La piantagione

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R O C C O GAR RAPA

LA P I A N T A G I O N E

EDIZIONI

R. G.

F I R E N Z E 1988


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1. NONNO I. mio nonno è nonno di tutta la famiglia allargata quando arriva lui c’è regali per tutti nessuno può lamentarsi che riceve meno doni degli altri con lui c’è il cieco che viene a casa nostra tre volte a settimana per mangiare e cantare storie e noi tutti pulcini del pollaio ci accalchiamo intorno ad ascoltare II. il cieco racconta le storie della Mitologia della Bibbia di Cristobono e di Maometto e quelle le più disparate raccattate per la via io chiedo sempre in dono la storia del Giardino dei Pomi d’Oro certo ognuno chiede la sua preferita e lui li accontenta tutti ad uno ad uno il suo viso si trasfigura e noi tutti a bocca aperta beviamo il nettare di quel dio dalle pupille vuote che legge sul quadrante del suo mondo interiore le vite dei personaggi che noi vediamo danzare davanti ai nostri occhi estasiati di bambini ancora non iniziati III. non si sente volare una mosca per tutta la storia finchè la voce dell’adulto di turno a cui siamo affidati ci invita al riposo pomeridiano o notturno e io corro a letto ad occhi chiusi per far ancora danzare le visioni del Giardino dei Pomi d’Oro IV. sento il cieco che prende a lamentarsi con mio nonno della moglie che lo sgambetta quando torna a casa 'briaco dice che lei si vendica così perché non le porta soldi per la spesa e più gli nasconde la coperta nuova che compra per il letto così le notti che sente freddo lei gli attraventa la copertina leggera di quando vive solo che è troppo piccola per coprirsi in due poi il cieco non viene più muore per insolazione


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il giorno della festa dei miei sei anni e gli trovano un sacco pieno di monete d’oro e non si sa chi gli ruba tutto il tesoro la moglie o altre persone però è strano che è così ricco e tiene nascosto il suo tesoro per paura della vita degli altri che non vede o che fa finta di non vedere dice il nonno per meglio sputacchiarli impunemene i piedi per colpa della sua bronchite che guarda caso lo tortura anche d’estate V. ricordo bene questo fatto perché quel giorno provo da solo sotto l’albero durante il riposo del pomeriggio il personaggio dell’avaro e del ladro che è poi il regalo che mi faccio quando resto solo fare il mio teatro e rappresentare tutti i personaggi zompando di qua e di là VI. oggi illumino il cieco con una candela per farmi il suggeritore non è cencioso e nemmeno ha gli occhi fuori delle orbite io me lo figuro fine dicitore eccelso cantastorie di mille e mille personaggi che ora intreccio in modo strano sulla scena sicchè Ercole diventa maomettano Noè un gran furbacchione che ieri si frega la lampara dei guerrieri di mare e si squaglia in Albania prima dell'Auroraper non pagare il dazio VIII. una persona dabbene e' la povera Santa Maria Maddalena che a furia d’aiutare la famiglia la tribù e la nazione la violentano cinque volte i Saracini perciò scappa con i Turchi bravi e buoni insieme al Guerrin Meschino e poi continuo a mettere d’accordo sulla scena del mio teatro la Chiesa coi malandrini e gli assassini tanto me l'immagino che sono sempre gli stessi dall'altra parte ci metto i cavamonti i contadini e pescatori tutti coglioni solo per terra mi restano i pezzetti di carta dove li disegno questi attori e sotto gli schizzi scrivo i nomi dei personaggi che non entrano nella storia la nonna Abbondanza che mi sveglia per lavorare li vede e li raccatta ma siccome è analfabeta e non sa leggere li mette da parte per accendere il fuoco


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così lemme lemme me li recupero pel nuovo gioco ma glieli frego di notte se invece li conserva in un cassetto insieme ai fili di ferro gli spaghi i bottoni e i tappi dei vini VIII. la sera il nonno parla della grande guerra che per lui non finisce mai è anche un buon cristiano che ogni domenica va alla Messa cantata ma già è un tantinello 'briaco perché fa prima una partita alla bottega e quando torna mi racconta un storia un po’confusa a dire il vero perché mette assieme personaggi della guerra quindici diciotto con monaci preti santi madonne e le sue comari brave e puttane ch'io conosco accanto a guerrieri morti e vivi incazzati ch'ammazzano persone e non fan miracoli IX. sotto il sole quando corro da lui nel suo orto lo trovo che frega l’uovo da sotto il culo alla gallina lo buca con lo spillo e lo succhia per diventar virile dice e se non ce la fà lo bolle e mi dà a me la metà e alla sua metà dell'uovo stacca un po’di guscio con l’unghia lunga del mignolo con cui si scaccola o si leva il cerume o le cispe al risveglio o si gratta il culo e anche rompe la punta del mezzo toscano che poi ficca nella pipa per la notte la mia parte io subito la rifiuto per rispetto dico e lui m'è grato lo leggo nel suo occhietto vispo avvinazzato perchè a me di ciucciare il mezzo uovo sbavazzato per diventare grande guerriero proprio mi fa schifo come mi fa schifo la bambola spaparacchiata sopra il letto della mamma di Filomena la zozza che m'acchiappa se mi vede perchè vuole sempre abbracci e io non voglio perchè puzza peggio della vecchia capra dello stazzo X. oggi povero il mio nonnetto lo vedo per quel che è rimpicciolito appoggiato al bastone di vecchietto e incurvato quasi ad angolo retto che mi racconta balle di dongiovanni quando poi l’altro giorno l’ascolto che fa il verso del lupo quando Beppe lo sfotte per saper da quanti anni più non fotte


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e davanti ai miei occhi anziché il personaggio del maestro e del soldato feroce spietato stronzo e dell'istrione di luci e di colori come dipinto dalle sue stesse parole vedo un buffone gaudente che non lavora mai nella sua vita solo comanda il battaglione e m’arrabbio quando ancora mi racconta che prima di partire venne il barone per vendergli il castello per pagare i debiti accumulati al gioco e lui l’unico che ha i soldi ereditati rifiuta per non avere un altro grattacapo e al ritorno da soldato della grande guerra con quel danaro si compra un panino e a vederlo disperato io rido che ben gli sta e m’incazzo per la mia povertà poi mi dico che non c’è tanta differenza fra lui corto di statura e d’intelletto e il suo amico cieco morto accattone con il suo tesoro nascosto sotto il letto XI. oggi rifletto che certo solo un uomo così può avere la moglie Abbondanza di nome e di fatto lavora come una cavalla mentre lui si salva con furbizia ad ogni battaglia sul Carso e ben gli sta quando torna a casa briaco dalla bottega trova la scusa che è malato di stomaco certo ingozza un pezzetto per ogni mezzo quinto di vino vinto a partita e la nonna dice che con i suoi amici di bicchiere si mangia un cavallo al giorno il disgraziato e tutta incazzata gli rovescia il piatto di legumi in testa e lui gli tira in faccia il bastone che lei para col piatto di ferro smaltato a mò di scudo e il bello arriva il giorno dopo quando prigioniero nell’orto tutto il giorno a sera affamato si gusta crema di piselli alla pignatta col pane fritto e ringrazia contento Maria Domenica Abbondanza che dolce suadente gli risponde


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sono i piselli di ieri sera destinati al gatto e che preparo per te maleducato XII. questa coppia guerriera beata in cui ognun s’anticipa nella cattiveria la guata tutta la tribù di fratelli ed amici che partecipano attivi alle battaglie di trincea della moglie irata mezza toscana contro il manigoldo griko che dice a piè sospinto che uno di questi giorni se la fuma mezza toscana malandrina ma è lui il fumato malandrino e disgraziato come dice nonna Abbondanza XIII. stanotte il vecchio guerriero assopito incendia il lettone col sigaro acceso appeso alle labbra prima prendono fuoco i baffi poi il cappello sopra gli occhi poi il letto di foglie di granturco che è uno spasso a saltarci sopra per fare a cazzotti il primo ad accorgersi fu Salvatore che chiama tutti i ragazzi con i secchi a buttar l’acqua ma tutti quei malnati anziché spegnere i fuochi bagnano i due vecchietti nonna Abbondanza la prima a svegliarsi salta come un’ossessa e urla acqua fuoco e vento sotto il noce Benevento e quando nonno si sveglia lancia l'urlo d’attacco sul Carso Nizza e Savoia allora nonna gli spacca la sedia in testa e scappa XIV. a sett'anni cresciutello e con responsabilità nella piantagione raramente vado a cercarlo nell’orto e lui trascurato offeso una volta m’alza in testa il bastone non fa in tempo a colpirmi glielo strappo e glielo butto oltre il muro alto del vicino e me ne vado senza voltarmi invano m’insegue mi urla dietro ancora adesso quando ci penso mi pento e chiedo perdono alla sua ombra il bastone lo riporta Salvatore il giorno dopo lo prende da Gigi cui lo regala il vicino perchè sopra nonno scrive il nome XV.nonno ormai di rado lo trascinano alla bottega


