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MIT

Poste Italiane spa – Sped.in A.P. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n°46) art. 1,comma 1, LO/MI –ISSN 1828-0560

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L'internet delle cose di Carlotta de Bevilacqua Internet of Things and Carlotta de Bevilacqua Paolo Calafiore, la luce essenza dello spazio Paolo Calafiore and the light as essence of space


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Paris Professional Lighting Design Convention 01. – 04. November, 2017

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More than 80 paper presentations More than 1700 attendees expected Keynotes given by leading experts Exhibition of leading manufacturers Gala dinner and PLD Recognition Award Marketplace for the PLD community Excursions Pre-convention meetings Cities’ Forum Experience rooms Recognised as an official CPD event by the PLD Alliance The Challenge: Final round Social events

mme a r g o r P w! o n t u o


SOMMARIO / HEADLINES INCONTRI INTERVIEWS

22 Carlotta de Bevilacqua. Il valore di un progetto durevole Carlotta de Bevilacqua. The value of a long-lasting project – Margherita Pincioni

27 Mario Cucinella. Giocare con la luce del sole Mario Cucinella. Playing with sunlight – Andrea Calatroni

32 Al Vitra Design Museum con Ronan e Erwan Bouroullec Ronan and Erwan Bouroullec at the Vitra Design Museum – Stephanie Carminati

37 Piero Gandini tra intuito, ironia e icone Piero Gandini: intuition, irony and icons – Andrea Calatroni

42 Maurizio Rossi e il Master LD PoliMI Maurizio Rossi and the PoliMi LD Master – Monica Moro

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TEATRO E LUCE THEATRE AND LIGHT

46 La luce essenza dello spazio per Paolo Calafiore For Paolo Calafiore, light is the essence of space – Jacqueline Ceresoli

COVER PHOTO Al Mourjan Business Lounge Water feature, Doha foto di / photo by Leo Torri

CORRISPONDENZA DA BERLINO CORRESPONDENCE FROM BERLIN

50 Piano nobile di luce. La Elbphilarmonie di Amburgo Piano nobile of light: the Hamburg Elbphilarmonie – Silvia Eleonora Longo, Marica Rizzato Naressi

DESIGNERS

56 Lucidi & Pevere. Sostanza e carattere Lucidi & Pevere. Substance and character – Margherita Pincioni

PROGETTARE LA LUCE DESIGNING LIGHT

60 Stile tutto italiano a Doha Italian luxury in Doha – Francesca Tagliabue

66 Nuova luce nella Basilica di San Francesco d’Assisi New light in the Basilica of Saint Francis of Assisi – Marco Frascarolo

71 La luce eterea della Nuvola di Roma Ethereal light. The Rome’s Cloud – Francesca Tagliabue

75 Il Piano della Luce di Trento Trento’s Lighting Plan – Giacomo Minotti, Domenico Ranieri

81 Appuntamento in via Monte Napoleone Rendez-vous in via Monte Napoleone – Andrea Calatroni

MAKING OF

85 Cells, ispirato alla natura Cells, inspired by nature – Andrea Calatroni

CREDITS CONTRIBUTI / CONTRIBUTORS Andrea Calatroni, Stephanie Carminati, Jacqueline Ceresoli, Stella Ferrari, Marco Frascarolo, Silvia Eleonora Longo, Giacomo Minotti, Monica Moro, Andrew Peterson, Margherita Pincioni, Domenico Ranieri, Marica Rizzato Naressi, Francesca Tagliabue, Alessandro Visca FOTOGRAFI / PHOTOGRAPHERS Lea Anouchinsky, Iwan Baan, Marco Brescia, Luca Maria Castelli, Muriel Chaulet, Fabrizio Cicconi, Daniele Della Lucia, Kasia Gatkowska, Peter Guenzel, Fernando Guerra, Frédéric Guignard-Perret, Yogendra Joshi, Bob Krieger, Morgane Le Gall, Moreno Maggi, Maurizio Marcato, Massimiliano Masala, Michele Nastasi, PA Images, Thies Raetzke, Redshift Photography, Filippo Romano, Tommaso Sartori, Maxim Schulz, Valentina Sommariva, Leda Terrana, Leo Torri, Federico Villa, Michael Zapf TRADUTTORI / TRANSLATORS Stephanie Carminati, Alessia Pedace, Barbara Rossi

FONDAZIONI FOUNDATIONS

88 A Milano il futuro non nasce da solo In Milan, the future does not come by itself – Silvano Oldani

RETAIL

93 Shopping nel colore Shopping in colour – Francesca Tagliabue

SPECIALE SPECIAL REPORT

97 Giovani registi in campo! Young directors on stage – Stephanie Carminati

100 La magia di Lione The magic of Lyon – Stella Ferrari

LIGHT ART

105 Gli orizzonti nell’idea della luce di Silvio Wolf Horizons, in Silvio Wolf’s idea of light – Jacqueline Ceresoli

RICERCA E INNOVAZIONE RESEARCH AND INNOVATION

109 Luce Led e sistemi smart nell’industria LED light and smart systems in industry – Alessandro Visca

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Lo show della compagnia 45DEGREES del Cirque du Soleil durante il Bal en Blanc Festival / The show by 45DEGREES (Cirque su Soleil) for the Bal en Blanc Festival

LE AZIENDE INFORMANO

Firenze ospita Showlight 2017 Un appuntamento imperdibile per i professionisti dell’illuminazione scenografica. L’italiana Claypaky è main sponsor

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al 20 al 23 maggio 2017, a Firenze, si svolgerà SHOWLIGHT 2017, il convegno mondiale dell’illuminazione scenografica, un appuntamento atteso dai professionisti dello spettacolo. L’evento esiste da 30 anni e viene organizzato ogni quattro anni, ogni volta in un paese diverso del mondo. Per l’edizione 2017 gli organizzatori hanno scelto l’Italia e hanno scelto Claypaky come main sponsor. Il cuore di “Showlight” sono le conferenze con relatori autorevoli, centrate sul tema dello show-lighting nel teatro, nei grandi eventi, in televisione e nel cinema, fino alle installazioni scenografiche in architettura o nei parchi a tema. I relatori sono Lighting Designer, Direttori della Fotografia, Architetti o comunque esperti di illuminazione scenografica che hanno realizzato spettacoli o progetti di grande rilievo internazionale negli ultimi quattro anni, che raccontano la loro esperienza, le soluzioni tecniche da loro escogitate oppure le nuove tecnologie disponibili. Intorno alla conferenza gravitano poi altre attività secondarie, come ad esempio un’area espositiva con circa 40 aziende del settore, un intenso programma sociale e di visite guidate a luoghi interessanti di Firenze. La serie di conferenze inizia domenica 21 maggio

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e si conclude martedì 23. La sede del convegno è l’auditorium del Palazzo dei Congressi di Firenze, location di prestigio a fianco della stazione ferroviaria di Santa Maria Novella. Il programma degli interventi, non del tutto definitivo, è già pubblicato sul sito www.showlight.org, con i nomi dei relatori e i temi di cui parleranno, oltre il programma degli eventi collaterali. La partecipazione a “Showlight” richiede una quota d’iscrizione; ciò nonostante “Showlight” è sempre stato un appuntamento imperdibile soprattutto per i lighting designer del mondo anglosassone e del Nord Europa. Il successo sta nella formula dell’evento che è prima di tutto una conferenza con temi di rilievo ed attualità per chi opera nello show-lighting, scelti con cura dal Comitato Organizzatore. I relatori sono tutti esperti di alto livello e le loro presentazioni sono realizzate in modo professionale e soprattutto ognuno ha rigorosamente solo 20 minuti. Ciò conferisce alla conferenza un ritmo vibrante e dà spazio ad una gran varietà di argomenti. “Showlight” è anche un’opportunità di socializzazione; le conferenze, intervallate da pause, permettono nelle aree comuni conoscenze, relazioni, scambio di esperienze. I coffee-break e il pranzo a buffet si svolgono all’interno dell’area

espositiva, adiacente alla sala congressi, con punti di ristoro distribuiti fra gli stand; questi ultimi sono piccoli e tutti rigorosamente uguali perché, nell’intento degli organizzatori, le aziende espositrici sono lì non per fini di promozione commerciale bensì per dare un’informazione tecnica a chi utilizza i loro prodotti. Il Comitato Organizzativo ha inoltre previsto una serie di attività “sociali” facoltative, che arricchiscono l’evento con momenti ricreativi e interessanti per i partecipanti. E da questo punto di vista Firenze offre veramente l’inimmaginabile, da ogni prospettiva, soprattutto per chi viene dall’estero. Tutte le conferenze sono in lingua inglese, ma è disponibile un sistema di traduzione simultanea dall’Inglese all’Italiano, che renderà più fruibile la partecipazione di tutti i professionisti Italiani. E se l’iscrizione all’evento è a pagamento ci sono formule che si adattano a tutte le esigenze: la tariffa per partecipare a tutte le conferenze, quella per chi vuole partecipare ad un giorno solo, quella per gli studenti, quella per il programma sociale e così via. In tutte le edizioni hanno partecipato a “Showlight” moltissimi inglesi e americani, e ciò è comprensibile perché lo show-lighting moderno si è sviluppato soprattutto in questi paesi da dove, ancora oggi, hanno origine i progetti internazionali più importanti. La professione del Lighting Designer per lo spettacolo è molto consolidata in Inghilterra e negli Stati Uniti. Ci sono anche partecipanti da altri paesi ma gli italiani sono sempre stati pochissimi. Quest’anno, a Firenze, noi Italiani abbiamo finalmente la possibilità di conoscerlo meglio e soprattutto potremo approfittarne per un aggiornamento professionale di alto livello. Senza scordare la possibilità di fare conoscenza, in un ambiente informale, dei grandi professionisti che hanno realizzato eventi e spettacoli straordinariamente importanti. Claypaky è sponsor principale grazie al fatto di essere l’azienda più importante dell’entertainment lighting nel Paese che ospita la conferenza. Spiega Pio Nahum, CEO Claypaky:


“La nostra azienda ha sempre sostenuto “Showlight” in tutte le edizioni passate perché lo riteniamo un evento fondamentale per lo sviluppo della cultura della luce nel mondo dello spettacolo. È proprio grazie a eventi seri come “Showlight” che nel mondo anglosassone fare il Lighting Designer è diventata una professione qualificata, riconosciuta e ben retribuita. “Showlight” è anzitutto un’opportunità di crescita professionale per chi lavora nel settore ma è anche un appuntamento che promuove e qualifica la professione. Inoltre, dal punto di vista di Claypaky, ADB, Osram e aziende come le nostre, una professionalità più diffusa nel nostro settore significa l’opportunità di fare apprezzare il valore aggiunto della qualità e delle performance superiori dei nostri prodotti”.

Victoria Coeln, Showlight 2013

Showlight 2017 will take place in Florence An appointment that show lighting professionals cannot miss. Claypaky is main sponsor

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howlight 2017, the World show lighting conference, will take place from 20 to 23 May 2017 in Florence. An unmissable event for show business professionals. The event has existed for about thirty years, and it takes place every four years, each time in a different country. The organizers have chosen Italy for the 2017 edition, and Claypaky has been selected as main sponsor at the event. The heart of Showlight are the talks by authoritative speakers, which focus on subjects regarding show lighting in the theatre, at major events, on television and in the cinema, and even architectural and theme park installations. The speakers are lighting designers, lighting directors, and architects. In any case, they are lighting experts who have put together major international shows or projects over the past four years. They recount their experience and the technical solutions they devised, or the new technologies available. There are also fringe events in parallel with the conference, such as an exhibition

area with about forty lighting industry companies, a series of social activities, and a programme of guided tours to interesting places in the city of Florence. The talks begin on Sunday 21 May and end on Tuesday 23 May. The conference venue is the auditorium of Palazzo dei Congressi in Florence, a prestigious building next to the Santa Maria Novella railway station. The provisional conference schedule has already been posted on the event website www.showlight.org, with the names of the speakers and the topics of their talks. The fringe event programme has also been published on the Showlight website. To take part in Showlight you have to pay a registration fee. Despite this, Showlight has always been a must, especially for lighting designers in the English-speaking world and Northern Europe. Its success lies in the event’s format. In particular, it is a conference with important topical themes for those working in show lighting, carefully chosen by the organizing committee. The speakers are all top-ranking experts,

and their talks are presented in a professional and - above all - concise manner: everyone has just twenty minutes. This gives the conference a lively rhythm and leaves room for a wide variety of topics. Showlight is also a unique opportunity for socializing: the talks are interspersed with breaks, during which everyone can meet, interact, and exchange experiences. The coffee breaks and buffet lunches are held in the exhibition area, next to the conference room, and served from refreshment points scattered among the booths. The booths are small and all strictly the same size. The idea behind this is that the exhibiting companies are not there to promote their products, but to provide technical information to people who use their products. Moreover, the organizing committee has also put together a programme of optional social activities, which enrich the conference with interesting recreational events for the participants. As far as this goes, Florence really offers the unthinkable, from every point of view, especially for international attendees. All the talks are in English. It is a paid event, but there are prices to fit all needs: a full fee to attend all the talks, a special fee to attend only one day, a students’ fee, a social programme fee, and so on. Taking part in Showlight is of paramount importance for every lighting professional. Not only is it possible to attend high level professional training, but you can also get to know great professionals who have put on extraordinarily important events and shows, in an informal setting. Claypaky is the main sponsor at the event, since we are the most important entertainment lighting company in the conference host country. Pio Nahum, Claypaky CEO, said: “our company has always supported all previous editions of Showlight, since we consider it a fundamental event for developing the ‘culture of light’ in the entertainment world. It is thanks to serious events like Showlight that being a lighting designer has become a recognized, well paid, qualified profession in the English-speaking world. An event like Showlight is above all an opportunity for professional growth for those who work in the field, but it also promotes and raises the level of the profession. Moreover, from the point of view of Claypaky, ADB, Osram and companies like ours, more widespread professionalism in our industry means a better chance that the added value of the quality and performance of our products is appreciated.”

Illuminazione Claypaky al Teatro Manzoni di Milano per il Musical West Side Story / The lighting by Claypaky for the West Side Story musical at Teatro Manzoni, Milan

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LE AZIENDE INFORMANO

Zeno è la nuovissima gamma di proiettori dedicata all’illuminazione professionale / Zeno is the new range of projectors specifically conceived for professional lighting.

Zeno e Zedge: nuovi prodotti a sorgente Led di Targetti ZENO è la nuovissima gamma di proiettori dedicata all’illuminazione professionale. Progettato intorno alla sorgente LED, vanta quattro differenti sistemi ottici in grado di generare 6 distribuzioni fotometriche (NSP, SP, FL, MWFL, WFL, WW) per diversi effetti luminosi. È disponibile in due dimensioni, due finiture per due tipologie di installazione. Il design è stato studiato in ogni dettaglio. Il prodotto risulta ben proporzionato e, pur con una profondità ridotta, riesce a mantenere un’ottima dissipazione del calore. La geometria della staffa, elemento distintivo dell’apparecchio, scompare diventando parte integrante del corpo e garantendo un migliore bilanciamento del prodotto. Tra le ottiche disponibili nella gamma ZENO spicca l’ottica Narrow Spot: un fascio stretto, 8

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preciso ed estremamente performante. Lavora per riflessione, quindi la sorgente è nascosta alla vista ed è rivolta verso il riflettore parabolico che collima i fasci ed emette un cono di luce particolarmente preciso e definito. Completa l’offerta un set di accessori ottici, tra i quali alette paraluce, cut-off e filtri correttivi in grado di soddisfare anche le esigenze illuminotecniche più complesse. Disponibile con alimentazione elettronica o DALI, può essere realizzato su richiesta anche con tecnologia LMS Casambi o con Dimming on board. Come il proiettore, anche la versione ad applique è disponibile in due diverse dimensioni, con lasola ottica asimmetrica. Questo la rende particolarmente adatta all’illuminazione di soffitti e volte.

ZEDGE è il nuovo segna-passo a LED Targetti. È caratterizzato da geometrie minimali e dimensioni ridottissime (63,5x63,5mm). I rapporti tra le superfici verticali e i piani inclinati definiscono un prodotto discreto e dotato di una forte valenza estetica. Con design coordinato declinato in tre differenti “frame” che danno origine a differenti effetti luminosi, ZEDGE è disponibile in una vasta gamma di finiture per inserirsi in modo armonico in contesti architettonici interni e in esterni. ZEDGE è equipaggiato con un modulo LED Low Power High Efficiency disponibile in due temperature colore: 3000K e 4000K. Il sistema di alimentazione a bassa tensione (24V) con cui è alimentato lo rende idoneo all’installazione in ambienti umidi come le SPA o direttamente a bordo piscina.


Zeno and Zedge: new LED products by Targetti ZENO is the new range of projectors especially for professional lighting. Designed around the LED lamps it has four different optical systems that can generate 6 different types of photometric distribution (NSP, SP, FL, MWFL, WFL, WW) for different lighting effects. It comes in two sizes and two different finishes for two different installation types. It is very carefully designed. The product is well proportioned and despite having a minimised depth, it can maintain excellent heat dissipation. The unique shape of the bracket which is the distinctive element of this fixture disappears and becomes an integral part of the feeder body thus ensuring the fixture is perfectly balanced. Among the photometric types available in the ZENO range the Narrow Spot optic stands out: a narrow, precise and extremely powerful beam. It works on reflection which means the lamp is hidden from view and directed towards the parabolic reflector which collimates the beam and emits a particularly defined, precise cone of light. The range is completed with an extensive selection of optical accessories such as the Flap, Cut-Off and corrective filters to satisfy even the most complex lighting requirements. Available with an electronic

power supply or DALI and can be fitted with LMS Casambi technology and Dimming on board on request. Like the projector version the wall mounted version comes in two different sizes with the asymmetric optic only. This makes it particularly suitable for lighting vaulted and non vaulted ceilings.

ZEDGE is the new Targetti LED step marker with a minimal design and compact size (63,5x63,5mm). Its design is developed on elementary traits, where the relationship between vertical surfaces and inclined planes produce a discrete product with a strong aesthetic value. Available with three coordinated “ trim plates” that correspond to three different light effects, ZEDGE comes in various colour variations and finishes to suit indoor and outdoor architectural contexts. Complete with a specially designed linear LED module, ZEDGE comes in two colour temperatures: 3000K and 4000K. The low voltage power supply system (24V) it is powered by makes it ideal for installation in humid environments such as SPAs or directly around swimming pools.

Zedge è una tecnologia originale Targetti, disegnata in collaborazione con Gensler / Zedge: genuine Targetti technology, designed in collaboration with Gensler

Targetti è una delle principali aziende del mercato internazionale dell’illuminazione architetturale per interni ed esterni. Nata in Italia nel 1928, l'azienda conta filiali nei più importanti mercati in tutto il mondo. Targetti is one of the leading companies on the indoor and outdoor international architectural lighting market. Founded in Italy in 1928, the company has subsidiaries on the most important markets worldwide.

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LE AZIENDE INFORMANO

AEC Total Quality System

G

li apparecchi da illuminazione con tecnologia a LED rappresentano complessi sistemi elettronici che permettono di regolare il flusso luminoso in funzione delle esigenze illuminotecniche dell’impianto. La tecnologia LED è fortemente influenzata da condizioni operative (corrente LED, livello di dimmerazione, stabilità della corrente),

AEC LAB Emissioni radiate 10

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da condizioni ambientali (temperatura ambiente) ed infine da condizioni di installazione. Per chi gestisce un impianto d’illuminazione pubblica, è essenziale conoscere sia le caratteristiche fotometriche di un apparecchio (per esempio il flusso luminoso), che quelle elettriche come potenza, fattore di potenza, distorsione armonica e livello di protezione alle sovratensioni. La possibilità di fornire

o meno queste informazioni è ciò che distingue un’azienda da un’altra. La caratterizzazione degli apparecchi a LED rappresenta un processo che richiede da parte di AEC un’accuratissima misurazione all’interno dei suoi laboratori nelle varie condizioni di funzionamento. Pratiche considerate apparentemente innocue, come fornire valori fotometrici che derivano da dati misurati su apparecchi simili, e quindi, non direttamente verificati su specifici apparecchi, porta a trovare nel mercato dichiarazioni molto approssimative. Negando queste metodologie di valutazione equivoche e fornendo dati fotometrici sotto forma di report certificati da ente terzo, AEC conferma la sua massima serietà e professionalità. Nell’ottica della filosofia aziendale basata sul “Total Quality System”, AEC garantisce il controllo di tutti i valori di performance dichiarati senza essere elusi. I dati dichiarati nei report, vengono misurati all’interno dei laboratori fotometrici presenti nell’Headquarters e sono sotto regime di sorveglianza di ente terzo. Analogamente ai dati fotometrici, AEC esegue test e misure su altri importanti valori caratteristici come ad esempio il livello di protezione alle sovratensioni, la temperatura di funzionamento dei componenti critici, il fattore di potenza e la distorsione armonica in funzione del livello di dimmerazione. La gestione di tutti i dati di targa e di performance degli apparecchi è centralizzata sul server AEC ed è aggiornata in tempo reale al fine di fornire valori aggiornati in linea con la rapida evoluzione della tecnologia LED.


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ED lighting fixtures represent complex electronic systems, which allow to manage the luminous flux in function of lighting installation requests. LED technology is subject to operational conditions (LED current, dimming levels, current stability), environmental conditions (Ta) and installation conditions. For all the technicians who have to manage outdoor lighting installations, it’s paramount to know photometric characteristics (luminous flux) and electrical characteristics (power, power factor, harmonic distortion and overvoltage protection). The possibility to provide these types of data, contradistinguishes a company from another one. LED luminaires characterisation is an important process

and AEC carries out an accurate measurement testing all the different luminaires operational conditions within its certified laboratories. Sometimes, It can be considered a very simple and innocuous process to provide specific data such as photometric values tested on other similar products and not directly on the requested luminaire, but in this way there is the risk to find approximate data on the market. AEC is against this ambiguous method in fact the company provides photometric data with certified report by third party, confirming its professionalism and reliability. According to AEC mission based on “Total Quality System” philosophy, the company assures the control of all the declared performance

and quality values and data, without any misunderstanding and duplicity. The declared data on AEC reports are measured in AEC photometric laboratories, which are under surveillance of third party. AEC carries out tests and measurements for other important values such as overvoltage levels protection, operating temperature of critical components, power factor and harmonic distortion in function of dimming options. The management of all performance data of the luminaires is saved on AEC server and it’s always updated in real-time, in order to provide clients with updated information and values, confirming to be always in line with the rapid change of LED technology.

Emissioni condotte AEC LAB

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Reverberi: innovazione nella SMART CITY

TECNOLOGIE ALL’AVANGUARDIA PER CITTÀ INTELLIGENTI LTM: SENSORE LUMINANZA/TRAFFICO e condizioni metereologiche Reverberi Enetec investe nella “Computer vision” e lancia il sensore LTM. Misura della luminanza della strada monitorata, del flusso di traffico e delle condizioni meteo debilitanti, in particolare strada bagnata, nebbia, neve. Informazioni che, trasmesse ai sistemi della gamma Reverberi ed Opera, permettono la regolazione in tempo reale ad anello chiuso del flusso luminoso. I test field hanno dimostrato potenzialità di risparmio energetico dell’ordine del 30%, ed aggiuntive al 25%-35% conseguibili con dispositivi di regolazione basati su cicli orari. • Conforme alla UNI 11248 e CEN 13201 parte 3 sui sensori di luminanza • Criteri Ambientali Minimi (CAM) di acquisto della Pubblica Amministrazione del 23/12/2013

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UNIONE EUROPEA

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LA LUCE E I GIOVANI LIGHTING DESIGNER “L’architettura è il gioco sapiente, vigoroso e magnifico dei volumi sotto la luce…” (Le Corbusier)

In questa nuova edizione partecipano anche i giovani lighting designer under 35, che possono raccontare in un video di 60 secondi un loro progetto e le diverse fasi che lo caratterizzano. TUTTI I DETTAGLI SUL SITO WWW.RIPRENDITILACITTA.IT SPONSOR GOLD

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WHAT DO YOU LIGHT ?

ZEDGE ZEDGE è il nuovo segna-passo a LED Targetti. E’ caratterizzato da geometrie minimali e dimensioni ridottissime. I rapporti tra le superfici verticali e i piani inclinati definiscono un prodotto discreto e dotato di una forte valenza estetica. Con design coordinato declinato in tre differenti “frame” che danno origine a differenti effetti luminosi, ZEDGE è disponibile in una vasta gamma di finiture per inserirsi in modo armonico in contesti architettonici in interni ed esterni. ZEDGE, genuine Targetti technology, designed in collaboration with Gensler.

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un progetto culturale e formativo di aidi e assil sulle tematiche della luce

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da marzo a novembre 2017

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2017

PREVIEW COLLECTION

COMETA Q8

LIGHT ADDICTED COMETA Q8

UNA SOTTILE LINEA DI LUCE UNIFORME Sezione 8x8 mm 12W/m - 25W/m - Frosted cover

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Design, progetti, convegni, mostre, allestimenti, ricerche, innovazione, interviste, architettura, arte, spazi urbani, teatro, libri, LUCE nelle sue pagine è un viaggio emozionante. Il progetto della luce influenza positivamente i luoghi dell’abitare, muove l’economia e migliora l’ambiente. Il prestigio e la costante crescita di lettori di LUCE sono la migliore garanzia per inserzionisti e sostenitori. LUCE è un sistema integrato: all'edizione cartacea si associano una newletter e una piattafoma web per un' informazione continua e ad alta visibilità.

LUCE significa tendenze, scenari e innovazione della luce in relazione all'architettura, al design, all'arte e alla storia. LUCE informa i designers, i progettisti, i produttori e gli studenti sulle evoluzioni del complesso mondo della luce italiana e internazionale. E anche i curiosi che vogliono immaginare il futuro e la cultura del prodotto.

LUCE è la prima e più importante rivista italiana sulla luce e il suo universo, e tra le maggiori a livello internazionale. Fondata da AIDI nel 1962, trimestrale, bilingue, LUCE racconta la cultura del progetto e l'espressività della luce nella sua globalità. La qualità è al centro del progetto editoriale: dalla scelta degli argomenti alle traduzioni, dalle fotografie alla grafica e all'immagine.

Ogni tre mesi LUCE fa scoprire e conoscere uno dei settori dell’eccellenza del Made in Italy e i suoi protagonisti. C’è voglia di Italia nel mondo e il design italiano si distingue per inventiva, stile, competenza e qualità manifatturiera. LUCE racconta la bellezza e il genio italiano, un grande vantaggio competitivo nel mondo.

Direttore Silvano Oldani Art director Mario Piazza Diffusione 48.000 (edizione cartacea e digitale - media annua programmata Italia ed estero 2017) Luceweb.eu 4 newsletter mese a 23.000 architetti e stakeholder delle principali città italiane ed estere.



¶ INCONTRI

Carlotta de Bevilacqua Il valore di un progetto durevole

Photo © Lea Anouchinsky

di Margherita Pincioni

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I

mprenditrice, architetto, designer e docente, Carlotta de Bevilacqua è uno dei protagonisti della progettualità e della imprenditorialità contemporanea. Ha sviluppato un importante percorso di ricerca nel campo della luce, introducendo prospettive tecnologiche innovative e scenari inediti sia come esperienza sensoriale che nell’interazione tra comunicazione e informazione. Che cosa ama della luce? Sono sempre stata appassionata a questo tema, fin dai miei studi di architettura, poi, mi sono avvicinata sempre più, anche grazie alla collaborazione con Artemide. Oggi viviamo nel pieno di una rivoluzione legata a un cambiamento epocale, tecnologico e scientifico, introdotto dal LED e dall’interpretazione quantistica della luce. Progettare luce non è più solo progettare lampade, ma è anche interazione evoluta, sensori, Internet of Things. Possiamo immaginare scenari aperti in cui l’illuminazione sarà qualcosa di più e di diverso rispetto alle nostre attuali conoscenze, avrà un collegamento sempre maggiore con l’uomo e la natura. Ho sempre creduto che il design non fosse legato alla forma dell’oggetto, a uno stile o una tipologia; l’ideazione deve partire dalle performance, dalla reciprocità tra l’uomo e lo spazio: il prodotto è sempre più una piattaforma aperta capace di accogliere intelligenze, protocolli innovativi, valori parametrici e incrementali. Dagli inizi del mio percorso professionale ho trovato stimolante occuparmi di luce per la sua capacità di racchiudere in sé numerosi e importanti temi e valori. La luce è materiale di costruzione degli spazi e più di altri riesce a dare identità e forma agli ambienti, instaurando una relazione che coinvolge l’uomo sotto più aspetti: percettivo, comunicativo, emozionale, psicologico e anche fisiologico. Ma soprattutto la luce è come l’aria e l’acqua, l’uomo e la natura non possono vivere senza di essa. Però progettare la luce significa occuparsi non solo di materia, ma anche di energia e quindi porre grande attenzione al suo utilizzo per rispettare le limitate risorse del pianeta. Quale tipo di ricerca svolge prima di pensare e affrontare un nuovo sistema illuminante? Per me il progetto è ricerca e cultura, parte dalla convergenza di una costante innovazione tecnologica a un approccio antropologico. L’innovazione tecnologia deve confrontarsi con una visione, essere filtrata dai valori di un nuovo umanesimo che ponga in relazione l’uomo alle necessità di vita e ai suoi spazi, ma che si confronti anche con la comunità e il futuro del pianeta, con valori ed etica. La forma è l’espressione di limiti e opportunità tecnologiche, non è un elemento fine a se stesso. Progettare la luce non significa solo disegnare una forma, ma indagare e gestire sia gli aspetti più tecnici che quelli di performance, ponendo sempre però grande attenzione all’uomo, ai suoi bisogni e al suo benessere. La forma è l’esito finale e ovviamente ha una sua importanza. Si può giungere a una soluzione totalmente smaterializzata o a una presenza che deve darci emozione anche attraverso l’uso dei materiali e delle loro qualità, per creare una relazione, una vicinanza con il prodotto.

Un aspetto che non bisognerebbe mai dimenticare mentre si progetta… Dobbiamo progettare un’alternativa migliore rispetto a ciò che già esiste! Per illuminare il futuro non dobbiamo essere chiusi, ma generosi e aperti alla condivisione di conoscenza, pensare di realizzare prodotti accessibili mettendo sempre l’uomo e il pianeta al centro del progetto. Che cos’è la “luce intelligente”? Una luce capace di seguire i nostri ritmi e i nostri bisogni in modo flessibile, permettendoci di diventare autori del nostro ambiente, rendendoci più consapevoli e responsabili nel suo utilizzo. Oggi grazie all’IoT (Internet of things, ndr) la luce è sempre più intelligente, favorendo la possibilità di aprire un dialogo bidirezionale con l’ambiente circostante e l’uomo. Il modo con cui ci relazioniamo con essa e la sua interazione con gli spazi sta cambiando totalmente. Un esempio è Ameluna: l’ottica combinata con un profilo in materiale plastico termoconduttivo che supporta i LED, un brevetto di invenzione, si inserisce nel profilo inferiore lasciando intatta la purezza della forma. L’illuminazione è diretta e parzialmente rifratta nell’ambiente attraverso il corpo trasparente. Il tutto è gestibile da un App che, con un’interfaccia semplice, permette di creare scenari anche tra gruppi di lampade e lasciare la libertà di interagire in real time per disegnare la propria luce. Nei suoi progetti si ritrovano spesso tradizione e contemporaneità. Come li concilia? L’evoluzione fotonica deve essere capace di confrontarsi con la generazione industriale più evoluta, ma anche con gli antichi saperi artigianali della tradizione. Possiamo imparare dal passato e dalle sue eccellenze artigiane, partendo dalla comprensione di tecniche, come la soffiatura del vetro, per rivalutarne in modo inedito le caratteristiche, grazie a una rilettura contemporanea. Un esempio: la lampada Empatia. Il nome rivela lo spirito di questo progetto, Empatia significa qualcosa che dall’interno comunica agli altri, così come per questa lampada: il cuore di questa luce è tutto nella parte inferiore, una base ipertecnologica estremamente innovativa che contiene non solo la sorgente luminosa a LED, ma tutta l’elettronica e l’intelligenza di gestione. La luce viene controllata con il massimo rendimento e guidata al diffusore in vetro attraverso un light pipe trasparente con un bassissimo coefficiente di assorbimento. Da questa base, una piattaforma attiva e rinnovabile, prende forma un’idea: quella di avere più luce con meno impegno energetico, una luce che ci emozioni e che segni i ritmi di vita dell’uomo. Tutto questo grazie anche al vetro; trasparenza e opacità, dosati sapientemente, riflettono e diffondono la luce senza abbagliare, senza perdere in efficienza. Inoltre ogni pezzo è lavorato a mano ed è quindi unico. La ricerca del mantenere e difendere il saper fare progettuale, attraverso la materia del vetro unito all’innovazione tecnologica più all’avanguardia, è iniziata con Empatia. Poi il percorso è proseguito con la realizzazione di altri due importanti progetti che rivisitano le antiche tecniche tradizionali del vetro soffiato veneziano: sono Incalmo e Invero, nelle quali coincidono tecnologia, bellezza e grande qualità di manufacturing.

Artemide+Mercedes Benz, lampade Ameluna. Ameluna è la combinazione di Artemide, Mercedes e luna. Ameluna rivela una rivoluzionaria optoelettronica integrata nel corpo trasparente. / Artemide+Mercedes Benz, Ameluna lamps. Ameluna is a combination of Artemide, Mercedes-Benz and luna, the Italian word for moon. Ameluna discloses an innovative optoelectronic system integrated in the transparent frame.

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Carlotta de Bevilacqua è Vice Presidente di Artemide. Per Artemide e Danese ha realizzato molti prodotti a LED di nuova generazione, riconosciuti con numerosi brevetti. Laureata nel 1983 in Architettura al Politecnico di Milano, dirige il proprio studio di architettura e design, orientato alla progettazione di spazi ed edifici innovativi a ridotto impatto ambientale e alla ricerca di nuove interpretazioni del rapporto tra uomo, architettura, natura e luce. Dal 2001 è docente universitario alla Facoltà del Design al Politecnico di Milano. Presso lo stesso ateneo è docente anche nel Master in Light Product Design. È stata dal 1999 al 2001 docente e Project Leader per lo sviluppo di prodotti innovativi all’interno del Master in Design Strategico (Mip). Dal 2001 al 2004 è stata docente del Master in Design presso la Domus Academy di Milano e Professore invitato a diversi interventi all’Università Bocconi e al Politecnico di Milano. Nel 2012 - 2013 ha fatto parte del Consiglio di amministrazione della Fondazione La Triennale di Milano

“The human light” è un pensiero, una filosofia promossa da lei negli anni ’90 che ha anticipato un modo nuovo di progettare la luce con particolare attenzione al benessere delle persone. Sono stati fatti passi avanti riguardo al binomio luce-salute? Ho sempre considerato l’uomo al centro del progetto. A partire dagli anni ‘90 con Artemide e il progetto Metamorfosi abbiamo iniziato a lavorare con la luce colorata e poi con le temperature di colore del bianco, studiandone l’importante influenza psicologica e fisiologica. Oggi grazie alla tecnologia LED abbiamo maggiori possibilità di controllo della qualità. Possiamo selezionare le frequenze emesse e l’elettronica ci consente una gestione precisa e puntuale, ma al tempo stesso una grande libertà e flessibilità di interazione in tempo reale. Questa possibilità di interazione evoluta fa sì che ognuno sia sempre più libero di modificare i propri scenari in modo attivo e consapevole a favore di un benessere personale.

Photo © Federico Villa

Ci indichi un luogo da visitare che offre, secondo lei, una luce incredibile Sono ormai passati quasi due anni dalla sua realizzazione, ma la collocazione della Pietà

Carlotta de Bevilacqua, lampade Incalmo e Invero. Coniugano le peculiarità di una tecnica artigianale con l'innovazione optoelettronica. / Carlotta de Bevilacqua, Incalmo and Invero Lamps. They combine the features of a craft technique with optoelectronics innovation.

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Il “design democratico” è diventato uno slogan un po’ inflazionato e obsoleto. Cosa ne pensa? Ogni progetto deve nascere dall’esigenza di dare risposte ai bisogni emergenti dell’uomo, migliorare la qualità della vita delle persone attraverso le possibilità offerte dalle nuove tecnologie. Un buon progetto deve poi anche confrontarsi con il mercato, essere accessibile e democratico, ma soprattutto lavorare, per la lunga durata, attraverso la qualità e non essere una forma soggetta alla moda.

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Rondanini, nell’ex Ospedale Spagnolo al Castello Sforzesco di Milano, è sicuramente un’esperienza emozionante. La Pietà Rondanini è una perfetta testimonianza di come una luce assolutamente tecnica e formalmente non presente possa generare un racconto percettivo coinvolgente. Con Michele De Lucchi abbiamo disegnato una luce perfettamente ritagliata sulla scultura, senza ombre, un effetto quasi magico che nasce da un’ottica innovativa, creata appositamente per intervenire con la massima precisione e qualità. È il risultato della collaborazione tra un grande architetto come De Lucchi e il team Artemide progettisti e ingegneri optoelettronici -, una soluzione assolutamente innovativa dal punto di vista tecnico che esprime tutta la nostra competenza ed esperienza nel gestire la luce. Ci può anticipare i progetti che presenterà al Salone del Mobile di Milano? Oggi, nel secolo della fotonica, la luce può essere molto più di quello al quale siamo abituati. Nel progetto Metamorfosi e nella ricerca “Human Light”, Yang ha sicuramente segnato una svolta fondamentale nel modo di interpretare la luce e la sua relazione con l’uomo. Tre proiettori con i filtri dicroici rosso, verde e blu consentono di ottenere infinite atmosfere di luce colorata per seguire i bisogni psicologici e fisiologici dell’uomo. A Euroluce presenterò una nuova versione che, grazie alla tecnologia LED e agli innovativi protocolli di gestione IoT, migliorerà le caratteristiche della luce e aprirà nuove possibilità di interazione. Sto lavorando soprattutto sulle nuove tecnologie, sviluppando anche un progetto con innovativi OLED, senza dimenticare però la bellezza che le qualità materiche e le tecniche della tradizione sanno trasmettere.


Carlotta de Bevilacqua The value of a long-lasting project E

ntrepreneur, architect, designer and university lecturer, Carlotta de Bevilacqua is one of the protagonists of contemporary entrepreneurship and design. She has carried out important research work in the field of Lighting, introducing innovative technological perspectives and new original scenarios, in the form of sensory experiences and the interaction of communication and information.

What do you love about light ? I have always loved this theme, since my studies in architecture and, after that, I have been increasingly attracted to the world of light thanks to the collaboration with Artemide. Today we live in the midst of a revolution tied to the epochal technological and scientific change introduced by LEDs and the quantistic interpretation of light. Lighting Design is no longer designing lamps only, but it also includes evolved interaction, sensors and the Internet of Things. We can imagine open scenarios where lighting will be something more and different from what we know today, it will have an increasingly strong connection with man and nature. I have always believed that design was not in the shape of an object, a style or a typology; but the conception must start from performance, reciprocity between man and space - the product is more and more an open platform, that can bring together intelligence, innovative protocols, parametric and incremental values. From the very start of my professional career I have found it stimulating to deal with light, because of its capacity to include numerous and important themes and values. Light is a building material. with which it is possible to create spaces, and more than others it can give an identity and a shape to environments, establishing a relation that involves man from many angles: perceptive, communicative, emotional, psychological and even physiological. But mainly, light is like air and water, man and nature cannot live without it. At the same time, however, lighting design means looking at not only the material, but also energy, and therefore great attention must be paid to its use, in order to respect the planet’s limited resources What type of research do you carry out before you start to think of a new lighting system? For me, the project involves research and culture – it starts from the convergence of constant technological innovation and an anthropological approach. Technological innovation must confront a vision, and must be filtered by values of a new humanism, where man and the needs of life and his spaces must be related, and it must also confront the community and the future of the planet, with values and ethics. The form is an expression of the opportunities and limits offered by technology, it is not just a simple element.

