano, il giardino sale, citato nelle 82 fioriere aromatiche illuminate da 246 Led a luce calda e fredda, sospese ai lunghi balconi, a loro volta arricchiti da 230 metri di miniflux di luce calda. Da questo inatteso movimento, il nome dell’opera: Giardino Barocco e Giardino Verticale. Alla sommità il giardino si apre nella magnificenza dei pensili floreali dialoganti con il cielo: mentre il giorno impone la sua luce naturale, permettendo la crescita di piante e fiori, è ancora un lavoro d’illuminazione a esaltare la poesia di queste aiuole sospese tra terra e cielo, finché l’oscurità ne permette il quotidiano riposo. Il Giardino Verticale si chiude con elementi triangolari, decorati dal ver-

nal cobblestones on the decking – altered several times and, therefore, no longer recognizable in its original form – survived. For the courtyard, the architects asked Richi Ferrero (see box, Ed.) to collaborate; the famous and eclectic designer and light artist, or ... “neither the one nor the other”, as he told to Gisella Gellini in his 2009 interview with LUCE: “Art is my sea and my heaven, here I sail and fly. Theatre is my school, and theatre contains everything”. Studio Building recounts: “Using light, Richi Ferrero gave start to a major recovery that, using the lightness of light emissions, gives back to memory the cachet of common areas such as the now disappeared garden and the still existing, albeit remodelled, courtyard. A drawing of stones and light in the yard, made with

custom-made luminous stones, recreates a classic Baroque pattern. Pebbles, going from a blue-grey to warmer sand tones, are combined with calibrated lighting. Above them: the tree, the master shadow of every garden; it is here reconstructed in steel and suspended in the air, between the first and the third floor. 520 kg of galvanized iron make up the trunk and the bracket that supports it. The tree grows in height for more than six meters, with a maximum diameter of 5.30 meters, while the support bracket is 4.30 meters long. Each branch has a light and each light changes colour. The thirteen main branches are made of 590 kg of stainless steel tubes, with 78 light points powered by 180 power supplies. After dark, the tree lights up the courtyard redesigned with luminous pebbles. Around


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de ricascante, che, a sbalzo, fanno capolino dalla quadratura alta del palazzo e aprono al cielo determinando quella liaison indispensabile all’equilibrio formale dell’opera. L’intervento di Richi Ferrero continua anche nella seconda corte, non accessibile al pubblico, attraverso l’installazione site specific Come se a Torino ci fosse il mare. Sette pesci in vetroresina di differenti dimensioni nuotano all’interno di una grande cupola vetrata. Di notte, i pesci s’illuminano suggestivamente, evocando il profondo blu e il continuo mutamento degli abissi marini. Nell’androne, infine, si può ammirare La Maschera, una scultura di gusto primitivista. Negli

and above the tree, signs are simplified; the garden ascends, mentioned in the 82 aromatic planters lit by 246 cold and warm LED lights, suspended to the long balconies, which are in turn enriched by a 230 meters miniflux of warm light. From this unexpected movement comes the work’s title: Baroque Garden and Vertical Garden. At the top, the garden opens with the magnificence of the hanging flowers in dialogue with the sky: as the day imposes its natural light, allowing the growth of plants and flowers, it still the work of lighting to enhances the poetry of these flower-beds

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interni, l’anima storica del palazzo convive con gli interventi di gusto contemporaneo, come i corridoi di accesso agli appartamenti. Le parti comuni, non vincolate da rilevanti elementi storici, sono state pensate come una zona di transizione tra l’anima antica dell’ambiente esterno e gli appartamenti contemporanei dei piani superiori, e il lighting contemporaneo è stato ammorbidito con l’utilizzo di luci calde. Nel The Number 6, tutti gli impianti sono centralizzati e a risparmio energetico. La gestione del sistema è autonoma in ogni unità immobiliare, ciascuna dotata di impianti domotici che permettono

suspended between land and heaven, until darkness allows them their daily rest. The Vertical Garden closes with triangular elements, decorated by the falling greenery, which, cantilevered, peek out from the upper squaring of the building and open to the sky, establishing this liaison that is essential to the formal balance of the work. The Richi Ferrero’s intervention continues into the second courtyard, inaccessible to the public, through the site-specific installation Come se a Torino ci fosse il mare (As if in Turin there were the sea). Seven fiberglass fishes, of different sizes, swim

di impostare anche scenari luminosi, programmare l’accensione e lo spegnimento di singoli punti luce o gruppi di essi, dimmerare le sorgenti. Dei trentasei appartamenti, i progettisti hanno posto particolare attenzione allo studio degli interni del piano attico. Le richieste dell’acquirente erano assolutamente precise, a partire dalla volontà di avere la cucina separata dal soggiorno mantenendo però una comunicazione permeabile tra le due zone. La soluzione adottata da Gruppo Building rimanda ai lavori di Frank Lloyd Wright. Così come l’architetto americano poneva il camino al centro dello spazio domestico, così i progettisti hanno

inside a large glass dome. At night, the fishes suggestively light up, thus evoking the deep blue and the constant changing of the deep sea. In the hallway, finally, one can see La Maschera (The Mask), a sculpture of primitivist taste. Inside the building, the historic soul coexists with the interventions of contemporary taste, as in the corridors that give access to the apartments. The common areas, not bound by relevant historical elements, were designed as a transition zone between the ancient soul of the external environment and the contemporary apartments on the upper

floors, and the contemporary lighting has been softened with the use of warm lights. In The Number 6, all systems are centralized and energy saving. Every housing unit has an autonomous management system, and is equipped with home automation systems that allow to even set light scenarios, program the switching on and off of individual light points or groups of them, regulate the dimmers. Of the thirty-six apartments, the designers paid special attention at the design for the penthouse floor’s interiors. The buyer requests were absolutely accurate, as the


will to keep the kitchen separated from the living room while maintaining a permeable communication between the two zones. The solution adopted by Gruppo Building clearly refers to the work of Frank Lloyd Wright. As the American architect placed the fireplace at the centre of his domestic space, the designers chose to put the kitchen’s block as the fulcrum of the space. “During the design process, the kitchen became a ‘box’. Shortly after, the ‘box’, when we became aware of the potential of a transparent object inserted in the middle of the living room, became ‘luminous’”.

