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Wargame: breve analisi di come è nato in Russia e come può pesare sul contesto tattico, strategico e operativo
Battaglia di Waterloo: le truppe britanniche ricevono la carica dei corazzieri francesi (wikipedia.org).
Fin dalla notte dei tempi l’uomo ha condotto giochi, forse, come afferma Matthew B. Caffrey jr., il gioco è addirittura più vecchio della civiltà stessa. Culture diverse hanno inventato il gioco ma con l’avanzare dello sviluppo umano e con il continuo susseguirsi di società sempre più complesse sono nati i primi giochi strategici:
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«Se un arco in miniatura può aiutare il figlio di un cacciatore a imparare a tirare, un tipo molto differente di giocattolo era necessario perché il figlio di un capo, re o faraone, imparasse a soverchiare il figlio del vicino» (1).
I Greci non applicavano forse lo stesso spirito agonistico alle Olimpiadi? I Romani invece? Se è vero che uno degli intrattenimenti favoriti dei cives dell’Urbe era vedere i combattimenti nell’arena è altrettanto vero che all’Anfiteatro Flavio si mettevano in scena anche reali battaglie navali (2). Per arrivare a un tipo di gioco
che sia simulativo, affidabile, basato su dati fattuali e soprattutto utile ai militari è necessario tralasciare i vari Go e scacchi al pari del romano Latruncoli e del vichingo Hnefatafl, avanzando nei secoli per arrivare nel Regno di Prussia degli ultimi anni di Federico il Grande. L’esercito che, secondo la celebre massima di Voltaire, «disponeva di uno Stato» aveva commissionato la prima vera mappatura del proprio territorio a fini militari, sebbene le carte verranno poi impiegate anche da Napoleone per vincere la campagna del 1806 culminata nella duplice battaglia di Jena-Auerstedt, saranno determinanti per il primo vero wargame moderno. Quando il conte von Reisswitz, consigliere a Breslau, presentò la propria opera ai principi nel 1811 si poteva davvero definirla simulazione. Aveva costruito un tavolo 3D con un’esatta riproduzione di reale terreno in scala, per le unità invece aveva realizzato dei blocchetti con i colori reggimentali rappresentanti lo spazio che la stessa avrebbe occupato sul campo. Gli ordini venivano dati a un arbitro che gestiva i vari movimenti e riportava sia gli esiti degli scontri sia le perdite subite riferendo ai singoli giocatori solamente ciò che avrebbero dovuto sapere se fossero stati in battaglia. Le tavole di calcolo a disposizione dell’arbitro erano molto complesse e comprendevano gittate, terreno, coperture, attrito (3) e così via aggiungendo il dado per tenere in considerazione l’incertezza sempre presente in uno scontro, ciò che poi von Clausewitz definirà la nebbia di guerra. Tanto efficace fu la dimostrazione che gli venne chiesto di esporre il gioco al re Federico Guglielmo III. Tenendo presente il periodo di tumultuosa riforma militare e ricostruzione delle capacità belliche portata avanti in primis da Scharnhorst e Gneisenau (4) in uno Stato che da anni si stava approcciando alla guerra con metodo scientifico e che solo ora dava spazio alle nuove idee tanto importanti per le future campagne (5), il gioco non poteva non impressionare un monarca (6) che per di più non aveva ereditato le virtù marziali del nonno.
Terminate le guerre napoleoniche, nel 1824 il tenente Georg von Reissewitz, figlio del Barone, adattò il gioco del padre per renderlo impiegabile quale vero strumento di studio della guerra per i giovani ufficiali del nuovo esercito prussiano. Utilizzando una mappa cartacea e semplificando il sistema dei colori si poté ottenere una diffusione nettamente superiore rispetto al primo tavolo in sabbia o a quello in ceramica del Re. Con tali caratteristiche, il nuovo Istruzioni per la rappresentazione tattica sotto forma di Kriegsspiel (7) venne presentato al capo di Stato Maggiore, il generale von Muffling che aveva svolto un ruolo decisivo quale liaison officer tra Wellington e Blücher, de facto Gneisenau nella fase cruciale dopo Ligny, durante la campagna di Waterloo nel 1815. Sebbene dapprima avesse accolto la novità con una certa freddezza, dopo averne compreso le potenzialità esclamò entusiasta: «Non è un gioco per niente! è un allenamento per la guerra! Dovrei raccomandarlo all’intero esercito» (8).
