OLTRE N. 12 ok OK OK_Layout 1 14/06/17 11:58 Pagina 34
QUI FINANZA EURODIBATTITO: LE AREE MONETARIE OTTIMALI Da qualche settimana un tema strettamente attuale ed oggetto di dibattito della politica e dell’economia nazionale è quello sulla sostenibilità della moneta unica europea e, in ultima analisi, sulla convenienza per l’Italia a rimanere nell’ unione monetaria o ad abbandonarla. Il tema è di grande interesse e per questo Oltre ha deciso di approfondirne gli aspetti e fare qualche riflessione. Partiamo dall’inizio. Da dove nasce l’idea di mettere in comune la moneta e quali sono le fondamenta teoriche a sostegno della creazione di un’area valutaria comune? L’economia monetaria è un terreno da specialisti su cui si sono incrociate, negli anni, diverse teorie che hanno avuto riflessi sulla vita reale delle imprese e dei cittadini dei territori coinvolti. Ciò premesso, gli studi sulle aree monetarie ottimali (quelle per le quali ha senso parlare di una moneta unica) hanno un padre ben preciso ed un altrettanto precisa data di nascita. Il papà si chiama Robert Mundell, economista e premio Nobel canadese ed i suoi primi studi sul tema sono stati pubblicati nel 1961. Quindi, una dottrina tutto sommato relativamente nuova che si presta a nuove elaborazioni anche ai giorni nostri. L’idea di base del lavoro di Mundell è che sia necessario osservare gli shock derivati da fattori esogeni all’ area monetaria presa in considerazione. Se le economie coinvolte, reagiscono tutte nella medesima maniera, l’area monetaria potrà dirsi ottimale, altrimenti gli squilibri, in assenza di mobilità del tasso di cambio, dovranno essere assorbiti da altre variabili, tipicamente salari e prezzi.
( 34 )
Detta più semplicemente ed in maniera abbastanza intuitiva, la moneta comune “funziona” se le economie a cui fa riferimento sono tra loro simili e, quindi, si “muovono” nella stessa direzione e con la stessa velocità. Eventuali dissonanze tra le economie, in assenza dei movimenti del tasso di cambio tra loro, devono essere riconciliate attraverso le fluttuazioni delle variabili reali quali i prezzi ed i salari. Tuttavia Mundell identifica anche un “meccanismo” che, se efficacemente utilizzato, può mitigare il disallineamento delle economie nell’ area monetaria: la mobilità del fattore lavoro. Per “mobilità” Mundell intendeva lo spostamento fisico dei lavoratori dai luoghi dell’area monetaria dove vi è scarsezza di lavoro, a quelli dove il lavoro è in eccesso. Semplificando, parliamo di emigrazione all’ interno dell’area monetaria; quindi, il movimento del fattore lavoro in eccesso verso le zone in cui esso è scarso, contribuisce al riequilibrio. Nel 1969, ad integrazione degli studi di Mundell, Kenen identifica un altro fattore che può contribuire al riequilibrio delle aree monetarie: la presenza di una struttura di governo federale che, tramite il trasferimento di fondi, consenta alle zone penalizzate dall’appartenenza all’ area, azioni di riequilibrio. Riassumendo, le teorie di Mundell e Kenen, stabiliscono che gli squilibri nelle aree monetarie possono essere attenuati dalla mobilità del fattore lavoro e dal trasferimento di fondi per mezzo di un governo federale. Per fare una riflessione di tipo storico sulle teorie dell’area monetaria ottimale, è possibile fare riferi-
OLTRE N. 12 ok OK OK_Layout 1 14/06/17 11:58 Pagina 35
mento alla storia dell’Italia del secondo dopoguerra. Dal punto di vista economico, quel periodo può essere considerato l’“anno zero”. La capacità produttiva del Paese era sostanzialmente distrutta e le divisioni politico amministrative degli ultimi anni di guerra avevano portato alla circolazione di due monete diverse. Con la riunificazione del Paese e, successivamente, con la nascita della Repubblica era evidente che la circolazione monetaria dovesse essere riunificata; doveva essere creata una vera e propria unione monetaria, la Lira italiana. Altrettanto evidentemente, la struttura economica del Paese presentava (ed ancora parzialmente presenta) delle evidenti distonie: il Sud agricolo e latifondista ed il Nord industriale. Quindi, una singola moneta per un Paese economicamente non omogeneo in cui le sue aree, per dirla con Mundell, probabilmente avrebbero risposto in maniera disomogenea agli shock esterni. Durante i primi decenni di vita dell’“unione monetaria” Lira Italiana, è