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Ocean Decade: dieci anni per salvare l’oceano e la vita sulla terra

Ocean Decade: Ocean Decade:

dieci anni per salvare dieci anni per salvare l’oceano e la vita sulla terra l’oceano e la vita sulla terra

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Paola Giorgia Ascani

«Viviamo intorno a un mare come rane intorno a uno stagno» (Socrate)

La consapevolezza socratica della connessione tra vita marina e terrestre dev’essersi persa nel corso dei decenni se oggi sussiste l’urgenza di istituire una decade dedicata agli oceani con lo scopo di comprendere e raccogliere dati sulla loro essenzialità per la sopravvivenza dell’intero ecosistema. L’Ocean Decade, formula breve per il Decennio delle scienze oceaniche per lo sviluppo sostenibile (Decade of Ocean Science for Sustainable Development) (1) impegnerà tutti gli Stati del mondo, dal 2021 al 2030 in un programma di conoscenza e sviluppo di strategie a tutela

Avvocato del Foro di Roma dal 2006, esercita prevalentemente in campo penale e tutela dei diritti umani. Patrocinante dinanzi la Suprema Corte di Cassazione e giurisdizioni superiori. È stata membro della Commissione diritto e procedura penale del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma, ha pubblicato con la casa editrice Giuffrè contributi sulla disciplina dei contratti, brevetti e marchi e proprietà intellettuale. È stata tutor e membro del direttivo della Camera penale di Roma e del Centro studi Alberto Pisani. Ha curato, sotto il profilo giuridico e legale, progetti foto-editoriali in materia umanitaria e internazionale. È consulente giuridico e forense del Circolo del ministero degli Affari esteri.

Plastica nei mari tropicali (oceandecade.org).

dell’ambiente oceanico e marino, anche in funzione dei rimedi alle problematiche legate al Climate Change e allo Sviluppo Sostenibile. Proclamata nel 2017 dall’ONU, su iniziativa della Commissione Oceanografica Intergovernativa (IOC) dell’UNESCO, contempla un piano articolato e interdisciplinare dedicato alle scienze del mare che va dalla protezione degli oceani alla predisposizione di un piano di sviluppo socio-economico rispettoso e armonico con l’ambiente marino (2).

Il percorso verso l’Ocean Decade

La decisione di dedicare un decennio intero alla conoscenza, studio e comprensione dei meccanismi di funzionamento oceanici così da poterne utilizzare le risorse in modo non esaustivo parte da lontano, nell’ambito delle politiche internazionali dedicate allo studio dei cambiamenti climatici. Nel 2015, al Summit ONU sullo Sviluppo Sostenibile (in seno alla 70° Assemblea generale delle Nazioni unite) svoltosi a New York, è stata adottata l’Agenda 2030 ONU per lo sviluppo sostenibile (3). Comprensiva di 17 obiettivi (SDGs - Sustainable Development Goals) e 169 traguardi accessori da raggiungere, l’Agenda 2030 prevede la realizzazione dei suoi obiettivi tramite progetti che intersecano le azioni comprese nei tre pilastri del Sustainable Development: 1) economia, 2) società, 3) ambiente. La connessione dei tre pilastri acclara la centralità degli oceani per lo sviluppo sostenibile, una realtà con cui il mondo deve a tutti i costi confrontarsi in modo oramai improcrastinabile. Attraverso le svariate attività che si svolgono in mare e le numerose risorse che mette a disposizione, le nazioni hanno potuto migliorare l’occupazione e le condizioni medico-sanitarie, arginando in molte aree anche problematiche come povertà, malnutrizione e inquinamento. È un dato di fatto che tutte le economie che si fondano sugli oceani hanno maggiori possibilità anche di realizzare la parità di genere, posto che offrono più occasioni di emancipazione e occupazione femminile nell’indotto produttivo legato al settore marittimo (4). Ma un altro dato di fatto, questa volta molto allarmante, è che senza una adeguata politica e strategia che prenda in considerazione con sistematicità le problematiche legate al clima e le ricadute sugli oceani, questa popolazione da essi sostenuta,

stimata tra i 50 e i 200 milioni di persone nel mondo, sarà drammaticamente coinvolta da eventi disastrosi dovuti proprio alla modificazione del clima entro il 2050. Per questo, l’Agenda, nella pianificazione post 2015, dedica, per la prima volta, un obiettivo specifico al mare: SDG 14 - Vita sottomarina (Life below water) (5). È con l’Agenda, quindi, che si inizia a parlare con toni istituzionali dell’importanza di conservare e utilizzare, in modo durevole, gli oceani, i mari e le risorse marine, come componenti fondamentali dello sviluppo sostenibile. In precedenza, il sistema marino-oceanicofluviale era considerato solo come una questione ambientale, trascurandone le ricadute economiche e sociali. La consapevolezza e presa di coscienza di quanto siano invece rilevanti per quei contesti e come la vita e la salute del sistema legato alle acque terrestri sia basilare al sistema globale terrestre si è concretizzata grazie all’attività del Global Ocean Forum, in una all’impegno del Pacific Small Island Developing States che, insieme, hanno portato all’esame delle Nazioni unite le istanze per avviare un c.d. «processo aperto» (6) conclusosi, appunto, con l’adozione dell’Obiettivo 14 (SDG 14).

L’SDG 14 - Vita Sottomarina, presupposto per

l’Ocean Decade

Molta strada è stata percorsa da quando dieci anni fa nel 2012, l’allora vice-coordinatrice esecutiva per la Conferenza di Rio+20, Elizabeth Thomson, in occasione della Giornata mondiale degli Oceani che si celebra il 16 giugno, proclamò l’importanza degli oceani come «punto in cui si uniscono sul pianeta, le persone e la prosperità», sancendo che «è di questo che tratta lo sviluppo sostenibile». Thomson evidenziò il legame, prima per nulla evidente, tra «abitanti della Terra coinvolti, consapevoli di agire per la nostra responsabilità verso il pianeta, i popoli e gli oceani».