VELUX posti sulla falda est della copertura, dai lucernai posti in alto verso il terrazzo a sud, con la luce del tramonto direttamente dalle porte finestre del lato cortile orientate a ovest. Dall’imbrunire, la luce naturale è integrata con quella artificiale attraverso un sistema domotico programmato in scenari concordati con il cliente. Gli scenari possono essere più o meno intensi e colorati secondo lo scopo dell’accensione. Il piano attico è completato da magnifici terrazzi trattati come stanze all’aria aperta e studiati – soprattutto dal punto di vista illuminotecnico – in perfetta armonia con quanto fatto nel cortile comune.

For the lighting of the windows, RGB LED strips have been used in order to highlight the scenographic effect of the intervention. The perfect balance between the artificial sources and the natural light entering through the openings also demonstrates the fundamental importance of the lighting in the penthouse. During the day, the apartment lives of natural light, both directly and indirectly: from the eastern VELUX windows, from the skylights placed towards the south terrace, and with the sunset light entering directly from the western doors on the courtyard. At dusk,

Anche i terrazzi privati che si affacciano sul cortile dell’albero partecipano all’illuminazione corale delle essenze arboree scelte per i vasi appesi alle ringhiere e, anzi, ne terminano l’effetto magico perché, guardandoli dal cortile, ne delimitano i confini con il cielo. Tal effetto è possibile attraverso flexled di Ilti Luce che si nascondono in mezzo alla vegetazione e ne risaltano le forme sulla muratura. Il resto dei terrazzi è illuminato in modo da non disturbare gli effetti dell’opera artistica attraverso faretti lux 25 sempre di Ilti Luce.

the natural light is integrated by the artificial one, through a home automation system programmed with scenarios previously agreed with the customer. The scenarios can be more or less intense and coloured in accordance with the ignition’s purpose. The top floor is completed by magnificent terraces conceived as outdoor rooms and designed – especially in terms of lighting – in perfect harmony with what has been done in the common courtyard. Private terraces overlooking the tree’s courtyard are involved too in the choral lighting of the arboreal essences chosen for

the vases hanging on the handrails. Indeed, their the magical effect is enhanced as, looking at them from the courtyard, they demarcate the boundaries with the sky. This effect is possible thanks to FLEXLEDs made by Ilti Luce that, hiding among the greenery, accentuate their shapes on the masonry. The rest of the terraces is lit by lux 25 spotlights – still by Ilti Luce – so as to not disturb the effects of the artistic work.

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scelto di far ruotare tutto attorno al blocco cucina. “La cucina è divenuta ‘scatola’ nel corso della progettazione. La ‘scatola’ è divenuta ‘luminosa’ poco dopo, quando ci si è resi conto della potenzialità di un oggetto trasparente inserito al centro della zona giorno”. Per l’illuminazione delle vetrate sono state utilizzate delle strisce Led RGB così da evidenziare l’effetto scenografico dell’intervento. La fondamentale importanza dell’illuminazione nell’attico è testimoniata anche dal perfetto bilanciamento tra le fonti artificiali e la luce naturale che penetra dalle aperture. Durante il giorno l’appartamento vive di luce naturale, sia diretta che indiretta: dai

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città teatro A cura di Francesca Tagliabue

New Media Artist non significa nulla Jim Campbell è uno tra gli artisti contemporanei più interessanti. Impegnatissimo a produrre opere per spazi pubblici o su commissione di istituzioni culturali, lavora con video, luci ed elementi interattivi. Ma attenzione a non riferirvi a lui come “new media artist”, Mr. Campbell preferisce la definizione “artista elettronico”

NEW MEDIA ARTIST DOESN’ MEAN ANYTHING Jim Campbell is one of most important contemporary artist. Very busy to produce public spaces or cultural institutions on demand artworks, he works with videos, lights and interactive elements. Be careful to refer to him as a “new media artist”, Mr. Campbell prefers “electronic artist” definition Jim Campbell best quality surely is to be easygoing. He doesn’t put himself on “artist pedestal” but, although his works are the most appreciated at the moment in the contemporary art environment, he remains a kind person who knows how to treat other person in easy way. Although his character

Broken Window, 2010 Custom electronics, LEDs, glass, steel 70”H x 70”L x 10”D Temporary Public Project Commissioned by the Madison Square Park Conservancy, Madison Square Art, New York Installation view, Madison Square Park, New York, NY, 2010 Photography Credit: James Ewing, courtesy of the Madison Square Park Conservancy

CITTÀ TEATRO JIM CAMPBELL

Scattered Light, 2010 Custom electronics, LEDs, light bulbs, wire, steel 80’L x 20’H x 16’D Temporary Public Project Commissioned by the Madison Square Park Conservancy, Madison Square Art, New York Installation view, Madison Square Park, New York, NY, 2010 Photography Credit: James Ewing, courtesy of the Madison Square Park Conservancy

