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Storia e geopolitica dell’Intermarium: ideologia prospettive e attualità

(*) Professore associato (abilitato professore ordinario) di Storia delle relazioni internazionali presso la facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza Università di Roma. Dottore di ricerca in Storia d’Europa, già direttore del Centro di ricerca per la Cooperazione internazionale con l’Eurasia, il Mediterraneo, l’Africa sub-sahariana (CEMAS), è direttore della Rivista di Studi Ungheresi. Docente di Storia internazionale dei nazionalismi, Storia delle relazioni euro-asiatiche, International relations, nationalisms and national minorities presso la Sapienza Università di Roma e di Storia dei trattati e delle relazioni internazionali presso Unitelma Sapienza. È autore di numerosi saggi e contributi, tra cui il recente La questione transilvana (Carocci 2020). (**) Nato a Roma nel 1988. Ha conseguito la laurea magistrale (2012) in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’Università di Roma La Sapienza. Ha conseguito un master in Studi Diplomatici presso la School of Government (SoG) dell’Università LUISS «Guido Carli» di Roma (2013), un executive master in Affari Strategici organizzato dalla School of Government (SoG) dell’Università LUISS in collaborazione con il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (VIS) nel 2018 e il dottorato di ricerca in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’Università LUISS «Guido Carli» di Roma (2019). Dal 2019 è Research Fellow presso il Centro di ricerca per la Cooperazione internazionale con l’Eurasia, il Mediterraneo e l’Africa Sub–sahariana (CEMAS) dell’Università di Roma La Sapienza. È autore di numerose pubblicazioni in tema di relazioni internazionali.

Introduzione: genesi e significato dell’Intermarium

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Il concetto dell’Intermarium — letteralmente «la terra tra i mari» — rappresenta una delle più significative teorizzazioni geopolitiche relative allo spazio centro-orientale dell’Europa, trovando uno sviluppo maturo e sofisticato in particolar modo nel dibattito intellettuale e strategico polacco. Per darne una definizione geografica, l’Intermarium avvolge quel territorio ricompreso tra il mar Baltico, il Mar Nero e il mare Adriatico — sebbene in alcune interpretazioni si estenderebbe fino al mare Egeo e addirittura al Mar Bianco (1) — che sin dal Medioevo europeo è stato conteso tra civiltà etnonazionali (mondo germanico, slavo e turco) e religiose (cristianesimo occidentale, orientale e islam). In questo senso, da un punto di vista ideologico e geografico-spaziale, l’Intermarium si sovrappone in modo incompatibile sia con l’idea di Mitteleuropa danubiana, sia con lo spirito renano del «grande spazio» germanico (Großraum) europeo-centro-orientale (2), ma anche con l’idea di spazio integrato slavo-turanico di matrice eurasiatista (3). Il significato strategico dell’Intermarium risiede infatti nella volontà di creazione di un terzo polo geopolitico tra Germania e Russia (4). In particolare in Polonia il progetto di Intermarium è stato concepito come uno strumento per rinforzare una stretta collaborazione tra paesi europei centro-orientali basata sul comune desiderio di garantire la propria sicurezza e i propri interessi in relazione a comportamenti aggressivi da parte di attori statuali limitrofi (5). Da un punto di vista istituzionale la cooperazione si sarebbe realizzata attraverso la creazione di una federazione e di un’alleanza militare (6). Sebbene il progetto fosse concepito come transnazionale, abbracciando diversi paesi dell’Europa orientale, all’interno di esso la Polonia avrebbe goduto di una posizione di supremazia (7). Nato nel contesto intellettuale polacco tra Otto e Novecento, il termine «Intermarium» — noto anche come Międzymorze — rivestì particolare rilievo pratico alla fine della Prima guerra mondiale. Con la disintegrazione dell’impero zarista e il fallimento della rivoluzione di febbraio si sarebbe prospettata la capacità distruttiva del «gigante folle» russo (8): e con la ricostituzione della Polonia indipendente e la guerra sovietico-polacca, poi, il progetto avrebbe svolto la duplice funzione di delineare il limite dei confini del nuovo Stato e di orientare le linee di politica estera del governo di Varsavia.

Questo concetto strategico divenne particolarmente importante nel periodo interbellico grazie al suo sviluppo da parte del presidente maresciallo Józef Piłsudski (1867-1935) e del ministro degli Esteri Józef Beck (1894-1944), nonché di intellettuali quali Włodzimierz Wakar (1885-1933), Stanisław Bukowiecki (18671944), Adolf Bocheński (1909-44), Władysław Gizbert-Studnicki (1867-1953), Jerzy Niezbrzycki (1902-68) e Ignacy Matuszewski (1891-1946). Nello specifico, la visione dell’Intermarium pilsudskiano si articolava nella prospettiva dell’approccio ideologico del «Prometeismo», un concetto fondato sull’idea che la Russia fosse il principale pericolo per la Polonia e che pertanto Varsavia dovesse sostenere quei gruppi etnolinguistici minoritari — finlandesi, baltici, ucraini, turkestani, caucasici — desiderosi di ottenere l’indipendenza dallo Stato russo al fine di sfaldarne l’unità dall’interno (9). Al contempo, Beck credeva che l’Intermarium dovesse essere implementato attraverso un’alleanza di Stati europei medio-piccoli situati tra il Mar Nero, il mar Baltico e il mar Adriatico minacciati dai progetti egemonici di Germania e Russia, che egli ribattezzò «Terza Europa». Da allora, il concetto di In-

termarium è diventato parte integrante del pensiero geopolitico polacco, basandosi sulla rivalutazione strategica della posizione geografica della storica Confederazione polacco-lituana (Rzeczpospolita), estesa come un istmo tra mar Baltico e Mar Nero, come ponte tra Europa occidentale e orientale e come fondamentale connettore tra Germania e Russia (10).

