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L'intelligenza artificiale e le operazioni aeronavali

L’intelligenza artificiale L’intelligenza artificiale e le operazioni aeronavali

Michele Cosentino

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Contrammiraglio (r) del Genio Navale. Ha frequentato l’Accademia navale nel 1974-78 e ha successivamente conseguito la laurea in Ingegneria navale e meccanica presso l’Università «Federico II» di Napoli. In seguito, ha ricoperto vari incarichi a bordo dei sottomarini Carlo Fecia Di Cossato, Leonardo Da Vinci e Guglielmo Marconi e della fregata Perseo. È stato successivamente impiegato a Roma presso la Direzione generale degli armamenti navali, il segretariato generale della Difesa/Direzione nazionale degli armamenti e lo Stato Maggiore della Marina. Nel periodo 1993-96 è stato destinato al Quartier generale della NATO a Bruxelles; nel periodo 2005-11 ha lavorato al «Central Office» dell’Organisation Conjointe pour la Cooperation en matiere d’Armaments (OCCAR) a Bonn. Ha lasciato il servizio a settembre 2012, è transitato nella riserva della Marina Militare e nel 2016 è stato eletto consigliere nazionale dell’ANMI per il Lazio settentrionale. Dal 1987 collabora con numerose riviste militari italiane e straniere (Rivista Marittima, Storia Militare, Rivista Italiana Difesa, Difesa Oggi, Tecnologia & Difesa, Panorama Difesa, Warship, Proceedings, ecc.) e ha pubblicato oltre 600 fra articoli, saggi monografici, ricerche e libri su tematiche di politica e tecnologia navale, politica internazionale, difesa e sicurezza e storia navale.

Personale del Marine Corps Forces Cyberspace Command in azione nel centro operativo cyber di Fort Meade, nel Maryland. Un’evoluta interfaccia uomo-macchina rappresenta il principale elemento «visivo» per inserire l’essere umano nella catena decisionale (US DoD).

Nel moderno panorama militare — soprattutto anglosassone — sono sempre più alla ribalta idee e concetti legati all’impiego dell’intelligenza artificiale (indicata di seguito per comodità con l’acronimo IA), a cui si attribuiscono importanti capacità legate alla condotta delle operazioni che stravolgerebbero principi fondamentali vecchi di secoli. L’impiego dell’IA sul campo di battaglia — di cui fa anche parte l’ambiente marittimo — richiama alla mente sciami di velivoli o unità navali a controllo remoto impegnati ad attaccare uno o più obiettivi a loro discrezione dall’aria e sul mare, nonché schiere di androidi robotizzati intelligenti che avanzano imperterriti o quasi attraverso le linee nemiche, il tutto controllato da super computer assai potenti. Al di là di siffatti scenari più o meno futuristici, le applicazioni pratiche dell’IA riguardano lo svolgimento di compiti e mansioni complessi, intricati e spesso ridondanti; rimanendo nel settore militare, piuttosto che sostituire l’essere umano nella partecipazione a un’operazione o a un’attività comunque legata alla sicurezza del paese, l’IA supporta l’essere umano a condurre in maniera più efficace quell’operazione o quell’attività. L’applicazione dell’IA nell’ambito della Marina Militare prende le mosse dall’attuazione del concetto «Il Future Combat Naval System 2035 nelle operazioni multi-dominio» (1), in sostanza la visione sullo strumento aeronavale nazionale del futuro e le linee d’indirizzo per sviluppare e sostenere capacità a elevato contenuto di innovazione tecnologica.

Qualche definizione e applicazioni generali

La definizione di IA è stata modificata molte volte sin dal 1956, quando nel corso di una conferenza sul tema svoltasi al Dartmouth College di Hanover, nel New Hampshire, diversi scienziati e ricercatori si riunirono per teorizzare l’impiego combinato di robot, reti neurali e processi di programmazione. Secondo il Parlamento europeo, l’IA è «l’abilità di una macchina di mostrare capacità umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività. L’IA permette ai sistemi di capire il proprio ambiente, mettersi in relazione con quello che percepisce e risolvere problemi, e agire verso un obiettivo specifico» (2). Fra le altre definizioni di IA vi è quella del Politecnico di Milano, secondo il quale essa è «il ramo delle scienze informatiche che studia lo sviluppo di sistemi hardware e software dotati di capacità tipiche dell’essere umano e in grado di perseguire autonomamente una finalità definita prendendo delle decisioni solitamente affidate agli esseri umani» (3). In particolare, le capacità tipiche dell’essere umano riguardano la comprensione e l’elaborazione del linguaggio naturale e delle immagini, l’apprendimento, il ragionamento e la capacità di pianificazione e l’interazione con altri esseri umani, macchine e ambiente. A differenza dei software tradizionali, un sistema d’IA non si basa sulla programmazione — cioè sull’operato di personale specializzato che scrive il codice di funzionamento del sistema —

Il concetto di BAE Systems per la centrale operativa di combattimento del futuro, incentrata su architettura informatica aperta, intelligenza artificiale e realtà aumentata (BAE Systems).

ma su tecniche di apprendimento: vengono cioè definiti degli algoritmi che elaborano un’enorme quantità di dati dai quali è il sistema stesso che deve derivare le proprie capacità di comprensione e ragionamento.