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size it was very easy contact him to talk about his work, although between me and Mr. Campbell there is a long distance. Born in Chicago in 1956, he moves to Boston to study at the MIT and, after the graduation in math and engineering, he moves to San Francisco, where today lives and works. His scientific education it’s the base of his creative works, because in many artworks he uses videos, lights and interactive elements. As a 2.0 blacksmith he mixes hi-tech, handcraft and “4 bit” suggestions, to reach results between Realism and Abstract, between recognizable images and reminds that acts on audience subconscious. His most important capacity is to reduce the information transmission at minimum, creating easy and immediate messages,

bell sta andando in questo momento: l’ideazione di strutture semplici in grado di stimolare risposte emotive immediate, puntando tutto sullo studio dei processi percettivi e dei meccanismi che le regolano. «Gli attrezzi che utilizzo maggiormente sono i miei computer, l’oscilloscopio e i saldatori. L’espressione “new media artist” non significa nulla per me a essere onesto. Una parte di me considera ancora i proiettori di diapositive un nuovo strumento! Io mi definisco piuttosto un “artista elettronico” perché lavoro con l’elettronica. Più di recente ho iniziato a lavorare con la luce. Tutto quello che sfrutto per arrivare al risultato finale è in qualche modo tecnologia. Credo che oggi “new media” significhi solo che non si tratta di qualcosa di tradizionale, come la pittura o la scultura». Le opere di Jim Campbell fanno parte delle collezioni permanenti di alcuni tra i maggiori musei del mondo (MoMA, Whitney Museum of American Art, Metropolitan, Smithsonian, LACMA, Berekley Art Museum, solo per citarne alcuni), oppure sono installazioni pubbliche come quella del Madison Square Park a New York o dell’Aeroporto di San Diego. Racconta Jim Campbell: «La mia ispirazione

that excites. This is the direction to which Mr. Campbell is moving at the moment: creating simple structures able to stimulate quick emotional answers, focusing on perceptive process study and its mechanism. “The three tools that I use the most in my work are computers, oscilloscopes and soldering irons. New Media Artist It doesn’t mean anything to me, to be really honest. Part of me still thinks of slide projectors as being new media. For me, I call myself an electronic artist. I work with electronics. Mostly, more recently, I work with light. New Media is too broad because technology is so out there that to call anything that uses technology New Media has no meaning anymore. I guess what it means is that it’s not old media. It’s not painting and

viene sempre da due direzioni opposte. Da un lato, penso a come poter utilizzare le tecnologie in maniera differente, e non intendo per forza gli ultimi ritrovati, ma solo andare a fondo e analizzare ciò che già esiste. E ovviamente, il mio lavoro ha anche un’origine personale che nasce dalle mie esperienze di vita. Per quanto riguarda le commesse pubbliche, mi concentro soprattutto sul tipo di reazione che le persone comuni potrebbero avere, facendo in modo che sia massimamente positiva. Evito di essere elitario, così queste opere risultano meno rischiose e più conservatrici. I lavori non-pubblici, al contrario, mi permettono davvero di fare tutto ciò che voglio, ho molta più libertà, ma il rovescio della medaglia è che tendo a essere maggiormente indulgente verso me stesso. Sono dunque convinto che avere la possibilità di confrontarmi con entrambi gli ambiti sia per me perfetto». Instancabile e vulcanico, per il futuro Jim Campbell sta preparando diverse installazioni: «Sto lavorando su una serie di progetti di arte pubblica in questo momento, tra cui uno per la stazione della metropolitana di San Francisco, in collaborazione con Werner Klotz, e un altro legato alla luce per i piani alti di un celebre grattacielo».

static sculpture.” Jim Campbell artworks are located in the most important museum permanent collections in the world (MoMA, Whitney Museum of American Art, Metropolitan, Smithsonian, LACMA, Berekley Art Museum to quote someone), or in public spaces as Madison Square Park in New York or in San Diego Airport. Jim Campbell tells us: My inspiration has always come from 2 different directions. I look at ways of using technologies differently than they have been used before. I don’t necessarily mean new technologies, but just looking deeper and deeper into existing ones. And of course, my work at times has a personal thread that runs through it that comes from weaving my life experiences into my work.

For the type of public works that I do, I end up spending time thinking about how people will respond to the works in a public space. This makes the works less risky and more conservative, but it also makes them less elitist. For my non-public works I can do whatever I want, and as such I have more freedom, but the flip side is that the works can become more self-indulgent. So for me the balance of creating both public work and non-public work is perfect”. Tireless and volcanic, for his future Jim Campbell is preparing many installations: “I’m working on a number of public art projects right now including a work in a subway station in San Francisco, in collaboration with Werner Klotz. a work that lights of the top none floors of skyscraper”.

CITTÀ TEATRO JIM CAMPBELL

L

a qualità migliore di Jim Campbell è sicuramente quella di essere alla mano. Non pone se stesso sul “piedistallo d’artista” ma, benché i suoi lavori siano tra i più apprezzati del momento nell’ambito dell’arte contemporanea, rimane una persona cortese che sa mettere l’interlocutore a proprio agio. Nonostante la grandezza del personaggio è stato facile approcciarlo per parlare del suo lavoro, anche se tra me e Mr. Campbell ci sono parecchie miglia di distanza. Nato a Chicago nel 1956 si trasferisce a Boston per studiare al MIT e, dopo una laurea in matematica e ingegneria, si stabilisce a San Francisco, dove tutt’oggi vive e lavora. La formazione scientifica è alla base del suo lavoro creativo, perché nelle sue opere sfrutta prevalentemente video, luci ed elementi interattivi. Come un fabbro 2.0 mischia hi-tech, lavoro manuale e suggestioni “a 4 bit” per risultati a cavallo tra realismo e astrattismo, tra immagini riconoscibili e rimandi che agiscono sul subconscio degli spettatori. La sua maggiore capacità è quella di ridurre al minimo le informazioni da trasmettere, dando vita a messaggi chiari e immediati, che emozionano. È questa la direzione verso cui Mr. Camp-