Ma fece mai la differenza?
Per rispondere a tale domanda bisogna arrivare alle guerre di unificazione tedesche. Da «semplice» tenente Helmuth von Moltke si era fatto promotore dell’uso del Kriegsspiel quale strumento per la preparazione degli ufficiali arrivando a fondare la società di wargame di Magdeburgo nel 1828. Divenuto capo di Stato Maggiore, nel 1859 cambiò il nome e la modalità di ammissione alla Preussische Kriegsakademie che, sita presso l’Unter den Linden a Berlino, formava gli ufficiali del Generalstab. Per comprendere la levatura dell’insegnamento basti ricordare come uno dei suoi direttori era stato, il già citato, von Clausewitz padre del Vom Kriege (9). Il candidato doveva essere sottoposto a valutazione positiva da parte del comandante dell’unità di manovra a cui apparteneva proprio durante le simulazioni di movimenti tattici di reparto. Ma questa fu solo una delle novità introdotte da Moltke ora che aveva la Kriegsakademie alle sue dirette dipendenze. Tra i metodi d’insegnamento più efficaci vi erano infatti le cosiddette «cavalcate di Staff». Tra il 1858 e il 1881, ogni anno, prese l’intero corpo studenti e gran parte del suo Generalstab, Grossegeneralstab dal 1870, per raggiungere uno dei possibili corridoi d’invasione al Regno di Prussia e poi Impero tedesco. Una volta sul posto una discussione dal più giovane al più alto in grado doveva terminare con l’unanimità per un piano di operazioni che poi sarebbe stato eseguito da vere truppe disponibili nelle guarnigioni in loco (10). Con queste modalità era preparato il corpo ufficiali e soprattutto lo Stato Maggiore destinato a vincere tutte le
guerre necessarie a unire la Germania. La tanto celebrata autonomia decisionale basata sugli obiettivi, Auftragstaktik (11), era possibile data la superiore abilità di manovra dei tedeschi e la loro superba capacità di comprendere la situazione sul campo grazie al continuo esercizio e all’impiego dei wargame. Tale tradizione continuerà poi fino al 1945; sebbene con alterne vicende, è ben conosciuta la persistente intromissione del Kaiser Guglielmo II nelle grandi manovre del suo esercito e nei wargame intaccando fortemente le reali possibilità addestrative semplicemente perché non si poteva far perdere il monarca. Ma cosa si può dire per quanto concerne il legame tra wargame ed elemento marittimo?
Fatte le dovute premesse storiche introduttive è ora possibile analizzare due eventi in cui il wargame è stato uno strumento importante, se non decisivo, per il successo dell’azione tattica o strategica sul mare. Per ampliare il più possibile il campo vedremo dapprima cosa era il WATU e come ha pesato sul secondo conflitto mondiale per poi passare al rilancio dei wargame in ambito USN (United States Navy) avvenuto nell’ultimo decennio della Guerra Fredda.
WATU (Western Approaches Tactical Unit)
Nell’estate del 1940 con la Francia occupata, la Gran Bretagna si trovò a doversi confrontare con le preponderanti risorse e l’incredibile macchina bellica del III Reich. Avendo a disposizione i porti del golfo di Biscaglia la campagna sottomarina tedesca, forte di un comandante veterano della Grande guerra, poteva veramente cominciare. Karl Dönitz ben sapendo che il sistema dei convogli era risultato determinante per la vittoria britannica durante il precedente conflitto voleva ora contrastarlo con la concentrazione tattica: nacque così la rudeltaktik, il branco di lupi (12). Nel giugno 1940 tutte le rotte per i Western Approaces passavano a nord dell’Irlanda per incrementare la distanza dalle nuove basi tedesche; ciononostante, da luglio a ottobre, 282 navi vennero affondate mentre da parte dei sommergibilisti si rilevava l’incapacità delle scorte di proteggere i mer-
WATU Wren Officer (confermato come Laidlaw in The Sphere - 26 maggio 1945) che spiega la situazione a Tooley-Hawkins nel ruolo di un comandante di scorta (Photo IWM Collection) (Collezione ufficiale dell'Ammiragliato IWM da paxsims.files.wordpress.com).