L’uso dell’IA è ineludibilmente associato a quello di altre due tecnologie fondamentali: la prima è il supercalcolo, a cura di macchine eccezionalmente veloci, mentre la seconda riguarda il cloud computing, cioè la distribuzione di servizi di calcolo — server, risorse di archiviazione, database, rete, software, analisi e intelligence — mediante il web. Nell’infografica a pagina seguente sono mostrate le applicazioni più comuni e già nell’uso quotidiano dell’IA: si va dagli assistenti personali presenti nei nostri computer e smartphone alla domotica, dagli acquisiti e dalla pubblicità in rete ad applicazioni particolari nell’agricoltura e nella sicurezza informatica, ambito quest’ultimo imprescindibile negli scenari multidominio delle attuali e future operazioni militari.

L’applicazione dell’IA si può far ricadere in due macrocategorie: l’applicazione in senso lato e un’applicazione specifica. Nella prima macrocategoria, l’IA prova a imitare il cervello umano in maniera totalmente autonoma, mentre la seconda macrocategoria riguarda la produzione di computer intelligenti in grado di risolvere problemi complessi: e mentre non si è ancora arrivati a «creare» un’IA che sostituisce totalmente il cervello umano, i progressi concreti e sostanziali nelle applicazioni specifiche sembrano rappresentare importanti opportunità in questa direzione. Di conseguenza, al giorno d’oggi l’IA viene impiegata in circostanze specifiche, per esempio nell’aviazione commerciale, dove un pilota è normalmente impiegato soltanto per poco tempo nella condotta manuale del velivolo, con il resto delle operazioni affidato al pilota automatico. Gli assistenti vocali utilizzati in numerose abitazioni del XXI secolo sono ulteriori esempi di applicazione dell’IA in circostanze spe-

cifiche, finalizzate a migliorare la qualità della vita domestica di milioni di esseri umani.

Prima di analizzare l’uso dell’IA in ambito militare, è molto importante ricordare che all’utente di uno smartphone, di un computer o di un tablet non serve conoscere i meccanismi e le logiche della programmazione, dell’interconnessione e delle tecnologie associate per impiegare al meglio uno dei predetti congegni, perché il loro sistema operativo è stato progettato per funzionare con le informazioni introdotte da un utente normalmente in possesso di medie capacità intellettuali. I progressi dell’IA per applicazioni specifiche possono essere sfruttati al meglio se associati alle capacità cerebrali proprie degli esseri umani che, inserite dunque in un sistema noto come HITL (human-in-the-loop), risultano enormemente potenziate: per esempio, mentre è noto che diversi sistemi basati unicamente sull’IA hanno quasi sempre prevalso su scacchisti di valore mondiale, i migliori successi sono ottenuti quando l’IA è associata con quella umana. In un sistema HITL qual è per esempio un simulatore di volo, le decisioni dell’essere umano e le operazioni che ne conseguono sono

Immagine al computer di una delle 6 navi senza equipaggio che Fincantieri costruirà per la compagnia Ocean Infinity: lunghe 85 metri, propulse da un sistema ad ammoniaca e gestite da una centrale di controllo a terra, le unità saranno impegnate nella raccolta d’informazioni finalizzate alla valorizzazione industriale delle risorse marittime (Fincantieri).

Dicembre 2021: un velivolo a controllo remoto MQ-25 «Stingray» viene approntato al decollo a bordo della portaerei GEORGE BUSH mediante dispositivi

montati sulle braccia degli operatori. Una versione prototipica del velivolo era stata collaudata 8 anni prima mediante dispositivi analoghi, ma assai più ingombranti e molto meno intelligenti (US Navy).

ottimizzate dall’integrazione dell’IA nel sistema stesso; in generale, un sistema HITL si basa essenzialmente sulla formulazione di raccomandazioni generate dall’IA che l’essere umano è chiamato ad attuare o meno, o anche a posporre, portando alla conclusione che la combinazione fra l’essere umano e l’IA generale porta a risultati decisionali ottimali. Esempi «militari» dell’applicazione di sistemi HITL sono i velivoli a controllo remoto dedicati soprattutto alle funzioni di intelligence, sorveglianza e ricognizione, imbarcati e/o basati a terra, ormai diffusi su larga scala negli scenari marittimi e terrestri. Nelle direttive del Pentagono formulate ormai da tempo (4), esiste la convinzione che i sistemi HITL, in cui un essere umano può intervenire per interrompere un processo automatizzato se necessario, giocheranno un ruolo chiave per un’applicazione sempre più diffusa dell’IA in ambito militare.