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le sue gambe tarde e lente non ce la fanno più e non regge più neanche il vino un giorno d’inverno il suo cuore leggero si spezza me lo scrivono che io già sono in terra straniera resta seduto all’angolo di casa in attesa del Sole che non viene a scaldarlo mi scrivono anche che moltissimi amici vengono a trovarlo di bicchiere e non e per molti anni si ricorda il suo nome le sue battute e il suo grande cuore e lo seppelliscono nel posto assegnatogli nella cappella di famiglia che lui tanto odia


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2.ROKK NON TORNA PIU' 2.1. nel nono anno dalla Matriarca I. In nove anni che sto con te nove volte parli come un oracolo per darmi i comandamenti di Grecìa ma questa terra non è mia non m’appartiene sei la mia nonna Maria Giovanna e la madre e la compagna in questa mia condanna m’allevi in silenzio con amore di mare te lo giuro II. mi guidi a comandare le sette mamme della piantagione per sette anni sono il bambino che copia il tuo silenzio che con gli occhi parla rada la parola come il suono della campana della torre ora ancora una volta oracolo ti fai l’ultima volta e non lo sai mi dici tornano i dispersi in questa landa tutti guerrieri nostri e del duce bisogna subito nascondere le femmine chè sono debosciati feriti tutti dentro e fuori storpi monchi cecati sciroccati tutti hanno da riposare per dimenticare e prima vanno nutriti lavati spidocchiati e impapagnati per levarli l’arme che i loro capi matti l’han lasciato questi sanno solo uccidere e struprare questo solo gli han lasciato fare nella loro guerre gli italiani ma prima del lor'arrivo la riunione del consiglio superiore dei capifamiglia come ai tempi barbari già decreta per ogni invasione i capifamiglia scelgonol’eroe che comanda l’azione e scelgono te per acclamazione lo sanno che tra i reduci c’è tuo padre tuo zio e due tuoi parenti tutti feriti non è facile il tuo compito


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te lo dico per questo III. e io ti dico come fai a saperlo se non le comandi te queste capifamiglia ai tempi barbari per ogni invasione sul campo di battaglia sorge l’eroe i piedi piantati fra i due mari gigante che lotta fino alla morte per la libertà grika sul ventre di Tegaia e scatena per la battaglia finale le sette centurie sette contro l’invasore e il mare beve il sangue del vinto e del vincitore per la scelta ultima e fatale dell'eroe di morire per la Grecìa e questo sangue sulla sabbia dei morti e dei feriti sacra la Piana a Teti La Grande nostra Madre e Signora ti capisco sai state cercando l’eroe contro l’invasore che oggi guarda caso è questo gruppo scalcagnato di reduci griki soldati dell’impero romano reinventato dal povero duce disgraziato eccoli là rifiutano al momento giusto di nascondersi nelle cave e nel mare e non tornano al loro posto nella vecchia casa della patria grika a obbedirvi nè combattono da partigiani italiani per la patria più grande che ci sa accettare se noi l'accettiamo gardali sono poveri sbandati si sentono traditi e traditori d'Italia e di Grecìa abbisognano del perdono del Cristobono e dell'amore delle loro donnee voi volete massacrarli poveri reduci e pure con quattro vecchi rincoglioniti con cui l'avete sostituiti nei loro letti che convincete a credersi guerrieri sacri guidati da un adolescente cretino lo so che il griko solo una volta può scegliere e poi morire lontano da casa come c’è sempre per ogni griko una prima e un’ultima volta per nascere e morire al tuo amore e in tuo onore Matriarca di Grecìa IV. ma io ripudio te e abbandono questa pezzo di Terra Madre mia che nasce e nutre femmine cannibali è vero l'addestramento di Guerriero dello Spirito mi fa complice delle vostre malefatte ebbene ripudio anche quello e smetto come ripudio l'alleanza delle sette madri che bada alla piantagione e alla bottega tua e il consiglio dei sapienti che stanno a guardare vecchi dementi


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che tanto l'industria del nuovo impero che si dice salvatore d'Italia presto spazza via te loro e questa tua Grecìa sopravvissuta in coda al tempo V.lo sai che nasci Eroe ma lo devi riconoscere addestrarti e accettarlo e accettare anche te stesso prima o poi grazie nonna così mi insignisci già Guerriero dello Spirito e poi Eroe capo destinandomi oggi al massacro e un giorno a morire per la Grecìa in fiore quale onore VI. perchè non trovi un altro tuo Eroe per guidare morto o vivo le mitiche grike inesistenti sette centurie sette sul bagnasciuga stanotte contro i reduci padri figli e sposi vostri ora italiani come voi tutte italiane superate matriarcali femmine assassine tutte cannibali siete che Teti vi sommerga questa battaglia non la voglio non è la mia e tu ora non sei la nonna mia che amo e m’allevi se ora mi vuoi assassino Zeus e Cristobono è la legge per te e per me ricordalo sei il potere matriarcale su questa terra rossa di sangue io credo in Armonia parli di morte e di vita che non t’appartiene io parlo di vita perdono amore disgraziata Maria Giovanna il figlio tuo lo usi come fa il prete e il generale sei una femmina che spinge alla battaglia estrema i due contendenti e s'assegna il vincitore che continua la specie credi e perfora il Tempo per un Salento fatto di Mari cilestri e di splendide Aurore affogate dal Sole che scortica le capre mitica questa visione del tuo amore ma fai un errore corregilo o t'uccide VII.è vero Nyx Madre Prima con cui ti identifichi fa tutti i figli benevoli e malevoli d'Universo d'Universi in ogni e tutti i tempi ma li ama tutti senza condizione non li sacrifica per esigenze di potere


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lo so che te anche mi vuoi far partecipare alla nostra tradizione in buona fede e sei orgogliosa di me che credi sacrato a Atena poi che tua figlia mi dà via ma io appartengo ad un altro tempo di cui non sai il confine e non l'immagini schiava del potere te con la volontà estrema ti fai Matriarca della Piana senza sapere che allora Temi ti stampa la sua profezia sul culo e soggiaci al rifiuto a Teti di Zeus e io soffro perchè t'amo come tu m'ami ma perché devo essere proprio io ad incarnare per te questo mito di dolore maledetto il canto tragico di Melpomene di cui questo paese porta il nome Maria Giovanna addio io per questo mia disobbedienza pago con l’esilio e non ti rifiuto affatto ricordalo anzi ti son grato per l'accoglienza la tua attenzione sai io leggo solo quello che in me c’è scritto altrimenti rifiuto me stesso e non sta bene e dentro me stesso ci vivo solo io e mi debbo rispetto gioia pace e amore è tempo che m'accetti come mi vuole la Vita e non come mi vuoi tu eppoi sempere io decido come vivere la mia vita e non l'altro viandante ache se l'amo perchè ci si deve amare come siamo e per ciò che vogliamo comunque stasera vengo al consiglio dei sapienti se lo vuoi per la dichiarazione ma domani parto dalla piantagione e ricorda Rokk non torna più


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2.2. la vita nelle latomie I. la notte non dormo i muscoli cantano canzoni di dolore dall’alba al tramonto salgo e scendo centinaia di scalini con sulle spalle la cardarella di bruma e di pezzi rotti di calcare il sudore sulla pelle s’incolla alla polvere della segagione maschera sulla scena ardente del teatro del cavamonti griko mestiere che fa diventare adolescente o gobbo o gigante per questo lavoro quotidiano dall'alba al tramonto che schianta la schiena II. il mio compagno di cava porta grato alla messa pasquale un cuore di palma lo infiocchietta col nastro rosa dei pacchi di regalo per le bambine ringrazia Cristobono perchè un suo parente lo chiama in Svizzera a lavoro operaio metalmeccanico a Zurigo mi confida sottovoce io sono minorenne ma lui giura che appena lassù mi chiama io devo solo procurarmi il passaporto col visto turistico chiedo un segnale al Grande Spirito che cavalca la Piana III. c'è Fortunata a pranzo dall'altra nonna Abbondanza che mi vuole con sé per la festa pasquale Fortunata ora ha vent'anni e a otto anni circa quando viene a coccolarmi dai miei tre anni in casa di Maria Giovanna che m'accoglie ogni volta ricordo mi bisbiglia all'orecchio io ti sposo te aspettami è il nostro segreto e io ci credo fin'ora quando nonna Abbondanza mi comunica che si fa suora Fortunata si sforza di non guardarmi mai negli occhi