La prospettiva ideologica: il Prometeismo

Con il termine «Prometeismo» (in polacco Prometeizm) si intende il progetto politico-ideologico emerso tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, sviluppato come accennato da Józef Klemens Piłsudski. Esiliato in Siberia nel 1887 per aver partecipato a un complotto anti-zarista, nel 1892 Piłsudski tornava in Polonia dove spicca fra i fondatori del Partito socialista. Nel 1914 costituiva le legioni polacche che combattevano contro i russi a fianco degli imperi centrali. Alla fine del conflitto ascendeva al vertice del ricostituito Stato polacco (fino alla fine del 1922), conducendo nel 1920 l’offensiva contro i bolscevichi conclusasi con la firma del trattato di Riga (marzo 1921), che spostava il confine orientale della Polonia di oltre 250 chilometri oltre la linea Curzon e inglobava circa 190 mila chilometri quadrati di territorio, abitati da 12 milioni di abitanti di varie nazionalità, lingue e religioni: polacchi, ucraini, rumeni, bielorussi, russi, ebrei (e dunque cattolici romani, greco-cattolici, ortodossi, israeliti) (11).

La grande Polonia post-bellica si presentava dunque caratterizzata da evidenti tensioni etniche: in questo contesto il Prometeismo, profilandosi come un movimento ibrido fra socialismo e nazionalismo, si prospettava come un’ideologia a difesa delle etnie non russe nella rivendicazione della propria autonomia rispetto alla potenza russa, prima zarista e poi sovietica. Di fatto numerosi movimenti socialisti sorti nelle comunità etnicamente non russe assumevano un carattere nazionale, mettendo come obiettivo primo dei propri programmi politici l’indipendenza nazionale: fu così in Polonia, Ucraina, Finlandia, Lettonia, Lituania, Georgia e Azerbaigian, dove i movimenti nazionalisti antirussi erano stati sostenuti durante il conflitto dalla propaganda tedesca (12), alcuni sviluppando e aderendo a ideologie socialiste nazionaliste per porsi alla guida dei processi di indipendenza nazionale e popolare (13). È così dunque che il Prometeismo si proponeva naturalmente come prospettiva ideologica di integrazione della visione geopolitica dell’Intermarium, quando durante il periodo interbellico questi due termini indicano due strategie geopolitiche complementari (14).

Nel corso della guerra civile (1919-21) i bolscevichi dovevano fronteggiare le rivolte delle nazionalità locali: i cosacchi del Don e del Kuban, con una certa autonomia durante il periodo zarista, erano stati repressi con massacri e deportazioni di massa. In Ucraina, Bielorussia, Armenia, Georgia e Azerbaigian si dava vita a repubbliche indipendentiste dalla vita breve. In questo contesto l’avanzata delle truppe di Piłsudski in Ucraina, fino a Kiev, dava corpo alle finalità politiche «prometeiste» in opposizione all’imperialismo russo. Il ruolo prometeista della Polonia si articolava così in successive fasi (15). In una prima fase, dal 1919 in un biennio emerge l’azione di Bohdan Kutylowski come ministro polacco presso la Repubblica popolare di Ucraina (febbraio 1919), con la stipula di un’alleanza politica e militare polacco-ucraina (accordo di Varsavia, aprile 1920) con la Repubblica popolare ucraina di Symon Petlura, la spedizione di Piłsudski a Kiev (iniziata il 25 aprile 1920), l’accreditamento di un Ministro polacco nel Caucaso, la nomina di una missione militare nel Caucaso e infine la mozione della Repubblica di Crimea alla Società delle Nazioni (17 maggio 1920), in cui veniva richiesto che la Crimea fosse resa un protettorato polacco. Subito dopo la perdita dell’indipendenza e l’annessione sovietica di questi territori nel 1921, da parte dunque della Russia bolscevica, la Polonia fu l’unico paese in Europa che diede sostegno materiale e morale alle aspirazioni politiche dei profughi indipendentisti. Nei due anni successivi, dopo il trattato di Riga che poneva fine alla guerra polacco-sovietica, la Polonia mantenne una sua politica autonoma rispetto ai confini orientali stabiliti insieme agli Stati baltici. I Governi in esilio di queste regioni, riannesse alla Russia sovietica, trovarono rifugio in Polonia e in altri paesi: sono flussi di esuli e di élites importanti, come il Governo popolare ucraino (in Polonia ma non solo), il Governo georgiano e quello azerbaigiano (in Francia e Turchia), i Governi del Kuban e del Don (in

Cecoslovacchia). Durante questo periodo, con il maresciallo Piłsudski ancora al potere (come capo dello Stato e poi come capo di Stato Maggiore), la Polonia lavora insieme ai circoli degli émigrés politici in contatto ufficiale con il ministero degli Esteri polacco, con le sedi diplomatiche polacche attive in altre capitali d’Europa e d’Asia e con lo Stato Maggiore polacco (16). Gli sforzi del giovane Stato polacco sarebbero dovuti andare nella direzione di supportare tutti quei movimenti nazionalisti e indipendentisti dei popoli «non russi» esistenti all’interno o ai confini dell’ex impero russo con lo scopo ultimo di indebolirne la coesione e facilitarne la definitiva frammentazione, come già delineato durante la Grande guerra fin dal congresso di Losanna e con la lega delle «nazionalità e popoli “alieni”» di Russia (17).