Da allora, è ormai acclarata la circostanza che gli oceani, coprendo tre quarti della superficie terrestre, sono la componente principale del nostro pianeta, nonché la sua principale fonte di vita, posto che assorbono il 30% dell’anidride carbonica mondiale e grazie al fitoplancton marino producono il 50% dell’ossigeno necessario alla nostra sopravvivenza. Dunque gli oceani svolgono un ruolo chiave per la regolazione climatica, riequilibrando la temperatura in modo che la Terra sia idonea allo sviluppo e al mantenimento di ogni forma di vita esistente. La centralità degli oceani si esplica anche sotto il profilo del benessere economico globale. Il valore delle attività economiche legate agli oceani si aggira introno ai 3/6 mila miliardi di dollari. Basti pensare che il 90% del commercio mondiale si svolge via mare, i cavi della c.d. Undernet, permettono, posati sui fondali marini, il 95% di tutte le telecomunicazioni mondiali, e solo da pesca e acquacoltura arriva il 15% del consumo annuale di proteine animali. Sul fronte energetico, oltre il 30% delle risorse fossili sono estratte in mare; maree, onde, correnti ed energia eolica in alto mare costituiscono le risorse energetiche offshore più performanti sotto il profilo dell’energia a bassa emissione di carbonio e 13 su 20 megalopoli del mondo sorgono su zone costiere così come più del 40% della popolazione del mondo vive in zone entro i 100 km dall’oceano e dal mare (7). Senza contare la mole di guadagni legati al turismo costiero, o alla produzione perfino galenica ottenuta grazie alla biodiversità ma-

Lago Inla, pescatori al tramonto nello Stato di Shan, Myanmar (Birmania) (R.M. Nunes/Alamy Foto Stock).

rina. Oggi, l’Obiettivo 14 contiene in sé anche disposizioni di tipo attuativo per essere conseguito; in esso è confluito il materiale elaborato in seno a diverse sessioni di lavori nella Conferenza delle Nazioni unite sull’ambiente e lo sviluppo del 1992, nel Summit mondiale sullo sviluppo sostenibile, del 2002, nella Conferenza delle Nazioni unite sullo sviluppo sostenibile Rio+20 del 2012 e nella Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare (UNCLOS) in vigore dal 1994. In buona sostanza, proprio questa estrema elaborazione e completezza del SGD 14, lo rende, a oggi, uno strumento già completo per generare frutti risolutivi nel campo della politica oceanica, tanto che è considerato un corpus difficilmente perfettibile. L’SDG14 si declina, infatti, in 7 più 3 traguardi divisi per tappe cronologiche con cui portare avanti la sua realizzazione. Il 14.1 appronta soluzioni nella riduzione dell’inquinamento terrestre e marittimo; 14.2 contiene indicazioni per la prevenzione e la ricerca di soluzioni per la corretta gestione degli ecosistemi che sopportano i maggiori fattori di stress, come le aree costiere; 14.3 prevede azioni per ridurre al minimo gli effetti dell’acidificazione degli oceani; 14.4 regolamenta la pesca in modo che diventi sostenibile, con piani orientati per il futuro, ma anche ripristinando, nel presente, le riserve ittiche; 14.5 preserva, in ossequio al diritto internazionale marittimo, almeno il 10% delle aree costiere; 14.6 contiene indicazioni per agire sotto il profilo ittico-economico, ritirando i sussidi a tutte le attività di pesca illegali e non conformi alle regole; 14.7 implementa i benefici economici dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo quali basi per la fruizione di un mare più sicuro; 14.a punta sulla conoscenza scientifica, sulla ricerca e condivisione dei dati secondo le linee guida della Commissione Oceanografica Intergovernativa sul trasferimento di tecnologia marina allo scopo di migliorare e curare la salute dell’oceano e tutelare la biodiversità marina; 14.b garantisce accesso dei pescatori artigianali alle risorse e ai mercati marini; 14.c garantisce e sollecita l’uso sostenibile degli oceani e delle risorse, applicando il diritto internazionale ai sensi dell’UNCLOS. Fra i tanti meriti della creazione dell’elaborazione di questo obiettivo, vi è l’organizzazione dello strumento istituzionale quadro (framework) che lo contiene e che ormai rappresenta la cornice internazionale stabile dei lavori che riguardano gli obiettivi di sostenibilità relativi all’oceano. La messa a punto dell’SDG14 ha sollecitato la prima riunione, nel 2017, della Conferenza sull’oceano delle Nazioni unite su mandato dell’Assemblea generale ONU e dunque ispirato l’Ocean Decade.

La Conferenza sull’oceano delle Nazioni unite

del 2017, culla dell’Ocean Decade

La prima Conferenza internazionale per l’attuazione dell’obiettivo 14 di sviluppo sostenibile ha avuto sede a New York nel giugno del 2017 con lo scopo di predisporre un piano strategico fattivo per la conservazione e l’utilizzo sostenibile dell’oceano e delle risorse marine. In questa sede, il neonato SDG14 ha esplicato tutta la sua forza come fulcro dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e ha ispirato una serie di proposte e soluzioni presupposti per l’attuale Ocean Decade. Nella Conferenza, l’UNESCO, per voce dell’allora direttore generale Irina Bokova, richiese l’istituzione della Decade Oceanica al fine di salvaguardare le aree

Oceani come fonte di approvvigionamento e impiego globale (Erik Lukas).