Lo staff dell'Unità tattica degli approcci occidentali - 22 gennaio 1945. Nota i segni di gesso, che indicano le mosse chiave del wargame, sul piano tattico (Collezione ufficiale dell'Ammiragliato IWM da paxsims.files.wordpress.com).
cantili (13). È ben noto come sul lungo periodo la battaglia dell’Atlantico, importantissima per l’esito della guerra, fu vinta dagli alleati grazie a risorse preponderanti, sviluppo tecnologico in campo aereo, elettronico e acustico, chiusura del Mid-Atlantic Gap, decrittazione e implementazione di tattiche ASW (Anti-submarine Warfare) sempre più sofisticate elaborate dal WATU.
«Lo sforzo antisottomarino britannico, chiaramente il meglio riuscito dei belligeranti della Seconda guerra mondiale, ebbe successo in larga parte per via della capacità di gestire i due requisiti fondamentali dell’ASW: efficiente collezione, confronto e comunicazione delle informazioni di intelligence e lo sviluppo di un appropriato approccio dottrinale» (14).
Ma cosa era nello specifico il WATU? La Western Approaches Tactical Unit nacque nel gennaio 1942 al fine di collezionare, trasferire e integrare informazioni per lo sviluppo di nuove tattiche per le scorte (15). Al comando venne posto il capitano (16) Gilbert Roberts; impossibilitato a servire a bordo per via della tubercolosi era stato un’entusiasta propositore dei wargame durante il periodo alla Royal Navy’s Tactical School a Portsmouth. Al suo arrivo a Liverpool passò subito a interrogare gli ufficiali del Western Approaces Command, dove scoprì che l’unica tattica impiegata fino a quel momento era di dirigere sulla presunta posizione dell’UBoot, condurre una ricerca con l’ASDIC (17) per localizzarlo o forzarlo a immergersi, il che gli avrebbe comportato la perdita del contatto; in caso di azione notturna si sarebbe proceduto al tiro di illuminanti per tentare di individuare i battelli in attacco in superficie. Era evidente che la risposta britannica, o più in generale alleata, non era adeguata al tipo di minaccia.
Roberts si mise subito a lavoro e riuscì a redigere un regolamento per gestire wargame anche con le modestissime risorse a lui disponibili, essenzialmente una piccola sala dove tenere le lezioni e un pavimento usato come tavolo tattico diviso in settori con modellini di nave molto rozzi. Il tempo di un turno rappresentava due minuti di azione reale e i giocatori avevano delle piccole feritoie per vedere il tavolo dovendo rimanere
WATU Wren organizza una serie di segnalini di convoglio per un wargame (Collezione IWM di foto).
dietro dei pannelli: in questo modo si ricreava la scarsità di informazioni disponibili a un comandante di scorta in mare. Il calcolo dei tempi e il rapporto delle distanze permetteva di ricreare nel gioco ogni situazione possibile nella realtà, dal contributo aereo al lancio di cariche di profondità e dalla ricerca ASDIC all’ingaggio in superficie con l’artiglieria (18). Eseguiti i primi test fu evidente quale fosse uno dei principali problemi: solo un numero limitato di comandanti di scorte prendevano in considerazione il punto di vista del nemico. Come ricorda Otto Kretschmer, comandante dell’U-99, la tattica preferita non era attaccare dall’esterno ma entrare silenziosamente nel convoglio e impiegare la nave bersaglio come copertura. Si tenga presente che le distanze d’ingaggio in questione erano ridottissime, Kretschmer affondò l’HMS Laurentic da appena 250 m (19). Esattamente ciò che fu da subito palese al WATU (20). Vi è però un aspetto che non va sottovalutato: fin dal primo momento infatti, il contributo delle Women’s Royal Naval Service fu decisivo. Le cosiddette Wrens furono insostituibili per controllare gli U-Boot nelle simulazioni e più in generale per mandare avanti il gioco laddove il personale disponibile oltre a loro era ridottissimo.