L’intelligenza artificiale e l’ambito militare

Come spesso è accaduto in altri contesti militari caratterizzati da un elevato livello di tecnologie avanzate, gli Stati Uniti e il Pentagono giocano un ruolo chiave nell’applicazione dell’IA a questo specifico contesto, soprattutto se associato ad altre innovazioni: l’argomento è stato dunque oggetto di documenti ufficiali, discussioni, conferenze, tavole rotonde e proposte di ricerca che hanno coinvolto una miriade di soggetti pubblici e privati, stimolando altresì un approccio in tal senso utilizzato anche da diverse altre nazioni di tutto il pianeta. In linea di principio, il primo e più ovvio caso di applicazione dell’IA agli scenari militari ha riguardato la già citata gestione dei mezzi autonomi e a controllo remoto, che grazie a ciò hanno potuto espandere la loro valenza operativa (5): infatti, l’integrazione di maggiori capacità in termini di IA contribuisce non solo a ridurre eventuali menomazioni fisiche al personale, ma permette anche di adottare tattiche d’impiego più rischiose, migliorare l’accuratezza nelle determinazione dei bersagli e operare più rapidamente, più lontano e più a lungo, incrementando in sintesi la flessibilità e la mobilità di tutto l’insieme. Per avere un’idea di quanto si possa diffondere l’applicazioni dell’IA unicamente ai velivoli a controllo remoto, basterà ricordare che 11.000 macchine di questo tipo, di tutte le categorie e dimen-

sioni, rappresentano circa il 40% del numero totale di aerei militari statunitensi (6).

Il XXI secolo ha visto una drastica espansione nell’impiego dell’informatica in molteplici attività della vita di tutti i giorni, che con lo sfruttamento dell’IA ha raggiunto livelli di efficienza e rapidità mai visti prima. Questo principio è dunque facilmente applicabile anche all’ambito militare, già a partire da alcune funzioni comuni alle Forze terrestri, navali e aeree, mutuandole — fra cui amministrazione, pianificazione generale, logistica e manutenzione, intelligence — direttamente dal mondo commerciale. L’amministrazione è sostanzialmente una funzione che riguarda la generazione e la trattazione di posta elettronica e cartacea, fatture, fogli di calcolo, presentazioni Power Point, e documenti in vari formati: l’IA può velocizzare questi processi, per esempio individuando i soggetti che hanno bisogno dell’informazione «X», «Y» o «Z» e il metodo più semplice e rapido per farla giungere a essi, così come il recupero e il reimmagazzinamento e la ricategorizzazione dell’informazione stessa.

In termini di pianificazione generale, l’IA può innanzitutto aiutare nel coordinare la raccolta d’informazioni in possesso di numerosi elementi di un’organizzazione militare e riguardanti eventi similari occorsi nel passato più o meno recente, al fine di discriminare quali siano le procedure e le azioni migliori ed efficaci applicabili a una circostanza contingente. In pratica, si tratta di discriminare dal famoso «precedente» tutto ciò che potrebbe tornare utile per il presente, ma con uno sguardo al futuro. Scendendo in qualche dettaglio, la fase più critica di una pianificazione militare — la redazione degli ordini operativi alle unità e ai reparti subordinati — può essere facilitata dall’impiego dell’IA, evitando la compilazione di centinaia di pagine di documenti, annessi, allegati e tavole: una nota società statunitense ha sviluppato un’applicazione nota come Tabletop Commander in cui le metodologie di redazione di un ordine d’operazioni sono state trasformate in simulazioni tridimensionali — accattivanti alla visione e generate in pochi giorni — in cui mezzi e reparti interagiscono, visualizzandone la posizione e altri elementi di rilievo e riprogrammandone rapidamente eventuali movimenti prima e durante l’ingaggio con forze nemiche. Logistica e manutenzione sono due ambiti contestuali che maggiormente possono benefi-

Un computer quantistico di IBM svelato al pubblico nel 2018 e contenente un processore con 50 qubits: l’evoluzione della specie si sintetizza nell’aumento del numero di qubits e nel conseguente incremento della potenza computazionale (IBM).

Un mezzo subacqueo prototipico ECHO VOYAGER del programma «Orca» della Boeing: definito XLUUV, eXtra Large Unmanned Underwater Vehicle, il

mezzo ha dimensioni tali — 26 metri di lunghezza — da poter sfruttare un cospicuo carico utile per operazioni di contromisure mine e sorveglianza antisommergibili (Boeing).

ciare dell’applicazione dell’IA, determinando le esatte quantità di materiali (soprattutto pezzi di rispetto specifici) da movimentare nel più breve possibile dal punto A al punto B, via terra, via mare e/o via aerea, nonché per determinare quali scorte di materiali e dove vanno ripianate, sfruttando eventualmente anche modelli di cooperazione internazionale. Lo stesso concetto è valido per le manutenzioni programmate, siano esse riferite a sistemi e impianti in dotazione a una nave o a un velivolo militare e a un mezzo terrestre, nonché alle infrastrutture associate, il tutto avente come obiettivo il passaggio dal principio «just in time» a quello del «sense and respond» (7).

