DNT n° 90/2000 by Cilenti/Nickles-Special: The Traveller- Guatemala

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TRAVEL LER

I Maya, un popolo antico che vive nel 2000 Tradizione, lingua, storia, ora anche una Regina per i Maya...

su maschere e costumi cerimoniali. ....la vita è suono: l’armoniosa cacofonia degli uccelli, i click delle macchine fotografiche, la musica di sei marimbe e i dialetti, si sovrappongono nell’aria della piazza antistante la cattedrale coloniale di Cobàn. ...alla fine, la vita è il colore e il suono di un sorriso

La ceremonia, la festa, si svolge a Cobàn, 220 km a nord di Citta del Guatemala. E qui, nel centro di Cobàn... ...la vita è colore, profumo di frutti e fiori, paesaggi e disegni visti e rivisti in natura e ora fissati nel tempo e nello spazio Italiano

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’ultima apporto del Guatemala all’industria del turismo globale ha l’aspetto di un romanzo di Hemingway...con tutta la passione e il folclore che circonda l’elezione della Rabin Ajau, la figlia del Re dei Maya. La cerimonia, la festa, si svolge a Cobán, 220 km a nord di Cittá del Guatemala. Arrivarci è metà del divertimento! Non c’è un volo diretto dall’Europa per il Guatemala...ma questo mondo magico è facilmente raggiungibile con uno scalo negli USA o in Messico. Non è un’impresa troppo difficile, paragonata alle vicissitudini dei primi viaggiatori - avventurieri, esploratori, archeologi, fotografi - che per primi avevano raggiunto la foresta pluviale di El Petén e i templi Maya di Tikal, conosciuto anche come il “Luogo delle Voci”. Solo dal 1970 è stato possibile arrivare a Tikal da Cittá del Guatemala in auto (oggi anche in aereo). Cominciare ad immergersi nella cultura Maya, che si irradia dallo Yucatan in Messico e Belize, a Guatemala, El Salvador e Honduras, era ed è ancora un’avventura. “Noi stiamo collaborando con gli altri paesi dell’America Centrale per promuovere il ‘Mondo Maya’, spiega Juan Francisco Callejas, ex direttore dell’Inguat Istituto Guatemalteco del Turismo. Estremamente interessato all’ecoturismo, Callejas ha aggiunto: “ ‘La Ruta Maya’ è un ambizioso progetto teso a preservare la nostra cultura e l’eredità storica e ambientale”. Questo progetto “supererebbe i confini nazionali per unire le cinque nazioni che si dividono l’eredità Maya”, secondo un articolo del National Geographic del 1989. Un elemento chiave è “una via di 2.500 km che colleghi i siti Maya e che consenta ai visitatori di accedere alle zone più isolate”. Il mondo Maya è veramente lontano da noi, di origini diverse, un mondo al cui interno si perde la percezione del tempo. Le 21 tribù Maya rimangono culturalmente distinte, hanno conservato i loro dialetti, i rituali cerimoniali e l’abbigliamento. “La festa della Rabin Ajau è un incontro delle molteplici identità culturali del Guatemala”, ha commentato Marco Aurelio Alonso, presidente del Comitato del Festival Popolare a Cobán. “È nostro interesse promuovere e conservare queste manifestazioni e tradizioni. L’entusiasmo per la festa cresce ogni anno”. Tutti sono i benvenuti a Cobán. La festa che circonda l’elezione della Rabin Ajau è intensamente intima - con il suo misticismo e simbolismo, ma è, nonostante tutto, una festa “della gente”. Il Tempo, quando si parla con chi è coinvolto nel turismo, è...prima e dopo la “Conquista” da parte degli spagnoli, oltre 400 anni fa, come si vede nelle maschere dei danzatori che nella grande piazza si muovono al ritmo delle marimbe. Il mondo degli antichi Maya è scomparso, ma i loro discendenti - oggi oltre il 50% della popolazione del Guatemala e che indossano i classici abbigliamenti dei loro progenitori - hanno conservato molte delle antiche usanze, mescolando nelle loro preghiere spunti pagani e cristiani, accostando i nomi dei loro antichi dei a quelli dei santi della Chiesa Cattolica. Qui, nel centro di Cobán... ...la vita è colore, profumo di frutti e fiori, paesaggi e disegni visti e rivisti in natura e ora fissati nel tempo e nello spazio su maschere e costumi cerimoniali. ....la vita è suono: l’armoniosa cacofonia degli uccelli, i click delle macchine fotografiche, la musica di sei marimbe e i dialetti, si sovrappongono nell’aria della piazza antistante la cattedrale coloniale di Cobán. ...alla fine, la vita è il colore e il suono di un sorriso. Dal mattino presto, “in piazza”, cinque differenti gruppi danzano il tradizionale Paabanc

MERCEDES GARCIA MARROQUIN, (a destra) Rabin Ajau 2000-2001, abbracciata da Sonia Marina Gutierrez Raguay, Rabin Ajau 1999-2000. La Marroquin ha detto: “Il Guatemala è l’arcobaleno dell’America. Ci sono popoli diversi nel nostro paese, ma ognuno ha una sua identità e un suo ruolo nella storia”.

Texts by Joan Nickles Photos by Domenico Cilenti

English al suono incessante delle marimbe. La piazza di Cobán sembra un grande circo a più piste...ritmi e melodie si mescolano e si sfumano tra la folla come in un film. Nella via principale del centro, applausi spontanei accolgono un gruppo di giovani ballerini di Senahù vestiti con divise militari dell’inizio del XX secolo, mentre un altro gruppo con indosso maschere da conquistadores spagnoli dall’aspetto un po’ comico, si muove al suono di altri ritmi e melodie. E lì...un uomo seduto su una sedia improvvisata, legge il quotidiano “Prensa Libre” mentre gli puliscono le scarpe completamentamente dimentico della festa che lo circonda, intanto un ragazzino addenta il suo zucchero filato dopo aver tolto il rivestimento di plastica, mentre al centro della piazza, nell’unico negozio fotografico di Cobán, giovani ragazze accolgono tutti con smaglianti sorrisi durante quello che è il loro più intenso giorno lavorativo dell’anno. Sono 87 le giovani donne che aspirano a diventare Rabin Ajau, e la folla raccolta cerca di toccarle mentre passano per la Calle Minerva. In un altro punto della piazza “Prezzi buoni, prezzi buoni” è l’inizio del baratto dei prodotti artigianali. Mercanteggiare richiede pochi minuti, mentre rimane un altro giorno e un’altra notte di festeggiamenti prima che la nuova Rabin Ajau sia eletta. Così, si scende dalla collina alla destra della Cattedrale verso Casa d’Acuna, per un gustoso pranzo in giardino. Poi si passa a visitare il Vivèro Verapaz, una piantagione di orchidee a diversi chilometri da Cobán, ad Alta Verapaz. Il cortesissimo Juan Flores cura oltre 40.000 piante di orchidea - una vera miniera d’oro, si potrebbe dire, ad eccezione del fatto che non sono in vendita. Juan, che si aggira per la piantagione sempre seguito dal suo cane Negra, si lagna della scarsità della “chipi chipi”, la leggera pioggia necessaria per le sue orchidee: la fragrante Lycaste amarilla gialla che cresce dall’alto in basso, l’Encyclia cochleata di un cupo rosso porpora, la minuscola Phecemia, il cui piccolissimo fiore ha bisogo di sei anni per crescere. Juan sostiene che novembre e dicembre sono i mesi migliori per la fioritura delle orchidee. A due km di facile trekking da Cobán, la segue a pagina IV

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uatemala’s latest addition to the global tourist industry has the makings of a Hemingway novel... what with all the passion and folklore surrounding the election of the Rabin Ajau, the daughter of the Mayan king. The location for this Fiesta: Cobán, 220 km north of Ciudad de Guatemala. Getting there is half the fun! There’s no direct flight from Europe to Guatemala... but this magical world is easily reached with a stopover in the States or in Mexico. It’s not so arduous an undertaking compared to the exploits of early travellers – adventurers, explorers, archaeologists, photographers - who first journeyed to the El Petén rainforest and the Mayan temples at Tikal, also known as the “Place of the Voices”. It has always been and still is an adventure, but only since 1970 has it been possible to travel by car (and today by plane) from Guatemala City to Tikal, for instance, and begin immerging oneself in the Mayan culture that extends from the Yucatan in Mexico and Belize to Guatemala, El Salvador and Honduras. “We are working together with other countries in Central America to promote the ‘Mundo Maya’,” noted Dott. Juan Francisco Callejas, former director of Inguat – Instituto Guatemalteco de Turismo. Extremely interested in ecotourism in Guatemala, Callejas added, “’La Ruta Maya’ is an ambitious project to preserve our cultural, historical and environmental heritage.” This on-going project “would transcend political borders to unite five nations with a shared Maya heritage,” according to the National Geographic report in 1989. A key element is “a 1,500-mile route connecting Maya sites and providing visitors with access to remote areas.” The Mayan world is indeed separate, of other origins, and without a feeling for time. The 21 Mayan groups remain culturally distinct, preserving their dialect, ceremonial rituals and dress. “The Rabin Ajau Festival is an encounter of the multiple cultural identities of Guatemala,” commented Marco Aurelio Alonso, president of the Folklore Festival Committee in Cobán. “Our interest is to promote and preserve these manifestations and traditions. Each year enthusiasm grows for the festival.” All are welcomed at Cobán. The Festival surrounding the election of the Rabin Ajau is

passionately intimate – with its mysticism and symbols, but it is, nevertheless, a “public” festival. Time, even when speaking with those involved in tourism, is... before and after “la Conquista” by the Spanish conquistadores over 400 years ago as seen in the masked figures dancing to the rhythmic marimbas in the openair square. The ancient Mayan world has disappeared, but their descendants – today numbering over 50 percent of the population in Guatemala and bearing the classic features of their forefathers - have preserved most of their ancient customs, blending the pagan and Christian worlds so well that in their prayers they name the ancient gods alongside the saints of the Catholic church. Here in the center of Cobán... .... life is color, emanating from flowers and fruit, landscape and patterns seen over and over again in nature and now fixed in time and space into patterns on ceremonial costumes and masks. .... life is sound: the harmonious cacophony of birds, the clicks of photographic cameras, the music of six marimbas and dialects filling the open-air square in front of Cobán’s colonial cathedral. .... life is ultimately the color and sound of a smile. From early morning in the “plaza” five different groups dance the traditional Paabanc to the continuous sounds of the marimbas. Like a 3-ring festival in Cobán’s square... melodies and rhythms blend in then fade as one moves through the crowd. Downtown on the main thoroughfare, spontaneous applause breaks out for a young group of dancers from Senahù dressed in military costumes and masks of the early 20th century while another group bearing masks with insipid looks of the Spanish conquistadores moves to another rhythm and melody. And there... a man sits in an improvised chair reading the daily “Prensa Libre” while having a shoe shine – quite oblivious to the festival air surrounding him while a little boy bites into his sticky cotton candy after peeling off the neatly wrapped plastic while in the center of the square young girls in the only camera shop in Cobán accommodate everyone with refreshing smiles on their busiest day of the year. To the 87 young women aspiring to become Rabin Ajau, the crowds reach out trying to touch them as they arrive along the Calle Minerva. On the other side of the square, “Good price, good price” is the beginning of the bartering for handicrafts. Bartering requires only minutes, while another day and night of festicontinued on page IV




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Guatemala, l’ar “Noi siamo i Maya. Noi non apparteniamo ad altre culture. È la nostra identità, il nostro linguaggio, i nostri costumi. Noi siamo i Maya. I Maya vivono in noi”.