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2.3. la festa di Natale I. oggi è festa grande e giorno di riposo dalle cave disteso sotto il noce gigante della piantagione sogno il mio mondo dei Due Mari dello Sperone dei Monti e della Piana II. una felicità cruenta mi brucia e la fiamma illumina una strada storta su ogni nobile porta c’è la scritta RIVOLUZIONE III. mi porto dentro tutto un fuoco e quando brucio so che è bello bruciare IV. col mandorlo già in fiore la terra sorride a un povero piccolo cuore di bimbo trovatore V. la sento sorride la mia amarezza di fronte a tanta bellezza VI. ma chiedo e richiedo al piccolo cuore la causa di tanto dolore VII. la ragione non vedo eppure è strano sento che è perché nessuno mi prende la mano


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VIII. tra i filari di viti nude corro ombra tu perché mi sorridi mi tendi dolce la mano e la tua voce mi chiama lontano IX. sei te la Vita dea amorosa o la Chimera che ebbro di felicità precipita nel baratro chi osa e spera chiudo gli occhi e ti corro incontro ma ti sento sempre più piano X. capisco sei l’amara Illusione eppure ti amo perché mi fai passare tanti istanti di eternità XI. parlo con lui stamattina vecchio dolce contadino col baffetto silenzioso e calmo in viso docile nel suo letto XII. bianco l’occhio avido spaurito in cerca di qualche viso amico prima di partire per l'Altrove non è giusto morire l'ultimo dell'anno XIII. guarda all’orologio antico l’ora strana indietro di un mattino di vent'anni prima sotto il manifesto del bombardamento di Saragoza XIV. un avion enemigo de Dios deja caher tres bombas en el tiemplo de la Virgen produciendo el milagro de no explotar ninguna caso ocurrido en Saragoza el 3 de octubre 1937en la guerra civil de Espana XV. poi il vecchio spira occhi aperti al cielo un sorriso lieve


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e non so se combatte volontario inquadrato nella Brigata Garibaldi o soldato del povero duce a fianco dell'Esercito Nazionalista della Spagna XVI. si sa il tempo di Crono silente corre e corrode la polvere del mondo ogni emozione ogni corpo ogni stagione dell'uomo cieco che così chiede di vedere e vede XVII. io vedo bagliori nella Notte colori di sangue e di aurore sui teatri di 2 guerre mondiali che mio nonno e mio padre rivivono in ogni loro notte d'incubi senza fine XVIII. e partecipo innocente agli ingiusti dolori di gente che vuole solo vivere e ora reduci disegnano cieli cupi di vendette a venire nei loro cuori ulcerati per non morire ancora per un poco per l’illusione di fare qualcosa di nuovo di giusto di bello per sé per i figli XIX. ogni momento come fa da sempre quando non è briaco nel suo giardino là nel Salento il nonno accerchiato prende la sciabola e attacca il nemico sul Carso disperato lo guardo e sento polvere di sudore sangue e polvere in bocca XX. il grano mietuto e portato sull'aia x la spigolatura coi cavalli il giorno dopo il nonno insonne dorme sotto le stelle custode della notte e mi porta con sè la chioma dell'olivo millenario si sporge sull'aia a proteggere il grano e tutta la notte guardo le stelle amiche mie per sempre d'allora XXI. curiosità selvaggia mia signora mi spingi sempre a fare oltremisura lottare all’asilo col compagno più forte lottare in piantagione l’avversa mia natura XXII. avere per dei sulla strada Tanato e il Rischio pensare sempre agli Altri per Dovere


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nel mentre voglio creare ora mi spiego perché in fondo in fondo son sempre solo XXIII. perchè distruggo il gioco che sento superato e anziché iniziare subito il nuovo mi porto dentro il vago rimpianto cui si aggiunge il dolore dell’attesa vana che è uguale alla certezza di dover morire dell’eroe per una patria stantia XXIV. il reduce non sa star fermo non sa inghiottire il rospo del Dolore antico ha voglia oggi come ieri solo d’ammazzare ancora e finisce che s'ammazza mi fa pena nessuno gli insegna a mutare Dolore in Pace Gioia Amore e lui la strada non ricerca mai che lo porta alla Casa del Cuore XXV. il gatto che passa si becca un calcio senza ragione ho tanta confusione nella mente io voglio andare a scuola il Rischio corteggio per la fine dell'adolescenza della mia vita che pavento eppure è l'unico segno attendo e chiaro per decidere di partire per sempre XXVI. l’adolescente molto morboso e poco sano cerca sempre di far l’eroe invano dice l'anno scorso a scuola il professore io la chiamo trasgressione lui dice che sono ignorante devo stare zitto e ascoltare le sue convinzioni XXVII. sento una rude strizza per l'arrivo di un nuovo abbandono che mi fa duro mi fa uomo prima del tempo già m'accade da orfano bianco e col padre in Africa a far l'impero del duce che spende tanti soldi più utili ora che scoppia la pace per scuola e lavoro XXVIII. se chiudo gli occhi mi vedo cresciuto grande tanto almeno da sposarmi così almeno la responsabilità collima coll'età terrena d'adulto finalmente accidenti al lavoro minorile di queste società antiche matriarcali cannibali io voglio studiare aiutami Atena nelle vite di maturo o anziano magari


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2.4. Il Dio perduto dei mari del Sud I. perchè mai un bimbo e un adolescente non può studiare ho tanta confusione nella mia mente il Rischio corteggio e la Mutazione sento ma voglio affidarmi alla Vita contento II. forse a Zurich mi prende la malinconia stasera voglio attaccarmi a te bottiglia mia rido e rido tanto e non convinco nemmeno te III. un cane passa si ferma si siede e mi guarda la schiena mi duole e m’accovaccio il cane s’alza e continua la sua strada io resto fermo muto seduto a guardarlo che gira dietro il muro voglio essere quel cane girovago senza meta senza guinzaglio lecca la mano amica se lo merita senza chiesa e senza famiglia senza piantagione IV. Amore dove sei io non ti trovo mai tu sei nel mondo delle favole si sogna solamente da ragazzi sogno d’alba roba da pazzi sulla strada sempre ti sogno sulla strada sempre ti vedo e mi dici giovane signore guarda la vita e sorridi se puoi l’Amor che te sogni non c’è credimi ti credo


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eppure Amore ti vedo dimmi perchè per favore V. il Dio perduto dei Mari del Sud l’Amore e una Vita da cani sotto cieli di primavera e fuochi fatui dietro un passato di miti e d'orfano bianco di fronte l'avvenire d'emigrante o di soldato per difendere le rapine del padrone di turno questo l'eterno presente griko e lo chiamano tesoro d'oro antico maturità progresso o qualsiasi altro nome che impressiona il fesso di passaggio e le passioni funeste sotto il sole e le battaglie della notte del reduce dove le metto dolce civetta l’attesa è lunga dormire per sognare Amore che scorda pure il proprio nome e la strada bianca e le buffe beffe del Fato la canzone dell’innamorato e le bugie della Matriarca e l’inno alla Vita dolce Dea che Amo eppure te Cristobono uomo famoso santo pure finisci nella dimenticanza come un dolore che pian piano si spegne nei Mari cilestri del Salento la curiosità mia di questa vita è tanta non m'arrendo mai se Atema m'aiuti ho solo intorno contadini cotti aal fuoco lento del solleone l’orizzonte basso della Piana e manco una puttana VI. io da sette anni vivo con le dee terrene nella piantagione portano pesi come uomini e cantano mentre allattano umili sognano di tornare a casa ma bisogna averla una casa forza e coraggio la speranza del Sonno fa sempre bello un giorno si consolano a vicenda e sorridono non siamo più in partenza per l'Altrove come il vecchio contadino col baffetto solo soletto che diventa sempre più piccino se lo mangia il Male assassino dicono io invece so che lui ha paura solo del letto grande e bianco non del sangue intorno che vede da volontario nelle Brigate Internazionali e prima al tempo dell’attacco all’arma bianca sul Carso o quando prepara le galline del pollaio per la festa della piantagione


