DNT n° 36-37-38/2000 by Cilenti/Nickles REPORTAGE REPORT

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17-18-19 MARZO 2000

n° 36-37-38/2000

Editors: Domenico Cilenti email: nicocilenti@gmail.com/Joan Nickles email: joannickles@gmail.com

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REPORTAGE

Il viaggio della speranza - “Il Viaggiatore” - Ora anche il Giappone conosce i “barboni”

Il viaggio della speranza Le Scour, sacerdote missionario in Mozambico, ha compiuto un viaggio a piedi di cinque giorni per salvare la sua gente

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l missionario cattolico francese, Jean-Pierre Le Scour, ha camminato per cinque giorni alla ricerca di aiuto per la sua comunità di 8.000 persone, costrette sugli alberi dalle inondazioni. Il viaggio epico è costato al 58enne missionario francese la sua utilitaria e stava per costargli anche la vita. Dopo due settimane di piogge torrenziali, Le Scour ha deciso di partire da Mabalane, 350 km a nordovest di Maputo, perché la sua gente non aveva né cibo né acqua pulita ed era costretta a vivere sugli alberi per sfuggire alle acque. Allora, il missionario si è messo alla guida della sua utilitaria per raggiungere il vicino Mozambico, cercando di salvare un gruppo di persone che si erano rifugiate sul tetto della sua auto. Ma la 4x4 è stata trascinata via dalle acque, insieme a Le Scour che è riuscito a salvarsi aggrappandosi ad un ramo. “Non avevo la forza di salire fino in cima … allora ho cominciato a mangiare le cavallette e le foglie dell'albero per evitare l'ipotermia”, racconta, dicendo di non sapere che cosa sia accaduto alle persone che stava cercando di salvare. Solo dopo un giorno e dopo che le acque si sono ritirate, Le Scour ha potuto lasciare il suo albero e continuare a piedi la ricerca di aiuto. Una volta giunto in Sud Africa, il missionario ha avvertito le autorità circa la situazione di pericolo vissuta dalla sua gente. Le Scour dice di aver visto bambini che sembravano malati di colera o di malaria. Le forze aeree del Sud Africa hanno intrapreso un'operazione aerea per soccorrere la comunità di Mabalane.

È DURATO CINQUE LUNGHI GIORNI IL VIAGGIO DEL MISSIONARIO CATTOLICO JEAN PIERRE LE SCOUR, GIUNTO A PIEDI FINO IN SUD AFRICA ALLA RICERCA DI SOCCORSI PER LA GENTE DI MABALANE. Dopo essere stato

travolto da un fiume in piena, il 58enne sacerdote è riuscito a trarsi in salvo afferrandosi ad un albero, sul quale è rimasto per più di un giorno, nutrendosi di foglie e cavallette.

UN BIMBO RIFUGIATO DEL MOZAMBICO

riceve il suo pasto nel campo allestito presso Palmeira, 140 km a nord di Maputo, per ospitare le 2.000 persone sfuggite alle inondazioni del fiume Limpopo.


10 Il 59% degli ebrei è per il Papa Un sondaggio evidenzia opinioni e perplessità del popolo ebraico sulla visita del pontefice in Israele

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Israele si prepara ad accogliere il Papa Milioni di dollari investiti in nuove infrastrutture per ospitare i pellegrini del millennio

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uando il Papa visiterà la Terra Santa questo mese, prenderà una nuova superstrada per raggiungere i sentieri polverosi percorsi un tempo da Gesù. Preparandosi ad accogliere i milioni di pellegrini del millennio attesi per quest’anno, Israele ha costruito nuove strade che conducono ai luoghi santi del cristianesimo, ma anche caffé, chioschi, gabinetti e fognature. Il governo d’Israele ha investito denaro ed energie per attrarre un numero maggiore di visitatori cristiani in un paese dove gli ebrei rappresentano la schiacciante maggioranza. “La storia dell’anno 2000 è una buona scusa per fare cose che dovevano essere fatte”, ha detto Tzvi Lotan, direttore della European Marketing Administration del Ministero del Turismo israeliano. Il Papa sarà accompagnato da 43.000 giovani pellegrini e altri 170.000 sono attesi in Israele solo nel mese di marzo. “Sono pronto a giocarmi la testa… ci saranno tre milioni di turisti nel paese quest’anno”, sostiene Lotan. La visita del Papa in Israele, dal 21 al 26 marzo, è parte di un progetto di celebrare il nuovo millennio ripercorrendo le tracce di Gesù e dei profeti. Il governo sta investendo circa 4,9 milioni di dollari