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a festa della Rabin Ajau è passato, presente e futuro. “Noi siamo i Maya”, commenta orgogliosamente una giovane finalista. “Noi non apparteniamo ad altre culture. È la nostra identità, il nostro linguaggio, i nostri costumi. Noi siamo i Maya. I Maya vivono in noi”. La festa, comunque, è solo la punta dell’iceberg. Tantissime le cose nascoste sotto la superficie, che costringono i visitatori a “scavare” nella storia dei Maya. Come William R. Coe scriveva oltre dieci anni fa, “servirebbero oltre 20 anni di duro lavoro solo per studiare in maniera soddisfacente le costruzioni situate sulla superficie che copre il centro di Tikal, e un secolo per capire cosa nascondano”. Quindi, risparmiate il tempo - lasciatevi trasportare dalla fantasia di altri, come Frederick Catherwood e John L. Stephens, i cui disegni e scritti nell’800 furono sufficienti a stimolare l’immaginazione di viaggiatori avventurosi: “Abbiamo vissuto nei palazzi in rovina dei loro re; siamo saliti sui loro templi abbandonati e sugli altari caduti; e ovunque ci muovessimo vedevamo le testimonianze del loro gusto, della loro abilità nelle arti, della loro ricchezza e del loro potere. In mezzo alla desolazione e alle rovine, guardavamo indietro nel passato, senza la cupa foresta, e abbiamo immaginato che tutti gli edifici fossero perfetti, con le loro terrazze e piramidi, con le loro sculture e i loro affreschi, grandi, superbi, imponenti...”. Stephens non andò mai a Tikal, nella foresta pluviale di Petén nel nord del Guatemala, ma questo paesaggio è esattamente

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“We are the Mayans. We do not belong to another culture. It is our identity, our language, our customs. We are the living. We are the Mayans.”

he Rabin Ajau festival is the past, present and future. “We are the Mayans,” one of the young finalists proudly commented. “We do not belong to another culture. It is our identity, our language, our customs. We are the living. We are the Mayans.” The festival is, however, only the tip of the iceberg. So much more lies beneath the surface, forcing each and every visitor into “excavating” into the Mayan story. As William R. Coe wrote over a decade ago, it would easily require “20 more years of heavy work to investigate satisfactorily all the mapped surface-situated construction covering central Tikal alone, and a century or so to know what these features overlie.” Therefore, save time - do let yourself be transported by the fanciful imagination of others, such as Frederick Catherwood and John L. Stephens whose drawings and writings in the 1800s were enough to whet the fancy of adventurous travelers: “We lived in the ruined palace of their kings; we went up to their desolate temples and fallen altars; and wherever we moved we saw the evidences of their taste, their skill in arts, their wealth and power. In the midst of desolation and ruin we looked back to the past, cleared away the gloomy forest, and fancied every building perfect, with its terraces and pyramids, its sculptured and painted ornaments, grand, lofty, and imposing...” Stephens never traveled to Tikal in the northern Petén rainforest of Guatemala, but after reading that passage, that is precisely what I saw when I beheld what is popularly known as the Temple of the Giant Jaguar in the Great Square of Tikal, known to ancients as the “Place of the Voices”, once home to about 100,000 inhabitants. Mayans did, indeed, believe they were reconstructing nature through their monuments. The terraced pyramid of the Giant Jaguar (Temple I), imposing as a mountain, juts straight into the sky with its height of 44 meters overlooking the surrounding rainforest and the ceremonial heart of ancient Tikal.


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rcobaleno dell’America quel che ho visto quando mi sono trovata davanti a ciò che è conosciuto come il Tempio del Grande Giaguaro, nella Grande Piazza di Tikal, nota agli antichi come il “Luogo delle Voci”, che una volta era popolato da 100.000 abitanti. I Maya, in verità, intendevano riprodurre la natura attraverso i loro monumenti. La piramide a terrazze del tempio del Grande Giaguaro, imponente come una montagna, punta contro il cielo i suoi 44 metri d’altezza, gettando un fantastico colpo d’occhio sulla foresta circostante e il cuore cerimoniale dell’antica Tikal. Infatti, l’unicità di Tikal, rispetto ai maggiori siti archeologici Maya, come Chichén Itzà, Uxmal e Copàn, è che è nascosta nel cuore della giungla. E il passaggio da un complesso di edifici ad un altro, è nel folto della foresta. Questa sua inaccessibilità e la scarsità di sicure sorgenti d’acqua ha reso difficili le opere di scavo; e così, la foresta nasconde “questa spettacolare città”....documentata e resa nota al mondo nella seconda metà del XIX secolo da fotografi-esploratori, come il francese Désiré Charnay, e avventurieri-viaggiatori-archeologi come Alfred Maudslay e Teobert Maler. La piramide del Grande Giaguaro, il re Maya Ah Cacau, il 26° successore di Yax Moch Xoc (il primo re Maya), non può essere scalata per la sua pericolosità, che ha causato la morte di due persone in seguito alla loro caduta. Ma la vista da lassù è davvero magnifica. Non meno spettacolare, comunque, è quella dalla cima del tempio di fronte al Grande Giaguaro, il Tempio II, meglio conosciuto come il Tempio delle Maschere, alto 38 metri. Se la salita sembra abbastanza facile, la discesa è qualcosa di veramente duro..se persino gli escursionisti più esperti appoggiano il corpo alla piramide mentre discendono un passo alla volta. Durante l’antica civiltà Maya, molti di quelli che salivano fin lassù non ne discendevano...i conquistadores spagnoli rimasero inorriditi dallo spettacolo del sacrificio umano praticato dalle popolazioni centroamericane in questi templi (cerimoniali). In quello che si riferisce alla Grande Piazza come Quadrante 5-D-Tempio 33, ci sono molte “maschere” da ammirare. Non bisogna sentirsi frustrati, disperati...o qualcosa del genere, se all’inizio non si “vedono” queste maschere. Ci vuole almeno un giorno prima che l’occhio si abitui a cercare certi simboli e li individui nei templi. Come scrisse Tatiana Proskouriakoff nel 1946 in “An Album of Maya Architecture”, non è possibile interpretare ed identificare

definitivamente quello che è una maschera, “il motitivo decorativo preferito in tutti i successivi stili Maya. Il significato delle maschere è oscuro, e nella loro varietà mostrano una gamma di immagini umane e animali in cui è difficile districarsi. Se ad un certo punto scopriamo un significato nei loro complessi attributi, non possiamo mai essere sicuri che fosse il significato inteso dall’artista”. Il Tempio IV (o tempio del serpente a due teste) con i suoi 70 metri è, di gran lunga, non solo il più alto edificio religioso di Tikal, ma è anche più alto di qualsiasi altra costruzione dell’America precolombiana. È interessante notare che il Tempio III, conosciuto come il Tempio del Sacerdote Giaguaro, e le altre strutture religiose estremamente conservatrici, “riservava i suoi riti segreti e le conoscenze scientifiche per il privilegio di quei pochi che venivano istruiti ai suoi misteri”, secondo Tatiana Proskouriakoff, che continua, “I templi proibiti sembrano esprimere l’esaltato distacco della casta sacerdotale che governava questa grande città”. La Piazza Grande è a circa 15 minuti a piedi dal Museo dove una targa ricorda la collaborazione della Spagna

nel restauro del Tempio I nella Piazza Grande; l’archeologo guatemalteco Jacinto Rosado Lanza ci ha detto che sono stati necessari tre anni di scavi per riportare alla luce il Tempio del Grande Giaguaro e due anni per restaurarlo. Un’altra targa indica la data della scoperta di Tikal: 26 febbraio 1848. Il Museo Litico (litico significa:...di pietra) è aperto dalle 8 alle 16 tutti i giorni, tranne il sabato e la domenica quando chiude alle 15. Il direttore del Museo, Sebastian Lopez Nolasco, ha detto che sono in via di realizzazione i progetti per un ampliamento del complesso, che include un negozio di souvenir, libri, materiale fotografico, bar e, ovviamente, i bagni. Da Tikal e le sue 4.000 case, palazzi, templi, piramidi, campi da gioco e saune, con 25 km in fuoristrada attraverso la giungla si raggiunge Uaxactùn, anticamente rivale politica e militare di Tikal durante il periodo pre-classico. Arrivare a Uaxaxtùn consente l’avventurosa esperienza di visitare un ampio complesso di templi “seppelliti” nella densa foresta tropicale...simile all’eccitazione provata dagli

archeologi quando si imbatterono in queste rovine. Solo circa 5.000 visitatori all’anno si recano a Uaxactùn, dove è stata scoperta la più antica stele della civiltà Maya. Questi templi, come tutte le strutture Maya, erano parte di un osservatorio astronomico...costruito per indicare le fasi lunari, l’eclisse di Venere e il ritmo delle eclissi in generale, l’anno solare, e così via...Le strutture architettoniche dei Maya erano così precise - realizzate senza l’uso di metalli o di animali da soma - che le porte e le finestre erano usate per le osservazioni astronomiche. Il disegno astronomico è sempre presente nella architettura Maya, come la scelta del posto giusto, per accentuarne e usarne i poteri ancestrali. Questo aspetto era sfruttato anche di più quando i Maya costruivano e ricostruivano più e più volte sui templi esistenti, in modo di usare il potere dei loro avi. Nel piccolo villaggio di Uaxactùn in prossimità delle rovine (poche case attorno ad una piazza una volta usata come pista d’atterraggio), abbiamo incontrato 3 deliziosi bambini che ci hanno accompagnato nelle nostre visite: Josè Hacher, Silvia ed Estreeta. Se non fosse stato per loro avremmo perso una delle più importanti attrazioni del villaggio: la rara collezione di ceramiche appartenente al dottor Juan Antonio Valdes.