Designing lighting does not mean designing a form only, but searching and managing the more technical aspects and performance, always giving great importance to man, his needs and his wellbeing. The form is the final result and obviously it has its own importance. A totally dematerialized solution may be reached or a presence that moves us, even as a consequence of the materials used and their qualities, to create a relation, an affinity, with the product. One aspect that we should never forget when designing an object … We must design an alternative that is better than what already exists! To illuminate the future we must not be closed, we must be generous and open, and share knowledge, we must think of creating products that are accessible, with man and the planet as the centre of the project. What is “smart light ”? A light that can follow our rhythms and our needs in a flexible manner, allowing us to become the authors of our environment, making us more aware and responsible when using it. Today, thanks to the IoT (Editor’s note: Internet of Things) light is increasingly intelligent, favouring a two-directional dialogue between the surrounding environment and man. The way we relate with it and its interaction with the spaces is changing totally. An example is Ameluna: the light consists of a profile made of thermally conductive plastic supporting the LEDS, a patented invention, which is inserted in the lower profile, leaving the purity of the form intact. Lighting is direct and partially refracted in the environment through the transparent body. The unit can be managed with an App which has a simple interface, that enables the creation of different scenarios using groups of lights with the freedom to interact in real time and design one’s own light alternatives. In your projects tradition and state-of-the-art characteristics often mingle. How do you conciliate both? The photonic evolution must measure up with the greatly evolved industrial generation and also with the ancient know-how of craftsmen and tradition. We can learn from the past and from its excellence in craftwork, and we start by understanding the techniques such as glassblowing, and then highlight these characteristics in a contemporary key. An example is the Empatia lamp. Its name reveals the spirit of this project. Empatia (empathy) means something from inside that communicates with others, as in the case of this lamp: the heart of this light is entirely fitted in the lower part, an extremely innovative hyper technological base that not only contains the light source formed by LEDs, but all the

Philippe Rahm, lampade Spectral Light. La lampada è composta da 12 lunghezze d’onda della luce, emesse da 12 LED di diversi semiconduttori, corrispondenti a 12 picchi di lunghezze d’onda percepiti dalle specie viventi che abbiamo scelto: uomo, cane, gatto e piante. / Philippe Rahm, Spectral Light lamps. The lamp is made of 12 light wavelengths emitted by 12 LEDs of different semiconductors corresponding to 12 wavelengths peaks perceived by the living species we have chosen: human, dog, cat and plants.

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Carlotta de Bevilacqua + Paola di Arianello, Empatia, lampada da tavolo. Empatia nasce dal connubio tra la grande tradizione del vetro soffiato e la LED technology di Artemide / Carlotta de Bevilacqua + Paola di Arianello, Empatia, table lamp. Empatia is inspired by the association between the great glass-blowing tradition and the LED technology of Artemide.

anticipated a new way of designing lighting with particular attention to the wellbeing of people. Has progress been made in light-health ? I have always considered man at the centre of a project. Starting from the 90s, with Artemide and the Metamorfosi project, we started to work with coloured light and then with white colour temperatures, studying their important psychological and physiological influence. Today, thanks to LED technology, we have greater possibilities of controlling quality. We can select the emitted frequencies and electronics allow us to carry out a precise and punctual management, with great freedom and flexibility in real-time interaction. This possibility of evolved interaction leads to an increasing freedom for each one to modify his own scenarios in an active, informed manner, in favour of his personal wellbeing.

Carlotta de Bevilacqua is Vice President of Artemide. For Artemide and Danese she has designed many new generation LED products which have been awarded numerous patents. She graduated in Architecture in 1983, at the Politecnico di Milano (the Milan Polytechnic), she manages her own Architecture and Design studio, that is oriented toward the design of innovative buildings and spaces with a low environmental impact, and research of new interpretations of the relations between man, architecture, nature and light. Since 2001 she is a university lecturer at the Faculty of Design of the Politecnico di Milano. At the Polytechnic, she is also a university lecturer in the Master in Light Product Design. From 1999 to 2001 she has been a lecturer and Project Leader for the development of innovative products in the Master in Design Strategico (Mip) (Master in Strategic Design). From 2001 to 2004 she was a lecturer in the Master in Design at Domus Academy in Milan, and has been invited as a Visiting Professor to a number of events at Università Bocconi and the Politecnico di Milano. In 2012-2013 she was a member of the Board of Directors of Fondazione La Triennale di Milano. 26

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electronics and intelligence management. Maximum light output is obtained and directed to the glass diffusor through a transparent light pipe with a very low absorption coefficient. From this base - an active and renewable platform - an idea takes form: that of having more light with less use of energy, a light that will trigger our emotions, and that will mark the rhythms of man’s life. All this is also due to the glass: transparency and opacity, dosed knowingly, reflect and spread light without any glare, without losing efficiency. Furthermore, each part is hand crafted and is therefore unique. The research to maintain and defend design know-how, through glass and the most avant-garde technological innovation, began with Empatia. This research was continued in Incalmo and Invero, two important projects that re-visit ancient traditional Venetian glassblowing techniques, and where technology, beauty and a great manufacturing quality converge. “Democratic design” seems to have become a rather overused and obsolete slogan. What is your opinion? Every project must evolve from the need to provide answers to man’s emerging needs, to improve quality of life through the possibilities offered by new technologies. A good project must also face the market, it must be accessible and democratic, but most of all it must work, for a long time, because of its quality and its form shall not be conditioned by fashions. “The human light” is a way of thinking, a philosophy promoted by you in the 90s, that

Can you indicate a place to visit that, in your opinion, offers an incredible light? Almost two years have passed, but the relocation of Michelangelo’s Rondanini Pietà, in the former Ospedale Spagnolo (Spanish hospital) in the Sforza castle in Milan is surely a touching experience. The Rondanini Pietà is a perfect example of how an absolutely technical light that formally is not present, can generate a captivating perceptive experience. With Michele De Lucchi, we designed a light that was perfectly cut out on the sculpture, without shadows, an almost magic effect that stems from innovative lighting, created specially in order to intervene with maximum precision and quality. It is the result of the collaboration between a great architect like De Lucchi and the Artemide team – designers and optoelectronic engineers – an absolutely innovative solution from a technical point of view that shows all our expertise and experience in lighting management. Can you tell us of the projects you will present at the Salone del Mobile in Milano? Today, in the century of photonics, light can be much more than what we are used to. The Yang Metamorfosi project, within the “Human Light” research, surely has impressed a fundamental change in the way of interpreting light and its relation with man. With the three lights, equipped with red green and blue dichroic filters , it is possible to obtain infinite atmospheres of coloured light to reflect the psychological and physiological needs of man. At Euroluce, I will present a new version that, thanks to LED technology and innovative IoT management protocols, will improve the light characteristics and will open new possibilities of interaction. I am working mainly at the new technologies, also developing a project with innovative OLEDs, and never forgetting the beauty that the qualities of traditional materials and techniques can convey.


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Mario Cucinella. Giocare con la luce del sole Dialogo intimo tra uomo, spazio e illuminazione di Andrea Calatroni

Unipol, Milano (2015, in progress).

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Photo © Luca Maria Castelli

i vuole raccontare il suo personale rapporto con la luce? Ho sempre avuto un rapporto di empatia molto forte con la luce. Ho cercato di sviluppare una relazione sostanziale tra lo spazio costruito e la luce, soprattutto quella naturale. All’interno di un progetto la luce non deve essere solo una componente quantitativa ma soprattutto qualitativa: sono convinto che l’effetto benefico dell’illuminazione naturale sia uno dei principi qualificanti dell’architettura. Se gli edifici hanno un buon rapporto con la luce, la qualità della vita all’interno di questi aumenta. Il nostro lavoro è dedicato alla costante ricerca di questo rapporto, soprattutto in edifici per uffici o collettivi come scuole, asili e ospedali. Il rapporto luce/spazio costruito deve essere strettamente connesso al ritmo della giornata, alla quantità di luce, alle conseguenze emotive e psicologiche che ci legano a questo elemento fondamentale. Un’architettura che nega questa relazione non mi sembra sia interessante; noi lavoriamo affinché la costruzione non diventi una barriera, un filtro negativo, ma puntiamo a un’architettura che amplifichi la luce, che instauri un rapporto di grande empatia tra uomo, spazio e illuminazione.

Credo che dovremmo avere molti più lighting designer in Italia, sono una specie quasi protetta. Guardandomi in giro ho notato che non c’è una bella illuminazione urbana. Secondo me ci si concentra troppo sulla parte tecnica e poco su quella creativa, invece bisognerebbe interpretare meglio le città dal punto di vista della luce. I think we should have more lighting designers in Italy: here it is like they’re a protected species. I noticed that the urban lighting is generally quite poor here, and I think we focus too much on technical issues and little on creativity, while we should be more attentive to the luminous interpretation our cities. MARIO CUCINELLA

Cinque progetti a Milano: HQ Unipol, HQ Coima, Ospedale San Raffaele, Città della Salute e Museo Fondazione Rovati. Cinque declinazioni della stessa idea di architettura sostenibile? Sì, sono cinque declinazioni della stessa idea d’architettura e questo è dovuto anche al fatto che affrontano temi diversi. C’è quello dell’ufficio, che ha un rapporto molto stretto con il ciclo della luce naturale che deve entrare in relazione con l’illuminazione artificiale e che, in qualche modo, nega il ciclo della luce solare. La luce artificiale ha una temperatura e un’intensità costante e deve colloquiare con quella naturale. Si tratta di un dialogo tra un aspetto tecnologico e uno totalmente naturale. Per quanto riguarda gli ospedali, la luce è un elemento che va filtrato e governato per rispondere a particolari condizioni di vita. Il tema della buona luce in ambito ospedaliero è una delle componenti principali per il benessere psicologico dei degenti. Anche nel museo la luce è importante: qui è prevista poca luce perché è legata a un’esperienza storico/artistica, gli Etruschi, che vedeva nel buio l’accesso a un altro mondo. Nella parte ipogea c’è una luce unicamente artificiale e molto ridotta per rispettare questa concezione e per accentuare l’idea di un luogo misterioso. È importante saper declinare in maniera corretta un elemento delicato come la luce, che deve avere delle intensità diverse in funzione di luoghi differenti. Luce naturale e luce artificiale sono in dialogo costante. One Airport Square ne è un esempio: ombre e luci diverse definiscono l’edificio e la sua percezione. Quale rapporto instaura con i lighting designer? Lavoriamo spesso con i lighting designer perché, per trasformare la nostra idea di luce, abbiamo bisogno di figure che professionalmente sono cresciute in quest’ambito inoltre hanno una maggiore sensibilità narrativa sul tipo d’illuminazione da impiegare. Il loro apporto, come per le altre figure esterne, è rilevante

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per il risultato finale. Credo che dovremmo avere molti più lighting designer in Italia, sono una specie quasi protetta. Guardandomi in giro ho notato che non c’è una bella illuminazione urbana. Secondo me ci si concentra troppo sulla parte tecnica e poco su quella creativa, invece bisognerebbe interpretare meglio le città dal punto di vista della luce. Entrando nello specifico del progetto One Airport Square, qui c’era la necessità di un attento controllo della luce naturale, dato che in Ghana questa ha una grande incidenza termica, e, in generale, sul funzionamento della struttura. L’edificio gioca con il sole zenitale e le grandi terrazze a sbalzo che ombreggiano la costruzione. Davanti a un problema l’architettura trova sempre una soluzione. In questo caso abbiamo usato una griglia obliqua, che dà una sensazione d’instabilità e crea un interessante gioco di luci sulla facciata. Il dialogo tra il giorno e la notte reca due messaggi diversi, uno dinamico e uno molto statico, entrambi con differenti attitudini scenografiche. Uno degli oggetti di design progettati dallo Studio è la famiglia di proiettori Woody per iGuzzini. Ce ne vuole parlare? È un progetto nato da una precisa richiesta aziendale: realizzare il primo proiettore con soli due pezzi, una scocca e un tappo (la lente). L’Azienda intendeva costruire un proiettore con un pezzo in meno, che in termini di logica produttiva significa un importante abbattimento dei costi e dei tempi nel processo di costruzione. Poi c’è “l’idea di famiglia”, di un proiettore che, al variare delle dimensioni, copra tutta la gamma di opportunità d’illuminazione. L’idea della famiglia mi è sempre sembrata affascinante, un po’come per la famiglia degli archi, dal violino alla viola al basso. Sono oggetti che hanno la stessa funzione ma che la declinano in modi diversi. Questo progetto è stato molto interessante, sia sul versante produttivo sia su quello operativo e illuminotecnico. Prodotti come questo hanno un grande contenuto estetico, oltre che funzionale: questo è il valore aggiunto che definisce molti prodotti italiani. La luce nelle sue architetture va oltre alla semplice illuminazione, ha funzione scultorea, emotiva. La copertura per l’ARPAE, la cosiddetta quinta facciata, è paradigmatica. Come nasce? Il progetto è per l’ARPAE di Ferrara. Ci è sembrato necessario che l’edificio stesso raccontasse il rapporto tra i diversi elementi ambientali e che rappresentasse un’idea nuova di edificio pubblico. Costruire edifici pubblici in legno e con questa attenzione in Italia è molto raro, e poiché questi sono una prima forma di educazione e di comunicazione ci è sembrato corretto raccontarlo con la materia. L’ARPAE è un edificio totalmente costruito in legno, tagliato da foreste controllate, attento al tema delle materie prime rinnovabili e certificate. Questo edificio ha un particolare rapporto con la luce, perché l’illuminazione artificiale viene accesa solo nel tardo pomeriggio, anche in inverno. L’idea forte è che, dentro l’edificio, la luce venga amplificata grazie ai condotti di luce o camini sulla copertura, i quali moltiplicano la quantità di luce interna, soprattutto quella zenitale, molto più efficace di quella orizzontale. I camini, oltre a portare luce


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all’interno, sono anche lo strumento principale per la ventilazione naturale dell’edificio. Siamo convinti che gli edifici pubblici debbano essere portatori di messaggi d’innovazione: è il ruolo che hanno sempre avuto nella storia, dunque è necessario raccontare “chi siamo” attraverso questi edifici.

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Materiali, tecnologia, ricerca e luce. Quali sono le prime suggestioni che ascolta prima di iniziare a progettare? Domanda difficile. I processi creativi non sono processi codificabili razionalmente. Nel nostro caso lavoriamo con quest’idea di empatia creativa, l’idea che l’architettura risponda all’ambiente, attraverso un dialogo. Negli ultimi anni si è perso il rapporto tra architettura e natura. Il nostro sforzo è sempre stato quello di confrontarci con i diversi fattori ambientali presenti e con il contesto climatico. Il nostro processo creativo viene anche governato da elementi concreti e razionali: questi fanno sì che ci sia una comprensione esatta del luogo e delle sue condizioni contestuali e che si instauri quell’empatia che, utilizzando la creatività, ci consente di fornire una risposta corretta. Quello che abbiamo intrapreso non è un percorso semplice, non lascia spazio per il formalismo fine a sé stesso, cerca sempre di trovare un legame tra architettura e ambiente, tra la storia dell’umanità e il suo rapporto con il mondo.

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1-2 | Coima Headquartes, Porta Nuova Milano (2013, in progress). 3 | IRCCS Ospedale San Raffaele - Nuovo Polo chirurgico e delle Urgenze, Milano (2015, in progress) 4 | Fondazione Rovati Museum, Milano (2016, in progress) INTERVIEWS / LUCE 319

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5 | Città della Salute e della Ricerca, Sesto San Giovanni (2015, in progress). 6 | Nido d’Infanzia / Kindergarten, Guastalla (PR), 2015 7-8 | One Airport Square, Accra, Ghana (2010-2015) 9 | Unipol, Milano (2015, in progress)

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Photo © Fernando Guerra

Photo © Fernando Guerra

Photo © Moreno Maggi

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Render by Engram Studio

Mario Cucinella: playing with sunlight An intimate dialogue between man, space and lighting

How would you describe your personal relationship with light? I always had a very strong empathy with light. I always tried to find a substantial relationship between built space and light, particularly the natural one. In a project, light is about quality rather than quantity. I believe that the beneficial effect of natural light is one of the most qualifying principles of architecture. When buildings have a good relationship with light, the quality of life within them increases. Our work is a continuous research on this relationship, especially when it comes to offices or collective buildings, such as schools, kindergartens or hospitals. The light/builtspace relationship must be strictly connected with the daily rhythm, the light quantity, and the emotional and psychological consequences connecting us to this crucial element. An architecture that denies this relationship is of no interest to me. We work to ensure that the construction doesn’t become a barrier, a negative filter; we aim to an architecture that amplifies light and creates a great empathy between man, space and lighting. Five upcoming projects in Milano: Unipol HQ, Coima HQ, San Raffaele Hospital, City of Health and the Rovati Foundation Museum. Five variations on your idea of sustainable architecture? Yes, these are five variations on the same conception of architecture, in accordance with the different topics faced each time. In offices, the natural lighting must interact with the artificial one, somehow denying the natural sunlight cycle. In a dialogue between a technological aspect and a totally natural one, the artificial light, with its constant temperature and intensity, must dialog with the natural one. As for hospitals, light must be filtered and managed to respond to specific life conditions. A good lighting in hospitals is the most important element for the psychological wellbeing of patients. Light is very important in museums too. In this case, we decided to provide little light because the exhibition is tied to the historical/artistic experience – the Etruscans – that considered darkness as the access to another world. In order to respect this concept and to accentuate the idea of a mysterious place, the underground level is only lit by a dim artificial light. It is very important to properly use a delicate element such as light, which must have different intensities according to different places. Natural and artificial light are in a constant dialogue. One Airport Square is a good example: different shadows and lights define the building and its perception. What kind of relationship do you establish

with lighting designers? We often work with lighting designers because they can transform our idea of light into reality, since they are specialized professionals trained in this specific field. Moreover, they have a superior narrative sensibility in terms of which typology of light should be used each time. Like that of other consultants, their contribution is relevant for the final outcome. I think we should have more lighting designers in Italy: here it is like they’re a protected species. I noticed that the urban lighting is generally quite poor here, and I think we focus too much on technical issues and little on creativity, while we should be more attentive to the luminous interpretation our cities. Now, focusing on the One Airport Square project, we had to carefully control the natural lighting, since in Ghana this has a major impact in terms of heat and on the operation of the entire building in general. The building plays with sunlight and the large cantilevered terraces that shades the building. Facing a problem, architecture always finds a solution. In this case, we used an oblique grid, giving a feeling of instability and creating an interesting play of lights on the façade. The dialogue between day and night carries two different messages – a dynamic one and a very static one –, with different scenographic aptitudes. Your studio designed for iGuzzini the Woody family of projectors. Could you tell us more about it? This project was born from a company specific request: to create the first projector made of two pieces only – a body and a cap (the lens). The company wanted to reduce the numbers of components, which implies a significant decrease in terms of costs and assembling time. There is then the idea of a family of products, of a projector coming in several sizes that could answer all lighting needs. The family idea has always been very fascinating to me, a bit like the strings family, ranging from the violin to the viola and cello. They all have the same function, but they interpret it in different ways. This project was very interesting, both on the production level and on the operative and engineering one. Besides the functional one, products like this have a major aesthetic content: this is the plus that defines all Italian products. In your architecture light goes beyond simple lighting: it has a sculptural and emotional function. The ARPAE rooftop, the so called fifth façade, is quite paradigmatic. How was the idea born? The project is for the ARPAE in Ferrara. We felt the need for the building itself to narrate the relationship between the various

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environmental elements, in a way that it would represent a new concept of public building. In Italy, it is quite uncommon to build a wooden public building and to do this with such carefulness. Since these are the first communication and education form, we thought that the matter was the proper way to narrate it. ARPAE is totally built with wood coming from controlled forests, using certified and renewable raw materials. This building has a peculiar relationship with light, since the artificial one is only turned on late in the afternoon - in winter as well. The main idea is that, inside the building, the light is amplified by the light ducts on the roof, which multiply the amount of inner lighting, especially the vertical one, which is much more powerful than the horizontal one. These chimneys, in addition to bringing light inside, are also means for the natural ventilation of the building. We believe that public buildings have to be bearers of innovative messages: it’s their historical role, and we need to tell who we are through these buildings. Materials, technology, research and light: which are the first suggestions that come to your mind before you start designing? Hard question. It’s impossible to rationally encode the creative process. We work with a so-called creative empathy, with the idea that architecture responds to the environment through a direct dialogue. In recent years, we lost the relationship between architecture and nature. Our effort has always been to measure ourselves with all the different environmental factors and climatic contexts. Our creative process is also led by concrete and rational elements: this means that there is a deep understanding of the site and its conditions, and the establishing of such empathy that, using creativity, allows us to give a correct answer. It’s not an easy path, and it doesn’t leave room to formalism for its own sake; we always try to find a link between architecture and environment, between the history of humanity and its relationship with the world. INTERVIEWS / LUCE 319

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Photo © Studio Bouroullec

¶ INCONTRI

Ronan e Erwan Bouroullec L’incontro al Vitra Design Museum di Stephanie Carminati

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LUCE 319 / INCONTRI


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Tra i vostri progetti figurano anche alcune lampade, realizzate con materiali anche molto diversi tra loro. Qual è il vostro rapporto con la luce e con lo spazio nel quale questa interagisce? Quali sono, secondo voi, i caratteri imprescindibili che deve avere un oggetto luminoso? Diciamo che ci pensiamo molto ma non ci riusciamo benissimo (ride, NdA). Credo che una delle nostre lampade sia stata una grande riuscita da questo punto di vista: Aim, lampada del 2013 per Flos. Un sistema molto semplice permette di portare la luce dove realmente serve. Penso che comunque una buona illuminazione sia fatta da molteplici sorgenti luminose. Gli spazi contemporanei hanno

Rêveries Urbaines, Les Champs Libres, Rennes, 2016 Photo courtesy Vitra Design Museum

La vostra produzione è molto ricca: spazia dall’oggetto di piccola scala a veri e propri ambienti. Come affrontate ogni progetto? È una domanda abbastanza difficile, in realtà. Abbiamo sempre l’impressione di lavorare di progetto in progetto, cercando di volta in volta metodi e quadri. Eppure allo stesso tempo, come in questo caso (il riferimento è all’allestimento al Vitra di Rêveries urbaines, NdA), capita di riprendere qualcosa di anni fa e vedere che funziona piuttosto bene. Non siamo molto teorici, non abbiamo mai scritto. Credo si possa dire che abbiamo questa metodologia per cui tutto quello che facciamo potremmo quasi sempre fabbricarlo direttamente noi stessi. Non si tratta di qualcosa che desideriamo espressamente, ma lavoriamo sempre tramite pensieri, disegni e messe in opera che, a ben vedere, fanno sì che, avendo abbastanza tempo, potremmo effettivamente realizzare noi stessi i nostri progetti. Magari non sarebbero realizzati nel migliore dei modi, ma potremmo comunque farlo. Penso che questo dia al nostro lavoro un certo sapore. Sappiamo quanto attualmente un oggetto sia indissolubilmente legato alla sua immagine e al suo nome. Basta pensare ad Apple: la sua riuscita è anche molto legata allo spiegare i propri obiettivi e processi. Più che al successo, tutto questo contribuisce alla funzionalità finale dell’oggetto. Penso che le persone si comportino diversamente quando sanno come questo è stato concepito. Quando si lavora a una dimensione più artigianale si cerca una strategia, una tattica e una politica più adatta. Penso ci sia molta politica nel design, una politica positiva.

Photo © Studio Bouroullec

uo francese di designer ormai di fama e riconoscimento internazionale, Ronan e Erwan Bouroullec portano avanti nel loro studio di Parigi un lavoro fatto di equilibrio e finezza, frutto di un dialogo costante tra le loro diverse personalità, che ha negli anni spaziato dalla concezione di piccoli oggetti alla realizzazione di veri e propri ambienti, dall’artigianato alla scala industriale, dal disegno alla fotografia. Li abbiamo incontrati in occasione della presentazione della loro ultima mostra Rêveries Urbaines al Vitra Design Museum – nella Fire Station progettata da Zaha Hadid, dal 8 ottobre 2016 al 22 gennaio 2017 – e abbiamo chiesto a Erwan Bouroullec di raccontarci il loro punto di vista sulla luce, protagonista di alcuni loro progetti.

Rêveries Urbaines, Vitra Design Museum, Basel, 2016

spesso una qualità piuttosto uniforme, con pochi punti di riferimento in termini di sensazioni. Eppure basta immaginarsi una stanza con un caminetto: non ci serve necessariamente il suo calore, ma questo crea quello che io chiamo “punto di riferimento sensoriale”. Anche senza vederlo si crea un qualcosa, se ne sente il profumo e il suono. Credo che l’animale che è in tutti noi abbia realmente bisogno di sentire questo. Con Aim è molto facile portare la luce nel luogo giusto: ha questa souplesse nello spazio che trovo personalmente molto interessante. Per il resto, abbiamo fatto poche lampade che abbiano davvero la capacità di illuminare completamente uno spazio. Si tratta più di piccoli oggetti luminosi che possono essere facilmente spostati. Ma questo viene sicuramente dalla nostra visione sulla molteplicità delle sorgenti. Bisogna dire che le lampade sono sempre abbastanza complesse: tutte le sorgenti sono cambiate, gli standard vengono a mancare. Lavoriamo con il Led, ma spesso al di fuori degli standard per cui sostituire diventa complicato.

Restando in tema di illuminazione, il vostro intervento a Versailles nel 2013 colpisce per la sua leggerezza e per la delicatezza con cui si inserisce in uno spazio non certo facile. Può raccontarci qualcosa di più a proposito di quest’opera? Gabriel è stato un progetto complicato per la sua dimensione. La cosa più bella è che è manifesto, evidente a tutti. Versailles è un luogo estremamente pubblico, soggetto a molte controversie. Stranamente il nostro chandelier non ha ricevuto attacchi, pur essendo estremamente contemporaneo. Va fatta però una precisazione a riguardo: il luogo in cui si trova, lo scalone Gabriel, è rimasto come progetto su carta per due secoli ed è stato realizzato effettivamente solo una trentina di anni fa. Benché fedele al progetto originale, si tratta di uno spazio in un certo senso nuovo; difficilmente avremmo potuto realizzarlo in uno degli ambienti storici della reggia. Ciò che è stato estremamente difficile qui è stato accordarci sulla quantità di luce. Il nostro chandelier riprende un po’ INTERVIEWS / LUCE 319

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Photo © Tahon & Bouroullec

Le lampade Aim in un allestimento alla Kreo Gallery, Parigi, 2010 / The Aim lamps in a Kreo Gallery exhibition, Paris, 2010

Ronan Bouroullec (1971) e Erwan Bouroullec (1976) iniziano a lavorare insieme nel 1998, dopo aver completato i rispettivi studi presso L’École supérieure des Arts décoratifs di Parigi e l’École nationale supérieure des Arts di Cergy-Pontoise. Notati nel 1997 da Giulio Cappellini, con la loro Cuisine Désintégrée al Salone del Mobile, i due designer hanno negli anni collaborato con i più prestigiosi marchi del mondo del design – per citarne solo alcuni: Vitra, Kvadrat, Magis, Kartell, Established and Sons, Ligne Roset, Axor, Alessi, Issey Miyake, Cappellini, Mattiazzi, Flos, Mutina, Hay, Glas Italia, Artek, Iittala, Kettal, Glas Italia e Samsung. Parallelamente, portano avanti la loro ricerca personale con la Galerie kreo. Nominati Creatori dell’anno al Salone del Mobile nel 2002 e al Maison et Objet nel 2011, hanno ricevuto, tra altri, il Grand Prix du Design de la Ville de Paris nel 1998, il New Designer Award dell’International Contemporary Furniture Fair di New York nel 1999, il Finn-Juhl Prize di Copenaghen nel 2008 e il Compasso d’Oro nel 2011. Alla loro opera sono state dedicate numerose esposizioni monografiche nei luoghi più prestigiosi del design internazionale e diverse monografie.

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l’illuminazione data dalle candele, che era quella di questi spazi: una moltitudine di sorgenti deboli. Con i Led è esattamente quello che succede: molti piccoli punti luminosi, relativamente poco potenti. Abbiamo sempre temuto che la quantità di luce che avremmo ottenuto fosse insufficiente, per cui quando lo abbiamo acceso per la prima volta ne siamo rimasti entusiasti. È una luce estremamente naturale, piuttosto bassa, molto morbida e calda. Si tratta a mio avviso di un’illuminazione assolutamente consona al castello di Versailles, molto simile a quella originaria. Gabriel è un progetto di cui sono molto fiero, ma appartiene a Versailles, non può essere riprodotto in una dimensione diversa. Un site specific, quindi… Esatto, anche per la dimensione del luogo. Il lampadario è alto una ventina di metri, e non potrebbe funzionare in una dimensione minore. Alla scala attuale è molto delicato, ma visto da vicino perde un po’ questa delicatezza e leggerezza. La sua struttura non è proprio adatta a fare oggetti di dimensioni ridotte. Un oggetto luminoso a cui è particolarmente affezionato? Recentemente devo ammettere di aver sbagliato qualcosa nell’illuminazione della mia cucina, per cui abbiamo iniziato a usare delle candele. Le accendiamo la sera, quando ci riuniamo a tavola, insieme ad una piccola lampada. Si crea una luce molto dolce e piacevole. Trovo che ci sia una forte dimensione evocativa nella candela, che rende la sua luce particolarmente piacevole.

In generale, ho sempre amato tutte le lampade che si appendono, che si articolano, di architetti. Una lampada che ho sempre trovato geniale è la Mayday di Kostantin Grcic, che si può sospendere ovunque. Quando ero bambino avevo tirato fili per tutta la mia stanza: ho sempre amato l’elettricità e amo poter spostare, orientare e posizionare dove voglio la luce. Con Rêveries urbaines vi siete trovati a interagire con due spazi, la Fire Station del Vitra Campus a Basilea e Les Champs Libres a Rennes, molto diversi da un punto di vista della luce. Può parlarcene? Sono due situazioni estremamente diverse. A Rennes eravamo in una sala completamente buia, dotata di una griglia tecnica che ci metteva a disposizione un’illuminazione molto performante, direi quasi scenografica. Essendo abituati a lavorare con la luce naturale, è stata una cosa non facile da gestire: per la prima volta abbiamo lavorato con un’illuminazione quasi drammatica. Per Basilea abbiamo prima di tutto lavorato a rendere del tutto mobile l’esposizione: i tavoli erano già abbastanza autonomi in realtà, ma non dal punto di vista dell’illuminazione. Abbiamo quindi lavorato al disegno, piuttosto semplice, di questi filamenti di Led che un po’ riprendono e citano le strutture dei tendoni dei circhi che popolano alcuni dei nostri spazi protagonisti della mostra. In un certo senso è una Versailles in più piccolo, mille volte più semplice. La cosa interessante del Led è che si tratta quasi di un materiale luce: quando si rompe, si rompe il tutto. Non si può recuperare. Questo a mio avviso cambia un po’ tutto.


Ronan and Erwan Bouroullec The meeting at the Vitra Design Museum

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rench duo of designers of international recognition, Ronan and Erwan Bouroullec carry out in their studio based in Paris their design activity made of equilibrium and delicacy. The result of a constant dialogue between their different personalities, which has over the years ranged from the small objects design to spatial installations and architecture, from craftsmanship to industrial production, from drawing to photography. We met them at the presentation of their latest exhibition Rêveries Urbaines at the Vitra Design Museum - in the Fire Station designed by Zaha Hadid, from October 8, 2016 to January 22, 2017 - and we asked Erwan Bouroullec to tell us more about their point of view on light, the object of some of their projects. Your production is quite extensive: it ranges from small scale objects to architectural installations. How do you handle each project? This is quite a tough question, actually. We always have the impression of working a project at a time, each time looking for proper methods and frameworks. And yet, at the same time, as in this case – the reference is to Rêveries Urbaines at the Vitra Design Museum, author’s note –, it may happen to take something from years ago and notice that it works rather well. We are not that much into theory, we never wrote. I guess you could say that we have this methodology for which everything we do could be almost always manufactured directly by ourselves. This is not something we are explicitly looking for, but we always work with thoughts, drawings and mise en œuvre for which, having enough time, we could actually build our projects ourselves. Maybe they would not be made in the best possible way, but, still, we could totally do that. And I think this gives a certain touch to our work. We know how an object is nowadays inextricably linked to his image and his name. Just think about Apple: its success is also very much tied to how they explain their goals and processes. More than to success, all this contributes to the final functionality of the object. I think that people behave differently when they know how something is designed. When you work on a more artisanal dimension, you look for a strategy, a tactic and a more suitable politics. I think there›s a lot of politics in design, but I am talking about a positive politics.

A very simple system allows you to bring the light where you actually need it. I think that a good lighting is made by multiple light sources. Contemporary spaces often have a rather uniform quality, with very few reference points in terms of sensations. And yet, just imagine a room with a fireplace: you do not necessarily need its heat, but this creates what I call a “sensory point of reference.” It creates something; even without seeing it one can smell its scent and hear its sound. I think the animal within us all really needs to feel this. With Aim it is very easy to bring the light in the right place: it has this flexibility in space that I personally find very interesting. In general, we made very few lamps that could actually

light a whole space. They are mostly small luminous objects that can be easily moved. But this definitely comes from our vision on the multiplicity of sources. One thing must be said: lamps are always quite complex. All the sources have changed, standards are lacking. We work with LEDs, but their design is often custom made, and when it comes to replacement things get complicated. Staying on the topic of lighting, your intervention in Versailles in 2013 stands out for its lightness and the delicacy with which it fits into a space that is certainly not an easy one. Could you tell us something more about this work? Because of its size, Gabriel has been a quite complex project. The most beautiful thing about it is that it is manifest, obvious to everyone. Versailles is a very public place, often subject to controversy. Oddly enough, despite being very contemporary, our chandelier received little criticism. However, a clarification shall be made: the place where the chandelier is placed, the Gabriel staircase, has remained as a project on paper for two centuries and it

Gabriel Chandelier, Versailles, 2013

Photo © Studio Bouroullec

Over the years you designed several lamps, all made of very different materials. What is your relationship with light and its interaction with the surrounding space? What are the essential characteristics that a luminous object must have? Let us say that we think a lot about it, but we do not succeed very well (he laughs, author’s note). I think one of our lamps has been particularly successful from this point of view: Aim, the lamp designed in 2013 for Flos. INTERVIEWS / LUCE 319

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Photo © Peter Guenzel

Photo © Morgane Le Gall

Photo © Morgane Le Gall

Lighthouse, 2010 (Established & Sons)

Parasol Lumineux, 2001 (Kreo Gallery, Paris)

Objets Lumineux, 1999 (Cappellini)

was actually built only about thirty years ago. Although faithful to the original design, it is a rather new space; we would have hardly been able to realise it in one of the historic rooms of the royal palace. To agree on the amount of light has been extremely hard. Our chandelier somehow recalls the lighting provided by candles, which was that of these spaces: a multitude of faint sources. And this is exactly what happens with LEDs: many small bright spots, relatively feeble. We were afraid that the final amount of light could be insufficient, so when we turned it on for the first time we were thrilled. It’s a very natural light, fairly low, very soft and warm. I think that this kind of light is absolutely suited to the castle of Versailles, since it is closely matches the original one. Gabriel is a project of which I am very proud, but it belongs to Versailles, it cannot be reproduced elsewhere. A sort of site specific work… Exactly, even only for the size of the place. The chandelier is about twenty meters high, and it would not work in a smaller size. At this scale it is very delicate, but when you look at it from a close distance it loses a bit of this delicacy and lightness. Its structure itself is not really suitable for making smaller objects. A luminous object you are particularly fond of? I have to admit that I have recently done something wrong in the lighting in my kitchen, so we started using candles. We light them in the evening, when we gather at the table, along with a small lamp. It creates a very sweet and pleasant light. I find that there is a strong evocative dimension in candles, which makes 36

LUCE 319 / INCONTRI

their light particularly pleasing. In general, I have always loved all the lamps that can be hung, or are articulated, or designed by architects. A lamp that I’ve always found brilliant is the Mayday by Konstantin Grcic, which can be suspended everywhere. When I was a child I used to pull wires throughout my room: I have always loved electricity and I love to be able to move, to aim and to position the light where I want. With Rêveries urbaines you found yourself to interact with two spaces that are very different from the point of view of the light: the Fire Station at the Vitra Campus in Basel and Les Champs Libres in Rennes. You can tell us something about it? These are two very different situations. In Rennes we were in a totally dark room, with a technical grid supporting a high performance lighting system, almost a theatrical one. Since we are used to working with natural light, it has been something not that easy to handle: for the first time we worked with a nearly dramatic lighting. In Basel, we firstly worked at making the exhibition fully mobile: the tables were already autonomous enough, but not from the lighting point of view. We therefore worked on the design of these LEDs strands, which are somewhat reminiscent of the circus tents that populate some of our spaces on display in the exhibition. In some ways, it is a miniature Versailles, and a thousand times easier. The interesting thing about LED is that it is now like a light-material: when it breaks, everything breaks. There is no way to recover it. This, in my opinion, changes everything.

Ronan Bouroullec (1971) and Erwan Bouroullec (1976) began working together in 1998, after completing their studies at the École supérieure des Arts décoratifs in Paris and at the École nationale supérieure des Arts in Cergy-Pontoise. Noticed in 1997 by Giulio Cappellini, with their Cuisine Désintégrée at the Salone del Mobile, the two designers have since worked with the most prestigious brands in the world of design – to name just a few: Vitra, Kvadrat, Magis, Kartell, Established and Sons, Ligne Roset, Axor, Alessi, Issey Miyake, Cappellini, Mattiazzi, Flos, Mutina, Hay, Glas Italia, Artek, Iittala, Kettal, Glas Italia and Samsung. In parallel, they have conducted their own research with Galerie kreo. Elected Creators of the Year at the Milan Salone del Mobile in 2002 and at the Maison et Objet in 2011, they received, among others, the Grand Prix du Design de la Ville de Paris in 1998, the New Designer Award of the International Contemporary Furniture Fair in New York in 1999, the Finn-Juhl Prize in Copenhagen in 2008 and the Compasso d’Oro in 2011. Several monographic exhibitions in the most prestigious places of international design, as well as several monographs, have been devoted to their work.


