Runa Bianca n°2

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ARCHEOLOGIA STORIA SCIENZA E MISTERO

ANNO I AGOSTO 2011

OMAGGIO

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IN

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RE ARTÙ ITALIANO

Le origini della leggenda

MEGALITISMO: LA SCIENZA SACRA INDAGINI: IL FANTASMA DI AZZURRINA PIRAMIDI BOSNIA: INCREDIBILI SCOPERTE

IN QUESTO NUMERO:

21 ARTICOLI 14 NEWS 8 LIBRI 7 VIDEO 5 SITI WEB


AGOSTO 2011 | N.2

SOMMARIO

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Editoriale News Video Libri Siti web Mostre & eventi

RUBRICHE PERLE DI SAGGEZZA

La Scienza dell’Universo di Lilly Antinea Astore

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LA BIBBIA SVELATA

Dalle traduzioni letterali della Bibbia ricaviamo che non ci hanno raccontato tutto e nemmeno il vero di Mauro Biglino

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I SENTIERI DI OGMA

I Druidi e il magico potere di una sapienza perduta di Fabio Truppi

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ARTICOLI Piramidi bosniache: scoperta una struttura sotterranea unica al mondo

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La storia dei popoli europei può essere riscritta di Vincenzo Di Gregorio

La spada nella roccia italiana

Le vicende che han fatto nascere la leggenda di re Artù di Mario Moiraghi

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Castello di Montebello: Il mistero di Azzurrina

Parapsicologia e percezioni extrasensoriali si incontrano di Michele Morettini

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Runa Bianca

Il sito proto-cristiano di Haroba Kosht (III – XIII sec.)

La scoperta della più antica chiesa cristiana. Parte II di Gabriele Rossi Osmida

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Ai piedi di Sai Baba

Quel mattino seduta nel Tempio a Whitfield... di Tullia Parvathi Turazzi

Territorio e transito

Lo spazio importante all’interno del quale vivere di Alessandro Bertirotti

La riscoperta del Nuovo Mondo

La potenza dimenticata del sacro nome “America” di Claudio Piani e Diego Baratono

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Terra di nessuno

Il mistero, più spirituale e molto meno fenomenico di Nikola Duper

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Il Diluvio Universale e la leggendaria (?) Arca di Noè

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Gli italiani in prima linea nella ricerca sul campo di Francesco Arduini

La lettera T ed il suo significato nel sacro primordiale Alla ricerca di significati perduti della nostra storia di Enrico Calzolari

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Il mistero dei Teschi di Cristallo

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La leggenda sui misteri dell’origine della vita di Giuseppe Di Stadio

Alieni e Bibbia

L’energia magnetica emanata da qualsiasi corpo di Marco Marafante

Il segreto dell’uomo vitruviano di Leonardo La geometria generatrice di Alfonso Rubino

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Agosto 2011 | n.2


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SOMMARIO

I valori del Pi Greco (3,14) e della precessione degli equinozi Nelle piramidi di Teotihuacan (Messico) e Giza (Egitto) di Yuri Leveratto

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Incontri ravvicinati del IV tipo

Dal mito dei rapimenti reali alla teoria delle interferenze mentali. Presentazione di un caso. Parte II di Giulia M. D’Ambrosio e Duccio Calamandrei

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Radioestesia e lettura dell’Universo

COMITATO REDAZIONALE Vincenzo Di Gregorio Lilly Antinea Astore Enrico Baccarini Andrea Critelli

Per contattare la redazione, collaborare, segnalare libri, eventi potete scrivere a redazione@runabianca.it

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L’energia magnetica emanata da qualsiasi corpo di Stefano Delle Rose

La gemellarità

Funzione e ragione ultima di questa dimensione dello spirito di Hoseki Vannini

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La “Scienza Sacra” dei costruttori di megaliti

155 Anticipazioni Runa Bianca 163 numero 3 settembre 2011 Parte I di Marisa Grande

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www.runabianca.it HANNO COLLABORATO Alessandro Bertirotti Alfonso Rubino Claudio Piani Diego Baratono Duccio Calamandrei Enrico Calzolari Fabio Truppi Francesco Arduini Gabriele Rossi Osmida Giulia M. D’Ambrosio Giuseppe Di Stadio Hoseki Vannini Marco Marafante Mario Moiraghi Marisa Grande Mauro Biglino Michele Morettini Nikola Duper Stefano Delle Rose Tullia Parvathi Turazzi Yuri Leveratto SVILUPPO E PROGETTO GRAFICO Andrea Critelli

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Sulle tracce di Noè

Angelo Palego e la Montagna dell’Arca Francesco Arduini

DISPONIBILE IN LIBRERIA

La ricerca italiana dell’Arca

Libro-intervista con l’intento di esporre in maniera sistematica le informazioni e i risultati che ha raggiunto in più di venticinque anni di ricerche sul monte Ararat.


EDITORIALE tempo di lettura 4 minuti

di Vincenzo Di Gregorio

Non c’è due senza tre...

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iamo al terzo numero di Runa Bianca (anche se il numero 0 ho il sospetto abbia rovinato per sempre la cronologia). Anche questa volta vi sono grandi novità, grandi nomi e grandi contenuti. Il mese di luglio ha visto lo scendere in campo della nostra redazione non solo come testata “giornalistica” ma come vera protagonista della ricerca. Dopo l’ultimo articolo pubblicato sulle piramidi bosniache, abbiamo deciso di recarci sul posto con alcune attrezzature per indagini non invasive, al fine di renderci conto personalmente su alcune delle ricerche che stavano svolgendosi in Bosnia. Con nostra grossa sorpresa ci siamo imbattuti in una “anomalia” molto particolare posta nel sottosuolo dei tunnel di Ravne. Il sospetto che sia una sepoltura di personaggi molto importanti verrà confermato solo dopo che saranno conclusi gli scavi archeologici, che son subito iniziati. Runa Bianca ha immediatamente emesso un comunicato stampa a cui è seguito un articolo molto dettagliato, e forse prolisso. Ce ne scusiamo, ma abbiamo ritenuto che la scoperta sia di portata storica, anche solo per il tipo di “struttura” che rimane, qualsiasi sia la sua funzione, un unicum mondiale a livello archeologico. Per la prima volta a Visoko si potrà disporre di materiale sicuramente databile che servirà per scrivere o riscrivere un pezzo importante della storia europea. Ai primi di settembre a Sarajevo verrà tenuta una conferenza sui risultati dei lavori effettuati in questo anno presso le piramidi bosniache. Ci auguriamo che per quella data si avrà una chiara e dettagliata relazione sulla vera natura di questa struttura. In questo mese abbiamo anche implementato i mezzi comunicativi della Runa Bianca. Si è voluto creare una sezione video da affiancare agli articoli scritti.

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Il nostro intento è cercare di comunicare con suoni e immagini alcune emozioni che non si possono trasmettere con la “carta stampata”. L’esperimento di questo mese è stato applicato su due articoli: quello della “spada nella roccia” di San Galgano, e quella dell’anomalia rinvenuta a mezzo di un georadar nei tunnel di Ravne. Nel video di San Galgano si è pensato di comunicare la storia “umana” dello scrittore, raccontando il suo percorso personale che lo ha portato da “semplice” ingegnere a storico prima e scrittore medievalista dopo. Una ricerca lunga e sofferta che è durata oltre un decennio e che ancora oggi può riservare delle sorprese inaspettate… a volte indagare nel nostro passato diventa un modo per conoscere il nostro futuro. L’altro video riguarda la scoperta dell’anomalia bosniaca. In questi video, che vedono come soggetti due protagonisti di questa indagine, la cosa più notevole non è tanto l’eccezionalità dell’evento, quanto l’emozione dello stesso. Entrambi i video son stati girati quasi in diretta dentro i tunnel di Ravne a pochi minuti dall’individuazione dell’anomalia. La luce è quella di una torcia che si faceva passare da mano in mano, ed i sorrisi, la voce tremolante è la chiave di lettura del perché esiste questo eMagazine. Nessuna ricompensa economica attende uno solo dei protagonisti di quei video, ma solo la passione che quando raggiunge questi livelli, non può non portare frutto. La passione è il “fuoco sacro” che spinge tutti noi a fare sempre più e sempre meglio... e la qualità alla lunga “paga” sempre. Quindi... buona lettura del numero di agosto della Runa Bianca. Arch. Vincenzo Di Gregorio

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NEWS tempo di lettura 44 minuti

a cura di Enrico Baccarini

Le notizie più interessanti dal web ARCHEOSTORIA Scoperta tomba anomala presso la Piramide del Sole a Visoko in BosniaErzegovina

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l 22 luglio è stata scoperta una tomba, di una tipologia mai vista prima, all’interno di uno dei tunnel Ravne nei pressi della Piramide del Sole del famoso gruppo di piramidi scoperte nel 2005 a Visoko (BosniaErzegovina). La Fondazione Bosniaca (Archaeological Park: Bosnian Pyramid of the Sun), che cura gli scavi sulle piramidi a Visoko, si avvale da poco più di un anno della collaborazione di un gruppo italiano di ricerca (SB Research Group) capitanato dal Prof. De Bertolis dell’università di Trieste. La settimana scorsa la redazione di Runa Bianca è stata contattata dal Prof. De Bertolis per avvalersi della collaborazione dell’Arch. Vincenzo Di Gregorio e di alcune apparecchiature tra cui anche un georadar sofisticato costruito nelle officine di Pisa. Già in passato negli stessi luoghi altri avevano tentato di scandagliare con dei georadar il terreno, ma con poca fortuna. Grazie invece al georadar in dotazione e con l’esperienza di Di Gregorio si è riusciti ad individuare un’anomalia posta sotto il piano di calpestio di un tratto dei tunnel Ravne. Ad un primo esame la struttura rilevata potrebbe essere una sepoltura composta da due corpi posti a profondità differenti: il primo a 1, 5 metri di profondità ed il secondo a 3 metri. Due camere sovrapposte interamente in pietra con una morfologia simile a due rombi, al loro interno il tracciato del georadar

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mostra delle aree bianche corrispondenti ad aria. Si può presumere la presenza di due salme sospese nel mezzo. Le dimensioni delle sepolture risultano essere quelle canoniche di 1 x 2 metri circa. La profondità dell’intero complesso però arriva a circa 4, 3 metri. Gli scavi sono iniziati il 25 luglio e sono tutt’ora in corso. Se venisse accertato che la struttura sia realmente una sepoltura doppia

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NEWS sarebbe un unicum nella storia dell’archeologia. La struttura a “rombi” contrapposti evidenziata dal tracciato del georadar, e illustrata da uno schizzo prospettico 3D indicativo, non è stata sinora mai osservata in un complesso funerario. Poiché la metodologia di sepoltura è strettamente connessa alla cultura del popolo che l’ha creata, questa particolarissima tomba potrebbe gettare luce su un periodo storico poco conosciuto e addirittura su di un popolo probabilmente ancora sconosciuto. Da studi effettuati con tecniche non invasive dallo staff della redazione della rivista Runa Bianca è emerso altresì che la tomba è intatta, e quindi se arricchita da un corredo funerario, lo stesso è in loco esattamente come è stato messo dai suoi costruttori. Lo studio del corredo funerario servirà, forse per la prima volta, per ottenere importantissime informazioni sugli utilizzatori dei tunnel di Ravne, del loro periodo, della loro cultura e della loro religione, che si sospetta fosse legata al culto della madre terra e per questo avessero scelto dei tunnel per deporre i loro personaggi di maggior spicco. Ai primi di settembre a Sarajevo verranno comunicati i risultati dei lavori effettuati quest’anno presso le piramidi bosniache, e la redazione di Runa Bianca con questa sua eccezionale scoperta, avrà un posto di rilievo in questo convegno. Per maggiori informazioni e aggiorna-

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a cura di Enrico Baccarini menti si può contattare la redazione di Runa Bianca all’indirizzo redazione@runabianca. it oppure visitare il sito www.runabianca.it e www.antikitera.net che seguiranno da vicino lo sviluppo della scoperta. Antikitera.net 26 luglio 2011

ARCHEOSTORIA Scoperta nel Lazio antica montagna sacra

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na montagna sacra nel cuore dell’Etruria, dove, nell’età del bronzo, si offrivano voti agli dei pagani e si bruciavano oggetti sacri in loro onore. Hanno portato alla luce questo gli archeologi dell’università Sapienza di Roma e della soprintendenza ai Beni archeologici dell’Etruria meridionale sul monte Cimino, in provincia di Viterbo. La scoperta, «una delle più importanti della protostoria del Lazio», con reperti risalenti al 1000 a.C., è stata illustrata oggi sul luogo del ritrovamento in località La faggeta, a Soriano nel Cimino. Sulla sommità del monte, a oltre mille metri di altezza, tra i faggi, negli ultimi tre anni l’equipe degli archeologi, coordinati dal professor Andrea Cardarelli, ha condotto gli scavi portando alla luce «una serie di stratificazioni di materiali derivanti da