marine del mondo, anche a seguito della presentazione del Rapporto globale di Scienze oceaniche della Commissione Oceanografica Intergovernativa (IOC) e gettò le basi per la stesura di un impegno giuridicamente vincolante a livello internazionale nell’ambito dell’UNCLOS per la conservazione della diversità biologica marina, poi innestato nella Convenzione sulla diversità biologica redatta già nel 1992 dagli Stati ONU. L’Ocean Decade non sarebbe mai stata possibile senza la costituzione dell’SDG14 come autonomo obiettivo di sviluppo sostenibile unito all’impegno costante dell’Intergovernmental Oceanographic Commission (IOC) dell’UNESCO nell’agevolare una cooperazione internazionale in materia di scienze oceaniche. Entrambi sono stati fondamentali per avviare uno strumento di pianificazione adeguato a contenere i rischi marini e migliorare le risorse di oceani e zone costiere. La prossima Conferenza delle Nazioni unite sull’oceano è prevista per il 25 giugno - 1 luglio dell’anno corrente, in Portogallo, e sarà un’opportunità fondamentale per aumentare i finanziamenti e per consolidare l’attuazione degli strumenti adottati fin qui e costruire nuovi partenariati.

L’Ocean Decade: ispirazione e caratteristiche «Di gran lunga, la più grande minaccia per l’oceano, nonché per noi stessi, è l’ignoranza». A sostenerlo è Sylvia Earle (8) e se dovessimo riassumere, in una parola chiave, le ragioni e gli obiettivi alla base dell’Ocean Decade, essa sarebbe: conoscenza. La maggior parte della popolazione mondiale non è consapevole dell’influenza dell’oceano sulla vita di tutti i giorni sotto il profilo politico-sociale, economico, medico e ambientale. Gli studiosi parlano in proposito di «cecità oceanica» cui, tramite l’Ocean Decade, l’ONU ha intenzione di porre rimedio, diffondendo piuttosto un’educazione all’oceano (9). Per educazione all’oceano si intende la conoscenza e comprensione dell’influenza che l’oceano esercita su di noi e, reciprocamente, l’influenza che noi esercitiamo sull’oceano. Diffondere la consapevolezza di questa interazione inscindibile è il passo fondamentale per vivere e agire in modo sostenibile (10). L’approvazione dell’SDG14 necessitava di uno strumento ulteriore che permettesse la diffusione di questo concetto e l’Ocean Decade è la programmazione che renderà possibile questa conoscenza. Nell’arco di un decennio le scienze dell’oceano e la loro rilevanza avranno il tempo per essere veicolate in modo capillare, spiegando l’importanza marina nella conservazione della vita sul pianeta. Occorreva un periodo discretamente lungo che potesse non solo seminare, ma anche vedere germogliare i frutti di una vera e propria cultura oceanica stabile. La mission della Decade Oceanica è proprio quella di capire, e far capire, gli oceani, conoscerli al fine di prendersene cura in modo adeguato e consapevole. Più dell’80% degli oceani non è ancora neppure stato mappato né esplorato, secondo la NASA. Al servizio dell’Ocean Decade sotto questo profilo, c’è anche il progetto SEABED 2030. Fu creato nel 2017, allo scopo di mappare ad alta risoluzione il 100% dei fondali entro il 2030, suddividendo gli oceani in 4 quadranti, ciascuno dei quali sotto la responsabilità di autorevoli istituti di ricerca. Tutte le singole mappature confluiranno in

un’unica mappa a consultazione libera sotto la supervisione del British Oceanographic data center. Nell’anno di avvio, era stato mappato solo il 6% dei fondali, stando agli ultimi dati disponibili del 2020, si è arrivati al 19%. La convinzione dell’ONU è che solo tramite conoscenze scientifiche adeguate si potrà giungere all’elaborazione di strumenti e soluzioni efficaci per fronteggiare i cambiamenti in atto nei nostri oceani e quindi salvarli dalla distruzione. Sarà possibile giungervi soltanto tramite una strategia interforze, la creazione di sinergie e il rafforzamento della cooperazione internazionale. L’Ocean Decade aprirà a nuove partnership e darà slancio alla ricerca scientifica - innovazione tecnologica affinché l’SDG14 possa diventare una effettiva realtà di sviluppo sostenibile. Nell’Agenda dell’ONU per l’Ocean Decade, figurano sette priorità da realizzare per il 2030: 1) un atlante digitale degli oceani, 2) un sistema completo di osservazione degli oceani da tutti i bacini principali, 3) conoscenza degli ecosistemi oceanici e loro dinamiche, 4) la creazione di un portale con dati e informazioni sugli oceani, 5) un sistema di allerta integrato per le differenti situazioni di rischio, 6) l’inclusione degli oceani nelle attività di studio terrestri, 7) lo sviluppo di competenze e tecnologie per la diffusione e lo scambio di educazione e cultura degli oceani. La decade prevede eventi a ritmo serrato, posto che la situazione in cui versa l’ambiente marino non è delle migliori (11). Si stima che per il 40% i mari soffrono a causa dello scioglimento dei ghiacciai che ne innalzano il livello delle acque, il processo di acidificazione procede a ritmi febbrili a causa delle concentrazioni, ormai fuori controllo, di anidride carbonica nell’atmosfera, la pesca, secondo la FAO, si svolge al di fuori di canoni biologicamente sostenibili, e la cifra vertiginosa di 8 milioni di tonnellate di plastica finisce nel mare ogni anno, danneggiando specie marine e mettendo in pericolo anche la vita umana. Tornano quindi in ballo i tre pilastri dello sviluppo sostenibile dettati dall’Agenda 2030 applicabili anche all’SDG14 per riequilibrare la salute degli oceani e, a cascata, quella dell’uomo sulla Terra. Questi dieci anni, in cui saranno condivisi e diffusi dati e risultati delle scienze marine, permetteranno di arrivare alla realizzazione degli obiettivi dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile, armonizzando lo sviluppo economico con gli equilibri ambientali e modernizzando, in modo sostenibile, i settori della pesca, dei trasporti marittimi, del turismo, della produzione energetica, esplorazione delle risorse che, nell’assetto attuale, sono fonte di enorme stress per gli ambienti marini. Veicolare nella cultura di massa che l’impoverimento e la distruzione degli oceani significa l’automatica, e inevitabile, sofferenza degli equilibri fisiologici sulla terraferma e dell’economia globale, è l’unica via con cui salvare il pianeta, per questo l’Ocean Decade non è rivolto solo alla comunità scientifica, bensì coinvolge diversi settori in modo trasversale: da quelli politico e industriale alla società civile. Attraverso la comprensione dello stato attuale degli oceani, l’Ocean Decade consentirà di rendersi conto più in fretta, se non addirittura di prevedere, i possibili mutamenti e il loro impatto sul genere umano. Si pensi, per esempio, all’inquinamento o alla pesca fuori controllo dei quali sarà possibile ridurre gli impatti negativi, preservando un buon livello di sicurezza e produttività all’oceano a lunga scadenza.