Dovendo analizzare e discriminare una mole immensa di informazioni, il settore dell’intelligence è forse quello più vantaggioso per l’applicazione dell’IA: per esempio, basti pensare al connubio fra miniaturizzazione e IA per consentire a uno corposo sciame comprendente svariate decine di piccolissimi droni di ottenere in tempo reale informazioni elaborate e pronte all’impiego riguardanti una vasta aerea geografica a terra e sul mare, e potenzialmente anche sotto il mare. Da ricordare inoltre l’impiego dell’IA per tracciare con continuità i movimenti di un bersaglio e per assicurarne il puntamento a cura di un sistema d’arma.

Tutte e quattro le funzioni militari sopra citate rientrano a pieno titolo nella gestione di uno strumento aeronavale, ma un passaggio propedeutico all’introduzione dell’IA all’ambito delle operazioni navali ha riguardato l’applicazione della realtà aumentata — in particolare nell’interfaccia uomo-macchina — nei sistemi di gestione operativa, normalmente definiti con l’acronimo anglosassone CMS (Combat Management System), in dotazione alle unità navali di moderna generazione. La realtà aumentata è la realtà, così come percepita sensorialmente e intellettualmente dall’individuo, arricchita di informazioni in formato digitale, cioè un potenziamento — mediante dispositivi ad alta tecnologia — delle possibilità fornite dai 5 sensi e dall’intelletto umano.

Operazioni navali e intelligenza artificiale

Prima di esaminare quali sono gli ambiti applicativi pratici dell’IA alle operazioni navali, è opportuno ricordare che il sistema di combattimento di un’unità navale è formato dal già citato sistema di gestione operativa/CMS e dall’insieme integrato di armi, sensori elettronici attivi e passivi.

L’obiettivo dell’applicazione dell’IA per il funzionamento del sistema di combattimento è sostanzialmente quello di accrescere le potenzialità del processo decisionale — sviluppato all’interno del CMS — necessario al comandante e ai suoi collaboratori per rispondere efficacemente e rapidamente a una vasta gamma di minacce; del resto, mentre l’impiego della cartografia elettronica per la condotta della navigazione è diventata ormai una routine anche sulle unità navali

Il mezzo di superficie a controllo remoto PROTECTOR, impiegato dalla Marina israeliana per la sorveglianza e le protezione delle infrastrutture portuali e industriali costiere nazionali: l’intelligenza artificiale applicata all’architettura informatica di cui fa parte il PROTECTOR ne amplia capacità e prestazioni

complessive (Rafael).

militari, l’aspetto cruciale è diventato la capacità dell’IA nel rivoluzionare il concetto di comando e controllo dell’unità stessa, se non addirittura di un’intera formazione navale o di tutta una flotta. In termini pratici, applicare l’IA agli elementi hardware e software del CMS significa imitare i processi dell’architettura neurale di un essere umano e generare quelli di autoapprendimento — noti come machine learning — necessari ad analizzare un gran mole d’informazioni. La combinazione fra l’architettura neurale artificiale e gli algoritmi di deep learning (8) consente poi sia di generare senza soluzione di continuità il quadro di situazione tattica in un intorno più o meno esteso dell’unità navale sia di assistere il personale a prendere le decisioni dettate dalle circostanze, in pratica potenziandone le capacità reattive, nonché fornire le indicazioni per il più efficace impiego dei sistemi d’arma in dotazione. Naturalmente, tutto ciò avviene in tempi estremamente rapidi, superiori a quelli ottenibili dai CMS tradizionali, e tutto ciò è indipendente dalla tipologia di unità navale di superficie e subacquea, essendo parimenti applicabile ai mezzi a controllo remoto connessi a un’architettura formata da più CMS dotati di IA, ampliando in sintesi l’orizzonte operativo della predetta architettura. Le iniziative in tal senso sono finalizzate in primis a introdurre CMS basati appunto sull’IA e destinati a potenziare le capacità di identificazione delle minacce e di valutare gli scenari operativi, un obiettivo che richiede tuttavia non poche e costose attività di ricerca e sviluppo da laboratorio in cui sono particolarmente attive organizzazioni militari e società private di Regno Unito e Stati Uniti, e anche della Repubblica Popolare Cinese. La Royal Navy sta lavorando da qualche anno al programma STARTLE, un’architettura software che — ricevendo in entrata le informazioni provenienti dai sensori imbarcati — è chiamata a generare decisioni reattive contro la più vasta gamma di minacce, il tutto alla velocità della luce o quasi. Più in dettaglio, STARTLE riconosce gli schemi comportamentali, coordina il funzionamento di software di simulazione associati sfruttando processi di deep learning e consente agli utenti di migliorare la Maritime Domain Awareness per identificare, tracciare e ingaggiare potenziali bersagli. Nell’US Navy è da tempo attivo il programma Consolidated Afloat Networks and Enterprise Services (CANES), un’architettura sistemistica in corso di espansione e potenziamento con l’introduzione di algoritmi di IA e tale da poter collegare i CMS di unità navali di superficie e subacquee con comandi basati a terra e altri nodi tattici, con l’obiettivo di massimizzare l’interoperabilità fra piattaforme navali e sistemi correlati e abbreviare i cicli operativi per difendersi anche contro gli attacchi cyber. Proprio in virtù della presenza di un numero sempre crescente di sensori elettronici ed elettro-ottici e della pletora di informazioni in entrata da vari nodi, un versione dell’architettura CANES do-