¶ INCONTRI

Piero Gandini: intuito, ironia e icone di Andrea Calatroni

foto di | photo by Tommaso Sartori

A-Round, Piero Lissoni INTERVIEWS / LUCE 319

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Un catalogo che andasse oltre l’idea di catalogo, o forse più un libro di splendide immagini? Ho voluto fare un catalogo che avesse

Photo © Bob Krieger

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l 2017 sarà un anno intenso per Flos. Inizia con la presentazione della nuova collezione Outdoor, dopo l’acquisizione di Ares; l’azienda si diversifica ancora. Con l’acquisizione di Ares abbiamo guadagnato un’azienda con un’elevata competenza ingegneristica e una politica commerciale internazionale efficace. Abbiamo mantenuto il marchio con la sua produzione attuale, che proseguirà con le sue dinamiche. Allo stesso tempo, grazie alla capacità produttiva e ingegneristica di Ares abbiamo creato Flos Outdoor, una collezione con un’immagine inconsueta per gli standard del settore. Da un lato ho trovato molto stimolante creare prodotti per illuminare l’esterno che evidenziassero il forte legame esistente tra luce, architettura e natura. Dall’altro ho notato che molti prodotti disponibili sul mercato sono un po’ troppo “ossessionati” dal solo aspetto ingegneristico e dal dover rispondere alle normative, tralasciando l’aspetto emozionale. Quanto siano verniciati bene o di quanta efficienza e luce emettano è un punto di partenza, non di arrivo; in realtà il prodotto outdoor deve interagire con l’aspetto più drammatico, più teatrale o romantico della nostra vita: il buio. Per questo ho voluto che il catalogo Flos riflettesse un atteggiamento completamente nuovo, che esprimesse una scelta netta.

una grande drammaticità, data dei contrasti in bianco e nero, carico di un forte pathos e che esprimesse il nostro sentire verso la luce per outdoor, fatto di rigore e di emozione. Queste sono le ragioni per cui abbiamo messo nelle prime pagine le fotografie di Nicholas Cope, graficamente molto forti ed emozionanti. Quelle di Cope sono immagini di rami e fogliame fortemente contrastate, che mostrano l’interazione emozionale tra luce e natura. Con questo catalogo non

Casting, Vincent Van Duysen 38

LUCE 319 / INCONTRI

comunichiamo solo la nostra abilità manifatturiera e produttiva, ma anche quella di trasmettere emozioni e sensazioni. Gli scatti che Tommaso Sartori ha realizzato mostrano invece architetture importanti, in cui è evidente la stretta relazione che esiste tra luce, natura e architettura, e dove è mostrato il pathos che la luce crea col contesto architettonico o naturale. Con Omar Sosa abbiamo prodotto un catalogo pensato e realizzato come se fosse un libro d’arte, con la stessa impostazione e consistenza. Lei ha parlato di rigore ed emozione. Un esempio? Un prodotto paradigmatico della nostra visione è l’uplight A-round (design di Piero Lissoni, NdR) definito da una piastra di acciaio a forte spessore e da una serie di accorgimenti tecnici che ne fanno un prodotto diverso da tutto quello che è presente oggi sul mercato. L’ombra e il buio devono vivere ed essere vissuti; A-round è un oggetto che ci fa assaporare la notte per quella che è, senza interferenze luminose. È un oggetto che deve far stare bene e far vivere la drammaticità della notte. Il talento di scoprire talenti è di famiglia? Questa capacità arriva in parte dalla propria cultura e in parte dall’eredità familiare. Mia madre era una delle donne che hanno costituito l’avanguardia del design, allestendo showroom e gallerie, e mio padre aveva


Belvedere, Antonio Citterio

la Flos, per cui sono cresciuto in un ambiente con un background che mi ha sicuramente aiutato. Nel mondo del design vi sono certamente delle avventure imprenditoriali, ma soprattutto delle avventure culturali; hai una responsabilità storica se gestisci realtà come Flos. Sono entrato in azienda a velocità doppia rispetto ai tempi consueti del cambio generazionale e quando aveva già segnato la storia dell’illuminazione con i fratelli Castiglioni o con Scarpa. Il mio primo impegno è stato quello di mantenere questa eredità e responsabilità storica, ma non in termini di riedizioni. Prenda i fratelli Castiglioni, erano personaggi carismatici con la voglia di partecipare a una rivoluzione culturale e d’avanguardia, profondamente innovativa. Pensi al coraggio che hanno mostrato quando vennero a proporre una lampada con una base di 60 kg di marmo e che faceva luce a due metri di distanza sopra un tavolo. Questo coraggio è rimasto intatto in tutto quello che facciamo. I designer che collaborano con noi restano molto a lungo, perché condividono prima di tutto, al di là del prodotto o del dettaglio, un atteggiamento e un ruolo culturale. La questione del talento, il cosiddetto sacro fuoco – poiché non nasce un Castiglioni o uno Starck ogni giorno –, quando finalmente lo si trova, va avvicinato, compreso, fatto collaborare; ma per questo non basta il solo talento, ci deve essere anche una forte attitudine alla responsabilità, alla partecipazione e al confronto.

Real Matter, Piero Lissoni

La tecnologia Led ha reso possibili prodotti prima impensabili. Quale sarà il passo successivo? Il Led ha cambiato molto l’approccio al prodotto, ma al di là della sorgente quello che vedo è l’avvento sempre più preponderante dell’elettronica; questa porta delle potenzialità per i prodotti d’illuminazione che vanno oltre il semplice fare luce, si entra nel mondo del building automation. Con l’elettronica un prodotto diventa intelligente, smart, o comunque dialogante con sistemi intelligenti. Il cosiddetto Internet of Things (IoT) che sta cambiando il mondo ha nella luce il suo cavallo di Troia più naturale. Lo IoT per un tavolino è un’operazione complessa, mentre per una lampada è molto più semplice poiché è già cablata e fa parte di un sistema: la luce è il veicolo naturale per questo percorso d’innovazione tecnologica. A questo cambiamento il mondo della luce come reagirà? Il saper fare un buon prodotto di luce nel giro dei prossimi dieci anni non sarà più sufficiente, se si vuole essere leader. Credo che ci saranno dei cambiamenti importanti, come quelli che hanno coinvolto l’informatica – penso a IBM con i computer, poi l’arrivo di Microsoft o Apple con i loro software che hanno reso i primi obsoleti. Credo che la tecnologia consentirà a tanti oggetti, ma soprattutto alle lampade e alla luce, di essere qualcosa in più di un “fornitore” di prestazione verticale, di poter interagire e integrarsi con una serie di sistemi che gestiranno

e accompagneranno i comportamenti delle persone. Credo ci sarà un cambiamento deciso (mima il gesto, curva a 90 gradi, NdR), e stimo che le aziende che sapranno far parte di questo cambiamento non saranno molte e quelle che vorranno farlo dovranno iniziare a pensarci subito. Il passaggio dal filamento al chip è stato per tutti una ripartenza, tutti i grandi player arrivano dalla cultura del dover mettere un paralume intorno a un filamento; ora bisogna ragionare in termini più ampi di integrazione e condivisione. C’è un salto culturale importante, dove alcune competenze resteranno sicuramente obbligate ma non saprei dire quanto decisive, e da questo punto di vista il nostro settore dovrà affrontare delle sfide molto stimolanti. LUCE ha raccontato di May Day e Toio in termini di lampade icona. Quale sarà la prossima che racconteremo? (Sorride, NdR) La Toio e la May Day? Una scelta che condivido e molto raffinata. La prossima? Tutte. Se lei guarda la nostra storia la quantità di prodotti iconici è altissima; non credo ci sia un’altra azienda che abbia una densità di prodotti che hanno segnato la storia del design. Ad esempio, prenda una delle ultime nate, la Superloon: non credo sia molto distante dalle icone storiche. Certamente quando lavoriamo a un prodotto non pensiamo di creare un’icona, ma lavoriamo a una lampada che a noi sembra bella, poi sarà la storia a trasformarla in icona. Quindi, quale sarà la prossima? Tutte quelle che faremo, poi vediamo quello che succede. INTERVIEWS / LUCE 319

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Finestra, Flos Outdoor

Piero Gandini: intuition, irony and icons 2

017 will be a busy year for Flos, starting with the presentation of the new Outdoor collection; following the acquisition of Ares, the company grows once again. With the acquisition of Ares we gained a company with a high level engineering expertise and an effective international trade policy. We kept the brand with its current production, which will continue with its own dynamics. At the same time, thanks to Ares production and engineering capabilities, we created Flos Outdoor, a collection with a quite uncommon image for the industry standards. On the one hand, I found it very challenging to create products for the outdoor lighting that could highlight the strong existing connection between light, architecture and nature. On the other hand, I noticed that many of the products available in the market are way too much “obsessed” only by the engineering point of view and by the need to meet regulations, thus neglecting the emotional side. How well are these products varnished, how efficient they are or how much light they emit should only be the starting point, not the end. Actually the outdoor product has to interact with the more dramatic or romantic side of our lives: the darkness. This is why I wanted the Flos catalogue to reflect a whole new attitude and a clear choice.

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LUCE 319 / INCONTRI

A catalogue going beyond the idea itself of the catalogue, or perhaps a book made of beautiful pictures? I wanted a catalogue with a major dramatic force, with black and white contrasts, full of a strong pathos that could express how we feel towards the outdoor lighting, made of accuracy and emotion. This is why we choose to open it with the photographs by Nicholas Cope, which are graphically very strong and exciting. Cope’s highly contrasted images of branches and foliage show the emotional interaction between light and nature. With this catalogue, besides our manufacturing and production skills, we narrate how we convey emotions and feelings. In his photographs, Tommaso Sartori showed instead significant architectures, in which the close relationship existing between light, nature and architecture is clear. He shows the pathos that light creates with the architectural or natural surroundings. With Omar Sosa we produced a catalogue thought and made as if it were an art book, with the same approach and consistency. You spoke of accuracy and emotion, could you give us an example? The A-round uplight (designed by Piero Lissoni, ed.) is a quite paradigmatic of our vision. It is defined by a thick steel plate and by a series of technical measures that make it a product other than all that is nowadays available on the

market. Shadows and darkness should live and be lived. A-round is an object that allows us to enjoy the night for what it really is, with no light interferences. It is an object that should make us feel comfortable and let us live the dramatic power of night. Does the flair for discovering talents run in the family? Besides being a family legacy, this ability partly comes from my own culture. Fitting out showrooms and galleries, my mother was among the women of the vanguard of design, and my father owned Flos, so I grew up in an environment that did definitely helped me. In the design world there are of course entrepreneurial adventures, but they are mostly cultural ones. If you run a reality like Flos you have a historic responsibility. Compared to the usual timing in generational changes, I quickly joined the company, when the history of lighting had already been written by the Castiglioni brothers or Scarpa. My first commitment has been to maintain this historical legacy and responsibility, albeit not in terms of re-editions. Think about the Castiglioni brothers: they were charismatic personalities with the desire to take part in a cutting-edge and highly innovative cultural revolution. Think about the courage they showed when they proposed a lamp with a 60 kg marble base and a light that was two meters away, above a table. This courage remains intact in everything we do. The designers usually collaborate with us over a long period, because they first of all share an attitude and a cultural role that goes beyond the product or the detail. The matter of talent, the so-called sacred fire – we don’t see every day a Castiglioni or a Starck –, once pinpointed, should be approached, understood, and put to work. But the talent alone is not enough, there must also be a strong attitude to responsibility, participation and discussion. LED technology made possible products that were unthinkable before. What could the next step be? The LED changed the very approach to the product. But beyond the source, what I see is the increasing importance of electronics. This brings a potential for lighting products that goes beyond the simple lighting, entering the world of building automation. With electronics, a product becomes smart, or it can at least dialogue with intelligent systems. The so-called Internet of Things (IoT) is changing the world, and light is its natural Trojan horse. To apply the IoT to a coffee table is a complex operation, while for a lamp it is much simpler, since it is already wired and part of a system. Light is the natural vehicle for this technological innovation. How will the world of light react to this change? Within the next ten years, knowing how to make a good lighting product will not be enough to be a leader. I think there will be some major changes, such as those that involved information technology – the IBM computers, then the arrival of Microsoft or Apple with their software that made the first ones obsolete. I believe that technology will allow many objects, but above all lamps and light, to be something more than a vertical service “provider”, allowing them to interact and


Climber, Piero Lissoni

integrate with a range of systems that will manage and follow people’s behaviour. I think there will be a major shift (he mimes a 90 degree bend, ed.), and I estimate that few companies will be part of this change. Those who wish to be part of this should start thinking about it now. The transition from a filament to a chip has been a fresh start for everyone; all the major players come from the culture of putting a lampshade around a filament, but we must now think in broader terms of integration

and sharing. This is an important cultural step, where some competences will still be required, though I can’t say how crucial they will be. From this point of view, our industry will face some very interesting challenges. LUCE wrote about May Day and Toio in terms of iconic lamps. Of which one will we write next? (He smiles, ed.) Toio and May Day? A very refined choice that I share. The next one? All of them. If you look at our history, we have many

Real Matter, Piero Lissoni

iconic products. I can’t think of another company that has such a density of products that have marked the history of design. For instance, take one of our latest, the Superloon: I do not think it is very distant from the historical icons. Of course when we are working on a product we do not focus on creating an icon; we work on a lamp that we find beautiful, it will then be history to turn it into an icon. So, what’s next? Everything we will do. We will then see what happens.

A-Round, Piero Lissoni INTERVIEWS / LUCE 319

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¶ INCONTRI

Intervista con Maurizio Rossi Il Master in Lighting Design & LED Technology del Politecnico di Milano: i temi trattati, il valore del contributo formativo dei docenti e dei tirocini nelle imprese partner, il contesto internazionale di Monica Moro

Direttore, qual è l’orientamento e la storia del Master in Lighting Design del Politecnico di Milano, ci può raccontare come è nato e come si è evoluto? Il Master in Lighting Design è nato nel 2003, ed è stato fortemente voluto dall’allora Preside della Facoltà del Design Alberto Seassaro, che istituì già dagli anni ‘80 i primi corsi di specializzazione in Illuminotecnica, per venire incontro a una carenza nazionale, di educazione alla luce, infatti non esisteva ancora nessun corso dedicato all’illuminazione in Italia. Il design della illuminazione richiedeva la definizione di una nuova professione e un’adeguata metodologia di progetto, un impegno che il Politecnico ha assunto chiamando a contribuire i migliori professionisti e tecnici nel ruolo di docenti. Dal 2010 il master ha esteso il titolo a Master in Lighting Design & LED Technology, a fronte delle nuove tecnologie emerse nel mercato, per ribadire la sua attenzione alle innovazioni di settore in un’ottica Politecnica. Una breve descrizione del Master? Il nostro obiettivo è di formare figure professionali che abbiano le competenze per seguire in modo innovativo l’intero iter progettuale

dell’illuminazione, che siano provviste di quelle capacità in grado di farle inserire in tutte le attività della progettazione della luce. Sin dall’inizio il Master si è rapportato al mondo del lavoro, alle imprese e ai professionisti, e alla qualità del nostro Master ha contribuito il taglio accademico dato al corso, in questo caso quello tipico riconosciuto e apprezzato non solo in Italia, del Politecnico di Milano: tre mesi di full-immersion tecnica, scientifica e culturale, poi si prosegue in un’ottica progettuale e pratica, e la parte finale è dedicata al tirocinio aziendale in aziende e studi professionali del settore. Il primo passo, che gli aspiranti partecipanti al Master devono fare, è la richiesta di partecipazione cui segue un colloquio di selezione. L’ammissione dipende dal punteggio risultante dal colloquio di selezione. Per partecipare è necessario un inglese fluente, dato che da tre anni il master è esclusivamente in lingua inglese. Voi, Laboratorio Luce del Politecnico, che ospitate il Master e contribuite allo sviluppo delle nuove fonti di luce svolgendo ricerca sulle nuove tecnologie, come affrontate il design della luce? Il nostro pensiero di fondo è che proprio la figura del Lighting Designer, del professionista

dell’illuminazione, determina la qualità della luce in quanto è in grado di governare sia la scelta degli strumenti che del modo in cui avviene l’illuminazione, il suo intervento è fondamentale nel processo di progettazione. Il nostro Master è l’unico master al mondo che si tiene in un Laboratorio, il più grande che esiste nelle università italiane. Lo Human Centric Lighting, che è uno dei temi di cui ci occupiamo al Laboratorio Luce, ha effettivamente dimostrato l’importanza della fisiologia, della psicologia e di altri temi multidisciplinarmente connessi all’illuminazione, presuppone una conoscenza approfondita di molte materie, così come il tema della illuminazione per i beni culturali. Noi del laboratorio non ci occupiamo di progetti di illuminazione, perché pensiamo che questa sia l’attività dei professionisti del settore. Il laboratorio ha al suo interno competenze multidisciplinari, partecipa ad attività di ricerca applicata e sviluppa e integra nuove tecnologie nel design di nuovi sistemi e nuovi prodotti di illuminazione. Dal 2002, anno di nascita del Laboratorio, abbiamo partecipato a 21 progetti di ricerca finanziati da bandi pubblici in collaborazione con aziende del settore, e 6 progetti di ricerca finanziati direttamente

PROJECT WORK Lighting for Cultural Heritage | Docenti: Cinzia Ferrara, Pietro Palladino

Students: Lee Chi To, Leonardo Cusinato, Pier Paolo Cedaro

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LUCE 319 / INCONTRI

Students: Federico Barbaglio, Raffaella Barresi, Alice Oneto


In effetti le richieste da parte delle aziende e studi professioni sono più del doppio della nostra disponibilità di destinare studenti per il tirocinio. Abbiamo una grande partecipazione di studenti stranieri, infatti anche nel Master di quest’anno abbiamo il 60% di studenti stranieri: sudamericani (Brasile, Messico, Cile, Ecuador), medio-orientali (Iran,Turchia), asiatici (India, Indonesia, Vietnam, Filippine), europei (Francia, Spagna, Grecia, Russia, Danimarca), africani (Marocco, Tunisia) e americani (Stati Uniti). Dall’anno scorso abbiamo dovuto istituire il numero chiuso per rispettare la capienza del laboratorio, con un massimo di cinquanta iscritti, per far fronte all’alto numero di richieste di partecipazione.

dalle aziende. Il Laboratorio sin dalla sua nascita è un ente pubblico che si autofinanzia al 100%. Ogni anno verifichiamo e tariamo la nostra strumentazione e inoltre abbiamo di recente introdotto gli strumenti per la stampa 3D, per la prototipazione rapida, a cui possono accedere gli studenti. Quali sono gli elementi, i temi affrontati, il valore dei singoli contributi dei docenti, penso non solo di tecnica ma anche di visione, una buona organizzazione interna, presenti nel master da lei diretto? Per quanto riguarda i temi trattati nel Master, dopo i corsi fondamentali vengono affrontati cinque ambiti diversi dell’illuminazione, quello urbano, il retail, il lighting per lo spettacolo, l’accoglienza, e i beni culturali. Quest’ultimo è un tema importantissimo per il nostro paese, in particolare nell’applicazione delle nuove tecnologie, come si è visto anche nel recente importante convegno AIDI tenuto a Roma ai Musei Vaticani e coordinato da Alessandra Reggiani. Ogni anno aggiorniamo i programmi cercando di introdurre novità come i nuovi concetti di Smart Lighting, l’illuminazione contemporanea

diventa più funzionale e pur essendo uno strumento tecnologicamente avanzato dovrebbe restare sempre facile da gestire sia nella singola abitazione che nelle aree di lavoro, rendendo gli utenti più consapevoli delle nuove potenzialità. Un ringraziamento per questo Master, va ai tecnici e professionisti del settore che vi partecipano come docenti e alle aziende che ne hanno riconosciuto la validità e lo hanno sostenuto in tutti questi anni tramite le sponsorizzazioni. Un ringraziamento anche a tutto lo staff del Laboratorio, Fulvio Musante, Andrea Siniscalco, Daria Casciani, Helena Gentili e Francesco Murano. Qual è la provenienza degli studenti e quali sono le ragioni di fondo di questi giovani per iscriversi al Master? Da quando ci siamo internazionalizzati tre anni fa, il Master è interamente ed esclusivamente in lingua inglese. Per le poche ore di seminari in lingua italiana abbiamo messo a disposizione degli studenti un servizio di traduzione simultanea professionale. Nel 2016 abbiamo avuto 104 realtà aziendali e professionali, a livello mondiale, il 90% a livello europeo, che ci hanno contattato per poter accogliere tirocinanti.

Il Master del Politecnico nel contesto internazionale? Nel contesto internazionale in questi anni ho incontrato i direttori dei principali master in Lighting. A Londra all’UCL, alla Parsons School of Design di New York, al KTH di Stoccolma, e altre sedi internazionali. Rispetto a noi, vige una differenza fondamentale, i master sono in realtà dei corsi di Laurea Magistrale della durata di due anni accorpati ad Architettura o Ingegneria. Qui in Italia il master è post-laurea, dura un anno ed è interamente ed esclusivamente incentrato sul Lighting Design, ha quindi un duplice vantaggio, economico, perché costa meno iscriversi, e di qualità perché focalizzato per un anno solo sulla materia illuminazione. Un’altra differenza fondamentale è il tirocinio in ambito aziendale e professionale che possiamo garantire, dato che Milano è al centro di un distretto produttivo di primaria importanza a livello mondiale. Le possibilità future in ambito professionale per questi giovani dopo il tirocinio con professionisti o le aziende partner? I risultati sono eccellenti, l’ottanta per cento degli studenti del Master trova un impiego entro un anno dalla conclusione del percorso con noi. Da un paio di anni disponiamo anche di un canale dedicato su youtube dove gli studenti raccontano le loro esperienze, è possibile vederne le testimonianze all’indirizzo: http://www.polidesign.net/it/lighting Siamo presenti anche su social media come facebook, twitter e flickr.

PROJECT WORK Lighting for Hospitality | Docenti: Daria Casciani, Helena Gentili

Students: Antonio Di Siena, Elena Pampalone, Benedetta Pini

Students: Andrea Rodríguez, Mirelle Rosette, Estefania Salazar, Andrea Zumpano

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A suo parere si sente la mancanza di un corso di Laurea nel settore illuminotecnico che non permetterà il proliferare di “esperti dell’ultima ora” nel settore? Si. Il nostro paese è uno dei principali produttori del settore e non esiste un solo corso di laurea o di laurea magistrale focalizzato sul tema dell’illuminazione. Vi sono inoltre pochissimi - stanno quasi sulle dita di una mano - docenti universitari di ruolo che insegnano materie del settore illuminazione e questi docenti

afferiscono a settori disciplinari differenti. Basti dire che in un contesto importante come tutta l’area milanese, siamo solo in due, Francesco Murano ed io. Vi è poi in generale anche una carenza di coordinamento e di peso politico a livello nazionale in questo settore, che sarebbe invece auspicabile per poter attivare nuovi corsi di laurea, che oggi sono ancora più difficili da attivare, stante la nuova situazione legislativa che riguarda l’Università.

An interview with the director, Maurizio Rossi Master in Lighting Design & LED Technology at the Politecnico di Milano (Milan Polytechnic): the discussed topics, the value of the teachers’ contribution to the training, internship in the partner companies, and the international panorama

M

r. Rossi, what are the trends and the history of the Master in Lighting Design at the Politecnico di Milano, can you tell us how it was born and how it has evolved? The Master degree in Lighting Design was established in 2003 and was strongly endorsed by Alberto Seassaro who was the Dean of the Faculty of Design at the time, and who, already in the 80s, had started the first courses which specialized in Lighting Engineering, to make up for the lack of education in the field of Lighting in Italy. In fact, at the time there were no courses dedicated to Lighting in Italy. Lighting Design required the definition of a new profession and an adequate project methodology. The Politecnico di Milano undertook to work at this, and called the best professional figures and technicians to contribute, in the role of teachers. Since 2010, the title of the Master course has been extended to: “Master in Lighting Design & LED Technology”, as a result of the new

technologies that have appeared in the market, to emphasize the attention to innovation in the sector as seen by the Polytechnic. Could you briefly describe the Master course? Our aim is to train professionals to have the competences to follow Lighting Design from start to finish in an innovative manner, and so that they have the capacity to include these competences in all the activities of Lighting Design. From the very start, the Master course was linked to the work-world, to companies and professionals in the sector. Furthermore the academic characteristics of the course, that are typical of the Politecnico di Milano, which are recognised and appreciated not only in Italy, contributed to the quality of the Master course: three months’ full-immersion in technical, scientific and cultural topics, followed by an overview of the designs and practical applications, and the final part dedicated

to an internship in companies and professional studios in the sector. The first step, for those who wish to participate in the Master course, is to forward an application, a selectioninterview then follows. Admission depends on the score obtained in the selection-interview. In order to participate, applicants must be fluent in English, because since the last three years, the course is exclusively in English. How do you, of the research laboratory on lighting, Laboratorio LUCE, at the Politecnico di Milano, where the Master course is held, and who contribute to the development of new sources of light, carrying out research on new technologies, deal with Light Design? Our basic assumption is that it is the Lighting Designer, the lighting professional, who determines the quality of light because he is able to control the choice of the instruments and also how lighting is distributed. His intervention is fundamental in the design process. Our Master course is the only one in the world that is held in a Laboratory, the largest in the Italian universities. Human Centric Lighting, which is one of the themes we are dealing with at Laboratorio LUCE, has basically shown the importance of physiology, of psychology and other themes related to lighting in a multidisciplinary manner, which requires a deep knowledge of many subjects, and also the topic of lighting historical monuments and buildings. We, at the Laboratory, do not deal with lighting projects, because we believe that this activity must be carried out by professionals in the sector. The Laboratory has a number of multidisciplinary competences, and participates in applied research activities and it develops and integrates new technologies in the design of new lighting products and systems. Since 2002, when the Laboratory was opened, we have participated in 21 research projects with public funding, in collaboration with companies in the sector and 6 research projects sponsored directly by the companies. Since when it was opened, the Laboratory has always been publicly-owned and is 100% self-financed. Every year we verify and we calibrate our instrumentation, furthermore we have recently introduced instruments for 3D printing, for rapid prototyping, that the students can have access to.

PROJECT WORK Lighting for Cultural Heritage | Docenti: Cinzia Ferrara, Pietro Palladino

Students: Alfonso Sainz, Josefina Bosch, Selen Celik, Sofia Tsintari

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LUCE 319 / INCONTRI

Students: Stefany Barbosa Valerio, Hemant Mehta Rushabh, Minh Tu Nguyen Thi, Reza Rachmat Wangsanagara


School of Design in New York, at KTH Royal Institute of Technology in Stockholm and in other international centres. Compared to Italy, there is a fundamental difference, the Master courses are two-year courses of the faculty of Architecture or Engineering. In Italy, it is a one-year postgraduate Master course, entirely and exclusively centred on Lighting Design, and therefore there is a double advantage: it is more economical because registration costs less and the quality is better because it focusses for one year on the topic of Lighting only. Another fundamental difference is the internship in the sector companies or professional studios, which we can guarantee because Milan is the centre of a production centre of primary importance on a global scale.

What are the elements, th e themes that have been discussed, the value of the teachers’ individual contributions, not only with regard to technique but also the vision, and the good internal organization in the Master course you are the Director of? With regard to the topics of the Master course, after the basic topics, five different contexts related to lighting are studied: urban landscape, retail, lighting for live shows, hospitality and cultural heritage. The last is a very important topic in Italy, in particular in the application of the new technologies, and this was also noted at the recent important meeting of AIDI held in Rome, at the Vatican Museums, coordinated by Alessandra Reggiani Every year we update the programmes trying to introduce novelties such as the new concepts of Smart Lighting. Contemporary lighting becomes more functional and even though it is a technologically avant-garde instrument, it should always be easy to manage in individual homes and also in work-areas, making users more aware of the new potentialities. In this Master degree course, our thanks go to the technicians and professionals in the sector who participate as teachers, and to the companies that have recognized the validity of the course and have endorsed it over the years, through sponsorships. Thanks also to the Laboratory staff, Fulvio Musante, Andrea Siniscalco, Daria Casciani, Helena Gentili and Francesco Murano.

Where do the students come from and what are the main reasons they joined this Master course ? Since when the course became international three years ago, the Master course is entirely and exclusively in English. In the case of the few hours of seminars in Italian, there is a professional simultaneous translation service available for the students. In 2016, 104 companies and professionals from all around the world, and 90% from Europe, contacted us to register trainees. In fact the requests made by the companies and professional studios are more than twice our capacity to accept students in the training course. We have a large number of foreign students, in fact also in the Master course this year 60% of the students are foreigners: from South America (Brazil, Mexico, Chile, Ecuador) from the Middle East (Iran, Turkey), from Asia (India, Indonesia, Vietnam, Philippines), from Europe (France, Spain, Greece, Russia, Denmark) from Africa (Morocco, Tunisia) and from America (United States). Since last year we have had to limit the number of participants to a maximum of 50, in order to respect the capacity of the Laboratory, in view of the large number of applications to participate. How does the Polytechnic Master course compare with the international context? In an international context, in these years I have met the Directors of the principal Master courses in Lighting; at UCL in London, at the Parsons

What are the future prospects in the professional field for these young people after the internship with professionals or the partner companies ? The results are excellent, 80 per cent of the students of the Master course finds employment within a year after completing our course. Since a couple of years we also have a dedicated channel on youtube where the students describe their experiences, their videos can be seen at: http://www.polidesign.net/it/lighting We are also present in the social media, such as facebook, twitter and flickr. Do you feel that a graduate course in the Lighting engineering sector is necessary to prevent the increase in the number of “last minute experts” in the sector? Yes. Our country is one of the leading producers in the sector, and there are no graduate or a post-graduate Master courses in Lighting. Furthermore there are very few faculty members (and you can count them on the fingers of your hand) who teach subjects related to the Lighting sector, and they come from different academic disciplines. For example, in an important context such as in the Milan area, there are only two of us, Francesco Murano and I. There is also a general lack of coordination and political relevance on a national scale in this sector, which instead would be desirable in order to organize new graduate courses which are even more difficult to start currently in Italy due to the new legislative situation of the Universities.

PROJECT WORK Lighting for Retail | Docenti: Carlo D’Alesio, Piero Santoro

Students: Nityah Bhorra, Giovanbattista Cannella, Shanthosh Chandrasekar, Daniel Guillermo Schatti Sanchez

Students: Camille Coudret, Sebastiano Garofalo, Chiara Lamberti, Maria Cristina Pellegrino

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Photo © Massimiliano Masala

¶ TEATRO E LUCE

Paolo Calafiore La luce essenza dello spazio, partitura ritmica di tempo e movimento di Jacqueline Ceresoli

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ei è un milanese che ha vissuto in Sicilia, quanto ha inciso la luce particolare di quell’isola? Devo ai miei genitori il dono di aver trascorso l’infanzia e l’adolescenza tra Ragusa e Ibla, l’antico nucleo barocco della città, un dedalo di stradine scalinate e piazze in cui il sole insinua i suoi raggi tracciando prospettive culminanti in grandiosi effetti scenici in cui luce e architettura sono protagonisti assoluti. Questa luce è “il quinto elemento” che continua a influenzarmi.

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LUCE 319 / TEATRO E LUCE

Perché ha scelto di frequentare il corso di scenografia all'Accademia di Belle Arti a Firenze e di diplomarsi con una tesi su Maria Lai? Ero attratto dal teatro, dalle luci e dalla sua dimensione visiva. La scelta di studiare scenografia non fu immediata, mentre fu più chiara la scelta di Firenze dove frequentai un workshop di Maria Lai. Ricordo i suoi lavori Photo © Paolo Calafiore

Come ha influito la cultura classica nei suoi lavori che vertono sulla percezione? Possiedo una ricca cultura visiva di origine classica, volevo fare l’archeologo e iniziai studiare e lavorare la ceramica, il materiale in cui è rintracciabile il DNA dell’intera cultura mediterranea. Nel mio lavoro non esiste il confine tra luce e scenografia, questi elementi fondendosi danno vita a un ibrido che mi consente con flessibilità di affrontare diverse tipologie di progetti. Ho una predilezione per le superfici scabre e irregolari, uso spesso materiali leggeri con diversi gradienti di trasparenza per creare piani e visioni oniriche, al limite della sfocatura, amo le superfici specchianti che provocano riflessi e visioni alterate, quasi mai limpide e nette.

Uso la luce nella sua peculiarità unica di essere materia che si sottrae alla forza di gravità.

Lampedusa Way Stagione Teatrale 2015-2016

densi di spiritualità, lei che disegnava su fogli bianchi, e il suo libro Tenendo per mano l’ombra. Provai subito una fortissima empatia con il suo universo e decisi di dedicarle la mia tesi, e fu un viaggio che ancora continua. Quali “maestri” italiani e stranieri sono stati importanti nella sua ricerca artistica? Il coreografo e regista Fabrizio Monteverde è stato mio Maestro di teatro, insieme preparando gli spettacoli per ore, studiando spazi e suggestioni visive. La sua lezione mi ha portato a non distinguere tra musica, gesto, canto, luce, testo, spazio, e che spesso la soluzione di un passo a due o di una variazione può essere risolta calibrando la luce giusta. E poi Huub Ubbens con cui ho esplorato le relazioni tra arte e design, luce e architettura. Quando e come la luce diventa performativa e si relaziona con la sceneggiatura, il testo e l’azione scenica? La luce si relaziona con la messa in scena quando diventa essenza dello spazio, crea vibrazione e ampiezza alle parole e all’azione dell’attore, alla musica, alla danza… Un disegno di luci è come una partitura ritmica di tempo, movimento e sintonia che si fonde nell’organismo dello spettacolo con un segno visivo chiaro.


Photo © Leda Terrana

Si confronta sempre con il regista quando progetta la scenografia e le luci di un’opera teatrale? Il confronto è imprescindibile, sarebbe più facile procedere in autonomia, ma evito di farlo per questo motivo. Il dialogo attiva quel processo creativo condiviso di rotte e visioni, di scontri e frizioni che costituiscono la linfa del nostro lavoro.

1 Photo © Leda Terrana

Lei, negli anni ‘90, quando la tecnologia e la cultura della progettazione illuminotecnica applicata al teatro e alle arti visive non aveva ancora raggiunto i livelli attuali, si è inventato una professione interdisciplinare. Come ha fatto? Con esperienze di lavoro ed errori, i miei esordi sono stati a fianco di Giancarlo Cauteruccio, regista e anima della compagnia Krypton. Abbiamo lavorato a spettacoli sulla poetica della luce e delle nascenti tecnologie applicate alla messa in scena, e iniziai a comprendere il valore e l’estetica della luce. Più che progettare scenografie lavoravamo a vere e proprie installazioni dinamiche, illuminate con l’ausilio di laser e avanzati sistemi di multi‑proiezioni di diapositive elaborando un nostro linguaggio visivo e performativo. Quanto ha inciso la sua collaborazione con la Fondazione Olivetti nella sua ricerca di potenziare l’espressività della luce? Ho avuto l’opportunità di illuminare, dopo il restauro, il cortile e gli spalti del Castello di Montalto Dora e l‘interno dell’austera spazialità della chiesa di San Bernardino. Ho cercato un’ibridazione di rapporti e relazioni tra la luce alogena nelle diverse gradazioni di temperatura colore, la luce laser e le immagini digitali emesse da sistemi di videoproiezione, all’interno delle modulazioni spaziali e dei vincoli architettonici.

2 Photo © Paolo Calafiore

I coni o zone in ombra sono importanti nelle sue scenografie di luce… Ognuno di noi è sempre seguito dalla sua ombra, da bambini abbiamo imparato a giocare con le ombre degli animali proiettando le nostre mani sul muro. Le ombre hanno a che fare con lo stupore, l’incanto e la magia. Nell’ombra si possono scorgere paure e desideri, miraggi e visioni che sono la materia del Teatro. Qual è lo spettacolo tra i molti realizzati per il teatro, balletto, opera… che considera decisivo per l’elaborazione della sua “poetica” intorno alla luce? L’installazione multimediale Dal Volto ai Volti creata all’interno dell’Abbazia delle Tre Fontane in Roma in occasione del Giubileo del 2000, un progetto di cui sono stato art director e regista. Come nasce La Trilogia del Naufragio, rappresentata a Parigi nel teatro Vieux-Colombier nel 2014, e qual è il messaggio così attuale dell’opera? È un percorso teatrale nella contemporanea Odissea dei popoli migranti attraverso e oltre le rotte di Lampedusa. La messa in scena italiana nasce dal lavoro svolto in stretta collaborazione con Lina Prosa, scrittrice e regista dello spettacolo. Un progetto che da voce e corpo alle vite e ai drammi, alla bellezza, alla forza e al

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Trilogia del naufragio di Lina Prosa Scenografia e Lighting Design: Paolo Calafiore Drammaturgia e Regia: Lina Prosa Produzione: Teatro Biondo di Palermo.

1 | Lampedusa Beach, Stagione Teatrale 2013-2014 2 | Lampedusa Snow Stagione Teatrale 2014-2015 3 | Lampedusa Way Stagione Teatrale 2015-2016

THEATRE AND LIGHT / LUCE 319

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Con chi vorrebbe di lavorare? In teatro con Robert La Page, nella lirica con il regista Fabio Ceresa, nel lighting design architetturale stimo molto il lavoro di Yann Kersalé.

Photo © Marco Brescia – Teatro alla Scala

desiderio di cambiamento dei suoi protagonisti. Nella Trilogia, scenografia e luce sono in simbiosi, pensate come un unico elemento, ed è la Luce, insieme alla variazione di alcuni materiali che agiscono sempre all’interno dello stesso spazio, a creare i tre momenti dello spettacolo. Il messaggio della trilogia è diretto alle coscienze di noi occidentali per cambiare il punto di vista sul fenomeno migratorio.

Milano, in Italia, è ancora la capitale della formazione tecnologica nell’ambito della cultura dell’illuminotecnica applicata al design e alle arti visive: perché? Ci sono dati che vanno oltre le opinioni: il Politecnico di Milano è la prima università italiana in 9 aree di ricerca e tra i primi 50 atenei al mondo; nella nostra città hanno operato maestri che hanno fatto la storia del design e della cultura della luce, insieme a un tessuto imprenditoriale unico al mondo; la fondazione Achille Castiglioni e quella di Vico Magistretti 1 testimoniano segmenti di questa storia che dobbiamo custodire e rinnovare attraverso investimenti, formazione e ricerca. Milano si muove indubbiamente in questa direzione. A quale progetto sta lavorando? Alle luci e scenografie di un progetto site specific sul mare di Posillipo, un adattamento teatrale del romanzo Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo, in scena a giugno al Napoli Teatro Festival.

Photo © Marco Brescia – Teatro alla Scala

Che cosa risponde a un giovane quando le chiede come si fa il suo mestiere? Che è meraviglia e continua invenzione, raggiungibile attraverso una profonda passione e dedizione.