Oceani, fonte di vasta biodiversità (Hannes Klostermann).

Ocean Decade: un complice essenziale dello

sviluppo sostenibile

La consapevolezza che il mare è essenziale allo sviluppo economico e che quest’ultimo deve invertire la rotta, divenendo sempre più sostenibile, è il corollario della scelta di avviare un decennio per «trattare» il mare in modo sostenibile e metterlo al centro di uno sviluppo armonico con le esigenze del clima e del pianeta. Il sostentamento di 3 miliardi di persone dipende in via esclusiva dal mare, la deossigenazione ha portato il prolificare di alghe dannose, alla riduzione della capacità di rigenerazione delle barriere coralline e dunque sta abbattendo la biodiversità ma-

rina che, negli ultimi 150 anni, si è dimezzata. I fattori produttivi di stress, che pure rappresentano risorse ineguagliabili per un’inversione di rotta nell’impatto umano sull’equilibrio ambientale, sono rappresentati delle fonti di energia che provengono dalle acque terrestri — sistemi off-shore di produzione energetica provenienti dalle onde, dal vento in alto mare — che, se non correttamente gestite come avviene oggi, possono diventare letali alla residua sopravvivenza marina. Le scienze del mare, sono adeguate alla gestione delle problematiche oceaniche, ma devono essere aggiornate per offrire soluzioni davvero efficaci. È questa un’altra delle ragioni alla base dell’Ocean Decade, che permetterà di diffondere su larga scala conoscenze e fare rete sulle soluzioni in un tempo adeguatamente lungo per vedere i risultati delle azioni messe in campo. La Commissione Oceanografica Intergovernativa dell’UNESCO, nel 2016, facendosi carico della campagna propulsiva della Decade Oceanica, è riuscita a portarla alla proclamazione, come detto, nella 72° Assemblea delle Nazioni unite. Purtroppo, nel mezzo dei lavori preparatori all’avvio del Decennio del Mare, il mondo è stato coinvolto, e stravolto, dalla pandemia che ha evidenziato ancor di più il ruolo centrale della scienza e della conoscenza nei processi decisionali

governativi e politici, raggrumando le sorti del mondo, ancor più che la precedente globalizzazione. Il contesto ha evidenziato anche quanto il mare sarà centrale per la ripresa, al punto che l’High Level Panel for a Sustainable Ocean Economy ha avviato uno studio che dimostra come gli investimenti sostenibili in campo marittimo possono avere ricadute, in termini di benefici, cinque volte maggiori rispetto ai costi di realizzazione. In questo mutato contesto, pertanto, il Decennio del Mare ha accresciuto la sua importanza e ha segnato un cambio di passo anche nella progettazione delle iniziative in seno all’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.

Oceani (Francesco Ungaro).

Ocean Decade: la missione

Se l’ottica che distingue lo sguardo del Decennio del Mare è quella di una «scienza di cui abbiamo bisogno per l’oceano che vogliamo», la missione del più grande impegno collettivo mondiale della storia in favore della sopravvivenza sul pianeta attraverso il mare, è catalizzare soluzioni scientifiche, avvicinando le persone al nostro oceano. La formazione di dati e conoscenze che sarà generata dalle attività che si svolgeranno nell’arco del Decennio del Mare, e nell’ambito dell’UNCLOS, formeranno un patrimonio unico che permetterà di passare «dall’oceano che abbiamo a quello che vogliamo». L’oceano di cui l’umanità ha bisogno è caratterizzato

da sette punti, che costituiscono anche il manifesto di azione dell’Ocean Decade, e sono: 1) oceano pulito: attraverso l’identificazione delle fonti di inquinamento, la riduzione o rimozione; 2) oceano sano e resiliente: attraverso la comprensione degli ecosistemi marini e quindi la loro protezione, il ripristino e la gestione corretta; 3) oceano produttivo: un oceano con caratteristiche fisiologiche diventa una fonte di approvvigionamento alimentare sostenibile, molto più di quello terrestre; 4) oceano predicibile: se la comunità conosce il ciclo vitale del mare è in grado di predirne anche i comportamenti rischiosi; 5) oceano sicuro: è una ricaduta dei punti precedenti che rende il mare tutelabile dai pericoli per la vita e il sostentamento; 6) oceano accessibile: con una disponibilità libera per tutti di dati, informazioni e tecnologie sarà possibile approntare strategie più efficaci a livello globale e comune; 7) oceano che ispira e coinvolge: se la società comprende il valore del mare, può valorizzarlo costantemente come fonte di benessere e sviluppo sostenibile. Anche sotto questo aspetto è evidente che il fine ultimo del Decennio del Mare è implementare la capacità scientifica e generare conoscenze che confluiranno nella realizzazione dello sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, così sostenendo il conseguimento anche dell’SDG17, che si prefigge di rafforzare partnership globali quali strumenti per ottenerli.