Per contrastare questa tattica e impedire al battello di evadere la scorta venne approcciato il problema dapprima tramite studio diretto, statistico, e poi con molteplici giochi in cui vennero coinvolti anche gli ufficiali della Royal Navy Jean Laidlaw e Janet Okell, il risultato fu la manovra Raspberry che consisteva nell’assumere uno schema di ricerca triangolare a poppa del convoglio per cercare con il radar e a vista l’U-Boot in emersione per poi cannoneggiarlo, o impiegare l’hedgehog o le cariche di profondità in caso si fosse immerso. Questa fu la prima vera manovra che permise con ottime probabilità di affondare il nemico (21). Nei mesi successivi vennero messi a punto diversi schemi per proteggere i vitali mercantili con particolare attenzione all’impiego dei nuovi radar per localizzare la minaccia prima che potesse colpire. Il momento di
Western Approaches War Museum, Liverpool (paxsims.wordpress.com).
maggior tensione però fu costituito sicuramente dalla visita del re, Giorgio VI. Il monarca, avendo frequentato Dartmouth, aveva servito sull’HMS Collingwood proprio durante la battaglia dello Jutland; la corazzata britannica infatti era riuscita a colpire la più moderna unità tedesca, l’incrociatore da battaglia SMS Derfflinger (22). In materia di combattimento navale dunque, non si poteva certo pensare che l’inquilino di Buckingham Palace fosse uno sprovveduto. Dopo aver preso parte a una dimostrazione il sovrano indicò il pavimento con ancora i segni di gesso e disse:
«Questa è la chiave della battaglia dell’Atlantico» (23).
Quando nel maggio 1943 per contrastare il crescente traffico alleato vennero creati branchi di lupi sempre più grandi, divenne chiaro che i ruoli si erano invertiti e ora erano gli U-Boot a dover combattere in grave inferiorità; alla fine del mese, 41 battelli tedeschi non fecero ritorno, una chiara sconfitta che passò alla storia come il «maggio nero». L’attrito imposto alla componente sottomarina tedesca era infatti insostenibile, circa un terzo delle unità in mare. In luglio il tonnellaggio affondato fu inferiore a quello varato da parte alleata, i branchi di lupi vennero ritirati e con essi la battaglia dell’Atlantico ebbe finalmente la sua conclusione con tutto il suo peso sull’esito finale del conflitto in Europa (24).
La concreta analisi della realtà tramite lo studio e il wargame permisero un miglioramento sostanziale della capacità di risposta dei partecipanti ai corsi, in totale circa 5.000 ufficiali alleati, uno dei quali niente meno che il recentemente scomparso Filippo di Edimburgo, consentendo l’impiego ottimale e sinergico di tutti i mezzi e delle nuove tecnologie disponibili svolgendo il ruolo di pivot per il learning process sull’ASW che interessò la Royal Navy durante la guerra (25).
Strategic Studies Group e Global War Game
Nei primi anni 70, l’uso del wargame all’interno delle Forze armate statunitensi aveva subito un netto calo ri-
spetto al periodo d’oro del primo dopoguerra dove era integrato direttamente nel regolare corso di studio al Naval War College, cosa che aveva permesso l’analisi approfondita di nuovi decisivi concetti operativi relativi alle Carrier Task Force, al ruolo dei sottomarini nei futuri conflitti e il supporto logistico necessario all’intera Marina se dispiegata nell’immensità dell’Oceano Pacifico (26). La drammatica situazione in cui si trovarono le Forze armate statunitensi in Vietnam contribuì fortemente a recuperare l’impiego del wargame, e fu la Marina a riaprire la vecchia strada. Nel 1972 l’ammiraglio Stansfield Turner divenne presidente del Naval War College; per comprendere la rilevanza e la reputazione dell’istituto basti dire che il ruolo di presidente era stato ricoperto in passato da Alfred Thayer Mahan, uno dei più importanti teorici navali dell’età contemporanea. Il college, sito a Newport, Rhode Island, aveva fatto del wargame uno strumento importantissimo per la formazione degli ufficiali di vascello fin dal 1881. Stansfield Turner rilanciò i giochi che tanto erano stati determinanti per il War Plan Orange adottando la tecnologia allora disponibile, ma fu solo alla fine del decennio che vennero organizzati