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VII. verde il mare grigio il cielo tutto è tondo tutto è nero nel mistero del mistero son sereno solo io e mi chiedo se c'è Dio sul teatro del campo di battaglia del crociato disperato VIII. guardo placido le stelle sogno vita per il mondo vedo l’uomo furibondo che ghermisce la tempesta su ragazze oggi è festa IX. le nuvolette bianche sembran tante pecorelle vanno e vengono sicure i pensier son come quelle s’avvicina primavera l’alma canta una canzone dentro il petto mal sopita si dispera una passione X. stanchi dopo il tramonto tornano dalla campagna i contadini dalla montagna scende la notte nera lenti vanno per via e su irraggia l’ultima occhiata il sole forte nell’aria calda s’alza una canzon selvaggia il cielo laggiù di brace forma con le nubi cascate d’oro sfrecciano già le rondini in volo mentre tutt’intorno tace l’aria è ancor tutta nera quando i contadini arrivano al paese sognano campi da mietere sotto l’arco il padrone urla le sue pretese XI. come una bomba che viaggia nel vuoto e solo sua funzione è scoppiare io mi porto dentro tutto un fuoco e quando brucio quanto è bello bruciare


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2.5 il reduce racconta I. dietro passati di guerre davanti futuri d'emigrante nel nord schiavista se resta in Grecìa il presente del contadino è fatica e fame sotto il Sole e intanto mangia erba con olio e sale così per non morire e beve rugiada che anche l'acqua si nsconde a sotterra come a mostrarci la strada vieni figlio prima di partire ti voglio raccontare come vive nonno sul Carso in guerra tutto e chiaro vincere o morire e mentre a digiuno bevi il grappa della gavetta unica è la decisione quando senti l’urlo Nizza e Savoia vai all’attacco e puoi vivere o morire se sbagli strada o fuggi all'indietro per paura muori da vile d'un colpo dei carabinieri qua in campagna uguale senza masseria sei schiavo e leghi il ciuco dove vuole il padrone che non c'è scelta per il contadino artista il presente è di Tanato II. sono altri tempi nella mia infanzia la fame e la miseria è abitudinaria ci scaldavamo abbracciati di notte tutti nove in uno stanzone con una mamma sorridente e nella dispensa niente i padri contadini nei campi giù a vangare con i loro bambini pure loro a guadagnarsi il pane a casa del padrone i figli signorini tutti a studiare poi il tempo vola via e arriva la bicicletta l’uomo corre in fretta III. senti nonno ora la canzoncina te la continuo io l’auto viene dopo e l’uomo dentro si sente protetto dal morto di fame senzatetto però diventa più gretto e la sua femmina non sorride più agli orfani bianchi oggi si va per il cielo e la femmina dalla vostri prigione è ormai evasa va a scuola con noi maschi e poi lavora fuori casa nonno forse ci conviene scordare il passato per vivere meglio il presente anche perchè qui pure il nostro futuro di nipoti è incerto e insicuro


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la povertà fa incazzare la gente e bisogna emigrare per sempre per campare IV. avanti vado e sempre indietro torno e quel che è più grave non ne ho scorno V. solitario e pensoso sempre mi sento forse l’uomo maturo è il suo tormento VI. ricordo te nell’alba d'un mattino un’alba tutta bella tutta chiara birichino il volto tuo sul mio che invita alla vita poi sparisci nel nulla il nulla dell’oblio e della morte e a me tocca questa strana sorte dei senzacasa VII. uno strato d’ombra copre il cielo tutto sparisce nell’oscurità sembra arrivata la notte eterna poi una luce fioca brilla lontano una palla rossa di fuoco piano s'avvicina e accende il cuore della Notte per farle conoscere la fine del suo viaggio poi che Aurora rinasce nella sua nube culla e letto dove trasmuta e scolora e muore al primo raggio del Sole VIII. accecato non vedo neache uno spiraglio nel buio solo un lumino appena per abitare questo mondo chiedo per mettere in ordine queste mie parole RIVOLUZIONE MUTAZIONE RINASCITA RELAZIONE IX. vecchia civetta che m’accompagni per i disagi della lunga via


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dimmi dove ha termine se è troppo lunga e non finisce mai insegnami almeno dove te ne vai e io ti seguo per sentire ancora il lugubre tuo grido buttato là tra una paura e un sogno ora non cantare più per favore stasera ho un po' di malumore forse paura il grido tuo che m’è compagno è come ombra di Tanato che mi viene dietro domani ti giuro alla luce del giorno prima di partire sulla strada della nuova impresa che intraprendo in cuore mipongo per sempre il tuo ricordo X. le uniche cose che non mi può rubare l’avido essere umano brulicante nel mondo sono dedicate alla studio per la conoscenza partecipata tutte le mie notti insonni diafane e delicate mi assaltano dandomi tutte se' stesse le idee allora esplodono le verità mi pervadono le ferite si riaprono e sanguinano figure note e ignote danzano intorno le macabre danze della vita e della mutazione per l'Altrove la casa si popola di spettri urlanti di paure corporee e d'illusioni miracolose inespresse durante il giono le ombre amiche delle muse consolatrici poi curano le mie piaghe all’arrivo d'Aurora e quando spunta il Sole il campo di battaglia della notte è piena di cadaveri del passato ancora una volta sull’impiantito il mio cadavere non c’è non sono trasmutato mi tocco sono vivo ancora rivivo


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3.LA FOLLIA DELL'ONDA I. e ancora nella memoria dell’antenato resta il canto suo d’amore e il suo destino crudele io accetto che tramanda di generazione in generazione la gloria tragica dell’Onda che sesso e morte governa nel mentre la tenue linea di luce cilestra e d’ombra crea mondi arcobaleno in cui l’amima si rifugia della dolce Aurora dopo che con ardore al suo amore s’immola e svapora II. l’essenza del griko abita questa terra di frontiera laddove vita sessuale e metamorfosi si compenetra unica Dea per rinascere è il destino dello scoglio titano che s’erge dono all’Onda che viene e lo vede lo lambisce lo prende con ardore lo scioglie sabbia nella sua schiuma voluttuosa per ricrearlo più bello III. è questo il mito della creazione il senso del canto griko che risana omaggio alla Dea che osa e ama e pure sa che il suo liquido bacio è veleno di mantide che con metodo sbriciola consuma ingoia e muta lo scoglio in sabbia per lo scoglio questa è pratica di vita che si rinnova è arte di combattere da eroe che ben sa che la sua identità alla fine muta e s’accetta nel suo limite e nella sua gloria e se non s’accetta non ha storia Achille non guida la flotta ma senza di lui non cade Troia così non s’arrende alla paura e non scappa alla lotta si dispone conquista resta gigante e per l'onore d'amato Tanato lo preda l’annienta lo sgretola e lo veste di fama terrena Achille non si nasconde né si vergogna per l’emozione d’amato che si muta attaccamento passione desiderio di vendetta impeto invicibile di guerriero all'attacco e non resta paura che si fa viltà di chi scappa o s’arrende senza combattere e Tanato è rabbioso quando taglia una vita umana già uccisa dalla paura la dignità per l’eroe è virtù d'onore ereditata dallo scoglio che amando sabbia rovina