Nel triennio dal 1923, dopo l’allontanamento di Piłsudski dal potere, i Governi polacchi eliminarono il Prometeismo dall’agenda del paese, mentre i sovietici realizzavano il programma etno-federale di riconoscimento delle nazionalità portato avanti da Stalin nelle aree non russe dell’Unione Sovietica, inaugurando le Repubbliche nazionali autonome insieme con la repressione degli ultimi tentativi indipendentisti lo-

cali. In un quarto periodo, dal ritorno al potere di Piłsudski con il golpe del maggio 1926 fino alla conclusione del patto di non aggressione polacco-sovietico del 1932, si rilanciava una più attiva collaborazione con le organizzazioni che a vario titolo — polacche o dei tanti circoli irredentisti degli émigrés, attivi oltre che in Polonia, Francia, Cecoslovacchia, Turchia, ormai anche in Lituania, Finlandia, Egitto — si rifacevano a questo progetto politico: si avevano riferimenti ufficiali al ministero degli Manifesto del 1921 che invitava al reclutamento nella scuola militare, presenta il tema dell'ucrainizzazione. Il testo recita: «Figlio! Arruolati nella scuola dei Comandanti rossi, e la difesa dell'Ucraina sovietica verrà garantita». Il manifesto utilizza la tradizionale iconografia e scrittura ucraina. La Scuola dei coEsteri e allo Stato Maggiore polacchi (dal 1927), mentre attraverso mandanti rossi di Charkiv era organizzata per promuovere le carriere delle persone di nazionalità ucraina nell'esercito (wikipedia.it). nuove istituzioni e attività (istituti di cultura, riviste e bollettini, borse di studio, club) il Prometeismo veniva diffuso e propagandato. Da Mosca però la reazione arrivò all’eliminazione fisica di due importanti leader dell’irredentismo anti-russo (l’ucraino Petljura nel 1926 e il georgiano Noe Ramishvili nel 1930) mentre proseguivano con la politica della korenizacija («indigenizzazione») finalizzata all’integrazione delle nazionalità non russe. Piłsudsky, a questo punto, rinunciò all’asse ucraino-polacco come colonna vertebrale del progetto (avente come conseguenza ultima la dissoluzione dell’Unione Sovietica) e a prospettare invece un cordone sanitario ben più esteso del vecchio Intermarium, per un blocco europeo-centrale dal Baltico al Caspio e dall’Artico al Mediterraneo. Organizzazioni nazionaliste ucraine, però, appoggiate anche da Lituania, Cecoslovacchia e Germania, colpirono gli esponenti del Prometeismo, provocando la reazione di Varsavia contro gli ucraini e l’apertura di un compromesso con Mosca: finalmente l’anno successivo Varsavia avrebbe concluso con i sovietici un patto di non aggressione (a cui sarebbe seguito un anno e mezzo dopo un patto di non aggressione tedesco-polacco). L’abbandono dei riferimenti ufficiali al Prometeismo e la fine delle attività clandestine in Unione Sovietica segnò l’epilogo di questa strategia in senso antirusso:

Piłsudski e gli altri leader del colpo di Stato sul ponte Poniatowskii a Varsavia il 14 maggio 1926 (wikipedia.it).

fu considerato alla stregua di un tradimento da parte degli esuli, che continuarono però a godere del sostegno di alcuni ambienti fortemente antirussi (e prometeisti) polacchi. L’ultimo progetto polacco all’interno di una prospettiva geopolitica di una Polonia mediana tra Germania e Russia sarebbe stato quello del Józef Beck, ministro degli Esteri dal 32 al 39 e fautore storico al fianco del maresciallo Piłsudski (18): nella seconda metà degli anni Trenta Beck avrebbe provato a lanciare l’idea di una «Terza Europa» costituita da Polonia, Ungheria, Romania, Jugoslavia e Italia, senza riscuotere però un reale riscontro positivo da parte degli stessi paesi interessati (19).

Nel 1935 la morte del maresciallo Piłsudsky si può dunque considerare come la fine del Prometeismo storico, sebbene questo approccio geopolitico si sarebbe ritrovato alla base dei sentimenti antirussi di alcuni ambienti occidentali, francesi e inglesi, del Giappone imperiale e dell’Italia fascista, e soprattutto dal 1933 della Germania hitleriana (più che altro strumentale, antirusso e antibolscevico, e incapace di entrare in sintonia con lo storico-ideologico polacco) (20).

La necessità geopolitica della «Catena di Mezzo»

Da un punto di vista geografico-politico, il progetto del «Międzymorze» implicava l’implementazione di una riorganizzazione su base federativa dell’area che era già appartenuta alla Confederazione polacco-lituana, includendo al suo interno la Lituania e gran parte della Bielorussia e dell’Ucraina. In altre parole, il Międzymorze si sarebbe esteso su quel territorio di faglia che congiungeva l’Europa occidentale con quella orientale, la civiltà cattolico-protestante con quella ortodossa, le nazioni germaniche con quelle slave e che storicamente era stata contesa tra Impero asburgico, ottomano e russo (21). Occorreva inoltre che la federazione concludesse un’alleanza volta a contrastare le potenze di Germania a ovest e Russia a est: in relazione alla Russia, inoltre, i paesi dell’Interma-

rium, in linea con gli interessi franco-britannici, avrebbero dovuto promuovere quel cordone sanitario volto a contenere il bolscevismo tanto da un punto di vista militare che ideologico. Per quanto riguarda l’aspetto geografico-fisico, il concetto appariva profondamente significativo in quanto nasceva dalla constatazione che il territorio dell’antica Confederazione polacco-lituana (Rzecspospolita o «Commonwealth» di polacchi e lituani, ma anche ucraini e bielorussi) (22) rappresentava una vasta pianura che proseguiva ininterrottamente a ovest fino alla Francia settentrionale e a est fino ai Monti Urali. Pertanto, l’assenza di confini naturali a occidente e oriente rendeva l’Intermarium particolarmente flessibile in termini di espansione territoriale ma al contempo fragile da un punto di vista difensivo: prova di ciò furono i costanti spostamenti di frontiera dapprima della Confederazione e poi di alcuni suoi membri quali la Bielorussia e l’Ucraina e ovviamente la stessa Polonia (23).