Un nuovo millennio per i Maya dopo il Grande Ciclo di 5.200 anni “Adoratori del Tempo”? A volte è attribuito alla civiltà Maya “il culto della stele”, dovuto al fatto che erigevano e scolpivano le steli ad intervalli regolari - di solito ogni 5 anni. La Stele E scoperta nelle rovine Maya di Quiriguà, nel Guatemala orientale, vicino ai Caraibi, misura 8 metri fuori dal terreno e circa 3 interrati, per un peso di 60 tonnellate. Eretta nel 771 d.C., è la più grande scultura Maya che conosciamo nel Centro America. Davanti e dietro è incisa un’immagine a grandezza naturale di un re con indosso una maschera di giaguaro a simboleggiare il sole della notte, con cui il re si identificava. L’antico calendario Maya è, sotto certi aspetti, più preciso del nostro calendario gregoriano. Così, dopo tutti i preparativi fatti per entrare nel nuovo millennio, dovremmo prepararci per il 23 dicembre del 2012 e la fine del ciclo Maya di 5.200 anni, quando terminerà il periodo Katun di 20 anni, che coincide con la fine del periodo Baktun 13 di 400 anni. segue a pagina V

In fact, the uniqueness of Tikal, when compared to the major archaeological sites of the Maya, such as Chichén Itzà, Uxmal and Copàn, is the fact that it lies in the heart of the jungle. And from one building complex to another, the passage is by way of the thick rainforest. Its inaccessibility and lack of a dependable source of water has rendered excavating difficult; and so, the forest conceals “this spectacular city”... documented and made known to the world in the second half of the 19th century by photographer-explorers, such as the Frenchman Désiré Charnay, and “adventurers-travelers-archaeologists”, such as Alfred Maudslay and Teobert Maler The pyramid of the Giant Jaguar, the Mayan king Ah Cacau, the 26th in line from Yax Moch Xoc (the first Mayan king), can no longer be climbed because it is dangerous, and to date two people have fallen to their deaths. But they say the view from up there is magnificent! No less spectacular, however, is the view from the Temple directly facing the Giant Jaguar, Temple II otherwise known as the Temple of Masks rising to the height of 38 meters. While it appears simple enough to climb up, the descent is something else entirely... even trekkers with visibly good leg muscles lean their bodies into the pyramid as they descend one step at a time. During the ancient Maya civilization, many who went up never came back down... the Spanish conquistadores were horrified by the spectacle of human sacrifice practiced by the people of Mesoamerica in these ceremonial temples. In what is referred to in the Great Plaza as Quadrante 5-DTemple 33, there are many “masks” to be viewed. Don’t feel inadequate, desperate... or anything of the sort, if at first you don’t “see” these masks. It takes at least one day before one’s “eye” becomes trained to look for certain symbols and markings in relief on the temples. As Tatiana Proskouriakoff wrote back in 1946 in “An Album of Maya Architecture”, that what cannot be interpreted and identified definitively is referred to as a mask, “the favorite motif of decoration in all subsequent Maya styles. The significance of masks is obscure, and in their variations they exhibit a gamut of human and animal features which is difficult to unravel. Even if in time we discover a meaning in their complicating attributes, we can never be sure that this meaning was intended by the artist.” Temple IV (or the Temple of the two-headed serpent) is, by far, not only the tallest religious architecture in Tikal with its 70 meters, but stands higher than any building known in Precolumbian America. It is interesting to note that Temple III, known as the Temple of the Jaguar Priest, and the other extremely conservative religious structures “reserved its secret rites and sciences for the privileged few who were instructed in its mysteries,” according to Tatiana Proskouriakoff, who continues, “The forbidding temples seem to express the exalted aloofness of the priesthood that ruled this great city.” The Great Plaza is about 15 minutes by foot from the Museum where a plaque commemorates the colloraboration of Spain in restoring Temple I in the Great Plaza; the Gualtemaltecan archaeologist Jacinto Rosado Lanza told us that three years were involved in excavating the Temple of the Giant Jaguar and two years in restoration. Another plaque dates the discovery of Tikal: February 26, 1848. The Museum Litico (“litico” meaning stone) is open from 8 to 4 daily, with closing time at 3 on Saturdays and Sundays. Sebastian Lopez Nolasco,

Director of the Museum, indicated that plans are underway for enlarging the complex which includes a shop for souvenirs, film, books, soft drinks, and of course, bathrooms. From Tikal with its 4,000 houses, palaces, temples, pyramids, ball courts and saunas, it’s a short 25 kilometer 4-wheel drive through the jungle north to Uaxactùn, originally the political and military rival to Tikal during the pre-classic period. Arriving at Uaxactùn offers an adventurous experience of visiting a large complex of temples “buried” in the dense, tropical forests... similar to the excitement felt by archaeologists when stumbling upon these ruins. Only about 5,000 visitors a year travel to Uaxactùn where the earliest stelae of the Mayan civilization have been discovered. These temples, like all Maya structures, were part of an astronomical observatory... constructed so as to indicate the cycle of the moon, the eclipse of Venus and rhythm of eclipses in general, the solar year, and so forth... Architectural structures of the Maya were so precise – accomplished without the use of metals and animals of burden - that doors and windows alone were used for astronomical observations. As an astronomical design is always present in Mayan architecture, so also the choice of the right place so as to enhance and use one’s ancestral powers. This aspect was exploited even more as the Maya constructed and reconstructed again and again on existing temples, in such a way as to use the power of their ancestors. In the tiny village of Uaxactùn nearby the ruins (a few houses surrounding an open square once used as a landing strip) we found three lovely children who accompanied us on our travels: Josè Hacher, Silvia and Estreeta. Were it not for them, we might have missed one of the more important attractions in the village, that being, seeing the rare collection of pottery belonging to Dr. Juan Antonio Valdes.

Coming up - a new millennium for the Maya after the Grand Cycle of 5,200 years “Time worshipers”? Sometimes the Mayan civilization is referred to as a “stela cult”, due to the fact that they erected their carved stelae at regular intervals – usually every five years. Stela E discovered

in the Mayan ruins of Quiriguà in e a s t e r n Guatemala near the Caribbean, measures 8 meters above ground and approximately 3 below and weighs 60,000 kg. Erected in 771 A.D., it is the largest known Maya sculpture in c e n t r a l America. On the front and back is carved a full-length portrait of a king wearing a jaguar mask symbolizing the night sun, with which the king is identified. The ancient Mayan calendar is, in certain aspects, more precise than our Gregorian calendar. So after all the preparations made to bring in the new millennium, how should we prepare for December 23 in 2012 and the end of the Mayan cycle of 5,200 years as the Katun period of 20 years will end, coinciding with the end of Baktun 13 of 400 years.

Exploring a lost world while enjoying the very modern Caribbean But let’s return to the past, precisely in 1840 and Stephens, who was so stricken by the monuments of Quiriguà, that he wrote: “Of one thing there is no doubt: here, once upon a time there was a grand city whose name is lost and whose history is unknown...For centuries it has been completely buried as if lying beneath the lava of Vesuvius.” Stephens lamented that travelers passed as close as three hours walking distance to Quiriguà (completely surrounded by banana plantations in eastern Guatemala), without knowing of its existence... a rarity today as Quiriguà has been declared a World Heritage Cultural Site by UNESCO. This area is opening up more and more to a very refined tourism with new attractions in and around Puerto Barrios on the Caribbean, with visits to the archaeological sites at Quiriguà nearby, Tikal (approximately 250 kilometers to the north), and Copàn in Honduras – some 13 kilometers from the Guatemalan border in the south), to Lake Izabal (Guatemala’s largest lake), the Rìo Dulce and the river’s delights: the ancient Spanish fortress El Castillo de San Felipe or the incredible waterfall of hot water immersed in the jungle at Finca El Paraìso, and, of course, the very Caribbean port town of Livingston inhabited by four predominant groups: black Gualtemaltechans who speak both Spanish and their own language “garifuna”, the Maya Kekchi, the Ladinos, and a small population of Europeans – mostly

Germans, French and Italians. In the center of Livingston, stop at Bahìa Azul restaurant where you can “see” and “hear” a performance of live garifuna music: young girls dancing the “punta” with their feet almost always touching the ground, but in constant movement to the pulsating and rhythmic melodies created by a small orchestra of tamburines, a tartaruga shell, maracas, bongos and dried coconuts. Discriminating tourists... and investors (tour operators & others) are beginning to seek out these unexploited places. As at the Amatique Bay Resort & Marina, hospitality is extremely relaxed and genuine. The ambience is right: the Caribbean with its lush vegetation and fruit plantations... private guarded entrance by land and sea and immediate connection with the world. Reaching out to all of Guatemala and beyond are the telephone signals emanating from the optic fibers (installed by the Spanish telephone company) in the Bahìa. Only 300 kilometers by car from Guatemala City, Puerto Barrios reaches out to all of Guatemala with daily 45-minute flights to the Capital. All too soon it will be undoubtedly even more convenient for world travelers due to daily international flights to Puerto Barrios and also due to the importance of the Marina at Amatique Bay in the Caribbean. The newly constructed eco-conscious Amatique Bay Resort & Marina is an attraction as “a way of life”: electric “carts” or a leisurely stroll will get you everywhere around the grounds as autos remain parked at the private entrance to the resort grounds; another way to get around is on horseback to see the 400 acre-property of palm trees, fruit plantations (from papaya to bananas) and vegetables (from avocados to delicious tomatoes); then, there’s the Caribbean and sailing where dry storage for small sailboats is available or the marina with a capacity for 180 yachts of up to 60 feet in length... or sit back and take a private boat for excursions along the coast to nearby Livingston (only 25 minutes to the north), to Punta Gorda in Belize or to Honduras, only a short distance to the South, or simply glide in a kayak up the 5-kilometer Rio Pichilingo that runs through the Resort, and on weekends enjoy scuba diving courses. The problem is... the days available are too few. After visiting Quiriguà, Lake Izabal, Livingston, and all that Guatemala has to offer... do set aside at least one full day to enjoy the extensive and lush pool area overlooking a sandy beach where a short walk, especially if accompanied by the Amatique Resort’s PR man, continued on page V


Nessun luogo meglio di Chichicastenango (90 km da Antigua), una delle più grandi città mercato di tutto il Guatemala, può essere testimone della fusione fra credenze Maya, Cristianesimo e Sciamanismo. La chiesa di San Tomàs, nel centro di “Chichi”, è una chiesa cattolica i cui rituali sono a volte più Maya che cattolici.