“Mea Culpa” della Chiesa per gli errori del passato

per preparare l’evento centrale della visita del papa: una Messa in una pianura vicino al Monte delle Beatitudini, che dovrebbe attirare 100.000 persone. Il Papa visiterà Betlemme il 22 marzo, celebrerà una Messa nella Manger Square, accanto alla grotta in cui Cristo nacque e visiterà il vicino campo di rifugiati con il presidente Arafat. “Questi sono i luoghi più santi del mondo cristiano”, dice Niv Laish, direttore del turismo per il consiglio regionale d’Israele. Il frate francescano Padre Jerome siede ammirando una nuova strada e un parcheggio per i pullman accanto alla chiesa Mensa Christi, vicino Tabgha. La chiesa si trova sul mare di Galilea, vicino al luogo del miracolo dei pani e dei pesci. “Tutti parlano del 2000 e non guardano niente”, dice Padre Jerome, davanti alle dozzine di visitatori lungo un sentiero colorato di buganvillea e fiori selvatici. Le autorità insistono che i milioni di dollari investiti per rendere Israele attraente e confortevole daranno i loro frutti negli anni a venire. Secondo Lotan, ogni gruppo di 500.000 turisti genera 65 milioni di dollari di entrate nette per lo stato e 15.000 posti di lavoro.

Sei ebrei su dieci sono felici per la visita del Papa in Terra Santa. Ma la maggior parte di loro sono laici. Soltanto l’8,3% degli ebrei Ultra Ortodossi ha espresso una visione positiva del suo pellegrinaggio. Lo affermano i sondaggi condotti dall’Interreligious Coordinating Council in Israele su 500 ebrei, rilevando che il 59% degli intervistati vede con piacere il viaggio del Papa. “Questi risultati contraddicono l’idea convenzionale secondo cui gli ebrei sono contrari o apatici nei confronti del Papa e della Cristianità” dice Ron Kronish, direttore del Council. La visita di Giovanni Paolo II sarà la prima da quella di Paolo VI nel 1964. Le relazioni tra il Vaticano ed Israele si sono irrigidite il mese scorso quando Israele ha accusato Roma di interferire nei colloqui di pace dopo aver firmato un accordo con l’OLP, ammonendo Israele di intraprendere iniziative unilaterali a Gerusalemme. Le persone intervistate vedono il viaggio del Papa come un “pellegrinaggio ai luoghi santi e un messaggio di pace e dialogo nel 2000”. Il sondaggio ha rilevato anche un alto livello d’ignoranza tra gli ebrei per quanto riguarda all’opposizione del Vaticano all’antisemitismo e all’olocausto.

“Le aspettative per il 2000 erano molto alte e anche se non risponderanno a quanto sperato, abbiamo molti più turisti dello scorso anno e continueremo ad averne sempre di più”, aggiunge. Molti visitatori affermano che il loro viaggio in Terra Santa non ha niente a che vedere con il millennio. “Da molti anni pensavo di venire qui e vedere la terra dove è nato Cristo. Ora ho avuto l’opportunità di farlo”, dice Tony Maroto di Los Angeles, immergendosi nelle acque del fiume Giordano a Kibbutz Kinneret. Il Kibbutz, una delle prime fattorie collettive d’Israele, si affaccia sul Giordano dove, secondo il Vangelo, Gesù venne battezzato. Già negli anni ‘80, i cristiani vennero invitati a visitarlo per bagnarsi nelle acque del fiume e per accoglierli furono costruiti chioschi e bagni pubblici. Con circa mezzo milione di turisti ogni anno, il Kibbutz si è preparato per il millennio investendo 17.3 milioni di dollari per costruire un ristorante e un negozio di souvenir e il governo ne ha impiegati un altro milione e mezzo per edificare luoghi battesimali, toilettes e docce. Per il 2000 sono attesi circa 750.000 pellegrini.