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a cura di Enrico Baccarini roghi cultuali». Una «chiara evidenza votiva», secondo il docente della Sapienza, perchè, spiega, «le attività religiose del mille avanti Cristo passavano proprio attraverso il fuoco. Venivano bruciate offerte per gli dei: oggetti sacri, cibo o animali». Gli scavi stanno portando alla luce anche una recinzione muraria che circonda tutto il monte Cimino, anch’essa risalente all’età del bronzo. «Sono tante le domande che questi scavi ci hanno suscitato - spiega Laura D’Erme della Sovrintendenza ai Beni archeologici dell’Etruria meridionale -: quali rapporti intercorrevano tra gli abitanti del monte Cimino e la vicinissima comunità di Soriano? La montagna era abitata dalla classe dominante? Era questo il punto di riferimento religioso dell’Etruria?». Entusiasta della scoperta il neo sindaco di Soriano nel Cimino, Fabio Menicacci, che commenta: «Abbiamo un territorio ricco di reperti archeologici, dalla preistoria all’archeologia industriale. Questa è la terza campagna di scavi che continueremo a sostenere con risorse sempre maggiori. Ci stiano attivando affinchè i reperti restino a Soriano. Il mio sogno è realizzare su questa montagna un sito archeologico aperto, che si possa visitare e diventi un volano per il turismo della zona». ANSA 26 luglio 2011

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ARCHEOSTORIA Scoperto un mosaico sotto le Terme di Adriano

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olle Oppio delle meraviglie. Un nuovo Apollo emerge dalle viscere del colle. Per Roma è un evento, un nuovo eccezionale ritrovamento a due passi dalla Domus Aurea, dal Colosseo e dall’area archeologica centrale. Un mosaico di grandi dimensioni. L’eccezionale manufatto è riaffiorato non lontano dall’affresco della «Città Dipinta», che era stato trovato nel criptoportico traianeo nel febbraio del 1998. L’area è ancora quella del fortunato tunnel traianeo, il mosaico ha al centro le figure di Apollo e delle muse. E proprio Apollo era il dio raffigurato in grande evidenza con una statua nell’affresco della città ideale grande una decina di metri quadri. Siamo sotto la grande esedra del complesso termale ideato per Traiano nel 109 dell’era volgare dal geniale architetto Apollodoro di Damasco, la nuova scoperta riguarda con tutta probabilità un edificio precedente l’impianto traianeo. È toccato agli archeologi della sovrintendenza comunale guidati da Rita Volpe, che hanno in carico questa zone del sottosuolo traianeo adiacente alla Domus Aurea, sco-

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a cura di Enrico Baccarini

prire il gioiello del criptoportico. Il mosaico, proprio come il celebre affresco di «Apollo e le muse Clio e Euterpe» (I sec.) conservato a Pompei, o l’antico frontone del tempio di Luni conservato a Firenze, ritrarrebbe il dio della poesia e del Sole. “Ci sono altri dieci metri da scavare in profondità – aggiunge Giovanni Caruso, l’altro archeologo del comune – Tutto questo fa parte di un edificio di età Flavia coetaneo della Domus Aurea. Il piano di calpestio alla base insomma risale al 60 dell’era volgare. Sopra il criptoportico e il mosaico ci sono le terme di Traiano inaugurate nel 109 d.C. Il criptoportico che in età moderna aveva ospitato una polveriera napoleonica è oggetto di fortunate indagini dalla seconda metà degli anni ’90. Fu lì infatti, nel febbraio del 1998, che in fondo alla lunga galleria di sessanta metri (larga otto) fu riportato alla luce il celebre affresco a volo d’uccello di una città che fu presto definita «Città Dipinta» e che secondo l’immaginifico critico d’arte Federico Zeri accorso a vederlo avrebbe potuto rappresentare perfino l’antica Londinum (Londra). L’affresco lasciò senza fiato la prima che lo vide, l’archeologa Elisabetta Carnabuci: la rappresentazione di una città , con la sua cerchia di mura turrite, mostrava sulla sinistra l’azzurro di un fiume attraversato da un ponte e con i camminamenti esterni. In basso un mausoleo dai toni dorati e una fila di case rosse, vicino un quadriportico colonnato e sul limite destro un tempio ed altri edifici su un’altura. Al centro della città infine una statua dorata di dimensioni colossali posta all’incrocio tra due strade. E ancora: un teatro, accanto al quale ecco svettare una statua d’Apollo su alto basamento. Lo stesso dio raffigurato nel soggetto del mosaico appena scoperto, che segue di 6 anni il rinvenimento di un altro importante pavimento a tessere. Per ulteriori informazioni vedere qui e qui, mentre questo è il link specifico del Ministero dei Beni Culturali. Il Fatto Storico 31 luglio 2011

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ARCHEOSTORIA Molte statue menhir trovate in un muro in Sardegna

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a sorprendente scoperta nella campagna sarda di un piccolo muro a secco fatto interamente di pietre erette rotte, molte delle quali scolpite con figure umane stilizzate, potrebbe rendere il sito presso Cuccuru e Lai, nei pressi di Samugheo, uno dei più importanti santuari preistorici dell’isola. Mauro Perra, archeologo direttore del Museo Villanovaforru, ha detto che il ritrovamento potrebbe essere importante come le statue del Monte Prama, una scoperta unica con enormi valori storici e scientifici. I menhir rotti risalgono all’età del rame, o circa 5000 anni fa, e si identificano perfettamente sul muro a secco, come essi sono stati spezzati probabilmente circa 70 anni fa, quando fu costruito il muro.

Gli archeologi iniziarono a studiare l’area negli anni novanta, quando fu fatto uno scavo nei pressi di una tomba di giganti a Paule Lutturi; poi, nell’agosto del 2008 hanno trovato una serie di statue-menhir (pietre erette scolpite con tratti umani). Infine, in questo mese di luglio un nuovo scavo ha portato alla

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a cura di Enrico Baccarini scoperta di circa 300 pezzi di pietre erette rotte. “Intorno al III millennio a.C., i menhir antropomorfi si diffusero in tutta Europa. In Sardegna si possono trovare a Mandrolisai, Barigadu, a Laconi e Isili - in ogni area hanno i propri tratti simbolici. Alcune delle pietre scoperte a Samugheo hanno scolpiti volti, figure umane stilizzate e rovesciate a forma di u e un fregio centrale, con una griglia o un disegno a spina di pesce, “ ha dichiarato Mauro Perra. Su alcune delle statue scoperte di recente c’è anche un pugnale intagliato. “Questo è tipico delle pietre scolpite trovate nelle Alpi, “ ha detto il signor Perra. “È lo stesso disegno trovato sui menhir della Lunigiana. “Questo significa che la Sardegna preistorica non era una piccola isola isolata, ma un luogo che era parte di un più ampio movimento culturale”, ha aggiunto. Alcuni dei simboli scolpiti sulle pietre trovati presso Cuccuru e Lai sono completamente diversi da quelli delle pietre di Laconi. “Il vero significato dei simboli è ancora sconosciuto, ma queste pietre erette possono ben essere marcatori territoriali, “ Perra ha detto. Le pietre più alte scoperte hanno circa 1, 20 m di altezza, ma la stragrande maggioranza è malamente rotta. Ora l’obiettivo delle autorità locali e della Soprintendenza Archeologica è di organizzare un laboratorio per consentire agli esperti di ripristinare le pietre rotte. L’Unione Sarda 1 Agosto 2011

ARCHEOSTORIA Svelata la funzione del misterioso oggetto egizio recuperato nel 1906

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n oggetto misterioso, recuperato da una tomba egizia, ha sconcertato gli archeologi per anni. L’oggetto è stato trovato nella tomba di Kha antico architetto egiziano che ha aiutato a costruire le tombe dei Faraoni ‘intorno al 1400 a.C. Nel corso degli anni è stato studiato nei minimi dettagli ma nessuno è stato in grado di determinare

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esattamente la funzione per cui il dispositivo fu creato, ma ora il fisico Amelia Sparavigna, Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Torino, suscitando un mare di polemiche, ha suggerito che potrebbe essere il più vecchio goniometro mai conosciuto al mondo. L’architetto Kha contribuito a costruire le tombe dei faraoni durante la 18° inastia, intorno al 1400 a.C. La sua tomba fu scoperta intatta nel 1906 dall’archeologo Ernesto Schiaparelli a Deir-al-Medina, vicino alla Valle dei Re. Express News 1 Agosto 2011

ARCHEOSTORIA Ceramica lapita trovata alle isole Fiji

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er la prima volta, ceramica Lapita è stata scoperta a Vanua Levu, la seconda isola dell’arcipelago delle Fiji, un tempo conosciuta come l’Isola del legno di sandalo. La ceramica data al 1100 a.C. ed è stata trovata nell’Isola Vorovoro Island presso Labasa. L’archeologo capo del Museo di Fiji, Sepeti Matararaba, ha detto che si riteneva che Bourewa in Nadroga fosse il primo insediamento umano delle Fiji, ma che questa nuova scoperta a Vorovoro indica che i primi abitanti non si stabilirono solamente a Baurewa ma si dispersero, popolando anche Vorovoro. Matararaba ha aggiunto che un professore della Simeon Fraser University con alcuni studenti sta compiento una raccolta in superficie della ceramica a Vanua Levu. Fiji Village e Antikitera.net 1 agosto 2011

ARCHEOSTORIA Luogo sacro dell’Età del Bronzo in Italia Centrale

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rcheologi italiani hanno trovato una montagna sacra, dove gli Etruschi adoravano i loro dèi e bruciavano

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a cura di Enrico Baccarini

oggetti consacrati in loro onore, nell’Età del Bronzo (3000 anni fa). Esperti della Soprintendenza Archeologica dell’Etruria meridionale e dell’Università La Sapienza di Roma hanno scoperto il sito sul Monte Cimino presso Viterbo, 80 km a nord di Roma. La scoperta è considerata una delle più importanti per la storia antica della region, con resti archeologici risalenti al 1000 a.C. Gli archeologi, diretti dal Professor Andrea Cardarelli della Sapienza, hanno condotto scavi sulla cima, a 1000 m di quota, per gli ultimi tre anni. Cardarelli ha detto che sono stati trovati numerosi materiai, connessi ai fuochi cultuali e ‘l’evidenza di offerte votive’. “Le attività religiose, 1000 anni a.C., comportavano il sacrificio col fuoco, “ egli afferma. “Le offerte erano bruciate in onore degli dèi - oggetti sacri, cibi o animali”. Sono stati trovati anche i resti di antiche mura che cingevano la montagna. “Questi scavi hanno sollevato parecchi interrogativi, “ dice Laura D’Erme della Soprintendenza archeologica. “Quali rapporti intrattenevano gli abitanti del Monte Cimino con la vicina comunità di Soriano? Forse la montagna era abitata dalla classe dirigente? Era un riferimento religioso per l’intera Etruria”?

ri proprio nel museo parigino con una squadra di operai del Comasco. Giustificò l’impresa quale naturale ed ovvia restituzione all’Italia di opere d’arte sottratte a suo tempo da

ANSA 1 Agosto 2011

ARCHEOSTORIA Il comasco che rubò la “Gioconda”

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hi ha portato la Gioconda in Francia, che ora il Louvre si rifiuta di prestare agli Uffizi? È radicata convinzione che sia stato Napoleone. E invece il celeberrimo dipinto è arrivato in Francia proprio con Leonardo, mentre muoveva alla volta di Francesco I al quale, nel 1517, l’avrebbe venduta per 4mila scudi d’oro. Ma della pista napoleonica era convinto un comasco, Vincenzo Peruggia, che voleva restituire Monna Lisa all’Italia. Giusto cent’anni fa decise di rubare il dipinto e ci riuscì. Era uno stuccatore e decoratore impegnato in restau-

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Napoleone Bonaparte come bottino di guerra durante le sue campagne militari in Italia. Ogni lunedì il Louvre era chiuso al pubblico, ma pieno di artisti autorizzati a copiare le opere dei grandi maestri, di critici e di operai addetti alle manutenzioni. La mattina del 21 agosto 1911 Peruggia esce di casa alle 7.15, evitando la pettegola portinaia e passando poi sotto il naso del custode del museo, che sonnecchia, e punta al Salon Carrè. A passo sicuro e ignorando altri capolavori assoluti esposti nella galleria parigina - come quelli di Veronese, Rubens, Raffaello e Tiziano - si impadronisce lesto della Gioconda, appesa fra un Giorgione e un Correggio. La porta al piano di sopra attraverso una scala

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a cura di Enrico Baccarini di servizio, toglie la cornice, nasconde la piccola tavola sotto il suo camiciotto da lavoro e torna a casa nella vicina Rue de l’Hôpital Saint Louis. Lì nasconde il dipinto sotto il piano di un tavolino grande poco più dell’opera (77x53 centimetri). Sono le 9 quando si riprecipita al Louvre e si mette al lavoro, mentre alcuni notano l’assenza dell’opera, ma pensano che sia nello studio del fotografo. Quando la faccenda si chiarisce, si scatena un putiferio, ma il direttore dei Musei nazionali è in vacanza, il ministro dell’Istruzione al mare e il sottosegretario alle Belle arti, Dujardin-Beaumetz, lasciando l’ufficio, ha dato disposizioni di non essere disturbato. Arrivato in campagna trova un telegramma che annuncia il furto inatteso, pensa a uno scherzo e non ci fa caso. Il giorno dopo “Le Figaro” sbraita: «La Joconde a disparu». Le indagini sono colossali, con ben 1.350 sospettati (tra i quali Picasso e Apollinaire). Viene sentito anche Peruggia, poi viene fatta una perquisizione a sorpresa nella sua casa: il comasco accoglie gelido gli agenti e li lascia rovistare, inutilmente. Appena arrivato in Italia, si mette in contatto con un antiquario fiorentino per riconsegnare l’opera agli Uffizi. Ingenuo, probabilmente credeva di aver fatto bene e si aspettava persino una ricompensa: una pensione o un lavoro in un museo italiano come stuccatore o decoratore. La vicenda gli fruttò invece un anno e 15 giorni di carcere. Chi era questo eroe dei nostri tempi? Nato a Dumenza (all’epoca in provincia di Como) l’8 ottobre del 1881 ed emigrato in Francia nel 1909, Peruggia, dopo essersi adattato a ogni lavoro, fu assunto come imbianchino e prestò servizio in alcuni appalti al Louvre, grazie a un diploma di disegnatore di ornato. Nel 1911 compì il furto che lo rese celebre (negli anni seguenti spesso regalava in giro cartoline con stampata la Gioconda) ma venne presto chiamato a fare il soldato e finì prigioniero. Dopo il conflitto si sposò e tornò in Francia, dove morì di infarto l’8 ottobre del 1925, giorno del suo compleanno e anche della moglie Annunciata (lei aveva 29 anni, Vincenzo 44). Al quotidiano francese “Excelsior”, che l’intervistò il 13 dicembre 1913, giorno del suo