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Benjamin Bergery and Jim Campbell Sotto Voce, 2009 Custom electronics, twenty lightbulbs |Dimensions variable Installation view, Eglise SaintSulpice, Paris, France, 2009 Photography Credit: Benjamin Bergery

The Journey, 2013 Custom electronics, 38,000 LEDs | 8 x 10 x 700 ft Photography credit: San Diego County Regional Airport Authority

CITTÀ TEATRO JIM CAMPBELL

Scattered Light, 2010 Custom electronics, LEDs, light bulbs, wire, steel 80’L x 20’H x 16’D Temporary Public Project Commissioned by the Madison Square Park Conservancy, Madison Square Art, New York Installation view, Northern Spark Festival, Minnesota Museum of American Art, St. Paul, MN, 2011 Photo Credit: Patrick Kelley, courtesy Northern Lights.mn

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CITTÀ TEATRO JIM CAMPBELL


città teatro di Mario Bonomo, Silvano Oldani

Il ponte della Libertà di Pavia L’illuminazione funzionale a luce radente di un’architettura stile Impero del 1936 e quella dell’artista Marco Lodola di colori fluorescenti. Succede quando la luce “gioca” a tutto campo

Ponte della Libertà. Pavia, La nuova illuminazione funzionale a luce radente, Foto Thorn Lighting

LOREM IPSUM DOLOR SIT

The Liberty Bridge, Pavia, The new functional oblique lighting, Photo Thorn Lighting

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particolare tipologia dei centri luminosi. La nuova installazione ricalca lo schema della vecchia installazione appena descritta, con centri a Led da 40 W, posti lungo un solo lato a 95 cm d’altezza, con interdistanza dell’ordine di 8 m. Gli apparecchi (Orus Led della Thorn) sono dotati di un’ottica che genera una lama di luce molto controllata e tale da riversare sulla carreggiata la quasi totalità del flusso luminoso prodotto, senza dar luogo ad abbagliamento per i conducenti degli autoveicoli. La luminanza media è di 2,5 cd/m2 (per motivi di sicurezza si è deciso di assicurare un livello nettamente superiore a quello raccomandato dalla normativa, pari a 1 cd/m2 per una strada di categoria illuminotecnica ME3 come quella in discorso), la minima di 1,2 cd/m2 e la massima di 6,7 cd/m2. L’uniformità di luminanza generale è 0,48 e quella longitudinale è superiore all’80%. Il sistema bi-potenza integrato all’interno dell’apparecchio si attiva automaticamente nelle ore centrali della notte, quando il traffico è ridotto, consentendo in quelle ore una riduzione dei consumi del 50%, pur rispettando i criteri qualitativi previsti per la classe Me3a. Le due figure mostrano l’aspetto diurno e notturno della carreggiata del ponte con la nuova illuminazione.

THE LIBERTY BRIDGE IN PAVIA The functional oblique lighting of a 1936 Empire style architecture and the one designed by the artist Marco Lodola with fluorescent colors. It happens when light "plays" with a wide range The lighting of this bridge has been the topic of many studies, mainly for the difficulty to reconcile the functionality - traffic visibility also in presence of fog – with the requirements related to environmental impact, determined by the need to safeguard the esthetical aspect of the bridge, avoiding the introduction of any element that could compromise the essential linearity of the structure. Built in 1936, the Empire bridge represents a typical example of that architectural style in Italy at that time. During the bombing in 1944, the bridge's right arcade was severely damaged, and only after some years it was rebuilt coming back to its original firmness. Its current name is Liberty Bridge. The previous lighting system, removed a long time ago for its age, included luminaires with fluorescent tubes installed just under the handrail of the balustrades, on both sides, with a distance between the luminaires of some meters. This solution was the best one that could be done with the means available over forty years ago, when it was realized. The optic that was possible to build with fluorescent tubes was not so focused and it determined an unsatisfying light distribution on the road; moreover the system was prone to frequent failures, caused by the specific type of luminous centers. The new installation follows the same outline of the old one, with 40 W LED centers, placed only on one side at an height of 95 cm, with a spacing of about 8 m. The luminaires (Orus Led by Thorn) are equipped with an optic that determines a very controlled beam of light and capable of directing almost all the emitted luminous flux on the road, avoiding glare phenomena for drivers. The average luminance is 2,5 cd/m2 (for safety reasons it was decided to guarantee a level greater than the one recommended by the standard, equal to 1 cd/m2 for a road with a lighting category equal to ME3 such as this one), the minimum average luminance is 1,2 cd/m2 and the maximum is 6,7 cd/m2. The general luminance uniformity is 0,48 and the longitudinal one is greater than 80%. The double power system integrated inside the luminaires is automatically activated during the central hour of the night, when traffic is reduced, thus allowing a 50% reduction of consumptions during that hours, while complying with the qualitative criteria established for the Me3a class. The two pictures show the roadway of the bridge during the day and the night with the new lighting system.