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e di nuovo si fa scoglio possente eroe che la Dea ama per il dono del Sole e impavido aspetta ancora invoca l’Onda che vuole che a sera chiama benedizione di sua vita chi crede crea poi che sa l'umano senza storia fuscello ballonzola dopo il temporale e col soffio del maestrale corre a baciare invano la Dea che nel suo ventre di notte malinconca s’ingatta anzitempo senza destino alcuno di mutare IV. la schiuma mi confida stamane che quando muore Achille nel liquido reame s’avvera l’incubo dell’ammiraglio quando vede le sue navi invertire la rotta e scappare per la paura dell’Onda dei capitani che non capiscono che ogni uomo ha da fare l' impresa e la fa solo se osa e si offre all'Onda e dalla sabbia sua come loscoglio rinasce e salva la sua nave la flotta e l'ammiraglio che lo fa capitano non Cleopatra V. l’Onda Tzunami gonfia di Dolore genera il flutto suo primario griko forze eterne s’affrontano si frantumano s’ergono tra Cielo e Averno e imprigionano il pianeta nello scontro fatale è questa lotta primordiale che a memoria d’uomo nessuna civiltà salva né ammiraglio né nave clava d’Ercole cala e lo scudo incrina del Tempo Imperatore poi che l'oscura linea tra giorno e notte taglia disperde frantuma la terra mentre lacerti di vita animale misti a foreste divelte gorgogliano in mare il Vento Occidentale raccoglie le sacre gocce di latte che il Dolore strappa alla madre orba del figlio che appare e scompare tra le liquide montagne non la consola la Notte che il corpo le dipinge fumo di furia disperata ossessa che al Fato latra neanche quando il ventre vuoto di rosa le colora Aurora amorosa che invita invano il Sole all'amplesso l’Onda Tzunami afferra porti e navi tronconi e stinchi di statue nei templi e nella risacca l’affoga folle di demenza che della luce d’intelletto depriva


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4. IL LAMENTO DELLO ZAPPATORE I. nel contemporaneo immortale del tutto e dell’una dimensione per contrastare l’uguale cosmico fetore delle città umane normalizzate l’unica occasione d’alito eterno primordiale resta sintetizzare un seme diverso II. eppure nella mente l’immagine resta della figura duale che balla sulla piazzola degli uomini attenta e curiosa la gioia stampata sul viso di bimba che gode sola e il passo strascicato del vecchio padre che la segue l’occhio esaltato che la guata l’osserva la vuole perfetta III. dove non vige legge sacra e scuola di sperimentazione per la nuova generazione dove non si scava le viscere della Madre per crescere col lavoro frutti e doni succosi di stagioni che in silenzio il Consiglio delle Sette Madri dell’Apparenza della Vita destina alle sette famiglie della piantagione dove la mente dorme alloppiata e il cuore spelacchia l’Amore spaparacchiato in comode poltrone non esiste tradizione alcuna per abbracciare il nuovo e farlo crescere con amore IV. ovunque c’è conflitti attuali e da venire quelli generazionali se il conflitto si riferisce all’impegno di guadagnarsi il necessario per vivere farsi una casa riprodursi e difenedere sé e la prole e quelli di confine con i fratelli che ci ospitano e i fratelli che ospitiamo ma quando nella Piana ai parassiti epocali stanziali e ai ladri d'aliti insieme superano le famiglie unite di contadini artigiani pescatori dell’Onda cavamonti e artisti e scalpellini per case palazzi cattedrali della Piana s'aggiungono gl’invasori assassini che svegliano l’Alleanza dormiente dei popoli del mare che in alto la spada leva sulle orde dei predatori incauti solo per seppellirle nel mare e poi che la vittoria accade raramente ecco rinnova il rito del cambio di


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padrone della Piana marca di confine esposta all'umore dell'assalitore i restanti conflitti si hanno se scoppia la pace e oggi ci pensa l'emigrazione ieri il Consiglio delle Quattro Necessità di Grecìa che arma la nave per i giovani dissidenti del millenario sistema di vita della nazione grika per trovarsi patria e pane il viaggio scelto e la partenza la decide il mare dopo la festa del giuramento del Patto coll’Onda del Capitano della nave il più coraggioso dei sette Comandanti di schiera formata dal più coraggioso marinaio d'ognuna delle sette famiglie sette marinaie della Piana VI. ferite non ferite da piccolo subite certo riposano gli stampi nel sacco ingombrante tramandato dai genitori incoscienti ignoranti mai riconoscenti al figlio impotente generazione dopo generazione che così reagisce con le bugie a difesa dell’infanzia e adolescenza sua violata che lascia ferite peggiori di quelle della Viltà del Guerriero sul Carso VII. eco dell’imprescindibile la responsabilità individuale allora avvampa il viaggio è così se ti pare e mi ritrovo sulla prima cima dell'Alpe al comando arranca il vecchio sudato e alle sue spalle la collina ride e rincara la dose la vita è questa quest’accettazione d’infinito perso quest’altruismo vano inutile d’essere disperso senza fiato dove il silenzio alito d’eterno s’apre per te diventa amore VIII. obbedienza ultima passione inutile muto si consuma stamane il sacrificio


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si scioglie sulla vetta un cuore IX. alito di carne umana martoriata senza ragione che brucia di rabbia sprecata mai mutata in passione d'amore sento sulla nuca t'amo spettro gelido d’Alpe per sempre dalla guerra contaminato che vaghi il canto della mitragliatrice nemica sulla neve imbiancata della tua paura nonno resta qua a vagare senza spiegazione compagno all'ombra del soldato orbite vuote testimone della visione del corpo suo che trasmuta l’ultima carezza di sangue che l'Alpe gli destina X. guerriero ricettacolo aduso del dolore ti fai alla partenza e non lo sai ogni potere di turno approfitta sempre dell’ignoranza della povera gente che crea con cura di regime e con la guerra poi cancella dai cuori amanti sentimenti e pensieri d’amore più vivi e puri anche se così tanto distanti dall'amato poi che rifioriscono sublimate in epoche feroci più vìola e sfrutta la baldanza del giovane staccando dal suo cuore la spina incauta degli affetti per rimpiazzarli giorno per giorno con fatti orripilanti di paura e di morte che lo fanno agevolmente combattente folle disumano facile preda di Tanato XI. il limite che la Grecìa pone il soldato più non trova sentinella dall'Alpe osserva la foresta carnivora che avanza e in un baleno sotto il sole si nutre di canti di mitraglia e d’urla XII. nel ventre della Notte che lo rifiuta il contadino pianta e non si stanca la felicità è cosa personale da niente prigioniero del sogno creatore vede il mare verde che arriva bara per civiltà violente che trasmuta


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e riprende a piantare XIII. sette volte sette vite spese inutilmente bersaglio al matto di turno il migliore tiratore nemico sette volte sette vite nemiche d'invasori spiaccicati morti alla parete della dolomite maledetto crucco comandante ottuso t’aspetto all’arma bianca te lo giuro a far volare l’anima tua all’inferno ci penso io XIV. sette volte sette tentativi di mutar posto all’ossa disadorne del fratello dal rapace scarnificate a dovere povere verminose putride carni umane avvelenate dal dolore del soldato di trincea primo morto del primo assalto all’arma bianca senza neanche essere certo che quest’ultima volta la legge vale della merda da cui nasce un fiore XV. e alla fine è solo fretta lotta senza quartiere l’allucinazione che scorda ogni prudenza l’eroismo di chi fa l’impresa che diventa ebbrezza il canto dell’oceano di silenzio conquistato che per oggi beve il rimorso del soldato XVI. e la terra che s’apre all’aratro possente del seminatore e l’attesa fidente della pioggia e del sole capitolo chiuso lo sa il reduce invaso dagli incubi e lo sa la sua famiglia che soffre la fame accattona senza più podere XVII. ultimo gigante zappatore della sua stirpe prega Cristobono di far tornare i deboli ma salvi giovani guerrieri in fuga e di dar loro la possibilità di completare l'ultima semina che lui non può fare XVIII. gli antichi parenti che per istinto voglion bene a chi dopo di loro viene


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mossi a compassione donano semi e cibo all'ispido zappatore che li chiede commutando la pena al maldestro guerriero che scorda il nome in battaglia XIX. il Vuoto che muta le stelle indossa pesanti stivali armato di falce splendente e quel suo lento fare e disfare nodi di nuvole sparse morenti s'attarda lieve stasera sulle facce disperse di soldati sull'Alpe morti scordati che trasmuta in aquile che solcano libere i cieli la risonanza del frangere dei flutti sull’Onda dei tempi al vecchio reduce porta la nova e lo consola remota la Pace osserva divina benevola s'insinua nel cuore spento dagli incubi antichi dispersi sui campi arati e sul viso del vecchio in partenza per l'Altrove disegna l'ineffabile sorriso d'Amore XX. l’Istante Fatale che sulla riva aspetta il padrone stamane ha gran fretta gelido come la Notte del Carso stringe alla gola il nascituro che intrepido avanza verso la porta girevole e la madre primipara attempata stremata dallo sforzo e dalla paura che all’ultima spinta sviene Tanato ai due non bada li scavalca e procede seguito dall'infame seguace il cane randagio di passaggio sente l'ossesso lo lecca lo scalda e si becca il calcio del principe della Piana in cerca della schiava in fuga che vuole nascere il figlio libero a costo della vita XXI. anche nel contemporaneo presente fetore di merda in espansione osanna alla merda onnipotente sulla terra avanza ogn’angolo piena nido per lo stercorario grato XXI. il Sole il viso fraterno china ad osservare coi due occhi rotondi l’Ercole umano impassibile di Melpignano col pezzotto di calcare a braccio teso sfida la luce dei sette raggi separa dal fuoco ch’avvampa l'ombra per il giglio e per la rosa amata e la sua testa è pugno all’eterno