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arresto, Peruggia - con il narcisismo tipico di tanti artisti - dichiarò: «Ho rubato la Gioconda perché sono pittore, italiano e futurista. Mi propongo di sostituirla con il quadro di un milanese. Questo maestro sono io; il quadro, un capolavoro, si chiama “Il caos dell’autobus”. Il tema fu celebrato da Filippo Tommaso Marinetti in un delizioso poema. Non ho ancora potuto mettere il progetto in esecuzione, perché se è facile far sparire una tela dal Louvre, vi sfido a farne entrare una sola». La figlia aveva all’epoca poco più di un anno. La moglie sposò poi nel 1927 il fratello di Vincenzo, Ernesto, che morì nel 1947 mentre i giornali titolavano «È morto il ladro della Gioconda», creando una certa confusione e qualche imbarazzo. Il film girato da Castellani nel 1978 riportò questi dati errati e fece morire l’uomo solo e alcolizzato, mentre Vincenzo morì a Saint Maur des Fosses. In un altro recente film, L’uomo che rubò la Gioconda, è Alessandro Preziosi a interpretare il ladro e assistiamo a un’altra falsificazione: qui il Peruggia ruba il quadro per dimostrare il suo amore a una ragazza. Tra i libri che si possono leggere sull’argomento segnaliamo Ho rubato la Gioconda di Pietro Macchione, che ne è anche editore e ha da poco ristampato l’opera in versione aggiornata. Lorenzo Morandotti Il Corriere di Como 31 luglio 2011

SCIENZA L’origine delle ali degli insetti

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vrebbero avuto origine da placche della regione toracica, con il reclutamento di geni delle zampe per regolarne lo sviluppo . Un nuovo ordine di insetti dal Cretaceo inferiore del Sud America è stato scoperto da un gruppo di ricercatori del Museo di storia naturale di Stoccarda, che ne riferiscono in un articolo pubblicato su un numero monografico dedicato agli insetti del Cretaceo della rivi-

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NEWS

a cura di Enrico Baccarini

sta Insect Systematics&Evolution. Grazie al fatto che a essere stati scoperto sono stati sia esemplari adulti alati sia larve, tutti ottimamente conservati, Arnold H. Staniczek, Günter Bechly e collaboratori sono stati in grado di chiarire la posizione filogenetica di questi animali che rappresenterebbero gli antenati estinti delle attuali effimere. I Coxoplectoptera differiscono tuttavia in modo significativo sia dalle effimere e sia dagli altri insetti alati. Forniti di venature delle ali simili a quelle delle effimere, di un torace e di ali che ricordano quelle delle libellule e zampe che richiamano quelle delle mantidi, religiose, questi insetti alati sembrano un mosaico di vari animali. Le larve ricordano invece i gamberetti d’acqua dolce. Per quanto riguarda il loro stile di vita vi sono alcuni aspetti enigmatici. Diverse caratteristiche anatomiche e del sito di ritrovamento sembrano suggerire con forza che essi vivessero in un habitat fluviale, mentre la loro singolare anatomia fa pensare che fossero dei predatori, che con molto probabilmente, a dispetto delle ali di cui erano dotati, si nascondevano all’interno di buche scavate nel letto dei fiumi. La scoperta di questi nuovi organismi - osservano i ricercatori - può fornire importanti indizi per chiarire l’origine evolutiva delle ali degli insetti, un tema ancor oggi alquanto controverso. Gli scienziati presumono che le ali abbiamo avuto origine da placche della regione toracica, con il reclutamento di geni delle zampe per regolarne lo sviluppo. Corriere della Sera 21 luglio 2011

SCIENZA Ragni enormi e invulnerabili in Groenlandia

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inglese The Register riferisce di un’équipe scientifica danese che ha rilevato come i giganteschi aracnidi carnivori della Groenlandia conosciuti come “ragni lupo” (Pardosa glacialis) hanno da qualche tempo preso ad aumentare le proprie di-

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mensioni medie - presumibilmente a causa del riscaldamento terrestre - fino a dieci percento l’anno. La testata calcola che, se dovesse proseguire la tendenza, tra cinquant’anni saranno dei bestioni grandi come delle camionette. Peggio, saranno anche coperti di una resistentissima armatura, superiore a quella attualmente in uso sui mezzi militari, dello spessore di 26 cm, praticamente invulnerabile alle armi leggere. The Register e Antikitera.net 30 luglio 2011

SCIENZA Ritornano animali estinti

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’inglese Daily Mail riferisce dell’eccessivo entusiasmo con cui la comunità scientifica conferma l’avvenuta estinzione di intere razze d’animali. Secondo uno studio citato dalla testata, circa un terzo di tutte le specie di mammiferi dichiarate estinte rispuntano poi vive e vegete. Il caso più recente nell’ordine del tempo riguarda l’okapi,

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a cura di Enrico Baccarini una sorta di cugino più basso della giraffa che vive nell’Africa centrale. Considerato estinto da 80 anni, l’animale è riapparso quattro anni fa. Pare fosse più timido che scomparso. Altri casi riguardano il solenodonte cubano, una sorta di gigantesco toporagno; la volpe volante di Vanikoro delle Isole Salomone, un raro pipistrello; il ratto centrale della roccia, un piccolo roditore dell’Australia; e altri ancora. Hanno in comune, a quanto pare, la scarsa voglia di farsi contare dagli scienziati. Daily Mail e Antikitera.net 27 luglio 2011

SCIENZA Pianta carnivora che mangia ratti

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l Daily Mail ha dato notizia della scoperta nelle giungle delle Filippine di una pianta carnivora capace di inghiottire e digerire - interi - ratti e altri roditori. La pianta, con vistose macchie di colore popora e a vaga forma d’imbuto, intrappola le prede nel fluido che raccoglie al suo interno, dove prima annegano e poi vengono digerite dagli acidi e enzimi che l’organismo secerne. I succhi digestivi disciolgono le parti molli delle vittime, lasciando solo le ossa. Al vegetale è stato dato il nome di Nepenthes attenboroughii in onore del noto divulgatore scientifico inglese Sir David Attenborough, che si è dichiarato “assolutamente lusingato” dal riconoscimento. Daily Mail e Antikitera.net 31 luglio 2011

SCIENZA I computer del futuro? Grafene invece che silicio

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a scoperta che vale un Nobel: un materiale derivato dalla grafite (quella delle matite) con proprietà superiori. La Silicon Valley è ormai sorpassata e quel nome che indicava fino a poco tempo fa il

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NEWS cuore dell’innovazione tecnologica potrebbe presto essere sostituito dalla Graphene Valley . Sì perché i nuovi pc potrebbero mandare in pensione il silicio per far posto al grafene, leggero e incredibilmente più resistente dell’acciaio, straordinario conduttore di elettricità e di calore e duro, durissimo. Più dei diamanti. Non solo: la nuova generazione di computer e smartphone composti da questa leggerissima sostanza sarebbe anche meno affamata di energia. GRAZIE A DUE FISICI RUSSI - Un tempo la parola grafene faceva pensare alle mine delle matite, costituite da grafite. Ma da quando, nell’ormai lontano 2004, i ricercatori dell’Università di Manchester Andre Geim e Konstantin Novoselov sono risusciti a ricavare dalla grafite il grafene, questo miracoloso materiale è stato incoronato ufficialmente erede del silicio. È costituito da una molecola bidimensionale di atomi di carbonio, viene utilizzato nei semiconduttori e in futuro i processori al grafene potrebbero essere molto più leggeri, piccoli e soprattutto più veloci degli attuali. Geim e Novoselov si sono aggiudicati un Nobel per la scoperta e la notizia non sorprende. GLI ESPERIMENTI DEL VENERDI’ SERA - Le università di mezzo mondo sono già al lavoro per mettere a punto apparecchiature con l’innovativo materiale, come per esempio computer touchscreen, abbandonando completamente il silicio. La coppia di scienziati, che ha lavorato gomito a gomito per un decennio (Novoselov era uno studente di Geim), era solita dedicare ogni venerdì sera ad esperimenti fuori dagli schemi, non strettamente correlati ai loro compiti principali. E proprio durante una di queste serate i due hanno usato del normale nastro adesivo per rimuovere dei sottili strati di carbonio da un pezzo di grafite e si sono ritrovati tra le mani un materiale costituito da uno strato monoatomico (vale a dire con uno spessore equivalente alle dimensioni di un solo atomo) di atomi di carbonio. Secondo Novoselov, nonostante le interessanti proprietà fisiche scoperte nel corso della sperimentazione possano avere un immediato uso pratico nello sviluppo di apparecchiature elettroniche, «un’ulteriore comprensione delle capacità elettroniche

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a cura di Enrico Baccarini

di questo materiale rappresenterà un passo avanti verso la totale sostituzione del silicio». Emanuela Di Pasqua Il Corriere della Sera 25 luglio 2011

MISTERO Il Nobel Montagnier: “Il dna si teletrasporta da cellula a cellula”

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na ricerca dello scienziato francese dimostrerebbe che i geni viaggiano sulle onde elettromagnetiche. Ma non tutti sono d’accordo. Il 1953 è stato l’anno della scoperta della conformazione a doppia elica. Il 1968 quello degli enzimi di restrizione, capaci di tagliare il dna in particolari punti. Nel 1983 Kary Mullis ha inventato la PCR, un sistema per riprodurre velocemente copie identiche di un segmento di dna. Il 2001, poi, è stato l’anno del sequenziamento del genoma umano. Il 2011, invece, potrebbe essere l’anno della scoperta delle proprietà elettromagnetiche del dna. In questi giorni, infatti, il premio nobel Luc Montagnier ha reso pubblici gli ultimi risultati di una ricerca p o te n z i a l m e nte rivoluzionaria su come il dna sarebbe in grado di “teletrasportarsi” tramite emissioni elettromagnetiche. L’ipotesi dello scienziato francese è che i singoli filamenti di dna (e, volendo, anche i singoli geni) sono in grado di emettere onde elettromagnetiche che si propagano attraverso la formazione di nanostrutture d’acqua. Non solo, questa proprietà permetterebbe ad alcuni microorganismi di infettare cellule a distanza, con un processo che ricorda il teletrasporto.

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Ma partiamo dall’inizio: la dimostrazione delle proprietà elettromagnetiche del dna. Lo strumento utilizzato dalla squadra di ricerca consiste in un solenoide all’interno del quale viene alloggiata una provetta contenente la soluzione biologica da analizzare. Il materiale biologico viene eccitato elettromagneticamente e i segnali risultanti vengono catturati e amplificati tramite computer. I risultati registrati sono senza precedenti: le soluzioni biologiche ricavate da colture cellulari batteriche e virali emettono onde elettromagnetiche a bassissima frequenza (tra i 500 e i 3000 Hz), e i medesimi risultati vengono ottenuti analizzando il solo dna estratto dagli stessi microorganismi. Non solo, si è anche notato che le emissioni elettromagnetiche non dipendono dalla quantità di cellule utilizzate nella coltura, e che anche singoli geni sono in grado di produrre simili emissioni. Va bene, questo significa che le singole molecole di dna, se sottoposte a eccitazione elettromagnetica, sono in grado di riemettere segnali captabili: ma come si arriva al teletrasporto di dna da una cellula all’altra? È qui che interviene l’elemento più provocatorio (e controverso) dello studio di Montagnier. I ricercatori hanno notato che le emissioni del dna provocavano cambiamenti nelle nanostrutture dell’acqua. Successivamente hanno dimostrato che queste emissioni potevano influire anche sulle nanostrutture una soluzione acquosa priva di elementi biologici. Ipotizzando che queste specifiche nanostrutture potessero fungere da impalcatura per la riproduzione della molecola emittente, hanno inserito nella provetta contenente acqua gli elementi necessari alla sintesi di dna (enzima polimerasi, nucleotidi e primer). Quando sono andati ad analizzare il dna prodotto, hanno trovato sequenze per il 98% identiche a quelle originali. Sostanzialmente, dunque, il dna sarebbe in grado di trasferire informazioni sulla propria struttura attraverso l’acqua, al punto da poter ricostruire la molecola in un altro ambiente acquoso. Una scoperta del genere sarebbe già sufficiente a fare scalpore, ma a Luc Montagnier non basta. Il virologo Premio Nobel arriva a ipotizzare che questa proprietà