Il programma STARTLE, finanziato dalla Difesa britannica e dalla società Roke, riguarda un algoritmo che riconosce schemi comportamentali, coordina

il funzionamento di software di simulazione associati sfruttando processi di deep learning e consente agli utenti di migliorare la Maritime Domain Awareness (UK MoD, Roke).

tata di IA può razionalizzare e discriminare le predette informazioni, rimuovere le possibili anomalie (falsi segnali, esche, ecc.) e assistere gli operatori nell’assunzione di decisioni cruciali, nonché proteggere meglio il tutto dalle minacce cibernetiche. L’US Navy ha pianificato la progressiva adozione di questa nuova versione del CANES su tutte le unità navali, comprese le portaerei a propulsione nucleare classe «Ford» e i sottomarini nucleari d’attacco classe «Virginia»; a proposito di operazioni nel dominio subacqueo, va ricordato che per la loro condotta è richiesta molta pazienza, particolari abilità «investigative» e, soprattutto, la capacità di reagire efficacemente a improvvisi cambiamenti di situazione, ragione per cui applicando l’IA ai CMS dei moderni sottomarini si contribuisce a ridurre la fatica fisica e mentale e lo stress degli operatori, incrementandone al contempo le competenze professionali.

A fattore comune fra i CMS basati sull’IA vi è la capacità di imparare costantemente dai feedback ricevuti dall’ ambiente circostante, una peculiarità dovuta al già citato concetto di machine learning (9), attuato mediante algoritmi di deep learning. Un siffatto sviluppo suggerisce due prospettive: l’applicazione dell’IA anche al sistema per il controllo della piattaforma — genericamente definito IPMS, Integrated Platform Management System, e «fratello» del CMS — nonché lo sviluppo di un unico sistema, sempre basato sull’IA, risultante dall’amalgama fra le funzioni affidate a CMS e IMPS e opportunamente configurato per assicurare il funzionamento e l’impiego complessivo dell’unità militare. La seconda prospettiva, conseguente alla prima, è che in un futuro non troppo lontano anche in campo navale militare si possa giungere a naviglio operante in totale autonomia, senza supervisione dell’uomo, uno scenario parzialmente già in atto in ambito sperimentale mercantile con sistemi al momento focalizzati sull’impiego di informazioni basilari (batimetria, temperatura e salinità dell’acqua, forza del vento, ecc.) e sull’assistenza alla navigazione e alle procedure anticollisione.

Se questi sviluppi sembrano ancora lontani per unità navali militari di una certa dimensione, è altrettanto

Quest’infografica sintetizza le iniziative e i programmi navali statunitensi nell’ambito della «Unmanned Systems Integrated Roadmap 2013-2038», con particolare riferimento ai mezzi di superficie e subacquee dedicati alle contromisure mine e alla sicurezza marittima. Da rilevare che l’infografica non raffigura mezzi più grandi quali l’ECHO VOYAGER e quelli citati più avanti, oggetto di programma separati (US DoD).

vero che queste potenzialità sono quelle che già governano l’impiego dei mezzi a controllo remoto operanti sopra e sotto il mare.

Sopra e sotto i mari, intelligentemente

Applicare l’IA ai predetti mezzi — ormai d’uso comune nelle operazioni navali di numerose Marine — significa ampliarne le capacità intrinseche, spaziando dalla semplice condotta della navigazione in superficie e subacquea al completo funzionamento in autonomia, senza vincoli fisici con la nave o il battello madre. Un distinzione generale in funzione dell’ambiente fisico ci porta agli Unmanned Underwater Vehicles (UUVs) e agli Unmanned Surface Vehicles (USVs), la maggior parte dei quali ancora impiegati sotto il diretto controllo di un operatore e quindi apparentemente privi di una vera e propria autonomia operativa; infatti, un UUV o USV può essere controllato attraverso un collegamento in radio-frequenza, anche satellitare, circostanza che consente all’operatore di mantenersi a distanza di sicurezza dal mezzo (10). Una sottocategoria di mezzi navali a controllo remoto che fruiscono di un certo grado di autonomia sono comunemente classificati come Autonomous Underwater Vehicles (AUVs) e Autonomous Surface Vehicles (ASVs), in grado dunque di svolgere uno o più compiti senza controllo umano, sfruttando l’interazione fra l’ambiente circostante e un computer residente in essi. Come illustrato nella figura qui sopra, la strategia del Pentagono fa rientrare le operazioni affidate ai mezzi navali autonomi e a controllo remoto di superficie e subacquei nelle due grandi famiglie delle contromisure mine e della sicurezza marittima: di quest’ultima fanno inoltre parte funzioni specifiche quali raccolta d’informazioni, sorveglianza, ricognizione,