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è flutto d'amore il cuore che s’apre sprizza dondola e si confonde al mare sangue che Teti la Pietosa beve in memoria del figlio dal Fato sacrificato e ancora sale al cielo stamane l'urlo di dolore per la madre che l'abbandona per il padre mancato che la guerra vuole XXII. la guerra mette su casa nella Piana e si rinnova la sfida eterna dell’erede d’Achille che rinasce e muore in continuazione e così genera l’eroe griko figlio del popolo del mare XXIII. mentr’osserva la lotta infame delle dee alla conquista del pianeta del dolore si sganascia di risate il Sole e per sua privata vendetta nella gloria del padre porta il vecchio contadino stremato di fatica e la testa gl’indora fosforescente la pancia infossata la schiena cadente lo scroto pendente avvizzito dal silenzio dei lampi di passioni mute sui campi di fatica arrossati a contornare la scheggia d’amore che vana trapassa il suo cuore XXIV. il fratello clandestino a Torino prima di spirare gli fa scrivere che l'accusano di importunare queste donne straniere d'usare il coltello mai avuto d'esser invadente quand'è muto dal suo viaggio di speranza di dolore lo ringrazia padre e sogna casa e lui vecchio che non lo può più mantenere piange lacrime amare XXV. e lesto torna all’opra il contadino vuole seppellire nel campo il cuore secco del guerriero si rimprovera dell’urgenza di sonno di cibo ch’attimi alla buona stagione rubano ringrazia la notte la tempesta e la stanchezza avara che gocce di rugiada schiuma di nuovo è tempo di semina


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XXVI. l’istante pervicace di malinconia che non ci si può permettere la pressione esterna dei ricordi guerrieri d'assassini d'innocenti e di suicidi che s'aggiungono alle parole di scomunica del prete quale primo comunista e alle rapine del padrone tornano a minacciare la pace sotto il solleone del contadino stremato affamato che o uccide o muore XXVII. per il vecchio zappatore la semina è questione di decoro le forze sue contate dall'età ma tignoso nella decisione è tempo è tempo cantilena e l’uccello sull’ulivo pappagallo tempo tempo in faccia gli ripete e pure ritorna l’eco dalla Piana XXVIII. senza possibilità d’aiuto né di resistenza alcuna al dolore dell'ossa saldate che scricchiolano a ogni suo gesto sempre uguale apre un tratturo nel deserto colla zappetta le labbra violacee guata l’inverno che ha fame ma la stanchezza scivola sul viso scolpito da Crono XXIX. ragazzo come osi guardare in faccia un Dio perchè ti amo e non mi accecare per favore te lo meriti ma di certo d'ora in poi non puoi più guardarmi impunemente non vedo più la tua luce mi bruciano gli occhi però la puoi immaginare così si fa con un Dio ma come faccio quando ti prego d'aiutarmi preghi con umilà e devozione finchè la mia immagine a te viene così io leggo nel tuo cuore e facciamo accadere la cosa bella giusta buona grazie grazie Dio Sole che mi proteggi mi nutri mi riscaldi e mi consoli XXX. Sole ti prego aiutami col nonno pianta semi la notte e mai dorme troppo tempo sotto il Sole vive è in giro da troppo tempo il cervello distrutto dalle guerre dell'uomo per lui è tempo di partire e lasciare il posto a un bambino grazie sole io gli sto vicino finchè non perte per l'Altrove


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XXXI. quando il Sole prodigo di luce riscalda i sassi del tratturo la calma inespressa del vecchio par gli riporta nella bocca l’alito dell’Onda quando i lavori pesanti donano sonni profondi e sospendono i pensieri ed è tregua per le ossa il canto resta e il sogno ricorrente ritorna XXXII. il vecchio cui s’affida la fanciulla sente che il braccio trema per l’eccitazione l’uomo mi ruba il figlio che l’amor vuol dare perchè perchè solo l’accorto aduso al giardino sa ascoltare l’urlo di disperazione di lei che si dispone piccola madre intender l’eroismo latente del miglior seme che si curva al destino della convenzione o piantar l'ultimo seme di partire ma è solo illusione di una vita che si fa speranza ultima d'amore XXXIII. il cuore della piccola madre urla la mia terra fertile in questo angolino d'universo abbisogna di seme antico ome il tuo antico viandante figlio di Fortuna che non disdegnano farti madre come io farti padre XXXIV. lenta la mano del vecchio scorre sulla fronte a cancellar passati disadorni e per l’oceano del ventre che urla di dolore per quest'alzabandiera in suo onore e pronto l’ammiraglio indica la meta ma in lontananza dietro lo scafo che per un istante si contrappone al Sole dita intrecciate il fato là a nascondere l’amore di Zeus che s’intravede abbracciato a Teti nella linea che unisce cielo e mare XXXV. il ritorno della bestia nella tana è sempre circospetto striscia attenta si siede osserva gl’alberi il panorama aspetta si chiude la faccia fra le mani s’accovaccia alla ricerca degl’inaccessibili ricordi i visi rimossi della madre dei parenti gl’inafferabili ideali gl’amici dei vecchi tempi


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quando si scorazza stremati dai sogni di donne ideali creature divine chimere sensazioni di mistero sotto le pallide stelle tra i raggi luminosi della luna esseri del color dell’aria regalano languori poi una processione di figure lente che s’addensano spettrali celesti vesti di carne che si fan di nebbia notturna XXXVI. più in là coi maiali misero maschio della terra t’affidi alla femmina e alla guerra tra fuga e allucinazione corri il tuo destino viaggio guerra ritorno e il seno avvizzito dal silenzio della carezza intorno XXXVII. e vede alfine che s'avvicina alla mutazione visioni senz’uguali divine di dee con facce di maiali misture d’estasi e stupore su cui regna assoluta la paura dell’amore XXXVIII. l’amore che promette eternità di segni di sogni in due due corpi e un'anima sola come gli giura la matriarca XXXIX. la bellezza è dio il cuore umano se non tace lo ri-conosce in pace XL. l’ebbrezza della seduzione provoca silenzi ed esplosioni la felicità celeste è gioia che tumultua nell’uomo e trova espressione solo se lui si predispone


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XLI. il tutto e il niente il mistero vagabondo non è umano restare ma è duro partire e spogliarsi di corpo mente e cuore per lasciare posto al bimbo dice il Sole ma quale per non sbagliarmi io amo ogni bimbo che sulla mia strada trovo ch'è oggi il nonno nuovo e domani il padre dell'uomo che non fa la guerra XLII. nel laboratorio il Dio dell’Apparenze separa spezza diluisce in due le generazionie per collegarle insieme in altri tempi universi dentro di noi l’alchimia della continuazione della specie per ognidove l'intende l'addetto a livelli superiori che all'uomo d'oggi ancora non è dato sentire col suo piccolo cuore XLIII. l’anima si risveglia bruscamente dal sogno d’alba saluto nonno trasmutato col suo mondo contadino così lontano ormai la strada del nonno non è la mia ed è impegnativo amare e vivere in pace si nuota male nei fiumi di gioia e del dolore di chi ci ama meglio riposar sul greto un poco troppe cose terrene fan zavorra XLIV. nella clessidra del tempo incredula la gente disattenta vede scorrere sabbia i venti i trenta i quaranta i cinquant’anni e oltre ma i ritmi di crescita incalzano e il nostro ritardo di cuore sempre più vale non commuove il patetico anziano che spreca ogni occasione dono di Vita nei cunicoli del cuore disabitato nei meandri angusti delle sue vuote parole s’inceppano gl’usati pensieri XLV. vedo sulle mie spalle arcobaleno che s'inseguono vento e tuono lontano il colore delle stagioni e mi trovano pianta rinseccolita che radici mette nell’ultimo cantone i sorsi d’uragano gli squarci nei rami niente possono contro le gemme foglie fiori e frutti striminziti tutti semi e buccia ai piedi dell’albero piccolo torto ricurvo cadono ma a guardarsi strano tutti questi semi son forniti d’ali XLVI.al primo risveglio di soprassalto quando Nyx vola via lontano sull’ali del vento