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NEWS

a cura di Enrico Baccarini venga utilizzata dai microrganismi per infettare altre cellule. “ Dobbiamo supporre che in presenza di cellule eucariote la sintesi dei componenti del micoplasma (lipidi di membrana, ribosomi) possa essere istruita dal dna del micoplasma”, spiega Montagnier , “ Un’unica cellula di micoplasma è, quindi, sufficiente a generare l’infezione totale dei linfociti”. Affermazioni come questa hanno creato non poche perplessità all’interno della comunità scientifica. Alcuni, come il chimico Derek Lowe, sostengono che la tesi di Montagnier non è supportata da una quantità sufficiente di dati e da prove incontrovertibili di riproducibilità. Nel frattempo, la squadra di Montagnier sta già ipotizzando applicazioni mediche di questa scoperta, principalmente nell’ambito dello studio dell’HIV. Per saperne di più, è possibile consultare il paper fornito dall’Università di Milano Bicocca. traduzione di Fabio Deotto per Mysterium Daily Wired 27 luglio 2011

MISTERO UFO invisibili? Non all’occhio elettronico

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l fenomeno UFO ha un’unica origine? Indipendentemente dalle personali convinzioni sull’ipotesi aliena è un dato di fatto che le diversità, in ogni tipo di avvistamento, sono spesso così nette da far sorgere il sospetto su come l’ufologia presenti sfumature diverse. In un’ inchiesta in quattro puntate, l’ IngegnerDonatello Guerrera espone i risultati di uno studio effettuato su un campione di 57 avvistamenti. Casi direttamente o indirettamente indagati dal Centro Ufologico di Benevento e Centro Ufologico Mediterraneo. Nella prima puntata dell’inchiesta sono stati sviscerati gli obiettivi della ricerca. Nella seconda puntata invece, Guerrera si è maggiormente focalizzato sulle varie forme che assumerebbero gli oggetti volanti in diversi avvistamenti. Una catalogazione esatta e precisa è utopia, in quanto il fenomeno UFO è in

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continuo aggiornamento e soprattutto esistono variabili imprevedibili. Anche per questo motivo lo studio dell’ Ingegner Guerrera si è ancorato ad un numero di avvistamenti contenuto e in un arco di tempo (tre anni) piuttosto delimitato. Sembra di poter notare che anche i colori degli UFO tendono a variare di volta in volta… “I colori più comuni, per quanto riguarda le sfere, sono il bianco, il rosso l’arancione e il giallo e la luce emessa viene anche descritta come “pulsante” o “intermittente” e in qualche caso cambiano colore. Spesso, i colori indicano i livelli di attività degli ufo e quelli di colore rosso o arancione fanno trasparire appunto una bassa attività, per cui gli ovni si vedono molto lenti o addirittura stazionari”. Come mai, soprattutto di giorno, gli UFO non sarebbero facilmente percepibili da un occhio umano? “Gli ufo, con la luce diurna, sono spesso di aspetto metallico e/o visibili solo in frequenze non percepibili dall’occhio umano, bensì solo da fotocamere e videocamere. Spesso tendono a “spegnersi” e ricomparire poco dopo. Per quanto riguarda gli oggetti discoidali si presentano frequentemente di aspetto metallico, quindi di colore grigio. Una caratteristica comune per tutte le tipologie di avvistamenti è la totale assenza di rumore”. Gli avvistamenti di massa sfuggono a questa catalogazione? “Gli avvistamenti di massa sono decisamente più rari, come ad esempio è successo il 13 marzo 1997 a Phoenix, Arizona, in cui oltre 10.000 persone videro un oggetto a forma di “V” lungo circa 1500 metri, così grande da riuscire a contenere quaranta aerei B2. È proprio grazie ai punti comuni di una miriade di testimonianze, foto e filmati, che si riesce a fare un lavoro di catalogazione, ma attenzione, onde evitare fraintendimenti, questo non significa di certo che tutti gli avvistamenti vengono catalogati come di origine per forza di cose extraterrestre o non convenzionale”. NotizieFresche 31 luglio 2011

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La linea dell’Orso

Gesù, Maddalena, Re Artù, catari, templari Davide Ursi

DISPONIBILE IN LIBRERIA

Una linea sottile ma ben delineata

che va da Gesù ai templari passando attraverso il leggendario Re Artù raccontata all’autore da un personaggio misterioso incontrato a Rennes le Château. Un romanzo avvincente e ricco di spiritualità.


VIDEO tempo di lettura 3 minuti

a cura di Andrea Critelli

La videoteca virtuale di Runa Bianca ARCHEOSTORIA Amedeo Guillet La leggenda del comandante diavolo

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a storia straordinaria di un uomo dai mille volti: ufficiale, agente segreto, ambasciatore, stalliere, acquaiolo, scaricatore di porto e soprattutto guerriglie-

ro. Un uomo camaleontico, imprevedibile e temerario che per restare fedele al suo codice d’onore cambierà identità, patria e lingua. La sua avventura comincia con la disfatta fascista in Africa orientale. GUARDA VIDEO >>

ARCHEOSTORIA Scoperta probabile tomba nel tunnel Ravne

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pochi minuti dalla scoperta di un’anomalia nei tunnel di Ravne, Visoko (Bosnia) l’intervista al Prof. De Bertolis del gruppo SB Research Group. Successivamente, in merito alla scoperta effettuata il 22 Luglio nei tunnel di Ravne a Visoko (Bosnia) l’intervista all’arch. Vincenzo Di Grego-

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rio. Entrambi i video son stati girati dentro i tunnel di Ravne, la luce è quella di una torcia che si faceva passare da mano in mano, i sorrisi e la voce tremolante tradiscono l’emozione dell’evento. Sulla scoperta più avanti l’articolo in queste stesse pagine di Di Gregorio. GUARDA VIDEO 1 >> GUARDA VIDEO 2 >>

SCIENZA L’acqua che scorre sul suolo di Marte

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ul suolo marziano ci sarebbe acqua allo stato liquido che scorre durante la primavera e l’estate sui pendii del Pianeta Rosso, per poi ritirarsi durante l’inver-

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VIDEO

a cura di Andrea Critelli le sorprese inaspettate. GUARDA VIDEO >>

so. Acqua salata, capace di non trasformarsi in ghiaccio alle rigide temperature marziane, che disegna dei piccolissimi ruscelli. L’annuncio della Nasa e le spettacolari immagini della scoperta. GUARDA VIDEO >>

SCIENZA Addio, Space Shuttle

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i chiude un capitolo dell’epopea spaziale, con il lancio della navetta americana Atlantis che segna la fine delle missioni dello Space Shuttle. Una storia lunga trent’anni che ha conosciuto i suoi momenti di gloria e le sue tragedie. GUARDA VIDEO >>

MISTERO La spada nella roccia

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ntervista all’ing. Mario Moiraghi in merito alle vicende di San Galgano e a come le sue gesta fecero fiorire la leggenda di re artù. Il percorso personale di Moiraghi che lo ha portato da “semplice” ingegnere a storico prima e scrittore medievalista dopo. Una ricerca lunga e sofferta che è durata oltre un decennio e che ancora oggi può riservare del-

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MISTERO A caccia di Azzurrina

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erra Incognita si spinge fino ai confini più labili e incerti della ricerca scientifica e, dopo gli oggetti volanti non identificati, la nostra bussola punta ora in direzione del paranormale. Numerosi sono i castelli che in Italia ospiterebbero presenze non ben definite, ma uno in particolare sembra essere il fulcro di indagine di numerosi

gruppi di studiosi: il castello di Montebello, dimora della piccola Guendalina scomparsa nel nulla nel 1375. Era albina e, per proteggerla dal pregiudizio popolare, la madre tentava di colorarle i capelli con pigmenti di natura vegetale con scarso successo, ottenendo solo dei riflessi azzurri per la quale fu soprannominata da tutti “Azzurrina”. Grazie ad un permesso speciale, Terra Incognita ha potuto seguire Daniele Gullà e la sua squadra nelle indagini presso il famoso castello. Ecco i risultati che sono emersi durante le ricerche. GUARDA VIDEO >>

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LIBRI tempo di lettura 8 minuti

a cura di Andrea Critelli

La libreria virtuale di Runa Bianca ARCHEOSTORIA Archeologia e infrastrutture Il tracciato fondamentale della linea C della metropolitana di Roma: prime indagini archeologiche A cura di Roberto Egidi, Fedora Filippi e Sonia Martonele Casa Editrice Leo S.Olschki p. 328, 2011, € 84,00

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questo un primo rendiconto delle indagini archeologiche preventive svoltesi dal 2006 al 2009 lungo il Tracciato Fondamentale della nuova Linea C della metropolitana di Roma. La linea – progettata con lo scopo di migliorare la mobilità urbana – attraversa quasi per intero una città complessa e ricca di beni culturali come Roma e ne intercetta inevitabilmente anche le preesistenze archeologiche esistenti nel sottosuolo; le Amministrazioni pubbliche competenti si sono dovute relazionare sul piano operativo con i soggetti incaricati dell’esecuzione, sia determinando innovative scelte tecnologiche nella fase delle indagini preliminari, sia obbligando a varianti anche sostanziali rispetto al progetto originario. In sostanza, si evidenzia qui l’importanza dell’«archeologia preventiva», ovvero l’anticipazione delle ricerche mediante scavi e sondaggi anche di limitata estensione già nel corso dell’elaborazione del progetto preliminare, al fine di limitare eventuali scoperte for-

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tuite. Si sono così potute affrontare ricerche altrimenti impensabili nel centro di Roma, con scoperte imprevedibili e talora anche di grande portata per l’urbanistica della città antica, soprattutto nel Campo Marzio, ai margini di piazza Venezia e a ridosso del Foro di Traiano.

ARCHEOSTORIA Lunigiana. Terra di templari di Luigi Battistini e Enrico Calzolari Marna p. 184, 2006, € 20,00

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n questo libro vengono presentate le tracce che i Templari hanno lasciato nella “Lunigiana storica”, terra posta fra la Pianura Padana e il Mar Tirreno, che nel Medioevo comprendeva le valli della Magra e del Vara, le Cinque Terre e la Versilia fino al castello Aghinolfi. Gran parte di queste tracce sono riconducibili alla “simbologia templare” e a conoscenze segrete che qui vengono rivelate. La ricca presenza in loco di petroglifi contenenti simboli utilizzati dai Templari, spesso anche risalenti a epoche precedenti, ha consentito di costruire un vero e completo “corpus epigrafico”, finora mai tentato dagli studiosi della Lunigiana. Nel libro viene presentata anche una valida difesa storica e giuridica dell’antico Ordine del Tempio e viene ribadita la necessità, ormai non più procrastinabile, che l’Ordine, attualmente ancora “sospeso”, torni ad essere corpo vivo di Santa Romana Chiesa, adeguandone gli scopi originali all’attuale momento storico. Gli au-

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LIBRI

a cura di Andrea Critelli

tori, laureati entrambi presso l’Università di Pisa, hanno avuto percorsi lavorativi diversi e una grande passione per la storia e la ricerca.

SCIENZA La Mente ama. Per capire cosa siamo con gli affetti e la nostra storia di Alessandro Bertirotti Il Pozzo di Micene p. 176, 2011, € 18,00

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entir parlare di amore in relazione alla mente appare una contraddizione in termini ma solo se ci fermiamo a quella vecchia e stantia dicotomia che vuole mente e cuore su piani diversi e con compiti prettamente diversi. Già Ovidio nell’Ars amatoria qualche secolo or sono ci ammoniva con una prescrizione: “Convinciti che ami, pur desiderando fuggevolmente, e poi credilo tu stesso” … e aggiungeva. “Ama veramente solo colui che riesce a convincersi di ardere di passione”. Dunque in noi è possibile ritrovare questo meccanismo che in genere chiamiamo amare e forse Ovidio percepiva l’importanza di quello che oggi molti antropologi, affetti da insano psicologismo, definiscono motivazione. Per meglio dire la motivazione dovrebbe essere quell’impulso conscio o inconscio ad agire per soddisfare carenze intervenute a turbare l’equilibrio di adattamento. Si traduce nell’espressione dei motivi che inducono un individuo a una determinata azione. Anche l’amore ha queste caratteristiche, questo fondamento, che in noi lavora su basi biologiche oltre che psichiche, data la naturale attrazione che i nostri feromoni suscitano reciprocamente quando si avvicina un altro essere umano. L’amore per qualcosa o per qualcuno sembra essere la componente energetica di attivazione della motivazione. Ma allora perché, visto che ogni individuo, come tutti gli esseri

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viventi che tende all’omeostasi, si innamora? Perché va alla ricerca di situazioni conflittuali? Perché si dibatte tra questioni affettive non sempre soddisfacenti, perché andare verso a tutto ciò che ci potrebbe travolgere, metterci in discussioni talvolta devastare? Meglio fare come Gozzano, che non amava che le rose che non colse, privando se stesso e la signorina Felicita di una possibile gioia di vivere oppure decisamente amare. Alla domanda sul perché di questa insana inclinazione Alessandro risponde spesso che innamorarsi è da deficienti, ed io mi chiedo perché lo dica con tale convinzione…sarà frutto di esperienza diretta e conseguente consapevolezza. Troppi innamoramenti lo hanno fatto riflettere al punto da dare un titolo al suo libro così esplicito ed inappellabile quasi quanto il sottotitolo, che recita una promessa : per capire ciò che siamo con gli affetti e la propria storia. Fromm sostiene che l’amore è una un’attenzione attiva, funzionale alla vita ed alla crescita di noi stessi e di quelli che amiamo, per cui senza amore non c’è crescita, conoscenza, espansione, senza amore forse non sarebbe stata necessaria neppure l’antropologia. In fondo, come Lui, noi tutti viviamo o abbiamo vissuto questa straordinaria condizione di soggetti attivi nella dinamica dell’innamoramento in cui anche il tempo può diventare relativo così come lo spazio che ci circonda vista la specifica condizione di benessere che il sentirsi amati e, se fortunati, anche ricambiati genera. In sostanza siamo tutti un po’ “deficienti” ovvero manchiamo, chi più chi meno, di quella quota di razionalità esistenziale, di cinismo relazionale che potrebbe, se affetti da costanza e diligenza, ‘proteggerci’ dai piaceri/dispiaceri dell’amore. Per dirla in sintesi il nostro antropologo con queste pagine, senza presunzione di fornirci regole di verità assoluta, semplicemente ci sollecita ad una profonda riflessione su un assunto dal quale muove tutto il suo ragionamento: ‘la mente ama’, intendendo dotare la mente di una condizione sostanziale che si nutre dell’unità tra mente e cuore.

