come driver di industrializzazione e la necessità di liberarne il potenziale, tracciando anche un ritratto dell’imprenditore africano.
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AFRICA 2017: IMPRENDITORIALITÀ, URBANIZZAZIONE E INDUSTRIALIZZAZIONE In Africa, di recente ci sono andati in tre. Il primo è stato nell’ottobre 2016 Mark Zuckerberg, l’ideatore di Facebook, seguito da Jack Ma, il proprietario di Alibaba, leader cinese dell’ecommerce, e per ultimo da Sundar Pichai, Amministratore delegato di Google, questi ultimi finanziando anche startup e la formazione di sviluppatori. Basterebbe quindi l’interesse all’Africa di questi tre leader globali del settore digitale per motivare una maggiore attenzione da parte del mondo industriale italiano al continente africano. Ma c’è anche un altro elemento su cui riflettere: Sundar Pichai ha 45 anni, Zuckerberg ha 34 anni, Jack Ma ne ha 53. Tre leader giovani, quindi, almeno per l’età media del management italiano, così come è giovane la popolazione del continente africana e molto connessa. Secondo l’ultimo Mobilty Report della Ericcson infatti, nel primo trimestre del 2017, altri nove milioni di africani hanno sottoscritto nuovi contratti, facendo del continente il quarto mercato con la più rapida espansione nel mondo. Questi elementi sarebbero già degli indicatori significativi per far capire che l’Africa di oggi non è più principalmente una immensa riserva di petrolio e materie prime per le economie mature, né il Continente dei “Paesi in via di sviluppo”, destinatari di azioni di charity e/o aiuti ( 18 )
umanitari. Ma è piuttosto il Continente del Futuro, anche per l’industria italiana. Tuttavia sono ancora più “parlanti” i dati dell’African Economic Outlook 2017, il Rapporto pubblicato ogni anno congiuntamente da Banca Africana di Sviluppo, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite, presentato a Milano lo scorso 22 giugno in Assolombarda. Secondo il Rapporto 2017, la crescita media del continente nel 2016 si è attestata intorno al 2,2% ed il trend per i prossimi due anni è positivo, stimato al 3,4% per il 2017 ed al +4,3% per il 2018. Sempre ragionando per megatrends, in Africa la domanda interna sta crescendo, sostenuta a sua volta dalla crescita della popolazione, così come aumenta a ritmo sostenuto la classe media, composta ormai da circa 350 milioni di persone con sempre più potere d’acquisto. Un in-
sieme di motivi che, con la variazione dei prezzi delle risorse naturali, rappresenta i fattori-chiave dello sviluppo africano, insieme però all’urbanizzazione. Già nel 2015 infatti la popolazione urbana africana era costituita da 472 milioni di abitanti, il doppio rispetto al 1995, con conseguente, esponenziale allargamento delle necessità di mercato legate all’urbanizzazione ed ai servizi collegati, sollecitando inoltre i governi a mettere in campo politiche sostenibili di sviluppo urbano ed industriale. Il processo di urbanizzazione che sta avvenendo nel Continente africano entro il 2050 porterà inoltre due terzi della popolazione ad abbandonare le campagne per vivere in città, sempre secondo Banca Africana di Sviluppo. Ma l’African Economic Outlook accende i riflettori su un aspetto finora poco conosciuto e ancor meno percepito, almeno in Italia: il fattore dell’imprenditorialità africana
Per i diciotto Paesi africani di cui sono disponibili infatti le statistiche, gli imprenditori che hanno creato una impresa rappresentano l’11% della popolazione in età da lavoro, una proporzione ampiamente superiore a quella dei Paesi in via di Sviluppo dell’America Latina (8%) e, a sorpresa, dell’Asia. Come riportato dall’African Economic Outlook inoltre, il 44% della classe imprenditoriale africana è costituita da imprenditori “per opportunità” (portatori di una significativa innovazione di prodotto o processo), mentre nel 33% dei casi si parla di “imprenditori di sussi-
stenza”, che scelgono il lavoro in proprio perché ritengono di non avere altre scelte. E ancora un’altra sorpresa riguarda i settori: l’avvento delle nuove tecnologie e dei nuovi modelli di produttività ha abbattuto le frontiere tra il manifatturiero (che ormai rappresenta l’11% del PIL complessivo africano) e quello dei servizi. Se questa è dunque, per somme linee, la fotografia dell’Africa economica del 2017, resta da colmare una profonda asimmetria esistente tra la consapevolezza dei Governi africani circa il potenziale di sviluppo locale incardinato nel modello industriale italiano delle PMI e la scarsa conoscenza che viceversa ne hanno le imprese africane. Così da un lato assistiamo alla costante richiesta da parte dei Go-
verni africani in Missioni incoming di “innestare” tale modello nei loro territori, tramite joint venture e trasferimento di know-how, per creare occupazione e un tessuto industriale nazionale in grado di sganciare il proprio Paese dalla dipendenza dalle materie prime. D’altro lato va evidenziato con energia la poca preparazione sui vantaggi e flessibilità del modello della PMI da parte degli imprenditori africani, che per motivi storici hanno maggiore familiarità con le imprese inglesi, francesi, tedesche ed ora, anche cinesi e che è uno dei grandi temi su cui la nostra Associazione sta lavorando. Si gioca infatti anche su questo terreno il posizionamento dell’industria italiana in mercati emergenti in cui la nostra presenza industriale è ampiamente sottodimensionata.
CONFINDUSTRIA ASSAFRICA & MEDITERRANEO Confindustria Assafrica & Mediterraneo è la Rappresentanza internazionale del Sistema Confindustria che riunisce, rappresenta e supporta le imprese italiane che già operano o interessate a svilupparsi nei 70 Paesi del Mediterraneo, Africa e Medio Oriente.Polo specifico del Sistema Confindustria per l’internazionalizzazione delle imprese italiane in tre macroregioni geografiche, Confindustria Assafrica & Mediterraneo è multisettoriale e associa piccole e medie imprese, banche, grandi gruppi industriali e Associazioni del Sistema Confindustria.
PIER LUIGI D’AGATA, Direttore Generale Confindustria ASSAFRICA & MEDITERRANEO Nasce professionalmente nel Sistema Confindustria con un cuore “meccanico”, come Responsabile delle Relazioni Esterne e del Coordinamento di Federmeccanica, per poi approdare in Confindustria alla Delegazione di Bruxelles come Responsabile delle Politiche regionali, sociale e concorrenza. Rientrato alla sede centrale a Roma, diventa Responsabile dell’Area Affari europei e mediterranei e di Assafrica, allora braccio operativo interno di Confindustria sull’Africa, che successivamente diventerà autonoma Associazione specializzata appartenente al Sistema Confederale. Dal 2004 è Direttore Generale dell’Associazione, attualmente denominata Confindustria Assafrica & Mediterraneo.