i Global War Game con lo scopo di recuperare quegli «invaluable insights» ottenuti tra le due guerre (27). Il 1979 fu il primo anno di gioco della prima serie di cinque game annuali; l’obiettivo era sempre il medesimo: giocare uno scenario di futura guerra tra Blue e Red nel 1985. Sebbene ogni gioco non fosse legato al precedente o al successivo, si osservarono longitudinalmente i problemi sviluppando il processo di «game-study-game» determinante per la seconda serie dei GWG (28). Un altro elemento fondamentale fu la progressiva integrazione delle altre Forze armate. Per rendere il tutto più realistico e perché fosse veramente una simulazione, si integrò personale dallo US Army e dalla USAF (United States Air Force), consentendo di allargare notevolmente il processo analitico. Uno dei cambiamenti più radicali fu il mutamento di mentalità. Dapprima i Blue operavano in maniera difensiva poi compresero come l’essere più aggressivi permetteva di raggiungere gli obiettivi strategici in modo più efficace. Per i Red al contrario, dato l’iniziale impiego dogmatico delle forze dovuto alla presenza di personale militare statunitense in veste di player, si decise di esplorare nuove possibilità portando a Newport esperti dell’intelligence che fossero pratici di mentalità sovietica e che sapessero bene quali obiettivi strategici avrebbe potuto perseguire l’Unione Sovietica in una guerra globale. Innalzando il livello di realismo ci fu anche una mutazione negli scenari; se i primi erano stati delle mere guerre di conquista, i successivi esplorarono interrogativi quali: come arrivare alle ostilità, la diplomazia delle azioni preliminari e il periodo iniziale di guerra, così come l’impiego di armi chimiche e soprattutto nucleari tramutando il gioco in un vero e proprio esercizio di escalation control (29). Va detto che dal 1981 la USN migliorò ulteriormente il suo comparto di wargame. Il CNO (Chief of Naval Operations) infatti decise la creazione dello Strategic Studies Group per affrontare i veri problemi della Marina con almeno tre giochi all’anno, sempre al Naval War College, come parte integrante dei suoi compiti. A metà degli anni 80, i wargame vedevano coinvolti 600 individui, non solo militari ma anche funzionari di agenzie governative, ricercatori, industriali, businessman oltre a rappresentanze civili e militari di GB e Canada (30).
«I wargame che coinvolgevano gli Ammiragli in comandi operativi o di staff con rappresentati senior degli altri servizi divennero un meccanismo molto efficace per familiarizzare con chi era fuori dal SSG» (31).
Per motivi di spazio non è possibile analizzare nel dettaglio ogni elemento, ma i GWG risposero sia a una lunga serie di interrogativi per la USN e lo USMC (United States Marine Corps), sia a domande su che tipo di guerra aspettarsi in caso di conflitto con il Patto di Varsavia, oltre a verificare le potenzialità delle nuove armi come il missile Tomahawk che venne inserito nel gioco nel 1981 (32). L’approccio del SSG infatti era di identificare i punti di forza della NATO per impiegarli contro le debolezze dell’avversario: ciò che ne uscì fu la Maritime Strategy (33), un documento redatto dal Center for Naval Warfare Studies, che costituirà poi alla base della strategia navale dell’amministrazione Reagan durante gli anni 80 culminante con «the sixhundred-ship navy» del SECNAV (Secretary of the Navy) John Lehman (34). Dopo gli anni di studio e analisi presso il SSG i suoi componenti andarono a ri-
coprire uffici cardine della Forza armata al fine di implementare le idee e i concetti sviluppati. Anche qui per dare un riscontro immediato sulla levatura del materiale umano bastano gli evidenti risultati conseguiti dall’ammiraglio Owens, padre del modello «System of Systems», e dall’ammiraglio Cebrowski, coautore insieme a John J. Garstka dell’articolo che introdurrà la «Network-centric warfare» (35), due concetti determinanti, legati al C4ISR (Command, Control, Communications, Computers, Intelligence, Survelliance, Reconnaissance), per la comprensione del fenomeno bellico nel nuovo millennio che avrebbe previsto una riduzione della nebbia di guerra dovuta all’IT (36).