Light is the essence of space, the rhythmic score of time and movement

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ou are a Milanese who lived in Sicily: how much have you been affected by the peculiar light of this island? I owe my parents the gift of having spent my childhood and adolescence between Ragusa and Ibla, the old baroque city core, a maze of streets made of stairs and squares in which the sunrays trace perspectives and grandiose scenic effects in which light and architecture are absolute protagonists. This light is “the fifth element” that still influence me. Your works are about perception: in which way the classical culture influenced them? I have a rich visual culture of classical origin. I wanted to be an archaeologist and I began to study and to work with ceramics, the material in which the DNA of the entire Mediterranean culture can be traced back. In my work there is no boundary between light and scenography: merging these two elements gives birth to a hybrid that allows me the flexibility to address different types of projects. I have a fondness for rough and uneven surfaces, and I often use lighter materials with different gradients of transparency to create levels and oneiric visions, on the edge of blurriness. I love the mirrored surfaces that cause reflections and distorted visions, hardly ever clear and sharp. I use the light for its unique peculiarity of being a matter that eludes the force of gravity. Why did you choose to attend the stage design course at the Academy of Fine Arts in Florence and to graduate with a thesis on Maria Lai? I was attracted by theatre, its lights and its visual dimension. Choosing to study set design was not immediate, though I was pretty sure of Florence,

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Paolo Calafiore

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where I attended a workshop held by Maria Lai. I remember her works, full of spirituality. I remember her drawing on white sheets, and her book “Tenendo per mano l’ombra. ” I immediately felt a strong connection with her universe, and I thus decided to dedicate my thesis to her. And it’s still an ongoing journey. Which Italian and foreign “masters” have been important for your work? Choreographer and director Fabrizio Monteverde taught me theatre: together we spent hours preparing performances, studying spaces and visual suggestions. He taught me to not differentiate between music, gesture, singing, light, text, space, and that a pas de deux or a variation can often be solved by calibrating the correct light. And then Huub Ubbens, with whom I explored the relationship between art and design, light and architecture. When and how does the light become performative and relate to screenplay, text and stage action? The light interacts with the mise-en-scène when it becomes the essence of space, when it gives vibration and breadth to the words and actions of actors, music, and dance… A lighting design is like a rhythmic score of time, movement and harmony, merging with the body of the show with a clear visual sign. How often do you work with directors when designing the sets and lights of a theatre play? Albeit it would be easier to proceed independently, the discussion is unavoidable. This dialogue gives birth to that shared creative


In the 90s, when the technology and culture of lighting design applied to theatre and visual arts had not yet reached the current levels, you invented an interdisciplinary profession. How did you do it? With work experiences and mistakes. I began with Giancarlo Cauteruccio, the director and soul of the Krypton company. We worked on the poetic of light and emerging technologies applied to the staging, and I began to understand the value and aesthetics of light. More than designing scenographies, we worked on real dynamic installations, illuminated by lasers and advanced multi-projections of slides, developing our own visual and performative language. How much has your cooperation with the Olivetti Foundation impacted on your quest for strengthening of light’s expressiveness? Following restoration, I had the chance to illuminate the courtyard and terraces of the Montalto Dora castle and the austere interiors of the San Bernardino church. Within the spatial modulations and the architectural constraints, I tried to hybridize the relations between the halogen lights in their various shades of colour temperature, the laser lights and the video-projected digital images. Cones of light and shaded areas are important in your scenographies of light... Each of us is always followed by his own shadow. As children we learned to create animal shapes by playing with our hands shadow projected on the wall. Shadows have to do with wonder, enchantment and magic. In shadows lie those fears and desires, mirages and visions that are the matter of theatre.

Photo © Archivio Paolo Calafiore

Among the many shows you made for theatre, ballet and opera, which one do you

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think was crucial for the development of your light “poetic”? A project of which I was art director and director: the multimedia installation Dal Volto ai Volti, created for the Tre Fontane Abbey in Rome during the Great Jubilee in 2000.

Photo © Paolo Calafiore

process of routes and visions, of clashes and frictions, that is the lifeblood of our work.

About La Trilogia del Naufragio, staged in Paris in the Vieux-Colombier theatre in 2014: how was it born and what is its topical message? It is a theatrical journey in the contemporary Odyssey of migrating people, through and beyond the routes of Lampedusa. The Italian mise-en-scène stems from the work carried out in close collaboration with Lina Prosa, the writer and director of the play. A project that gives voice and body to the lives and dramas, to beauty, to strength and to the desire for changes of its protagonists. In this trilogy, set design and light are in harmony. They are conceived as a single element, and light, along with the variation of the materials acting within the same space, creates the three moments of the show. The message of the trilogy is addressed to Western consciences, in the attempt to change their point of view on the migration phenomenon. Somebody you would like to work with? In theatre with Robert La Page, and for opera with director Fabio Ceresa. When it comes to architectural lighting design, I very much appreciate the work of Yann Kersalé. In Italy, Milan is still the capital of technological training in lighting applied to design and visual arts. Why? There are data that go beyond personal opinions: the Politecnico di Milano is the top-ranked Italian university in 9 research areas and among the top 50 universities in the world. Along with an entrepreneurial structure unique in the world, masters who have made the history of design and of the culture of light lived and worked in our city. The Achille Castiglioni foundation and the Vico Magistretti

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one bear witness to this history that we must preserve and renew through investment, training and research. And Milan is undoubtedly moving in this direction. What project are you working on? I’m currently working on the lights and scenographies of a site-specific project on the sea of Posillipo, a stage adaptation of the novel Horcynus Orca by Stefano D’Arrigo, which will be staged in June at the Napoli Teatro Festival. What would you say to young people willing to follow your steps? That it is wonder and continuous invention, which can be reached with true passion and commitment.

1 | Vanitas Serata Mozart Scenografia: Paolo Calafiore Coreografia: Fabrizio Monteverde Musiche: W. A. Mozart Produzione: Teatro alla Scala di Milano, Stagione d’Opera e Balletto 2005-2006. 2 | Iridescenze ENEL Contemporanea 07 MIArt Installazione di luce: Paolo Calafiore Agenzia: Accapiù Eventi Milano. Location: Fiera di Milano City, 2007 3 | Vado a veder come diventa notte nei boschi Videoinstallazione: Paolo Calafiore Regia: Valter Malosti Produzione: Teatro di Dioniso, Fondazione Adriano Olivetti, Teatro Giacosa Ivrea Location: Chiesa di San Bernardino, Ivrea, 2002.

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Photo © Maxim Schulz

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¶ CORRISPONDENZA DA BERLINO

Piano nobile di luce La Elbphilharmonie ad Amburgo, una complessa opera d’arte di luce illuminata da Ulrike Brandi

Photo © Maxim Schulz

di Silvia Eleonora Longo e Marica Rizzato Naressi

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apertura della “Elphie” ha richiesto più di 10 anni di sforzi. Il costo della sua edificazione è lievitato a 789 milioni di Euro, contro la previsione iniziale di 77 milioni, di cui oltre il 90% coperti da fondi cittadini. La Elbphilharmonie, degli architetti svizzeri Herzog & de Meuron – autori anche della nuova Fondazione Feltrinelli in Porta Volta a Milano e recentemente vincitori del concorso per il Museo del XX Secolo a Berlino –, si innalza per 108 m sulla città di Amburgo. L’ingresso, ritagliato tra il tetto del deposito preesistente e il nuovo edificio sovrastante e chiamato Plaza, è aperto al pubblico, a cui offre una meravigliosa vista sulla riva di uno dei due rami dell’Elba e sul quartiere HafenCity nel centro della città, sede anche del porto. La sala principale, disegnata dall’ingegnere acustico giapponese Yasuhisa Toyota, è il più grande dei tre auditorium con i suoi 2.100 posti a sedere – distribuiti intorno al palcoscenico secondo lo stile vigneto inaugurato dalla Filarmonica di Berlino negli anni ‘60 –, e contiene 1.200 corpi illuminanti di vetro soffiato a mano. Imbottiture di piume e 10.000 pannelli acustici di carta e intonaco intagliati separano la sala dal resto dell’edificio per isolarla

acusticamente, mentre 600 lastre di vetro ricurvo spesso 48 mm sono incorporate nella facciata. Il progetto è nato dal sogno di Alexander Gérard, costruttore privato e vecchio compagno di studi di Herzog e de Meuron, che aveva sperato di finanziare il piano con 45 appartamenti di lusso e un hotel di 250 stanze, anch’essi situati all’interno dell’edificio di vetro. Con questi numeri il galeone di vetro – tra le più grandi ed acusticamente avanzate sale da concerto al mondo – è stato varato a gennaio. L’idea principale era “usare il Kaispeicher A (il deposito preesistente, NdR) come piedistallo, collocandoci qualcosa sopra che, in contrasto con l’arcaica solidità del magazzino, avesse una forma espressiva completamente diversa”, dichiara Herzog al Der Spiegel. Questa affermazione suggerisce di interpretare la gigantesca scatola di vetro al piano superiore come un piano nobile di Luce: il trionfo della musica – o più in generale della sua raffinata sofisticatezza – sull’indole bestiale del commercio al piano inferiore – il porto – , come nei palazzi rinascimentali. Ulrike Brandi, che ha diretto il lighting design di questo progetto mastodontico, ne ha un’idea più modesta

e meno elitaria: “Certo si tratta di un edificio culturale inserito in un’area industriale, cosa apprezzabile perché ora l’intera area portuale ha assunto una funzione diversa rispetto a 50 o 100 anni fa. Io sono stata coinvolta fin dalla fase preliminare del progetto. Dopo aver vinto la competizione indetta per ottenere la commissione, ero felice perché mi piaceva molto quell’architettura. Il vecchio deposito Kaispeicher A era stato costruito con i mattoni rossi negli anni ‘60 dall’architetto Werner Kallmorgen, all’epoca molto famoso in Germania. Le sue architetture sono limpide e modeste, sempre in relazione all’ambiente circostante e al contesto urbano. In questo caso la funzione dell’edificio era principalmente depositare merci in un magazzino, con poche finestre molto piccole: l’idea di H&dM di una sala concerto in cima al palazzo esistente era fantastica. L’umanità ama godere della musica: credo sia bello poterla gustare insieme, in una meravigliosa luce. Nonostante ciò non so se userei parole come trionfo. Quando faccio lighting design o quando mi occupo di luce per l’architettura, si tratta per me sempre di un’espressione dell’umano in quanto essere sociale”. CORRESPONDENCE FROM BERLIN / LUCE 319

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Secondo questa interpretazione sociale dell’architettura, l’edificio permette al pubblico di accedervi gratuitamente indipendentemente dai concerti. Sì, l’accesso è libero nella Plaza, la piattaforma tra il palazzo in mattoni e la nuova struttura di vetro. Era un punto fondamentale del dibattito nella città di Amburgo, che non voleva un luogo dedicato esclusivamente a persone ricche e bene educate, a chi può pagare un biglietto decisamente costoso. I cittadini e l’amministrazione comunale di Amburgo volevano che questo palazzo fosse per tutti, con aree pubbliche ad accesso libero. Al suo interno ha luogo anche un nutrito programma educativo, dove scolari e bambini possono prendere parte a laboratori e attività simili. Era un chiaro obiettivo politico e fortunatamente la città di Amburgo è stata molto precisa in questo.

Photo © Thies Raetzke

Che ruolo gioca la luce dall’esterno del palazzo di vetro? Per la sua particolare location, l’Elbphilharmonie è unica in termini di condizioni di luce ed è ora diventata il nuovo emblema della città. La parte superiore è in vetro: il fatto che gli eventi fossero sempre visibili dall’esterno, proprio grazie alla loro illuminazione, era particolarmente interessante per me. Quando le luci della sala principale, situata esattamente al centro dell’edificio, sono accese, le persone riescono a capire anche da fuori che avrà luogo un concerto. Prima di tutto ci siamo detti che l’architettura dell’Elbphilharmonie è abbastanza potente di per sé e non necessitava di un ulteriore spettacolo di luci all’esterno. L’illuminazione è complementare, modesta, e funziona secondo principi ottici semplici. Abbiamo deciso di non puntare nessuna luce sul blocco inferiore in mattoni – anche se trovandosi sotto al palazzo di vetro ora appare ancora più buio –, perché altrimenti sarebbe apparso artificiale e avrebbe assunto una

rilevanza pari alla parte superiore. In questo modo, invece, la base in mattoni dell’edificio conserva la sua attitudine modesta e riceve solo un po’ della luce riflessa dall’area circostante. Il mio approccio a questo progetto è stato quello di mantenere una forte relazione con il contesto e non iper-illuminare il palazzo soltanto perché è il più importante. Per me l’essenziale era mantenere la connessione tra esterno e interno in ogni ora del giorno. Il cielo, l’acqua e la vista panoramica sulla città dovevano restare esperibili anche dall’interno, perciò l’interno non doveva essere troppo illuminato. Siamo perciò andati nella direzione del bagliore, non dell’abbagliare come nelle pubblicità. Abbiamo anche previsto che le sorgenti di luce fossero regolabili tramite dimmer, così da poterle portare al settaggio più basso in tarda serata”. Quale utilizzo avete fatto della luce naturale che attraversa la facciata in vetro? Il tipo di vetro utilizzato ha molte funzioni, prima di tutto quella di isolare l’edificio dal calore e conservare una temperatura costante al suo interno. Per risolvere questa questione, abbiamo stampato svariati pattern a puntini all’interno di un vetro multistrato dalla tecnologia molto sofisticata. La luce qui, al contrario che nei consueti vetri che proteggono dal sole, non è filtrata in maniera uniforme sull’intera superficie della finestra. Abbiamo calcolato numero e densità dei puntini a seconda di quanta luce e calore volevamo venissero riflessi: più densi lungo gli angoli delle lastre, mentre nella parte centrale la vista resta libera. I punti sono argentei nella parte esterna così da riflettere la luce. Su un ulteriore strato sono invece contenuti punti neri, perciò non riflettenti. In questo modo è possibile guardare fuori senza essere accecati dal sole. Zumtobel ha realizzato 1.200 corpi illuminanti sferici di vetro soffiato a mano e altri prodotti di

alta tecnologia sviluppati per l’intero concept. Il progetto di questo impianto è stato ideato nel nostro studio (Ulrike Brandi Licht, NdR) insieme a Herzog & de Meuron, dopodiché abbiamo scelto un’azienda che fosse in grado di costruire l’oggetto nei dettagli. L’idea era quella di avere dei corpi illuminanti posti al di sotto del soffitto, così che esso stesso venisse illuminato. Se avessimo semplicemente posizionato delle downlight incassate nel soffitto, esso non sarebbe stato illuminato, mentre le sfere di vetro permettono che la giusta porzione di luce venga riflessa anche su di esso. Al di sopra di queste palle di vetro sul soffitto si trova l’impianto tecnico, mentre all’interno del soffitto stesso sono collocate downlight con LED dimmerabili che conferiscono un caldo bagliore all’interno delle sfere di vetro. Si tratta dell’unica fonte di illuminazione per uno spazio così grande? No, poiché i musicisti necessitano di migliaia di lux sui loro posti a sedere per leggere la musica. C’è un enorme elemento sospeso al centro della sala, un grande riflettore acustico. In cima a esso ci sono luci che illuminano la calotta sottostante, che altrimenti sarebbe apparsa come un buco scuro. Al di sotto sono installate le luci del palco, con riflettori mobili e direzionabili che generano ancora più luce diretta sul palcoscenico. Altre luci dirette sul palco provengono da una fessura circolare sul soffitto, i cui corpi illuminanti e le relative sedi sono discretamente celate alla vista. Il suo studio ha anche progettato l’illuminazione per i nuovi Theatre e Recital Hall della Royal Academy of Music a Londra, che apriranno entro fine anno. Quali sono le specificità del lighting design in tali spazi culturali? Questa è stata una bellissima esperienza. Lo studio Ian Ritchie Architects Ltd è stato incaricato dalla Royal Academy of Music – parte della University of London e tra i migliori conservatori al mondo – della ristrutturazione del Theatre e dell’ampliamento della Recital Hall. Amo molto quando si ristruttura un edificio, perché si può vedere come questo è vissuto dalle persone. Dal cantiere potevo ascoltare le esercitazioni musicali dei giovani musicisti, provenienti dalla sala prove. Del progetto mi piaceva anche molto l’idea di Ian Ritchie Architects per gli interni, completamente rivestiti di legno come un enorme strumento a corda. Abbiamo pensato che sarebbe stato bello, invece del tradizionale lampadario centrale, che la luce venisse distribuita per l’intera sala. Così abbiamo ridisegnato i cristalli del tradizionale lampadario e li abbiamo disseminati lungo l’intera superficie del soffitto e delle pareti. Lei è anche fondatrice del Brandi Institute of Light and Design. Perché ha sentito la necessità di sostenere la formazione in questa disciplina? Ho un’idea mia di come si impara a essere un lighting designer. Ho sempre pensato sia molto importante integrare la conoscenza degli aspetti estetici e tecnici legati all’illuminazione, l’osservazione e la comprensione degli svariati fenomeni che la luce può creare con una conoscenza più prettamente tecnica. Sia in fase di costruzione che di progettazione si lavora con

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Photo © Iwan Baan

numerose persone di formazione differente, e si deve essere in grado di comunicare con loro in maniera strutturata, a esempio essendo in grado di stimare i costi. Nei miei workshop analizzo queste questioni in sessioni di una settimana o tre giorni, e vedo che i giovani sono entusiasti di un approccio che non tenga separati questi tre aspetti. Imparano a tenere conto del budget fin dal primo momento e a comunicare con il cliente in termini di rapporto tra costi e qualità, per una buona consulenza finale.

Photo © Iwan Baan

Tornando alla Elbphilharmonie, come mai i costi sono stati rivisti in maniera così ingente? Ci sono diverse ragioni per cui è costata molto più del previsto. Parte della responsabilità è attribuibile a come vengono assegnati gli appalti e sicuramente anche al fatto che abbia richiesto così tanto tempo per essere ultimata. Dal punto di vista dell’illuminazione non è però costata poi così tanto, perché io sono molto strutturata sotto quell’aspetto, come insegno nei miei corsi. Essere una donna ha influenzato la sua carriera? Quando ho iniziato a lavorare come lighting designer trent’anni fa, c’erano pochissimi studi di lighting design diretti da donne. Gli ingegneri elettrici all’inizio tendevano a testare le mie competenze, volevano vedere se ero in grado di rispondere con argomenti tecnici specifici, e solo dopo questo esame venivo accettata. Ora credo sia cambiato un po’, ci sono più aziende di donne. Una donna all’inizio deve fare qualcosa in più per essere riconosciuta, ma poi credo non ci sia differenza. Illuminare la città: lei ha scritto un libro su questo tema. Che genere di innovazioni e nuove concezioni ci attendono nel prossimo futuro? Quando una città ha bei palazzi e un bel contesto urbano è bene mostrarli, ma senza esagerare. Molte città hanno una giungla di differenti tipi di illuminazione, cosa molto dispendiosa anche dal punto di vista della manutenzione. Trovo positivo che le città ora siano coscienti che serve un concept per l’illuminazione, perché l’aspetto estetico ha la sua importanza. Certamente l’innovazione tecnologica ci permette di controllare le nuove sorgenti di luce in maniera impensabile solo dieci anni fa. Aree che necessitano molta luce per questioni di viabilità ora possono avere un’illuminazione più intensa durante le ore di punta, più tenue nelle ore meno trafficate, con un vantaggio anche dal punto di vista dei consumi e, quindi, dell’ambiente. Il buio è molto importante: più luce aggiungiamo, meno la pupilla riesce a regolarsi, cosicché persino aumentando ulteriormente l’illuminazione non saremo in grado di vedere meglio. Molto meglio usare meno luce, in modo da poter aprire di più gli occhi, allargare la pupilla e registrare più dettagli. Ad Amburgo, a esempi, l’illuminazione stradale fornisce solo la metà della quantità di luce fissata dagli standard dopo la crisi petrolifera degli anni ‘70. In ogni lampione erano installate due lampade, di cui una viene ora tenuta spenta: l’illuminazione media è ampiamente sotto lo standard, eppure non si registrano maggiori incidenti e tutto funziona perfettamente.

Piano nobile of Light The Elbphilharmonie in Hamburg, a complex work of art illuminated by Ulrike Brandi

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he opening of the “Elphie” required more than 10 years of struggles. The costs of the building climbed to €789 million from an original projection of €77 million, more than 90% of which was covered by city funds. Designed by the Swiss architecture firm Herzog & de Meuron – who also signed the Fondazione Fetrinelli in the Porta Volta district in Milan and recently won the competition for the Museum of the 20th Century in Berlin –, the Elbe Philharmonic Hall rises 108 m above the city of Hamburg. A brick-paved foyer carved out between the old and the new building on the roof of the old warehouse – called the Plaza – is open to the public (free, but ticketed), offering an amazing view high above the Northern Elbe, one of the two big branches of the river in the HafenCity quarter in the district of Hamburg-Mitte, which is also the area of the Port of Hamburg. The main hall, designed by the Japanese acoustician Yasuhisa Toyota,

is a 2,100 seats space – the biggest of three auditoria – that wraps listeners around the stage in the “vineyard style” introduced with the Berliner Philharmonie in the 1960s, and features 1,200 hand-blown glass ball lamps. Feather pillows and 10,000 uniquely carved plaster-and-paper acoustic panels separates the hall from the rest of the building, isolating sound frequencies, while the façade incorporates 600 curved panes of 48mm-thick glass. The project began as the unlikely dream of Alexander Gérard, a private developer and former classmate of Herzog and de Meuron, who had hoped to finance the scheme with the 45 luxury flats and 250-room hotel, that are both housed now in the big glass block. With these numbers, this glass galleon, one of the largest and most acoustically advanced concert halls in the world, was launched in January. CORRESPONDENCE FROM BERLIN / LUCE 319

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The main idea was “to use the Kaispeicher A (the former warehouse, ed.) as a pedestal and to place something on top of it that, in contrast to the archaic solidity of the storehouse, had a very different, expressive form,” said Herzog to Der Spiegel. This assertion suggests the interpretation of the large glass box upstairs as a piano nobile of light: the triumph of music – or, more in general, of its refined sophistication – over the savage character of the underlying commerce – the harbour –, as if it were a Renaissance palace. Ulrike Brandi, who directed the lighting design of this gargantuan project, has a more modest and less elite idea of it: “This is surely a cultural building in an industrial area, which is beautiful because the whole HafenCity is now used in another function than it was fifty or hundred years ago. I intervened in the project when the architects were in the preliminary design phase and they were looking for a lighting designer. When I won the little competition to get the official commission, I was really happy because I like that architecture. The old warehouse Kaispeicher A was built with bricks in the Sixties by architect Werner Kallmorgen, who was very famous in Germany in his time. His buildings are clear and modest, always in relation with the environment and the urban context. In this case the building’s function was primarily to store commodities in a warehouse, with very few small windows: for that reason H&dM’s idea of a concert hall on top of it was simply fantastic. Humankind loves and enjoys music: I think it is very nice to enjoy this together in a wonderful light. Nevertheless I do not know if I would use words such as triumph. When I do lighting design or when I work with light for architecture, it is always an expression of us all as social beings.” 54

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In respect to this social interpretation of architecture, we know that the building allows free access regardless of concerts attendance. Yes, you have free entry to the Plaza, the platform between the brick and the glass house. This was a substantial matter of discussion in the city of Hamburg, as they did not want a building only for rich or very educated people, or for those who can pay for remarkably expensive tickets. The citizens and the administration of Hamburg wanted this building to be for everybody, with public areas where everybody could go. There is also a big educational program going on, school pupils and kids can do workshops and similar activities there. This was a clear political point. What kind of role was light supposed to play toward the outside? Due to its special location, the Elbphilharmonie is unique in terms of light conditions and the building is now the city’s new landmark. As the upper part is made of glass, the fact that the events are always visible from the outside by way of their illumination was particularly interesting for me. When the light is on in the main concert hall, which is situated at the very centre of the building, people understand from the outside that a concert will take place. First of all we stated that the architecture of the Elbphilharmonie was powerful enough, so we did not start a secondary spectacle of light. The light is complementary, modest, and works with simple optical principles. We decided not to direct any light to the lower brick block – even if it thus becomes much darker than the glass house –, since it would have looked artificial and as prominent as the upper part. In this way the brick base of the building retains its modest flair and only gets a bit of the light reflected by the surrounding area.

My attitude has been to keep the relation with the environment strong: just because it is now the most important building, it does not need to be over-illuminated. It was essential for me to always keep the connection between the inside and the outside. Sky, water and the panoramic view of the city should be always experienced from the inside. This means the interior of the building should not be too bright. We chose a lighting that glows and is not as strong as an advertisement. We also had in mind that one might control this light source and maybe dim it to the lowest setting during the late night. How did you deal with the daylight that passes through the glass facade? This type of glass has plenty of functions, but first of all it must insulate the building from the heat in order to keep a constant temperature inside. To solve this issue, we printed different patterns of dots on a highly sophisticated multi-layers glass technology. In contrast to the usual sun protection glass, light is not uniformly filtered over the entire window surface. We calculated the amount of such dots in consideration of how much light and heat we had to reflect: they become denser along the edges, while the view is free in the middle. The dots are silver coated outside so that they reflect light. On another layer, there are non-reflective black points. They allow visitors to look outside without being blinded by the sun. Zumtobel developed the 1,200 hand-blown glass ball luminaires and other high-quality lighting solutions of the overall concept… This lighting system was designed by Herzog & de Meuron together with our office (Ulrike Brandi Licht, ed.). We then chose the company that could realise the object and build it in


Is this the sole light source in such a large space? No, since the musicians need up to a thousand lux on their seats to read their notes. There is a large suspended element in the middle, which is a great acoustic reflector. There are lights on its top that illuminate the vault from above, avoiding the dark hole effect. The stage lighting is installed on its underside. There are theatrelike luminaires, whose spotlights can be directed to generate much more light on stage. More stage lighting comes from a circular opening in the ceiling that discretely conceals the headlights. You also designed the lighting project for the new Theatre and Recital Hall of the Royal Academy of Music in London, which will be opened at the end of this year. What are the peculiarities of a lighting design for cultural spaces? London was a very nice experience. Ian Ritchie Architects Ltd was invited by the Royal Academy of Music – part of the University of London and one of the top conservatoires in the world – to refurbish the existing Theatre and to enlarge the Recital Hall. For me it is fantastic when a building is refurbished because you can see how people live in it. While I walked through the construction site, I could hear the music exercises of the young people in the rehearsal rooms. What I also liked was the Londoner architect’s idea about the interiors: they are cladded with wood, like most stringed instruments are made from wood. We wanted the light of a traditional chandelier to be spread all around the hall. So we redesigned its classical crystals and positioned them on the entire ceiling and along the walls.

subjects together and not split in three different aspects. They learn to look at the budget since the very beginning and to talk with the client in terms of quality and costs, thus providing a good final consultancy. Going back to the Elbphilharmonie, why have the real costs been re-estimated more than once and so much? There have been different reasons why it costed much more than expected. One aspect concerns the contracts, the other that it took too long to complete the whole construction. However, it did not cost that much from the lighting point of view, as I am very structured in this sense, as I teach in my workshops. Has being a woman influenced your career? When I started to work as a lighting designer thirty years ago, there were very few lighting design practices headed by women. At the beginning, electrical engineers used to test if I were able to deal with technical issues: they wanted to see if I could answer their questions or if I was competent. Now the situation has changed a little bit, there are more women-owned businesses. At first, a woman has to do a bit more to be fully accepted, but then, I think, there is no difference.

Lighting the city: you wrote a book about this topic. Which kind of innovations and what new concepts will we see in the upcoming future? When a city has beautiful buildings and a nice urban context, it is a good thing to show them, without overdoing. Many cities have a jungle of different types of luminaires, which is also very expensive in terms of maintenance. Fortunately, cities are nowadays much more aware of the fact that they need a lighting concept to deal with this aesthetic concern. Sure, we have technical innovations, and today we can control new light sources more than we could ten years ago. Street and highway lighting is dimmable, with less energy consumption and a lower impact on the environment. Darkness is very important: the more lighting we put, the smaller the eyes pupil becomes. Thus, even if it is brighter, our sight does not improve. It is infinitely preferable to use less lighting, so that pupils are wider and the eyes more open, registering more things. In Hamburg, for example, the street lighting provides only half of the amount of light expected by the standards defined after the 1970s oil crisis. In each luminaire two lamps were installed, of which one is now kept switched off. The average illumination is much lower than the standard, but nonetheless the number of car accidents has remained unchanged over time and it works perfectly.

Photo © Michael Zapf

details. We wanted an illumination underneath the ceiling that would partially light up the ceiling itself. If we had put a recessed downlights, the ceiling would not have been illuminated, while in our proposal the glass balls allow the right portion of light is reflected back to the ceiling. The technical system is located above these glass balls, and in the ceiling itself there is a kind of downlight, with dimmable LED sources that give this pleasant warm glow within the glass lamps.

Photo © Michael Zapf

You are the founder of the Brandi Institute of Light and Design. Why did you feel the need to support training in this discipline? I have my own idea of learning how to become a lighting designer. I have always considered the importance of bringing together the aesthetic and the technical knowledge of light, integrating the observation and the understanding of the different phenomena that light can create into a specific know-how. Both in planning and building phase, artists and technicians have quite often difficulties. We must have both competence and acquire these skills at the same time. Within the architectural lighting design profession you work within a big group of people from different backgrounds. You must communicate in a structured way – being able to estimate costs, for instance. In my workshops I analyse these matters in a one week or a three days session, and I see how enthusiastic young people are to learn all these CORRESPONDENCE FROM BERLIN / LUCE 319

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¶ DESIGNERS

Lucidi & Pevere Sostanza e carattere

Photo © of Fabrizio Cicconi

di Margherita Pincioni

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e coppie fondate su un legame professionale nel design, come nell’architettura, sono ricorrenti: si studia insieme, si diventa amici, e poi è quasi naturale tentare un’avventura in comune; proprio come per Paolo Lucidi e Luca Pevere che collaborano a stretto contatto dal 2006, da quando hanno aperto lo studio in Friuli. Affiancano da sempre all’attività più propriamente progettuale una forte propensione a “fare delle cose anche molto diverse e lontane tipologicamente tra loro, che possano stare bene insieme, che possano in qualche modo dialogare”. I loro prodotti sono stati inclusi presso musei e hanno ottenuto importanti riconoscimenti, tra i quali: Designpreis Deutschland, Red Dot Design Award, Good Design Award, menzioni speciali ADI per il XXIII Compasso d’Oro. Dividete lo stesso studio, come si sviluppa il vostro metodo di lavoro? Collaboriamo a stretto contatto dal 2006, quando abbiamo aperto il nostro studio in Friuli. Abbiamo entrambi le stesse competenze, ovviamente con specificità

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differenti, e ognuno di noi è indipendente nella fase iniziale dell’idea. Ciascuno presenta all’altro uno spunto progettuale, si discute, si capisce forza, opportunità e punti deboli e di comune accordo si decide di cambiare e ricominciare oppure proseguire. In genere è il padre del progetto che porta avanti l’idea, modella in 3d, prepara render e tavole tecniche, ecc. Ma a ogni step cruciale c’è un confronto e il progetto, fuori dallo studio – dal cliente, dai fornitori, sul set fotografico –, viene comunque sempre seguito da entrambi. Un “buon progetto” nasce da… Possono essere molti aspetti diversi, di solito è un’intuizione che arriva da diverse circostanze: guardando un pezzo scartato dal fornitore, durante una discussione in auto – parliamo molto nelle nostre trasferte e spesso le idee nascono proprio lì –, da un’immagine, da un nuovo materiale, o ancora da un gesto... Non necessariamente un buon progetto nasce in modo naturale, a volte deve essere forzato, ci sono giorni in cui il silenzio in studio regna sovrano e l’idea nasce dopo un periodo di riflessione, schizzi e continui confronti.

Design industriale o autoproduzione? La nostra formazione è prettamente tecnica e possiamo considerare il 99% dei nostri progetti Design Industriale. Ci piace il lavoro di squadra e ci piace il confronto. Tutto ciò che abbiamo in produzione ha dovuto affrontare un lungo e travagliato percorso fatto di verifiche tecniche, considerazioni commerciali, ipotesi formali, prove cromatiche, finiture e altro ancora. Ci affascina l’idea di serialità, di qualità ripetuta e ci piace trovare i nostri prodotti fuori dalla vita lavorativa: nei negozi, nei ristoranti, negli alberghi. Ed è ancora più stimolante se, facendo tutto questo, riusciamo ad appassionare le persone che coinvolgiamo, proponendo sfide inedite e inusuali: un esempio classico è la nostra lampada in cemento Aplomb. Vi spostate quotidianamente per raggiungere artigiani, clienti e fornitori: cosa vi ispira la parola viaggio? Principalmente discussioni (sempre pacifiche) e liste infinite di cose da fare e mettere a punto, dato che seguiamo i progetti dall’idea alla produzione, dall’immagine finale per la stampa alla comunicazione delle stesse sui nostri social.


Q Aplomb XL di Foscarini, è la logica estensione della piccola Aplomb / Aplomb XL produced by Foscarini, is the logical extension of the small Aplomb lamp. P Aplomb di Foscarini, una lampada in cemento sospesa dal cavo portante che rimane ben teso grazie al proprio peso. Aplomb produced by Foscarini, a lamp made of cement, hangs from a supporting wire that remains taut with the weight of the lamp.

Paolo Lucidi (1974) Luca Pevere (1977). Laureati e formati professionalmente a Milano, hanno cominciato a firmare i primi progetti assieme dal 2003 e nel 2006 fondato il loro studio LucidiPevere. Cercano di confrontarsi sempre con nuove tipologie di prodotto, contaminandole con linguaggi estetici e tecnologie inedite alla continua ricerca della loro giusta espressione. Collaborano con aziende, culture e Paesi differenti; alcuni marchi con cui lavorano sono De Padova, Zanotta, Gebrüder Thonet Vienna, Agape, Ligne Roset, Foscarini, Kristalia, Living Divani, Normann Copenhagen, Very Wood, Emu, Casamania, DeCastelli, La Cividina, Teracrea. Loro prodotti sono stati inclusi in musei e gli hanno valso importanti riconoscimenti quali: Designpreis Deutschland, Red Dot Design Award, Good Design Award, menzioni speciali ADI per il XXIII Compasso d’Oro. Hanno partecipato a eventi internazionali e sono apparsi su diverse pubblicazioni.

Oltre a ciò, da quando abbiamo incrementato i rapporti lavorativi con le aziende straniere, “viaggio” è anche sinonimo di scambio culturale, voli in aereo e soprattutto CONTAMINAZIONE, un aspetto che cerchiamo di inserire sempre nei nostri lavori. Qual è il vostro linguaggio progettuale? Non abbiamo un linguaggio formale in senso stretto come molti nostri colleghi. Non ci piace l’idea che ci riconoscano per una curva o per un raggio, ma puntiamo alla sostanza dell’oggetto che andiamo a creare; ci deve essere un’identità forte, espressa, se possibile, in una forma senza tempo. È il carattere dell’oggetto che cerchiamo, unico e immediatamente comprensivo. Ogni nostro progetto ne deve avere uno forte, è il vincolo più importante che ci diamo quando ci confrontiamo su un’idea. L’Italia è un bel luogo per essere designer? Sicuramente siamo un Paese che al design finora ha dato molto. Abbiamo probabilmente la fiera più importante a livello mondiale (Salone del Mobile di Milano, ndr), abbiamo reso la parola “design” internazionale, aprendo molti anni

fa le nostre aziende, tante, anche a progettisti stranieri; abbiamo una rete articolata di piccoli artigiani e laboratori oltre a distretti produttivi specializzati in miriadi di settori merceologici, coltelli, sedie, ceramica, sanitari, wellness, ecc. E se ci focalizziamo sull’attualità e sulle influenze maggiori che il design ha oggi, ovvero moda e arte, direi che neanche queste ci mancano. Il rovescio della medaglia di questa grande apertura al mondo è che, per i giovani italiani che desiderino intraprendere questa strada, è sempre più difficile affermarsi perché la concorrenza è elevata. Aplomb XL di Foscarini nasce da una ricerca sul cemento, come si è sviluppata la volontà di realizzare un pezzo estremo, portandolo a spessori e dimensioni ridottissime? Aplomb Large è la continuazione di un lavoro di sperimentazione iniziato nel 2008/2009 con la capostipite Aplomb. È stato un progressivo ampliamento di gamma dovuto al successo di questa collezione che negli anni ha visto nascere anche la versione a parete, la versione a terra e la versione mini. Per l’ultima nata, l’idea era quella di unire tre diverse nuove sfide DESIGNERS / LUCE 319

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Photo © Kasia Gatkowska

ovvero: 1- la realizzazione di un’ottica a led integrata e completamente dedicata, 2- la volontà di aumentare notevolmente le dimensioni della lampada per renderla tipologicamente differente e mantenendo un peso contenuto attraverso spessori sempre più ridotti, 3- la ricerca di un’omogeneità industriale, attraverso un processo artigianale, nell’ampia superficie in cemento che caratterizza la lampada. Con la lampada Lake siete partiti da una forma organica e asimmetrica. Qual è il vostro rapporto con la natura? È un rapporto fisiologico. Siamo entrambi cresciuti in spazi aperti e in mezzo a tanto verde per cui la natura in un modo o nell’altro è parte di noi. Viviamo in una zona geograficamente completa in cui in un centinaio di km si passa dal mare alla collina e infine alla montagna. Gli undici anni che entrambi abbiamo trascorso a Milano ci hanno aiutato a capire l’importanza che questo tipo di “green environment” ha sulla nostra vita e quindi anche sul nostro lavoro. L’importanza del silenzio che aiuta concentrazione e riflessione a diventare progetto. Il Salone del Mobile di Milano è un’importante occasione di confronto: con quali progetti sarete presenti? Ovviamente fino all’ultimo tutto rimane segreto e in sospeso ma stiamo lavorando su diversi nuovi progetti, già guardando al 2018, quindi oltre al Salone del Mobile. Stiamo lavorando con alcuni nostri clienti storici quali Gebruder Thonet Vienna, De Padova, Foscarini e stiamo avviando nuove collaborazioni internazionali con diverse aziende, prima tra tutte un famoso brand svedese, e poi ancora Germania, Giappone, USA, Francia... come si suol dire in questi casi: ”Chi vivrà vedrà”.

Lake, Foscarini

Lucidi & Pevere Substance and character C

ouples that are founded on a professional bond in design, as in architecture, are recurrent. They study together, they become friends and then they find it almost natural to try to start an adventure together, as in the case of Paolo Lucidi and Luca Pevere who have been collaborating closely since when they opened the Studio in the Friuli region in 2006. They have always backed their more specific design work with a strong inclination to “do things that are even very different and typologically far from each other, which can be put together well and which in some way are able to communicate”. Their products have been exhibited in museums and they have received important recognitions, among which: Designpreis Deutschland, Red Dot Design Award, Good Design Award, special mention by ADI for the 23rd Compasso d’Oro award. You both share the same Studio, how does your work method develop ? We have been collaborating closely since 2006,

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LUCE 319 / DESIGNERS

when we opened our Studio in Friuli. We both have the same competences, obviously with different specific characteristics, and each one of us works independently in the initial phase of the idea. Each one presents a design proposal to the other. We discuss it, we understand its strength, opportunity and weak points, and together we decide to change and to start over again or to continue. Generally the father of the project promotes the idea, creates a 3D model, prepares renderings and technical diagrams, etc. However for every crucial step we compare notes, and the project outside the Studio, at the Client’s office, at the suppliers’ office, on the photographer’s set, is always followed by both. A “good project” is born from … There can be many different aspects, usually it is an intuition that arises from different circumstances: looking at an item discarded by the supplier, or during a discussion in the car – we talk a lot during our transfers and often ideas

are born there - from an image, from a new material or even a gesture. A good project is not necessarily born in a natural way, at times it needs to be forced, some days silence reigns in our study, and an idea is born after a period of reflection, sketches, constant confrontation. Industrial design or self-production? Our training is essentially technical and we can consider 99% of our projects Industrial Design. We like team work and we like comparing ideas. All the objects we have produced have had to face a long and demanding series of technical checks, commercial considerations, formal hypotheses, colour tests, finishing processes and other topics of discussion. We are fascinated by the idea of a series, of repeated quality, and we like to find our products outside our work-environment, in shops, in restaurants, in hotels. And it is even more stimulating if, by doing all this, we are able to fascinate the people we involve, proposing unique and unusual challenges: a classic example is our cement lamp, Aplomb. You travel every day to meet craftsmen, clients, suppliers: what does the word journey make you think of? Mainly discussions (always peaceful) and infinite


lists of things to do and finalize, since we follow the projects from the initial idea to production, from the final image for the press to the communication of the same in our social networks. Besides this, since when we have increased our work relations with companies abroad, “journey” is also synonymous of cultural exchange, air travel and mainly contamination, an aspect that we always try to include in our work. What is your design-language ? We do not have a formal language strictly speaking, like many of our colleagues. We do not like to be identified by a curve or a ray, but we focus on the substance of the object we are going to create, there has to be a strong identity, that is expressed, if possible, in an object that stretches beyond time. It is the character of an object that we look for, it must be unique and immediately understood. Each one of our projects must have a strong character, it is the most important commitment we set before us when we start to work at an idea. Is Italy a beautiful place for a designer ? Italy is certainly a country that offers great opportunities for design. We probably have the most important fair in the world (Editor’s note: Salone del Mobile, in Milan) we have made the word “design” international by opening our companies, many of them, also to foreign designers many years ago; we have a well-organized network of small craftsworkers and laboratories, besides production centres that specialize in an infinite number of trade sectors: knives, chairs, ceramics, bathroom fixtures, wellness centres, etc. And if we focus on the present day and the major influences on design today, in other words fashion and art, I might say that in Italy these too are plentiful. The other side of the coin, in this great opening towards the world, is that for the young Italians who would like to work in this sector, it is increasingly difficult to reach success because of the high level of competition. Aplomb XL produced by Foscarini was born from a research on cement, how did your intention of creating an extreme model evolve, characterized by such thin surfaces? Aplomb Large is the continuation of an experimental design which began in 2008/2009 with the first lamp of the series, Aplomb. The range progressively grew as a result of the success of this collection, which, over the years also added a wall version, a floor version and a mini version. For the newest version, the idea was to unite three different new challenges, i.e. 1. to realize an integrated and completely dedicated LED light. 2. the desire to increase the size of the lamp remarkably to make it typologically different, yet maintaining a limited weight, by decreasing the thickness progressively. 3. the research of industrial homogeneity through a process guaranteed by craftsmanship, for the wide cement surface that characterizes the lamp. With the Lake lamp you started with an organic and asymmetrical shape. What is your relation with nature?