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a cura di Andrea Critelli Sono passati secoli e milioni di parole da quando l’essere umano si è posto il problema della sua ‘unità, Platone docet, si sono formulate altrettante ipotesi per tentare di sviluppare una tesi a sostegno di questo assunto, riconoscendo nel prodotto di ogni nostro agire una base fondamentale che niente altro è se non l’amore inteso come energia psico-fisica. L’amore, sostiene Bertirotti, conduce alla conoscenza, apre la sfera della coscienza e sempre l’amore ne determina i limiti. Un adagio popolare sull’amore ammonisce sulla cecità che lo caratterizza, condizione indispensabile sembra a lenire la consapevolezza della finitudine dell’esistenza che ci farebbe naturalmente soccombere. Non senza interrogativi mi sono presa l’incombenza poco agevole di presentare questo lavoro, compito ancor più difficile se a scrivere è un caro amico, cercando di essere, per quanto possibile, attenta alle argomentazioni, ai riferimenti scientifici, allo sviluppo delle proposizioni che sostengono la tesi inclusa nel titolo. Consiglio la lettura di questo saggio che, pur nella sua straordinaria complessità di impianto multidisciplinare, ci può regalare un motivo in più per riconoscere la necessità di amare e metterci in gioco, con quanto ci circonda, rispetto ad un vissuto pregno di quel materialismo che troppo spesso ci porta lontano dal grande mistero che è l’uomo. Marcella Matelli

SCIENZA Scienza della natura e stregoni di passaggio di Alessandro Giuliani e Carlo M. Modonesi Jaca Book p. 114, 2011, € 12,00

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lessandro Giuliani e Carlo Modonesi sono due uomini di scienza dotati di un ottimismo che poggia sul raffinato “canone” artigiano che da

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Galileo in poi ha ispirato la grande tradizione scientifica nel “penetrare” il mondo naturale. Una natura che per altro non è contemplata solo dalla scienza, ma anche dall’arte e dalla spiritualità. Il mantenimento e l’abbandono di quel canone comporta la differenza tra la bella e la brutta scienza. Tale mantenimento è un compito di primaria importanza, soprattutto in questi tempi in cui le scienze naturali, e le tecnologie derivate, stanno attraversando un momento particolarmente critico per la loro capacità di incidere, come mai accaduto prima, nella storia futura del pianeta e della nostra specie. In questo libro gli autori conducono per mano il lettore sui sentieri delle scienze naturali contemporanee, svelando insidie, trabocchetti e responsabilità di molta brutta scienza che regna sovrana nell’agone mediatico ad uso di politici irresponsabili ed interessi economici pregiudicati. Ma gli autori mostrano anche i passaggi incontaminati che possono dischiudersi quando la pratica scientifica recupera la sua dimensione concreta e contemplativa e il valore fondamentale della sacralità della natura.

MISTERO La Bibbia Decifrata. Contraddizioni e misteri nelle Sacre Scritture di Vittorio Di Cesare Eremon Edizioni p. 240, 2011, € 16,00

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e ricerche archeologiche condotte in Israele, anziché produrre certezze hanno acceso infuocati dibattiti sul piano religioso e politico. Quali contraddizioni storiche esistono nella Bibbia da far dire che sarebbe necessario riscriverla? Perché si difende a spada tratta o si contesta la realtà delle figure patriarcali di Abramo e Mosè, di re Davide e Salomone? Gerusalemme fu

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LIBRI

a cura di Andrea Critelli

davvero una grande città? I celebri testi di Qumran furono scritti davvero dagli Esseni? Chi e perché vorrebbe clonare Cristo dal suo sangue preso dalla Sindone? Una ventata revisionista coinvolge e sconvolge la cosiddetta Biblical Archaeology. In questo libro un’inchiesta dall’originale finale sugli enigmi della Bibbia e sulle realtà parallele del monoteismo ebraico-cristiano.

MISTERO Sulle tracce di Noè. Angelo Palego e la Montagna dell’Arca

di Francesco Arduini Ass. Terre Sommerse p. 130, 2011, € 18,00

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l libro-intervista con l’intento di esporre in maniera sistematica le informazioni e i risultati raggiunti in più di venticinque anni di ricerche sul monte Ararat. Tenendo sempre presente che le matematiche certezze appartengono più all’uomo di fede che all’uomo di scienza, l’autore precisa la sua cautela verso qualsiasi ferma convinzione possa trapelare dalle dichiarazioni contenute nelle pagine del libro.

ROMANZO Glaucus il mistero della necropoli di Mauro Olla GC Edizioni p. 104, 2009, € 6,90

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os’è accaduto al professor Antygonos, improvvisamente scomparso mentre stava dirigendo una serie di scavi archeologici nella necropoli di Sulk City? Chi si nasconde dietro le sette

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necrofile che imperversano nottetempo in quel luogo dimenticato? E, soprattutto, cosa potrebbe accadere, in un futuro ad alto tasso tecnologico, se una sola persona si impadronisse delle poche testimonianze superstiti di un’antica cultura e di antichi strumenti della comunicazione, ormai perduti nei meandri più remoti della memoria del genere umano? Nella Sardegna sud-occidentale del 25° secolo, in cui persino i nomi delle località soggiacciono all’egemonia globale della lingua inglese, due giovani ex colleghi universitari, un archeologo e una robotista, cercano, unendo le rispettive conoscenze, di dare una risposta a questi e altri dilemmi.

ROMANZO Marathon. La battaglia che ha cambiato la storia di Andrea Ferdiani Newton Compton p. 327, 2011, € 9,90

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80 a.C. La flotta greca attende con ansia di conoscere l’esito della battaglia che si combatte alle Termopili, tra gli uomini del gran re Serse e i 300 eroi guidati da Leonida. Su una delle navi, Eschilo, in servizio come oplita, riceve la visita di una donna misteriosa, che gli racconta la sua personale versione della battaglia di Maratona, alla quale lo stesso poeta aveva partecipato dieci anni prima. I ricordi dei due interlocutori si intrecciano per ricostruire le verità mai raccontate del primo combattimento campale tra greci e persiani, ma soprattutto quel che accadde subito dopo, quando gli araldi dovettero correre ad Atene per comunicare la vittoria greca, prima che i sostenitori dei persiani aprissero le porte agli invasori. Marathon è la cronaca di una battaglia e di una corsa in cui i tre protagonisti mettono in gioco la loro amicizia e la loro stessa vita, per disputarsi l’amore di una donna e scoprire i limiti delle loro ambizioni.

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SITI WEB tempo di lettura 4 minuti

a cura di Andrea Critelli

Una selezione di blog, siti e portali ARCHEOSTORIA Ancient Lives

numero dei ricercatori è insufficiente per poter portare a termine il lavoro.

ARCHEOSTORIA

ancientlives.org

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università britannica di Oxford sta cercando decine di migliaia di volontari che aiutino gli specialisti a trascrivere i testi in greco ritrovati su oltre due milioni di antichi papiri nella città di Ossirinco in Egitto e finora rimasti in gran parte inediti. La conoscenza del greco non è affatto necessaria, fa sapere il “Times”: basterà solo trascrivere le lettere, al resto penseranno gli specialisti che, esaminando i primi frammenti, hanno già scoperto il testo di un Vangelo apocrifo risalente al terzo secolo. La maggior parte dei documenti, scoperti nei primi anni del Novecento e databili fra il 500 avanti Cristo e l’anno Mille dell’era cristiana, riguarda lettere, ricevute o conti ma non

mancano libri ed altri testi letterari. L’università ha messo on-line una prima tranche di 200mila papiri, insieme a un software di riconoscimento delle lettere che dovrebbe permettere agli utenti di trascrivere il testo: se avrà successo, il progetto verrà allargato alla parte rimanente dei documenti, dato che il

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I Castelli

www.icastelli.it

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ortale italiano dedicato al patrimonio castellano, fornisce il giusto peso e valore ai castelli ed alle torri d’Italia, da loro uno spazio, un’immagine, una voce, ma

soprattutto una luce, una luce nuova, caratterizzata dal bisogno che questi edifici hanno di essere conosciuti e valorizzati. Finalmente con il progetto icastelli.it, i castelli d’italia tornano a risplendere, ad illuminare il nostro territorio, ad avere quel ruolo dominante che avevano ed hanno fin dal Medioevo, un ruolo che nasce prima di tutto dalla loro collocazione all’interno del paesaggio, rurale o urbano che sia. Il sito si propone di raggruppare sotto il proprio portale tutti i castelli e le torri presenti in Italia, un progetto difficile ed ambizioso, ma di importanza primaria e necessaria, non solo per dare la possibilità a tutti quanti di scoprire e riscoprire la nostra storia, ricca di cultura, bellezza artistica e paesaggi-

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SITI WEB

a cura di Andrea Critelli

stica, ma anche per poter offrire un servizio a tutti coloro che lavorano nel mondo dell’arte e dell’architettura fortificata italiana.

SCIENZA Molecularlab www.molecularlab.it

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l sito offre un ampio sguardo approfondito al mondo dell’ingegneria genetica e biomolecolare, attraverso immagini, animazioni interattive e notizie quotidiane di carattere scientifico, medico, genetico, biotecnologico, bioetico. Il sito, orientato sia ai neofiti che ai più

creata l’Associazione Culturale Dal Tramonto all’Alba (www.daltramontoallalba.org) con lo scopo di portare avanti lo studio, la ricerca e la divulgazione delle tematiche che rientrano nell’ambito del paranormale con particolare attenzione alle fenomenologie PK a carattere infestatorio, all’ufologia e all’esoterismo; la catalogazione delle segnalazioni di eventi paranormali o avvistamenti ufologici e la promozione di visite e manifestazioni culturali. Il portale contiene più di 500 articoli e saggi, realizzati in questi anni dagli oltre 200 autori che vi hanno collaborato.

MISTERO esperti, ha una forte interazione con il pubblico, che può commentare le notizie, confrontarsi nel forum e offrire la propria esperienza agli altri su Scienza, Ricerca, Biotech e Biologia Molecolare:

MISTERO Dal Tramonto all’Alba

Extremamente

www.extremamente.it

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l blog ideato e curato della nota giornalista e conduttrice televisiva Sabrina Pieragostini. Uno spazio dove poter trattare liberamente di avvistamenti UFO e di cripto-

www.daltramontoallalba.it

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viluppatosi nel 2001 dall’incontro della passione comune di Michele Morettini e per il mondo della ricerca di “confine”, in breve tempo il sito diventa punto di riferimento Italiano per tutti gli appassionati in materia, grazie anche alla collaborazione di moltissimi ricercatori che iniziano a scrivere su argomenti come parapsicologia, ufologia, esoterismo, criptozoologia, luoghi misteriosi, antiche civiltà e moltissime altre tematiche. Nel 2003 viene

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zoologia, di teorie archeologiche alternative e di fenomeni Esp. Con l’occhio curioso di chi non vuole credere a tutti i costi, ma semplicemente provare a capire.