CNA (Center for Naval Analysis)
È necessario ora introdurre un «nuovo» elemento, il Center for Naval Analysis meglio noto come CNA. Attenzione, come precisato sul sito stesso, non si tratta di un acronimo (37). In realtà di nuovo ha ben poco: nacque dalla volontà di un professore del MIT (Massachusetts Institute of Technology), Philip Morse, di impiegare le sue conoscenze di fisica per sostenere lo sforzo bellico statunitense durante la Seconda guerra mondiale. Il problema era lo stesso degli inglesi, gli U-Boot. I sommergibilisti tedeschi infatti si erano spinti fin sulle coste degli Stati Uniti colpendo pressoché impunemente ignari mercantili in navigazione costiera. Il 1° aprile 1942 venne istallato a Boston il Gruppo M per analizzare il problema in modo scientifico. Alla fine della guerra vi erano 80 scienziati che aiutavano attivamente la USN e lo USMC nella tattica e nell’allocazione delle forze in ogni forma di lotta possibile al tempo. In quell’analisi approfondita e particolareggiata del build-up navale sovietico, che abbiamo visto per la Maritime Strategy, il CNA svolse un ruolo molto importante. Proprio tra la fine degli anni 70 e i primi anni 80 riformandosi e adattandosi alle nuove sfide poste dall’Unione Sovietica, nacquero l’Advanced Technology Program e il Naval Warfare Program al pari dello Strategic Policy Analisys Group per fornire al decisore politico un’enorme mole di valutazioni, pareri e assessment per migliorare il processo decisionale e renderlo più efficace, completo e coerente (38). Il CNA svolse il suo ruolo anche in funzione delle deficienze degli uffici statali preposti, infatti il lavoro di James M. McConnell The Gorshkov Articles, The New Gorshkov Book And Their Relation To Policy (39) ci fornisce un’analisi dettagliata della visione che l’Occidente ricevette da tali esercizi concettuali sovietici mantenendo un fitto legame con gli altri studiosi e ricercatori statunitensi e non. Straordinariamente vi era stata una reale mancanza di attenzione da parte dell’Office of Naval Intelligence per tali argomenti che viene confermata dal già citato 19° Newport Paper. A oggi il CNA fornisce supporto decisionale tramite wargame e simulazioni a qualsiasi livello adattando i giochi alle necessità che siano esse civili o militari (40). Per ottenere in tempo reale il supporto al comando fornito durante la guerra ancora oggi il Field Program del CNA mantiene esperti direttamente a bordo delle unità facenti parte dei CSG (Carrier Strike Group) o degli ESG (Expeditionary Strike Group) (41).
Conclusioni
Abbiamo visto come è nato il wargame, come venne usato in Prussia al fine di creare un vantaggio di manovra nei confronti degli avversari, come la Royal Navy ne fece uno strumento importantissimo per sviluppare un’efficace dottrina ASW e come la US Navy riuscì a comprendere la mutata realtà della guerra moderna grazie a simulazioni vecchio stile, nuove tecnologie e, soprattutto, a una nuova generazione di teorici; ma proprio da qui la domanda: e oggi? Oggi gli scenari sono molto più complessi di quanto potessero immaginare i teorici di 100 anni fa, che credevano che il nuovo HMS Hood fosse la più grande e potente nave del mondo: di fatto gli spettri e le forme di lotta si sono moltiplicati al pari dell’intricatissimo scenario internazionale. Di wargame e wargamer però si parla ancora: il celeberrimo Jane’s Information Group, meglio noto ora come Janes, venne fondato nel 1898 da un altro wargamer, John Fredrick Thomas Jane che per interessi di gioco doveva conoscere tutte le navi del mondo, il loro armamento e le loro caratteristiche; caratteristiche pubblicate nel suo All the World’s Fighting Ships, soddisfacendo quella che era ed è la necessità dei wargamer, fondamentale sul campo: conoscere il nemico e avere un ORBAT (ordine di battaglia) quanto più fedele possibile alla realtà. Seppur in modo diverso, il Naval War College porta avanti un’altra importantis-