Ocean Decade, parola d’ordine: collettività

Il sottopancia dell’Ocean Decade è «l’unione fa la forza». La presa di coscienza che ereditiamo dalla pandemia è sicuramente che nessuno si salva da solo. Il fattore chiave del successo della decade oceanica sarà pertanto la capacità di mettere a sistema e gestire collettivamente scoperte e metodi come via elettiva per giungere a soluzioni davvero efficaci e in grado di produrre la trasformazione di cui abbiamo bisogno nell’affrontare le sfide legate alla conservazione della vita sul pianeta e del genere umano. Digitalizzazione, accesso libero, utilizzo comune sono la base per una progettazione e costruzione di una rete collettiva che distribui-

Foto vincitrice del Contest fotografico per la giornata degli Oceani 2021 (UN.ORG, copyright Michael Gallagher).

sca le conoscenze che si acquisiranno via, via a formare il c.d. ecosistema digitale, nel quale le condizioni attuali e passate del mare serviranno a ipotizzare modelli con cui prevedere le condizioni marine future. L’ecosistema digitale permetterà una raccolta da più fonti (governative, società civile, organizzazioni scientifiche, enti ONU, scienziati, industria, comunità), creando la formazione di buone pratiche mai vista prima in campo presieduta da una c.d. unità di coordinamento del decennio.

Ocean Decade: educazione all’oceano

Si è rilevato poc’anzi l’essenzialità di una conoscenza che varchi le sedi dei laboratori scientifici e raggiunga la popolazione mondiale al fine di responsabilizzarla nella gestione del proprio rapporto col mare. Una delle principali motivazioni del Decennio Oceanico è proprio quella di diffondere una cultura partecipata del mare attraverso la veicolazione di 7 principi essenziali sviluppati per ottenere il consenso delle comunità sociali. La necessità di una c.d. alfabetizzazione oceanica ha condotto all’inserimento nei materiali didattici di alcuni concetti base relativi a oceani e mari, in primis negli Stati Uniti, ma che poi si sono espansi in altre regioni del mondo. I principi essenziali di cui si tratta sono stati studiati con un approccio integrato in modo da esprimere più di un principio base, cosicché i fruitori possano immediatamente comprendere come i temi legati all’oceano, al clima e alla conservazione dell’habitat sulla Terra siano una materia multidisciplinare. L’Ocean Literacy, parte integrante delle strategie adottate nell’Ocean Decade, significa migliorare la comprensione pubblica circa l’importanza dell’oceano. Più i cittadini del mondo conoscono, e sono educati sin dalla prima età alle dinamiche che coinvolgono l’oceano e maggiormente saranno disposti a sostenere le politiche per mantenerlo in salute. Il progetto di alfabetizzazione oceanica è dunque un progetto destinato a concludersi nelle scuole ai vari gradi di insegnamento che realizzi una comprensione piena delle dinamiche di interazione uomo - oceani che formerà individui in grado di prendere decisioni informate e responsabili per quanto riguarda l’oceano e le sue risorse. Solo l’inserimento di contenuti relativi all’oceano nei programmi didattici statali di educazione scientifica, nei materiali e nelle valutazioni può avere un impatto significativo. Come si vede, l’aspirazione internazionale in materia è altissima, anche considerata la posta in gioco.

Decade Action Framework, unità di coordina-

mento, metodi di finanziamento

In aggiunta all’accurata e dettagliata elencazione dell’SDG14, che permette agli attori internazionali di orientarsi in modo efficace, senza dispersione di azioni inutili nel conseguimento di una maggiore comprensione del nesso oceano-clima, la Decade Action Framework costituisce il quadro di riferimento delle azioni per il Decennio che guiderà nella progettazione e nell’attuazione delle iniziative da perseguire tutti gli attori coinvolti. Anche il quadro di riferimento mira al coinvolgimento su scala collettiva come via elettiva per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 e del Decennio del Mare, individuando tre fasi: 1) selezionare il tipo di conoscenza necessaria allo sviluppo sostenibile; 2) generare i dati ottenuti per essere condivisi; 3) utilizzo dei dati per attuare soluzioni di sviluppo sostenibile. Ogni attore che seguirà questa strategia in tre fasi, convoglierà i propri risultati verso la struttura creata per il coordinamento del Decennio che ha sede presso il segretario della Commissione Intergovernativa Oceanica, con il ruolo di hub centrale verso cui ciascun Ufficio per il coordinamento del Decennio, istituito presso i singoli Governi, farà confluire le azioni messe in campo a livello regionale. Qui, le strutture decentralizzate, i Centri collaborativi del Decennio, coadiuvano il coordinamento delle singole iniziative locali e il collegamento tra partner. Il Comitato consultivo del Decennio (COI - Decade Advisory Board), formato da enti delle Nazioni unite, si occupa di dare consulenza sull’attuazione delle strategie del Decennio del Mare. Gli organi direttivi del COI riferiscono, alla fine, all’Assemblea generale delle Nazioni unite risultati e azioni, complessivamente raccolti. Ultimi, ma come sempre non meno importanti, sono i metodi previsti per il finanziamento del Decennio. La formazione istituzionale della Decade non possiede un meccanismo autonomo ben definito, piuttosto contempla dei meccanismi per aumentare i finanziamenti disponibili e reperire i forni-

Syliva Earle, oceanografa ed explorer residente per National Geographic nell’isola di Bonaire. Ha trascorso più di 7000 ore

nelle profondità marine e scoperto svariate specie acquatiche, 2017 (David Doubilet).

tori eventuali. Le risorse provengono da una serie di soggetti, su base volontaria, che provvedono a una mobilitazione delle risorse tramite la c.d. Alleanza per il Decennio del Mare (Ocean Decade Alliance).