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“Il Viaggiatore”

Il Papa ha confessato i peccati commessi dalla Chiesa in 2.000 anni di storia, per cominciare il nuovo millennio in modo migliore La richiesta di perdono del Papa per gli errori commessi dalla Chiesa nel passato, non deve essere considerata come una “spettacolare auto flagellazione” ma come un tentativo di sanare le ferite storiche. Lo ha dichiarato un portavoce del Vaticano durante una conferenza stampa per spiegare il significato storico e teologico della cerimonia di domenica scorsa, definita come una “purificazione della memoria”. Con l’occasione, il Papa ha pronunciato un “mea culpa” per gli errori commessi dalla Chiesa nel corso dei secoli. Il pontefice ha chiesto perdono per il trattamento riservato agli ebrei, alle donne e alle popolazioni indigene, ma anche per le azioni commesse dai Crociati e dall’Inquisizione. “Il passato non è mai completamente morto”, dice il Cardinale Roger Etchegaray, presidente della Commissione Vaticana per il Giubileo. “Sopravvive con persistenti effetti di quelle che furono mentalità ed attitudine sbagliate. Se la Chiesa sta guardando al proprio passato, è perché vuole affrontare il presente in modo migliore ed entrare nel nuovo millennio in maniera decisa”. Il Papa ha detto spesso, negli ultimi anni, che tutti i cattolici dovrebbero vedere l’inizio del millennio come un’opportunità ideale per cercare il perdono per i peccati del passato, inclusi quelli della Chiesa. Il nuovo documento teologico “Memoria e riconciliazione”, che insegna ai fedeli a cercare il perdono è stato presentato per la prima volta a Parigi la scorsa settimana. Le autorità vaticane affermano che la richiesta di perdono non implica un giudizio sui cristiani del passato. “La confessione dei peccati fatta dal Papa è rivolta a Dio, il solo che può perdonare i peccati, ma è fatta di fronte agli uomini, ai quali non si possono nascondere le responsabilità dei cristiani. La Chiesa non teme di affrontare i peccati commessi dai cristiani quando diventa consapevole dei suoi errori”, dice l’Arcivescovo Piero Marini. Il documento teologico dedica una sezione alle spinose relazioni tra cristiani ed ebrei negli ultimi 2.000 anni. Ampio riferimento viene fatto ad un documento del 1998 in cui il Vaticano si é scusato per non aver aiutato gli ebrei contro le persecuzioni naziste.

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Il Papa non bacerà la terra di Betlemme Il gesto tradizionale è stato omesso dalla cerimonia di benvenuto, per evitare che assuma un significato politico di parte Il Papa non bacerà il suolo palestinese durante il suo viaggio in Terra Santa, perché gli organizzatori locali non lo hanno previsto nei loro piani per la cerimonia ufficiale di benvenuto a Betlemme. I palestinesi hanno omesso di proporre il gesto tradizionale al Papa, tralasciando l’occasione di sigillare in modo fortemente simbolico le loro aspirazioni territoriali. Non é chiaro se l’omissione sia stata una svista o se sia stata pensata per evitare la controversia papale in un viaggio politicamente delicato, che si svolgerà per gran parte in Israele. Arafat ha promesso di dichiarare uno stato indipendente nel West Bank e nella Striscia di Gaza quest’anno, senza riguardo all’andamento dei colloqui di pace con Israele, che occupa ancora molti dei territori presi nella guerra del 1967. Una fonte del Vaticano ha detto che il Papa non sarà coinvolto in un’imbarazzante controversia sulla terra e sulla sovranità, a meno che gli organizzatori di Betlemme non gli riservino una sorpresa all’ultimo momento. Il gesto di baciare la terra dei paesi visitati per la prima volta, è stato un segno distintivo dei viaggi del Papa. Sebbene abbia evitato di baciare il suolo a Timor Est nel 1989, quando l’isola era ancora governata dall’Indonesia, il pontefice baciò la terra in Bratislavia nel 1990, prima