sima tradizione ultracentenaria, continuando a confidare nella bontà dello strumento, strumento che non può e non deve essere visto come la «chiave» della vittoria in qualsiasi situazione ma come un possibile supporto, valido insieme a molti altri, per esplorare le possibilità del reale, del possibile e per comprendere quali scelte sono percorribili e come cercare sempre il massimo vantaggio. 8
NOTE
(1) Caffey B. Matthew jr., Newport Paper 43, On Wargaming: How Wargames Have Shaped History and how They May Shape the Future, Newport, USA, Naval War College Press, 2019, p. 11. (2) Sabin Philip, Simulating War: Studying Conflict throught Simulation Games, Continuum International Publishing Group, Londra, GB, 2012, p. 12. (3) Si intenda il rapido scemare delle capacità di combattimento di un’unità ingaggiata. La definizione e la parola in sé assurta a tal significato con la celebre massima sulla polvere umida di Clausewitz arriveranno decenni dopo ma allo scopo di semplificare si è scelto d’impiegare il termine moderno. (4) Il duo, fulcro della commissione a cinque di riforma militare del Regno di Prussia, forgiò l’esercito che affronterà poi Napoleone nelle guerre della sesta e settima coalizione. Scharnhorst in particolare da insegnante e poi mentore di Clausewitz alla Kriegsakademie fu decisivo nel portare avanti uno studio progressivo sulla guerra che era partito dalla formazione nel 1802 della Militärische Gesellschaft, la Società Militare, un forum di discussione scientifica sulle nuove evidenze delle guerre rivoluzionarie. Tra i suoi membri, naturalmente, figurava il giovane Clausewitz. Gooch John, Soldati e borghesi nell’Europa moderna, Bari, Laterza, 1982, pp. 40-45; Bellinger E. Vanya, Introducing #Scharnhorst: The Vision of an Enlightened Soldier «On Experience and Theory», The Strategy Bridge, disponibile presso: https://thestrategybridge.org/the-bridge/2019/4/1/introducing-scharnhorst-the-vision-of-an-enlightened-soldier-on-experience-and-theory (ultima consultazione 02/08/2021). Gneisenau alla morte di Scharnhorst si sobbarcò l’onere di portare avanti la riforma, mantenendo al contempo incarichi di comando quale capo di Stato Maggiore dell’Esercito prussiano durante la campagna del 1815, limitando i danni degli exploit da ussaro del maresciallo von Blücher. (5) Bellinger E. Vanya, Introducing #Scharnhorst: The Military Society and the Concept of Continuous Education, The Strategy Bridge, disponibile presso: https://thestrategybridge.org/the-bridge/2019/6/24/introducing-scharnhorst-the-military-society-and-the-concept-of-continuous-education (ultima consultazione 02/08/2021). (6) Caffey, Newport Paper 43, On Wargaming, p. 16. (7) Ministry of Defence, Wargaming Handbook, Swindon, GB, Development, Concepts and Doctrine Centre, 2017, p. 1. (8) Sabin, Simulating War, p.14; Caffey, Newport Paper 43, On Wargaming, p. 17; a tal riguardo è doveroso sottolineare come le due fonti divergano lievemente quando trattano il tenente von Reissewitz e il colloquio. (9) Christian O.E. Millotat, Understanding the Prussian-German General Staff System, Carlisle Barracks, USA, Strategic Studies Institute US Army War College, 1992, p. 28. (10) Caffey, Newport Paper 43, On Wargaming, p. 18. (11) Sloan Geoffrey, Military doctrine, command philosophy and the generation of fighting power: genesis and theory, International Affairs 88: nr. 2 (2012), p. 246; Muth Jörg, The Language of Mission Command and the Necessity of an Historical Approach, The Strategy Bridge, disponibile presso: https://thestrategybridge.org/thebridge/2016/6/4/the-language-of-mission-command-and-the-necessity-of-an-historical-approach (ultima consultazione 02/08/2021); Brender L. Burton, The Problem of Mission Command, disponibile presso: https://thestrategybridge.org/the-bridge/2016/9/1/the-problem-of-mission-command (ultima consultazione 02/08/2021). (12) Elleman A. Bruce; Paine S.C.M., Newport Paper 40, Special Contribution-Commerce Raiding, Newport, USA, Naval War College Press, 2013, p. 189. (13) Sloan Geoffrey, The Royal Navy and Organizational Learning, The Western Approaces Tactical Unit and the Batle of the Atlantic, in Naval War College Review, Vol. 72, nr. 4, 2019, p. 6. (14) Sloan, The Royal Navy and Organizational Learning, pp. 