RANGER (in primo piano) e NOMAD sono due unità navali di superficie a controllo remoto che l’US Navy sta sperimentando in una serie di funzioni peculiari,

per esempio il lancio di missili superficie-aria e superficie-superficie, potenziate da una più ampia applicazione dell’intelligenza artificiale (US Navy).

supporto alle operazioni speciali, sicurezza dei porti e delle infrastrutture costiere e guerra elettronica. Una verosimile prospettiva di evoluzione di queste funzioni ne amplierà — sul mare e sotto il mare — lo spettro per includere anche la difesa contraerei e antimissili, il contrasto antisommergibili e antinave e altre forme di ingaggio cinetico più o meno letale.

A differenza dei CMS, UUVs/USVs e AUVs/ASVs — e soprattutto i secondi — sono gli «oggetti» più idonei per l’applicazione dell’IA, perché il grado di controllo umano su di esso è in costante diminuzione. I medesimi concetti degli algoritmi di deep learning impiegati per i CMS possono essere egualmente applicati agli AUVs/ASVs, in grado dunque di imparare costantemente da sé stessi e dall’ambiente circostante e migliorare le loro capacità per eseguire le missioni a loro affidate con un grado sempre più crescente di perspicacia e intuizione. Per esempio, lo sviluppo di appositi algoritmi per il puntamento autonomo di sistemi d’arma in dotazione — missili e siluri — consentirà ai predetti mezzi di svolgere l’intera gamma di funzioni cinetiche, aggiungendo a un concetto d’impiego attualmente in modalità unicamente passiva (sorveglianza e scoperta di un bersaglio) anche modalità attive (neutralizzazione e/o eliminazione del bersaglio), operando in contesti sia litoranei, sia costieri e sia alturieri: è inoltre evidente che queste forme d’impiego sono più o meno facilmente inseribili in un’architettura C5ISTRE&K (11) di cui fanno parte anche unità e mezzi navali tradizionali dotati di CMS con IA, il tutto in azione in uno scenario aeronavale multidominio di una certa complessità. Dunque, l’autonomia funzionale garantita dall’IA consentirà di trasformare AUVs/ASVs in altrettanti sistemi d’arma autonomi e letali, genericamente identificati dall’acronimo LAWS, Lethal Autonomous Weapon Systems, e la cui utilizzazione implica considerazioni di natura giuridica e morale. Sotto il profilo puramente operativo, l’impiego di un mezzo navale autonomo armato amplia notevolmente lo spettro capacitivo di uno strumento aeronavale, perché sarebbe per esempio possibile ingaggiare bersagli — sul mare e nel dominio subacqueo — anche a prescindere dall’intervento dell’uomo, soprattutto in aree marittime alturiere dove il rischio di danni collaterali a naviglio mercantile e infrastrutture civili sarebbe minimo o assente. Comunque, fino a quando non saranno stabilite regole internazionali sull’impiego dei LAWS, aspetto che esula dallo scopo di queste note e che rientra negli ambiti della convenzione delle Nazioni unite sulle «Certain Conventional Weapons, CCW» (12), è abbastanza verosimile che il loro sviluppo prosegua sotto traccia e senza clamore.

Il mezzo subacqueo a controllo prototipico MANTA della Royal Navy è in corso di valutazione per la realizzazione di mezzi analoghi ma appartenenti alla

categoria extra-large, impiegabili da postazioni costiere e unità di superficie di adeguate dimensioni (Royal Navy).

A prescindere da quest’aspetto peraltro importante per gli sviluppi futuri di medio-lungo termine e ampliando le due grandi famiglie identificate dal Pentagono, si può dire che all’odierno stato dell’arte UUVs/USVs e AUVs/ASVs dotati di IA possono essere proficuamente utilizzati per un’ampia gamma di funzioni non letali, comunque di natura bellica: la sorveglianza attiva di aree litoranee e costiere, la scoperta, identificazione e neutralizzazione di mine, l’interferenza nelle comunicazioni nemiche, la raccolta d’informazioni e il potenziamento delle comunicazioni nel dominio subacqueo e la condotta di campagne idrooceanografiche finalizzate a future operazioni in determinate zone marittime. In estrema sintesi, lo scopo dei mezzi a controllo remoto dotati di IA e in azione negli scenari marittimi è l’incremento della produttività delle unità navali classiche, consentendo loro e ai loro equipaggi di svolgere compiti più importanti e più specialistici, accrescendo così l’efficacia delle procedure operative e garantendo maggiori probabilità di raggiungere gli obiettivi prefissati.