Backpack, Ligne Roset

Gerla, Very Wood

It is a physiological relation. We both grew up in open spaces surrounded by a lot of green, therefore nature, in some way or the other, is a part of us. We live in a geographically complete region, where in a stretch of about a hundred kilometres, the landscape goes from the sea, to the hills and finally to the mountains. The eleven years we both have spent in Milan have helped us understand the importance of this type of green environment on our lives, and therefore also on our work. The importance of silence that helps concentration and reflection become a project The Salone del Mobile in Milano is an important occasion for new challenges: which project designs will you present? Obviously, right up to the very last minute, everything is very secret and kept in suspense. However, we are working on different new projects, and are already looking towards 2018, therefore beyond the Salone del Mobile. We are working with some of our historic clients, Gebruder Thonet Vienna, De Padova and Foscarini and we are starting new international collaborations with various companies, the first of these is a famous Swedish brand, and then others in Germany, Japan, USA, France … in these cases we could say, “wait and see!”.

Brezel, Gebrüder Thonet Vienna

Paolo Lucidi (1974) Luca Pevere (1977). Both graduated and professionaly trained in Milan, they started to develop their first projects together since 2003 and in 2006 founded their studio LucidiPevere. They are facing constant challenges using unusual technics and aesthetic means to develop new forms of products. Some of the brands LucidiPevere work with are De Padova, Zanotta, Gebrüder Thonet Vienna, Agape, Ligne Roset, Foscarini, Kristalia, Living Divani, Normann Copenhagen, Very Wood, Emu, Casamania, DeCastelli, La Cividina, Teracrea. Their products appeared in different museums and won major awards such as Designpreis Deutschland, Red Dot Design Award, Good Design Award, Compasso d’Oro Honourable mentions and many others. They took part in various exhibitions in Europe and in the U.S. and appeared in different publications.

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Main lounge of Al Mourjan Business Lounge Main Lounge near water feature

¶ PROGETTARE LA LUCE

Stile tutto italiano a Doha di Francesca Tagliabue foto di / photo by Leo Torri

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Il terminal dell’aeroporto internazionale Hamad (HIA) a Doha con i suoi 600.000 metri quadrati di superficie, racconta il passato del Qatar e, contemporaneamente, lo proietta verso il futuro. Design e lusso sono le parole chiave per questo progetto DESIGNING LIGHT / LUCE 319

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S

tupisce per dimensioni e complessità il nuovo Hamad International Airport di Doha. Un progetto ambizioso, firmato dallo studio HOK, edificato su una penisola artificiale di 22 chilometri quadrati strappata al Golfo Persico. Questo enorme e complicato manufatto ha tutta la volontà di porsi sia a livello architettonico sia a livello “di contenuti” come un nuovo landmark per il Qatar e ambisce ad avere la complessità di un vero e proprio insediamento urbano. La più lunga galleria commerciale, uno degli hangar più grandi al mondo, e uno dei più efficienti e complessi servizi di catering, capace di produrre più di 90.000 pasti ala giorno. La previsione di traffico è solo uno dei numeri strabilianti: fino a 30 milioni di passeggeri all’anno, con l’intenzione di arrivare fino a 53 milioni nel prossimo futuro. Il terminal disegnato da HOK presenta una copertura curva, un richiamo alle onde del mare e alle dune del deserto, unisce al design contemporaneo omaggi all’architettura tradizionale del luogo, ponendosi come trait-d’union tra ciò che è stato e ciò che sarà. Nel 2008 lo studio italiano Antonio Citterio Patricia Viel and Partners è stato incaricato di progettare gli interni delle Premium Lounges della Qatar Airways. Per lo sviluppo

Al Mourjan Business Lounge - Water feature area

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del progetto illuminotecnico è stato scelto lo studio Metis Lighting (Claudio Valent – Marinella Patetta), una realtà consolidata che già in passato aveva collaborato con Antonio Citterio Patricia Viel and Partners, ad esempio per il Bulgari Hotel di Milano e il Bulgari Hotel di Londra. Un team tutto italiano è dunque stato chiamato a confrontarsi con una grande sfida, affrontata con professionalità e affiatamento per integrare al meglio l’illuminazione nell’insieme architettonico. La conoscenza e il background di lavoro consolidato nel tempo tra il team dell’Interior Design e il Lighting - Metis ha garantito una grande e immediata comprensione in ogni fase del progetto. Il lusso e gli altissimi standard degli interni non sono stati in alcun modo compromessi. L’illuminazione funzionale e di servizio, necessaria in un aeroporto, è stata affiancata a un’illuminazione studiata ad hoc per ogni singola area delle diverse Lounges Qatar Airways, garantendo in ogni caso un perfetto comfort visivo esaltando al contempo le finiture e gli spazi. Ogni zona è stata illuminata in maniera diversa e calibrata in modo da poterla definire quasi sartoriale: un’illuminazione pensata per essere complementare agli elementi architettonici. Nella Business Class Lounge, dove l’acqua - come nella cultura araba in generale -

è un elemento fondamentale, la luce è studiata per essere radente alle pareti e risultare confortevole e rilassante. Questo è ben visibile anche nel mezzanino, al terzo livello, dove uno chandelier decorativo in cristallo e metallo cromato con sorgenti a LED, realizzato su disegno da Vetrerie Vistosi, è il punto focale mentre l’acqua crea uno spettacolare gioco di riflessi con il soffitto metallico. Apparecchi a LED sono perfettamente integrati nel soffitto e sottolineano la geometria degli elementi. Luce naturale e luce artificiale dialogano e si compenetrano vicendevolmente. Lo spazio, arredato per creare salotti dal sapore domestico e angoli conversazione, è ritmato dalla presenza di lampade decorative da terra. La zona dedicata al check-in della First Class è risolta con proiettori a luce indiretta. La puntualizzazione dei banchi è ottenuta grazie ad apparecchi LED - realizzati custom integrati nella pensilina in rete metallica e alimentati da cavi che scorrono all’interno dei tondini a sezione cava che compongono la maglia e dall’illuminazione integrata nelle quinte di vetro che separano le singole postazioni. Nella First Class Lounge invece l’illuminazione è volutamente spettacolare. Lampadari custom sono il punto focale dello spazio, mentre apparecchi a fascio stetto sono stati installati ad incasso per illuminare le sedute. La Al Maha Lounge, caratterizzata da


Al Mourjan Business Lounge - Water feature area

rivestimenti murali in pietra naturale e dalla scenografica presenza di leggiadre pareti divisorie rivestite in legno e carta, ha un’atmosfera soft e rilassante. Proprio per la presenza di questi materiali preziosi è nata la volontà progettuale di utilizzare sorgenti alogene nelle lampade decorative da tavolo e nelle lampade da terra per sfruttarne la migliore resa cromatica e la maggiore brillantezza. Per i corridoi, le aree tecniche e tutte le zone che richiedono un’illuminazione funzionale sono state utilizzate sorgenti lineari e fluorescenti compatte al fine di garantire un buon livello di illuminazione generale. La loro temperatura colore è calibrata in maniera diversa in relazione alla destinazione d’uso dello spazio. Gli aspetti tecnici a cui Metis Lighting ha prestato maggiore attenzione sono stati un contenimento del consumo energetico (calcolato in media attorno ai 25W/m2), la scelta di apparecchi e sorgenti che durino nel tempo e richiedano un’attività di manutenzione contenuta ma che al contempo possano essere facilmente raggiunte per la normale routine di pulizia, un preciso rispetto degli standard qualitativi, con scelta di prodotti dotati di certificazione UL e una flessibilità e possibilità di adattamento delle luci attraverso sistemi di controllo digitali che consentono la programmazione di differenti scenari luminosi e la rigorosa integrazione di tutti gli apparecchi nell’architettura. Paolo Giovane, project leader Metis Lichting,

ci ha detto: “L’impegno richiesto per questo progetto è stato elevatissimo. Si è infatti dovuto coniugare l’aspetto emozionale con quello tecnico. In tutti gli spazi sono state richieste verifiche illuminotecniche puntuali per ottemperare alle normative illuminotecniche ed aeroportuali (livelli di illuminamento, uniformità, abbagliamento, ...) ma al medesimo tempo si è dovuta garantire una atmosfera sofisticata, elegante, con una massima integrazione degli apparecchi di illuminazione nell’architettura. Abbiamo inoltre dovuto creare un manuale di istruzioni per la manutenzione di apparecchi custom o realizzazioni più complesse, in modo da garantire nel tempo la stessa perfezione. Tutto questo è stato possibile grazie a creatività, impegno e tempo. Tanto tempo!” E, Claudio Valent, partner di Metis Lighting, ha aggiunto: “Questo progetto è stato per lo studio Metis Lighting forse uno dei più prestigiosi e più estesi in termini di dimensioni. È stata proprio la scala del progetto con cui ci siamo dovuti confrontare a rendere l’esperienza estremamente interessante e faticosa! Ci sono voluti sette anni di lavoro per garantire la stessa attenzione al dettaglio e all’integrazione che fanno parte del nostro DNA, e a cui non possiamo e non vogliamo rinunciare. Sono stati realizzati molti modelli in scala reale per verificare la qualità del dettaglio ed avere la certezza di un risultato che ci soddisfacesse. Ma è stata la prima volta in cui tutti i nostri principi sono stati applicati ad un progetto così di vaste dimensioni”.

HIA Hamad International Airport Doha, Qatar. Qatar Airways Premium Passenger Lounges (Oryx Lounge, First Class Lounge, Al Mourjan Business Lounge, Gold Lounge, Silver Lounge, Al Maha Lounges, First and Business Class Arrivals Lounges, Activity Node, First and Business Class check in, VIP lounge) Data di fine lavori / Date of project completion Luglio – July 2015 Lighting designers per il progetto / Lighting designers of the project: METIS Lighting s.r.l.: Claudio Valent, Marinella Patetta, Paolo Giovane, Chiara Castellarin, Alberto Saggia. Eugenia Marcolli, Giuseppe Scuderi Architetti e altri crediti per HIA Lounges / Architects and other credits for HIA Lounges Antonio Citterio Patricia Viel Interiors (Leading Architects - Team Project Manager) Studio FM (Graphic design) FM Ingegneria (Team Project Manager, Structural Engineering) Tifs Manens (MEP Engineering, Acoustic Engineering)

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First & Business Check-in - Check-in First Class

Al Maha Landside processing Lounge

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Italian luxury in Doha The terminal of Hamad International Airport (HIA) in Doha, the capital of Qatar, covers an area of 600,000 sq.m. This fundamental international hub is recalling the past and represents the future of Qatar. Style,design and perfection are the main key-words for this project

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oha’s new Hamad International Airport strikes for dimension and complexity. An ambitious project built on 22 sq. km of land partially reclaimed from the sea by the construction of an artificial peninsula. This building, both from an architectural and conceptual point of view, is the new landmark of Qatar, setting new construction records: one of the longest commercial runways, one of the largest maintenance hangars, and one of the largest and most efficient catering services in the world, capable of producing over 90,000 meals per day. The project’s traffic forecast was just one of the exceptional numbers: up to 30 million passengers per year to begin with, escalating to 53 million. The terminal, designed by HOK, is covered by a curved roof, recalling sea waves and desert dunes, combining contemporary design with traditional landscape forms. In 2008 the Italian firm Antonio Citterio Patricia Viel and Partners was appointed for the interior design of the Qatar Airways’ Premium Lounge. For the lighting design, Metis Lighting had been selected (Claudio Valent – Marinella Patetta). A team that already worked together in the past, for example for the Bulgari Hotel in Milan and the Bulgari Hotel in London. Thus an Italian team had to face a great challenge, dealt with professionalism and synergy. The previous experience of the team Citterio-Metis ensured a great and immediate understanding in each stage of the project. The luxury and high standards of the interiors were in no way compromised. Functional and service lighting, necessary in an airport, have been designed integral to the architecture: a lighting specifically designed for each area of the Lounges, ensuring a perfect visual comfort while enhancing finishing and spaces. Each area is lit up with a different atmosphere and calibrated in a way that could be defined as almost made to measure. In several occasions, it is complementary to the architectural elements. In the Business Class Lounge water is a fundamental element. Light is grazing the walls and therefore highly relaxing. This is clearly visible also in the mezzanine floor at the third level, where a decorative crystal chandelier, created by Vistosi, is the key element whereas water creates a game of reflections with the metal ceiling. LED luminaires are perfectly integrated in the ceiling and highlight the geometry. Daylight and artificial lighting shape a unique space and they are blended together. The space is furnished to create living rooms and intimate conversation corners, and its rhythm is given by floor luminaires that stand out, becoming a legible element throughout the space.

The First Class check-in area is lit with indirect light. The desks are lit by LED luminaires custom made and integrated in a metal grid. They are power fed by wiring running through the section rebar and hidden inside the same metal structure. On the other hand, in the First Class lounge lighting is intentionally spectacular. Suspended luminaires are the key point of the space, and recessed spot luminaires are installed to light the seats.

The technical aspects to which Metis Lighting paid great attention have been energy saving (the energy consumption of the entire project is about 25W/m2), the lifetime of luminaires and lamps, an easy and limited maintenance, the choice of UL certified products. A digital control system allows the set-up of different light scenes, meeting technical and aesthetical aspects. Paolo Giovane, project leader at Metis Lighting, told us: “The effort required by this project has been great. In fact, we had to combine the emotional aspects with the technical ones. In order to comply with the lighting and airport standards (lighting levels, uniformity, glare, etc.), lighting calculations were carried out for each space. At the same time, we had to ensure a sophisticated and elegant atmosphere, with a maximum integration between lighting fixtures and architecture. We also had to create a maintenance handbook for the future. All this has been made possible thanks to

Al mourjan Business Lounge Corridoio di ingresso a una delle sale preghiera / Entrance corridor to a prayer room

The Al Maha Lounge, characterized by walls cladding made of natural stone and by partitions made of wood and wallpaper, has a soft and relaxing vibe. Indeed due to the choice of those precious materials, halogen sources have been used in the chandeliers, in the decorative lamps to enhance the materiality, the patterns and the colours. For the hallways, technical areas and all the ones that require a functional lighting, linear and compact fluorescent lamps have been adopted in order to guarantee a good general lighting level. Their colour rendering index is calibrated in a different way according to the classification of the space. On the contrary, where a greater efficiency was required metal halide lamps were used.

creativity, commitment, time and, of course, an excellent team.” Claudio Valent, partner at Metis Lighting, then added: “For Metis Lighting, this project is possibly one of the most prestigious and largest in term of size. And precisely the scale of the project made it extremely interesting and challenging experience! It took 7 years to ensure the same attention to details and integration that are part of our DNA, which we can’t and won’t give up. Several one to one scale mock-ups were made in order to test the quality of the details and the outcome that had to satisfy the client and us. It has been the first time that all our principles have been applied to such a large project.” DESIGNING LIGHT / LUCE 319

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¶ PROGETTARE LA LUCE

Nuova luce nella Basilica di San Francesco d’Assisi Il nuovo impianto di illuminazione, progetto pilota per il Giubileo della luce di Marco Frascarolo

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er la nuova illuminazione della Basilica di San Francesco in Assisi, Patrimonio Mondiale dell’Unesco grazie ai preziosissimi affreschi realizzati da artisti tra i più importanti della storia dell’arte, primo fra tutti Giotto, e considerata chiesa madre dell’Ordine Cattolico Romano dei Frati Minori poiché custodisce dal 1230 le spoglie di San Francesco, obiettivi ambiziosi: altissima qualità cromatica e livelli di uniformità della luce sugli affreschi, calibrati in modo da garantire livelli di uniformità ed effetti chiaroscurali ottimali sia per la lettura dei dettagli pittorici che la percezione dello spazio architettonico. La sua costruzione fu iniziata a due anni dalla morte di San Francesco. Consacrata nel 1253 da papa Innocenzo IV, è uno dei templi più belli e contemplativi della Cristianità sia per il suo eccezionale corredo pittorico che per la stupenda combinazione di stili architettonici. Il complesso della Basilica si presenta come una sovrapposizione di tre spazi molto diversi tra loro: la Cripta, la Basilica Inferiore di matrice romanica, e la Basilica Superiore i cui interni rispecchiano i caratteri più tipici del gotico italiano, con i suoi bassi archi a pieno centro su enormi pilastri di sostegno; quella Superiore si staglia idealmente contro il cielo permettendo alla luce naturale di permeare negli interni e vitalizzare i grandi cicli di affreschi. La sfida più grande del nuovo progetto d’illuminazione è stata quella di trovare un tema forte per illuminare le tre parti, così differenti, nel pieno rispetto del ruolo mistico, della morfologia degli spazi, delle comunità religiose e dei fedeli. A tal fine sono stati definiti degli obiettivi di progetto comuni ai tre ambienti: valorizzazione delle caratteristiche architettoniche e pittoriche; comfort visivo adeguato a tutte le attività previste; risparmio energetico e rispetto per l’ambiente. Da un punto di vista morfologico, il principale elemento unificatore tra le due basiliche

è la suddivisione della navata in 4 sezioni a volte incrociate, un transetto e un’abside poligonale: partendo da questo, abbiamo scelto insieme a Padre Custode Fra Mauro Gambetti del Sacro Convento e al Conservatore Sergio Fusetti, di mantenere gli elementi tipologici esistenti: il lampadario centrale, dedicato ad ogni modulo volumetrico in cui si articola lo spazio. Le due Basiliche condividono lo stesso principio per l’illuminazione: una luce diffusa con effetti chiaroscurali morbidi per agevolare la lettura dell’architettura e degli affreschi, evitando luci radenti, per non enfatizzare le irregolarità delle superfici affrescate specialmente nella Basilica Superiore, ferita dal drammatico terremoto che colpì Assisi nel 1997. A un’iniziale fase di analisi dell’esistente e di sviluppo del concept progettuale, è seguita una scrupolosa fase di ottimizzazione del sistema tecnologico per l’illuminazione, con l’intento di armonizzare quanto più possibile la sua presenza nella complessa volumetria della Basilica, e di distribuire opportunamente il flusso luminoso, prodotto da oltre 600 apparecchi, con fotometria e puntamenti studiati singolarmente in fase di simulazione. A questo scopo sono state fatte prove in laboratorio e in situ di apparecchi progettati per quest’applicazione. In particolare, la Basilica Inferiore, presentava un tema progettuale molto sfidante: illuminare i pieni delle pareti verticali, senza invadere i vuoti costituiti dagli archi, evitando così fenomeni di abbagliamento e di imprecisione sulla distribuzione dei flussi sulle superfici affrescate. Sono state progettate e realizzate ottiche ellittiche per moduli COB (Chip on Board), soluzione non esistente sul mercato, per conciliare il comfort visivo relativo al rischio abbagliamento, che caratterizza le soluzioni COB con le performance delle lenti di tipo ellittico, precedentemente utilizzate solo per apparecchi a Led singoli, più vicini al concetto di sorgente puntiforme

Basilica Superiore: vista del nuovo impianto di illuminazione dall’alto / Upper Basilica: view of the new lighting system from above.

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e quindi più gestibile a livello di ottica. L’apertura del fascio luminoso così ottenuta (65°x 21°), è stata determinante per “sagomare” con precisione la geometria delle pareti affrescate, ottenendo, tra l’altro, un abbattimento del 30% sui flussi, ovvero sulle potenze assorbite, a parità di livelli di illuminamento sulle superfici, che si somma ai risparmi conseguiti attraverso l’efficienza dei Led di ultima generazione, la qualità dell’elettronica e la modulazione dei flussi nei diversi scenari di utilizzo, consentendo di raggiungere un valore medio intorno al 75% di abbattimento di consumo energetico (a parità di flusso installato). La prima prova effettuata con le ottiche prototipali ne ha confermato l’efficacia in termini di precisione. Questo, abbinato

alla possibilità di puntare ciascun proiettore singolarmente, ha permesso di realizzare una grande uniformità d’illuminazione. Per la Basilica superiore, una sfida complessa è stata l’armonizzazione tra il sistema d’illuminazione permanente e quello temporaneo – utilizzato una volta l’anno per le riprese televisive in occasione del tradizionale concerto di Natale – oltre che lo sviluppo di logiche di controllo per la integrazione con la luce naturale; tale risultato è stato ottenuto attraverso l'utilizzo di apparecchi lineari molto solidi, dotati di sistemi di fissaggio e puntamento altrettanto stabili. Nella Cripta, il tema principale è stato l’ottimizzazione tecnologica di una soluzione distributiva dei flussi già soddisfacente, finalizzata prevalentemente al risparmio energetico e all'abbattimento dei costi di manutenzione. Particolare attenzione è stata dedicata al contenimento dell’impatto visivo degli apparecchi: sono state studiate con attenzione le posizioni d’installazione, arretrandoli rispetto all’angolo di visibilità nella Basilica Superiore e garantendo l’effetto cut-off nella Basilica Inferiore. L’illuminazione della Basilica di Assisi, rappresenta in ordine di tempo e d’importanza, l’intervento “faro” per “accendere” anche altri siti meno conosciuti e altri più importanti, creando un nuovo prezioso percorso territoriale di pelligrinaggio o d’interesse culturale nel nostro Paese, che invita a conoscere o riscoprire questi meravigliosi luoghi della cristianità e dell’arte. L’iniziativa “Giubileo della luce”, promossa dall’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) porterà avanti questi progetti su scala nazionale. Tra i suoi elementi fondativi – sulla base dell’accordo stipulato con il ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – l’efficientamento luminoso e la valorizzazione artistica. Il “Giubileo della luce” è stato presentato alla stampa e al pubblico nell’ottobre 2016; prevede la chiusura dei progetti entro l’anno e la loro realizzazione nel primo semestre del 2017. Questo “nuovo” percorso, anche di luce, lascerà una traccia sul territorio che andrà ben oltre il periodo del Giubileo.

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Progetto illuminotecnico / Lighting engineering design Marco Frascarolo con / and Stella Cardella (FABERtechnica) e giovani progettisti provenienti dal Master di Lighting Design dell’Universita’ “Sapienza” e dal corso di Fisica Tecnica per il Restauro dell’Università “Roma Tre” / and young designers from the Master course in Lighting Design at Università “Sapienza” and from the Technical Physics course for Restoration of Università “Roma Tre” Ingegnerizzazione dei lampadari / Lighting fixtures engineering Federico Ognibene con / and Andrea Rastrello (ILM lighting) Progetto elettrico / Electric design Gianni Drisaldi (Drisaldi Associati) Impiantistica Elettrica / Electric plant design CEAL, Cirimele Impianti Responsabile di Cantiere / Person in charge of the site Davide Ciarlariello Tecnologie / Technologies Osram, Siteco, Traxon, e ILM lighting per gli apparecchi di illuminazione e Helvar per il sistema di regolazione (Basilica Superiore); ILM lighting, con moduli LED Bridgelux e lenti LEDIL (Basilica Inferiore); ILM lighting (Cripta) / Osram, Siteco, Traxon, and ILM lighting for the lighting equipment and Helvar for the regulating system (Upper Basilica ); ILM lighting, with Bridgelux LED modules and Ledil lenses (Lower Basilica); ILM lighting (Crypt)

1 | Basilica Superiore: dettaglio di installazione dei nuovi lampadari / Upper Basilica: detail of the installation of the new lighting system 2 | Schema di distribuzione della luce suddiviso in 2 sottosistemi: potenziando ed ottimizzando il sistema installato al di sopra del cornicione è possibile migliorare l’illuminazione delle volte e diminuire al contempo i flussi emessi dal lampadario centrale: i singoli obiettivi confluiscono in una sensibile riduzione del rischio abbagliamento / Light distribution layout, subdivided into 2 subsystems: by increasing the power and optimizing the system installed above the cornice, illumination of the vaults has been improved and the luminous flux of the central lighting system has been reduced: the single objectives converge towards a remarkable decrease in direct glare. 3 | Basilica Superiore nuova illuminazione dell’abside / Upper Basilica: new lighting of the apse 4 | Basilica Inferiore: vista della nuova illuminazione della navata centrale / Lower Basilica: view of the new lighting system in the central nave


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New light in the Basilica of Saint Francis of Assisi The new lighting system, a pilot project for the “Jubilee of light�

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after the death of Saint Francis. Consecrated in 1253 by Pope Innocent IV, it is one of the most beautiful and contemplative temples of Christianity, because of its exceptional endowment of paintings and the wonderful combination of architectural styles. The complex of the Basilica is subdivided into three spaces, one on top of the other, each one very different from the other: the Crypt, the Lower Basilica in the Romanic style and the Upper Basilica whose interiors reflect the most typical characteristics of the Italian Gothic style, with its low round arches on enormous supporting pillars; the Upper basilica rises ideally towards the sky

he new lighting in the Basilica of Saint Francis of Assisi - UNESCO World Heritage Site because of its most precious frescoes painted by some of the most important artists in the history of art (first of all Giotto), and considered the mother church of the Roman Catholic Order of Friars Minor Conventual as the body of Saint Francis lies there since 1230 - has very ambitious aims: a very high level of chromatic quality and uniformity of light for the frescoes, calibrated to guarantee levels of uniformity and optimum chiaroscuro contrast effects, in order to see the details of the paintings and also perceive the architectural space. The construction of the Basilica began two years

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allowing natural light to filter into the interiors and give life to the great cycles of frescoes. The greatest challenge of the new lighting design was to find a strong theme to illuminate the three different parts in full respect of the mystical role, of the morphology of the spaces, of the religious communities and the faithful. For this purpose, the common objectives of the design of the three environments were defined: to enhance the architecture and of the paintings, for a visual comfort that would be suited to all the foreseen activities, energy saving and respect for the environment. From a morphological point of view, the main unifying element in the two basilicas is the subdivision of the nave into 4 sections with cross-vaults, a transept and a polygonal apse: starting from this, together with the guardian of the Sacred Convent Fr. Mauro Gambetti and the conservator-restorer Sergio Fusetti, we chose to maintain the existing typological elements: a central lighting system dedicated to each volumetric module

5 | Basilica Inferiore: particolare dei nuovi lampadari / Lower Basilica: detail of the new lighting system 6 | Schema di distribuzione della luce suddiviso in 3 sottosistemi: illuminazione della zona occupata dal pubblico, delle superfici verticali, delle volte / Light distribution layout, subdivided into 3 subsystems : illumination of the area occupied by the public, the vertical surfaces and the vaults. DESIGNING LIGHT / LUCE 319

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in which the space is subdivided. The two Basilicas share the same lighting principle: diffused light with soft chiaroscuro effects so that it is easy to view the architecture and the frescoes, avoiding oblique lighting which would emphasize the irregularities in the surfaces of the frescoes, specially in the Upper Basilica which was damaged in the dramatic earthquake that struck Assisi in 1997. In the initial stage, the existing system was analysed and the design concept was developed. This was followed by a scrupulous optimization of the lighting technological system, with the intent of harmonising the presence of the same, as far as possible, in the complex volumes of the Basilica, and suitably distributing the luminous flux produced by over 600 units, whose photometry and pointing effects were studied individually in the simulation phase. For this purpose, tests were carried out on the equipment designed for this application both in the laboratory and on site. In particular, the Lower Basilica, presented a very challenging project design: to illuminate the full spaces of the vertical walls without

invading the empty spaces created by the arches, thus avoiding the phenomena of direct glare and imprecise distribution of the luminous flux on the frescoes painted on the walls. Elliptical lenses for COB (Chip on Board) modules, a solution that did not exist in the market, were designed and produced in order to conciliate visual comfort with regard to the risk of direct glare which characterizes COB solutions, with the performance of elliptical-type lenses previously used for single LED units only, that are closer to the concept of a punctiform source of light , and therefore easier to manage with regard to the optics. The aperture of the beam of light (65° x 21°) obtained as described above, was determining in order to “shape” the geometry of the walls painted with frescoes more precisely, with a consequent 30% decrease in the flux, i.e. in the absorbed power, with equal levels of light on the surfaces, which is added to the saving obtained as a result of the efficiency of the state of the art LEDs, the quality of the electronics and modulation of the flux in the different lighted scenarios, which allows approximately 75% average energy saving (with an equal amount of installed luminous flux).

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1 | Nuova illuminazione della Cripta / New lighting in the Crypt 2 | Basilica Superiore: vista dei nuovi lampadari / Upper Basilica: view of the new lighting system 3 | Prove di illuminazione su una parete affrescata della Basilica Inferiore con fasci luminosi ellittici / Testing the lighting of a fresco on a wall of the Lower Basilica with elliptical beams of light

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The first test that was carried out with the prototype lenses confirmed their efficacy in terms of precision. This, together with the possibility of pointing each light individually, enabled the realization of an extremely uniform illumination. In the Upper Basilica a complex challenge was to harmonize the permanent lighting system and the temporary lighting system, used once a year when broadcasting the traditional Christmas concert on the television network, besides developing control logics to integrate the natural light. This result was obtained by using very solid linear equipment, provided with equally stable attachment and pointing systems. In the Crypt, the principal aim was the technological optimization of a solution for the distribution of the luminous flux which was already satisfactory, and to concentrate mainly on energy-saving and a decrease in maintenance costs. Particular attention was paid to the containment of the visual impact of the equipment. The positions for installation of the equipment were studied; it was positioned further back compared to the visibility angle in the Upper Basilica, and guaranteed a cut-off effect in the Lower Basilica. The lighting in the Basilica in Assisi is, in order of time and importance, a “beacon” project which will also “light up” other sites that are not as well-known and other more important ones, creating a new and precious course across the territory for pilgrimages, or to visit places of cultural interest in our country, an invitation to get to know and re-discover these marvellous places of Christianity and art. The initiative “Jubilee of light ”, promoted by ANCI (The Italian National Association of Town Councils) will promote these projects on a national scale. Among its founding elements, based on the agreement with the Ministry for the Environment and Protection of the Territory and the Sea, are a greater efficiency of the lighting system and enhancement of the Italian artistic heritage. The “Jubilee of light ” was presented to the press and to the public in October 2016, completion of the project design is estimated by the end of the year, and realization of the same in the first semester of 2017. This “new” course, also of light, will leave a mark in the territory that will continue to be appreciated well beyond the period of the Jubilee.


Photo © Maurizio Marcato

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Luce eterea Architettura e lighting per la rivoluzionaria Nuvola di Roma di Francesca Tagliabue

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opo una genesi travagliata e oltre 15 anni di “gestazione”, il 29 ottobre 2016 è stato finalmente inaugurato il Roma Convention Center. L’edificio, celebre a tutti come la Nuvola, è stato disegnato da Studio Fuksas – Doriana e Massimiliano Fuksas, che si è aggiudicato il concorso per questo nuovo centro polifunzionale nel 2000. La prima pietra venne posata ben sette anni più tardi e nel 2013 i lavori rischiarono di essere abbandonati definitivamente per via di problemi di bilancio del Comune di Roma. Diverse polemiche sono state poi sollevate a causa del costo dell’opera (239 milioni di euro) giudicato da molti eccessivo, ma, alla fine, la Nuvola è stata completata con successo ed è già una delle pietre miliari del rinnovamento e del rilancio del quartiere EUR. Costruito negli anni Trenta del Novecento per

accogliere l’Esposizione Universale, l’EUR non fu mai finito a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. La direzione del progetto, basato su una serie di assi ortogonali, venne affidata all’architetto Marcello Piacentini (Roma, 8 dicembre 1881 – Roma, 18 maggio 1960), e oggi di quell’idea puramente razionalista rimangono alcuni edifici inseriti in un tessuto urbano completato poco prima delle Olimpiadi del 1960. Dopo un periodo di semi-oblio, il quartiere EUR è oggi ridiventato una zona viva e attraente. Basti pensare che la maison Fendi ha scelto di portare il suo headquarter nel Palazzo della Civiltà Italiana (il così detto Colosseo Quadrato), che verrà a breve riaperto l’EUR-Park e che sarà inaugurato anche un nuovo gigantesco acquario, il Mediterraneum. La Nuvola si inserisce dunque in un clima

di fervente attività e voglia di rinnovamento della grande area. Attraverso il suo aspetto, che coniuga sapientemente una forma organica con volumi dalla geometria definita, si distingue dal contesto e catalizza gli sguardi. L’edificio si compone di tre strutture: la Lama – completamente indipendente dal resto dell’opera – che ospita un hotel con 339 stanze, la Teca e la Nuvola. La Teca ha misure impressionanti (alta 40 metri, larga 70 metri e lunga 175 metri) e funge da “contenitore” per l’auditorium, ossia la Nuvola. Questa è una struttura libera rivestita con uno speciale telo in fibra di vetro che avvolge il suo impianto portante in acciaio, donandole un aspetto leggero ed effimero. Al suo interno i posti a sedere sono distribuiti tra platea e galleria e le pareti sono interamente rivestite di pannelli DESIGNING LIGHT / LUCE 319

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Photo © PA Images Photo © PA Images

di ciliegio americano che assicurano un ottimo comfort acustico. La capienza totale del Roma Convention Center è di oltre 9.000 persone: 1.800 nell’auditorium principale e 6.000 nelle altre sale congressi e nelle aree comuni. La Nuvola è dotata di un sistema di climatizzazione e risparmio energetico che si basa sul reale affollamento delle sale, e sulla copertura esterna sono stati installati elementi fotovoltaici per la produzione di energia elettrica. Come sempre più spesso accade, una dettagliata

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progettazione architettonica non prescinde da un grande studio per l’illuminazione dell’edificio. Ogni manufatto deve “vivere” anche nel corso della notte, mutando il proprio aspetto ma mantenendo ben riconoscibili le sue caratteristiche peculiari. Riguardo all’importanza dell’illuminazione in ambito architettonico, Massimiliano e Doriana Fuksas hanno detto: “Crediamo fermamente che la luce sia una delle certezze dell’architettura: senza la luce non c’è spazio, non ci sono colori, non c’è che il buio.