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MOSTRE & EVENTI tempo di lettura 5 minuti

a cura di Andrea Critelli

Le rassegne da non perdere

ARCHEOSTORIA 7 Giugno - 20 Settembre 2011

Ritratti

Le tante facce del potere Musei capitolini Via del Campidoglio, 1 - Roma

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Il ritratto è uno dei modi per tramandare la memoria di sé nel tempo. Attraverso le numerose tecniche artistiche adottate – pittura, scultura, fotografia e infine la più sconvolgente di tutte, la cinematografia, perché non congela la figura in un momento eterno, ma le dà una parvenza di mobilità e di vita – non muta il desiderio degli uomini di esorcizzare la morte lasciando ai posteri un’immagine di sé capace di sopravvivere nei secoli. La comparsa di un oggetto, non solo artistico, come sostituto dell’individuo è stata una delle prime azioni compiute dagli uomini, sia lasciando l’impronta delle proprie mani sulle pareti delle grotte, sia rivestendo i teschi degli antenati con argilla fino a dare loro un aspetto umano sia ancora erigendo sulle tombe segnacoli che ne dichiarino la presenza oltre la morte. Partendo da questa riflessione, la mostra a cura di Eugenio La Rocca e Claudio Parisi Presicce “Ritratti. Le tante facce del potere” - Roma, Musei Capitolini dal 10 marzo al 25

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settembre 2011 - rappresenta una duplice occasione per il visitatore. Da un lato, attraverso una ricchissima scelta di ritratti di altissimo livello artistico - oltre 150 pezzi tra teste, busti e statue a figura intera provenienti dai maggiori musei europei - si conoscerà meglio quali furono le origini del ritratto romano, e quali i modi di rappresentazione dei romani in un arco di tempo che va dalla città repubblicana all’età tardo-antica. Si parte dai primi ritratti in terracotta e in bronzo e si attraversa la vasta produzione in marmo e in bronzo di età imperiale. La mostra è la seconda tappa del progetto “I Giorni di Roma”, 5 mostre con cadenza annuale. Tre di queste presentano un taglio cronologico (“L’età della conquista” - già realizzata ai capitolini da marzo a settembre 2010, ha riscosso grande successo - dalla seconda guerra punica fino a Giulio Cesare; “L’età dell’equilibrio” da Traiano fino a Marco Aurelio; “L’età dell’angoscia” dalla dinastia dei Severi fino a Diocleziano), intervallate da due con un taglio tematico (“Ritratti. Le tante facce del potere” che è quella del 2011 e “Costruire un Impero”), che si presentano come zoom di approfondimento sul complesso fenomeno della cultura artistica romana già impostato con la prima esposizione. Tel. 06/0608 www.museicapitolini.org

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MOSTRE & EVENTI

a cura di Andrea Critelli

SCIENZA

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Il sapere scientifico della scuola Scienza in classe e comunicazione pubblica Secondo Convegno nazionale Museo d’Arte Moderna “V.Colonna” Via Gramsci, 1 - Pescara

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u18 è un progetto sull’educazione scientifica. La comunicazione pubblica della scienza prodotta a scuola si trasforma in un contesto di apprendimento per gli studenti e di ricerca e formazione per gli insegnanti. Su18 nasce dalla scuola ed è organizzata come un’associazione di scuole, una rete di reti con un assetto dinamico e ampliabile per permettere lo sviluppo di nuovi progetti e garantire sia la flessibilità che l’autonomia dei poli territoriali. Su18 favorisce la diffusione di nuove metodologie d’insegnamento in cui lo studente é al centro del suo percorso di apprendimento. Sviluppa e gestisce iniziative per comunicare la scienza prodotta all’interno delle scuole dagli studenti di ogni ordine e grado. Promuove e realizza progetti di ricerca e percorsi di formazione sul rapporto tra insegnamento, apprendimento e comunicazione della scienza. Stimola il dialogo e l’interazione tra il sapere scientifico della scuola e quello delle istituzioni (università, industria, enti di ricerca, fondazioni, associazioni) con l’obiettivo di estendere il progetto a tutti i livelli territoriali (regionale, nazionale, europeo). Combatte la dispersione scolastica e lavora sulla motivazione di studenti e docenti. A Su18 possono partecipare tutti gli allievi

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delle scuole dell’infanzia, elementari, medie e superiori pubbliche e paritarie. I ragazzi hanno la possibilità di costruire, analizzare percorsi scientifici sperimentali e imparare a comunicare in pubblico. Vengono valorizzate le loro capacità relazionali e le competenze dinamiche (spirito d’iniziativa, problem solving, capacità di organizzazio-ne, pensiero autonomo). Ai docenti Su18 offre aggiornamento, scambi alla pari e l’ingresso in un circuito come formatori, ricercatori o utenti. Su18 è un’opportunità per acquisire stimoli e nuove idee, rinnovare la didattica e realizzare curricoli più efficaci e motivanti. Su18 propone alle scuole diversi livelli di coinvolgimento: Le scuole polo, che gestiscono le sedi espositive e i progetti; le scuole della rete di servizi, che collaborano occupandosi di comunicazione, documentazione, sito, sezione multimediale e accoglienza; le scuole espositrici e le scuole visitatrici. Inoltre ci sono anche istituti che contribuiscono alla formazione, alla ricerca e al monitoraggio. Su18 nasce nel 1997 a Milano, da un’idea dei docenti dell’area scientifica dell’Istituto Sperimentale Rinascita A. Livi, in collaborazione con l’Associazione Rinascita per il 2000. Oggi, 2009, le sedi sono: Milano, Mantova, Monza, Rozzano, Pavia, Lodi, Brescia, Sestri Levante, Pescara, Siena. Su18 ha anche un’estensione in Mozambico. Su18, oltre a essere un Progetto sulla comunicazione pubblica della scienza prodotta a scuola, lavora sulla formazione dei docenti e si occupa di ricerca sull’immaginario di studenti, docenti, famiglie e scienziati. Contribuisce concretamente a diffondere una cultura della scienza più estesa e profonda, condizione per una partecipazione attiva del cittadino alla vita e allo sviluppo del Paese. Tel. 02/88444498 (10 – 12,30) Fax 02/88444503 18mi.rinascita@tiscali.it 18pescara@libero.it www.scienza-under-18.org

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PERLE DI SAGGEZZA tempo di lettura 11 minuti

di Lillyy Antinea Astore

La Scienza dell’Universo

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l termine “esoterico” ha origine dal greco fine né come mezzo il celare delle verità che esoterikos che vuol dire dall’interno, connon sono altro che evidenze accessibili a tutti, trapposto ad “essoterico”, o dall’esterno. ma la contrario ha per scopo di far conoscere Per i filosofi greci esso si usava per qualifiuna verità che è nascosta solo ad uno sguarcare l’insegnamento riservato ad alcuni. do superficiale. Vi si riscontra una nozione di élite spiriTale realtà invisibile è al di là delle appatuale, solo alla quale certe verità sarebbero renze sensibili: questo è anche il senso della accessibili. parola occultismo. La nozione di élite è purtroppo mal vista L’esoterismo e l’occultismo sono così chianel nostro secolo, in cui si dà molta importanmati solo perché si occupano del fondo delle za al concetto di socializzazione: occorre duncose, della trama vivente, delle leggi dell’unique comprendere bene verso, di cui i nostri sensi che far parte di una scuonon ci lasciano percela esoterica non è mai pire che riflessi esteriori stato considerato come e apparenti: la Scienza un privilegio arbitrario, dell’interiorità delle cose. né come un privilegio di L’esoterismo è duncasta o di fortuna. que la scienza di quell’uL’insegnamento esoniverso che si dice inconterico è invece il privilescio, apparentemente gio di coloro che cercamisterioso e irrazionale, no ardentemente la veda cui il poeta e il profeta rità per sè stessa e sono traggono la loro ispirapronti a sacrificare tutto zione e il mago il suo poper essa. tere. È lo sfondo di ogni “Molti sono i chiamati, religione. ma pochi gli eletti”, si dice. Esiste una posizioLa ragione è che non si è ne complementare (o eletti che da noi stessi, equilibrio) fra l’Interiore attraverso lo sforzo efe l’Esteriore, lo spirito ed fettivo che siamo pronti il verbo, la sostanza e la a fare per accedere ad forma, la fede e il rito. una più ampia comprenNel linguaggio spiriTEILHARD DE CHARDIN sione della vita, “a un più tuale “segreto” significa gran bene” direbbe Platone o, come direbbe sacro e “mistero” significa ministero. Teilhard De Chardin, “ad un più essere”. I miti, i simboli e i riti non sono che le chiavi Una regola della tradizione dice che “non intellettuali e sensibili che permettono di pevi sono segreti, ma gradi di comprensione.” netrare nell’universo spirituale. Esoterismo non significa in nessun modo Se il profeta Isaia diceva: “tutto ciò che è “dottrina nascosta”. L’esoterismo non ha come glorioso sarà ricoperto di un velo”, S. Luca repli-

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cava, in un dialogo a distanza di tempo: “nulla La religione esoterica conosce invece un è nascosto che non debba essere scoperto, nulla Dio interiore, Dio d’amore che è “di più di noi di segreto che non debba essere conosciuto”. stessi”, e che agisce, crea, ama e realizza tutto Jean-Cloude Frère pose un giorno la doattraverso la scorza esterna del nostro modemanda: “chi si dice depositario di una tradisto essere terrestre. zione esoterica, vi si può interrogare a questo Un altro punto comune agli insegnamenproposito?”; il saggio Lanza Del Vasto De la ti esoterici è che sono trasmessi oralmente, Borie Noble, rispose: “No! Per definizione non ossia in maniera vivente e ispirata. Il Verbo crediate che il segreto riguardante queste cose del maestro, della guida, non ha altro scopo provenga dal desiderio di tenerle per sé o, di avse non quello di svegliare il verbo interiore e volgersi in un aureola torbida. Il segreto di tutte assopito del discepolo, come la maieutica di le tradizioni esoteriche, ve lo posso spiegare in Socrate o l’arte di partorire: “non si apprende tre parole: conoscenza, possesso e dono di sè nulla che già non si sappia”. stessi. Tutto il resto è favola e apparenze. Ma I testi sacri non sono che dei promemoria queste tre parole si possono dire a tutti senza dell’espressione del Verbo, della verità, e non che la gente le comprenda…il segreto famoso la verità stessa. Il segreto esteriore che cirche si mantiene da sé.” conda eventualmente questo insegnamento Un punto comune a tutte le dottrine esoorale, come pure i gruppi o le scuole dove teriche è la necessità di un’ ascesa spirituale esso è insegnato, è ugualmente una proteche può essere parimenti fisica, psicologica e zione contro la vana curiosità, l’incomprenmentale, per mezzo delsione ostile, ma è anche la quale l’iniziato, ossia una protezione contro l’introdotto, contempla il la vana protezione del concetto che si è iniziati profano, dell’essere non solo attraverso sè stessi, preparato, per il quale che entrare nel mondo la rivelazione prematuspirituale è il frutto di ra di certi aspetti delle una decisione personale verità potrebbe tradursi e perseverante. È scritto in un grave trauma, anainfatti: ”il regno dei cieli logo, sul piano psichico, appartiene a coloro che ad uno shock elettrise lo conquistano, l’inco sul piano fisico, ed è contro del discepolo con per questo anche che vi il maestro non è che l’insono sempre dei gradi contro con sè stesso, su d’iniziazione che perun’ottava superiore dell’emettono di progredire sistenza”. senza pericolo. Quindi esso tende L’iniziazione fornisce verso il suo obiettivo, una conoscenza che, per che è in un primo temil suo potere effettivo, po la visione del divino, può rivelarsi pericolosa LANZA DEL VASTO DE LA BORIE NOBLE e in un secondo tempo se nelle mani di chi non la fusione con il divino può ancora padroneg(occorre qui intendere la parola divino come giarla nel modo giusto: per questo è imporsorgente e risultato di ogni manifestazione). tante che il progresso tecnico vada sempre di La religione essoterica presenta un dio pari passo con la crescita morale. esterno all’uomo, un dio creatore e buono, Per riassumere possiamo dire che l’esotecertamente, ma inaccessibile e giustiziere, al rismo è la scienza dell’interiorità dell’Essere, quale non ci si può rivolgere che in termini di un’ontologia che trascende tutte le specusupplica. lazioni puramente intellettuali, attraverso la

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Lilly Antinea Astore percezione e la sperimentazione diretta. È anche la scienza della globalità dell’Essere, vale a dire l’affermazione e la descrizione di una unità organica fra tutte le parti dell’universo, fra ogni parte e il tutto (ad esempio l’uomo e il cosmo), ed di un’unità fondamentale di tutti i modi di procedere verso la ricerca di una conoscenza. L’esoterismo fornisce per ogni problema un punto di vista impersonale e a-temporale delle applicazioni universali. Se è relativamente facile afferrare quella che è l’affinità tra quello che è l’esoterismo e la religione, è più difficile per noi occidentali, abituati a delle barriere intellettuali analitiche, vedere in che cosa l’esoterismo è una scienza, malgrado il suo aspetto sperimentale non trascurabile e il suo apparato teorico. Già nel 1889, nel libro “I Grandi Iniziati”, Schuré poneva così il problema : “Il peggiore male del nostro tempo è che la scienza e la religione vi appaiono come forse nemiche e irriducibili, un male intellettuale tanto più dannoso perché viene dall’alto e si insinua silenziosamente, ma decisamente in tutti gli spiriti come un veleno sottile che si respira nell’aria”. Ora, ogni male dell’intelligenza diviene

con il tempo un male dell’anima e conseguentemente un male sociale. Gli scienziati, che praticano il metodo sperimentale per lo studio dell’universo visibile con una precisione meravigliosa e anche grandi risultati, si fanno delle verità un’idea tutta esteriore e materiale. Essi pensano che ci si avvicini ad essa via via che si accumula un più gran numero di fatti. Nel loro campo hanno sicuramente ragione, ma l’aspetto più grave è che i filosofi hanno finito per pensare nello stesso modo. Su questa via è certo che le cause prime e i fini ultimi rimarranno per sempre impenetrabili a quella che è l’essenza umana. La verità era invece un’altra cosa per i saggi teosofi dell’Oriente e della Grecia. Essi sapevano senza dubbio che, la Verità, non si può abbracciarla né equilibrarla senza una conoscenza sommaria del mondo fisico; ma sapevano anche che la Verità risiede prima di tutto in noi stessi, nei principi intellettuali e nella vita spirituale dell’anima. Per essi l’anima era la sola, la divina realtà, la chiave dell’universo. Raccogliendo la loro volontà al suo centro, sviluppando le loro facoltà latenti, essi raggiungevano quel focolare vivente, quel principio Divino che chiamavano Dio, la cui Luce fa intendere gli uomini

TRIANGOLO FILOSOFICO DELLA CONOSCENZA, DOVE L’ESOTERISMO APPARE CONTEMPORANEAMENTE COME LA SORGENTE E LA SINTESI DELLA RELIGIONE DELLA SCIENZA