Today Mayan interpretations of Catholicism are a fascinating mixture of shamanism, animism and Christian rituals. But Guatemala is as modern as any other country. It’s in motion. New roads and highways, hotels, commercial centers are under construction and all-too-familiar billboard ads line the highways: Coca Cola, Firestone, Pepsi Cola, Texaco, Johnny Walker, Adidas, McDonald’s, Shell... But with something other countries don’t have, as in the billboard ad along the highway which says, “Jesus Cristo. La esperanza de Guatemala”. The paradoxes of this central American country is part and parcel of her great attraction.


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piantagione offre la possibilità di affittare un appartamento (fino a 4 posti letto con bagno e soggiorno) all’interno della zona coltivata: il telefono o il fax di Juan Flores è 502 952 1133, ma si può prenotare anche chiamando il Café El Tirol a Cobán il cui telefono è 502 951 4042. Al Cafè El Tirol si possono ritrovare gli amici quando ci si perde di vista in qualche punto della piazza. Lì si serve anche un buon cappuccino, dolci e sandwiches così da ritrovare le energie per arrivare alle otto di sera. Si potrà così continuare la festa con la veglia per il santo patrono di Cobán, l’Eremita di San Domenico di Guzman, nella cappella a lui dedicata, che si trova 150 metri ad ovest dagli scalini che conducono alla chiesa chiamata El Calvario. Lampioni illuminano gli scintillanti copricapi che ondeggiano al suono della marimba. Come mummie avvolte in teli bianchi - questa volta senza maschere mentre sono all’interno della Cappella - animate da bambini vestiti con pantaloncini multicolori e calze bianche.

Tutti i costumi sono adornati di piccoli specchi. Forse uno scherzo ai conquistadores, che con “gli specchi” vedevano solo la loro cupidigia per l’oro. Nella Cappella dedicata al santo di Cobán, le candele illuminano le 56 maschere di uomini e animali disseminate sul pavimento- con i volti dipinti di rosso, nero e bianco - mentre l’incenso si diffonde nell’aria e sette vecchi uomini col viso segnato da profonde rughe, guidano i Maya nella recita. Le parole e le passioni rimangono un mistero...impregnato di misticismo e antiche tradizioni culturali...nella bocca delle maschere viene messo del tabacco in modo che nessuna cattiva Rabin Ajau possa passare. È importante scegliere la giusta Rabin Ajau, come confermato nei giorni seguenti dal giornale “Prensa Libre”:“Verdavera fiesta de paz en Cobán”...Una vera festa per la pace quella di Cobán - uniti nella diversità era il messaggio. La festa è ora al suo ultimo giorno ed è al culmine dell’eccitazione. Un pranzo a base di tacchino selvatico in brodo di spezie con riso - un dono del sindaco di Cobán e del governatore della regione che parlano sia in spagnolo che in dialetto alle 87 aspiranti Rabin Ajau, abbigliate nei loro splendidi costumi tradizionali. Sonia Marina Gutierrez Raguay, 19 anni, Rabin Ajau in carica, originaria di Palin in Escuintla, indossa il suo costume tradizionale e la corona d’argento, simbolo di nobiltà. Il disegno della corona, decorata con pezzi di giada provenienti da ritrovamenti archeologici, è ispirato a quello che si conosce dell’attuale ornamento del Re dei Maya, come le piume verdiblu dell’uccello Quetzal, simbolo nazionale del Guatemala. La Rabin Ajau porta uno scettro d’argento disegnato come la “monja blanca”. Questa rara orchidea, che rappresenta la purezza della regina dei Maya, è il fiore nazionale del Guatemala. Il pranzo ha permesso anche di incontrare la molto moderna regina di bellezza Senorita Cobán 2000-2001, Astrid Johanna Lemus Peralta di Alta Verapaz. Tutto esaurito la sera dell’elezione della Rabin Ajau e dell’interpretazione della “Genesi” del corpo di ballo dell’Inguat, tratta dalle tradizioni del Popol-Vuh, il libro sacro del popolo Quiché, discendenti del popolo Maya. Ogni giovane donna aspirante al titolo di Rabin Ajau è introdotta dando grande importanza ai nomi dei suoi genitori e della sua regione - una vera eccezione, rispet-

to alle sfilate internazionali. Le dieci finaliste vengono annunciate e vengono poste loro le domande finali. Domande profonde e difficili, come: Cosa faresti per diffondere la cultura guatemalteca presso la popolazione? Cosa faresti per rafforzare il processo di pace? Come trasformeresti l’educazione a beneficio di tutti noi? Cosa faresti per dare più forza ai valori culturali? Cosa pensi del riconoscimento della nazione Maya? Cosa significa essere Rabin Ajau? Qual’è il tuo messaggio alle tribù Maya per l’unificazione e la cessazione delle discriminazioni? Quali provvedimenti dovrebbe prendere il governo per rafforzare la posizione delle donne? Se tu diventassi la Rabin Ajau, cosa faresti per le donne Maya? Cosa pensi del ruolo delle donne nell’ambito dell’amministrazione locale, regionale e nazionale?

Tutte le concorrenti rispondono in spagnolo, alcune anche nel proprio dialetto. Un evento unico, in cui ogni finalista è vincitrice fino a quando Sonia Marina Gutierrez Raguay si toglie la corona, la bacia con reverenza per tutto ciò che significa e la pone sulla testa della nuova regina dei Maya: Mercedes Garcia Marroquin, 20 anni, di Comitancillo, San Marcos, che dice: “Il Guatemala è l’arcobaleno dell’America. Ci sono popoli diversi nel nostro paese, ma ognuno ha una sua identità e un suo ruolo nella storia”. Le ultime parole della Raguay al momento di cedere la corona di regina sono rivolte ad unire le forze del popolo Maya in Guatemala: “Dalle emozioni delle nostre sorelle, noi creiamo radici e conserviamo le memorie per legare insieme queste radici. In questo modo la nostra cultura Maya è rimasta viva”.

remain before the new Rabin Ajau is elected. So we head down the hill to the right of the Cathedral to Casa d’Acuna for a savory garden lunch, then off we go to visit Vivèro Verapaz, the orchid plantation several kilometers on the old highway from Cobán in Alta Verapaz. The very gentle soft-spoken Juan Flores cares for over 40,000 orchid plants – a real gold mine, one might say, except for the fact that nothing is for sale. Juan, who is always passionately followed around the grounds by his dog called Negra, complains that there has been too little “chipi chipi”, that is, light rainfall for his orchids: the aromatic yellow Lycaste amarilla that grow upside-down, the dark purple spider-like Encyclia cochleata, the miniature Pechemia whose tiniest flower has been growing now for six years. Juan claims that November and December are the best months for the blossoming of orchids. Within a comfortable 2-kilometer trekking distance from Cobán, the plantation offers the possibility of renting a flat (for up to four persons with bath and living area) on the plantation grounds: telephone or fax Juan Flores at 502 952 1133 or telephone the Cafè El Tirol in Cobán at 502 951 4042. Cafè El Tirol is where you’ll find your friends if you’ve lost them somewhere in the square. They also serve good cappuccino, desserts and sandwiches to keep your energy high for the ongoing activities as at eight in the evening the Fiesta continues with the vigil of Cobán’s patron saint, the Hermit of Santo Domingo de Guzmán, at the Chapel dedicated to him, which is located 150 meters west of the stairs that lead to the church called El Calvario. Lamp posts illuminate the glittering headpieces moving up and down to the marimba music. Mummied-like faces covered in white cloth – this time without masks as they are now within the Chapel – animate the young children dressed in colorful knicker-length pants and white tights. Only one of the costumed figures has a red cape and scepter and only one is completely dressed in black. All the costumes are adorned with tiny reflecting mirrors. Perhaps a joke on the conquistadores, who through the “reflecting mirrors” saw only their greed for black gold. Inside the Chapel dedicated to Coban’s saint, candles light up the 56 masks of animals and men – with faces painted in red, black and white - strewn along the floor while incense fills the air and seven old men with in-depth facial wrinkles lead the Maya in recitation. The words and the passions remain a mystery... filled with mysticism and ancient cultural traditions... it was overheard that tobacco was placed in the mouth of the masks so that no evil Rabin Ajau could pass. Important is the “right” choice of a Rabin Ajau, as confirmed in the following day’s newspaper headlines in “Prensa Libre”: “Verdadera fiesta de paz en Cobán”... A true festival for peace in Cobán – unity in diversity - was the message. The Fiesta is now into its final day and at a high pitch of excitement. A lunch of wild turkey

in a spicy consomme with rice – a regional gift from the mayor of Cobán and the Governor of the region who spoke both in Spanish and in dialect to the 87 young aspirants to Rabin Ajau, dressed in their beautiful native costumes. The reigning Rabin Ajau 19 year-old Sonia Marina Gutierrez Raguay, from Palin in Escuintla, wore her native costume and silver crown, symbol of nobility. The design of the crown decorated with jade from archaeological findings was inspired from what is known of the actual adornments of the Mayan king, such as the greenblue feathers of the Quetzal bird, the national symbol of Guatemala. The Rabin Ajau carries a silver scepter designed as the “monja blanca”. This rare orchid, representing the purity of the Mayan queen, is the national flower of Guatemala. Lunch offers the additional possibility of meeting the very “modern” beauty queen and, indeed, very beautiful Senorita Cobán 20002001, Astrid Johanna Lemus Peralta from Alta Verapaz. It’s standing room only in the evening for the election of Rabin Ajau and the spatial choreography of the Inguat professional dance group’s interpretation of “Genesis”, from the traditions of the Popol-Vuh, the sacred book of the Quiché people, descendants of the Maya race. Each young woman is introduced, giving great importance to the names of her parents and region – a refreshing exception to the international catwalks. The 10 finalists are announced and final questions asked of each. Very profound and difficult questions for such young women, such as, what would you do to acquaint people with the Guatemalan culture? What advice would you give to strengthen the process of peace? How will education reform benefit all of us? What advice would you give in order to strengthen cultural values? What do you think of recognition of the Mayan nation? What is the meaning of becoming Rabin Ajau? What is your message to the Mayan tribes to unify and stop discrimination? What actions should the government take to strengthen the position of women in all respects? If you become the Rabin Ajau, what would you do for Mayan women? What do you think about the role of women in local, regional and national government? All the young women respond in Spanish, some also respond in their dialect. A unique event in which every finalist becomes a winner until Sonia Marina Gutierrez Raguay takes off her crown, reverently kisses it for all its significance and places it on the new reigning Mayan queen, 20-year-old Mercedes Garcìa Marroquin from Comitancillo, San Marcos, who said “Guatemala is the rainbow of America. There are different peoples in our country but each feels balanced to practice his own history.” The final words of Raguay upon passing on her reign as queen and unifying force of the Mayan people in Guatemala: “From the feelings of our sisters, we create roots and make memories to tie together these roots. On this occasion our Mayan culture has remained alive.”