La luce è il primo elemento al quale pensiamo quando progettiamo, che sia quella naturale o artificiale. La luce artificiale, generata dall’interno di un edificio e non dall’esterno, ha sempre avuto una grande importanza nella nostra architettura. Gli edifici, la notte sono simili a lampade che magicamente si illuminano”. Per la Nuvola il progetto di lighting design è stato affidato a uno degli studi più famosi del mondo, l’inglese Speirs&Major. Il team si è immediatamente reso conto che le caratteristiche principali del Centro sono l’esuberanza, la traslucenza e la sua apertura verso l’esterno. Fin da subito sì è pensato di creare una forte identità anche durante le ore notturne, basata principalmente sull’esaltazione della Nuvola interna. Ha raccontato Keith Bradshaw, Direttore di Speirs + Major: “La nostra attenzione si è concentrata soprattutto nel valorizzare la struttura organica – la Nuvola –, contrapponendola alla rigida ortogonalità della Teca. Guardando il progetto abbiamo immediatamente pensato che la Nuvola potesse essere illuminata in maniera autonoma, in modo che apparisse come un’unica, enorme, fonte di luce. Questa lanterna gigantesca posta all’interno del contenitore di vetro richiama lo sguardo e crea un’immagine che si imprime nella memoria con facilità. Siamo anche stati in grado, attraverso questa illuminazione d’effetto, di ricavare gran parte della luce funzionale necessaria per il Centro”. Ragionando poi sulla vera natura di una nube,


e intensità di 5000 lm, assicura l’illuminazione generale dello spazio; l’emissione indiretta la integra e crea inoltre un piacevole effetto grafico sul soffitto. La sicurezza dei partecipanti agli eventi che si svolgeranno in questo spazio è aumentata anche dagli incassi Ledplus sui gradini dell’auditorium. Altri incassi, Reflex in questo caso, illuminano la parte sottostante il ballatoio della sala convegni, dove l’illuminazione creata dalle sospensioni viene intercettata dalle strutture aggettanti e non arriva quindi con la stessa intensità. L’apparecchio speciale è inoltre utilizzato nel Concourse, cioè nel grande spazio che corre attorno alle salette che si trovano nel piano

Ethereal light The Architecture and lighting design of the Cloud, the revolutionary New Convention Centre in Rome

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n October 29, 2016, the New Convention Centre in Rome has been finally inaugurated, after a troubled genesis and a development period that lasted over 15 years. The building, known to all as the Cloud, was designed by Studio Fuksas – Doriana and Massimiliano Fuksas, winner of the competition for this new multifunctional centre in 2000. The cornerstone was laid seven years later, and in 2013 the whole project went close to be abandoned for good due to the budgetary problems of the Municipality of Rome. Furthermore, the cost – about 239 million euros, which has been considered excessive by many – raised much controversy. Nevertheless, the Cloud has been now successfully completed, and it is already one of the milestones of the renewal and enhancement of the EUR district. Built in the thirties for the Universal Exposition, the EUR district was never completed due to the outbreak of World War II. The project, based on a set of orthogonal axes, was entrusted to the architect Marcello Piacentini (Rome, 8 December 1881 – Rome, 18 May 1960), whose rationalist ideals are well embodied in a few buildings that stand out in an urban setting that was otherwise

sottostante all’auditorium vero e proprio, dove si è optato per una temperatura colore di 4000 K. In quest’area sono stati inoltre installati incassi Easy per l’illuminazione d’emergenza. Tutti gli apparecchi (oltre 1.300 punti luce in totale per le aree destinate al pubblico) sono dotati di elettronica DALI e sono controllati dal sistema Philips Dynalite. L’illuminazione viene così gestita in base alle condizioni ambientali e agli eventi in corso. Ben lontano dall’essere un mero esercizio di stile, il Roma Convention Center si fa già notare per la sua particolare estetica ma, soprattutto, per la grande cura progettuale posta nella realizzazione di ogni dettaglio. Photo © Maurizio Marcato

Bradshaw aggiunge: “Le nuvole non sono affatto statiche. Hanno toni, texture, movimento e zone di ombra e luce. È una parte essenziale del loro carattere. Abbiamo quindi pensato di aggiungere una trama effimera alla copertura utilizzando una variazione continua dei toni di luce, combinati con uno shadowing accuratamente elaborato”. Prima dell’installazione, al fine di raggiungere il risultato auspicato, sono stati fatti ben due mock-up su grande scala per testare le luci e per capire come potesse reagire la copertura traslucida. Sono stati provati diversi prodotti e tutti sono stati testati analizzandone la qualità della luce e del colore, e alla fine la scelta è ricaduta sui proiettori Desire di ETC. Questi apparecchi sono programmati per variare dolcemente i toni del bianco e sono ideali per creare l’effetto di una nube in movimento o della nebbia che cala improvvisa. Questi proiettori sono stati installati in modo da non interrompere le linee fluide dell’architettura. Per altri spazi la scelta è ricaduta su prodotti dell’italiana iGuzzini. La zona di ingresso esterna è stata illuminata con Maxiwoody Compact di iGuzzini: il piano stradale è illuminato da proiettori installati sulla facciata vetrata a 14 metri di altezza. Sono stati utilizzati apparecchi con ottica spot che producono a terra un illuminamento di 50 lux, il livello richiesto per la sicurezza dei visitatori. Per l’auditorium all’interno della Nuvola, iGuzzini ha addirittura realizzato un prodotto speciale, un proiettore a sospensione che ha una doppia emissione up/down. La struttura formale, essenziale e leggera dell’apparecchio produce due tipi di effetti nell’auditorium: l’emissione diretta, con temperatura colore di 3000 K, ottica medium

completed just before the 1960 Olympic Games. After its falling into a semi-oblivion, the EUR district is now once again a lively and attractive area, as shown by the fact that the fashion brand Fendi chose the Palazzo della Civiltà Italiana – the so-called Square Colosseum – as its new headquarters. Furthermore, the EUR-Park will soon be re-opened and a new large aquarium, the Mediterraneum, will be inaugurated. The Cloud is thus part of this atmosphere of fervent activity and desire for renewal. Thanks to its appearance, which cleverly combines an organic shape with clear-cut geometric volumes, this new building stands out and attracts attention. The architectural complex consists of three structures: the Blade – which is completely independent from the others and houses a 339 rooms hotel –, the Theca and the Cloud. The Theca, which is impressive for its dimension – 40 meters high, 70 meters wide and 175 meters long –, works as a “container” for the organic volume of the auditorium. The Cloud is a free structure covered with a special fiberglass cloth that wraps its steel structure, giving it a light and ephemeral appearance. Inside, the seats are

distributed in the stalls and in the gallery. The walls are entirely cladded with American cherry panels, thus ensuring an excellent acoustic comfort. The whole Convention Centre can seat more than 9,000 people: 1,800 in the main auditorium and 6,000 in the other conference rooms and public areas. The Cloud is equipped with an energy-saving air conditioning system that works in accordance with the actual crowding of the rooms. Furthermore, photovoltaic elements have been installed on the external covering of the Theca, thus allowing the natural production of electricity. Once again, a thorough architectural design cannot be separated from a mindful study of the lighting. Each artefact has to “live” even during the night, changing its appearance while maintaining its distinctive characteristics. Talking about the importance of lighting in architecture, Massimiliano and Doriana Fuksas said: “We strongly believe that light is one of architecture certainties. Without the light there would be no space, no colours: nothing but darkness. Light, being it natural or artificial, is the first element we think about when we design. The artificial light, coming from the inside of a building and not from the outside, has always been of great importance in our architecture. At night, buildings are like lamps that magically light up.” The lighting design of the Cloud has been entrusted to Speirs + Major, among the most appreciated design firms in the world. DESIGNING LIGHT / LUCE 319

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Proiettore a sospensione con doppia emissione up-down specificatamente realizzato per l'auditorium della Nuvola da iGuzzini / Hanging projector lamp with double up-down emission specifically designed by iGuzzini for the Cloud auditorium

Maxiwoody Compact by iGuzzini: the street is lit by projectors installed on the glass facade at a 14 meters height. The chosen spot-optic devices ensure a 50 lux lighting on the ground, as required for the safety of visitors. For the auditorium in the Cloud, iGuzzini specially created a custom product: a hanging projector with a double up/down emission. The formal, essential and light structure of this unit produces two kinds of effects in the auditorium: the direct emission – with 3000 K colour temperature, medium optics, and a 5000 lm intensity – ensures the overall lighting of the space, while the indirect emission integrates it, furthermore creating a pleasing visual effect on the ceiling. The safety of those attending the events taking place in this space is also enhanced by the Ledplus recessed lights inserted in the auditorium steps. The Reflex recessed devices illuminate the area underlying the balcony of the convention hall, where the lighting provided by the hanging lamps is limited by the protruding structures. The special appliance is also used in the Concourse, the large space that runs around the smaller rooms that are located underneath the auditorium itself, where a colour temperature of 4000 K was chosen. In this area, the emergency lighting is provided by Easy recessed devices. All units (over 1,300 light points in the all public areas) are equipped with DALI electronic and are monitored by the Philips Dynalite system. The lighting is thus managed according to environmental conditions and ongoing events. Far from being a mere exercise in style, the New Rome Convention Centre stands out for its unique aesthetic, but above all for the great care put in the design of every detail.

Photo courtesy iGuzzini

The team immediately noticed that the main features of the Centre were its exuberance, its translucency and its opening to the outside. Thus, they decided from the very beginning to create an identity that would have been strong enough even during the night, mainly working on the exaltation of the internal Cloud. Speirs + Major Principal Keith Bradshaw explains: “As the heart of the project, our focus was on revealing and enhancing the distinctive organic nature of the Cloud in juxtaposition to the rigidly orthogonal Theca. By taking a macro view on the project, we had the idea that

the Cloud – in its entirety – could be self-illuminated so as to behave as if it were a single (gigantic) source of light. This incredible glowing light-form suspended within the Theca would draw the eye through the glazed screen, creating a fabulously memorable external tableau. Even better, we were able to prove that this thematic lighting effect would provide the majority of the pragmatic light needed for the functional operating of the centre.” Considering the true nature of a cloud gave the designers further ideas, as explained by Keith Bradshaw: “Clouds are by no means static. They have tones, textures, movement and areas of light and dark. Shade is an essential part of their character. Adding subtle texture to the ‘Cloud’ by using continuous variation in the tones of light, combined with carefully designed shadowing that makes use of the complex three dimensional steelwork, would bring a huge amount of depth and interest to people’s experience of the space.” In order to achieve the desired outcome, two large-scale mock-up were used for testing different lights and to fully understand how the translucent cladding could react. After having tested several products and analysed the quality of the light and colours, the choice finally fell on Desire projectors by ETC. These appliances – which were installed so as to not interrupt the organic lines of the architecture – are programmed to smoothly alternate several shades of white, thus creating the effect of a moving cloud or of a rising fog. iGuzzini products were instead chosen for the other areas. The entrance area has been illuminated with

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¶ PROGETTARE LA LUCE

Il Piano regolatore dell’Illuminazione di Trento di Domenico Ranieri e Giacomo Minotti*

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elaborazione progettuale e pianificatoria del PRIC del comune di Trento – 117 Km2, oltre 114.000 abitanti, uno dei comuni italiani più estesi e popolosi ad essersi dotato di questo strumento – è stata sviluppata in conformità alle prescrizioni del «Piano provinciale di intervento per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento luminoso”. Il Piano si fonda sul controllo della luce non solo per soddisfare le prescrizioni di legge, ma anche per proporsi quale strumento rivelatore delle peculiarità della città, fino al tentativo massimo di carpirne la “personalità”: valenze storiche, architettoniche, ambientali, urbanistiche e della memoria, che spesso s’intrecciano nel costruito senza un ordine preciso. Attraverso il Piano l’illuminazione è intesa come elemento in grado di ricreare l’immagine specifica e riconoscibile del tessuto cittadino, dando forma e rilievo ai punti di forza che la rendono riconoscibile. La luce è un elemento importante del paesaggio urbano, fa parte integrante della qualità della vita della città vissuta durante le ore serali dai propri cittadini, che riconoscono ad essa un importante ruolo di aggregazione sociale. La stesura dei documenti che compongono il PRIC, ha ricalcato quanto richiesto dalla Provincia di Trento, nel quale si evidenziano due distinte fasi operative: I. Rilievo della situazione esistente II. Piano di adeguamento e di risanamento.

urbana, sono stati il punto di partenza per uno studio che è andato oltre al censimento degli impianti, che ha saputo cogliere significati e tipicità di ogni singolo contesto. Gli aspetti legati alle analisi dei luoghi e dello spazio urbano sono stati discussi e approfonditi al fine di soddisfare al meglio le esigenze del territorio e le attese dell’Amministrazione comunale. La documentazione del Piano è stata sviluppata su piattaforme “Open-Source”, utilizzando

*Studio Associato GMS

software con sistemi aperti sia per la rappresentazione e l’elaborazione dei dati in ambito GIS, che per la produzione della documentazione non ricompresa in tale ambito, mantenendo una funzionalità e una potenzialità paragonabili ai sistemi proprietari. L’uso di una piattaforma aperta permette un notevole risparmio sui costi per l’aggiornamento e le licenze, ed elimina il vincolo con i produttori dei software proprietari.

Individuazione delle aree omogenee su tutto il territorio comunale e delle particolarità territoriali del centro storico di Trento / Identification of the homogeneous areas on the whole city’s territory and of the peculiarities of Trento’s historical center

Fin dall’approccio preliminare, e durante tutte le fasi di sviluppo del Piano, il confronto fra progettista e Amministrazione comunale ha permesso di porre le basi per uno sviluppo coeso della pianificazione illuminotecnica mirata e consapevole del tessuto urbano. In parallelo, grazie all’analisi degli strumenti urbanistici, si sono individuate le peculiarità della città, attribuendo all’illuminazione il proprio ruolo, nella previsione di interventi specifici da caratterizzare per ogni ambito. La profonda conoscenza del territorio suddiviso in 12 circoscrizioni, e le diversità nella morfologia

Consistenza delle aree omogenee / Consistency of the homogeneous areas Area insediamenti storici / Historical settlements area Perimetro insediamenti storici / Historical settlements perimeter Aree a prevalenza residenziale / Residential areas Aree a prevalenza residenziale di espansione / Residential expansion areas Aree a prevalenza produttiva / Industrial areas Aree a prevalenza produttiva di espansione / Industrial expansion areas Aree a prevalenza commerciale, terziario, ricettiva / Commercial, tertiary, and tourism infrastructures areas Aree a destinazione agricola, a bosco, pascolo e improduttivo / Areas used for agriculture, woodland, pasture and unproductive

Particolarità territoriali / Local peculiarities Evidenze storiche e architettoniche / Historical and architectural highlights Evidenze funzionali / Functional highlights Impianti sportivi / Sport facilities Aree verdi e giardini pubblici / Green areas and public parks Parcheggi principali / Main parking areas Strutture ospedaliere - assistenziali / Hospitals and welfare structures Percorsi ciclabili in progetto / Cycle lanes in project Viabilità in progetto / Roads in project

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Classificazione delle strade ed individuazione delle sezioni geometriche di impianto del territorio comunale di Trento / Roads’ classification and identification of the geometrical sections of Trento’s systems

FASE I Rilievo della situazione esistente Inizialmente si è svolta un’analisi del contesto urbano, storico e spaziale, per definire nuovi criteri tecnici e qualitativi per gli impianti di illuminazione pubblica ed una vera e propria strategia urbana della luce, con l’intento di restituire a Trento un’illuminazione rispettosa dei suoi luoghi più densi di tradizione e significato, anche in termini di rispetto dell’ambiente e di risparmio energetico. Lo svolgimento di un censimento accurato di tutti gli impianti e l’osservazione diretta dei luoghi, ha portato alla piena conoscenza del “sistema illuminazione” e al suo rapporto con tutti gli scenari urbanistici riscontrabili all’interno della città. Il censimento degli impianti include 17.915 punti luce di proprietà comunale, 33.828 apparecchi di proprietà terzi, 5.946 apparecchi dedicati all’illuminazione di gallerie, oltre a 49 insegne luminose, per un totale di 57.738 punti luce. Il rilievo è stato effettuato con dispositivi di mappatura in ambienti GNSS (sistema satellitare globale di navigazione) mantenendo l’accuratezza necessaria in ambiente GIS. I dati così acquisiti sono stati post-processati per la riduzione dell’errore di posizione. In seguito è stato possibile posizionare ogni singola entità all’interno della cartografia geo-referenziata con sistema di riferimento noto. 76

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La posizione è stata espressa in coordinate geografiche, Latitudine e Longitudine con ellissoide di riferimento WGS84. La conoscenza della posizione geografica, ha permesso di “legare” ciascun apparecchio a un dato numerico fisso, direttamente riscontrabile nello spazio, rendendo così la generazione di un nuovo layer, “l’impianto di illuminazione”. L’utilizzo di tecnologia GIS permette di aggiornare il database rappresentato e la sovrapposizione con gli strumenti di pianificazione e le strutture impiantistiche presenti sul territorio. L’analisi dettagliata degli impianti, sia dal punto di vista tecnico che manutentivo, e il rilievo geometrico delle singole aree illuminate, ha generato un abaco delle tipologie composto da 1.289 differenti aree illuminotecnicamente omogenee. L’analisi ha permesso di valutare i parametri illuminotecnici (illuminamento e/o luminanza) ed elettrici, la potenza installata (kW), il profilo di funzionamento (ore di esercizio) in modo da ricavare il coefficiente di efficienza energetica “ŋ”. Per i soli apparecchi diffondenti, si è quindi valutato l’indice di illuminamento disperso (o molesto) “KILL”, dato dal rapporto tra l’illuminamento disperso complessivo e l’illuminamento efficace prodotto. Per ognuna delle 1.289 tipologie individuate si è redatto il modello A (Soluzione conforme) o B (Soluzione calcolata), secondo le caratteristiche

degli impianti. Infine, partendo dai risultati dell’analisi della conformità legislativa e dello stato di conservazione, si sono individuati “differenti” Indici di priorità come diretta conseguenza della verifica dei modelli A e B. Per tutti gli apparecchi non compresi in un tipologico o area illuminotecnicamente omogenea, l’individuazione della priorità ha tenuto conto dello stato di conservazione, della classificazione degli apparecchi e del flusso luminoso disperso sopra il piano dell’orizzonte e della sorgente luminosa presente. FASE II piano di adeguamento e di risanamento La fase II del PRIC racchiude le linee-guida per il progressivo adeguamento degli impianti di Pubblica Illuminazione di tutto il territorio, oltre agli interventi specifici per ogni singolo ambito non conforme. Il Piano fornisce gli elaborati generali di pianificazione con l’individuazione delle tipologie di apparecchio di illuminazione e di sorgente luminosa, non imponendo un’unica soluzione progettuale, ma proponendo delle alternative che tengano conto della situazione esistente e della volontà dell’Amministrazione comunale. Le ipotesi di adeguamento si traducono inoltre in un’analisi energetica ed economica dei possibili interventi, risultato di una pianificazione coordinata su tutto il territorio comunale.


Dall’individuazione degli indici di Priorità, scaturisce una scala gerarchica operativa per organizzare le future riqualificazioni, partendo dalle situazioni più critiche. Le differenti tipologie sono definite in relazione alla destinazione funzionale degli impianti e all’area omogenea cui sono destinati, relativamente agli apparecchi di illuminazione, i sostegni e le sorgenti luminose, e le loro applicazioni specifiche. Tutti gli interventi si traducono dunque in potenziale risparmio energetico, grazie al rinnovo, l’adeguamento e l’ottimizzazione degli impianti, applicando le nuove tecnologie a LED che il mercato permette e permetterà di utilizzare. Gli investimenti necessari per la riqualificazione degli impianti richiedono l’individuazione di strategie progettuali e finanziarie in linea con le possibilità di intervento, e le criticità riscontrate. Le stime economiche sviluppate, si basano su indicatori parametrici legati alle differenti soluzioni proposte e sono indicative di azioni che necessitano una progettazione adeguata alla legislazione provinciale. La fase II si conclude con lo studio di 57 siti di particolare pregio artistico/architettonico tra i più significativi del centro storico di Trento. L’attenta analisi dell’ambiente cittadino e dei contesti presi in considerazione, è divenuto stimolo per ricercare e proporre una metodologia progettuale di pianificazione per certi versi non convenzionale, in grado di connotare mediante la luce il territorio stesso in modo univoco ed inconfondibile, realmente traducibile in una sorta di “guida alla lettura” dei differenti luoghi oggetto di pianificazione. La metodologia progettuale utilizzata si fonda sul controllo delle luminanze e dei contrasti in relazione alla collazione dei siti. L’adozione della funzione strutturante del contrasto nel dimensionamento progettuale presuppone in primis la piena comprensione che non occorrano livelli di illuminamento elevati per ottenere una buona percezione dei siti stessi, ma in assoluto il controllo dei gradienti di luminanza tra oggetto (sito da illuminare), sfondo e ambiente limitrofo, affinché il target sia opportunamente percepito rispetto al proprio background. L’obiettivo ultimo è quello di “posizionare”, ossia di determinare la tipologia di ambiente luminoso percepita, a favore di una progettazione consapevole, ovvero sensibile anche in termini di percezione, dei vari contesti cittadini. Obiettivi e finalità del Piano Se tra gli obiettivi del PRIC è posto in primo piano il concetto di “sviluppo organico” del territorio per criteri omogenei di scelta delle tipologie di illuminazione (corpi illuminanti e relative sorgenti luminose), il rilievo del colore della luce e dunque dei diversi scenari notturni di Trento ha rappresentato un’ulteriore opportunità di valutazione del sito. Per i nuovi interventi di progettazione il PRIC fornisce un orientamento guida anche nella scelta del colore della luce dei tratti viari che caratterizzano il territorio comunale, affinché tutti gli eventuali interventi successivi propri della stratificazione urbana possano essere incanalati secondo principi univoci, capaci di fornire collegamenti omogenei, identificativi propri e riconoscibili sul territorio stesso.

Stralcio del censimento degli impianti di illuminazione pubblica del centro storico e aerogrammi esemplificativi dei dati raccolti / Part of the survey of public lighting systems in the historical center and exemplifying aerograms of collected data

PROPRIETÀ COMPLESSI ILLUMINANTI / LIGHTING SYSTEMS PROPERTIES

CENSIMENTO SORGENTI LUMINOSE / LIGHT SOURCES CENSUS

CLASSE APPARECCHI DI ILLUMINAZIONE / LIGHTING FIXTURES CLASS

CENSIMENTO LINEE DI ALIMENTAZIONE / POWER LINES CENSUS

Sorgenti luminose / Light sources Alogenuri metallo / Metal halides Sodio ad alta pressione / High Pressure Sodium Sodio a bassa pressione / Low Pressure Sodium Vapori di mercurio / Mercury vapour LED

Incandescenza / Incandescent Ad alogeni / Halogen Fluorescente / Fluorescent Sorgente non rilevata / Undetected source

DESIGNING LIGHT / LUCE 319

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Tipologia apparecchi di illuminazione – Linee guida di pianificazione e stralcio del centro storico / Types of luminaires – Design guidelines and part of the historical center

Tipologia apparecchi di illuminazione / Types of luminaires Apparecchio decorativo su palo, mensola o a sospensione / Decorative luminaire on poles, shelves or suspended Apparecchio per illuminazione d'accento / Accent lighting devices Apparecchio per illuminazione funzionale portici e gallerie pedonali / Lighting devices for pedestrian arcades and galleries

In tal senso, la pianificazione proposta, oltre ad eliminare le possibili incongruenze di alcune scelte che si possono operare nel tempo, adotta il colore della luce come utile strumento di delimitazione e campitura del territorio comunale. Le soluzioni illuminotecniche sono fondate su obiettivi primari quali il massimo comfort visivo per i fruitori del territorio comunale di Trento, il contenimento dell’inquinamento luminoso, ed una progettazione coordinata su tutto il territorio. La sostituzione di impianti datati con nuove soluzioni tecnologicamente all’avanguardia, permetterà di raggiungere importanti risultati in termini energetici, quindi economici, migliorando al contempo il servizio di illuminazione reso. La ricerca degli effetti luminosi e delle soluzioni tecniche più idonee assume significato solo dopo aver accuratamente controllato che le scelte operate siano il prodotto di una proposta realmente integrata nel tessuto cittadino. Il Piano della Luce vuole dotare il territorio comunale di Trento di tecniche e tipologie di intervento utili alla creazione di scenari notturni fruibili, funzionali, suggestivi, nel rispetto della normativa esistente in materia di illuminazione pubblica. E, come ha dichiarato l’ing. Bruno Delaiti, dirigente del Servizio Opere di urbanizzazione primaria del Comune di Trento: “Con l’approvazione del PRIC il Comune di Trento ha adottato lo strumento di pianificazione e regolamentazione degli impianti di illuminazione pubblica. Il Piano, oltre a fotografare la situazione attuale, si rivelerà utile per una corretta gestione e pianificazione degli interventi di adeguamento normativo e di riqualificazione energetica. L’Amministrazione Comunale e i professionisti di settore avranno la possibilità di confrontarsi sulle linee guida per i futuri interventi, garantendo uno sviluppo omogeneo della città di Trento”. 78

LUCE 319 / PROGETTARE LA LUCE

Trento’s Lighting Plan T

he design of Trento’s Lighting Plan (PRIC) – 117 Km2, over 114.000 citizens, one of the largest and most populated Italian cities to adopt this tool – was developed in compliance with the requirements of the “Piano provinciale di intervento per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento luminoso” (Provincial plan for the prevention and reduction of light pollution). The Plan is based on light control not only to comply with laws’ requirements, but also to propose itself as a tool that reveals the city’s peculiarities, up to the maximum attempt of figuring out its “personality”: historical, architectural, environmental, urban and memory-related values, which frequently intertwine in the built environment without a precise order. Through the Plan, lighting is considered as an element capable of recreating the specific and recognizable imagine of the urban pattern, conferring shape and importance to the elements that make it recognizable. Light is an important element of the urban landscape, it is a fundamental part of the quality of the city lived during the night by its citizens, whom recognize its relevant role in social gathering. The development of the documents that make up the PRIC, was performed according to the requirements of the Provincia di Trento, in which two different operative phases are highlighted: I. Survey of the existing condition II. Compliance and renovation Plan. Even from the preliminary approach and during all the phases of the Plan’s

development, the debate between the designer and the city’s Administration allowed to lay the foundations for a cohesive development of a lighting design focused and aware of urban pattern. In parallel, thanks to the analysis of urban plans, the city’s peculiarities were identified, conferring to light its role, planning specific interventions to be characterized for each setting. The deep knowledge of the territory divided into 12 precincts and the differences in the urban morphology, were the starting point for a study that went beyond the system’s survey, that was capable of catching the meaning and peculiarity of each context. The aspects linked to the analysis of places and of the urban environment were discussed and deepened to satisfy in the best possible way the territory’s needs and the expectations of the city’s Administration. The Plan’s documents were developed on “Open-Source” platforms, using open system software both for data representation and processing in GIS environment, and for the development of the documents not included in it, keeping a functionality and potentiality comparable with proprietary systems. The use of an open platform allows a significant saving of the costs related to the upgrade and licenses, and it deletes the commitment to proprietary software’s manufacturers. PHASE I Survey of the existing condition At the beginning there was an analysis of the urban, historical and spatial context, in order


Tipologia sorgenti luminose – Linee guida di pianificazione e stralcio del centro storico / Types of lamps – Design guidelines and part of the historical center

Sorgenti luminose / Lighting sources Ra > _ 25; 2000K<T<3000K; Efficienza luminosa > _ 90 lm/W Ra > _ 25; 2000K<T<5000K; Efficienza luminosa > _ 90 lm/W

to define new technical and qualitative criteria for public lighting systems and a real light’s urban strategy, aiming at giving back to Trento a lighting that is respectful of the places fuller of tradition and meaning, also in terms of respect of the environment and energy saving. A careful survey of all the systems and the direct observation of places, led to the full knowledge of the “lighting system” and of its relationship with all urban scenarios that can be found inside the city. The systems’ survey includes 17.915 luminaires owned by the city, 33.828 luminaires owned by privates, 5.946 devices dedicated to tunnels’ lighting, in addition to neon signs, for a total number of luminaires equal to 57.738. The survey was carried out with mapping devices in GNSS environment (global navigation satellite system) keeping the necessary accuracy in GIS environment. The data acquired were post processed for the reduction of the position error. Afterward it was possible to place each single unit inside the geo-referenced cartography with a known reference system. The position was expressed in geographical coordinates, latitude and longitude with reference ellipsoid WGS84. The knowledge of the geographical position, allowed to “link” each luminaire to a fixed number, directly verifiable in the space, thus allowing the generation of a new layer, “lighting system”. The use of the GIS technology allows to update the represented database and the overlay with plans and systems present on the territory. The detailed analysis of the systems, both from a technical and maintenance point of view, and the geometrical survey of the single lit areas, determined a types’ abacus made of 1.289 different lighting-homogeneous areas.

Ra > _ 80; 4000K<T<5000K; Efficienza luminosa > _ 80 lm/W Ra > _ 70; 3000K<T<4000K; Efficienza luminosa > _ 80 lm/W Ra > _ 65; 4000K<T<4500K; Efficienza luminosa > _ 80 lm/W

The analysis allowed to evaluate lighting parameters (illuminance and/or luminance) and electric ones, the installed power (kW), the operating schedule (operating hours) in order to determine the energy efficiency coefficient “ŋ”. Only for diffusing luminaires the scattered (or discomfort) illuminance index “KILL” was calculated, which is represented by the ratio of the global scattered illuminance to the produced efficient illuminance. For each one of the 1.289 identified types, the A (compliant solution) or B (calculated solution) models were filled, according to the systems’ characteristics. In conclusion, starting from the results of the analysis of the regulatory compliance and state of preservation, different priority “indices” were identified as a direct consequence of the A and B models’ check. For all the luminaires not included in a homogeneous lit type or area, the priority selection considered the state of preservation, the luminaires› class, the luminous flux scattered above the horizon and the lamp type. PHASE II Compliance and renovation plan The II phase of the PRIC includes the guidelines for the gradual compliance of Public Lighting systems present on the territory, in addition to specific actions for each single not compliant field. The Plan provides the general plans with the identification of the luminaires and lamps types, not imposing a single design solution but providing options that take into account the existing condition and the will of the city’s Administration. Moreover, the compliance hypotheses translate into an energy and economic analysis of the possible actions, result of an organized planning on the whole

city’s territory. From the identification of the priority indices, derived an operating hierarchical scale to organize the future renovations, starting from the critical situations. The different types are defined according to the systems’ use classification and homogeneous area to which they are destined, as regards luminaires, supports and lamps, and their specific applications. Thus, all the actions determine a potential energy saving, thanks to the renovation, compliance and optimization of the systems, by applying new LED technologies that are or will be available on the market. The necessary investments for systems’ renovation require the selection of design and economic strategies in line with actions’ possibilities, and with the critical points identified. The developed economic evaluations, are based on parametric indices linked to the different proposed solutions and are indicative of actions that require a design that is compliant with provincial regulations. The II phase ends with the study of 57 sites with a particular artistic/architectural value among the most significant ones in Trento’s historical center. The careful analysis of the urban environment and of the analyzed context, became a stimulus to research and propose a design methodology in some ways unconventional, capable of characterizing the territory in a unique and unmistakable way with light, that can really be translated into a sort of “reading guide” of the different places that were the design’s object. The applied design methodology is founded on luminances’ and contrasts’ control according to the sites’ collation. The adoption of contrast as an organizing DESIGNING LIGHT / LUCE 319

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Individuazione dei 57 siti del centro storico oggetto di analisi dei contrasti di luminanza e particolare di analisi della facciata della Cattedrale di San Vigilio, Duomo di Trento / Identification of the 57 sites of the historical center, which underwent an analysis of luminance contrast and part of the analysis of the facade of the San Vigilio’s Cathedral, Trento’s Dome

function in the design sizing supposes first of all the complete comprehension that there is no need of high illuminance levels to obtain a good perception of the sites, but overall the control of luminance gradients between the object (the site to be lit), background and neighboring environment, in order to achieve an appropriate perception of the target compared to its background. The final aim is to “place”, in other words to determine the type of perceived luminous environment, in favor of an aware design, sensitive also in terms of perception of the several urban contexts. Goals and objectives of the Plan If among the PRIC’s objectives the concept of “organic development” of the territory according to homogeneous criteria for the choice of lighting types (luminaires and related light sources) is in the spotlight, the survey of light’s color and thus of Trento’s different nighttime scenarios represented a further opportunity for sites’ evaluation. 80

LUCE 319 / PROGETTARE LA LUCE

For new designs, the PRIC offers guidelines for the choice of the light’s color of the roads that characterize the urban territory, so that all the eventual following interventions can be directed according to univocal principles, capable of providing homogeneous, recognizable and peculiar links. In this sense, the proposed planning, in addition to the removal of the possible inconsistencies that could happen during time, adopts the color of light as a useful tool to delimit and paint the city’s territory. The lighting solutions are founded on fundamental objectives such as maximum visual comfort for the city’s users, containment of light pollution, and a coordinated design on the whole territory. The replacement of systems’ with new up-to. date solutions, will allow to achieve important results in energy, and thus also economic, terms while improving the lighting service provided. The research of luminous effects and of the most appropriate technical solutions acquires

meaning only after the careful control that the choices made are the product of a proposal that is truly integrated with the urban pattern. The Lighting Plan aims at equipping Trento’s territory with intervention techniques and types useful for the development of usable, functional, evocative nighttime landscapes, in compliance with the existing legislative framework in the field of public lighting. As stated by Eng. Bruno Delaiti, manager of the Primary Infrastructure Works of the City of Trento: “With the approval of the PRIC, the Municipality of Trento has adopted the planning and regulation tool of public lighting systems. The plan, in addition to depict the current situation, will prove useful for the proper management and planning of regulatory upgrading operations and energy requalification. The City Council and the professionals will have the opportunity to discuss the guidelines for future interventions, thus ensuring the harmonious development of the city of Trento.”


Photo © Valentina Sommariva

¶ PROGETTARE LA LUCE

Appuntamento in via Monte Napoleone Luce, eleganza e accoglienza a Palazzo Gavazzi

Photo © Valentina Sommariva

di Andrea Calatroni

LIGHT DESIGN / LUCE 319

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Photo © Valentina Sommariva

O

gni città è rappresentata, o è immaginata, da uno o più simboli. Per Milano questi sono il design, la moda, la cucina e l’ospitalità, ma anche altri, e da sempre la città è meta di un turismo molto legato a questi elementi, definiti geograficamente da due quadrilateri. La strada della Moda per tutto il mondo è Via Monte Napoleone, al centro della quale l’omonima Associazione, che rappresenta oltre 130 associati, in partnership con Ferrari Spa, ha creato la MonteNapoleone VIP Lounge, avvalendosi dell’esperienza di due raffinati architetti: Ignazio Galante e Niccolò Menichini. Questo luogo è una nuova idea di accoglienza per clienti internazionali che sono abituati a un alto e dinamico stile di vita, e la MonteNapoleone VIP Lounge è la prima al mondo nel suo genere. Offre servizi esclusivi, dal concierge dedicato agli experience tours, dalla privata fitting room a personal shopper specializzati; prenotazioni per anteprime, gala di beneficienza, sfilate, spettacoli teatrali, o di auto o di voli, o cura personale, e assistenza per le operazioni di check-in e per le formalità di rimborso IVA e Tax Free. "Una serie di servizi per i nostri clienti", ha spiegato il presidente Guglielmo Miani, "mai riuniti prima nello stesso ambiente e in un unico momento".

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LUCE 319 / PROGETTARE LA LUCE

Tutto questo ha luogo nell’elegantissimo cortile di Palazzo Gavazzi, costruito nel 1938 dall’architetto Luigi Clerichetti. Attraversato il grande portone d’ingresso, si accede a un quadriportico Neoclassico con il tipico acciottolato lombardo e paraste tuscaniche. L’ingresso della Lounge, vetrato e arretrato, accoglie l’ospite in una piccola e sofisticata reception, definita da lastre in ferro cerato abbinato a del Botticino rigato e da un complesso sistema di tendaggi in lino grezzo come fondale. Già qui si percepisce una delle caratteristiche principali del luogo, il gioco della luce su materiali e texture diverse. L’illuminazione, naturale e artificiale, è il nucleo del progetto: grazie a un attento studio nella disposizione delle sorgenti, visibili e invisibili, le trame e i colori vibrano e prendono consistenza. Le lampade disposte nei vari ambienti sono parte della collezione IC Lights disegnate da Michael Anastassiades per Flos. A destra e a sinistra della reception si aprono due ampie sale dai toni caldi e dai materiali soffici che rivestono mobili e pareti. Una è illuminata da un’alta finestra che porta luce all’interno e da due piantane in ottone che ne rimarcano la funzione. In questo spazio la parete vetrata di fondo, in specchio a riquadri, dilata la percezione dello spazio raddoppiandolo. L’altra sala

invece è definita dalla scala e dal soppalco in lamiera, entrambi esistenti e recuperati in ogni dettaglio funzionale, si tratta di un secondo living caratterizzato dall’abbondante illuminazione naturale che irrompe e dilaga dalle finestre su Via Bigli. Dall’avvolgente scala in metallo si accede al piano superiore, diviso in due ambienti definiti da pochi elementi ma dal forte impatto visivo, come la lunetta vetrata sottolineata da una storica Taccia di Achille e Pier Giacomo Castiglioni o la parete a specchio. Il trait d’union tra questi ultimi ambienti è una suggestiva coppia di chandelier su disegno degli architetti, in ottone e canne in vetro, che diffondono nell’ambiente a volta una sorprendente luce unificante. Il disegno delle sospensioni, e in generale dell’atmosfera, è un garbato omaggio a Piero Portaluppi e Gio Ponti, ai loro interni alto borghesi degli anni ’50, nei quali spiccavano elementi luminosi dal disegno semplice ma dai materiali ricchi e ricercati. Tutti gli arredi scelti da Galante-Menichini, prodotti da Molteni & C. (in collaborazione con i Gio Ponti Archives) e AgapeCasa, sono stati decisi basandosi su due criteri precisi: eleganza delle forme e prestigio del design. Tavolini e poltrone disegnate da Gio Ponti e Angelo Mangiarotti, velluti, pelli e marmi sono declinati in una paletta sobriamente perfetta.


Photo © Valentina Sommariva

Rendez-vous in via Monte Napoleone Light, elegance and hospitality in Palazzo Gavazzi

E

A destra e a sinistra della reception si aprono due ampie sale con lampade di Anastassiades per Flos / On the right and on the left of the reception, two large living rooms with lamps designed by Anastassiades for Flos

very city is represented, or imagined, by one or more symbols. In Milan, these are design, fashion, music, food, hospitality, and many others. The city is visited by a tourism connected to these elements, which are geographically defined by two quadrilaterals. All over the world the Fashion street is via Monte Napoleone, and at its centre the homonymous Association, representing more than 130 members, in partnership with Ferrari Spa, has created the MonteNapoleone VIP Lounge, using the experience of two refined architects: Ignazio Galante and Niccolò Menichini. This place is a new concept of hospitality for international clients who are accustomed to a high and dynamic lifestyle. MonteNapoleone VIP Lounge is the first one in the world. It offers exclusive services, from a dedicated concierge to experience tours, from private fitting rooms to highly specialized

personal shoppers. It furthermore offers services such as the possibility to book previews, fundraising events, fashion shows, theatre, flights, cars rental, personal care, and assistance with check-in, VAT and Tax Free refund. “A complete series of services for our clients”, president Guglielmo Miani said, “ever assembled in the same place in a single moment.” Everything is based in the charming Palazzo Gavazzi’s courtyard, built by architect Luigi Clerichetti in 1838. Right after crossing the main front door, we enter a Neoclassic portico with its typical Lombard cobbles and Tuscany columns. The Lounge entrance, glazed and slightly backward, welcomes the guests in a small and refined reception, defined by black waxed metal sheet combined with lined Botticino marble and a complex raw linen curtains system as background. The light playing with materials and textures LIGHT DESIGN / LUCE 319

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strong elements, as the large fanlight, the Taccia designed by Achille and Pier Giacomo Castiglioni and the mirrored wall. The trait d’union between these spaces are the two charming custom-made suspensions designed by the architects, made of brass and glass tubes, which spread a surprising unifying light in the vaulted space. The suspensions design, and the atmosphere in general, are a delicate tribute to Piero Portaluppi and Gio Ponti, to their Fifties sophisticated high bourgeois interiors, and to their lighting objects, with their simple design and their rich and refined materials. Galante-Menichini chose all furniture – designed by Molteni & C., in cooperation with Gio Ponti Archives, and AgapeCasa – following two specific criteria: elegant shapes and prestigious design. Side tables and armchairs were designed by Gio Ponti and Angelo Mangiarotti: velvets, leathers and marbles are defined by a perfectly sober palette.

Photo © Daniele Della Lucia

Piano superiore dela VIP Lounge, con coppia di chandelier su disegno degli architetti / The upper level of the VIP Lounge, with the two chandelier designed by the architects

is one of the most important characteristics of this place. The lighting, both natural and artificial, is the project core: thanks to a precise study for the placement of lights – visible or invisible –, weaves and colours vibrate and take consistency. The lamps in the rooms are from the IC Lights collection designed by Michael Anastassiades for Flos. On both sides of the reception are two large livings, with their warm tones and soft materials wrapping walls and furniture. One is lit up by a large window and by two brass floor lamps, underlining its function. In this space, a squared mirrored back wall expands space perception, doubling it. The other is defined by the existing metal stairway and mezzanine, renewed in all functional details. It is a second living filled with the natural lighting coming from the large windows facing via Bigli. The wrapping metal stairway leads to the upper floor, which is divided into two smaller livings defined by few

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LUCE 319 / PROGETTARE LA LUCE


Con questo numero di LUCE inizia un racconto composto da vari capitoli, ciascuno dedicato all’ideazione e alla costruzione di una tipologia di sorgente luminosa definita. ››› Come nasce un prodotto? ››› Chi lo progetta? ››› Come viene costruito? Possono sembrare domande ovvie anche agli addetti ai lavori, ma non lo sono le risposte.