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PERLE DI SAGGEZZA e gli esseri. Si può concepire questo triangolo filosofico della conoscenza, dove l’esoterismo appare contemporaneamente come la sorgente e la sintesi della religione della scienza. All’origine dei tempi, quando per l’uomo non si trattava che di dominare, controllare, dirigere le forze della natura, considerate come emanazione di un mondo divino, in senso a lui utile, tutta la conoscenza rivestiva contemporaneamente un aspetto tecnico, pratico, e un aspetto mistico, indissolubilmente legati. Solo molto tempo dopo, nell’età di Luce apparente e di vero oscurantismo, la dimensione magica della vita è stata rinnegata dall’una e dall’altra. Paradossalmente la scienza rigettò la visione metafisica dell’universo perché troppo primitiva, non seria, idealista, nebulosa; mentre la religione rigettò l’aspetto utilitario e tecnico dell’esoterismo, considerandolo troppo materialista e perciò demoniaco. Fino ad ora la scienza ha studiato l’insieme dei ALBERT EINSTEIN fenomeni dell’universo, ignorando in maniera deliberata la loro sorgente unica, mentre la religione parla della sorgente, omettendo di indicare la relazione organica e vivente che esiste tra questa sorgente e l’insieme delle manifestazioni concrete del nostro ambiente materiale; a tal punto che essa finisce per perdere anche di vista il suo specifico oggetto, divenuto troppo astratto. Quest’oblio di una visione globale dell’essere è alla base di ogni malattia sia fisica che mentale, filosofica ed anche politica. L’esoterismo, attraverso la reintegrazione universale che propone, pretende di poter ristabilire l’armonia su tutti i piani. La scienza è dunque un aspetto della conoscenza. Per fortuna, poiché il suo dinami-

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Lilly Antinea Astore smo la spinge a superarsi continuamente nell’esplorazione del mondo fenomenico e nella formulazione delle leggi essenziali che essa ne deduce, finisce, quasi suo malgrado, per pervenire ad una concezione metafisica dell’universo. Così come la biologia ci insegna che la vita si sviluppa e si propaga solo attraverso la trasmissione di informazioni fondamentali, formatrici ed attive (il codice genetico), la fisica ci dice che la luce stessa è un vettore o un supporto d’informazioni che sono all’origine di tutte le strutture fisicochimiche dell’universo. La scienza è arrivata alla deduzione che “la materia è intelligente”; ma il problema dell’origine di questa intelligenza resta (scientificamente) posto, non di meno il linguaggio scientifico potrebbe formulare in maniera chiara, coerente, intellettualmente soddisfacente le grandi intuizioni, le grandi certezze delle tradizioni spirituali e religiose. Un aforisma popolare ripreso dalla bibbia dice che “non vi è nulla di nuovo sotto il sole”. Per essere compresa, la formula dovrebbe aggiungere “e al di là del sole”; se tutto è in continuo movimento ed in continua evoluzione nel mondo fenomenico, si può non di meno constatare che non c’è alcuna reale novità nell’ordine delle idee e nelle leggi della natura. Ogni idea apparentemente nuova è il prodotto di un concorso di circostanze e di condizioni che la precedono, e si deve convenire che la gravitazione universale esisteva prima che Newton la formulasse, come d’altronde la relatività di Einstein. Se esistono innovazioni nel campo del pensiero, Newton e Einstein non hanno inventato niente. Verità ed efficacia sono due concetti fondamentali e interdipendenti: la Verità che non si traduce nel reale rimane sterile pensie-

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Lilly Antinea Astore ro, mentre l’atto non dettato dalla Verità non è degno di avere espressione nel mondo. Si può dire che la scienza è il dominio delle leggi formulate, la religione è quello delle leggi esistenziali non formulate, e l’esoterismo quello delle leggi non scritte. Victor Hugo diceva ”la scienza è l’asintoto della verità; se ne avvicina continuamente ma non la raggiunge mai”: man mano che la scienza umana estende quelle che sono le sue conquiste teoriche, la religione e l’esoterismo perdono apparentemente di contenuto a profitto però della tecnologia, che è una esternizzazione, un’applicazione pratica, uno sfruttamento di second’ordine. Resta, comunque, un ordine cosmico al quale, volente o nolente, lo scienziato deve sottomettersi. Se Prometeo può pretendere di essere la sua stessa legge, è perché il suo essere è un’incarnazione parziale dell’ordine cosmico, altrimenti non sarebbe niente: e se non lo riconoscesse sarebbe annichilito. Il grande astronomo Fred Hoyle, in ”Frontiere dell’Astronomia” afferma: “Il gioco di testa o croce è un gioco d’azzardo, un gioco sul caso. È per caso anche che molte cose ci vengono alla mente: il preciso momento - per esempio - in cui un’idea prende forma in

Lilly Antinea Astore È una studiosa eclettica con interessi in svariati campi che spaziano dalle Scienze di confine, all’esoterismo, dall’archeoastronomia, all’Arte ed all’Ufologia. È Cavaliere dell’Ordine Mistico Rosacrociano. A soli 15 anni intraprende il suo percorso di ricerca partecipando con un’innovativa relazione sul tema del “Rinnovamento”, presentata per la prima volta durante le conferenze organizzate presso le Università di Bologna e Camerino organizzate da Massimo Inardi, Peter Kolosimo, Roul Bocci ed il Conte Pelliccione Di Poli. In campo esoterico collabora con il “Centro Studi” di Lecce di Franco Maria Rosa dalla quale apprende ed approfondisce le Medicine olistiche. In campo culturale è Rappresentante internazionale della “Synergetic-art”, movimento artistico-culturale

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PERLE DI SAGGEZZA un cervello umano” ma il caso è un concetto di cui si è portati ad abusare anche troppo. Quando non arriviamo a comprendere qualche cosa, troppo spesso siamo tentati d’ammettere che la nostra ignoranza deriva dal fatto che non siamo riusciti ad individuare qualche capriccio del caso. Nel grande teatro i cui l’universo offre quello che è il suo spettacolo, i ruoli accoppiati di quella che viene chiamata coincidenza e del caso non esistono affatto: dai sistemi di galassie che si estendono su enormi distanze, fino al più umile dei pianeti e delle creature che vi possono vivere, sembra che esista una catena solidamente forgiata di cause ed effetti”. Ora, il principio di casualità è espresso da tutte le cosmogonie degli insegnamenti esoterici, i quali, anche se interessano il mistero e le dimensioni sconosciute dell’universo, non sono comunque razionali. Ogni manifestazione materiale ha una causa spirituale, e tutte le manifestazioni materiali si collegano le une alle altre attraverso una relazione di causa ed effetto che risale alla causa originale. Questa affermazione è alla base di ogni religione autentica.

fondato da Marisa Grande, che si prefigge come obbiettivo finale la ricomposizione di un sapere globale, una conoscenza collettiva, coniugando tra loro nuovi ed antichi saperi ed annullando i rigidi settorialismi accademici. Nell’ambito ufologico è da anni collaboratrice della RETE-UFO, per la quale presta anche il volto nella conduzione della web TV “UFORAMA ON TV”, visibile su YouTube. Parallelamente a queste attività di ricerca entra nel mondo della Comunicazione ed inizia a collaborare con famose emittenti radiofoniche. Nel 1990 è creatrice e conduttrice del programma radiofonico “DIMENSIONEX: INDAGINI NEL MISTERO” un programma radiofonico che affronta in maniera sinergica numerose e controverse tematiche per lo più ignorate dalla Scienza ufficiale e dall’ informazione generalista e che la consacra tra le principali divulgatrici in Italia delle tematiche legate al mistero, all’esoterismo, all’ufologia e all’archeo-astronomia.

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LA BIBBIA SVELATA tempo di lettura 6 minuti

di Mauro Biglino g

Dalle traduzioni letterali della Bibbia ricaviamo che non ci hanno raccontato tutto e nemmeno il vero

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roseguiamo il nostro viaggio nell’Antico Testamento per dire che chi segue determinati temi e legge la Bibbia con animo aperto e mente libera dai dogmatismi coglie vari aspetti che la teologia è stata costretta a rielaborare in chiave mitica, allegorica, metaforica ecc… Ma la letteralità del testo si rivela decisamente più affascinante. Sono innumerevoli gli esempi: le visioni dei carri celesti di Ezechiele, la vicenda del cosiddetto rapimento di Elia (anche se il termine rapimento risulta improprio alla luce dei fatti narrati dagli autori biblici), la visione di Zaccaria, molto meno conosciuta ma la cui traduzione diretta rimanda alla chiara ed inequivocabile rappresentazione di Oggetti Volanti Non (meglio) Identificati. Ci sono inoltre passi che vengono inspiegabilmente tralasciati e costituiscono invece interessantissime conferme indirette che assumono invece le caratteristiche di fondamentali elementi di prova. Facciamo alcuni esempi utili a chiarire il valore di questi particolari apparentemente marginali ma capaci invece di chiarire gli eventi meglio di ogni altra pretestuosa interpretazione di ordine teologico o dottrinale. Avremo modo di approfondire singoli temi negli articoli futuri e quindi per ora ci limitiamo a fornire alcuni spunti.

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Chi sa cosa fanno e come si comportano i discepoli di Elia prima e dopo la sua salita in cielo avvenuta su di un carro volante? La riposta a questa domanda ci dice che quel comportamento era coerente solo nel caso di un vero prelevamento e non lo si potrebbe in alcun modo spiegare diversamente. Chi tiene conto della parole di Zaccaria che, dopo avere visto gli oggetti volanti e le ‘femmine’ che li pilotano, definisce un rapporto preciso tra quegli OVNI e la terra di Shin’ar (Sumer) che Sitchin ci racconta essere il luogo in cui tutto è nato perché degli OVNI e dei loro piloti era l’originaria base terrena? Come si possono comprendere le conseguenze legate alla manifestazione della gloria di Dio a Mosè, se non si sa che il termine ebraico (kevòd) non rimanda a concetti di ordine astratto (come erroneamente interprato dai greci poi seguiti dalla tradizione) ma ad un ‘qualcosa di pesante’ che noi potremmo assimilare ad un aereo, un carro armato, un TIR…? Chi spiega perché Dio non era in grado di controllare gli effetti di questa sua manifestazione che risultava essere inevitabilmente mortale per chi la osservava da vicino? Chi può spiegare con coerenza il comportamento degli ‘angeli’ (mal’akim) che incontrano Abramo e Lot, compiendo una serie di atti che sarebbero ridicoli se attribuiti ad

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LA BIBBIA SVELATA esseri spirituali? Come spiegare la descrizione di quell’individuo (angelo?) che incontra Davide in un luogo così poco elevato come l’aia di una povera casa e gli incute un grande terrore? La riposta a queste e altre questioni, alcune delle quali vedremo tra breve, costituisce appunto testimonianza indiretta: i contenuti di quei racconti non sarebbero comprensibili se fossero semplicemente ricondotti all’ambito delle esperienze spirituali, oniriche, estatiche, mistiche… e ancor meno lo sarebbero se fossero considerati delle semplici allegorie, come spesso si fa al fine di annullarne la pericolosità e renderli innocui per le verità dottrinali che da questi vengono messe in crisi. D’altra parte si sa bene che gli angeli della tradizione cristiana hanno ‘ricevuto le ali’ solo nel IV secolo dopo Cristo, ad opera dei teologi della Cappadocia, e che sono stati dichiarati formalmente ‘spirituali’ solo nel corso del IV Concilio Lateranense tenutosi nel 1213. La traduzione letterale invece non lascia

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Mauro Biglino adito a dubbi e rivela che chi attribuisce all’origine dell’Antico Testamento una visione spiritualista è vittima di un grande fraintendimento. Noi continuiamo a seguire Rashi de Troyes, cerchiamo il significato letterale e proseguiamo con altri contenuti che costituiscono testimonianza indiretta e non riconducibile a questioni di interpretazione. Altri elementi sono infatti portatori di una evidenza illuminante: uno di questi è il concetto di Benedizione che è stato oggetto di elaborazioni continue che lo hanno portato ad assumere delle caratteristiche spirituali anche se in origine era chiaramente un atto dalla valenza interamente materiale, si riferiva in modo esclusivo a beni di ordine terreno, non coinvolgeva l’anima né vite future. Il suo significato originario rivela quindi, ad una osservazione attenta, aspetti importanti sulla personalità e sugli obiettivi degli Elohìm che la Chiesa Romana si ostina ad identificare con un Dio unico e trascendente.