CITTÀ TEATRO PONTE DELLA LIBERTÀ, PAVIA

L

’illuminazione di questo ponte è stata oggetto di diversi studi, soprattutto per la difficoltà di conciliarne la funzionalità – la visibilità del traffico anche in presenza di nebbia – con le esigenze di impatto ambientale, determinate dalla necessità di salvaguardare l’aspetto estetico dell’opera, evitando l’immissione di qualsiasi elemento che compromettesse l’essenziale linearità della struttura. Edificato nel 1936, il ponte Impero rappresenta un tipico esempio di architettura stile Impero dell’Italia di quei tempi. Durante il bombardamento del 1944, il ponte fu danneggiato gravemente nell’arcata di destra, e solo dopo alcuni anni viene ricostruito ritornando alla sua primitiva solidità. Il suo nome attuale è Ponte della Libertà. La precedente installazione d’illuminazione, da tempo rimossa per la sua vetustà, era costituita da apparecchi a tubo fluorescente installati appena sotto il corrimano delle balaustre, su ambedue i lati, con interdistanza fra gli apparecchi di qualche metro. Questa soluzione era quanto di meglio possibile realizzare con i mezzi disponibili oltre quarant’anni fa, quando fu realizzata. L’ottica poco concentrante che era possibile realizzare con i tubi fluorescenti dava luogo a una distribuzione della luce sulla strada poco soddisfacente; inoltre l’impianto era soggetto a frequenti guasti, dovuti alla

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Ponticino, Illuminazione artistica di Marco Lodola, Ponte della LibertĂ , Pavia, Foto di Marcella Milani

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quattrocentesco, che di quel mondo restituivano l’interpretazione di un TechnoRinascimento sinestetico di impatto sensoriale che ne segna il ritorno nella città dei Medici, a Lodola molto cara. “Se c'è una cosa che l'arte ha il potere di fare è restituire la dignità a monumenti e luoghi che, per questioni di architettura e dimensioni o altre ragioni sono sempre stati snobbati” ha detto recentemente Marco Lodola. Il Comune di Pavia deve avergli dato ascolto se gli ha chiesto di realizzare un’opera “al neon” per illuminare nelle occasioni importanti e di festa il Ponte della Libertà (ex Ponte dell'Impero). E Lodola ha regalato alla città la sua più grande installazione con l’illuminazione artistica realizzata a Led, applicati sotto le arcate del ponte e sulla fiancata che si affaccia verso il Ponte Coperto, vestendolo di colori fluorescenti fucsia, blu, giallo – e di un paio di ali. “Mi sono ispirato al film Le ali della libertà di Frank Darabont - spiega Lodola - e sono arrivato a pensare al ponte come a non luogo che rappresenta un'occasione di libertà, una via per andare dove si vuole, e allora, ho disegnato le ali”.

Public art But the functional lighting is not the only one that lights up the Liberty Bridge, there is also the artistic one of the Ponticino installation on the Empire Bridge in Pavia, designed by Marco Lodola, an internationally famous artist from Pavia who designs "public art" light sculptures worldwide, from Milan to Beijing, from San Paolo to New York, these artworks were developed from the new-futurism and the American pop-art experiences, they were later improved with long experiments on the use of everyday materials, light and new technologies. “Light” artworks created putting together perspex sheets and placing fluorescent lights inside. Chosen as scenic design during the catwalks of fashion designers such as Vivienne Westwood or included in relevant exhibitions, from the Venice Biennale to Casa Depero in Rovereto, or in the solo exhibition at Palazzo Medici Riccardi in Florence in 2012 curated by Luca Beatrice, with big light sculptures portraying Michelangelo's David, the Monna Lisa, Botticelli's Venus, Leonardo da Vinci's face, the Arcimboldo: plastics, light, colors and transparencies inspired by the fifteenth-century world, of which they bring back the interpretation of a synesthetic Techno Renaissance with a sensorial impact that marks the coming back to the Medici's city, dear to Lodola. Marco Lodola recently declared “If there is one thing that art is capable to do it is to give back dignity to monuments and places that, for reasons related to architecture and dimensions or other ones were always snubbed”. Pavia's Municipality should have heard this if it asked him to design a "fluorescent" artwork to light up the Liberty Bridge (ex Empire Bridge) during important events. Lodola gifted the city with his greater installation with a LED artistic lighting, installed under the bridge's arcade and on the side that look toward the Ponte Coperto, covering it with fluorescent colors - fuchsia, blue, yellow – and of a pair of wings. “I was inspired by the film The Shawshank Redemption by Frank Darabont - explains Lodola - and I thought the bridge as a non place which represents an occasion for liberty, a road to go where you want, and so, I drew the wings”.

CITTÀ TEATRO PONTE DELLA LIBERTÀ, PAVIA

Public art Ma l’illuminazione funzionale non è l’unica che illumina il Ponte della Libertà, c’è anche quella artistica dell’installazione Ponticino sul Ponte dell’Impero di Pavia, creata da Marco Lodola, artista pavese e nome internazionale che crea sculture luminose di “public art” nel mondo, da Milano a Pechino, da San Paolo a New York, nate dalle esperienze del neo-futurismo e della pop-art americana, affinatasi poi con le lunghe sperimentazioni sull’impiego di materiali di uso quotidiano, luci e nuove tecnologie. Opere di “luce” assemblando fogli di perspex e mettendo all’interno delle luci al neon. Scelte come scenografie nelle sfilate da stiliste come Vivienne Westwood o presenti in importanti mostre, dalla Biennale di Venezia a Casa Depero a Rovereto, o nella personale a Palazzo Medici Riccardi di Firenze nel 2012 curata da Luca Beatrice, con grandi sculture luminose raffiguranti il David di Michelangelo, Monna Lisa, la Venere del Botticelli, il volto di Leonardo da Vinci, l’Arcimboldo: plastiche, luci, colori e trasparenze ispirate al mondo

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RIVISTA LUCE / LUCE MAGAZINE NUMERI / ISSUE 311 – 312 – 313 – 314 RUBRICA / SECTION