Il concetto di spazio strategico europeo-orientale tra il mar Baltico, il Mar Nero e il mar Adriatico, però, non appartiene soltanto al pensiero geopolitico polacco. Nel 1919, al termine della Prima guerra mondiale, il geopolitico britannico Halford J. Mackinder, celebre per la teorizzazione del cosiddetto «perno geografico della storia» (Geographical pivot of history) o «Cuore della Terra» (Heartland) (24), riadattò l’idea di Heartland al nuovo contesto internazionale (25). Per prevenire qualunque tipo di egemonia in Europa orientale, Mackinder sostenne l’idea di creare una catena di Stati cuscinetto tra la Germania e la Russia, volta a separare le due potenze sia nel senso di un nuovo potenziale scontro che di un’ipotetica intesa. Data l’importanza strategica dell’Europa orientale per il controllo dell’Heartland, Mackinder riteneva che l’unica soluzione per garantire la pace europea fosse la divisione dell’Europa in due parti, una occidentale e una orientale, creando un cuscinetto di piccole nazioni autonome tra le due, che egli ribattezzò «Catena di Mezzo» (Middle Tier). In altre parole, era necessario separare la Germania dalla Russia attraverso la creazione di Stati cuscinetto più o meno artificiali ricompresi nella vasta area che si estendeva dal mar Baltico al Mar Nero, ossia nell’Intermarium (26).

La strategia di distanziamento russo-tedesco implicava la neutralizzazione e parcellizzazione dell’Europa orientale, evitando che qualunque potenza continentale potesse estendere su di essa il proprio dominio. Ai fini degli interessi britannici (e francesi) occorreva evitare a qualunque costo un’unificazione dello spazio russotedesco, in quanto una tale fusione avrebbe condotto al dominio paneuropeo, o perfino mondiale (27). Le disposizioni finali della Conferenza di pace di Versailles, la nascita della Piccola Intesa garantita dalla Francia comprendente Jugoslavia, Romania e Cecoslovacchia, la ricomparsa della Polonia e la politica del cordon sanitaire promossa da Georges Clemenceau sembravano seguire il ragionamento di Mackinder. Supponendo che l’unificazione dell’Europa orientale sotto un unico potere avesse portato al controllo dell’Heartland, il modo migliore per le potenze marittime occidentali di mantenere l’equilibrio europeo era di separare la parte orientale e occidentale del continente creando nazioni indipendenti e autosufficienti. Il principale obiettivo strategico era quindi di separare la Germania e la Russia attraverso la creazione di un cordone di Stati interposti. Occorreva dunque creare una serie di Stati indipendenti popolati da genti non tedesche — polacchi, cechi, magiari, jugoslavi, rumeni, bulgari e greci — situati tra il mar Baltico, il Mar Nero e il mar Mediterraneo orientale per separare la Germania dalla Russia. Questa catena di Stati avrebbe svolto il ruolo di «terza potenza» in Europa orientale e di scudo contro l’espansionismo tedesco e russo. Il piano di Mackinder implicava il dislocamento forzato, l’assimilazione o lo scambio di intere popolazioni e la necessità che alla Polonia fosse garantito un accesso al mar Baltico, che sarebbe stata, come è noto, una delle cause dello scoppio della Seconda guerra mondiale. La creazione in Europa orientale della «Catena di Mezzo» avrebbe impedito a una singola nazione di dominare l’Heartland. Questa catena di Stati, con il sostegno esterno della Società delle Nazioni — quindi soprattutto di Gran Bretagna e Francia — avrebbe garantito la suddivisione dell’Europa orientale ponendo fine alla rivalità continentale slavo-germanica, separando la Germania dalla Russia e impedendo a una di esse di controllare l’Heartland e di conseguenza l’Isola del Mondo. Ostacolare l’unificazione dello spazio russotedesco era necessario per scongiurare un dominio pan-

continentale sull’Europa e sull’intera Isola del Mondo. Il rischio maggiore per la Gran Bretagna era che la Russia, magari attraverso un’alleanza con la Germania, potesse espandersi verso i confini dell’Eurasia e sfruttare le vaste risorse della massa continentale per costruire flotte capaci di forgiare un impero globale egemonico (28). Pertanto, la strategia della Gran Bretagna doveva consistere nel dare sostegno dal mare a Francia, Italia, Grecia, Egitto, India e Corea, ossia le teste di ponte del potere marittimo in Eurasia. Inoltre, la Gran Bretagna e il Giappone avrebbero dovuto collaborare mantenendo una pressione costante nelle regioni periferiche rispettivamente occidentali e orientali dell’Eurasia e preservando l’equilibrio di potere rispetto a quelle forze continentali potenzialmente espansionistiche come Germania, Russia e Cina.

In conclusione, la creazione di questa vasta area cuscinetto che impediva un avvicinamento russo-tedesco favoriva soprattutto gli interessi imperiali e marittimi dell’Impero britannico e quelli europei della Francia. Non a caso, il celebre geopolitico tedesco Karl Haushofer, che si opponeva accanitamente ai progetti egemonici della talassocrazia britannica e auspicava la nascita di un blocco continentale eurasiatico (Kontinentalblock) tedesco-russo, definì «cintura del diavolo» quel «cordone sanitario» postbellico formato da Stati baltici, Polonia e Piccola Intesa per tenere separate la Russia e la Germania (29). Haushofer comprendeva perfettamente come il progetto della «Catena di Mezzo» fosse insanabilmente in contrasto con le idee di Mitteleuropa a guida germanica.

Sebbene i progetti del Międzymorze e della «Catena di Mezzo» si proponessero obiettivi diversi, ossia rispettivamente la nascita di un blocco geopolitico indipendente a guida polacca e la comparsa di un’area neutralizzata vicina a Gran Bretagna e Francia, entrambi si caratterizzavano per la stessa raison d’être, ossia la comune avversione nei confronti della minaccia tedesca a occidente e russa a oriente.