¶ MAKING OF

Cells, ispirato alla natura di Andrea Calatroni

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renderla massimamente flessibile e componibile. In una parola: universale. Si è iniziato a lavorare sulle connessioni laterali, sui fissaggi e sui cablaggi. È stato fatto un grande lavoro per semplificare e ottimizzare i passaggi di montaggio. Da subito, lo studio e la realizzazione del diffusore e dei riflettori è apparsa come la parte più complessa da elaborare: dovevano essere il risultato di varie competenze interconnesse, quali ingegneria dei materiali, product design, ottica

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li avanzamenti della tecnica e della tecnologia portano con sé grandi cambiamenti di approccio e valutazioni importanti; nuovi materiali, più performanti e sofisticati, impensabili solo pochi anni fa, si stanno sempre più diffondendo, cambiando la percezione del prodotto. Cells nasce da un’idea di Mark Major e Benz Roos, un’intuizione arrivata osservando la natura da vicino per comprenderne i complessi meccanismi ottici ed estetici. Qualche riga tracciata sulla carta, un’idea tanto essenziale quanto efficace ed efficiente di diffusione della luce: da questo momento si avvia la complessa macchina industriale, i primi studi di fattibilità della semplice complessità di Cells da parte di Reggiani Illuminazione. Speirs + Major sintetizzano così Cells: “non sovra-progettato, ma ben progettato”. Per il disegno di questo apparecchio lo Studio si è ispirato alla struttura cellulare dell’occhio della libellula, un design basato sull’uso di una griglia modulare di lenti che compongono e direzionano la luce. Il gruppo di progettazione istituito in azienda è partito dalla scatola in alluminio e come

e illuminotecnica. Ogni disciplina ha messo a punto una parte dell’oggetto in un’ottica di progettazione integrata, di continuo confronto e interazione. La fase successiva, la prototipazione, è stato un lungo processo di messa a punto di ogni singolo aspetto funzionale, estetico e materico. La luce è un materiale delicato, ogni piccola variazione incide sulla sua qualità, la sua resa cromatica e performance. Il concept di prodotto puntava a ottimizzare l’illuminazione, sia negli interni che in spazi esterni, quali aree comuni come scale, passaggi o parcheggi. Grazie alla molteplicità di distribuzioni e collimatori ottici si possono generare diverse tipologie di luce (diffusa, direzionale o wall washer) a seconda del contesto in cui è inserito o del progetto del lighting designer. Il diffusore assicura l’illuminazione necessaria, minimizzando le dispersioni ed evitando il superamento delle soglie di comfort visivo. Cells è composto da una matrice di sedici Led combinata con i rispettivi riflettori che possono essere configurati nelle diverse modalità evidenziate. Due elementi fissi compongono l’apparecchio: MAKING OF / LUCE 319

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Cells, inspired by nature A story composed of several chapters starts from this issue, each focusing on the creation and construction of a specific lighting source. How is a product conceived? Who designs it? They may seem obvious questions, even to insiders, but the answers are not

T il primo è la scatola a muro in alluminio stampato (disponibile in tre finiture); il secondo è il diffusore in policarbonato (trasparente o opalino). La variabile tecnologica è data dai diversi schemi di collimatori che possono essere collocati in corrispondenza delle singole sorgenti Led. Questi sono stati sviluppati in vari formati (conici, rettangolari o asimmetrici): la scelta compositiva finale sta al designer, che, seguendo la propria idea, modella la direzione e l’intensità della luce. Il prodotto, nelle intenzioni di Speirs + Major, vuole rispondere a precise e indispensabili esigenze di resistenza, flessibilità d’uso, installazione e performance, pur rimanendo esteticamente minimale e variamente personalizzabile. Tutto questo è stato previsto nel concept iniziale, quali elementi principali del processo di ingegnerizzazione: dalla meccanica progettata per un’istallazione veloce al sistema ottico in grado di fornire soluzioni avanzate e specifiche. Comporre Cells è come

giocare con i mattoncini Lego, componibile e moltiplicabile liberamente, all’infinito o quasi. Il risultato è un apparecchio compatto, caratterizzato dall’estetica “industriale” della base in alluminio in contrasto con la leggerezza del diffusore, dall’elevata resistenza agli urti e la cui perfetta trasparenza consente un’elevata trasmissione della luce, ottimizzandone la performance. Il progetto prevede inserti colorati, che consentono di personalizzare l’estetica, per armonizzarlo o staccarlo dall’ambiente architettonico in cui viene inserito. Speirs + Major e Reggiani hanno ideato un oggetto di estrema versatilità, essenziale come lo sono i progetti di lighting design dello studio londinese, in cui a ogni luogo o funzione corrisponde una sua propria luce. “È un prodotto bello ma accessibile c he ha avuto origine da un ripensamento del modo in cui si illuminano gli spazi urbani difficili”, così Mark Major. Innovare è ripensare il consueto, è la visione laterale del conosciuto.

echnical and technological progresses bring with them major changes in terms of approach and evaluation; new materials, more performative and sophisticated, which were unthinkable a few years ago, are increasingly spreading and changing the product perception. Cells was born from a Mark Major and Benz Roos idea, an intuition that came from a very close observation of nature, an attempt to understand its complex optical and aesthetic mechanisms. A few lines on paper, an idea for light diffusion as much basic as effective and efficient: this is the starting point for Reggiani Illuminazione, its complex industrial process and the first feasibility studies for Cells and its simple complexity. Speirs + Major briefly describe Cells as “not over-designed but properly designed”. For this appliance, the designers took inspirations from the cellular structure of dragonfly eyes, with a design based on a modular grid of lenses that compose and direct the light beams. The company design team started from the aluminium case, studying how to maximize its flexibility and modularity, in order to make it universal. They started by working on lateral connections, fastenings and wirings.

Da sinistra a destra: render di Speirs + Major con simulazione schermo a diffusori conici e schermo trasparente con collimatori rettangolari asimmetrici / From left to right: Speirs + Major render simulating the tapered diffusers screen and the transparent screen with asymmetrical rectangular collimators 86

LUCE 319 / MAKING OF


Schema compositivo con diversi inserti colorati e schizzo per il sistema di connessione e cablaggio / Assemblage with different coloured insertions and sketch for the connection and cabling system

A great job has been done to simplify and optimize all the assembly steps. Since the very beginning, the study and realization of the diffuser and reflectors appeared as the most complex part to develop, since they had to be the result of several interconnected expertises: materials engineering, product design, optics and lighting engineering. Each discipline designed a part of the object within an integrated design vision, in a continuous dialogue and interaction. The following phase, the prototyping, was a long process of finalising every single functional, aesthetical and material aspect. Light is a delicate material: every little variation affects its

quality, colour rendering and performance. The concept aimed to lighting optimization, both in interior and outdoor spaces, such as public areas like stairs, passages or parking lots. Thanks to the multiplicity of distributions and optic collimators, it is possible to obtain different kind of lighting – diffused, directional or wall washer –, in accordance with the context or the lighting designer project. The diffuser provides the required lighting level, minimizing the dispersion and avoiding the overcoming of comfort zone limits. Cells is composed by a sixteen LED grid combined with their own reflectors, which can be set according to the aforementioned

configurations. The appliance is made of two parts: the first one is a moulded aluminium wall case (available in three finishes); the second one is the polycarbonate diffuser (transparent or opaline). The technological variable is given by the different schemes of collimators, which can be placed close to each single LED source. The collimators have been developed in different shapes – conical, rectangular or asymmetric –, and the final choice is up to the lighting designer: in accordance with his own idea, he defines the lighting directions and intensity. In accordance with Speirs + Major intentions, this product answers to specific and essential requirements in terms of resistance, flexibility, installation and performance, all while remaining aesthetically minimal and variously customizable. All this was defined since the early concept, as main parts of the engineering process: from a mechanical system designed for a fast installation, to an optical system able to provide advanced and specific solutions. To compose with Cells is like playing with Lego bricks; modular and multipliable, almost endlessly. The result is a compact fixture, defined by the “industrial” aesthetic of its base contrasting with the lightness of the diffuser, which has a high impact resistance and whose perfect transparency provides the best light transmission and optimized performances. To further customize its appearance the design allows for coloured insertions, in order to harmonize it or detach it from the architecture in which it is placed. Speirs + Major and Reggiani created a highly versatile appliance: essential as the projects of the London lighting design firm, where every place or function has its own light. “It’s a beautiful yet highly affordable product that originated from a re-thinking of the way we illuminate tough urban spaces,” said Mark Major. To innovate is to rethink the usual, it is the side vision of the known. MAKING OF / LUCE 319

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A Milano il futuro non nasce da solo La nuova sede della Fondazione Feltrinelli di Herzog & De Meuron di Silvano Oldani FOUNDATIONS / LUCE 319

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U

importante di valori e ideali condivisi da molto tempo con Inge e Carlo Feltrinelli e la città, ma anche di una grande sfida richiesta dal progetto di luce sofisticato e impegnativo in cui la ricerca e lo studio, la poetica e l’essenzialità tra luce naturale e artificiale, sono stati protagonisti. Siamo a Porta Volta: una lunga area verde pubblica corre lungo la raffinata architettura in vetro e calcestruzzo, dal tetto a cuspide integrato alla facciata che ricorda le cattedrali gotiche, omaggio a Milano e alla sua Cattedrale, con il suo gotico lombardo “trasformato”, allora, matericamente col marmo di Candoglia, ora con il calcestruzzo. S’inserisce con maestria in uno dei quartieri più antichi e affascinanti della città metropolitana, un grande borgo per chi vi abita. I tempi, sorprendenti per l’Italia – quattro Photo © Michele Nastasi

n’idea architettonica, un edificio di vuoti e pieni, di trasparenza e di costante dialogo con l’esterno. “Una sfida con noi stessi” e palinsesto nel quale “la ricerca incontra le persone, dove le arti si esprimono e le idee costruiscono futuri possibili”, ha dichiarato felicissimo Massimiliano Tarantino, segretario generale della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, presentando nell’elegante e luminosissima sala dagli spazi mutevoli lo stupendo nuovo edificio in via Pasubio 5 a Milano, sede, dal 13 dicembre scorso, della Fondazione e progettato dal prestigioso studio di architettura Herzog & De Meuron e illuminato da Artemide. Carlotta de Bevilacqua, emozionata, ha parlato di una “giornata bellissima per Milano e per la cultura”, di un “progetto straordinario che guarda al futuro” con una visione

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anni, due per gli scavi e due per la realizzazione –, e soprattutto un’idea, un pensiero frutto di un incontro occasionale a Londra, in un ristorante, tra Carlo Feltrinelli e gli architetti Jacques Herzog e Pierre De Meuron. Per Artemide – l’azienda di Pregnana Milanese fondata nel 1960 da Ernesto Gismondi, con ben 55 showroom monomarca nelle più importanti città del mondo – non solo è motivo di soddisfazione, ma anche il proseguimento dell’intensa e continua collaborazione con i più grandi architetti italiani e internazionali. Per Milano, un altro importante luogo e spazio culturale, archivio e sentimento di storia e di editoria, d’incontro tra la Fondazione e la città, aperto al pubblico e alle scuole – da gennaio l’avvio della Scuola di cittadinanza europea –, di cui diamo qualche dato per comprenderne il valore e l’impegno non solo architettonico: 200 mila volumi, 17500 collezioni periodiche, 1 milione e mezzo tra carte e documenti. E cosa aggiungere oggi sullo studio Herzog & De Meuron, vincitori del Premio Pritzker nel 2001, davanti a questa meravigliosa architettura di vuoti e pieni, di sequenzialità e trasparenze, e dopo aver anche visto a Londra la Tate Modern nell’ex centrale elettrica di Bankside? Grazie a loro, e grazie a Carlo Feltrinelli e a quell’incontro splendidamente occasionale. La progettazione della luce sì è estesa a ognuno dei cinque piani dell’edificio, per una superficie di 2700 metri quadrati, e Artemide ha saputo sviluppare specifiche soluzioni di luce capaci di dialogare con l’architettura e le differenti destinazioni d’uso degli spazi con proposte flessibili, dinamiche e capaci di definire gli ambienti nei differenti momenti della giornata, assicurando elevate performance tecniche e piacevoli atmosfere luminose. La combinazione di Unterlinden, firmata da Herzog & De Meuron nel 2014, con prodotti tecnici di ultima generazione come i proiettori Picto High Flux illumina con eleganza e ottime


In Milan, the future does not come by itself The new seat of the Fondazione Feltrinelli, designed by Herzog & De Meuron

A

n architectural idea, a building made of voids and solids, transparent and in constant dialogue with the outside world. “A challenge with ourselves,” and a place where “research meets people, where the arts are expressed and ideas build possible futures.” This were the thoughts expressed by Massimiliano Tarantino – general secretary of the Fondazione Giangiacomo Feltrinelli – during the opening, in an elegant and bright room of the beautiful new headquarters of the Foundation. Located in via Pasubio 5 in Milan and opened to the public since December 13th, 2016, the building is designed by the prestigious architectural firm Herzog & De Meuron and illuminated by Artemide. Carlotta de Bevilacqua, thrilled, spoke of a “wonderful day for Milan and culture”, an “extraordinary project that looks to the future” with a major vision of values and ideals shared with Inge and Carlo Feltrinelli and the city, and a great challenge for the sophisticated and challenging lighting project in which research and study, poetry and minimalism, the balance of natural and artificial light, were main characters. We are in the Porta Volta district: a long public green area runs along the refined architecture made of glass and concrete. Its tented roof blends with the facade, in a reminiscence of Gothic cathedrals: a tribute to Milan and its Cathedral, with its Lombard Gothic “revisited” in its matter with Candoglia marble, then, and concrete, now. It fits with mastery in one of the oldest and most fascinating district of the city, a big hamlet for those who live there.

The timing has been surprising for Italy: four years, two for the excavation works and two for the realization. But above all, an idea, a thought born from a chance meeting in London, in a restaurant, between Carlo Feltrinelli and architects Jacques Herzog and Pierre De Meuron. For Artemide – the company founded in Pregnana Milanese by Ernesto Gismondi, in 1960, and now with as many as 55 single-brand showrooms all over the world – , the project was not only a source of satisfaction, but also the continuation of the intense and continuous cooperation with the greatest Italian and international architects. For Milan, it is another important cultural place and space, an archive for history and publishing, a meeting place for the Foundation and the city, open to the public

Photo © Michele Nastasi

performance l’ingresso al Foyer della Fondazione Feltrinelli, la bellissima libreria Feltrinelli e l’accogliente caffetteria al piano terra. Una versione speciale di Ourea nera con tige illumina l’ampio spazio a doppia altezza della sala conferenze polifunzionale dotata di una grandissimo schermo di proiezione, che ospiterà convegni, incontri, rassegne cinematografiche, letture, mostre, installazioni artistiche. Negli ambienti degli uffici del terzo e quarto piano, il sistema Algoritmo, integrandosi all’architettura, definisce un’illuminazione uniforme per gli spazi di lavoro di Uniform – con prodotti di serie o eseguiti specificatamente su disegni dello Studio Herzog & De Meuron in collaborazione con Coima Image –, dove ogni postazione è supportata anche dalle task light Demetra tavolo. Qui troviamo anche la Pipe terra led, aggiornamento della lampada Pipe, primo progetto sviluppato da Artemide con gli architetti Jacques Herzog e Pierre De Meuron e Compasso d’Oro ADI nel 2004. Nella sala lettura all’ultimo piano il progetto illuminotecnico trova la sua massima espressione in termini di emozione e percezione scenica dello spazio dialogando con le grandi vetrate che caratterizzano la struttura dell’edificio, con vista splendida sul quartiere e le sue vie, le storiche case di ringhiera e i loro cortili. Una cascata regolare di più di 100 Unterlinden anima con leggerezza lo spazio. Di questa sala sorprende la libreria enorme a tutta altezza incastonata nei pilastri, quasi esoterica, a ricordare, qualcuno ha detto, La biblioteca di Babel del racconto di Borges. Una speciale versione di Unterlinden da tavolo studiata appositamente per le postazioni di lettura anticipa l’evoluzione di questa famiglia di apparecchi apprezzata per l’estetica minimale e la forte caratterizzazione materica e qualità illuminotecnica. Nell’elegante sala conferenze le sospensioni Unterlinden sono supportate dai proiettori Picto High Flux per una gestione avanzata delle scenografie luminose richieste. Lasciamo la Fondazione Feltrinelli e la libreria lieti di questo saper fare e dei suoi valori sottesi e qui riconfermati dopo aver anche acquistato due libri freschi di stampa delle liriche di Dylan. Anche lui un visionario, come lo sono i grandi architetti o i grandi imprenditori o altri che guardano con fiducia al futuro impegnandosi perché le loro idee o i loro sogni si realizzino. In un articolo su LUCE avevamo scritto che Milano ha in sé i valori civici per diventare il punto di riferimento della creatività internazionale nei prossimi dieci anni e che sempre più si stava incamminando su questa strada. Ieri il Bosco Verticale, piazza Gae Aulenti e la Fondazione Prada; oggi la Fondazione Feltrinelli e tanto altro ancora vediamo vibrare di talento ed energia in questa città del design, della cultura e dell’imprenditoria. E della luce, quando non è solo numeri, tecnica e, ingegneria ma diventa anche visione e poesia.

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La caffetteria con sospensioni Unterlinden / The café with Unterlinden pendant lamps

Pipe terra Led negli uffici / Pipe floor lamp in the offices FOUNDATIONS / LUCE 319

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Proiettori Picto High Flux nell'area caffetteria e libreria / Picto High Flux projectors in the café and bookshop area

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and schools – the European citizenship School started in January. We will just give some data, to understand its value and commitment, not only from the architectural point of view: 200,000 volumes, 17,500 periodical collections, one and a half million of documents. What can we say more on Herzog & De Meuron, winners of the Pritzker Prize in 2001, in front of this wonderful architecture made of voids and solids, sequentialities and transparencies? We can only thank them and Carlo Feltrinelli, and that marvellous chance encounter. The lighting design extended to all the five floors of the building, covering an area of 2,700 square meters. In dialogue with the architecture and the different uses of the spaces, Artemide developed specific lighting solutions with proposals that are flexible, dynamic and capable of defining the environments in different times of the day, always ensuring high technical performances and pleasant lighting atmospheres. The combination of Unterlinden, designed

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by Herzog & De Meuron in 2014, with the latest generation of technical products, such as the Picto High Flux projectors, illuminates with elegance and excellent performances the entrance to the foyer of the Fondazione Feltrinelli and the beautiful Feltrinelli bookstore with the cosy café on the ground floor. A black special edition of Ourea with suspension rod illuminates the large double-height space of the multifunctional conference room, equipped with a large projection screen, which will host conferences, meetings, film festivals, readings, exhibitions, and art installations. In the office environments, on the third and fourth floor, the Algoritmo system, integrated with the architecture, defines an even lighting for workspaces by Uniform – featuring standard products or custom made elements designed by Herzog & De Meuron in collaboration with Coima Image. In addition, each work station has a Demetra table light. We can here also find the LED floor lamp Pipe, the updated version of the Pipe lamp, the first project developed

Sospensioni Ourea negli spazi multifunzionali / Ourea lamps in one of the multifunctional space

by Artemide with architects Jacques Herzog and Pierre De Meuron and winner of the Compasso d’Oro ADI in 2004. In the reading room on the top floor, the lighting project finds its highest expression in terms of scenic emotion and perception of space, in dialogue with the large windows characterizing the structure of the building and the stunning view on the neighbourhood and its historic streets, its peculiar houses with shared balconies and their courtyards. A regular cascade of more than 100 Unterlinden gives a certain lightness to the space. But what surprises the most in this room is the large full height library mounted between the pillars: almost esoteric, it reminds – someone said – of The Babel library of the Borges tale. A special table version of Unterlinden, specifically designed for the reading stations, anticipates the evolution of this family of popular lamps particularly appreciated for the minimal aesthetic, strong material characterisation and lighting quality. In the elegant conference room, the Unterlinden suspensions are supported by Picto High Flux projectors, thus providing an advanced management of lighting scenes. Glad of this know-how and its underlying values, here once again confirmed, we leave the Feltrinelli Foundation and its bookstore after the purchase of two books on Dylan’s lyrics. A visionary himself, like the great architects or entrepreneurs or others who look with confidence to the future and attempt to make their ideas and their dreams come true. In an article on LUCE we wrote that Milan has the civic values that the city needs in order to become the reference point of international creativity in the next ten years, and that it is increasingly proceeding along this road. Yesterday, the Bosco Verticale, the Gae Aulenti square and the Prada Foundation; today, the Feltrinelli Foundation and much more, in which we can see the talent and energy of this city of design, culture and business. And of light, when it is not just numbers, technicalities, or engineering, but vision and poetry.


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Shopping nel colore La luce è uno degli elementi fondamentali del rinnovamento del Victoria Centre di Nottingam, in Gran Bretagna di Stella Ferrari foto di / photo by Redshift Photography

I

centri commerciali sono sempre più luoghi di svago, dove la gente si reca non solo per fare acquisti ma anche per incontrarsi e passare del tempo. Queste “piazze della post‑modernità” sono passate quindi dall’essere semplici contenitori di negozi e ristoranti a veri e propri edifici su scala urbana, che racchiudono un intero mondo. Non stupisce dunque che, sempre più spesso, la progettazione dei mall venga affidata alle più grandi firme dell’architettura internazionale – in grado di dare a questi spazi connotati estetici particolari, che li fanno emergere dall’intorno – e le

strutture più vecchie siano frequentemente oggetto di una generale ristrutturazione. Un restyling architettonico e un nuovo impianto di illuminazione hanno dato una nuova veste anche al Victoria Centre di Nottingam, in Inghilterra. La struttura dall’aspetto datato e poco attraente, è stata riammodernata con imponenti lavori per l’ammontare di oltre 40 milioni di sterline. L’esterno e gli interni sono stati completamente trasformati ed è stato aperto un nuovo monumentale ingresso sul lato sud dell’edificio, proprio RETAIL / LUCE 319

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vicino alla storica torre dell’orologio cittadina. Martin Breeden, Development Director di Intu, ha commentato: “La ristrutturazione del centro di Nottingam ha migliorato l’aspetto dell’ambiente e il lighting design è stato di fondamentale importanza per dar vita a uno spazio moderno e accogliente.” Per la progettazione dell’impianto illuminotecnico è stato chiamato lo studio inglese Hoare Lea Lighting. Il brief iniziale era quello di dare freschezza e dinamismo al Victoria Centre attraverso la luce. Dal momento che solo le parti strutturali dell’edificio sono state preservate, l’intervento di illuminazione ha potuto procedere di pari passo con la ricostruzione e l’interior. È stata quindi possibile una perfetta integrazione tra la luce naturale – proveniente anche dai lucernai – e quella artificiale. I dettagli architettonici sono sottolineati dal lighting che, di frequente, scommette sull’utilizzo del colore per disegnare campiture e tagli.

Linearità ed essenzialità sono il fil rouge che unisce tutti gli ambienti comuni del centro commerciale: le vie interne, le aree relax e perfino la parte dedicata alla ristorazione. L’illuminazione generale è risolta con sorgenti indirette lineari installate a soffitto (Orelle 24 di ACDC) con temperatura colore pari a 4000K. La zona food&beverage ha invece un valore più caldo, con temperatura colore pari a 3000K; in quest’area, inoltre, i soffitti sono ritmati da linee di luce che seguono l’andamento delle travi di sostegno della soletta. Nei controsoffitti sono integrate sorgenti Led RGBW concepite per dar vita a scenari dinamici e cangianti che variano durante tutto l’arco della giornata. Nelle zone di passaggio, dove le persone camminano e sostano davanti alle vetrine, sono stati installati degli spot AlphaLed/ Lumenlux ed iGuzzini. Infine, come tocco decorativo per questi spazi, sono state scelte le sospensioni Conico (realizzate custom dall’azienda Optelma). Questi apparecchi,

installati in gran numero e allineati tra loro, separano la zona dello shopping vero e proprio dalla food court. Riguardo al lavoro Chris Fox, Senior Lighting Designer di Hoare Lea Lighting, ha detto: “Il nostro progetto si basa su una serie di “layer” e sulla combinazione di luce diretta ed indiretta, per costruire scene luminose che offrano diverse opzioni di accensione. Il sistema di controllo che abbiamo installato permette infatti di oscurare interi gruppi di apparecchi contemporaneamente o di programmare scene differenti per i diversi momenti della giornata.” Anche l’esterno dell’Intu Victoria center di Nottingam è stato completamente trasformato. La vecchia facciata in stile brutalista, risalente al 1970, è stata sostituita con un rivestimento in vetro e acciaio. I pannelli sono illuminati durante la notte con proiettori Osram LINEARLight Power Flex da 4000K. La torre dell’orologio, oggi integrata in una delle entrate, è stata trattata con un uplight di stampo più tradizionale. I mattoni rossi sono illuminati con proiettori Bega da 3000K incassati nel terreno, mentre gli spot Plaza di ACDC evidenziano i livelli superiori e il grande quadrante. 94

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Shopping in colour Light is one of the fundamental elements of the Victoria Centre’s renovation in Nottingham, UK

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hopping centers are becoming a place of leisure, where people go not only to shop but also to meet and to spend time. Thus, these “postmodern squares” have gone from a simple container of shops and restaurants to proper buildings on an urban scale that include an entire world. Therefore, it is not surprising that the design of shopping malls is constantly more entrusted to the biggest international architecture firms– capable of giving these spaces unique esthetical features, that make them stand out from the context – and that the older structures frequently undergo RETAIL / LUCE 319

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a general renovation. An architectural restyling and a new lighting system gave a new guise to the Victoria Centre in Nottingham, UK. The building, with a dated and not attractive image, was refurbished with relevant works for over 40 million pounds. The external and indoor environments were completely transformed and a new monumental entrance was opened on the south side of the building, right next to the city’s historical clock tower. Martin Breeden, Development Director of Intu, commented: “The £40m refurbishment of intu Victoria Centre has enhanced the centre’s look and feel throughout, and the lighting design has really complemented this, helping us to achieve a modern and welcoming environment.” For the design of the lighting system, the English firm Hoare Lea Lighting was called. The first briefing was to bring freshness and dynamism to the Victoria Centre through light. Since only the structural parts of the building were preserved, the lighting intervention could proceed together with the rebuilt and the interior design. Thus, it was possible to obtain a perfect integration between daylight – coming from the skylights – and the electric lighting. The architectural details were underlined by lighting, which frequently bets on the use of color to design backgrounds and cuts. Linearity and essentiality are the fil rouge that links all common areas of the shopping center: internal paths, relax areas and even the part dedicated to restaurants. General lighting is realized with ceiling mounted indirect linear light sources (Orelle 24 by ACDC) with a correlated color temperature equal to 4000K. The food & beverage area has instead a warmer light tone, with a correlated color temperature equal to 3000K; moreover, in this area, ceilings are rhythmical by light lines that follow the direction of the beams that support the slab. LED RGBW light sources are placed in the false ceilings, in order to obtain dynamic and changing scenes that vary during the day. AlphaLed/Lumenlux and iGuzzini spotlights were installed in circulation areas, where people walk or stare at shops’ windows. In conclusion, as a decorative touch for these spaces, Conico suspended light sources were chosen (custom made by the Optelma company). These luminaires are present in a great number and they are installed aligned with each other, they separate the proper shopping area from the food court. Regarding the work, Chris Fox, Senior Lighting Designer of Hoare Lea Lighting, stated: “The approach we took was that of ‘lighting through layers’ – combining direct and indirect sources to build a visual scene with various options. Control allows dimming of groups of luminaires to create scenes and for the switching between pre-programed scenes throughout the day.” The outside of the Intu Victoria center in Nottingham was also completely transformed. The old brutalist facade, dated back to 1970, was replaced with a glass and steel covering. The panels are lit during the night with 4000 K Osram LINEARLight Power Flex projectors. The clock tower, nowadays included in one of the entrances, is lit with a more traditional uplight. The red bricks are lit with 3000 K Bega projectors recessed in the ground, whereas ACDC’s Plaza spots highlight the superior levels and the big quadrant. 96

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¶ SPECIALE

Giovani registi in campo! Il concorso AIDI “Riprenditi la città, Riprendi la luce” di Stephanie Carminati

È

stata presentata alla Triennale di Milano e, alcune settimane dopo, a Palazzo Vecchio a Firenze la IV edizione del concorso video internazionale “Riprenditi la città, Riprendi la luce”, la rassegna di corti di 60 secondi organizzata da AIDI in collaborazione con la Triennale di Milano. Alla conferenza stampa, presentata da Mariella Di Rao, hanno preso parte la presidente di AIDI Margherita Suss, i lighting designer Marinella Patetta e Gianni Forcolini, il produttore cinematografico Alessandro Calosci, il presidente dell’Istituto Galdus Diego Montrone e altri ospiti. A introdurre l’incontro, un breve e divertente filmato in cui Aldo Bigatti (direttore commerciale e marketing di Gewiss), Dante Cariboni (CEO di Cariboni Group) e Luca Moscatello (direttore tecnico di Enel Sole) si sono confrontati rispondendo quasi in contemporanea a una serie di domande sui più svariati argomenti attinenti al mondo della luce. A introdurre e concludere le interviste, la voce e i pensieri fuori campo di Giorgio Lodi (presidente di Performance in Lighting). Voci, volti e idee di alcuni fra gli imprenditori e manager che hanno creduto e sostenuto il concorso dalla sua prima edizione. Come spiegato da Mariella Di Rao, il concorso

AIDI “si propone di divulgare la cultura della luce e di far conoscere come i giovani, attraverso essa, interagiscono con la città dove vivono, studiano o lavorano”. Per parteciparvi, è necessario inviare al sito www.riprenditilacitta.it, entro il 21 aprile 2017, un video di 60 secondi realizzato con qualsiasi strumento – telefonino, videocamera, iPhone, iPad. Margherita Suss, presidente di AIDI, ha sottolineato come “L’iniziativa rientra fra i nostri obiettivi più importanti di contribuire alla diffusione della cultura della luce con uno strumento di comunicazione immediato, capace di raggiungere i giovani e, da quest’anno, anche i giovanissimi, stando molto attenti al valore dei contenuti che saranno veicolati principalmente dalle scuole, dalle università e dai centri di formazione che hanno accettato con entusiasmo di collaborare al progetto e di promuoverlo all’interno delle loro sedi”. Particolarmente indirizzati al mondo della progettazione gli interventi di Marinella Patetta e Gianni Forcolini, che hanno ricordato l’eccellenza dei corsi e dei master delle università italiane – in primis il Politecnico di Milano, La Sapienza di Roma e il Politecnico di Torino, ma anche l’Università degli Studi

di Firenze e Napoli, NdR –, e l’importanza del ruolo del lighting designer fra le figure che concorrono al progetto architettonico. Figure che possono contribuire, quando realmente protagoniste – cosa che purtroppo non sempre avviene nel nostro Paese –, alla crescita qualitativa di tutto il comparto e alla diffusione della luce italiana nel mondo. A Firenze, l’assessore alle Politiche giovanili Andrea Vannucci, nel suo intervento di saluto, oltre a manifestare il piacere della sua città di ospitare la premiazione finale del concorso, che si terrà nella Sala d’Arme di Palazzo Vecchio il 21 maggio prossimo, ha sottolineato come il concorso di AIDI “mette al centro due soggetti che ci stanno molto a cuore: i ragazzi, che avranno la possibilità di far emergere la propria visione di città, e la luce, un elemento forte del profondo rinnovamento che Firenze sta vivendo”. “Luce e Luoghi” è il tema unico proposto per questa IV edizione. I videomaker – giovani e meno giovani – potranno decidere di partecipare nelle seguenti categorie: La luce e gli under 18, La luce e i giovani under 30, La luce e i giovani lighting designer. Consapevole che la cultura della luce debba essere trasmessa fin da giovanissimi, il concorso vuole coinvolgere le scuole

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secondarie e si avvale della collaborazione dell’Istituto professionale Galdus, associazione che dal 1990 si occupa della formazione per aziende e corsi di obbligo scolastico-formativo per i giovani, con laboratori per il tempo libero destinati a tutti i target di età e percorsi di accompagnamento al lavoro. Per i giovani under 18 la luce può allora diventare oggetto di progetti scolastici e materia di studio. Nelle loro riprese video potranno indagare ed esplorare il ruolo che la luce gioca nei luoghi del loro quotidiano, ricomponendo e rimodellando con il loro sguardo e la loro creatività quei luoghi fisici del sapere e del conoscere che sono parti importanti e fondamentali di questi loro anni e della loro formazione: la loro scuola, le loro aule, i rapporti che si creano tra compagni,

Per la categoria La luce e i giovani under 30, il primo classificato sarà premiato con 2.000 euro e il secondo con 1.200 euro. La categoria La luce e i giovani lighting designer, infine, prevede un unico vincitore che riceverà 2.000 euro. Sono inoltre previsti altri 4 premi speciali (“Premio speciale della giuria”, “Educare alla cultura”, “Luce e Teatro”, “Energy Saving”) di 1.000 euro ciascuno. I vincitori saranno premiati a Firenze il 21 maggio 2017, nella splendida cornice trecentesca di Palazzo Vecchio. A valutare i filmati sarà una giuria composta dalla presidente di AIDI Margherita Suss, da esponenti del mondo della luce, dell’impresa, dell’università – Carla Balocco, docente all’Università di Firenze; Gisella Gellini, docente

gli infiniti corridoi o i troppo spesso ristretti spazi verdi in cui sostano e si ritrovano. Tutto ciò confrontandosi con la luce o la sua ombra, di cui Giorgio Lodi, nel sopracitato video, invita a non aver paura poiché “è lei che da significato alla luce”. Per la categoria Lighting designer under 35 il concorso è, invece, un’opportunità per far conoscere a un pubblico più ampio, attraverso i video, un loro progetto, l’incipit che lo caratterizza, o anche solo il suo percorso o il suo divenire. 60 secondi, certo, non sono molti, ma la creatività, le nuove tecnologie e la post-produzione potranno essere senz’altro di aiuto nel far vivere l’idea di un luogo, di un monumento, di un angolo di città o di un oggetto di luce. I premi, 9 in totale, saranno assegnati a quei corti che meglio sapranno mettere in luce le potenzialità emozionali e tecniche che l’illuminazione notturna possiede e può trasmettere. La categoria La luce e gli under 18 premierà con un iPad e 500 euro in buoni libro il primo classificato, e con un iPod e 300 euro in buoni libro il secondo.

al Politecnico di Milano; Marco Frascarolo, progettista di illuminotecnica e docente all’Università di Roma 3; Domenico Nicolamarino, docente all’Accademia delle Belle Arti di Brera; Marinella Patetta e Alessandra Reggiani, lighting designer; Claudio Bini, consigliere AIDI; Nicoletta Gozo, responsabile per ENEA del Progetto Lumiere; Diego Montrone, presidente dell’Istituto professionale Galdus – e del cinema, del teatro e della fotografia – Alessandro Calosci, produttore cinematografico; Marco Filibeck, lighting designer del Teatro alla Scala e docente della prestigiosa Accademia del teatro scaligero; Roberto Mutti, storico e critico della fotografia e docente all’Accademia del Teatro alla Scala e all’Istituto Italiano di Fotografia. Come sempre, nessuna iniziativa pubblica e su larga scala sarebbe pensabile senza la collaborazione di imprese che, credendoci, s’impegnano a fondo nel sostenerla. In questo caso: gli Sponsor Gold Cariboni Group, Enel Sole, Gewiss e Performance in Lighting; gli Sponsor Silver iGuzzini, Iren e Osram; gli Award Supporter Clay Paky e Neri; gli sponsor tecnici DGA e WeltElectronica.

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Young directors on stage “Riprenditi la città, Riprendi la luce”, the AIDI competition

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he fourth edition of the international video contest “Riprenditi la città, Riprendi la luce” – the review of 60-second shorts organized by AIDI in collaboration with the Triennale di Milano – has been presented at the Triennale di Milano and, a few weeks later, at Palazzo Vecchio in Florence. Presented by Mariella Di Rao, the press conference was attended by Margherita Suss, chairwoman of AIDI, the lighting designers Gianni Forcolini and Marinella Patetta, the film producer Alessandro Calosci, Diego Montrone, chairman of the Istituto Galdus, and other guests. The meeting has been introduced by a brief and entertaining video in which Aldo Bigatti (sales and marketing manager of Gewiss), Dante Cariboni (CEO of Cariboni Group) and Luca Moscatello (technical director of Enel Sole) answered a series of questions on several topics concerning the world of light. The interviews were introduced and concluded by the voice and thoughts of Giorgio Lodi (chairman of Performance in Lighting). Voices, faces and ideas of some of the entrepreneurs and managers who have believed in the competition and supported it since its first edition. The AIDI contest, as explained by Mariella Di Rao, “aims to disseminate the culture of light and raise the awareness on how young people interact, through it, with the city where they live, work or study.” Aspiring participants have to submit to the competition website (www.riprenditilacitta.it), by April 21st 2017, a 60-second video realized with any instrument – phone, video camera, iPhone, iPad. Margherita Suss, AIDI chairwoman, stressed out how “the initiative is among our most important objectives in terms of contributing to the dissemination of the culture of light. This immediate communication tool is able to reach young people and, from this year, the very young, and we will be very attentive to the value of the contents that will be conveyed mainly by schools, universities and training centres that have enthusiastically agreed to collaborate in the project and to promote it within their seats.” Specifically addressing the world of design, Gianni Forcolini and Marinella Patetta mentioned in their speeches the excellence of the courses and masters of Italian universities – such as the Politecnico di Milano, La Sapienza in Rome ,the Politecnico di Torino, but also the Universities of Florence and Naples, editor’s note – and the importance of the role of the lighting designer among the figures contributing to the architectural project.


A figure that, when truly involved in the design process – which is sadly something that does not always occur in our country –, could contribute to the qualitative growth of the entire sector and to the spread of the Italian lighting in the world. In his greeting speech, Andrea Vannucci, Councillor for Youth Policie of the city of Florence, expressed the pleasure of his city to host the award ceremony that will be held in the Sala d’Arme of Palazzo Vecchio the forthcoming May 21st. He furthermore emphasized how the AIDI contest “focuses on two subjects that are very dear to all of us: the youth, who will have the opportunity to bring out their own vision of the city, and the light, a strong element of the deep renewal that Florence is experiencing.” “Light and Places” is the sole theme of this fourth edition. The videomakers – young and less young – may participate in the following categories: Light and the under 18s, Light and the under 30s, Light and the young lighting designers. Well aware of the importance of communicating light to a younger public, the competition aims to involve secondary schools and relies on the collaboration of the Galdus professional institute, an association that, since 1990, provides training to companies and compulsory schooling courses for the young, with workshops intended for all ages and professional mentoring. For the young people under 18, light can then become the subject of school projects and field of study. In their video footage they may investigate and explore the role played by light in the places of their everyday, rearranging and reshaping, through their own eyes and creativity, those physical places of knowledge and learning that are such an important parts of these years of education: their school, their classrooms, the relationships between schoolmates, the endless hallways or the all too often narrow green spaces in which they stop and meet. All this by dealing with the light or its shadow, of which they should not be afraid, since, as stated by Giorgio Lodi in the aforementioned video, “it is what gives meaning to light.” For the Lighting designers under 35 category, the competition is, however, an opportunity

to introduce their work to a wider audience: through the video they could present one of their projects, the concept behind it, or even just its pathway or its becoming. 60 seconds are, of course, little time, but creativity, new technologies and post-production will certainly be of help in bringing to life the idea of ​​a place, a monument, a corner of the city or a luminous object. The prizes, nine in total, will be assigned to those shorts that will better highlight the emotional and technical potential possessed and transmitted by the nocturnal lighting. The category Light and the under 18s will award the winner with an iPad and 500 euros in book vouchers, and the second place with an iPod and 300 euros in book vouchers. For the category Light and the under 30s, the first place will be awarded with 2,000 euros, and the second with 1,200 euros. The category Light and the young lighting designer, finally, will have a single winner who will receive 2,000 euros. There will also be 4 additional special prizes – “Special Jury Prize”, “Educate in culture”, “Light and Theatre”, “Energy Saving” – of 1,000 euros each. The winners will be awarded in Florence in May 21st, 2017, in the magnificent fourteenthcentury setting of Palazzo Vecchio. The submitted short videos will be evaluated

by a jury composed of the AIDI chairwoman Margherita Suss, of representatives from the world of light, enterprise, university – Carla Balocco, professor at the University of Florence; Gisella Gellini, professor at the Politecnico di Milano; Marco Frascarolo, lighting designer and professor at the University of Roma 3; Domenico Nicolamarino, professor at the Brera Academy of Fine Arts; Marinella Patetta and Alessandra Reggiani, lighting designers; Claudio Bini, AIDI adviser; Nicoletta Gozo, ENEA manager for Progetto Lumiere; Diego Montrone, chairman of Instituto Galdus – and cinema, theatre, and photography professionals – Alessandro Calosci, film producer; Marco Filibeck, lighting designer at the Teatro alla Scala and professor at the prestigious Accademia del Teatro alla Scala; Roberto Mutti, photography historian and critic and professor at the Academia del Teatro alla Scala and at the Istituto Italiano di Fotografia. Once again, none of this would be possible without the cooperation and the full support of those companies that truly believed in the project. In this case: the Gold Sponsors Cariboni Group, Enel Sole, Gewiss and Performance in Lighting; the Silver Sponsors iGuzzini, Iren and Osram; the Award Supporters Clay Paky and Neri; the technical sponsors DGA and WeltElectronica.