TITOLO

TITLE

AUTORE / AUTHOR

NUM - PAG

CASE HISTORY

Luce alla città elettronica

Light to the electronic city

Martina Frattura

311 - 95

Riqualificazione dell’area intramoenia di S. Paolo a Ripa D’Arno

Requalification of the intramoenia of S. Paolo in Ripa D’Arno

Francesco Leccese, Elena Pampalone

311 – 98

Ideazione luministica del complesso monumentale di San Bernardino, L’Aquila

Lighting design of San Bernardino Church, L’Aquila

Francesca Storaro

312 – 92

Viaggio nel tempo a Rovereto

A journey through time in Rovereto

Francesca Tagliabue 311 – 66

“Halflife” di Speirs + Major

“Halflife” by Speirs + Major

Francesca Tagliabue 312 – 88

Aether & Hemera. Materiale Immateriale

Aether & Hemera. Material- Immaterial

Francesca Tagliabue 313 – 96

Jim Campbell. New media artist non significa nulla

Jim Campbell. New media artist doesn’t means anything

Francesca Tagliabue 314 - 92

Il Ponte della Libertà di Pavia

The Liberty Bridge in Pavia

Mario Bonomo, Silvano Oldani

314 - 96

Light and Sean Mooney (and his spectacular exhibitions)

Matilde Alessandra

311 – 42

Great light at the opers. John Froelich and Duane Schuler

Matilde Alessandra

312 – 52

La luce negli scatti di Luca Campigotto

The light in Luca Campigotto’s shots

Matilde Alessandra

313 – 44

La luce contenitore di memorie e linguaggio universale

Light as universal and memory storage

Silvia Eleonora Longo

314 - 32

Nel suo atelier a Parigi l’incontro con Richard Peduzzi

Meeting with Richard Peduzzi in his atelier in Paris

Amaranta Pedrani

314 - 36

Antonhy McCall. L’opera è nel contenuto non nella tecnologia

Antonhy McCall. The work is the content, not technology

Matilde Alessandra

314 - 40

DESIGN

Fontana Arte e Giorgio Biscaro la storia rinnova sé stessa

Fontana Arte and Giorgio Biscaro: the story renew itself

Andrea Calatroni

314 - 66

EDITORIALE / EDITORIAL

L’illuminotecnica e l’architettura: un rapporto da ri-costruire

Lighting engineering and architecture: a relationship to (re)built

Laura Bellia

311 – 20

FOCUS PMI

Il futuro è nella qualità. L’incontro con Antonio Di Gangi, CEO di DGA

The future is in the quality. The encounter with Antonio Di Gangi, CEO of DGA

Andrea Calatroni

311 – 53

FONDAZIONI / FOUNDATIONS

La Fondazione Studio Museo Vico Magistretti

The Foundation Studio Vico Magistretti

Andrea Calatroni

311 – 57

Fondazione Achille Castiglioni

Achille Castiglioni Foundation

Andrea Calatroni

314 - 45

CITTÀ TEATRO / CITY THEATRE

CORRISPONDENZE / La luce e Sean Mooney CORRISPONDENCE (e le sue spettacolari mostre) Berlino, Parigi, La grande luce nell’opera lirica. New York John Froelich e Duane Schuler

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INDICE / INDEX 2015


RUBRICA / SECTION

TITOLO

TITLE

AUTORE / AUTHOR

GRAND TOUR

Nuova vita all’Excelsior Hotel Gallia

New life to the Excelsior Hotel Gallia

Francesca Tagliabue 313 – 90

Sull’isola di Lošinj le sculture luminose subacquee di Dean Skira

On Lošinj Island Dean Skira underwater lighting sculptures

Andrea Calatroni

314 - 80

Le Royal Meridien Hotel, Abu Dhabi. La luce c’è ma non si vede

Le Royal Meridien Hotel, Abu Dhabi. Light is there but it is invisible

Stella Ferrari

314 - 82

I MAESTRI / THE MASTERS

Il poliedrico mondo di Ugo La Pietra, l’umanista eretico

The versatile world Ugo La Pietra, the heretic humanist

Jacqueline Ceresoli

311 – 61

INNOVAZIONE E RICERCA / INNOVATION AND RESEARCH

Il monitoraggio degli impianti di illuminazione pubblica nell’era Consip

The monitoring of public lighting system in the Consip era

Paolo Di Lecce

311 – 103

Luce, immaginazione, percezione e storia per la Sala Luca Giordano, Firenze

Light, immagination, perception and history for the Sala Luca Giordano, Florence

Carla Balocco, Laura Batistini

312 – 108

Lampade tubolari a Led: rischi e responsabilità

Tubolar Led Lamps: risks and responsibility

Franco Rusnati

312 - 104

Luogo, corpo e luce. Un nuovo libro sul lavoro di Fabrizio Crisafulli

Place, Body, Light: a new book on Fabrizio Crisafulli’s work

Giovanni Fontana

311 – 22

Light, di Joachim Fischer. Un libro su architettura e luce

Light, by Joachim Fischer. A book about architecture and light

Laura Bellia

312 – 32

Illuminazione degli interni. Guida alla progettazione. Di Mario Bonomo e Chiara Bertolaja

Indoor lighting. Design guidelines By Mario Bonomo e Chiara Bertolaja

Silvano Oldani

313 – 106

Alma Mater. L’altra faccia della terra-madre e nutrice

Alma Mater. The other side of the earth-mother and nurse

Jacqueline Ceresoli

313 – 101

Chiara Dynys. Pensieri, parole,emozioni di luce

Chiara Dynys. Thoughts, words, emotions made of light

Jacqueline Ceresoli

314 - 74

Chiara Bertolaja. Innamorarsi della luce ad Assisi

Chiara Bertolaja. Fall in love with the light in Assisi

Andrea Calatroni

311 – 32

Alberto Pasetti. Quando l’architettura incontra la luce diventa comunicazione visiva