Il Trimarium contemporaneo

Dopo il 1989, il concetto di Intermarium fece nuovamente la sua comparsa nel dibattito geopolitico polacco nel tentativo di offrire una visione di politica estera per la Polonia. Nel 1991, la dissoluzione dell’Unione Sovietica e la ritrovata indipendenza degli Stati baltici, della Bielorussia e dell’Ucraina offrirono nuove opportunità per riproporre il progetto di una federazione o alleanza tra paesi dell’Europa centro-orientale tra mar Baltico e Mar Nero. Al contempo, la disgregazione della Jugosla-

via e la nascita di entità politiche indipendenti con sbocco sul mare Adriatico come Slovenia e Croazia riportarono in auge il mito di un collegamento e cooperazione tra paesi a cavallo tra i «tre mari».

In Polonia, lo storico e politologo Leszek Moczulski e il suo partito «Confederazione della Polonia Indipendente» (Konfederacja Polski Niepodległej) divennero un punto di riferimento per la realizzazione di un nuovo progetto di Intermarium. Secondo Moczulski, con la fine della Guerra Fredda il «nuovo» Intermarium si sarebbe dovuto basare sulla cooperazione tra venti Stati dell’Europa centro-orientale (Polonia, Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Stati baltici, Repubbliche ex-jugoslave, Bulgaria, Romania, Cechia, Slovacchia, Ungheria e Albania) e rappresentare una tappa intermedia verso l’integrazione europea (30). Tuttavia, questo progetto di stretta collaborazione regionale non si materializzò a causa dell’opposizione da parte dei paesi

dell’area a essere inclusi in un processo di integrazione in cui la Polonia avrebbe ricoperto il ruolo di potenza regionale dominante (31). In particolare, i tentativi di Varsavia dei primi anni Novanta di orientare gli obiettivi del Gruppo di Visegrád (Polonia, Ungheria, Cechia e Slovacchia) a favore dell’Intermarium a guida polacca vennero scoraggiati dagli altri Stati membri. La partecipazione della Polonia tra 1992 e 2004 all’Accordo centroeuropeo di libero scambio (CEFTA) non venne concepito solamente come uno strumento di preadesione all’Unione europea, bensì anche come un potenziale punto di partenza per la realizzazione di un nuovo Intermarium. Tuttavia, attraverso i negoziati che portarono al quinto allargamento nel 2004, gli Stati dell’Europa centro-orientale hanno considerato l’Unione europea il progetto di integrazione prioritario.

Inoltre, il nuovo progetto di Intermarium prevedeva la creazione di un asse speciale tra Polonia e Ucraina. Gli sforzi del presidente Lech Wałęsa agli inizi degli anni Novanta per la realizzazione di un forte partenariato strategico polacco-ucraino si collocano precisamente in questo contesto. Successivamente, durante la sua presidenza (2005-10), Lech Kaczyński promosse una nuova versione di Prometeismo volta ancora una volta a contrastare la minaccia di un approccio russo assertivo in politica estera, come la guerra in Georgia nel 2008 aveva dimostrato. Anche l’amministrazione e le linee guida del partito «Diritto e Giustizia» (Prawo i Sprawiedliwość, in sigla «PiS») fondato da Kaczyński si orientarono verso un atteggiamento antirusso ispirato dall’idea del Prometeismo e dell’appoggio ai gruppi etnici dello spazio post-sovietico più ostili alla Russia. In questo senso, nel 2008 la Polonia si fece promotrice dell’idea del partenariato orientale dell’Unione europea, che, nato nel quadro della politica europea di vicinato, mira a favorire un avvicinamento delle Repubbliche ex-sovietiche di Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina all’UE.

Nell’interpretazione contemporanea, l’idea di Intermarium ha una precisa connotazione filo-atlantista, riferendosi in particolare a quella che i circoli diplomatici statunitensi definiscono la cosiddetta «new Europe» centro-orientale — molto cara, per esempio, a George W. Bush e a Donald Trump — che, rispetto alla «old Europe» centro-occidentale, è meno conciliante nei riguardi della Russia e decisamente allineata con Washington (32). Gli Stati Uniti ritrovano nel progetto un utilissimo elemento per attuare la loro strategia per l’Europa orientale, in quanto la zona dei tre mari costituisce un importante perno regionale e una porta

di accesso verso l’ovest e verso l’est del continente europeo, oltre che un sicuro baluardo da cui sorvegliare lo spazio post-sovietico. Negli ultimi anni, consiglieri ufficiali della NATO nonché accademici e think tank pro-atlantisti hanno considerato l’Intermarium un valido strumento per portare avanti gli interessi statunitensi in Europa orientale (33). Inoltre, l’Intermarium contemporaneo sembra generare una forte attrazione presso quei paesi dell’Europa centro-orientale che si considerano l’«altra Europa» fondata sui princìpi del conservatorismo, populismo, sovranismo ed euroscetticismo. Il fascino dell’Intermarium per l’estrema destra deriva dall’idea che l’Europa centro-orientale sia la sola e unica «vera Europa» rimasta, ossia un baluardo non solo contro il «nazional-bolscevismo» e «neo-eurasiatismo» di Mosca, ma anche contro il modello neoliberista, multiculturale, laico e femminista promosso da Bruxelles (34).

L’idea di implementare un nuovo Intermarium come strategia di politica estera polacca si è fatta ancora più pressante dopo la vittoria del PiS alle elezioni parlamentari del 2015. A partire dalla sua elezione nel 2015, il presidente Andrzej Duda, proseguendo le politiche avviate da Kaczyński, ha cercato attivamente sostegno tra i paesi dell’Europa centro-orientale per l’attuazione di un Intermarium, soprattutto in seguito alla crisi ucraina del 2014. Al contempo, il politologo ed esponente di spicco del PiS Krzysztof Szczerski ha rivalutato in chiave contemporanea e da una prospettiva accademica il concetto di Intermarium (35). Il paese più incline a prendere in considerazione l’iniziativa è stata la Croazia, tanto che la presidentessa Kolinda Grabar-Kitarović organizzò un incontro dei rappresentanti di dodici Stati situati tra le sponde del mar Baltico, Mar Nero e mar Adriatico durante la sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 29 settembre 2015.