che la Slovacchia diventasse indipendente. Per compiere quel gesto, il pontefice era solito inginocchiarsi, non appena sceso dall’aereo. Ora che la debolezza è aumentata, gli viene porto un vaso contenente la terra. Questo accadrà quando il Papa atterrerà in Israele. A Betlemme, Arafat accoglierà Giovanni Paolo II insieme alla guardia d’onore e terrà un discorso prima della celebrazione della Messa nella Piazza della Mangiatoia. Alla domanda sei i palestinesi sarebbero contrariati dall’assenza del bacio sul suolo di Betlemme, Viola Raheb, portavoce degli organizzatori, risponde: “La maggior parte dei palestinesi sa che quando uno stato è fisicamente dichiarato, il Vaticano sarà il primo a riconoscerlo”. Israele teme che la visita del Papa al campo dei rifugiati di Dheisheh darà ai palestinesi una spinta politica e li incoraggerà ad equiparare le loro sofferenze a quelle degli ebrei nell’Olocausto. Raheb dice che l’Olocausto e l’espropriazione dei palestinesi, quando venne creato lo stato d’Israele nel 1948, sono state sofferenze uniche. “Visitare Dheisheh darà un volto alla storia delle sofferenze palestinesi. Molte persone nel mondo, che sono rifugiate, lo vedranno come un riflesso delle loro storie personali’.

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“Il Papa non può visitare Gerusalemme di sabato”

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Gli ebrei chiedono una variazione dell’itinerario del pontefice per rispettare il riposo sabbatico

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Il Papa trascorrerà il venerdì notte del suo viaggio in Terra Santa a Gerusalemme, nonostante la richiesta di alcuni ebrei di dormire a Nazareth, per non infrangere il riposo del sabato. Membri del gruppo ebraico conservatore Kach hanno dimostrato fuori degli uffici del Rabbino israeliano Meir Lau contro il programma deciso per il viaggio del pontefice. I manifestanti affermano che la sua visita costringerà molti ebrei impiegati nelle forze dell’ordine e della sicurezza a lavorare il sabato. Questo significherà per loro violare la legge ebraica del riposo sabbatico, che inizia con il tramonto del venerdì e termina al tramonto del sabato. Secondo quanto programmato, venerdì notte il Papa tornerà a Gerusalemme in elicottero da Caphernaum, luogo in cui

sorgeva la casa di San Pietro, e partirà da Gerusalemme per Nazareth il sabato mattina. Il governo israeliano ha, comunque, fatto sapere che si stanno prendendo in considerazione diverse opzioni per evitare la questione del riposo sabbatico. In apparente concessione alle richieste ebraiche, il Papa incontrerà i rabbini d’Israele nel loro quartier generale e non al Muro Occidentale di Gerusalemme, come era stato pianificato. Il pontefice visiterà anche il memoriale Yad Vashem Holocaust e incontrerà il Grand Mufti di Gerusalemme nel luogo che ospita il Duomo della Roccia e la moschea al-Aqsa, terzo santuario dell’Islam. Giovanni Paolo II pregherà sul Monte delle Beatitudini a Korazim, visiterà il luogo del miracolo dei pani e dei pesci e celebrerà la

Messa nella Chiesa del Santo Sepolcro. Nelle zone controllate dai palestinesi, il Papa si fermerà a Betlemme e in un campo di rifugiati presso Dheisheh. Il Vaticano sta ancora studiando la possibilità di una tappa a Gerico, dove il Papa ha promesso di andare quando il presidente Arafat ha visitato il Vaticano il mese scorso. Il pontefice dovrebbe recarsi anche sul Monte Nebo, dove Mosé finì i suoi giorni e in un luogo nella valle del Giordano dove si dice che Cristo venne battezzato. Il pellegrinaggio in Terra Santa è il secondo viaggio in Medio Oriente compiuto dal Papa per commemorare i principali eventi del Vecchio e del Nuovo Testamento. Il mese scorso Giovanni Paolo II si è recato in Egitto e ha visitato il Monte Sinai, dove Mosé ricevette i dieci comandamenti.