2-3. (15) Strong E. Paul, Wargaming The Atlantic War: Captain Gilbert Roberts and the Wrens of the Western Approaches Tactical Unit, paper per MORS Wargaming Special Meeting October 2017, p. 2. (16) Si tratta del grado Captain della Royal Navy equivalente al Capitano di Vascello della MM (NATO OF-5). (17) Denominazione britannica del tempo prima che entrasse nell’uso comune il termine americano sonar. (18) Parkin Simon, A Game of Birds and Wolves: The Secret Game that Won the War, Londra, GB, Hodder & Stoughton, 2019, p. 128. (19) Ibidem, pp. 93-94. (20) Strong, Wargaming The Atlantic War, pp. 7-8. (21) Parkin, A Game of Birds and Wolves, pp. 142-143. (22) Gordon Andrew, The Rule of the Game: Jutland and British Naval Command, Londra, GB, John Murray, 2005, p. 481. (23) Parkin, A Game of Birds and Wolves, pp. 152-153. (24) Ibidem, pp. 204-205. (25) Sloan, The Royal Navy and Organizational Learning, p. 10. (26) Work Bob; Selva Paul, Revitalizing Wargaming is Necessary to Be Prepared for Future Wars, disponibile presso: https://warontherocks.com/2015/12/revitalizing-wargaming-is-necessary-to-be-prepared-for-future-wars (ultima consultazione 19/09/2021). (27) Caffey, Newport Paper 43, On Wargaming, pp. 87-88. (28) Hay Bud; Gile Bob, Newport Paper 4, Global War Game. The First Five Years, Newport, USA, Naval War College Press, 1993, pp. 1-2. (29) Ibidem, pp. 14-17. (30) Caffey, Newport Paper 43, On Wargaming, pp. 101-102. (31) Hanley T. John Jr., Creating the 1980s Maritime Strategy and Implications for Today, in Naval War College Review, Vol. 67, nr. 2, 2014, p. 10. (32) Hay, Gile, Newport Paper 4, Global War Game, Employment of Naval Forces; Political/Military Considerations. (33) Per il supporto dell’IC alla formulazione della Maritime Strategy e la comprensione del nemico si rimanda a Ford A Christopher; Rosenberg A David, The Naval Intelligence Underpinnings of Reagan’s Maritime Strategy, in Journal of Strategic Studies, Vol. 28, nr. 2, 2007. (34) Si rimanda a Hattendorf B. John; Phil. D.; Swartz M. Peter, Newport Paper 33, U.S. Navy Strategy in the 1980s: Selected Document, Newport, USA, Naval War College Press, 2008. (35) Hanley T. John Jr., Creating the 1980s Maritime Strategy and Implications for Today, in Naval War College Review, Vol. 67, nr. 2, 2014, p. 11. (36) L’ammiraglio Owens, sommergibilista, comandante della Six Fleet durante l’Operation Desert Storm, aveva già ricoperto l’incarico di senior military advisor per i SecDef (Secretaries of Defense) Frank Carlucci e Dick Cheney. Per maggiori informazioni riguardo «System of Systems» si rimanda a: Owens A. William, The Emerging U.S. System-of-Systems, in Strategie Forum 63, 1996, disponibile presso: https://books.google.it/books?id=9sAVOAAACAAJ&pg=PP1&hl=it&source=gbs_ selected_pages&cad=2#v=onepage&q&f=false. L’ammiraglio Cebrowski, pilota, dopo aver preso parte ai combattimenti in Vietnam e nel Golfo, finì i suoi giorni in servizio attivo quale presidente del Naval War College solo per essere richiamato dalla riserva nemmeno un mese dopo per dirigere l’OFT (Office of Force Transformation) voluto dal SecDef Donald Rumsfeld nell’ottobre 2001. Per maggiori informazioni riguardo al concetto di «Network-centric warfare» si rimanda all’articolo in questione: Cebrowski K. Arthur; Garstka H. John, Network-Centric Warfare, Its Origin and Future, in Proceedings Volume 124/1/1,139, gennaio 1998, disponibile presso: www.usni.org/magazines/proceedings/1998/january/network-centric-warfare-its-origin-and-future; per ulteriori informazioni: Wilson Clay, Network Centric Operations: Background and Oversight Issues for Congress disponibile presso: https://sgp.fas.org/crs/natsec/RL32411.pdf. (37) www.cna.org/about (data di ultima consultazione 19/09/2021). (38) www.cna.org/about/history (data di ultima consultazione 19/09/2021). (39) James M. McConnell, The Gorshkov Articles, The New Gorshkov Book And Their Relation To Policy, Arlington, USA, CNA, Professional Paper nr. 159, 1976. (40) www.cna.org/centers/cna/operational-warfighting/wargaming. (41) www.cna.org/centers/cna/operations-evaluation/field.