Nell’agosto del 2016, durante un incontro con il presidente ucraino Petro Porošenko, Duda presentò un progetto di stretta collaborazione tra Stati situati tra i tre mari dell’Intermarium, a cui diede il nome di «Trimarium» (Trojmórze). Il Trimarium avrebbe come obiettivo quello di garantire una cooperazione internazionale volta a sostenere l’indipendenza e l’integrità territoriale degli Stati interessati nel quadro di un progressivo avvicinamento alla comunità euro-atlantica e dunque è apertamente incoraggiato dagli Stati Uniti (36). Dal 2016, anno in cui si tenne il primo summit a Dubrovnik, si sono susseguiti ininterrottamente a cadenza annuale dei vertici con i principali rappresentanti dei Tre Mari. A Dubrovnik, l’iniziativa prese ufficialmente il nome di Three Seas Initiative (3SI o TSI), Baltic, Adriatic, Black Sea Initiative (BABS) o semplicemente Trimarium e terminò con una dichiarazione congiunta dei dodici paesi coinvolti che ribadiva la volontà di promuovere una stretta cooperazione nei settori dell’energia, dei trasporti, della comunicazione digitale e dell’economia. Da un punto di vista geopolitico, osservando una carta geografica, il progetto appare come una tenaglia volta a contenere l’influenza russa dall’Estonia nel mar Baltico fino alla Bulgaria nel Mar

Durante la sua prima tappa a Varsavia, in Polonia, l’allora presidente Donald Trump ha parlato al vertice della Three Seas Initiative del 2017

(3si-business.com).

Nero, sebbene l’Ucraina non faccia parte ufficialmente dell’iniziativa. Per quanto riguarda specificamente la Croazia, il progetto potrebbe sottintendere una volontà di assurgere a paese egemone nei Balcani occidentali, presumibilmente in chiave antiserba.

Durante il secondo summit della TSI tenutosi a Varsavia nel 2017 si giunse all’adozione di una seconda dichiarazione congiunta in cui l’iniziativa veniva descritta come uno strumento per favorire lo sviluppo dell’intera UE e per promuovere un’attiva cooperazione con gli Stati Uniti nel quadro della NATO, accogliendo un caloroso riscontro da parte del presidente Donald Trump, presente al vertice. Similmente, nel corso del terzo summit svoltosi a Bucarest nel 2018, la dichiarazione finale affermava che gli Stati del Trimarium accoglievano con favore le iniziative economiche statunitensi nella regione e ribadivano la necessità di sviluppare in maniera sempre più intensa i legami transatlantici. Nonostante la sottintesa natura antirussa della TSI, i rappresentanti politici polacchi hanno voluto ribadire che l’iniziativa rappresenta una piattaforma per implementare la cooperazione nelle sfere dell’economia, della sicurezza energetica e delle infrastrutture e che non sarebbe diretta contro nessuno. In altre parole, la Polonia ha sottolineato come la TSI non sia di natura geopolitica: sarebbe questa la ragione per cui si chiamerebbe Trimarium, e non Intermarium. Infatti, mentre l’Intermarium interbellico rappresentava un blocco geopolitico sotto l’egida della Polonia e con un ruolo chiave svolto dall’Ucraina ed era diretto contro la Germania e la Russia sovietica, il Trimarium non ricomprende l’Ucraina, è sotto l’egida degli Stati Uniti e incarna uno strumento utilizzato da Washington per controbilanciare nella regione gli interessi dell’UE a scapito di quelli della NATO e per riequilibrare il peso della Cina in Europa orientale nel contesto della strategia della «Nuova Via della Seta» (37). Ciononostante, Mosca può facilmente valutare la stretta cooperazione tra TSI e NATO come essenzialmente in contrasto con gli interessi russi e considerare il progetto come una minaccia per l’influenza russa nello spazio post-sovietico — soprattutto in Ucraina, Moldavia e Bielorussia — riecheggiante una politica aggressiva influenzata dal Prometeismo. Inoltre, da un punto di vista geopolitico, la Polonia mira ad assumere all’interno della TSI il ruolo di principale partner strategico degli Stati Uniti, a rafforzare grazie al sostegno statunitense un suo peso all’interno dell’UE, a marginalizzare il ruolo della Russia in Europa orientale e a riequilibrare il predominante potere della Germania in Europa (38).

Considerazioni finali: il contenzioso ucraino

Uno dei paesi in cui il concetto di un nuovo Intermarium sembra aver suscitato speranze e aspettative è l’Ucraina del post-Euromaidan, dove il progetto è stato da subito concepito come un mezzo per contrastare ogni forma di dominio da parte della Russia (39). A partire dal 2013-14, il progetto ha riscosso un ampio consenso soprattutto presso i movimenti ucraini di estrema destra (40). Sebbene, come visto, l’Ucraina non sia ricompresa nel progetto del Trimarium, l’iniziativa è stata accolta con favore a Kiev soprattutto in ambito accademico con la realizzazione di diverse conferenze polacco-ucraine sul tema a partire dal 2017 (41). Nel contesto ucraino, il Trimarium viene palesemente interpretato in chiave antirussa come un possibile progetto per contrastare le azioni di Mosca che dal 2014 hanno compromesso l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina. Alcuni gruppi politici e paramilitari vicini a posizioni ideologiche di estrema destra — tra cui il neonazista «Battaglione Azov» — sono dei convinti sostenitori del Trimarium, che concepiscono come un valido strumento per portare avanti gli interessi ucraini e come una concreta alternativa all’UE (42). In questo senso, il significato del progetto per l’Ucraina non costituisce soltanto una potenziale costruzione geopolitica contro la Russia ma anche una piattaforma per sponsorizzare e diffondere idee della destra radicale ultranazionalista in sintonia con i movimenti e partiti illiberali dell’Europa orientale, che godono di molta popolarità, per esempio, presso gli Stati membri del Gruppo di Visegrád. Paradossalmente, mentre molti gruppi di estrema destra dei paesi dell’Europa occidentale manifestano posizioni filorusse nutrendo spesso un’ostilità nei confronti della NATO, molti di quelli dell’Europa centro-orientale si collocano su posizioni marcatamente antirusse e filo-atlantiste (43). Tuttavia, a oggi l’Ucraina trova sicuramente maggiori possibilità di portare avanti i propri interessi in progetti e istituzioni di cui è un partecipante a pieno titolo, tra cui il Partenariato orientale