Una cena gualtemalteca con Inguat L’Inguat prevede di investire 8 milioni di dollari per pubblicizzare le principali attrattive del paese e varie compagnie aeree che operano nel paese si sono impegnate “ad aumentare i loro servizi... con pacchetti speciali per attirare più visitatori nel paese”

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na cena di commiato a base di genuina cucina guatemalteca. Una piacevole cena ricca di colori, voci allegre e caldi sorrisi presso il “Kacao”, un ristorante in un elegante quartiere di Città del Guatemala. Un “adios” che Juan Francisco Callejas - ex direttore dell’Inguat, Istituto Guatemalteco del Turismo - ha voluto dare ai giornalisti e ai fotografi che hanno partecipato a questo viaggio alla scoperta del Guatemala. Dinamico e affascinante, Callejas ha riflettuto sulla crescita del Guatemala nell’ambito del mercato internazionale del turismo. Oggi il turismo è la seconda industria del paese dopo il caffè, il più importante prodotto nazionale guatemalteco. Callejas, consulente di marketing, è stato “prestato” al turismo in questo estremamente importante mercato dell’America Centrale. “Si, il mondo del marketing mi manca”, ha commentato Callejas riferendosi ai suoi primi sei mesi alla guida della Commissione Turismo del Guatemala. “ È difficile lavorare nel governo. Infatti, non potrei mai essere un addetto governativo. Ma voglio aiutare il mio paese in questo momento, per mettere insieme il settore

JOHANNA PINTO, Marketing Director

dell’Inguat, e Joan Nickles. pubblico, privato e gli investitori internazionali. Una delle cose più importanti che dobbiamo fare è creare un programma per incentivare gli investitori stranieri a collaborare con il governo. Il

settore privato è d’accordo con farewell dinner with genuine Guateme”. malan cuisine. A sensuous dinner of L’agenda colors, cheerful voices, warm smiles at di fine anno “Kacao”, a restaurant in the elegant section of dell’Inguat, Ciudad de Guatemala. include la An “adiòs” to journalists and photographers creazione di from Juan Francisco Callejas Vargas, at that comitati turimoment the director of Inguat, the Instituto stici locali e Gualtemalteco de Turismo. The dynamic and programmi personable Callejas relaxed and reflected about di sicurezza, upscaling Guatemala for the international toula promoziorist market. Tourism today ranking second to ne e la pubcoffee, the primary national product of Guateblicizzazione mala. della cultura Callejas, a marketing consultant, has been turistica e di JUAN FRANCISCO CALLEJAS. “loaned” to tourism in this extremely important nuove destiCentral American market. “Yes, I do miss the nazioni di vacanza, aumentando il numero di congressi, convention e crociere per visitare il Guatemala. Secondo il settimanale locale in lingua inglese “The Siglo News”, questo ambizioso progetto, che è stato presentato a metà di luglio, garantirebbe il successo del settore turistico e porterebbe in Guatemala circa 615 milioni di dollari per la fine dell’anno. L’Inguat prevede di investire 8 milioni di dollari per pubblicizzare le principali attrattive del paese. Varie compagnie aeree che operano nel paese si sono impegnate “ad aumentare i loro servizi, accompagnandoli a pacchetti speciali per attirare più visitatori nel paese”, ha reso noto “The Siglo News”. “L’Italia è un grosso mercato per noi”, ha fatto notare Callejas. “Molti uomini d’affari vengono in Guatemala. Come sapete, si contano numerosi ristoranti italiani a Città del GuateJOHANNA PINTO (a sinistra) e Migdalia de Barillas mala”. dell’Inguat. “Quest’anno per la prima volta faremo un’azione promozionale in Giappone. I Giapponesi marketing world,” Callejas commented about sono molto interessati al Guatemala. his first six months at the Guatemala Tourist E un grosso gruppo di Barcellona ha interesCommission . “It’s hard to work in government. si turistici anche in Guatemala. Ma noi non voIn fact, I could never be a government emplogliamo qui un’altra Cancun...anche se con così yee. But I want to help my country at this motanti alberghi, si è lavorato molto bene. Inoltre ment by bringing together the civil sector, priinsieme a tutti gli altri paesi centro americani vate sector and international investors. One of stiamo promuovendo il ‘Mundo Maya’ come the most important things we must do is to prodotto turistico”.

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create an incentive program for foreign investors to work together with the government. I have the support of the private sector.” Inguat’s agenda to year-end includes the creation of local tourism committees and security programs, the promotion and advertising of tourism culture and new tourist destinations, increasing the number of congresses, conventions and cruises visiting Guatemala. According to the local weekly English newspaper in Guatemala “The Siglo News”, this ambitious project, which was announced in midJuly, should guarantee success in the tourism sector and bring about $ 615 UNO SCORCIO del ristorante “Kakao”. million by the end of the year to Guatemala. Inguat plans to invest $ 8 million in publicizing the country’s main at- it has been done very well. In addition, we are tractions. Various airlines operating in working together with all the other Central the country have also made a com- American countries and promoting ‘Mundo mitment “to improving their services, Maya’ as a tourist product.” along with special attractive packages Daily News Travel wishes to extend a special to lure more visitors into the cothank you to Inguat, the entire staff in Guatemauntry,” “The Siglo News” noted. “Italy’s a big market for us,” Callejas la, and Enzo Brilli, Director of Inguat in Italy. pointed out. “Many Italian businessmen travel to Guatemala. As you know we have so many Italian restaurants here in Guatemala City.” “This year we will for the first time promote tourism in Japan. The Japanese are very interested in Guatemala. And a big group from Barcelona has tourists’ interests as well in Guatemala. But we don’t want another Cancun here... DA SINISTRA, Montse Campaná, Fredy although with so many hotels, Camarero, Domenico Cilenti e Nico Tondini.


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Esplorando un mondo perduto mentre apprezziamo i modernissimi Caraibi Ma torniamo al passato, precisamente nel 1840 a Stephens, che era così colpito dai monumenti di Quiriguà, che scrisse: “Su una cosa non ci sono dubbi: qui, una volta c’era una grande città il cui nome è andato perduto e la storia è sconosciuta...Per secoli è rimasta completamente sepolta come se giacesse sotto la lava del Vesuvio”. Stephens si lamentava che i

viaggiatori passavano a quasi tre ore a piedi da Quiriguà (completamente circondata da piantagioni di banane, nel Guatemala orientale), senza sapere della sua esistenza... una rarità come Quiriguà è stata oggi dichiarata dall’UNESCO un Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Quest’area si sta aprendo sempre di più ad un turismo più raffinato, con nuove attrazioni dentro e attorno Puerto Barrios, nei Caraibi, con visite ai siti archeologici nella vicina Quiriguà, a Tikal (circa 250 km a nord) e a Copàn in Honduras (circa 13 km a sud del confine con il Guatemala), al lago Izabal (il più grande del Guatemala), al Rìo Dulce e alle delizie del fiume: l’antica fortezza spagnola di El Castillo de San Felipe o l’incredibile cascata di acqua calda immersa nella giungla a Finca El Paraìso, e, ovviamente, la città portuale tipicamente caraibica di Livingston, abitata da quattro gruppi dominanti: i guatemaltechi neri, che parlano sia lo spagnolo che la loro lingua originaria, il “garifuna”; i Maya Kekchi, i Ladinos e un piccolo nucleo europeo - prevalentemente tedeschi, francesi e italiani. Nel centro di Livingston, fermatevi al ristorante Bahìa Azul, dove potrete “vedere” e “ascoltare” un’esibizio-

ne dal vivo di musica garifuna: ragazze danzano la “punta” a piedi nudi, lasciandoli scivolare sul pavimento senza quasi mai staccarli dal suolo, ma sempre in costante movimento, al suono delle pulsanti e ritmiche melodie create da una piccola orchestra di tamburini, gusci di tartaruga, maracas, bongo e noci di cocco essiccate. Diversi turisti...e investitori (tour operator e altro) stanno cominciando a scoprire questi luoghi poco frequentati. Come all’Amatique Bay Resort & Marina, dove l’ospitalità è estremamente rilassante e genuina. L’ambiente è quello giusto: i Caraibi con la loro vegetazione lussureggiante e le piantagioni di frutta..gli accessi sorvegliati dal mare e da terra e collegamenti rapidi con il mondo esterno. Il segnale telefonico copre tutto il Guatemala e i dintorni grazie alle fibre ottiche installate dalla compagnia telefonica spagnola nella baia. A soli 300 km d’auto da Città del Guatemala, da Puerto Barrios si può raggiungere la capitale in 45 minuti di volo e da lì raggiungere ogni punto del paese. Molto presto ci saranno indubbiamente ancora più vantaggi per i viaggiatori, grazie ai voli giornalieri per Puerto Barrios e anche per l’importanza del porto turistico di Amatique Bay, nei Caraibi. La nuova eco-costruzione Amatique Bay Resort & Marina è un’attrazione per “lo stile di vita”: auto elettriche o una tranquilla passeggiata vi porteranno ovunque mentre l’auto rimarrà parcheggiata all’ingresso della tenuta del resort; un altro mezzo per andare in giro è il cavallo, per vedere i 400 acri di palme, frutteti (papaya e banana) e coltivazioni (dall’avocado ai deliziosi po-

modori); poi, ci sono i Caraibi e la navigazione, dove per le piccole imbarcazioni è disponibile il rimessaggio a terra mentre nel porto c’è la disponibilità di 180 posti per imbarcazionii fino a 18 metri...oppure ti metti comodo e noleggi una barca privata per escursioni lungo la costa nei pressi di Livingston (solo 25 minuti più a nord), verso Punta Gorda in Belize o per l’Honduras, a poca distanza verso sud, o più semplicemente prendi un kayak e risali i 5 km del Rio Pichilingo che scorre attraverso la tenuta del Resort e ti diverti a fare un corso di sub a fine settimana. Il problema è...i giorni a disposizione sono troppo pochi. Dopo aver visitato Quiriguà, il lago Izabal, Livingston e tutto quello che il Guatemala ha da offrire...alla fine conserva un giorno intero per godere l’estesa e lussureggiante area acquitrinosa affacciata su una spiaggia sabbiosa per una breve passeggiata, specialmente se accompagnati da Pepe Guzmàn Velàsquez, PR dell’Amatique Resort, che ti mette faccia a faccia con le emozioni tropicali - 32 diverse varietà di farfalle che amano mangiare le foglie di banana, le iguane, le tartarughe, l’ “oso hormigero” (sorta di formichiere), e il nero uccello dalla coda dorata chiamato “oro pendolo”. Per convincere i piccoli uccelli a volare, il maschio della specie taglia il sostegno di quella specie di pendolo che è il nido appeso agli alberi di San Juan e oops!...anche in questo paradiso c’é la legge della sopravvivenza. I futuri progetti per l’Amatique Bay Resort sono veramente eccitanti. Boris Motta, vice direttore del Resort, dice che a cavallo fra quest’anno e il prossimo, sarà disponibile un campo da golf da 18 buche...tenendo segreto il nome del progettista del percorso, anche se ha confidato che l’architetto del resort è Dennis Sang di Miami, Florida, che ogni tanto si fa vedere. Motta ha precisato che i progetti futuri ad Amatique comprendono anche la costruzione di “retirement homes”. Prima di partire per conclusione a pagina VIII

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Pepe Guzmàn Ve l à s q u e z , brings one face to face with tropical passions – 32 different varieties of butterflies who love to eat banana leaves, iguanas, tartarugas, “oso hormigéro”, and the gold-tailed black bird called “oro pendolo”. In order to coax the baby birds to fly, the male of the species cuts the pendulum-like nest hanging from the San Juan trees and oops! ...it’s the law of survival even in this paradise. Future plans for the Amatique Bay Resort are indeed exciting. At the latest by early next year, an 18-hole golf course will be in the offering, Boris Motta, vice director of the Resort, said as an aside... keeping quite secret the name

of w h o will design the golf course, although we did learn that the architect of the resort is Dennis Sang of Miami, Florida, who pops in now and then. Motta indicated that future projects at the Amatique also include the construction of retirement homes. Before flying off to Guatemala City in order to climb the very active volcano Pacaya: our compliments to the Chef at the Puerto Chico restaurant at the Amatique Bay Resort!