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sul prato disadorno addormentato sotto il tallone dell’inverno cuore gelato smarrito lo spazio luminoso osservo che si fa foresta tutt'intorno nera enorme intricata ignota figlia dell’ombra là satiri e ninfe si celano chè lo si capisce dal riso traditore e dagli uggiolii ma ad inoltrarcisi ci vuol cautela come per le complesse cose che se Pan nascosto vien disturbato anche nel bosco come già sul prato il senso d’incertezza assassina ovunque si spande e l’ansia ritorna e la paura estrema che il senso ribalta del tutto del niente e coltello di guerra non basta per la cura del tumore sul punto di scoppiare quando il panico assalta e pare di morire XLVII: il mattino estivo che gioca a fondere elissi e abbozza arcobaleni da attaccare alle nubi pellegrine allontana la forza dalle membra esauste il passo incerto di chi da troppo tempo è in viaggio e più non indugia al gioco macabro del dubbio dona al braccio scheletrito del pellegrino coraggioso sulla terra antica potenza dominio su sé stesso per fare alfine l'impresa ch'è l’obiettivo di chi parte lustri e lustri prima e che ora pare stamattina XLVIII. è la conoscenza della mutazione vanamente attesa che mi guida si ribella al fato il contadino so che quel che vedo è apparenza dolori di riflesso per chi inclina alla resistenza da buon vivente terreno per paura di specchiarsi ovunque in sè stesso gigante cuore aperto inizio e fine viaggio e compimento XLIX. se tutto è possesso d’un momento se questa pelle è solo un manto che nasconde il mio divino se l’alito che m’anima m’appartiene congiunto a quel d’ognuno


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e a me ognuno lega e al Grande Spirito del Pianeta dell’universo poi che pur microcosmo io sono servo di me stesso mi faccio e a tutti servo pronto attento a capire a spiare ogni stormire del vento nuovo dell’istante sì che l’intuire percepire che contemporaneo sono comporta e genera quest’abbondono ch'è questo alfine mio ritorno al reale dell'eterno presente per moto circolare L. sono eterno presente e la parola realtà è solo un suono la verità finale si nasconde dietro l’apparenza che vedo una e globale anche la strada che apro in questo deserto sassoso è un’illusione anche il mito del giardino cui passeggiare al lume della luna anche il canto dell’acqua delle mirabili fontane e il gracidare delle rane LI. doni di forme perdute di spettri lugubri di ricordi di miserie umane di paure sepolte in cuore a creare cancri nelle carni pel dolore d’abbandoni di bambini impossibili da scordare per loro e per i genitori questo il decadente film del tempo che descrive la voglia di partire del maschio giovane la voglia di tornare de padsre LII. e Caos tutto solo sulla distesa rotola mondi


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5. NYX I. Nyx figlia e madre primigenia regina divina del tutto e dell'uno oscurità luminosa che la vita crea e vigila Nyx prima regina che pel dolore schiuma d'essere sola figlia a Caos eterno bambino e sposa e si fa piccina si concentra si fonde penombra oscurità luminosa ventre levigato di femmina carne viva di passione tenebra fonda e Aurora la più antica coda di scorpione e pinna tesa di pesce che taglia martella e testa di rettile e viso di Medusa e tepore di madre terrena orgogliosa vogliosa e freddo siderale nel buio di sé stessa che angoscia si perde e ogn'ente crea e i Sogni per ritrovarsi su ogni strada nuova che inventa il suo corpo ventosa che tutto inghiotte e ricrea e già con violenza terribile espelle l’artiglio del figlio suo più micidiale il gran Dio Thanatos che il termine pone e lo rinnova al neonato che viene del vecchio a sostituzione e il riso la salva della liberazione e del piacere di donare che la placa e il grande canto suo di piovra esplode essere sanguinolento che vigila la vita e si nutre della vita che da lei proviene II. dolce inesprimibile Nyx che latte della vita ti fai e sei e solo chi ne beve l’esperimento continua primo demone e genio della creazione il ventre tuo arcobaleno d’Aurora condensa l'Amore della Luce e il ricordo e la nostalgia che si rinnova senza fine e confine color degli occhi del bimbo Creatore Raggio di Luce che dall'Abisso viene a te Padre e che si riflette nel tuo gran ventre d’oceano ch’affoga il Sole e l’urlo allora espode della potenza tua ancestrale che che il Tutto e l'Uno lega e tiene insieme eppure a ruspare femmina sola ti confina e madre sola inTerra sola e in ogni Mondo e Universo sola


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Ermafrodita e Sogno d'Amore d'ogni tua creatura del rotante presente III. e carne flaccida la Vecchiaia s’affaccia dal ventre suo abissale la fa orripilare la chiama madre e dà la mano alla Frode e appena dopo nascono la Miseria Eris o Discordia e le Morti Violente e quando arriva Nemesi sviene e tutto scorda con l’aiuto di Hypnos o Sonno ed Emera o Giorno IV. cerca invano il figlio speciale sotto il Sole ma è femmina sola la Figlia Primigenia la Forte l’Unica e i suoi figli sono espressione d'ogni bene e d'ogni male e Nyx lo sa poi che nasce per proseguire l'opera del Padre Primo e Sposo che bimbo eterno salta fuori dall’Abisso per creare il Folle il Grande l’Antico Padre Caos che esprime il tutto e l’uno quale V. Nyx è Oscurità Luminosa che tutto tiene lega nel suo ventre arcobaleno che si fa Aurora per amore è infuriar dell’Onda Universale che sfida ogni cielo è Tzunami che avanza e si ritira crea e trasmuta mondi che l'umano ignora è Materia e insieme Vento che gioca a crear e distruggere mondi nuovi nel ribollire di ventri d’oceani di Energia senza fini e confini e sopra questo tutto e niente stende manti di luci di galassie che nell’ignoto guidano il viandante mappa incisa sul cavo della mano VI. l’istante che accasciato sconfitto il viso alle stelle leva grato e s’assopisce e cambia stato il gelo il dolore stanco l’impotenza e l’ombra cannibali divorano le carni del viandante cieco e l’ossa nel ventre dolente di Nyx dito al ciel levato si fan stele di Rosetta VII. lotta di lampi intendimento d’istinti brodo primordiale


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costrizione d’Onda che beve Vita e possiede e pareggia l'uomo Onda calda flusso d’Energia estrema che ogni crepaccio Buco Nero e Scoglio d'Universo d'Universi precipita sinchè mosca su tela di ragno pende bocca di caverna vuota preda e ventre di macigno avvinghiato stretto stretto al tenero braccio di Kayros neonato VI. colpo secco di frusta che scombina è la Verità per chi si dona segno rovente che lascia sulle carni floride dal piacere rinate la convulsione e poi la corsa sulla strada nuova inversa la strada di chi non vuol difesa né s'abbandona tentacolo d'agonia che si fa per l’occasione della mutazione VII. farsi padre e madre è dono del duale che genera bestia morta che risorge e vola per amore come quand’affamata di seme la femmina al cielo s’apre e s’ingolfa e se lo rifiuta per sua condanna l’Olimpo esplode e perde sé stessa e il Sole VIII. volpe trepida la femmina speranza unica terrena grumo di sogno d’utero che trema IX.eccitato come quando Tanato arriva c'è già la tempesta e io non lo posso dire ma intorno tutto vibra e la gente straluna che fare oltre che stare in silenzio ad osservare non posso parlare non posso aiutare chè ne pago il fio d'indebita intromisstione mi metti là impalato ad aspettare e la tempesta arriva puntuale