dell’UE, l’Organizzazione per la democrazia e lo sviluppo economico (GUAM) e l’Organizzazione della cooperazione economica del Mar Nero (BSEC). L’iniziativa del Trimarium ha sollevato diversi interrogativi tanto in relazione alla sua natura che ai suoi obiettivi (44). Non appare del tutto chiaro che cosa rappresenti questo vincolo di Stati diversi per lingua, tradizioni e storia, accomunati solamente dall’appartenenza a una terra che si estende tra tre mari. Inoltre, da un punto di vista istituzionale, l’iniziativa non sembra promuovere forme significative di integrazione politico-economica che vadano oltre dei summit annuali che rappresentano dei meri forum di discussione risultanti in dichiarazioni propositive ma non vincolanti. D’altronde, non è chiara la ragione per la creazione di un raggruppamento di paesi all’interno di una grande area in cui gli Stati già appartengono alla più grande famiglia dell’UE e che (a esclusione di Austria e Finlandia) sono a pieno titolo membri della NATO. In altre parole, il Trimarium rischia di trasformarsi in uno strumento per controbilanciare il peso dei poli di Parigi, Roma e Berlino in seno all’UE, di portare avanti in Europa orientale maggiormente gli interessi statunitensi che quelli europei, di essere manipolato da gruppi politici populisti di estrema destra e, estendendo lo sguardo a paesi post-sovietici come l’Ucraina, di incrementare la rivalità tra mondo occidentale e Russia.

Infine, con l’attuale conflitto in Ucraina e il rinnovato «dilemma della sicurezza» in questa regione (45), in queste settimane, l’Intermarium si presenta con nuova forza come una necessità di sicurezza per l’Europa orientale del XXI secolo (46). Di fronte alle richieste di neutralità reclamate da Mosca e all’oggettiva difficoltà di adesione alla NATO, l’Intermarium da Kiev a Helsinki (ma anche a Stoccolma e a Chisinau) sembrerebbe essere un reale «compromesso» (47). In una prospettiva più ampia, però, il progetto di Intermarium avrebbe successo solo con la reale partecipazione e condivisione delle necessità di sicurezza collettiva di una gran parte degli Stati dell’area (48). L’interesse per l’Intermarium, rinnovatosi con la crisi in Ucraina del 2014, è quanto mai giustificato dagli eventi in corso: dall’eredità storico-culturale della confederazione polacco-lituana (comprendente la Bielorussia e l’Ucraina), attraverso il Prometeismo polacco interbellico, l’Intermarium da Pilsudski a oggi è inevitabilmente al centro delle possibili soluzioni al dilemma della sicurezza dell’Europa orientale. 8

NOTE

(1) M.J. Chodakiewicz, Intermarium: The land between the Black and Baltic Seas, Routledge, New York, 2017. (2) P. Pizzolo, La maledizione dello spazio. Il pensiero geopolitico nazista e il sogno di Hitler di un impero in Eurasia, Aracne, Roma, 2021, pp. 57-58. (3) P. Pizzolo, L’eurasiatismo. Un’ideologia conservatrice al servizio della geopolitica, Aracne, Roma, 2020. (4) M. Laruelle - E. Rivera, Imagined geographies of Central and Eastern Europe: the concept of Intermarium, in IERES Occasional Papers 1 (2019), p. 3. (5) P. Cieplucha, Prometeizm i koncepcja Międzymorza w praktyce polityczno-prawnej oraz dyplomacji II RP, Studia Pravo-Ekonomiczne, vol. 93 (2014), pp. 39-55. (6) M.G. Bartoszewicz, Intermarium: A Bid for Polycentric Europe, Geopolitics (2021), DOI: 10.1080/14650045.2021.1973439. (7) T.G. Masaryk, Pangermanism and the zone of small nations. New Europe 1/9 (1916), pp. 271-277; S. Troebst, «Intermarium» and «Wedding to the Sea»: Politics of history and mental mapping in East Central Europe. European Review of History 10/2 (2003), p. 294. (8) A.F. Biagini, In Russia tra guerra e rivoluzione. La missione militare italiana, 1915-1918, Nuova Cultura, Roma 2010; A. Carteny, Il Gigante folle di Vladimiro Zabughin; E. Mari - O. Trukhanova - M. Valeri (a cura di), Un radioso avvenire. L’impatto della Rivoluzione d’Ottobre sulle scienze umane, Edizioni Nuova Cultura, Roma, pp. 97-108. (9) L. Sykulski, Geopolityka, Słownik terminologiczny, Wydawnictwo naukowe PWN, Warszawa, 2009. (10) R. Ištok - I. Kozárová - A. Polačková, The intermarium as a Polish geopolitical concept in history and in the present, Geopolitics, 26/1 (2021), pp. 314-341. (11) M.K. Dziewanowsk, Joseph Pilsudski: a European Federalist, 1918-1922, Hoover Institution, Stanford (CA), 1969. (12) A. Carteny, From the Lausanne Congress to the Rome Pact until the Fiume League: Nationalities and Nationalisms (1916-1920); AA.VV., War, Peace and Nation-Building (1853-1918), Serbian Academy of Sciences, Belgrade, 2020, pp. 31-56. (13) R. Woytak, The Promethean Movement in Interwar Poland, in East European Quarterly, vol. XVIII, n. 3 (September 1984), pp. 273-278. (14) E. Copeaux, 1993, Le mouvement prométhéen, in Cahiers d’études sur la Méditerranée orientale et le monde turco-iranien 16 (juillet-décembre 1993), pp. 9-45. (15) S. Mikulicz, Prometeizm w polityce II Rzeczypospolitej, Książka i Wiedza, Warszawa, 1971. (16) E. Charaszkiewicz, 2000, Zbiór dokumentów ppłk. Edmunda Charaszkiewicza, eds. Andrzej Grzywacz, Marcin Kwiecień, Grzegorz Mazur, «Biblioteka Centrum Dokumentacji Czynu Niepodległościowego», vol. 9, Księgarnia Akademicka, Kraków. (17) A. Carteny, From the Lausanne Congress to…, op.cit., p. 33; S. Zetterberg, Die Liga der Fremdvölker Russlands, 1916-1918, Suomen Historiallinen Seura, Helsinki, 1978. (18) A. M. Cienciala, The Foreign Policy of Józef Piłsudski and Józef Beck, 1926-1939: Misconceptions and Interpretations. The Polish Review, LVI/1-2 (2011), pp. 111-152. (19) M. Kornat, The Polish Idea of «The Third Europe» (1937-1938). A Realistic Concept or an Ex-Post Vision?. Acta Poloniae Historica, 103 (2011), pp. 101-126. (20) E. Charaszkiewicz, Zbiór dokumentów ppłk…, op. cit., pp. 57-58. (21) M.W. Solarz, The rise, fall and rebirth of Polish political geography, Geopolitics 19/2 (2014), pp. 719-739. (22) D.Z. Stone, The Polish-Lithuanian State, 1386-1795, University of Washington Press, Washington, 2014; R. Butterwick, The Polish-Lithuanian Commonwealth, 1733-1795: Light and Flame, Yale University Press, New Haven, 2021. (23) T. Snyder, The Reconstruction of Nations: Poland, Ukraine, Lithuania, Belarus, 1569-1999, Yale University Press, New Haven, 2003. (24) H.J. Mackinder, The geographical pivot of history. The Geographical Journal 23/4 (1904), pp. 421-437. (25) H.J. Mackinder, Democratic ideals and reality. A study in the politics of reconstruction. Constable & Co. Ltd., London, 1919.