Pacaya While flying over the Caribbean lowlands dominated by rivers, banana plantations and cattle ranches, thoughts return to the Mayan civilization that flourished and developed in this land called Guatemala by the Spanish conquistadores who couldn’t pronounce “Quactecmalàn”. Its capital, our destination, known as Guatemala City, is the largest urban extension in all of central America, stretching across a high plain rising at 1500 meters above sea level with irregular profound gorges. It’s an extraordinary city, worth seeing... But we simply cannot contain our curiosity.

We had to s e e with our own eyes volcano Pacaya... Back in January Pacaya was featured on the front page of our insert “The Traveller” when it began spitting forth rivers of lava. “We’ve begun the new millennium with volcanos erupting with ashes, rocks and lava,” commented Gustavo Chigna of the National Guatemalan Volcanologist Institute. The Pacaya volcano, about 48 kilometers south of Guatemala City, had last been heard from on December 11, 1999 and before then in September 1998, covering with white ash a part of the Capital and forcing the authorities to temporarily close the airport facilities. And before that in 1976 with inundations, eruptions and earthquakes. The volcano is a marvelous spectacle of nature and extremely emotional to climb especially when it’s not serene, as we had been told while in Puerto Barrios. All the more reason to get to Pacaya quickly. From the trailhead in San Francisco de Sales our adventurous group ascended to the cone of the volcano: Carlos, an expert guide on Pacaya with his black dog Negro; two local tourist police from the San Vicente, the town at the base of the volcano: Carlos De Jesus Roque Alvarado and Salvador Eduardo Carransa; Felix, our faithful guide, and friend, throughout Guatemala; Carolina Figueroq, another guide from the Guatemalan Tourist Commission and a sports writer from Germany. The volcano was ours... until hours later we headed back down the trail and encountered 80 Americans beginning the ascent.

Hotel Atitlan and her “chocomil” “Chocomil” arrives almost always at midday: a light south-east wind that turns the lake

from having a looking glass surface into white-crested waves with a delightful breeze in summer. Nìcholas Domingus, the new director of Hotel Atitlan (who had 3 days before us) at Panajachel, says that the strange energy felt at the lake is what made him leave Mexico City. It was attracted either to Lake Atitlan or the island of Santorini which he had been frequenting for years. Like Santorini, the lake overlooks an inverted volcanic cone which is more than 320 meters deep. As Santorini is surrounded with volcanos immersed in the Mediterranean, overlooking Lake Atitlan, too, are three volcanos: Toliman at 3,158 meters (directly facing the hotel); Atitlan, 3,537 meters (behind San Luca); and San Pedro, 2,995 meters (to the right of the hotel). After climbing Pacaya, we would have bed down almost anywhere, not realizing that Lake Atitlan and her dormant volcanos were awaiting us. We arrived at Hotel Atitlan with just time enough to change and dine along the lake that evening remembering the gleeful pronouncements of tired travelers who tell us there is nothing left to “discover”. They have not been to Atitlan! Once you’ve been to the lake, you want to return... and often. After all, Hotel Atitlan is like being “home” (telephone 502 762-1441, fax 502 334-0640, e-mail:hotinsa@infovia.com.gt. Furnished in very comfortable Spanish colonial adorned with antique wooden sculptures, with subtle warm lights, the wonderfully large showers and comfortable beds overlooking extremely well-manicured gardens filled to the brim with flowers cared for by 30 gardeners and a view of the lake dotted with so many villages and, of course, the volcanos. Everywhere volcanos! In fact, Guatemala has 38 of the 80 volcanos located in central America: only 4 of the volcanos in Guatemala are still active. The specialties of the chef at Hotel Atitlan? We’re told that’s an article in itself. As he was conclusion on page VIII


Qui, nel centro di Cobán... ...la vita è colore, profumo di frutti e fiori, paesaggi e disegni visti e rivisti in natura e ora fissati nel tempo e nello spazio su maschere e costumi cerimoniali. ....la vita è suono: l’armoniosa cacofonia degli uccelli, i click delle macchine fotografiche, la musica di sei marimbe e i dialetti, si sovrappongono nell’aria della piazza antistante la cattedrale coloniale di Cobán. ...alla fine, la vita è il colore e il suono di un sorriso. Nella Cappella dedicata al santo di Cobán, le candele illuminano le 56 maschere di uomini e animali disseminate sul pavimento- con i volti dipinti di rosso, nero e bianco - mentre l’incenso si diffonde nell’aria e sette vecchi uomini col viso segnato da profonde rughe, guidano i Maya nella recita. Le parole e le passioni rimangono un mistero...impregnato di misticismo e antiche tradizioni culturali...nella bocca delle maschere viene messo del tabacco in modo che nessuna cattiva Rabin Ajau possa passare.


Here in the center of Cobán... .... life is color, emanating from flowers and fruit, landscape and patterns seen over and over again in nature and now fixed in time and space into patterns on ceremonial costumes and masks. .... life is sound: the harmonious cacophony of birds, the clicks of photographic cameras, the music of six marimbas and dialects filling the open-air square in front of Cobán’s colonial cathedral. .... life is ultimately the color and sound of a smile. Inside the Chapel dedicated to Coban’s saint, candles light up the 56 masks of animals and men – with faces painted in red, black and white - strewn along the floor while incense fills the air and seven old men with in-depth facial wrinkles lead the Maya in recitation. The words and the passions remain a mystery... filled with mysticism and ancient cultural traditions... it was overheard that tobacco was placed in the mouth of the masks so that no evil Rabin Ajau could pass.


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da pagina V Città del Guatemala per andare ad arrampicarsi sul vulcano attivo Pacaya: i nostri complimenti allo Chef del ristorante Puerto Chico all’Amatique Bay Resort.

Pacaya Volando sulle pianure caraibiche dominate da fiumi, piantagioni di banane e allevamenti di bovini, i pensieri tornano alla civiltà Maya che fiorì e si sviluppò in questa terra chiamata Guatemala dai conquistadores spagnoli che non riuscivano a pronunciare “Quactecmalàn”. La sua capitale, la nostra destinazione, nota come Città del Guatemala, è la città più ampia dell’America Centrale, e si estende su un altopiano a 1.500 metri sul livello del mare inciso da profonde gole. È una città straordinaria, da visitare... Ma noi non possiamo trattenere la nostra curiosità. Dobbiamo vedere il vulcano Pacaya con i nostri occhi...Lo scorso gennaio, il Pacaya ha occupato la prima pagina del nostro inserto “The Traveller”, mentre cominciava ad eruttare fiumi di lava. “Abbiamo iniziato il nuovo millennio con vulcani che eruttavano cenere, lapilli e lava”, ha commentato Gustavo Chigna, dell’Istituto Vulcanico Nazionale Guatemalteco. Il vulcano Pacaya, 48 km a sud di Città del Guatemala, aveva eruttato l’ultima volta l’11 dicembre 1999 e la volta precedente nel settembre 1998, coprendo di cenere bianca una parte della capitale e costringendo le autorità a chiudere temporaneamente l’aeroporto. E prima ancora, nel 1976, aveva provocato inondazioni, eruzioni e terremoti. Il vulcano è un meraviglioso spettacolo naturale ed è estremamente emozionante da scalare, specialmente quando non è tranquillo, come ci è stato detto mentre eravamo a Puerto Barrios. Tutte ragioni in più per andare in fretta sul Pacaya. Dal sentiero che parte da San Francisco de Sales, la nostra avventurosa comitiva comincia a risalire il cono del vulcano: Carlos, una esperta guida del Pacaya e il suo cane Negro; due agenti della locale polizia turistica di San Vicente, la città ai piedi del vulcano; Carlos De Jesus Roque Alvarado e Salvador Eduardo Carransa; Felix, nostro amico e fedele guida attraverso il Guatemala; Carolina Figueroq, un’altra guida della Commissione Turistica del Guatemala e un giornalista sportivo tedesco. Il vulcano era nostro...in poche ore eravano tornati indietro e sul sentiero cominciavano ad arrampicarsi 80 americani.