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X.nasco e sono sul teatro della vita può piacermi o no ma devo recitare la mia parte certo posso cambiarla se non mi piace oggi infatti si recita la rivolta dell'adolescente che corre a farsi uomo anzitempo e perciò paga il fio XIII.che strano l'Amore per il Tutto e l'Uno non so mai che fare o dire se far male subito dicendo la Verità o rimandare se dico la Verità parrte del mondo degli Altri da me s'allontana poiché la Verità in loro cosciente o non cosciente tutti la percepiscono ma molti non vogliono affrontare la Verità e pagare il Prezzo delle Bugie e s'incazzano se non ci credo alle loro Bugie perchè spesso l'uomo non crede a sé stesso se qualcuno non glielo insegna con l'Amore la Pazienza il Perdono e l'Abbandono che poi usa con sè non vale allora correre incontro al precario Tanato della stagione del rischio del bimbo o della trasgressione dell'adolescente vale pena aspettare tando arriva lo stesso la trasmutazione su strada quand'è l' ora XII. davanti all'invaso per l'irrigazione dell'orto della piantagione vedo le libellule elicottero fermarsi e ripartire di colpo mi spiegano la flessibilità forte mmediata e ferale della loro possanza e te adolscente bello non devi trascurare la lezione mi dicono veniamo dal laboratorio di Atena e siamo qui per proteggerti a costo di spazzare civiltà vecchie decrepite che si credono eterne perchè alleate di Crono ma non ti possiamo proteggere da te stesso XIII. sento come un senso di nostalgia di ciò che sono e non sono più di fronte a me c'è il cavallo bianco della Piana pronto e mi dice bel giovane si parte per l'Alpe monta sù


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INDICE 1. NONNO I. il mio nonno è nonno di tutta la famiglia allargata II. il cieco racconta le storie III. non si sente volare una mosca IV. sento il cieco V. ricordo bene questo fatto VI. oggi illumino il cieco VII. una persona dabbene VIII. la sera il nonno parla IX. sotto il Sole X. oggi povero il mio nonnetto lo vedo XI oggi rifletto XII. questa coppia guerriera beata XIII. stanotte il vecchio guerriero assopito XIV. a sett'anni cresciutello e con responsabilità XV. nonno ormai di rado 2. ROKK NON TORNA PIU' 2.1 nel nono anno dalla Matriarca I. in nove anni II. mi guidi a comandare III. e io ti dico IV. ma io ripudio V. lo sai che nasci Eroe VI. perchè non trovi un altro eroe VII. è vero Nyx 2.2. la vita nelle latomie I. la notte non dormo II. il mio compagno di cava III. c'è Fortunata a pranzo


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2.3. la Festa di Natale I. oggi è festa grande II. una felicit cruenta III. mi porto dentro IV. col mandorlo in fiore V. la sento VI. mi chiedo e richiedo VII. la ragione non vedo VIII. tra i filari di viti nude IX. sei te la Vita dea amorosa X. capisco sei l'amorosa Illusione XI. parlo con lui XII. bianco l'occhio avido spaurito XIII. guarda all'orologio antico XIV. un avion XV. il vecchio spira XVI. si sa il tempo di Crono XVII. io vedo bagliori nella notte XVIII. e partecipo innocente XIX. ogni momento XX. il grano mietuto XXI. curiosità selvaggia XXII. avere per dei sulla strada Tanato e Rischio XXIII. perchè distruggo il gioco XXIV. il reduce non sa star fermo XXV. il gatto che passa XXVI. l'adolescente XXVII. sento na rude strizza XXVIII. se chiudo gli occhi mi vedo cresciuto 2.4. il Dio perduto dei Mari del Sud I. è mai possibile che da bimbo e adolescente II. forse a Zurich III. un cane passa IV. Amore dove sei V. il Dio perduto dei Mari del Sud


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VI. io da sette anni VII. verde il mare grigio il cielo VIII. guardo placido le stelle IX. le nuvolette bianche X. stanchi dopo il tramonto XI. come una bomba 2.5. il reduce racconta I. dietro il passato II. sono altri tempi III. senti nonno IV. avanti vado V. solitario e pensoso VI. ricordo te nell'alba di un mattino VII. uno strato d'ombra VIII. accecato non vedo IX. vecchia civetta X. le uniche cose che non mi può rubare 3. LA FOLLIA DELL'ONDA I. e ancora nella memoria dell'antenato II. l'essenza del griko III. è questo il mito della creazione IV. la schiuma V. l'Onda Tzunami 4. IL LAMENTO DELLO ZAPPATORE I. nel contemporaneo un mortale II. eppure nella mente l'immagine resta III. dove esiste legge sacra e scuola di sperimentazione IV. ovunque c'è conflitti VI. ferite non ferite da piccolo subite VII. eco dell'imprescindibile VIII. obbedienza IX. alito di carne umana X. guerriero ricettacolo aduso del dolore


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XI. il limite che la Grecìa pone XII. nel ventre della notte XIII. sette volte e sette vite spese XIV. sette voltesette tentativi XV. e alla fine è solo fretta XVI. e la terra che s'apre XVII. ultimo gigante zappatore XVIII. gli antichi parenti XIX. il vuoto che muta le stelle XX. l'istante fatale XXI. il Sole il viso fraterno XXII. la guerra mette su casa XXIII. mentre osserva la lotta infame XXIV. il fratello clandestino a Torino XXV. e lesto torna all'opra XXVI. l'istante prvicace XXVII. per il vecchio zappatore XXVIII. senza possibilità d'aiuto XXIX. ragazzo come osi XXX. Sole ti prego aiutami XXXI. quando il Sole prodigo di luce XXXII. al vecchio s'affida la fanciulla XXXIII. il cuore della piccola madre XXXIV. lenta la mano del vecchio XXXV. il ritorno della bestia nella tana XXXVI. più in là coi maiali XXXVII. e vede al fine che si avvicina XXXVIII. l'amore che promette eternità XXXIX. la bellezza è Dio XL. l'ebbrezza della seduzione XLI. il tutto e il niente XLII. nel laboratorio XLIII. l'anima si sveglia XLIV. nella clessidra del tempo XLV. vedo sulle mie spalle XLVI. al primo risveglio XLVII. il mattino estivo


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XLVIII. è la conoscenza della mutazione XLIX. se tutto è possesso L. sono eterno presente LI. doni di forme perdute LII. il Caos 5. NYX I. Nyx II. dolce inesprimibile Nyx III. e carne flaccida la Vecchiaia IV. cerca invano il figlio speciale V. lotta di lampi intendimento d'istinti VI. colpo secco di frusta VII. farsi padre e madre VIII. volpe trepida la femmina IX. eccitato X. nasce XI. che strano l'Amore XII. davanti all'invaso dell'irrigazione


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Biografia Rocco Garrapa nasce a Melpignano in Provincia di Lecce nel 1942. A diciassette anni si trasferisce a Zurigo e, successivamente, in Toscana, facendo diversi mestieri. Consegue la laurea alla Università di Siena, seguita da varie specializzazioni, nonché dalla abilitazione all'insegnamento. Negli anni settanta soggiorna lungamente a Parigi, Londra e, soprattutto, negli U.S.A., dopo l'ottenimento, nel 1972, di un'assistantship al "Modern Language Department" della M.S.U per insegnare Italiano e, nel 1973, l'ammissione alla "Graduate School" della University of Maryland-College Park. Negli U.S.A. collabora anche con la stampa universitaria. Ritornato in Italia continua gli studi e insegna per alcuni anni presso l'Università di Siena, Istituto di Lingue. Da questa Università nel 1978 riceve una borsa di studio da utilizzare presso la Columbia University di New York quale Visiting Professor. Nipote di poeta scrive poesie sin dall'adolescenza. Il tempo e le disparate esperienze culturali influenzano e indirizzano il suo modo d'esprimersi. Lo stile singolare ritiene tutta la freschezza che proviene dalla speranza e che va oltre la sofferenza e la rabbia suscitata dalla presa di coscienza personale della realtà, connessa alle problematiche sociali e alla lotta che ovviamente ne consegue. Negli ultimi periodi d'attività nascono e si sviluppano specifici interessi per la pittura, la psicologia, la fisica, che confluiscono nella grande matrice mitologica tramandata dalla tradizione orale del paese grecanico dove nasce. Esercita da quasi un trentennio la professione di ricercatore per amministrazioni private e pubbliche e l'attività pubblicistica in materia spazia nel campo economicosociale e territoriale. Pubblica nel 1980 per le Edizioni il Torchio in Firenze il libro di poesie "Vulcani Spenti", seguito nel 1983 per le Nuovedizioni E. Vallecchi in Firenze dal volume "Libero dal bisogno". La sua attività poetica continua prolifica con gli altri seguenti volumi: "Il ritorno di Minerva" nel 1984; "Ancore e vele" nel 1986 ; ''Il Cavaliere Nero'', “Le Battaglie di Orione” e “La Piantagione “ nel 1988;


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