L’UE e le iniziative per l’oceano

Fin dal Summit 2015, sono state numerose le ulteriori iniziative internazionali affianco alle Conferenze ONU sull’oceano prima fra tutte è la Conferenza Our Oceans, Our People, Our Prosperity (12), quest’anno giunta alla settima edizione. L’ultima in ordine di tempo si è svolta lo scorso aprile nel piccolo Stato insulare di Palau e ha riunito rappresentanti governativi, società civile, esponenti del settore produttivo privato, organizzazioni senza scopo di lucro per ribadire l’importanza delle soluzioni per il clima basate sugli oceani e dimostrare il forte legame tra salute oceanica e quella delle comunità globali e locali. L’UE ha stanziato 1 miliardo di euro spalmato su 44 impegni da realizzare nel 2022. Questi ultimi si concentrano in sei aree tematiche già esposte nella Conferenza del 2015 ed è degna di rilievo, fra tutte, la proposta europea di realizzare una governance internazionale degli oceani. L’evento Our Ocean, a cadenza annuale, è la prima piattaforma creata per raccogliere finanche i finanziamenti necessari a sostenere le azioni più urgenti sugli oceani. Si tratta, per così dire, della madre di tutte le sedi ove i Governi del mondo prendono impegni globali, anche economici, per la salute degli oceani. Perciò è in questa sede che l’Europa esplica il proprio impegno per una forte strategia di affermazione da leader nella lotta agli effetti del cambiamento climatico e nella tutela dei mari. Sono infatti molti i risultati conseguiti in seno alla Our Ocean, basti pensare ai ben 1800 impegni presi per un valore di 108 miliardi di dollari che nei 7 anni di vita della Conferenza hanno permesso di tutelare 13 milioni di chilometri quadrati in più di oceano (13). Gli ambiti di azione sono diversi e spaziano dalla lotta al cambiamento climatico, alla promozione di un’industria ittica sostenibile, la creazione di economie marine altrettanto sostenibili, l’espansione delle aree marine protette e l’approccio fattivo all’inquinamento marino. Una strategia a tutto tondo, dunque, che ha importato subito una visione olistica per salvaguardia e tutela degli oceani quale parte necessaria del cambiamento climatico. In questo quadro, l’UE ha assunto un ruolo protagonista anche dovuto dalla presenza del mar Mediterraneo. Mai come l’anno appena trascorso, il più caldo finora registrato per l’oceano, dimostra che l’approccio di Our Ocean sia improcrastinabile parte integrante del percorso di soluzioni per la gestione dell’intera crisi climatica. L’altra iniziativa figlia del-

Logo della Conferenza oceanica e sul clima.

l’istituzione del SDG 14 nel 2015 è il One Ocean Summit, che si è svolto nello scorso febbraio in Francia, a Brest, anche grazie alla collaborazione della Commissione Intergovernativa Oceanografica dell’UNESCO, per fare il punto europeo sulla questione. Sono intervenuti anche la direttrice generale dell’ONU, il segretario generale, e il segretario generale dell’Organizzazione Marittima Internazionale (OMI). La Commissione europea ha messo in campo una serie di iniziative volte a rendere gli oceani più puliti, sani e sicuri. Basandosi sui risultati dello studio ONU, che ha evidenziato come i grandi pesci sono in via d’estinzione e il 50% delle barriere coralline è già stata distrutta compromettendo la capacità rigenerativa degli oceani, l’UE, nell’ambito dell’One Ocean Summit, ha puntato l’attenzione sulla necessità di un collegamento responsabile tra l’Ocean Decade e la blue economy, affinché quest’ultima sia sostenibile e quindi più realisticamente fonte di progresso economico rispettoso della situazione climatica. L’UE ha tra i suoi confini il più grande spazio marittimo del mondo, vanta il più grande mercato ittico e ha quindi un ruolo centrale nella sfida che riguarda gli oceani. Perciò gli sforzi UE in materia sono parte integrante del green deal europeo per la costruzione di un’economia neutra entro il 2050, proprio a tutela della biodiversità. Per quest’ultimo tema, l’UE ha dichiarato al One Ocean Summit tre nuove proposte europee: a) la realizzazione di una coalizione internazionale per la tutela della biodiversità in lato mare, b) un progetto di calcolo che consenta in fase di ricerca di simulare digitalmente gli oceani del mondo, e c) la ricerca UE per ripristinare oceani e acque entro il 2030. Proprio sotto quest’ultimo profilo, ci sono due progetti già in campo per l’UE: la Missione Restore our Ocean and Waters, nell’ambito di Horizon Europe e il progetto Copernicus (14). La prima è volta a realizzare un nuovo approccio sistemico nella realizzazione di una neutralità climatica a salvaguarda della natura. La protezione del 30% della superficie marittima europea, sia marina che dolce, i 25.000 km di fiumi, la biodiversità, il ripristino e la protezione di ecosistemi marini e habitat degradati, la prevenzione ed eliminazione dell’inquinamento, grazie alla eliminazione totale dei rifiuti di plastica in mare, il dimezzamento dell’uso di sostanze chimiche e pesticidi. Soprattutto, il progetto si ripropone di rendere anche l’economia blu circolare e climaticamente neutra, portandola a zero emissioni di carbonio. Questa è l’ambizione europea di sostenibilità per far fronte ai cambiamenti climatici. Il sistema Copernicus Marine Services invece fornisce dati, informazioni e modelli relativi all’osservazione delle variabili marine biogeochimiche, allo stato fisico dell’oceano e del ghiaccio marino, un monitoraggio complessivo della salute oceanica e dei parametri vitali connessi e fondamentali per la salute terrestre. Sotto il profilo normativo, pertanto, l’UE si sta impegnando fortemente a favore della realizzazione di una governance internazionale degli oceani, tramite le proposte contenute nei 44 impegni cui ha destinato lo stanziamento di 1 miliardi di euro, cui si è già accennato. La seconda Conferenza delle Nazioni unite sull’oceano, dopo New York del 2015, sarà l’ulteriore occasione in cui l’UE, che ha già elaborato un piano imperniato su ricerca, sviluppo e innovazione,

Il Libro blu di Copernicus Marine per un oceano sostenibile 2019 (sito ufficiale).

potrà investire in progetti mirati al monitoraggio e alla protezione dei bacini oceanici da esaminare.