Il Papa a Fatima nel mese della Vergine Il pontefice celebrerà la beatificazione di Francisco e Giacinta Marto

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Il prossimo 13 maggio, il Papa si recherà in Portogallo per beatificare i due pastorelli che nel 1917 dissero di aver ricevuto la visita della Vergine Maria. Il pontefice sarà a Fatima il 13 maggio, data molto significativa. Il 13 maggio fu il primo dei sei giorni in cui si racconta che la Vergine apparve ai pastorelli ed è anche la data del 1981 in cui il turco Mehmet Ali Agca sparò al papa in piazza San Pietro. Il pontefice, che compirà 80 anni il prossimo 20 maggio, ha una particolare devozione per la Vergine e le attribuisce la sua guarigione dall’attentato. Giovanni Paolo II ha già visitato due volte il santuario di Fatima. In un’occasione lasciò una delle pallottole sparate da Agca sulla corona della statua di Madonna. Il Papa celebrerà la beatificazione dei fratelli Francisco e Giacinta Marto, due dei tre bambini che ebbero le visioni della Vergine. I fratelli morirono diversi anni dopo per malattia, mentre Lucia dos Santos, ora 92enne, vive in un convento vicino alla città portoghese di Coimbra.

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Il Papa riceve le ceneri dal Cardinale Jozef Tomko durante la cerimonia del primo giorno di Quaresima, alla Basilica romana di Santa Sabina. La Quaresima rappresenta per i cattolici una stagione di penitenza, di digiuno e di astensione dai piaceri terreni. La scorsa domenica, con una cerimonia in piazza San Pietro, il Papa ha chiesto perdono per gli errori commessi dalla Chiesa nel passato. 2 Il Papa saluta il patriarca Astafanous II, capo della Chiesa cattolica d'Egitto, durante una cerimonia che si è tenuta al Cairo, in uno stadio coperto. Il pontefice ha lanciato un appello per l'armonia tra cristiani e musulmani e ha detto ai fedeli cristiani di impegnarsi per costruire una società pacifica in Egitto. 3 Un prete egiziano offre la comunione durante la messa del Papa al Cairo. Il viaggio del pontefice in Egitto è stato il primo di due pellegrinaggi nei luoghi del primo cristianesimo. 4 Preti egiziani partecipano alla Messa celebrata dal Papa al Cairo. 5 Il Papa incontra il pontefice copto Shenouda III nella cattedrale coptica di San Marco. Shenouda ha parlato dell'Egitto come parte della Terra Santa, riferendosi al prossimo viaggio del Papa in Israele e in Palestina. Il pellegrinaggio del pontefice in Egitto ha incluso una visita al monastero di Santa Caterina nel deserto del Sinai, dove Mosé ricevette i dieci comandamenti. 6 Ebrei ultra-ortodossi passeggiano davanti al Muro del Pianto, il luogo più santo del giudaismo. Entrambi indossano copricapi di plastica per riparare dalla pioggia i loro cappelli di feltro. 7 Una panoramica del luogo di nascita del patriarca biblico Abramo nell'antica città di Ur, 375 km a sud di Bagdhad. Lo scorso febbraio, il Papa ha tenuto una cerimonia speciale in Vaticano per celebrare la città di Ur, nominata nell'Antico Testamento. 8 Preti cristiani delle chiese ortodosse e latine della Giordania accendono 2000 candele durante una messa sul fiume Giordano, dove si crede che Gesù venne battezzato. Migliaia di fedeli si sono recati sul luogo in pellegrinaggio simbolico, per festeggiare l'apertura ufficiale della zona ai turisti. 9 Un prete cattolico guida altri sacerdoti delle chiese latine e ortodosse durante una cerimonia sul fiume Giordano. 10 Il Vaticano ha pubblicato un documento dal titolo “Memoria e riconciliazione: la Chiesa e i suoi errori del passato”, che ha preceduto la richiesta pubblica di perdono del Papa. 11 Un gruppo di pellegrini cristiani statunitensi riceve il battesimo sul fiume Giordano. 12 Un gruppo di cristiani americani riunito davanti al fiume Giordano per pregare, prima di ricevere il battesimo. Uno spogliatoio e delle toilettes sono state costruite per accogliere il gran numero di pellegrini del millennio. 13 Il Papa viene accolto calorosamente da un gruppo di sacerdoti musulmani mentre fa il suo ingresso nella sede del Gran Sceicco Mohammed Sayyed Tantawi, al Cairo. 14 Suore cristiane fuori della cattedrale coptica di San Marco, durante la visita del Papa. 15 Due suore scelgono le cartoline del Millennio in un negozio di souvenir sulla Via Dolorosa, la strada della Città Vecchia di Gerusalemme che Gesù percorse prima della crocifissione. 16 Molte parti della Città Vecchia di Gerusalemme sono in fase di ristrutturazione, così come i negozi di souvenir e gli antichi sentieri dei pellegrini, per prepararsi ad accogliere i visitatori dell'Anno Santo e il Papa. 17 Una coppia di turisti consulta una guida e una mappa della Città Vecchia di Gerusalemme. 18 Migliaia di fedeli si sono recati sul fiume Giordano, dove si crede che Gesù venne battezzato in pellegrinaggio simbolico, per festeggiare l'apertura ufficiale della zona ai turisti. 19 Il Papa esce dal suo aereo appena giunto al Cairo. 20 Il Papa aiutato dal presidente egiziano Mubarak durante la cerimonia di benvenuto all'aeroporto del Cairo. 21 Il Papa bacia un vaso di terra che gli viene porto da bambini egiziani sotto lo sguardo del presidente Mubarak. 22 Cristiani copti sventolano bandiere per salutare l'arrivo del Papa nella cattedrale coptica di San Marco. 23 Studentesse giordane stringono un poster del Papa durante una prova della cerimonia di benvenuto nella città di Madaba. Il Papa arriverà in Giordania il 20 marzo. 24 Il Papa abbraccia il crocifsso durante la cerimonia di perdono nella Basilica di San Pietro. In uno dei gesti più significanti del suo papato, il pontefice ha chiesto perdono per i peccati commessi dalla Chiesa in passato