L’attuazione dei concetti e le criticità

Cosa serve dunque per un’applicazione diffusa dell’IA negli ambiti navali militari? All’interrogativo si può rispondere circoscrivendo l’ambito soltanto ai CMS di un’unità navale militare, ma appare evidente che il ragionamento si può estendere anche a entità diverse, quali appunto i mezzi navali autonomi e a controllo remoto. Gli elementi hardware essenziali sono quindi un computer con elevatissime capacità di calcolo e con un’interfaccia uomo-macchina assai evoluta e comprendente almeno la realtà aumentata, mentre sul versante software è necessario uno o più algoritmi d’IA strettamente legati alle funzioni esercitate dal sistema di gestione operativa. I normali computer basati sul metodo computazionale classico — cioè il sistema binario 0-1, che esegue i calcoli uno alla volta — non riescono infatti a processare in tempi ragionevoli l’immensa mole di dati necessari al funzionamento di un’IA; la soluzione è il ricorso ai computer quantistici che sfruttano le leggi della fisica e della meccanica quantistica (quella delle particelle subatomiche), moltiplicando esponenzialmente potenza e velocità anche per calcoli estremamente complessi (13). Occorre però ricordare alcuni aspetti che rappresentano altrettanti limiti: in primo luogo, un computer quantistico ha oggi un costo molto più elevato dei calcolatori impiegati nei moderni sistemi di gestione operativa, ma questa limitazione potrà essere superata con l’avvio di una produzione di serie sempre più marcata. In secondo luogo, la mole dei dati da acquisire e processare è

La centrale operativa di una futuristica unità subacquea SMX31E, un concetto sviluppato dalla società francese Naval Group e relativo a un battello «tutto elettrico» in cui si fa ampio uso dell’intelligenza artificiale e, verosimilmente, di energia elettrica (Naval Group).

troppo ampia per essere contenuta anche all’interno di un computer quantistico, ragion per cui si fa uso del cosiddetto cloud computing, che in ambito militare diventa combat cloud (14): il problema è che le informazioni — sotto forma di file digitali di qualunque formato (.pdf, .jpeg, .avi, .tiff, .mp4, ecc.) — occuperanno sempre e comunque uno determinato spazio fisico non del tutto comprimibile, nel senso che ci sarà sempre bisogno di uno o più luoghi in cui immagazzinare queste informazioni, processarle e poi distribuirle agli utenti attraverso una rete di comunicazioni bidirezionale collegata al combat cloud. Essendo impossibile avere un siffatto spazio fisico a bordo di un’unità navale, esso dovrà forzatamente risiedere a terra ed è verosimile che, per esempio, il Pentagono e analoghe istituzioni di altre nazioni, abbiano iniziato a «immagazzinare» le informazioni gradualmente acquisite e acquisibili in una o più determinate località segrete e ovviamente protette: l’accesso a tali informazioni — mediante collegamento datalink tradizionale o satellitare e con un’opportuna serie di credenziali gerarchicamente organizzate — deve essere protetto da una barriera antintrusione estremamente solida ed efficace; analogo ragionamento in termini di protezione si applica pure al predetto collegamento fra unità navale e combat cloud, forse l’elemento dell’architettura informativa più facilmente penetrabile. In sostanza, l’unità navale accede al combat cloud, il suo sistema di ge-

stione operativa basato sull’IA e su un computer quantistico estrae e analizza le informazioni dal combat cloud e presenta sull’interfaccia uomo-macchina una soluzione operativa al comandante della nave: durante questo processo, il binomio IA/computer quantistico apprende come operare, in modo da svolgere successivamente il compito assegnato con maggior efficacia. Un aspetto critico non secondario dell’applicazione dell’IA all’ambito militare riguarda inoltre la quantità di energia elettrica necessaria a far lavorare un computer quantistico, un problema relativamente semplice da risolvere in ambito terrestre, ma non altrettanto semplice a bordo di un’unità navale di superficie, e soprattutto subacquea. Infine, la criticità risiede anche negli investimenti necessari ad attuare tutti i concetti espressi, in un epoca non certamente favorevole per i bilanci militari e in cui alcune nazioni non si fanno certamente scrupolo di dimostrare la propria aggressività anche negli ambito cibernetici.

Quale futuro?