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La magia di Lione 2


1 | Platonium. Eric Michel e / and Akari-Lisa Ishii 2 | Off lines. Pierre Ranzini 3 | Incandescens. Jérôme Donna e/and Simon Milleret-Godet 4 | Coups de cœur. Franck Pelletier e/and collectif Les Allumeurs

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Per tre notti capitale Titolo opera, Nome Cognome e Nome Cognome di Stella Ferrari internazionale della luce foto di / photo by Muriel Chaulet, Frédéric Guignard-Perret Titolo, Nome Cognome e Nome Cognome

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Sans dessus, dessous. Joseph Couturier

Arboré'lum. Erick Barray

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mozionante, divertente, stupefacente: la Fête des Lumiéres di Lione non ha deluso le aspettative e si è riconfermata, nell’edizione 2016, come uno degli appuntamenti più interessanti nel panorama del lighting europeo. Dopo uno stop per il 2015, una decisione sofferta presa in seguito ai sanguinosi attacchi terroristici del 13 novembre dello stesso anno a Parigi, la città si è rialzata e ha saputo nuovamente richiamare l’attenzione di milioni di persone durante il “ponte dell’Immacolata”. Le ingenti misure di sicurezza, i cordoni di polizia e i militari armati appostati a ogni angolo non hanno smorzato il clima allegro e gioioso dell’evento. Un vero e proprio fiume umano composto da giovani sorridenti, coppie, famiglie con bambini piccoli, anziani del posto e turisti da tutto il mondo ha letteralmente invaso il centro storico. Le vie e i ponti della Presq’île

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sono stati trasformati in una grande zona pedonale dove tutti hanno ammirato le installazioni luminose, lasciandosi coinvolgere dalla magica atmosfera con animo di fanciulli e combattendo il freddo con un bicchiere di vin chaud. Passeggiando tra le strette strade del Vieux Lyon, camminando nelle vaste piazze o sui grandi boulevard commerciali, ci si trovava coinvolti in un mondo parallelo e surreale, fatto di suoni, colori e stimoli visivi diversi ad ogni angolo. Palazzi, chiese, parchi, cortili… Tutto è stato ridisegnato dagli interventi artistici che per tre sere – 8, 9, 10 dicembre, dalle 20.00 a mezzanotte – hanno creato prospettive inedite e scorci visionari. La tradizione della Fête des Lumiéres ha però un’origine diversa, molto distante dalla coreografica manifestazione in cui si è trasformata oggi. Nel XIX secolo, la sera dell’Immacolata Concezione, gli abitanti erano

soliti addobbare finestre e balconi delle proprie abitazioni con candele in onore della Vergine di Fouvriére, venerata nella cattedrale dell’omonima collina che sovrasta il cuore di Lione. Da dieci anni a questa parte l’usanza è stata trasformata in una vera e propria “festa urbana”. I lumini sulle case rimangono, ma il fulcro dello spettacolo sono i lavori di designer, architetti, registi e creativi, concepiti ad hoc per dare un nuovo aspetto al quartiere. I lavori sono scelti da una speciale commissione che, oltre al valore artistico, ne valuta l’impatto ambientale. La precedenza viene data a tutte quelle opere che hanno un occhio di riguardo alle tematiche verdi, che utilizzano materiali riciclabili e facilmente trasportabili, che prediligono sorgenti luminose a risparmio energetico. L’attenzione è tale che per tutto il festival viene utilizzata solo lo 0,1% dell’energia elettrica consumata ogni anno in città! Non c’è un tema da seguire, gli artisti sono liberi di creare seguendo il loro estro. Così le 39 installazioni dell’edizione 2016 alternavano momenti ludici, angoli intimi, scenografie spettacolari. Molto apprezzati dalla folla lo spettacolo della proiezione Évolutions di Yann Nguema e Ez3kiel, che ha ridisegnato il fronte principale della cattedrale di Saint-Jean, i simbolici arrivi e partenze di Voyage sulla facciata della Gare Saint-Paul a cura di Camille Gross e Leslie Epsztein o la giocosa riflessione di un anziano signore con il suo amico gufo in Place des Terraux (Sans dessus, dessous, di Joseph Couturier). Leggermente “off circuit”, ma semplicemente fantastica, la proiezione Crystal Cloud, di Urbanscreen, al Musée des Confluences. La splendida architettura decostruttivista di Coop Himmelb(l)au ha subito una metamorfosi totale grazie a laser e texture che ne seguivano gli spigoli e le aperture vetrate della parte di edificio affacciata direttamente nel punto in cui il Rodano e la Saona si uniscono in un unico fiume. Visibile da gran parte della Presq’île, il geniale Soleil di Philippe Cotten sulla Collina di Fourvière. Un grande sole che sorgeva, splendeva e tramontava a pochi passi dalla Basilica di Notre-Dame, illuminando con i suoi raggi l’intero pendio fino al Palais de Justice, dando vita a scenari unici in una sorta di ciclo notte-giorno poeticamente accelerato. Davvero divertente l’associazione di musica e luci nella danza ad alto tasso di tecnologia di Roboticum realizzata da Yves Moreaux in Place Bellecour, nel cantiere trasformato in discoteca con La Bétonnière boule à facettes di Benedetto Bufalino e Benoit Deseille, durante la sfilata di Les Lampadophores creata da Stéphane Blanchard e nel concerto elettronico di Un piano sous la neige di Jean-Luc Hervé nella più raccolta Place Sathonay. Ma la Fête des Lumiéres è anche ricerca e sperimentazione di nuovi materiali, come il tessuto luminoso di Platonium, il grande chandelier di Eric Michel e Akari-Lisa Ishii nella corte dell’Hotel de Ville o la scultura olografica Crystallized di Theoriz all’interno del Musée Gadagne. Allegria e clima spensierato non hanno abbandonato le strade neppure dopo lo spegnimento delle luci. Il ricordo di uno spettacolo così grandioso rimane nei cuori e nella mente di chi vi ha partecipato e aspetta con trepidazione la prossima edizione!


Évolutions. Yann Nguema e / and Ez3kiel

The magic of Lyon For three nights, the international capital of light

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xciting, entertaining, astonishing: the 2016 edition of the Fête des Lumières in Lyon has once again satisfied the expectations and confirmed its being one of the most appealing events in the European lighting world. Following the 2015 halt – a painful decision after the bloody terrorist attacks of November 13 in Paris –, the city stood up and once again managed to draw the attention of millions of people during the feast of the Immaculate Conception. The happy and joyful atmosphere of the event has not been dampened by the tight security measures, the police cordons, and the military at every corner. The old town

has been literally flooded by a river of people made of smiling young, couples, families with children, local elderly and tourists from all over the world. The streets and bridges of the Presq’île have been turned into a large pedestrian area, where everyone could admire the light installations, plunging in this magical atmosphere with a childlike heart, and fighting the chill with a glass of vin chaud. Strolling through the narrow streets of the Vieux Lyon, walking in the large squares and boulevards, visitors were involved in a parallel and surreal world made of different sounds, colours, and visual stimuli at every corner. Palaces,

churches, parks, courtyards... For three nights – December 8, 9 and 10, from 8.00 pm to midnight –, everything has been redesigned by the artistic interventions that created new perspectives and visionary views. However, the Fête des Lumières has a quite different origin, far from the choreographic event that it has nowadays become. Back in the nineteenth century, in the evening of the Immaculate Conception, the local inhabitants honoured the Virgin of Fouvriére – worshiped in the Cathedral on the homonymous hill overlooking the heart of Lyon – by decorating their windows and balconies with candles. For ten years now, this custom has been turned into a real “urban celebration.” There are still candles on the houses, but the heart of the show is now the tailor-made work of designers, architects, filmmakers and creative. The works, which SPECIAL REPORT / LUCE 319

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1 | Les lampadophores. Stéphane Blanchard 2 | Roboticum. Yves Moreaux 3 | Vols de nuit. Thierry Chenavaud

give a new look to the neighbourhood, are chosen by a special committee that, in addition to the artistic value, assesses their environmental impact. Priority is given to all those works that have special consideration for green issues, use recyclable and easily transportable materials, and prefer energy saving light sources. Attention is such that only 0.1% of the electricity consumed in a year by the city is used for the whole festival! Since there is no specific theme to follow, the artists are free to create following their very own inspiration. Thus, the 39 installations of the 2016 edition offered ludic moments, intimate spots, and spectacular scenographies. Highly appreciated by the crowd were the Évolutions projection by Yann Nguema and Ez3kiel, which has redrawn the facade of the Saint-Jean Cathedral, the Voyage symbolic arrivals and departures created by Camille Gross and Leslie Epsztein on the facade of the Saint-Paul station, and the playful reflection of an old man with his friendly owl at Place des Terreaux (Sans dessus, dessous, by Joseph Couturier). Slightly “off circuit”, but no less amazing, the Crystal Cloud projection by Urbanscreen on the Musée des Confluences. The stunning deconstructivist architecture by Coop Himmelb(l)au witnessed a total metamorphosis, thanks to the lasers and textures that followed the sharp edges and glass openings of the building overlooking the spot where the Rhône and Saône merge into a single river. Visible from most of the Presq’île, the brilliant Philippe Cotten’s Soleil on the Fourvière hill. A large sun rose, shone and set at a short walking distance from the Notre-Dame Cathedral, illuminating with its rays the whole hill up to the Palais de Justice, creating unique scenarios in a poetically accelerated night-day cycle. Really entertaining was the combination of music and lights in the highly technogical Roboticum dance by Yves Moreaux in Place Bellecour, on the construction site turned into a discotheque by La Bétonnière boule à facettes conceived by Benedetto Bufalino and Benoit Deseille , during the Les Lampadophores parade by Stéphane Blanchard, and the A piano sous la neige electronic concert by Jean-Luc Hervé in the cosy Place Sathonay. But the Fête des Lumières is also about research and experimentation of new materials, such as the luminous fabric of the large Platonium chandelier, designed by Eric Michel and Akari-Lisa Ishii fot the courtyard of the Hotel de Ville, or the Crystallized holographic sculpture by Theoriz in the Musée Gadagne. The joy and the light-hearted atmosphere lingered in the streets, even after the turning off of the lights. Anxiously waiting for the next edition, the memory of such a grandiose show remains in the hearts and minds of those witnessed it.


Installazione mostra "The Edge of Vision” a cura di Lyle Rexer, Aperture Gallery, New York, 2009 / "The Edge of Vision" exhibition curated by Lyle Rexer, Aperture Gallery, New York, 2009 A sinistra / On the left: Horizon 17, 2006, cm 190x125; Threshold - Chance 26V, 2008, cm 190x125. C-prints, plexiglas, aluminium A destra / On the right: Horizon 16, 2006, cm 200x125; Horizon 01, 2002, cm 200x125. C-prints, plexiglas, aluminium

¶ LIGHT ART

Origini. Gli orizzonti nell’idea della luce di Silvio Wolf di Jacqueline Ceresoli

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a ricerca di Silvio Wolf (1952) intorno alle potenzialità espressive, cognitive, percettive e analitiche dell’arte non è una novità per i lettori di LUCE (n.295/2011, “Sulla soglia della percezione. Silvio Wolf al PAC di Milano”), ma l’autore in occasione di una mostra tenuta a settembre del 2016 alla Fondazione Antonio e Carmela Calderara a Vacciago di Ameno (Novara), per la prima volta si è confrontato a distanza con la pittura aniconica di Antonio Calderara. Nel titolo dell’esposizione a cura di Cristina Casero c’è una chiave di lettura dell’incontro fatale tra la pittura di Calderara e le fotografie astratte generate dalla luce di Wolf, entrambi

foto di / photos by Silvio Wolf

sono attratti dall’idea di rappresentare una soglia, il punto d’origine in cui l’invisibile, l’inafferrabile diventa visibile, con forme sovra-sensibili, immagini mentali seppure giungendo ad esiti diversi. Gli autori investigano stadi di configurazione di “paesaggi” dissolti nella luce, a prospettive inattese e soluzioni formali minimali, risolte in strutture capaci di restituire una sintesi astratta del mondo sensibile. La soglia, il confine tra orizzonte percettivo reale e immaginario è un presupposto formale che comporta una costante ridefinizione di rapporti tra linea, composizione, colore e intensità luminosa sia in pittura che nella

fotografia, con il fine di spingere lo sguardo dello spettatore oltre il percepibile attraverso opere di grande impatto visivo. In particolare le fotografie di Wolf realizzate dal Duemila ad oggi, paradossalmente, vengono alla luce un momento precedente rispetto allo scatto, prima dell’azione, come una rappresentazione della realtà che seppure negata la comprende, la evoca nelle sue scritture di luce autogenerate grazie all’uso consapevole del mezzo fotografico con esiti che si spingono ben oltre la volontà dell’artista. Il suo Orizzonte “è uno scarto fotografico, lo spezzone iniziale della pellicola assieme all’intera striscia materiale sensibile, LIGHT ART / LUCE 319

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3 | Luci Bianche, 1995 Refettorio delle Stelline, Galleria del Credito Valtellinese, Milano. Vista dell’installazione, 10 dia-proiezioni fisse a parete, 20 video, diffusione sonora su 20 canali di voci femminili registrate. Spazio architettonico m 60x6.50 / View of the installation: 10 videoprojections on wall, 20 videos, sound diffusion on 20 channels of recorded feminine voices. Space dimensions: m 60x6.50

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1 | Stelle Braille, 1991 Spazio CI, S.S.Giovanni, Milano. Vista dell’installazione, particolare prima sala, 4 dia-proiezioni fisse su pareti e pavimento, diffusione sonora su due canali di voci registrate misure variabili. / View of the installation: detail of the first room, 4 dia-projections on walls and floor, diffusion of recorded voices on double channel. Various dimensions

2 | L’Osservanza, 1996 Ex-Ospedale Psichiatrico, Imola. Vista parziale dell’installazione in 12 parti, dia-proiezioni notturne fisse su parete. Misure variabili / Partial view of a 12 parts installation, nocturnal dia-projections on wall. Various dimensions

per rivelare tutte le immagini impresse”, scrive Wolf, in effetti, si tratta di un processo che avviene in camera oscura con l’obiettivo di scrivere azioni di luce attribuendo la paternità delle immagini non allo scatto, ma al senso dell’oggetto fotografico in sé. Il soggetto diventa quindi non tanto il modo di produrre l’immagine fotografica, quanto il linguaggio, il codice, il referente che essa contiene nella sua manifestazione sensibile risolta in apparizioni, icone della luce immanenti, dentro lo spazio e il tempo, dall’energia ipnotizzante con tonalità accese. Le sue scritture di luce, tempo, forma, materia e sostanza configurano il pensiero analitico intorno all’assenza e presenza del reale, volutamente ambivalenti per configurare un confine tra oggettività fotografica e astrazione. Nella ricerca artistica di Wolf è ricorrente l’idea di assenza, di vuoto nel senso Zen 106

LUCE 319 / LIGHT ART

come concetto rigenerativo, dinamico, in cui la luce diventa immagine, strumento di superamento dei limiti tra il visibile e l’invisibile, in cui si manifestano orizzonti nel loro magmatico cromatismo, stati di soglia tra il buio e la luce, l’essere e il non essere, lo spazio e il tempo. Le sue scritture di luce materializzano l’esperienza percettiva e superano l’aspetto contemplativo per generare sensazioni emotive e cognitive insieme, perché tutto accade nel momento in cui le si guarda. Attraverso la fotografia, oggetto concettuale di per sé, s’indagano i rapporti possibili non di cose ma tra il significato e significante come direbbe Saussure. Già Icone di Luce e altri lavori della fine degli anni Novanta ruotano intorno alla creazione dell’immagine mediante la luce e anticipano le ricerche successive dai light box Black & Blue (2009) e Light House (2009) e Stelle Braille (1991), l’installazione nella quale

le proiezioni luminose sono ispirate al linguaggio dei non vedenti, perché loro non la vedono, ma la immaginano, percepiscono bagliori mentali oltre il buio, mentre noi no. Queste immagini strutturano riflessioni sulla capacità di andare oltre l’immagine e di strutturare luoghi del visibile con segni, segmenti, lame di luce bianca abbacinante che fendono il buio come si vede con Skylight 08 (2002), spingono il nostro sguardo dentro a prospettive ardite inusuali e diventano sculture, oggetti luminosi reali ed eteree insieme, concrete e simboliche soglie di percezioni metamorfiche dello spazio in cui si inseriscono, che definiscono orizzonti ermeneutici tutti da esperire più che descrivere. Wolf spostando l’attenzione sul momento originario dello scatto, ci pone una domanda: nasce prima la luce o la fotografia? E nella sintesi tra pensiero, azione, reale e immaginario, la luce diventa manifesto di vita.


4 | Skylight 08, 2002 c-print, plexiglas, aluminum, cm 84x125

5 | Light House, 2009 Duratrans e / and plexiglas in light-box, cm 205x145x20

6 | Soglia a Specchio 16, 2011 UV ink-jet print su plexiglas specchiante, Dibond / UV ink-jet print of mirrored plexiglas, Dibond, cm 190x120

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Origins. Horizons, in Silvio Wolf’s idea of light S

ilvio Wolf’s (1952) research of the expressive, cognitive, perceptive and analytic potentiality of art is not new to LUCE readers – n. 295/2011, “Sulla soglia della percezione. Silvio Wolf al PAC di Milano” (On the threshold of perception. Silvio Wolf at PAC, Pavilion of Contemporary Art, Milan). However, on the occasion of the exhibition held in September 2016 at Fondazione Antonio e Carmela Caldera in Vacciago di Ameno (Novara), the author was remotely confronted with the aniconic paintings of Antonio Calderara for the first time.

The title of the exhibition, curated by Cristina Casero, provides an interpretation of the fatal encounter of Calderara’s paintings and Wolf’s abstract photographs generated by light – both attracted by the idea of representing a threshold, a point of origin where the invisible, intangible, becomes visible, with suprasensitive shapes, mental images which however have different outcomes. The authors investigate stages in the configuration of “landscapes” that dissolve in the light, and unexpected perspectives

and minimal formal solutions, solved in structures that can return an abstract synthesis of the sensitive world. The threshold, the boundary between the real and the imaginary perceptive horizon, is a formal requirement that involves a constant redefinition of the relations between a line, composition, colour and intensity of light in painting as well as in photography, with the aim of pushing the spectator’s glance beyond what can be perceived, through works with a strong visual impact. In particular, Wolf’s photographs from 2000 to date, paradoxically appear an instant before the photograph is shot, before the action, like the representation of a reality that although denied, is still included, and is evoked in the inscriptions of light that are selfgenerated by means of a mindful use of the photographic equipment, with results that go well beyond the artist’s will. His Horizon “is a scrap of the LIGHT ART / LUCE 319

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8 | Enclave, 2016 Progetto d’installazione al Castello Sforzesco, Milano. / Project for the installation at the Castello Sforzesco, Milan Opera esposta: Black & Blue, 2009 light box cm 205x145x20 / Artwork: Black & Blue, 2009, light box cm 205x145x20

7 | Icone di Luce, 2016 Palazzo del Governatore, Parma, a cura di / curated by Cristina Casero. Vista installazione mostra / View of the exhibition: Luce. Scienza, Cinema, Arte. Da sinistra a destra / From left to right: Icona di Luce 01, 1993, cm 130x135x4 Icona di Luce 08, 1994, cm 146x118x4 Icona di Luce N-02, 2008, cm 216x93x4 Cibachrome, smalti, laminati espansi sagomati / Cibachrome, enamels, shaped expanded laminates

photographic process, the initial segment of the film, developed together with the entire strip of sensitive material to reveal all the exposed images” as described by Wolf. In fact it is a process that takes place in the darkroom with the aim of writing actions of light, attributing the paternity of the images not to the shot but to the sense of the photographic object itself. The subject therefore is not so much the way of producing the photographic image as much as the language, the code, the referent meaning that it contains in its sensitive display, seen in apparitions, icons of immanent light, within space and time, through a hypnotizing energy with bright tonalities. His inscriptions of light, time, shape, matter and substance configure the analytical thought regarding the absence and presence of what is real, they are purposely ambivalent in order to configure a boundary between photographic objectivity and abstraction. In Wolf’s artistic research , the idea of absence is recurrent, of emptiness as in the Zen 108

LUCE 319 / LIGHT ART

philosophy, a regenerative, dynamic concept, in which light becomes an image, an instrument to overcome the limits of the visible and the invisible , where horizons in their magmatic chromatism are manifested, threshold states between darkness and light, being and non-being, space and time. His inscriptions of light materialize the perceptive experience and go beyond the contemplative aspect to generate emotional and cognitive sensations together, because everything happens the moment one looks at them. Through photographs, that are conceptual objects, the possible relations not of things, but of the signifier and the signified as Saussure would define them, are investigated. Icone di Luce (icons of light) and other works of the end of the 90s, already rotated around the creation of images through light, anticipating the subsequent researches of the light boxes Black & Blue (2009), Light House (2009) and Stelle Braille (Braille stars,1991) the installation

in which light projections are inspired by the language for the blind, because they cannot see light, but imagine it, they perceive mental flashes beyond the darkness, while we do not. These images lead to the articulation of reflections regarding the capacity to go beyond images and areas of what is visible, with signs, segments, blades of blinding white light that cut across the darkness as can be seen in Skylight 08 (2002), thrusting our view inside daring unusual perspectives which take the form of sculptures, at the same time real and ethereal luminous objects, concrete and symbolic thresholds of metamorphic perceptions of the space in which they are integrated, that define hermeneutic horizons, to be experienced rather than described. By shifting one’s attention to the original moment of the photograph, Wolf raises the question: which was born first, the light or the photograph? And in the synthesis of the thought and action, both real and imaginary, light becomes a display of life.


¶ RICERCA E INNOVAZIONE

Luce led e sistemi smart nell’industria. Troppi ritardi? di Alessandro Visca

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a quarta rivoluzione industriale, l’industria 4.0, sta cambiando ancora una volta gli scenari della produzione. L’automazione e la robotica, già dominanti nei reparti produttivi, si evolve ulteriormente con la connessione in rete. Le macchine dialogano fra di loro e con la rete internet. Le nuove tecnologie di illuminazione che utilizzano i semiconduttori (Led) si inseriscono a pieno in questa svolta epocale. Il Led infatti è per sua natura perfettamente integrabile nei sistemi avanzati di interconnessione e comunicazione. Il passaggio ai Led è quindi una scelta naturale anche in ambito industriale. Tuttavia, i dati più recenti sull’industria italiana, raccolti da un’accurata indagine del Politecnico di Milano (“Efficient & Smart Lighting Report”), ci dicono che nel processo di aggiornamento dell’illuminazione con i Led e i sistemi smart, l’industria italiana è ancora indietro. La ricerca del Politecnico sul mercato dell’efficient lighting in Italia ha rilevato che nel 2015 il comparto industriale ha raggiunto un valore tra i 36 e i 40 milioni di euro, con l’installazione di circa 150 mila sorgenti Led. Un dato nettamente inferiore rispetto ad altri settori, come quello degli uffici, che ha fatto registrare un fatturato intorno ai 70 milioni di euro, con l’istallazione di più di 600mila sorgenti Led, mentre il comparto commerciale è arrivato a superare i 700 mila Led installati. “Il segmento industriale – commenta Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano – rappresenta una sorta di ‘buco nero’, con una diffusione poco più che embrionale sia delle sorgenti Led che delle soluzioni smart, poiché non si comprende adeguatamente il peso dell’illuminazione sia dal punto di vista dell’efficacia che del costo”. Entra in gioco, dunque, il fattore culturale. Non c’è ancora una conoscenza diffusa dei vantaggi che questi sistemi possono portare alle aziende. Con l’aiuto di alcuni dei grandi produttori di Led, vediamo quali sono i reali vantaggi di un impianto di illuminazione a Led nel settore industriale.

mostra gli evidenti vantaggi dei Led non solo in termini di minore assorbimento di energia, ma soprattutto di durata di vita. “I primi impianti di illuminazione per l’industria interamente a Led – ricorda Gabriele Giaffreda di Osram Opto Semiconductors – risalgono a tempi molto più recenti rispetto all’illuminazione generale. Si tratta di una tecnologia il cui sviluppo ha beneficiato degli studi e delle applicazioni pionieristiche, che però ha caratteristiche molto diverse da quelle che l’hanno preceduta. Basti pensare a questo aspetto: mentre la lampada a scarica ha una durata di vita limitata

e va sostituita periodicamente, il Led ha una durata di vita estremamente elevata, limitando di fatto fortemente i costi di sostituzione”. Perché questa durata di vita sia effettiva la sorgente luminosa deve essere adeguatamente protetta dai rischi legati alle particolari condizioni ambientali in cui viene installata. “Allo stato attuale – spiega Mauro Ceresa di Cree – sono due i fattori che possono danneggiare o accorciare la vita dei Led: gli stress elettrici e il fenomeno che noi chiamiamo di incompatibilità chimica. Si tratta di un processo che avviene all’interno della struttura del Led a causa di contaminanti esterni”.

Cosa ci si aspetta dai Led Risparmio energetico e lunga durata di vita sono il punto di partenza, anche in questo settore, per la scelta dei Led come sorgente alternativa alle lampade fluorescenti o a scarica. Per quanto riguarda il risparmio di energia la tabella della pagina seguente INNOVATION AND RESEARCH / LUCE 319

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Sopra e nella pagina precedente, nuova illuminazione a Led nei capannoni sede di uno storico cantiere navale di Rotterdam (Paesi Bassi), realizzata con proiettori Astro Led (Disano)

È un fenomeno che riguarda solo determinate lavorazioni in cui la forte concentrazione di particolari sostanze volatili, come per esempio solventi usati nelle verniciature, può arrivare a danneggiare il Led e a comprometterne il funzionamento nel tempo. Con il diffondersi degli impianti a Led si conoscono meglio questi effetti e le sostanze che li causano, permettendo ai produttori di apparecchi e sorgenti di mettere a punto protezioni adeguate. “La durata di vita dei Led – conferma Andrea Banfi di Lumileds – è sfruttabile a pieno solo con apparecchi

Tipologia lampada Tipologia lampada

di qualità e i produttori più seri che usano i nostri Led effettuano dei test anche sugli apparecchi. Oggi chi deve fare installazioni in ambienti industriali deve affidarsi ad aziende che abbiano un corretto know how e sappiano suggerire le soluzioni migliori da applicare, anche in relazione alla presenza di agenti aggressivi e potenzialmente dannosi per i Led”. La maggiore efficienza delle sorgenti luminose è quindi solo una delle caratteristiche degli impianti a Led, di cui oggi si valutano con attenzione tutte le prestazioni.

“Finora – ci conferma Banfi – si è sentito molto parlare delle performance quantitative dei Led, come il risparmio energetico e la lunga durata di vita. Ora è il momento di considerare meglio anche la qualità e aiutare l’utente finale a capire quali possono essere le differenze dei prodotti presenti sul mercato. L’illuminazione a Led oggi ha raggiunto un alto grado di specializzazione in tutti i settori. Basti pensare al retail, dove possiamo creare un’illuminazione che esalti il bianco in un negozio di abiti da sposa o faccia risaltare i colori in una catena di abbigliamento

Potenza Power (W)

Flusso Luminoso Luminous flux (lm)

Temperatura colore Colour temperature*

Indice di resa cromatica Colour rendering index

Durata (ore) Duration (hours)

Efficienza luminosa Lighting efficiency (lm/W)

Fluorescente tubolare Tubular fluorescent (T8)

18 - 70

860 - 6.200

BC/BN/DW

80 - 96

16.000 - 80.000

60 - 95

Fluorescente tubolare Tubular fluorescent (T5)

14 - 80

1.100 - 6.200

BC/BN/DW

80 - 93

24.000 - 45.000

65 - 105

Fluorescente compatta Compact fluorescent

5 - 80

250 - 6.400

BC/BN/DW

80 - 90

5.000 - 32.000

45 - 95

Alogenuri metallici HP HP metal halide

35 - 2.000

3.200 - 240.000

BC/BN/DW

65 - 96

6.000 - 15.000

65 - 120

SAP High pressure sodium

35 - 1000

3.500 - 150.000

BC

20 - 25

12.000 - 32.000

75 - 150

Alogenuri metallici (double ended) Metal halides (double ended)

70 - 2.000

5.500 - 230.000

BC/BN/DW

65 - 95

4.500 - 15.000

75 - 120

70 - 150

6.800 - 15.000

BC

20 - 25

12.000 - 12.000

95 - 100

1 - 140

100 - 17.200

BC/BN/DW

70 - 98

50.000

90 - 180

SAP (double ended) High pressure sodium (double ended) LED

* BC = Bianco Caldo (<3.300 K) - BN = Bianco Neutro (3.300–5.300 K) - DW = Day White (> 5.300 K)

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Above and on the previous page, the new LED lighting in the sheds of a historic shipyard in Rotterdam (Netherlands), made with Astro Led projectors (Disano)

LUCE 319 / RICERCA E INNOVAZIONE

Elaborazioni Energy&Strategy Group su dati SLE (Smart Lighting Engineering)


per i giovani, oppure il settore del food dove possiamo utilizzare una illuminazione specifica per i diversi tipi di alimenti. Nell’industria questi criteri di qualità della luce sono ancora più importanti. Si tratta di illuminare ambienti dove chi lavora trascorre almeno otto ore, in cui la luce deve dare una corretta percezione di quello che si fa e garantire il benessere visivo”. La qualità della luce Gli aspetti qualitativi dell’illuminazione a Led influiscono su tre fattori fondamentali per un ambiente di lavoro: la sicurezza, la salute e la produttività. In tema di sicurezza oltre alla quantità di luce, che deve essere sempre adeguata, va valutata anche la qualità. Pensiamo ad esempio all’importanza di poter distinguere bene i colori, legata alla resa cromatica delle sorgenti luminose. Un fattore che sicuramente favorisce la produttività, ma aumenta anche la sicurezza, quando si ha a che fare con materiali e lavorazioni potenzialmente pericolose. Oggi le sorgenti Led hanno raggiunto alti livelli di resa cromatica (CRI >80), che le rende competitive o superiori rispetto alle tecnologie precedenti. Un altro grande tema è quello della tutela della salute di chi lavora. Con i Led si può andare anche oltre il benessere visivo per entrare nel territorio della Human Centric

Lighting (HCL). In un recentissimo position paper, Lighting Europe (l’associazione europea dei produttori) e IALD (international association Lighting designer) danno questa definizione: “La Human Centric Lighting supporta la salute, il benessere e le performance delle persone, combinando i benefici visivi, biologici ed emozionali della luce”. In pratica, si tratta di progettare e gestire l’illuminazione in modo da seguire il ciclo che compie la luce naturale durante il giorno e che determina il buon funzionamento del nostro organismo. In ambito industriale l’applicazione di questi criteri sembra meno immediata rispetto a un ufficio o a una scuola ma la presenza di un’illuminazione costante, sempre in giusto rapporto con l’apporto di luce esterna può determinare un sensibile miglioramento delle condizioni ambientali anche in un capannone o in un magazzino. In definitiva, una luce ben regolata e meno invasiva non soltanto tutela la salute, ma può rendere meno faticoso il lavoro e favorire la produttività. Illuminazione intelligente La HCL ci introduce al tema dei sistemi smart di controllo e gestione dell’illuminazione. Si tratta di un settore in grande sviluppo e che promette importanti novità per il futuro. Attualmente sono già disponibili sistemi

Led light and smart systems in industry. Too many delays? T

he fourth industrial revolution – industry 4.0 – is once again changing production scenarios. Automation and robotics, by now dominant in the production departments, will further evolve with the network connection. Machines interact with each other and with the Internet network. The new lighting technologies using semiconductors (LEDs) fit perfectly in this new era. By its very nature, the LED can be fully integrated in the advanced interconnection and communication systems. The transition to LEDs is therefore a natural choice for industrial applications too. However, the latest Italian data, collected in a thorough investigation by the Politecnico di Milano (“Efficient & Smart Lighting Report”), tell us that the Italian industry is still lagging behind in the upgrade process in lighting with LEDs and smart systems. The Politecnico research on the efficient lighting market in Italy highlighted how, in 2015, the industrial sector reached a value between 36 and 40 million euro, with the installation of about 150,000 LED sources. This is a much lower figure than in other sectors, such as the office one, which recorded a turnover of around 70 million euro and

the installation of more than 600 thousand LED sources, or the commercial sector, which installed more than 700,000 LEDs. “Since the role of lighting is not properly understood in terms of efficiency and costs, the industrial segment – said Vittorio Chiesa, director of the Energy & Strategy Group of the Politecnico di Milano – is a sort of ‘black hole’, with little more than an embryonic diffusion of LED sources and smart solutions.” The cultural factor comes therefore into play. A widespread understanding of the benefits that these systems can bring to companies is lacking. With the help of some of the largest LED manufacturers, we will now examine the real benefits of LED lighting systems in the industrial sector. What is expected from LEDs In this field as well, energy saving and long life span are the starting point in choosing LED sources instead of fluorescent or discharge lamps. As for the energy saving, the adjoining chart shows the clear benefits of LEDs in terms of lower absorption of energy and, above all, of life span.

in grado di regolare l’illuminazione secondo le reali necessità, con un vantaggio importante sui consumi energetici. Parliamo innanzitutto dei sensori di presenza, che evitano le luci accese in ambienti senza persone e dei sistemi di dimmerazione, che possono regolare l’emissione luminosa. I sensori daylight modulano la quantità di luce artificiale in base al maggiore o minore apporto di luce esterna, con vantaggi per la bolletta, ma anche in termini di qualità dell’ambiente indoor. Tutto questo può essere impostato o anche controllato a distanza, arrivando a controllare anche con applicazioni per lo smartphone ogni singolo apparecchio di illuminazione. Sull’onda dell’Internet of Things (IoT), che rende ogni oggetto in grado di interagire con un insieme di dati interni ed esterni, è facile prevedere un futuro con apparecchi di illuminazione sempre più intelligenti, in grado di reagire a una serie di ulteriori informazioni, come per esempio le condizioni di temperatura e di umidità dell’ambiente o le varianti dell’alimentazione. E sullo sfondo si annuncia già la prossima rivoluzione, contenuta in sigle come VLC (visible light communication) e Li-Fi (Light Fi), tecniche di trasmissione dati wireless, che utilizzano lo spettro della luce visibile in alternativa alle onde radio.

“The first lighting systems completely made with LEDs – says Gabriele Giaffreda of Osram Opto Semiconductors – are much more recent in industry than in the general lighting. This is a technology whose development has benefited from studies and ground-breaking applications, which has however widely differing characteristics from those that preceded it. Just consider this: while a gas-discharge lamp has a limited life span and must be regularly replaced, LED has an extremely high life duration, and this strongly affects replacement costs.” For this service life to be effective, the light source must be properly protected from the risks associated to the particular environmental conditions in which it is installed. “Nowadays – says Mauro Ceresa of Cree –, two are the factors that could damage or shorten LEDs service life: electrical stresses and the so called “chemical incompatibility” phenomenon. This is a process caused by external contaminants that occurs within the LED structure itself.” This phenomenon concerns only specific applications in which the strong concentration of particular volatile matter, such as solvents used in coatings, can damage LEDs and impair their function in time. With the diffusion of the LED systems, we can know more about these effects and the substances causing them, thus enabling the manufacturers of equipments and sources to develop appropriate protections. “The LED service life – as confirmed by Andrea Banfi of Lumileds – is fully exploitable only INNOVATION AND RESEARCH / LUCE 319

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L'illuminazione dei reparti produttivi e dell’area esterna della Metalsigma di Arluno (MI), realizzata con proiettori Astro Led e apparecchi Stelvio Powerled (Disano)

The lighting of the production and outdoor areas of Metalsigma in Arluno (MI), made with Astro Led projectors and Stelvio Powerled equipments (Disano)

with high quality equipments, and the most reliable producers carry out further tests on devices as well. Nowadays, those who have to do installations in industrial settings shall rely on companies that have the proper know-how and are able to suggest the best applicable solutions in relation to the presence of aggressive and potentially harmful agents.” The greater efficiency of light sources is therefore only one of the characteristics of LED systems, of which all benefits are today carefully evaluated. “So far – confirms Banfi –, we have heard a lot about LEDs quantitative performance, such as energy saving and long service life. Now is the time to focus on the quality and help the user to understand what might be the differences in products on the market. LED lighting has today reached a high specialization level in all fields. Just think about the retail field, where we can create a lighting that enhances the white in a wedding gowns atelier, or bring out the colours in apparel shops for young people. Or the food sector, where we can use specific lightings for different types of foods. In industry these quality criteria are even more important. It here comes to lighting environments where workers spend at least eight hours a day, in which light should give an accurate perception of what is done and ensure the visual wellbeing.” The quality of light The qualitative aspects of LED lighting affect three aspects that are crucial for a workplace: safety, health and productivity. In terms of safety, in addition to the amount 112

LUCE 319 / RICERCA E INNOVAZIONE

of light, which must always be adequate, the quality should be as well assessed. Take for instance the importance of being able to properly distinguish colours, which is linked to the colour rendering of light sources. A factor that definitely favours the productivity, but also increases safety when dealing with potentially harmful materials and processes. Nowadays LED sources have reached high levels of colour rendering (CRI> 80), which makes them competitive or even greater than previous technologies. Another major theme is the protection of the workers’ health. LEDs allow to go beyond visual wellbeing and to enter the territory of the Human Centric Lighting (HCL). In a recent Position Paper, Lighting Europe (the European producers association) and IALD (International Association Lighting designer) gave this definition: “Human Centric Lighting supports the health, welfare and people’s performance, by combining the visual, biological and emotional benefits of light.” In practice, it comes to design and manage lighting so as to follow the daily cycle of natural light, which determines the good functioning of our body. In the industrial sector, the application of these criteria may seem less important than in an office or a school, but the presence of a constant lighting, always in balance with the incoming external light, can result in a significant improvement in the environmental conditions of a shed or warehouse. In the end, a well-regulated and less invasive light not only protects our health, but it can make work less tiring and boost productivity.

Smart lighting The HCL introduces us to the topic of the smart systems for the control and management of lighting. This is a sector undergoing great developments that promises important innovations for the future. Systems that are able to adjust the lighting according to the actual needs are currently available, with major benefits in terms of energy consumption. We are mainly talking about occupancy sensors, which prevent the lighting of empty rooms, and dimming systems, which can adjust the light output. The daylight sensors modulate the amount of artificial light according to the greater or lesser intake of external light, with benefits on bills and in terms of quality of the indoor environment. All this can be set or even controlled remotely, controlling each individual lighting fixture through smartphone applications. In the wake of the Internet of Things (IoT), which makes each object able to interact with a set of internal and external data, it is easy to predict a future where increasingly intelligent lighting equipment will be able to react to a series of additional information, such as temperature and humidity conditions of the environment or power variations. And in the background, acronyms such as VLC (Visible Light Communication) and Li-Fi (Light Fi) – wireless data transmission techniques that use the visible light spectrum as an alternative to radio waves – are herald of the upcoming next revolution.


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