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“Dirò al Papa di riportarmi a casa” La visita del pontefice è vista come un’occasione per attirare l’attenzione pubblica sulla condizione dei rifugiati palestinesi, che vivono da decenni negli accampamenti

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Da quando abbandonò il suo villaggio, distrutto dalla guerra del 1948 che portò alla creazione di Israele, Rebhiyah Tayeh ha vissuto più di mezzo secolo in tende ed accampamenti. “Passò il primo anno e poi il secondo. Sembrava che non avesse mai fine”, dice Tayeh, 63 anni, mentre racconta la sua vita nel campo rifugiati di Dheisheh. Lì vive in una casa di tre stanze con altre dieci persone e deve mettersi in fila per mangiare. Dopo aver trascorso anni nel campo di West Bank, Tayeh e molti dei suoi 100.000 residenti, vedono la visita del Papa in Terra Santa come un’occasione per aumentare le possibilità di un loro ritorno ai villaggi d’origine. I palestinesi ospitati nel campo sono musulmani. Ma per loro ed altri, la visita del Papa ha assunto un significato politico in un momento in cui le speranze per lo stabilizzarsi della pace in Israele sembrano poche. I palestinesi si sono sentiti rincuorati dal Vaticano quando ha siglato l’accordo del mese scorso e ha detto ad Israele che qualsiasi decisione unilaterale su Gerusalemme è “moralmente e legalmente inaccettabile”. I palestinesi contestano il controllo d’Israele sulla città sacra alle tre religioni monoteistiche e vogliono che la parte araba di Gerusalemme sia dichiarata entro quest’anno capitale di uno stato indipendente. Israele, che occupò la Gerusalemme est nel 1967, risponde che la città è la sua capitale eterna e indivisibile . “Gli dirò di riportarmi a casa”, dice Tayeh, riferendosi al Papa. Anche Baker Jaber, 65 anni, è pieno di speranza: “Voglio dire al Papa: non vogliamo farina, coperte o sardine … Vogliamo tornare nelle nostre case”. Il Pontefice terrà un discorso alla scuola del campo di Dheisheh, finito sotto il dominio palestinese nel 1995. La prima cosa che fecero i rifugiati, quando Israele ebbe la meglio, fu di togliere il filo spinato che circondava il campo come una gabbia. Il patriarca latino Michel Sabbaj sostiene che il Papa dovrebbe dire ai rifugiati palestinesi di Dheisheh che hanno il diritto di