L’Hotel Atitlan e il suo “Chocomil” “Chocomil” arriva quasi sempre a mezzogiorno: un leggero vento di sudest che trasforma lo specchio immobile del lago in una superficie punteggiata di onde crestate di bianco con una brezza deliziosa in estate. Nìcholas Domingus, il nuovo direttore dell’Hotel Atitlan (arrivato lì tre giorni prima di noi) a Panajachel, dice che la strana energia che si percepisce nel lago è ciò che gli ha fatto lasciare Città del Messico. Era attratto sia dal lago Atitlan come dall’isola di Santorini, che aveva frequentato per anni. Come Santorini, il lago si trova in un cono vulcanico profondo 320 metri. Mentre Santorini è circondata da vulcani sommersi nel Mediterraneo, il lago Atitlan è dominato da tre vulcani: il Toliman, di 3.158 metri (proprio di fronte all’hotel); l’Atitlan, di 3.537 (dietro San Luca); e il San Pedro, di 2.995 metri (alla destra dell’hotel). Dopo aver scalato il Pacaya, ci saremmo sdraiati in qualsiasi posto, senza pensare che il lago Atitlan e il suo vulcano dormiente ci stavano aspettando. Siamo arrivati all’Hotel Atitlan appena in tempo per cambiarci e cenare vicino al lago ricordandoci le superficiali affermazioni di stanchi viaggiatori per i quali non era rimasto niente “da scoprire”. Loro non erano stati ad Atitlan. Una volta che sei stato al lago, vuoi tornarci...e spesso. Dopo tutto, l’Hotel Atitlan è come casa (telefono 502762-1441, fax 502 3340640, e-mail:hotinsa@infovia.com.gt). Arredato in confortevole stile spagnolo coloniale arricchito con antiche sculture lignee, con calde luci soffuse, le docce meravigliosamente ampie e letti confortevoli affacciati su giardini estremamente ben tenuti colmi di fiori curati da 30 giardinieri e una vista del lago punteggiato di villaggi e, ovviamente, i vulcani. Vulcani dappertutto! Infatti, in Guatemala si trovano 38 degli 80 vulcani presenti in America Centrale: solo 4 dei vulcani guatemaltechi sono ancora attivi. Le specialità dello chef dell’Hotel Atitlan? Quello è un argomento a sé. Mentre era a Città del Guatemala per una gara, abbiamo assaggiato il buffet che aveva preparato ed è andato oltre ogni aspettativa. Dopo cena un drink al bar, o una passeggiata nel tranquillo giardino attorno la reception per parlare con pappagalli dai colori così brillanti che possono essere visti anche dopo il tramonto, oppure due passi lungo il lago o ancora seduti a bordo piscina. Non meraviglia che l’albergo attragga turisti dal Mediterraneo che amano sedere all’aperto sotto le stelle. Infatti, l’italiano è la seconda lingua parlata...anche dai fattorini. “Il Guatemala ha il potenziale per incrementare il proprio mercato”, puntualizza Domingo. “E io voglio raggiungere quei viaggiatori che sono interessati a questo mercato etnico e archeologico”. Anche se è all’hotel da soli tre giorni, Domingus spera di attivare un eliporto, cambiare la zona della reception trasformando il piccolo negozio in una “cigar room” senza perdere lo squisito stile dell’albergo, introdurre l’ora del té in stile guatemalteco e creare un wine bar per la sera.

Gli Tzutuiles oltre la Montagna Incantata Undici villaggi punteggiano le rive del lago. Rispetto all’hotel, a destra oltre la montagna chiamata “Il Principe che dorme” ci sono i Maya Quiches a San Pedro La Laguna, San Juan La Laguna, San Pablo La Laguna, San Marcos La Laguna, Santa Cruz La Laguna e San Jorge La Laguna. Alla sinistra dell’albergo, troviamo i Maya Kakchiqueles a Santa Catarina Palopo, San Antonio Palopo, San Lucas Toliman e ovviamente Panajachel. Poi, a Santiago, dall’altra parte del lago, ci sono gli Tzutuiles: un popolo Maya che arrivò da Tikal e si mescolò con la popolazione indigena messicana. Come Domingus afferma: “Questo è l’unico posto dove si possano trovare tutti questi gruppi etnici”. In 25 minuti esatti si può arrivare a Santiago, l’unico posto dove vivono gli Tzutuiles. Dialetto a parte, si distinguono completamente per il loro abbigliamento: per gli uomini, cappello da cowboy e pantaloni al ginocchio con disegni geometrici di uccelli e per le donne, in particolare il “tocollal”- 20 metri di tessuto alto 3 centimetri avvolto attorno al capo a formare una sorta di turbante (per le donne più giovani, il “tocollal” è normalmente costituito da una fascia di 6 metri). Ogni donna a Santiago sostiene di essere l’immagine incisa sulle monete da 5 quetzal. Da evitare la Montagna Incantata, alla sinistra prima di arrivare a Santiago, dove tutti sanno che quelli andati a cercare l’oro si sono persi per sempre. La popolazione indigena si rivolge invece ai suoi Santi per i quali le donne locali ricamano elaborati costumi come quelli visibili nella chiesa di Santiago Apostolo, costruita nel 1547. In particolare, sono venerati il patrono del paese, San Santiago (festeggiato il 25 luglio) e Maximòn - un po’ Maya, un po’ conquistador e un po’ Giuda cristiano. Durante la Settimana Santa l’immagine del loro santo patrono, con maschera lignea e il sigaro, è portata trionfalmente in processione attraverso il villaggio. Durante il resto dell’anno, invece, è esiliato fuori dalla chiesa nella scena scolpita nel legno dell’altare che, esso stesso, si basa sulle tradizioni Maya; è stato cacciato dalla chiesa perché empio e così vaga per il resto dell’anno da una casa all’altra accettando offerte di candele, birra e liquori. Una fusione di credenze Maya e Cristiane che possono essere viste anche nel pulpito di legno e sul retro della sedia del sacerdote, nel disegno di una spiga di grano da cui si crede sia nato l’uomo. La strada principale che conduce in cima alla collina della chiesa, accoglie negozi di oggetti di artigianato, souvenir...noci di cocco preparate da Pedro. Ci sono negozi d’arte con dipinti naif e più avanti, sulla destra, il negozio di Maria Maddalena dove si può vedere una tradizionale sauna Maya e alcuni lavori di ricamo molto belli. Sono necessari tre o quattro giorni, per visitare il lago fermandosi in tutti i villaggi, come a San Antonio per vedere le donne lavare le cipolle lungo il lago, o per visitare il Museo Lacustre di Atitlan, con reperti provenienti dagli scavi archeologici subacquei o semplicemente per riposarsi all’Hotel Atitlan. “Pana” (come i guatemaltechi locali chiamano Panajachel) è stata scoperta dai turisti molto tempo fa. al centro della città, lungo il Calle de Santader, dove si possono trovare piccoli gruppi di hippies, ricordo degli anni ‘60 e ‘70 quando arrivavano qui in tanti. Oltre al Museo, i negozi dispongono di articoli più sofisticati e i ristoranti decisamente invitanti, specialmente dopo aver gustato un banana cocktail e persico nero alla griglia al ristorante del lago “Casablanca (telefono 502 7621015, fax 502 762-2025). Si trova alla fine della via principale, quasi di fronte al Banco Agricola Mercantil.

Un “c’era una volta” per cominciare e finire di visitare “Guati” Una visita in Guatemala, o “Guati” come dicono i locali, dovrebbe cominciare e finire con Antigua, l’antica capitale del Guatemala (fino al 1773), considerata una delle più belle città dell’America Centrale e dichiarata dall’UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità. I visitatori camminano per le sue vie acciottolate (ora restaurate dalla Coca Cola) a migliaia. Ed ognuno con una differente ragione: semplicemente per visitare la città, piccola ma cosmopolita; per vagare in mezzo alle sue rovine (abbondano fotografi e artisti e una cinquantenne americana, il cui marito è specializzato in cultura mesoamericana dice che ovunque si voglia andare la città dispone di una buona biblioteca e istituto di ricerca per visitarte i siti archeologici); andare in una delle tante scuole di spagnolo (una sessantenne americana ha detto che era arrivata per studiare lo spagnolo, chi sa quanti anni fa, e non è più ripartita); per partecipare ad uno dei tanti congressi (come un congresso sui computer della National University for Education at a Distance che si svolgeva all’interno di un antico convento per la IV Escuela de Verano del Organismo Judicial “Juan Carlos I” al Centro Iberoamericano de Formacìon de la Antigua); come base per visitare Pacaya e Chichi (Chichicastenango, il grande mercato del giovedì e della domenica); e perché no? per fare un giro in mountain bike (un giovane svizzero, ora sposato con prole, organizza itinerari in tutto il Guatemala “È un modo diverso di vedere il paese”, dice); o per vedere la “pansa verde” (la pancia verde),

una simpatica e divertente definizione di quelli nati ad Antigua che mangiano troppo avocado). Infatti, nel giardino del ristorante Dn Martin Asador, in Calle Poniente (telefono 502 8321668), abbiamo mangiato una Ensalada de Aguacate Antigueno (insalata di avocado), un gran bicchiere della birra locale Gallo e il caffe antiguéno (caffe, crema di cocco e cannella). Come Atitlan, Antigua (1530 metri sul livello del mare) è circondata da vulcani. Come a Santiago, anche qui Santiago è il santo patrono della città, ma ad Antigua si trovavano ben 16 ordini religiosi, fra i quali i Francescani, i Domenicani, i Mercedariani, i Gesuiti, i Carmelitani, l’ordine della Concezione, le Clarisse e l’ordine dei Cappuccini. Dopo un gran numero di catastrofi naturali, le chiese create da questi ordini trasmettono ancora straordinarie sensazioni. In particolare la chiesa di San Francesco, una delle più antiche (cominciata nel 1545)...l’unica chiesa che ancora conserva le decorazioni originali. Hermano Pedro de San José Betancourt, un gesuita ricco e abbastanza colto, dopo aver marciato dal Nicaragua in Guatemala, all’arrivo fu così felice che baciò il terreno e promise di aiutare gli indigeni. Creò un ospedale e un ordine religioso e girava continuamente per le strade suonando alle porte per chiamare a lui la gente, dicendole: “Ricordate che abbiamo una sola anima..se la perdiamo non la potremo riavere indietro”. Attorno alla chiesa ci sono donne e i loro bambini che vendono sacchetti di semi di un albero che esisteva quando arrivò Hermano Pedro. Poi, sono in vendita candele di tutte le dimensioni e colori, con un elenco dei loro significati: rosso per l’amore e la fede; bianco, per proteggere i bambini e la casa; giallo, per proteggere gli adulti; blu per il lavoro; verde per la prosperità; rosso chiaro per la salute e la speranza; blu chiaro per denaro, studi e viaggi; viola contro i vizi e i cattivi pensieri; nero contro l’invidia e i nemici. C’è in vendita anche una candela con tutti i colori prima elencati...così non puoi sbagliare. In questo modo, i cimiteri del Guatemala sono pieni di brillanti colori pastello, per indicare i giovani (viola), i vecchi (bianco), le donne(verde o turchese), gli uomini (blu o giallo) e così via. Nessun luogo meglio di Chichicastenango (90 km da Antigua), una delle più grandi città mercato di tutto il Guatemala, può essere testimone della fusione fra credenze Maya, Cristianesimo e Sciamanismo. La chiesa di San Tomàs, nel centro di “Chichi”, è una chiesa cattolica i cui rituali sono a volte più Maya che cattolici. I gradini dell’entrata non possono essere saliti se non da chi ha importanti funzioni nella chiesa, mentre la popolazione indigena li guarda come se fossero in cima ad una piramide Maya - un luogo dove bruciare incenso e pronunciare le parole sacre in onore dei loro antenati. L’entrata è sul lato. All’interno, sono sparsi al suolo rami di pino, chicchi di grano (i semi rossi sono particolarmente fortunati, ma rari), fiori, candele...tutte offerte per gli avi. In un altro punto della piazza c’è una San Tomàs più piccola, chiamata La Capilla del Calvario, completamente imbiancata a calce. All’interno lo sciamano risponde alla gente, interpretando la caduta dei grani rossi. Queste cerimonie pre-cristiane, o riti, si possono vedere anche alla Pascual Abaj (pietra sacrificale), il santuario locale dedicato a Huyup Tak’ah, il dio Maya della terra. Questi riti - vecchi e nuovi - perpetrano il culto dei loro antenati e della loro importanza genealogica ed ognuno dei punti cardinali dell’universo possiede ancora il suo significato e colore. Non è solo la popolazione indigena ad essere influenzata da queste credenze. Spesso possono condizionare fortemente il comportamento dei visitatori. In particolare, è stata vista una donna americana toccare e trasmettere il suo spirito ad un’anziana donna zoppa, dopo essersi lasciata attirare nella chiesa di San Tomàs dai riti sciamanici. Oggi le interpretazioni Maya del cattolicesimo sono un affascinante miscuglio di sciamanismo, animismo e rituali cristiani. Ma il Guatemala è un paese moderno come altri. È in movimento. Nuove strade e autostrade, alberghi, centri commerciali sono in costruzione e i cartelloni pubblicitari sono allineati lungo le strade: Coca Cola, Firestone, Pepsi Cola, Texaco, Johnny Walker, Adidas, McDonald’s, Shell... Ma ha qualcosa che manca ad altri paesi, come il cartellone pubblicitario lungo la superstrada, che dice: “Jesus Cristo. La esperanza de Guatemala”. I paradossi di questo paese dell’America Centrale fanno parte del suo grande fascino.