innegabile che siano entrati in funzione anche i meccanismi correttivi, individuati da Mundell e Kenen (anche se in seguito, rispetto agli avvenimenti che stiamo ricordando). Le migrazioni interne hanno spostato masse importanti di lavoratori dal Sud agricolo al Nord industriale contribuendo, quindi, in maniera decisiva al raggiungimento della piena occupazione nel 1962. Parimenti, l’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno nel 1950, soprattutto nella sua prima fase in cui l’allocazione dei fondi seguiva logiche abbastanza rigorose, ha operato un consistente trasferimento di fondi verso le zone svantaggiate, contribuendo anche alla chiusura del divario infrastrutturale delle due aree. Certamente anche per il contributo di altri fattori, l’economia italiana e la sua “unione monetaria” raggiungono nel 1962, come ricordato, la piena occupazione e, sempre in quegli anni (per la precisione nel 1959), la Lira conseguiva l’“Oscar delle monete” da parte del Financial Times, come valuta più stabile ed affidabile. Riportando l’orologio ai giorni nostri, la nascita dell’Euro ha senza dubbio messo insieme economie disomogenee che marciano a velocità diverse ed hanno vocazioni diverse (basta pensare alla massiccia presenza di piccole e medie imprese in Italia, rispetto alle strutture di maggiori dimensioni di altri paesi). Resta da capire se i fattori correttivi siano en-
trati in azione e con quale forza. La mobilità del lavoro viene incentivata anche grazie alla libertà di circolazione delle persone, prevista dal trattato di Schengen ma trova un limite non da ultimo nelle differenze culturali tra i paesi di destinazione e quelli di origine e nel tipo di lavoro che si sarebbe chiamati a svolgere. Nell’ immediato dopoguerra la manodopera che lasciava il Sud dell’Italia per le zone industrializzate del Nord si trovava certamente in un contesto culturale diverso ma nel quale (talvolta non senza difficoltà) almeno l’elemento linguistico poteva essere unificante; in più, il tipo di lavoro a cui si era chiamati (solitamente quello di tipo fordista in un grande opificio) non richiedeva particolari skills comunicativi. Oggi, ad esempio, per un lavoratore straniero l’inserimento in una economia avanzata e fortemente tecnologizzata come, ad esempio, quelle del nord Europa potrebbe comportare una non immediatezza della piena fruibilità della sua prestazione da parte del datore di lavoro. Dal punto di vista del trasferimento di risorse finanziarie verso i paesi svantaggiati, l’eurozona non ne prevede per i propri membri ma va ricordato che tutti i partecipanti all’ unione monetaria sono membri a pieno titolo dell’Unione Europea e possono, quindi, attingere ai fondi strutturali e speciali della Commissione. Secondo Paul Krugman, in un suo lavoro del 2012 dal titolo “Revenge of the Optimum Currency Area” ovvero “la vendetta dell’area monetaria ottimale”, i vantaggi di partecipare ad un’unione monetaria sono evidenti: riduzione dei costi legati alle transazioni bancarie e commerciali, riduzione del rischio di cambio e, grazie alla immediata comparazione dei prezzi, incremento della concorrenza. Tuttavia, il premio Nobel fa anche notare che le teorie di Mundell e Kenen hanno provato la loro validità. Quindi, il corretto funzionamento dell’eurozona non può prescindere da una maggiore mobilità del lavoro e da una più forte integrazione fiscale. Una sfida che, a questo punto, rimane essenzialmente nelle mani della politica.
MICHELE RUSSO Michele Russo, con una lunga esperienza nel settore della finanza e della consulenza strategica aziendale, nel 2016 è tra i fondatori di Epta Prime, società indipendente di consulenza e boutique finanziaria. Dal febbraio 2013 fino al maggio 2015, Russo è stato dirigente del servizio “Middle Office” della Direzione Finanza con responsabilità sul reporting analitico e sui progetti strategici della direzione. Da dicembre 2004 è stato direttore dell’area sud e isole di Dexia Crediop e, successivamente, ha curato i rapporti con alcune fondazioni bancarie e con enti religiosi. Precedentemente, nel maggio 2000 Russo è stato responsabile commerciale per il centro e sud America della Marconi Selenia Communications Spa e nel luglio 1993 è entrato in Alitalia Spa, prima nella rappresentanza commerciale di Bologna e poi nella sede di Roma nella neo-costituita direzione marketing.