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tornare nelle città e nei villaggi da cui fuggirono nel 1948. Centinaia di migliaia di palestinesi furono trasferiti negli squallidi campi del West Bank e della Striscia di Gaza o divennero rifugiati nei vicini stati arabi. Tayeh racconta di aver vissuto diversi anni nelle tende della zona di Betlemme prima di andare a Dheisheh. Le speranze dei rifugiati vennero alimentate per la prima volta nel 1993, quando un accordo di pace tra Israele e Palestina promise di discutere la loro sorte nei colloqui finali. Ma la questione è rimasta in sospeso a causa delle irrisolte dispute territoriali. L’OLP ha incoraggiato i rifugiati a restare nei campi per ricordare al mondo che hanno il diritto di rientrare nei loro villaggi, molti dei quali sono stati demoliti e sostituiti da insediamenti israeliani. Ma molti rifugiati non credono che l’OLP combatterà per la loro causa. “La visita del Papa al capo di Dheisheh è considerata una visita a tutti i campi uguali al nostro, per mostrare solidarietà con le persone che ci vivono”, dice Mohammed al-Lahham, coordinatore dell’incontro. I residenti di Dheisheh sono stati attivi nel sollevamento contro l’occupazione israeliana che ebbe inizio nel 1987 e che durò per sette anni. Un memoriale all’entrata del campo onora come martiri i rifugiati uccisi dai soldati israeliani. Mohammed Rabee, studente tredicenne di Dheisheh, sogna di diventare un politico e di sostenere la causa dei rifugiati. “Nessuno ha sofferto come noi per 50 anni. Il gesto del Papa è molto apprezzato qui nel campo. Io spero che servirà a qualcosa per risolvere il nostro problema”.

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Ora anche il Giappone conosce i “barboni”

I GIAPPONESI SENZA CASA ATTENDONO DI RICEVERE IL LORO PASTO DAI VOLONTARI IN UN PARCO DI TOKYO. Il numero dei senza casa in Giappone, una voltà una

rarità, è salito a più di 4.000 lo scorso anno a causa della crisi dell’economia e del fallimento di alcune compagnie, che hanno dovuto licenziare molte persone.

Il fenomeno dei senza tetto sembrava appannaggio dell’occidente, ma la crisi economica ha colpito più di 20.000 persone

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iroshi Matsushita vive all’ombra di uno degli edifici più alti di Tokyo. La sua casa è una baracca di plastica e cartone nascosta tra i cespugli di un parco. Matsushita non è solo, in Giappone il numero dei senza casa, una volta una rarità, è arrivato ad oltre 4.000 nello scorso anno, quando la mancata ripresa dell’economia e il fallimento di alcune società ha lasciato molta gente senza lavoro. Il fenomeno sta assumendo dimensioni nazionali, visto che, mentre una volta i senza casa erano principalmente concentrati nella città industriali, come Tokyo e Osaka, ora sono presenti su tutto il territorio, perfino nella antica capitale Kyoto. Quello che sta preoccupando organizzazioni caritatevoli, è che mentre una volta i senza casa, i “barboni”, erano operai che avevano perso il lavoro, ora tra questi disperati ci sono anche quelli che un tempo erano “colletti bianchi”. In base ad una sommaria osservazione dell’Esercito della Salvezza, circa il 40% dei senza casa è composto da persone che lavoravano nelle società fallite. Meno di dieci anni fa, il Giappone era convinto che il fenomeno dei barboni fosse confinato in paesi come gli Stati Uniti e i media trasmettevano immagini di gente sfinita dal caldo o che chiedeva l’elemosina per strada. Questo, prima che il livello dei prezzi in Giappone esplodesse. Scoppiò allora la peggior recessione del de-

cennio, che ha portato ad una riduzione del lavoro su larga scala, mentre società che prima assicuravano un impiego per tutta la vita, sono state costrette a tagliare i salari oppure chiudere, cosa mai accaduta prima. Ora, nelle città maggiori, è comune vedere baracche messe insieme alla meglio, con tetti di plastica, ammucchiate nel parco e sistemate vicino le sponde del fiume, mentre i meno fortunati vivono sotto i ponti arrotolati in una coperta o sulle panchine del parco. Lo scorso dicembre c’erano almeno 20.451 senza casa sparsi per il paese, ha rivelato il ministro giapponese della sanità - rispetto ai 16.247 dell’anno prima. Ad Osaka la situazione peggiore, con 8.660 senza tetto, seguita da Tokyo con 5.800. Ci sono anche alcune donne fra i barboni, ma sono ancora molto rare. Il problema potrebbe essere destinato a peggiorare, visto che il numero delle bancarotte, dopo un momento di calma, ha ripreso a crescere, come mostrano i dati relativi al mese di gennaio, in cui i fallimenti sono cresciuti del 43,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La gran parte dei senza casa, erano lavoratori a giornata od operai, ridotti in queste condizioni dalle turbolenze dell’economia giapponese che hanno colpito le società per cui lavoravano, ma altri, come Matsushita, vivevano in altro modo. Barbiere da trent’anni, aveva un negozio a