from page V off at a competition in Guatemala City, we tried the buffet he had prepared and that exceeded all expectations. An after-dinner drink at the bar and a stroll in the intimate garden alongside the reception area to talk with the parrots whose colors are so bright they can even be seen after dark or a stroll along the lake front or a poolside table. It’s no wonder that the hotel attracts tourists from the Mediterranean who love sitting under the stars in the open squares. Italian is, in fact, the second language spoken... even by the bellboys. “Guatemala has the potential to upscale its market,” Domingus noted. “And I want to reach those who are interested in this ethnic and archaeological market.” Even only after three days at the hotel, Domingus hopes to activate a heliport, change the reception area transforming the small shop into a cigar room without losing the exquisite style of the hotel, initiate high tea time in Guatemalan style, and create a wine bar in the evenings.

The Tzutuiles beyond the Enchanted Mountain Eleven villages dot the Lake. From the hotel, to the right beyond the mountain called the “Prince who sleeps” there’s the Mayan Quiches people at San Pedro la laguna, San Juan la laguna, San Pablo la laguna, San Marcos la laguna, Santa Cruz la laguna, and San Jorge la laguna. To the left of the hotel, there’s the Mayan Kakchiqueles population at Santa Catarina Palopo, San Antonio Palopo, San Lucas Toliman, and of course Panajachel. Then there’s the Tzutuiles people at Santiago, directly across the lake: Mayan people who arrived from Tikal and mixed with the indigenous Mexican population. As Domingus stated, “This is the only place where you can find all these ethnic groups.” In precisely 25 minutes you can cross over to Santiago where the Tzutuiles live. What’s more, the Tzutuiles live only at Santiago. Dialect apart, they are quite distinct in their apparel: for men, cowboy hats and knee-length pants with geometrically designed birds and for women, in particular the “tocollal” – 20 meters of material about three centimeters in width wound around and around until it forms a wide-brimmed hat (the “tocollal” for young girls runs usually about 6 meters). Every woman at Santiago claims to be the one sculpted on the 5 quetzal. Don’t stop at the Enchanted Mountain to the left before arriving at Santiago as everyone knows that those who seek gold there are lost forever. The indigenous population turn instead to their Saints for whom the local women embroider elaborate costumes as seen within the Church of Santiago Apostolo built in 1547. In particular, they venerate their patron saint Santiago, celebrated on July 25) and Maximòn – a bit Mayan, a bit conquistadores and a bit of a Christian Juda. During Holy Week the effigy of their patron saint with a wooden mask and cigar are carried triumphantly in procession throughout the village. But during the rest of the year he can be seen exiled from the Church in the scene sculpted in the wooden altar which, itself, is based on Mayan traditions; he has been thrown out of the Church because he is evil and so he wanders for the rest of the year from one home to another accepting offerings of candles, beer and liquor. A fusion of Mayan beliefs and Christianity can also be seen on the wooden pulpit and the back of the priest’s chair in the design of a corn stalk from which man is believed to be born. The main road leading up the hill to the Church is lined with shops of handcrafts, souvenirs... coconuts prepared by Pedro. Art shops with naif paintings and further up on the right, Maria Magdalena’s shop where you can see a traditional Mayan sauna and some very beautiful embroidery work. Three or four days are required to visit the Lake with a stop at all the villages, such as San Antonio to see the women washing onions alongside the lake, or a visit to the Museo Lacustre Atitlan with relics from underwater archaeological excavations or simply relax at Hotel Atilan. “Pana” (as the local Guatemaltechans call Panajachel) was discovered by tourists a long time ago as seen in the geographic center of the town, along the Calle de Santander where small groups of hippies are to be seen as a reminder of the 60s and 70s when they came here in droves. In addition to the Museum, the shops appear to have more sophisticated articles and the restaurants definitely inviting, especially after enjoying a banana cocktail and grilled black bass from the Lake at Restaurant “Casablanca” (telephone 502 762-1015, fax 502 762-2025). It’s at the end of the main street, almost in front of the Banco Agricola Mercantil.

A “once upon a time” beginning and ending to visiting “Guati” A visit to Guatemala, or “Guati” as locals says, should begin and end with Antigua, the former capital of Guatemala (until 1773) considered to be one of the most beautiful towns in all of Central America and named a World Cul-

tural Heritage Site by UNESCO. Visitors come to its cobblestone streets (now being restored by Coca Cola) by the thousands. And each with a different reason: to simply visit the town, small but cosmopolitan; to wander through its ruins (photographers and artists abound and an American woman in her 50s whose husband specializes in Mesoamerica culture says where else would she want to go as the town has a fine library and research institute for visiting archaeologists); to go to one of the many Spanish language schools (an American woman now in her 60s said she went to study Spanish, who remembers how many years ago, and never left); to attend one of the many congresses (while there a computer congress of the National University for Education at a Distance was taking place within a former convent for the IV Escuela de Verano del Organismo Judicial “Juan Carlos I” at the Centro Iberoamericano de Formaciòn de la Antigua); as a base for visits to Pacaya and Chichi (Chichicastenango, a huge market place on Thursdays and Sundays); and why not? for taking a mountain bike tour (a young man from Switzerland now married and a father organizes tours all over Guatemala – “It’s a different way to see the country,” he said); or to see the “pansa verde” (green stomachs), a delightful and joking reference to those born in Antigua who eat too many avocados). In fact, we lunched in the garden restaurant of Dn Martin Asador on the Calle poniente (telephone 502 832-1668) on an Ensalada de Aguacate Antigueno (an avocado salad), a great local Gallo cerveza beer, and caffè antiguéno (coffee, coconut cream and cinnamon). Like Atitlan, Antigua (at 1530 meters above sea level) is surrounded by volcanos. While Santiago is the patron saint here as well as in Santiago Atitlan, Antigua was also the home to 16 religious orders, among them the Franciscans, the Dominicans, the Mercedarians, the Jesuits, the Carmelites, the order of the Conception, the Claritians and the Capuchin order. After so many natural catastrophes, the churches created by these orders still exude an extraordinary effect. In particular, the Church of San Francisco, one of the oldest (begun in 1545)... the only church which still has its original decoration. Hermano Pedro de San José Betancourt, a rich and quite educated Jesuit, having walked from Nicaragua to Guatemala, was so thankful that he kissed the earth and pledged to help the indigenous people. He created a hospital and religious order and continuously walked the streets ringing a bell to call the people to him, saying “Remember we only have one soul... if we lose it we can never have it again.” Within the grounds of the church are women and their children who sell bags of seeds from a tree that existed when Hermano Pedro arrived. Then, there are candles on sale in all sizes and colors with a list of their significance: red for love and faith; white, protection for children and the home; yellow, protection for adults; blue, work; green, prosperity; light red, health and hope; light blue, money, studies and travels; violet, against vices and bad thoughts; black, against envy and adversaries. On sale is a candle which includes all the colors named... so you can’t go wrong. In such a way, the cemeteries in Guatemala are full of bright pastel colors, indicating the young (violet), the old (white), women (green or turquoise), men (blue or yellow) and so forth. Nowhere better than at Chichicastenango (90 kilometers from Antigua), one of the biggest market towns in all of Guatemala, can one witness the blending of Mayan beliefs with Christianity and Shamanism. The Church of San Tomàs in the center of “Chichi” is a Catholic church whose rituals are sometimes more Mayan than Catholic. The stairs ascending the entrance should not be climbed except by those who have important functions in the Church as the indigenous population look upon them as they do the stairs of a Mayan pyramid – a place to burn incense and utter sacred words in honor of their ancestors. The entrance is on the side. Inside, spread out on the floor are pine tree branches, corn grains (red beans are especially lucky, but rare), flowers, candles... all offerings for one’s ancestors. On the other side of the square is a smaller San Tomàs, called La Capilla del Calvario, completely whitewashed. Inside, the shaman provides answers to the people, interpreting how the red beans fall. These pre-Christian ceremonies, or rites, can also be seen at the Pascual Abaj (sacrificial stone), the local sanctuary dedicated to Huyup Tak’ah, the Mayan god of the earth. These rites – old and new perpetrate the cult of one’s ancestors and one’s genealogical importance and each and every cardinal point in the cosmos still has its significance and color. Not only the indigenous population is influenced by these beliefs. Often they can strongly influence the behavior of visitors. In particular, an American woman was seen to touch and convey her spirit to an elderly crippled woman, after being transported by the shaman rites in the Church of San Tomàs. Today Mayan interpretations of Catholicism are a fascinating mixture of shamanism, animism and Christian rituals. But Guatemala is as modern as any other country. It’s in motion. New roads and highways, hotels, commercial centers are under construction and all-toofamiliar billboard ads line the highways: Coca Cola, Firestone, Pepsi Cola, Texaco, Johnny Walker, Adidas, McDonald’s, Shell... But with something other countries don’t have, as in the billboard ad along the highway which says, “Jesus Cristo. La esperanza de Guatemala.” The paradoxes of this central American country is part and parcel of her great attraction.


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