Un oceano plastic free

Fra i molti obiettivi che riceveranno una spinta propulsiva eccezionale grazie all’Ocean Decade, il più rilevante è sicuramente quello di liberare l’oceano dalla plastica. L’ONU persegue rigidamente il conseguimento di questo fine ineludibile anche con il raggiungimento dello Sviluppo Sostenibile ai sensi dell’Agenda 2030, tramite una politica diffusa di comunicazione, al grido di #BeatPlasticPollution. L’80% dell’inquinamento marino è causato da rifiuti in plastica; secondo uno studio della Commonwealth Industrial and Scientific Organization (CSIRO (15)), giace sul fondo oceanico la cifra iperbolica di 14,4 milioni di tonnellate di microplastiche. Il National Oceanography Center (NOC) ha calcolato in uno studio che la quantità di particelle di plastica presenti nei primi 200 mt di superficie marina è pari a una cifra di 12-21 milioni di tonnellate (16). Siamo ignari, inoltre, che il mar Mediterraneo, fa parte delle aree più critiche circa l’inquinamento da plastica posto che l’International Union for Conservation of Nature and Natural Resources (IUCN) (17) vi ha stimato un accumulo di plastica che supera un milione di tonnellate, solo per quanto concerne quella galleggiante. E purtroppo, l’Italia compare tra i tre paesi al mondo che contribuiscono maggiormente alla dispersione delle 229 mila tonnellate di plastica in mare assieme a Turchia ed Egitto. Non proprio un primato di cui andare fieri. Cifre vertiginose e sconcertanti che lasciano inquieti sulle sorti dei nostri mari, anche stando a uno studio italiano che ha dimostrato la presenza di microplastiche nella placenta umana (18). L’UE, anche considerato che si affaccia in modo consistente proprio sul mar Mediterraneo, ha intrapreso

molteplici iniziative in seno all’ONU. L’ultima, in ordine di tempo, è anche la più rilevante. Il 3 marzo scorso, l’Assemblea delle Nazioni unite sull’Ambiente (UNEA-5, United Nations Environment Assembly), tenutasi a Nairobi, ha approvato una risoluzione storica (19). Entro il 2024 il mondo avrà infatti un trattato giuridicamente vincolante: il primo trattato internazionale sulla plastica per il contrasto all’inquinamento (20). Un importante passo avanti che cerca di invertire la tendenza evidenziata dal rapporto dell’Organizzatore per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) secondo cui la produzione di plastica è raddoppiata negli ultimi 20 anni, ma soprattutto ne è derivato un raddoppio dei relativi rifiuti passati da una produzione annuale maggiore di 350 milioni di tonnellate nel mondo, dei quali solo il 9% è riciclato, mentre il 19% è incenerito e il 50% va in discarica, cosicché il 22% finisce nell’ambiente o in zone non identificate e nei fiumi e quindi scaricate, nel tempo, anche indirettamente, in mare (21). Sono state istituite Commissioni che tra il 2022 e il 2024 redigeranno la bozza di trattato con la consulenza di scienziati, al fine di sancire norme concrete per la gestione del ciclo vitale della plastica dalla produzione allo smaltimento. Anche la risoluzione UNEA evidenzia come alla base del problema dell’inquinamento da plastica ci sia una eccessiva ignoranza delle conseguenze e degli effetti su clima e ambiente, per questo è molto importante partire dall’informazione dei cittadini primi utilizzatori della plastica e poi concentrarsi sulla diffusione di know-how e buone pratiche circa la produzione per condurre i produttori a progettare materiali più sostenibili che possano entrare in un ciclo virtuoso di produzione e smaltimento. E qui, si innesta di nuovo, l’importanza dell’istituzione dell’Ocean Decade. Il lavoro dell’UE parte da lontano rispetto a questo risultato, considerato che aveva adottato (nel 2019) la Direttiva sulla plastica monouso (Single Use Plastics o SUP), in vigore già dal 2021, per l’eliminazione graduale della maggior parte degli oggetti in plastica che sono rinvenuti in mare (22).

Conclusioni

Possiamo quindi affermare che l’Ocean Decade, sia la più immensa macchina di solidarietà e progettazione collettiva mai messa in moto per la salvaguardia, non solo dell’oceano, ma della nostra stessa sopravvivenza sulla Terra. Come ha affermato il Segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres all’One Ocean Summit di Brest dello scorso febbraio, licenziando l’adozione conclusiva della dichiarazione Brest Commitments for the Oceans, «il pianeta sta affrontando la tripla crisi dello sconvolgimento climatico, perdita di biodiversità e inquinamento», di fronte alla quale «dobbiamo cambiare rotta». È auspicabile pertanto, che grazie ai numerosi strumenti di cui disponiamo in termini scientifici, finalmente il genere umano si ponga in continuità e non in contrasto con il naturale ritmo bioecologico naturale e soprattutto accetti di essere parte della natura, e non signore della natura. Un salvifico passo indietro da parte dell’uomo nel governare e utilizzare

l’ambiente che lo circonda, accettando di essere solo una delle tante specie di biodiversità, permetterà di consegnare alle generazioni future non solo il mondo che meritano e di cui hanno bisogno per sopravvivere sotto il profilo ambientale, ma anche un mondo più giusto, dove non viga il principio dell’accaparramento feroce e guerrigliero delle risorse l’uno a scapito dell’altro, bensì un utilizzo armonico delle stesse che radichi una condizione di pace in un mondo sostenibile, anche sotto il profilo sociale. 8