Shizuoka, 180 km ad ovest di Tokyo e lo gestiva insieme a sua moglie fino a quando lei non è morta. Pochi mesi più tardi fu investito da un’auto e costretto a vendere tutto quello che aveva per pagare le cure mediche, essendo rimasto coinvolto nel crollo delle assicurazioni sanitarie del Giappone. Una volta rimessosi, si è trasferito a Tokyo e ha lavorato come manovale fino all’inizio del 1999, quando la compagnia per cui lavorava ha scoperto la sua età e velocemente scaricato, da allora è diventato un senza casa. Nonostante la sua esperienza di barbiere, nessuno vuole dargli lavoro, perché non ha fissa dimora - un circolo vizioso che colpisce molti. La mancanza di fissa dimora, impedisce anche di accedere al sostegno sociale. Aggiungendo il danno alla beffa, i limiti d’età sono legali e per fare un lavoro pesante non bisogna avere più di 40 anni. Spesso le società terziarie sono state costrette a ristrutturarsi per aver licenziato i dirigenti più anziani, costringendoli ad andare prematuramente in pensione. La disoccupazione fra gli uomini di età compresa fra i 55 e i 64 anni era del 6,2% a dicembre del 1999, contro il 4,3% dell’anno precedente. Le autorità hanno mancato, per la gran parte, di risolvere il problema dei senza tetto, scaricandolo sulle autorità locali, che non hanno fondi sufficienti. L’atteggiamento, fra le altre cose, è sempre stato più repressivo che disposto

ad aiutare, basti pensare che a metà degli anni mune vedere le scarpe allineate fuori delle por‘90, l’amministrazione di Tokyo ha fatto abbat- te, come era costume quando avevano una casa tere le baracche in una stazione ferroviaria, so- vera. Molti, poi, conservano ancora il proprio orstituendole con degli alberi, poi circondati da una recinzione di metallo per impedire che la goglio, come un uomo che ha detto: “Dopo tutgente potesse tornarci. La crescita del fenomeno ha alla fine costretto il governo nazionale a prendere provvedimenti nella scorsa primavera, quando ha costituito un gruppo politico per studiare l’argomento e per quest’anno, si spera di trovare alloggi temporanei per circa 900 barboni. Il giapponese della strada è completamente indifferente al problema; alcuni credono che i senza casa vivono così perché gli piace e sono totalmente contrari alla realizzazione di questi alloggi per i barboni. A parte gli sforzi delle municipalità, il peso degli aiuti è in gran parte sulle spalle dei volontari, spesso associazioni religiose, che distribuiscono cibo e d’inverno fanno ronde notturne per accertarsi delle condizioni dei senza tetto. La maggior parte di questi poveri GIAPPONESI SENZA CASA mangiano il pasto offerto si comporta bene, trascorre il giorno dai volontari in un parco centrale di Tokyo. tranquillamente negli accampamenti, qualcuno beve, mentre Matsushita scrive saggi to, voi non sapete nulla. Se i politici dovessero e poesie haiku. commettere degli errori, potrebbero cadere Le baracche sono spesso in ordine ed è co- molto più in basso di noi”.

CIRCA 3.000 STUDENTI GIAPPONESI DI ECONOMIA HANNO PRESO PARTE AD UN RADUNO A TOKYO per lanciare la loro campagna di ricerca di un lavoro. Il tasso di disoccupazione in Giappone è piuttosto alto e sottolinea lo sforzo dell’economia di riprendersi dalla peggiore recessione che ha colpito il paese negli ultimi decenni.


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