Come ricordato in apertura, anche la Marina Militare ha decisamente intrapreso la strada dell’evoluzione e una delle prime applicazioni di IA è prevista a bordo dei futuri sottomarini U212 NFS (Near Future Submarine). La decisione è coerente con l’assunto che ogni epoca dello sviluppo umano ha portato a una trasformazione delle operazioni navali: pertanto, il debutto degli scenari multidimensionali ha indotto tutte le principali Forze navali a considerare nuove e differenze circostanze sotto forma di rischi e opportunità. I sistemi basati sull’IA offrono l’opportunità di andare oltre ciò che è umanamente possibile, e introducono una nuova caratterizzazione nella dimensione cyber delle operazioni navali. Tuttavia, queste moderne tecnologie garantiscono un vantaggio operativo solamente quando l’equazione bellica è asimmetrica ed è opportuno che i responsabili della dottrina, della strategia e della pianificazione — anche nel settore navale militare — riflettano attentamente su dove condurrà questo percorso di elevatissima automazione. Se respingere lo sviluppo di sistemi basati sull’IA potrebbe rappresentare un rischio che potrebbe rivelarsi costoso nel lungo termine, non bisogna dimenticare che una fuga in avanti rispetto al regime attuale potrebbe portare a uno scenario di confronto fra dispositivi militari, compresi quelli navali, governati da sistemi basati sull’IA. In un tale scenario definibile di hyperwar, dove il ciclo decisione-azione può essere totalmente compromesso, il confine fra crisi e conflitto può diventare estremamente labile e debole anche sul mare e sotto il mare, e svanire dunque facilmente e drammaticamente. 8

NOTE

(1) www.marina.difesa.it/media-cultura/Notiziario-online/Documents/Il%20Future%20Combat%20Naval%20System%202035.pdf. (2)www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/society/20200827STO85804/che-cos-e-l-intelligenza-artificiale-e-come-viene-usata. (3)www.digital4.biz/executive/ai-cos-e-l-intelligenza-artificiale-e-come-puo-aiutare-le-imprese. (4) US Defense Department, Autonomy in Weapon Systems, Directive 3000.09, Washington, DC, November 21, 2012. (5) I sistemi autonomi svolgono la loro missione sfruttando algoritmi e informazioni inseriti in essi prima dell’inizio della missione stessa e non hanno alcuni bisogno di interazioni fisica, elettronica via etere con un operatore. I sistemi a controllo remoto richiedono una o più delle predette interazioni. (6) US Defense Department, Summer Study on Autonomy, Defense Science Board, Washington, DC, June 2016. (7) Il mondo della logistica militare ha visto dapprima il passaggio dal principio «just in case» (basato sull’analisi di esigenze potenziali, con conseguenti onerosi immagazzinamenti di materiali per far fronte a ogni tipo di emergenza ipotizzata) a quello «just in time» (basata sul principio di un’accurata attività di pianificazione e programmazione preventiva, fondata sulla determinazione delle esigenze effettive). In tempi più recenti, si assiste alla migrazione verso il principio «sense and respond», svincolato dalle informazioni dell’utente e finalizzato a soddisfare, in maniera reattiva e dinamica, i requisiti a supporto di Forze militari rischierati in teatri operativi anche distanti dalle normali basi stanziali. (8) Il deep learning — apprendimento in profondità — è un insieme di tecniche basate su reti neurali artificiali organizzate in diversi strati, dove ogni strato calcola i valori per quello successivo affinché l’informazione venga elaborata in maniera sempre più completa. L. Deng e D. Yu, Deep Learning, Methods and Applications in Foundations and Trends in Signal Processing, vol. 7, n. 3-4, 2014. (9) Il machine learning si concretizza come uno sviluppo di applicazioni software in cui il sistema — il CMS nel caso della nave militare — amplia e approfondisce le proprie conoscenze e migliora le proprie prestazioni attraverso l’esperienza. Maaike Verbruggen and Vincent Boulanin, Mapping the Development of Autonomy in Weapon Systems, SIPRI, November 2017. (10) Nonostante la loro sempre più accentuata diffusione a bordo delle unità navali, l’autore ha volutamente omesso i mezzi aerei a controllo remoto (Unmanned Aerial Vehicles (UAVs), perché una loro trattazione avrebbe irrimediabilmente allungato la lunghezza del saggio. Cionondimeno, i concetti dell’IA sono applicabili anche a essi. (11) L’acronimo C5ISTRE&K indica Command, Control, Computers, Communications, Cyber, Intelligence, Surveillance, Targeting, Reconnaissance, Engagement & Kill. (12) www.armscontrol.org/factsheets/CCW. (13) Nel computing quantistico l’unità di lavoro è il bit quantistico, noto come qubit. Esso può essere 0-1 o 0 e 1 contemporaneamente, una capacità possibile grazie alla sovrapposizione degli stati quantistici, che abilita i calcoli in parallelo anziché eseguirli uno alla volta. (14) Il cloud computing si può definire un’architettura informatica in cui vengono inserite e processate tutte le informazioni raccolte da varie fonti, e quindi distribuite agli utenti che ne hanno bisogno. Un esempio di cloud computing del mondo civile viene da servizi video quali Youtube, Netflix, Google, One Drive, a cui ciascuno di noi può accedere secondo diverse modalità e utilizzando diversi tipi di piattaforme (televisore, smartphone, PC e tablet).

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