NOTE

(1) https://en.unesco.org/ocean-decade. (2) https://ioc.unesco.org; per SDG14 https://www.oceandecade-conference.com/en/index.html (3) https://marine.copernicus.eu/it/servizi/politiche-pubbliche/sostegno-cooperazione-internazionale. (4) Dati in https://www.onuitalia.it/sdg/14. (5) Così Elizabeth Thompson, vice coordinatore esecutivo per la Conferenza Rio+20, in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani a Rio+20, 16 giugno 2012, disponibile in https://www.onuitalia.it/sdg/14-la-vita-sottacqua/; altri dati su SDG14 disponibili in https://www.globalcompactnetwork.org/it/il-global-compact-ita/sdgs/business-sdgs/1373-sdg-14-conservare-e-utilizzare-in-modo-durevole-gli-oceani-i-mari-e-le-risorse-marine-per-uno-sviluppo-sostenibile.html. (6) Così Biliana Cicin-Sain, presidente del Global Ocean Forum, professoressa e direttrice del Centro Gerard J. Mangone per la Politica marittima, College of Earth, Ocean and Environment (CEOE), Università di Delaware, Stati Uniti, in B. Cicin-Sain, La Vita Sott’Acqua, https://www.onuitalia.it/sdg/14-la-vita-sottacqua. (7) B., Cicin-Sain, La vita sott’acqua, in www.onuitalia.it/sdg/14-la-vita-sottacqua. (8) Così Sylvia Earle, presidente di Mission Blue, organizzazione che promuove la comunicazione scientifica e l’estensione delle aree protette dell’oceano; è stata anche la prima donna a capo della National Oceanic and Atmospheric Administration degli Stati Uniti in UNESCO, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, L’educazione all’Oceano per tutti, Kit pratico, Manuali e Guide COI, 80, versione italiana a cura di Ufficio Regionale per la Scienza e la Cultura in Europa, Commissione Oceanografica Intergovernativa, Obiettivi Sviluppo Sostenibile, disponibile in https://www.miur.gov.it/documents/20182/ 4394634/16.%20Educazione%20allOceano%20per%20Tutti.pdf. (9) Santoro, F., Santin, S., Scowcroft, G., Fauville, G., Tuddenham, P., Educazione all’ Oceano per tutti: Kit pratico, Santoro, F., Santin, S., Scowcroft, G., Fauville, G., Tuddenham, P., UNESCO Office Venice and Regional Bureau for Science and Culture in Europe (Italy), Intergovernmental Oceanographic Commission (COI), in https://unesdoc.unesco.org. (10) https://oceanliteracy.unesco.org/resource/ocean-literacy-the-essential-principles-and-fundamental-concepts-of-ocean-sciences-for-learners-of-all-ages-2020. (11) L. Valdés et al., (eds), UNESCO, 2017, Global Ocean Science Report -The current status of oceanscience around the world, L. Valdés et al. (eds), UNESCO Publishing, Paris, http://unesdoc.unesco.org. (12) President de la Republique Francais, Brest Commitments for the Oceans, https://www.elysee.fr/admin/upload/default/0001/12/b5d45e25d5cdfd3180 c5b274c437bb351302cff7.pdf, dati disponibili anche in One Ocean Summit: nuove iniziative europee per preservare gli oceani, in est.360.it/enviromental/one-oceansummit-nuove-iniziative-europee-per-preservare-gli-oceani. (13) C., Cowan, https://news.mongabay.com/2022/04/oceans-conference-comes-up-with-16b-in-pledges-to-saveguard-marine-health, trad. Silvia Martinelli. (14) Horizon 2020 Programme, https://ec.europa.eu/programmes/horizon2020. (15) www.csiro.au/en/research/natural-environment/oceans. (16) Pabortsava, K., Lampitt, R.S., High concentrations of plastic hidden beneath the surface of the Atlantic Ocean. Nat Commun 11, 4073(2020), dati di High concentrations of plastic hidden beneath the surface of the Atlantic Ocean, in Nature Communications, disponibile in . (17) Dati nel report The Mediterranean: Mare Plasticum, Boucher, J., Billard, G., a cura dell’omonimo istituto, IUCN, Global Marine and Polar Programme, IUCN, 2020. (18) AA.VV., «Plasticenta: First evidence of microplastics in human placenta», in Enviromental International, vol. 146, January 2021, 106274, disponibile in inglese in https://doi.org/10.1016/j.envint.2020.106274. (19) https://www.unep.org/news-and-stories/press-release/historic-day-campaign-beat-plastic-pollution-nations-commit-develop. (20) Denominata «End Plastic Pollution: Towards an international legally binding instrument» Ris. UNEP/EA.5/L23/Rev.1, disponibile in https://wedocs.unep.org/bitstream/handle/20.500.11822/38522/k2200647_-_unep-ea-5-l-23-rev-1_-_advance.pdf?sequence=1&isAllowed=y. (21) Organisation for Economic Cooperation and Development (OECD), Global Plastic Outlook, testo integrale «Global Plastics Outlook: Economic Drivers, Environmental Impacts and Policy Options» disponibile in https://www.oecd-ilibrary.org/sites/de747aef-en/index.html?itemId=/content/publication/de747aef-en. (22) Direttiva (UE) 2019/904 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 giugno 2019 sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente, in https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32019L0904.

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