(26) P. Pizzolo, L’eurasiatismo…, op. cit., pp. 202-205. (27) P.A. Dossena, Lo scienziato e lo sciamano. Mackinder, Hitler e l’isola del mondo, Lindau, Torino, 2011, p. 140. (28) H.J. Mackinder, The geographical pivot of history…, op. cit., p. 436. (29) P. Pizzolo, La maledizione dello spazio…, op. cit., pp. 83-84. (30) L. Moczulski, Geopolityka. Potega w czasie i przestrzeni. Dom wydawniczy oraz dyplomacji II RP, in Studia prawno-ekonomiczne 90 (2000), pp. 39-55. (31) R. Ištok - I. Kozárová - A. Polačková, The intermarium as a Polish…, op. cit., pp. 314-341. (32) M.J. Chodakiewicz, Intermarium: The land…, op. cit. (33) M. Laruelle - E. Rivera, Imagined geographies of Central and Eastern Europe…, op. cit., pp. 1-29. (34) M. Kott, A far-right hijack of Intermarium. New Eastern Europe 2 (2017), pp. 25-30. (35) K. Szczerski, Utopia europejska. Kryzys integracji i polska inicjatywa naprawy, Biały Kruk, Warszawa, 2017. (36) R. Ištok - I. Kozárová - A. Polačková, The intermarium as a Polish geopolitical concept…, op. cit., pp. 331-333. (37) Ibidem, pp. 333-334. (38) P.E. Thomann, The Three Seas Initiative, a new project at the heart of European and global geopolitical rivalries. Yearbook of the Institute of East-Central Europe 17/3 (2019), p. 38. (39) O. Polegkyi, The Intermarium in Ukrainian and Polish foreign policy discourse. East/West: Journal of Ukrainian Studies 8/2 (2021), p. 34. (40) M. Laruelle - E. Rivera, Imagined geographies of Central and Eastern Europe…, op. cit., p. 3. (41) O. Kushnir, The Intermarium as a Pivotal Geopolitical Buzzword. East/West Journal of Ukrainian Studies 8/2 (2021), pp. 7-8. (42) A. Wishart, How the Ukrainian far-right has become one of the biggest proponents of Intermarium, in New Eastern Europe, 25 (September 2018): https://neweasterneurope.eu/2018/09/25/ukrainian-far-right-become-one-biggest-proponents-intermarium. (43) M. Laruelle - E. Rivera, Imagined geographies of Central and Eastern Europe…, op. cit., p. 28. (44) M.G. Bartoszewicz, Intermarium: A Bid for…, op. cit. (45) K. Fedorenko - A. Umland, How to Solve Ukraine’s Security Dilemma? The Idea of an Intermarium Coalition in East-Central Europe, in War on the Rocks, August 29 (2017): https://warontherocks.com/2017/08/how-to-solve-ukraines-security-dilemma-the-idea-of-an-intermarium-coalition-in-east-central-europe. (46) N.A. Cohen, Intermarium in the 21st Century, in New Eastern Europe (November 2019), pp. 101-105; A. Tycner, Intermarium in the 21st Century. The Institute of World Politics, 23 December (2020): www.iwp.edu/articles/2020/12/23/intermarium-in-the-21st-century. (47) R. Drozdowski, Intermarium as a Compromise Solution. EMPR, March 1 (2019): https: //empr.media/opinion/ analytics/intermarium-as-a-comprimise-solution. (48) M.J. Chodakiewicz, Intermarium: The land…, op. cit.

BIBLIOGRAFIA

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