Alberto Pasetti. When architecture meets light, becomes visual communication

Silvano Oldani

311 – 37

Margherita Süss. La luce essenziale e poetica per raccontare lo spazio urbano

Margherita Süss. The essential and poetical light to narrate the urban space

Silvano Oldani

312 – 60

Traverso–Vighy. Progettare è comunicare la qualità dello spazio

Traverso–Vighy. Design is communicate the enviroment’s quality

Andrea Calatroni

312 – 65

Gianni Forcolini. La luce attraverso il progetto trasforma lo spazio in architettura

Gianni Forcolini. Light transforms an environment in architecture through design

Silvano Oldani

313 – 54

Marco Frascarolo. Un percorso tra cultura e passione

Marco Frascarolo. A path between culture and passion

Silvano Oldani

313 – 58

Adriano Caputo. Gestalt o narrazione, illuminata

Adriano Caputo. Gestalt or enlightened narration

Silvano Oldani

314 - 50

Roberto Corradini e Marco Palandella. Professione: LD indipendenti

Roberto Corradini and Marco Palandella. Profession: Indipendent LD

Silvano Oldani

314 - 55

Francesco Murano. Progettare contro il tempo

Francesco Murano. Designing against time

Silvano Oldani

314 - 60

LIBRI / BOOKS

LIGHT ART

LIGHTING DESIGNER MADE IN ITALY

NUM - PAG

101


RUBRICA / SECTION

TITOLO

TITLE

LIGHTING DESIGNER MONDO / WORLD

Gerd Pfarré. La longevità estetica e tecnica è cruciale

Gerd Pfarré. Aesthetic and tecchnical longevity is crucial

311 – 48

Maurice Brill. Trasformare la percezione dello spazio

Maurice Brill. Transforming the experienceof space

312 – 74

Dean Skira. Integrazione con l’ispirazione

Dean Skira. Integration with inspiration

312 – 79

Linnaea Tillett. E se manca la luce, noi l’aggiungiamo

Linnaea Tillett. If the light is missing, we add it

312 – 84

Kugler Ning. Illuminazione senza tempo e senza sforzo

Kugler Ning. Timeless and effortless illumination

313 – 78

Jody Pritchard & Kristin Peck. La luce è ciò che facciamo

Jody Pritchard & Kristin Peck. Light is what we do

313 – 84

Jordi Ballesta. La luce è come l’aria per la musica

Jordi Ballesta. Light is like air for the music

314 - 70

L’INTERVISTA / INTERVIEW

La luce per un protagonista dello spettacolo. Intervista a Antonio Ricci

The light according to an enterteinment’s professional. Interview to Antonio Ricci

Gianni Ravelli

311 – 24

L’ITALIA CHE CREA / ITALY WHICH CREATES

Fondazione Prada a Milano L’armonia degli opposti

Prada Foundation in Milan. The harmony of the opposites

Jacqueline Ceresoli

313 – 36

Bar Luce by Wes Anderson: Very chic!

Bar Luce by Wes Anderson: Very chic!

Jacqueline Ceresoli

313 – 40

La luce per una città dentro la città

The light for a city within the city

Silvano Oldani

313 – 42

La “nuova” Ultima Cena di Leonardo

The “new” Leonardo’s Last Supper

Francesca Tagliabue 312 – 40

Vittorio e Francesca Storaro illuminano i Fori Imperiali

Vittorio and Francesca Storaro light up the Imperial Fora

Silvano Oldani

312 – 44

Viaggio luministico e illuminato nella storia di Roma tra terra e cielo

A luministic and enlightened journey through the history of Rome between earth and heaven

Francesca Storaro, Vittorio Storaro

312 – 46

Una nuova illuminazione per il Salone dei Corazzieri del Quirinale

A new lighting for the Palace’s Great Hall of the Cuirassiers

Francesca Storaro

313 – 22

La casa di Augusto e la casa di Livia nel complesso Augusteo al Palatino

The house of Augustus and the house of Livia in the Augustan compound at Palatine hill

Carolina De Camillis, 314 - 24 Riccardo Fibbi

Arnaldo Pomodoro a Pisa

Arnaldo Pomodoro in Pisa

Silvano Oldani

314 - 29

MERCATO / MARKET

La promozione di prodotti Led di qualità

Promoting quality Led products

Riccardo Gargioni

311 – 90

MUSEI ILLUMINATI / ILLUMINATED MUSEUMS

Il Museo Archeologico Regionale di Aosta

The Regional Archeological Museum of Aosta

Massimo Iarussi

311 – 71

La Pinacoteca di Brera “illuminata”

The “enlightened” Pinacoteca di Brera

Silvano Oldani

311 – 76

La Madonna Esterházy di Raffaello a Palazzo Marino

The Raphael’s Esterházy Madonna at Palazzo Marino

Francesco Murano

311 – 81

Torino, abitare nella luce

Turin, inhabiting the light

Francesca Tagliabue 314 - 86

a cura di / by Andrew Peterson

L’ITALIA DEL MONDO / ITALY OF THE WORLD

RESIDENTIAL

102

AUTORE / AUTHOR

NUM - PAG


RUBRICA / SECTION

TITOLO

TITLE

AUTORE / AUTHOR

RETAIL

MARELLA, Milano

MARELLA, Milano

Francesca Tagliabue 311 – 86

Universo Retail: Londra, Genova, Milano

Retail Universe: London,Genoa, Milan

Francesca Tagliabue 312 – 98

Luce sartoriale. Guido Bianchi e Nicoletta Rossi

Sartorial light. Guido Bianchi and Nicoletta Rossi

Francesca Tagliabue 313 – 62

Concorso video AIDI. “Riprendi-ti la città, riprendi la luce”

Video Contest AIDI. “Riprendi-ti la città, riprendi la luce”

Silvano Oldani

312 – 70

Il Led. Accompagnare la rivoluzione

The Led. Accompanying the revolution

Pietro Mezzi

311 – 28

Euroluce 2015 “Cosa c’è di nuovo?”

Euroluce 2015 “What’s new?”

Alberto Pasetti

312 - 26

Illuminare le città, l’esempio dei grandi

Lighting cities, the example of the great names

Pietro Mezzi

313 – 28

EXPO 2015: Effetto notte!

EXPO 2015: Night effect!

Sally Stein

313 – 68

All the world’s futures. 56. Biennale d’Arte di Venezia

All the world’s futures. 56. The Venice Art Biennale

Alberto Pasetti

314 - 18

TEATRO, CINEMA E LUCE / THEATRE, CINEMA AND LIGHT

Luce necessaria luce visionaria

Necessary light visionary light

Silvia Tarquini

312 – 34

Silvia Tarquini. Una storia editoriale illuminata

Silvia Tarquini. An illuminated publishing history

Enzo Cillo

313 - 101

NUMERO

FOTOGRAFI / PHOTOGRAPHERS

LUCE 311

Paolo Baldini, Francesco Calzolaio, Giovanni Caprotti, Matteo Carassale, Lidia Crisafulli, Mauro Davoli, De Martino, Fagerhult, Stefano Fontabasso, Luca Fregoso, Piero Gatti, David Heald, Frank Koschembar, Ellen Labenski, Vincenzo Lonati, Gloria Novi, Noshe, Aurelia Raffo, Max Rommel, Sander&Bastian, André Schimscha&Alec Bastian, Markus Tollhopf, Leo Torri, Ilaria Turbi

LUCE 312

Giampietro Agostini, Rudy Amisano Lee Allen, Marco Brescia, Antony Crolla, Guido De Bortoli, Charlie Dumais, Sabrina Gazzola, Kirk Gittings, Ken Howard, Tim Hursley, Ros Kavanagh, Thomas Mayer, Francesca Merlini, Mike Morgan, Pino Musi, James Newton, Paul Nulty Design Studio, Vittorio Storaro, Jonathan Tichler, Seth Tillett, Philip Vile, Bill Zbaren

LUCE 313

Beppe Brancato, Paolo Chinazzi, Luca Campigotto, Rossana Gombetti, Marco Gualtieri, Jeff Goldberg, Ros Kavanagh, Eric Laignel, Delfino Sisto Legnani, Attilio Maranzano, William Philbin, Bas Princen, PEPE fotografia, Brian Rose, R.Sansone, Giovanna Silva, Philip Vile, Mario Zanaria

LUCE 314

Danilo Alessandro, Benjamin Bergery,Brescia e Amisano, Morten Carlsson, Maurizio Cavallasca, Jakub Certowicz, Penelope Chauvelot, Massimo Carroccia, Paolo Di Pasquale, James Ewing, Mauro Fanfani, Jordi Folch, Nicolò Galeazzi, H.Findletar, Frank Hermann, Patrick Kelley, Gilberto Maltinti, Thomas Mayer, Marcella Milani, Mathias Moxter, Federico Scutera, Matteo Serafini, Taki, Alvaro Valdecantos, Tino Zippel

SPECIALI / SPECIALS

NUM - PAG

TRADUTTORI / TRANSLATORS

Stephanie Carminati, Monica Moro, Erica Napoli, Alessia Pedace, Barbara Rossi

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Rivista trimestrale bilingue fondata da AIDI nel 1962

distribuito da Joo distribuzione www.joodistribuzione.it

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E k l e i p s i s

Plafoniera, applique, incasso, bollard e pole a luce indiretta. Un sistema completo per illuminazione esterna proposto in tre dimensioni, dotato esclusivamente di sorgenti LED ad alta efficienza e lunga durata. Il design del prodotto e l’alta tecnologia dei sistemi ottici a luce riflessa garantiscono un elevato grado di comfort visivo. IP 66 – CL I - II

caribonigroup.com

BRINGING YOUR PROJECTS TO LIGHT Trust UL to help you select quality lighting products for your projects.

UL.com/lightingdesign UL and the UL logo are trademarks of UL LLC © 2015


3F LEM 314 – 2015 anno / year 53 trimestrale / quarterly €14

illumina il tuo Spazio. efficientemente. 3F LEM è un prodotto altamente specialistico, concepito per soddisfare i clienti che hanno l’esigenza di illuminare grandi aree in modo omogeneo. Lo abbiamo progettato e realizziato con lenti stampate ad iniezione di grandi dimensioni che permettono distribuzioni fotometriche differenti e moduli luminosi in lega d’alluminio capaci di dissipare al meglio il calore sviluppato dalle sorgenti LED di ultima generazione. Per il design del nuovo 3F LEM abbiamo semplificato le forme attraverso la modularità di prodotto: grazie a piattaforme e strutture comuni, si ottengono vantaggi dal punto di vista dell’utilizzo, in fase di installazione e anche di sostituzione delle sorgenti a fine vita del prodotto. A tutto vantaggio del Cliente.

3F Filippi S.p.A.

illuminazione

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Sede centrale e stabilimento Via del Savena, 28 - Z.I. Piastrella 40065 - Pian di Macina - Pianoro (BO) - Italia

#3FLEM

www.3F-Filippi.it

Poste Italiane spa – Sped.in A.P. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n°46) art. 1,comma 1, LO/MI –ISSN 1828-0560

Nella foto: 3F LEM 4 LED 200 AMPIO - cod. 55933

La Casa di Augusto e di Livia al Palatino Augustus and Livia’s house at Palatine hill

LD MADE IN ITALY: A. Caputo, F. Murano, R. Corradini, M. Palandella

Torino: Abitare nella luce Turin: inhabiting the light


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