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LA BIBBIA SVELATA

Mauro Biglino I Dieci Comandamenti che conosciamo non sono quelli sui quali l’Elohìm dice espressamente di voler fondare la sua Alleanza. Quelli trasmessi a noi dalla Chiesa hanno una componente etica che consente la costruzione di una religione, mentre i Comandamenti che l’Elohìm fa scrivere sulla pietra, definendoli fondamentali, non possono essere utilizzati per questo fine: nessuno aderirebbe ad una religione fondata su quel tipo di regole che si sono invece rivelate utili a costruire un popolo attraverso un’alleanza molto concreta tra un individuo potente (ma non trascendente) ed una massa di persone alla ricerca di una collocazione definitiva nella geografia del medioriente. L’Elohìm degli Ebrei aveva altri fini: la religione e la teologia non interessavano minimamente a quel viaggiatore dello spazio che non amava parlare di sé, dell’anima, dell’aldilà: gli ebrei sapevano bene chi o cosa fosse e tutte le vicende dei reciproci rapporti dimostrano come la questione teologica fosse totalmente inesistente. Ciò che contava era il rispetto di un patto che era stato proposto e che poteva anche non essere accettato; questa possibilità di ‘non accettare’ è un aspetto che non viene mai ricordato dalla tradizione religiosa che invece ha artificiosamente costruito la figura di

Mauro Biglino Realizzatore di numerosi prodotti multimediali di carattere storico, culturale e didattico per importanti case editrici italiane, collaboratore di riviste, studioso di storia delle religioni, è traduttore di ebraico antico per conto delle Edizioni San Paolo: dalla Bibbia stuttgartensia (Codice di Leningrado) ha tradotto 23 libri dell’Antico Testamento di cui 17 già pubblicati. Da circa 30 anni si occupa dei cosiddetti testi sacri nella convinzione che solo la conoscenza e l’analisi diretta di ciò che hanno scritto gli antichi redattori possa aiutare a comprendere veramente il pensiero religioso formulato dall’umanità nella sua storia.

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un Dio al quale non si può e non si deve dire di no perché egli è (sarebbe) il creatore onnipotente, onnisciente, spirituale, trascendente, assoluto: nulla di più lontano dalla figura presente nel racconto biblico che ci presenta un individuo certamente molto potente, ma al quale si poteva anche negare il consenso. In realtà l’idea di un Dio unico è sorta nel corso delle elaborazioni teologiche successive agli eventi di cui la Bibbia ci dà conto: il monoteismo non apparteneva agli autori ebrei che con grande naturalezza parlavano della molteplicità degli Elohìm. Per loro questa molteplicità non costituiva un problema: era la normalità della situazione vissuta dal popolo che nel corso della sua storia non ha fatto altro che tradire continuamente il patto di fedeltà rivolgendosi di volta in volta a quello degli Elohìm che pareva fornire maggiori garanzie. E possiamo anche comprendere quei poveri ebrei: l’Elohìm che si faceva chiamare Yahwèh non ha mai mantenuto compiutamente nessuna delle sue ripetute promesse: è sufficiente leggere con molta attenzione la Bibbia per capire che non è stato in grado di farlo. Ma altro ancora ci rivela la lettura libera del testo masoretico…

Tra i suoi libri ricordiamo: Resurrezione reincarnazione. Favole consolatorie o realtà? Una ricerca per liberi pensatori (Infinito Records, 2009), Chiesa romana cattolica e massoneria. Realmente così diverse? Una ricerca per liberi pensatori (Infinito Records, 2009), Il libro che cambierà per sempre le nostre idee sulla Bibbia (Infinito Records, 2010) e...

Il Dio Alieno della Bibbia Infinito Editori, 2011 vai scheda libro >>

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I SENTIERI DI OGMA

di Fabio Truppi pp

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I Druidi e il magico potere di una sapienza perduta

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arlare oggi di Corporazione Druidica Nazionale, di concorsi letterari in poesia bardica o di scuole druidiche italiane, così come di comunità druidiche internazionali, può apparire a primo acchito anacronistico e bizzarro, per chi dei druidi ha una conoscenza non approfondita o comunque mediata esclusivamente dalle vaghe nozioni scolastiche. Forse più nota al pubblico è la fortuna letteraria che il druidismo ha avuto nella narrativa fantasy moderna, a partire dall’immaginifica saga di Shannara del prolifico scrittore americano Terry Brooks. Eppure difficile trovare in altre antiche civiltà una figura così pregna di mistero e fascino come quella tipicamente celtica del druido. Benché l’etimologia del termine rimanga per molti versi incerta e discussa - sebbene molti la colleghino alla radice della parola ‘quercia’ o la traducano con ‘molto saggio’, non

senza evidenti significati acclusi - il Druido rappresenta indubbiamente un elemento sociale derivato dalla lontana e fondamentale dimensione dello sciamanesimo presente in ogni antica civiltà umana. Le sue funzioni dunque non possono prescindere da quelle di colui (o colei) che già alla fine del Paleolitico tracciava figure magiche e simboliche sulle pareti delle rocce e negli anfratti più inaccessibili delle grotte, con l’intento di gettare un ponte ideale tra la sfera fisica umana, caduca e mutevole, e quella metafisica e misteriosa del sovrannaturale e del divino. Non a caso la primissima forma d’arte, quella appunto figurativa delle pitture rupestri, nasce proprio in concomitanza dell’attività magico-religiosa dello sciamano, il quale, tentando di propiziare gli dei per la buona riuscita della caccia o per la semplice sopravvivenza di uno o più individui, si collocava inequivocabilmente come cardine sociale all’interno dei clan, capace di offrire aiuto psicologico e spirituale in un mondo selvaggio, impietoso e cruento. A tal proposito, secoli e secoli dopo, l’influenza esercitata dall’uomo interprete delle volontà divine e delle manifestazioni naturali, si riverserà in quella del druido celtico, il quale senza soluzione di continuità perpetrerà tale funzione arrogandosi di diritto la ca-

DUE DRUIDI IN UN’INCISIONE OTTOCENTESCA

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I SENTIERI DI OGMA pacità di preservare le più arcane conoscenze e di tramandarle ai più meritevoli. Per questo motivo la tripartita società celtica1, che non contemplava alcuna gerarchia sociale o rete politica, fatta eccezione per l’attendente del re, terrà in alta considerazione i druidi, tanto che neppure al sovrano sarà concesso prendere un’importante decisione senza il loro assenso. Le notizie che abbiamo sui druidi, in verità, differiscono a seconda degli autori e delle epoche, ma fortunatamente più che contraddirsi esse si completano; è possibile che all’inizio essi formassero un’unica classe ma poi la loro organizzazione si sviluppò, divenne più complessa e perciò si articolò in classi diverse. Una di queste riuniva in Gallia i cosiddetti Vates, specializzati in sociologia, in storia e in scienze naturali; ai margini della collettività druidica c’erano i Bardes, sorta di poeti-cantastorie ufficiali della società celtica 1) Re, sacerdoti e guerrieri.

Fabio Truppi e nello stesso tempo, cronisti. Infatti, in un’epoca in cui non esistevano i giornali, gli avvenimenti erano divulgati da interminabili e accattivanti cantilene che il popolo ascoltava con passione. In Irlanda, a fianco dei druidi, compaiono i Filid, che svolgevano in qualche modo le funzioni scientifiche e poetiche ed erano - quanto a dignità - uguali ai druidi, nonché disposti secondo una rigida gerarchia. Gli antichi avevano sentito parlare di loro fin dal IV sec. a.C. e anch’essi avevano un profondo rispetto per le loro conoscenze e la loro effettiva saggezza. Tuttavia, non si ha alcun testo che riassuma l’insegnamento dei druidi o che illustri qualche originale verso di poesia bardica, ma sappiamo che, senza essere esoterica o segreta, tale eredità culturale era riservata agli allievi delle loro scuole, specializzate in seminari agresti (similmente ai peripatetici2 della 2) Filosofi che riferivano i loro insegnamenti esclusivamente camminando all’aperto.

ALFABETO OGAM

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I SENTIERI DI OGMA

Fabio Truppi tradizione greca), lontani dall’agitazione del mondo e frequentati preferibilmente dai figli dell’aristocrazia. I druidi, pertanto, erano essenzialmente dei sacerdoti che presiedevano alle cerimonie del culto e soprattutto celebravano i sacrifici. Tutte le conoscenze e i segreti, compreso l’utilizzo di una scrittura ‘iniziatica’ denominata Ogam, erano appannaggio dei druidi. La loro era considerata una sorta di magia naturale capace di interpretare la realtà e ristabilirne gli eterni equilibri. Scandivano il tempo secondo avitici rituali. L’intera concezione del tempo, per i Celti, era regolata sulle fasi della luna, patrona della fecondità della terra e delle donne, basata su quattro grandi eventi stagionali, di cui l’Irlanda ha conservato il nome. L’anno cominciava il 1° maggio, cioè con la stagione dei giorni più lunghi. In bretone giugno è detto ‘mezza estate’. L’inverno cominciava il 1° novembre, in bretone inizio dei ‘mesi neri’, così come mostra il nome di ottobre ‘sotto-autunno’. I druidi erano anche custodi degli alberi, la cui simbologia era altamente considerata. Com’è ben noto, la quercia era particolarmente sacra, poiché vi si raccoglieva il vischio, ossia la preziosa pianta nata sull’albero sacro, senza contatto con la terra, per cui dalle proprietà divine. D’altronde i boschi, più ancora dei laghi e dei fiumi, erano luoghi pregni di presenza divina. Il bosco era a tal punto parte integrante della cultura dei Celti che per loro non era possibile dissociarlo dagli sforzi per

Fabio Truppi Nato a Francavilla Fontana (Br), è laureato in Conservazione dei Beni Culturali (Beni Architettonici, Archeologici e dell’Ambiente), discutendo nel 2002 una brillante Tesi su Atlantide con l’ausilio del professore e archeologo Riccardo Guglielmino, docente di Archeologia e Antichità Egee all’Università degli Studi di Lecce, pubblicata dalle Edizioni Bardi di Roma nel 2004. Chitarrista e appassionato di letteratura fantastica, nonché

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abbattere il nemico. Con molta probabilità, infatti, gli alberi condensavano un indispensabile mezzo di contatto genuinamente tangibile tra la terra e l’oltremondo divino, tanto da costituire un punto di riferimento imprescindibile per sondare il futuro e preparare i vaticinii. Com’è immaginabile, per i Romani abbattere i santuari forestali dei Celti divenne un’azione cinicamente strategica quanto sconfiggerne le truppe sul campo di battaglia. La visione della vita che i Celti acquisivano per mezzo dell’insegnamento druidico, l’assenza di paura per la morte e dell’aldilà, non si spiegherebbero senza una credenza radicata nell’immortalità dell’anima e nella possibilità per l’uomo di conoscere le forme di esistenza più diverse. Infatti il loro amore per la vita in tutte le sue manifestazioni, la loro apertura verso tutte le esperienze, rivela in loro il senso dell’unità del cosmo, più di duemila anni prima che la scienza moderna, con tutte le sue tecniche, avesse solo cominciato a supporla. Come gli sciamani nelle società preistoriche, quindi, i druidi rappresentavano il cardine dell’unità dell’impero spirituale celtico, i promulgatori dell’armonia e della sapienza, i signori degli elementi (acqua, fuoco, vento, terra). Fu proprio per questo che i conquistatori romani arrivarono a sopprimerne la casta e a proibire severamente le loro riunioni e il culto, in modo da colpire al cuore la società celtica, decretandone così il suo prematuro declino.

vincitore di numerosi concorsi letterari nazionali, svolge attualmente attività di docenza in Lettere.

Atlantide. Tra mito e archeologia Bardi Editore, 2004

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di Vincenzo Di Gregorio g La storia dei popoli europei può essere riscritta

Piramidi bosniache: scoperta una struttura sotterranea unica al mondo tempo di lettura 20 minuti

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Piramidi bosniache: scoperta una struttura sotterranea unica al mondo

L’

ultima deviazione stradale mi indirizzava su di una strada sterrata bosniaca, piena di fossi e buche. In quel momento mi chiesi se mai sarei arrivato alla meta: le piramidi di Visoko. La mia tabella di marcia, da quando ero partito dall’Italia, era saltata puntualmente almeno una decina di volte… eh già… siamo nei Balcani, e nei Balcani le cose non avvengono come ci immaginiamo. Qua tutto ha un suo ritmo proprio, che ti avvolge e non ti lascia fare quello che vorresti… a meno che lo assecondi, come le onde del mare che si muovono lente. Chi vuole contrastarle si ritrova chiuso in cabina con il mal di mare. La vera saggezza è sintonizzarsi sulla stessa “lunghezza d’onda”… e quindi… ho assecondato la strada sterrata ed i suoi 10 km orari. Le ore si sommavano alle ore e la mente correva indietro nel tempo, alla casualità di eventi che mi avevano portato su quella strada per Visoko. All’inizio dell’anno un amico mi aveva invitato ad una conferenza tenuta a Brescia, dove per la prima volta feci la conoscenza con il gruppo italiano SB research group (capitanato dal prof. De Bertolis dell’università di Trieste) che stava collaborando con la Fondazione della piramide del Sole bosniaca. Avevo spesso sentito parlare delle piramidi bosniache, ma le notizie che mi erano arrivate spaziavano da ipotesi new-age di dubbio valore scientifico, a foto di scavi che evidenziavano strutture la cui natura non si capiva se fosse artificiale o

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meno. Finalmente, per la prima volta, avevo l’occasione di ascoltare in italiano dei ricercatori che si erano recati sul posto e potevano darmi la conferma della natura artificiale delle piramidi. Poiché era da una dozzina d’anni che studiavo le piramidi italiane di Montevecchia, ero molto interessato a capire se vi fossero altre piramidi in Europa che potessero avere la stessa metodologia di realizzazione. Le “classiche” piramidi egizie erano costruite con giustapposizione di blocchi di pietra squadrata. Quelle italiane e bosniache invece erano realizzate utilizzando delle formazioni naturali e “modellandole” a forma di piramide, spigoli compresi. Quello che venne detto in quella conferenza fu sufficiente per rendermi conto che molte cose erano ancora da scoprire e che le notizie che giravano in internet non erano né vere né si avvicinavano lontanamente alla complessità del fenomeno. Dovevo verificare di persona. Mi presentai al gruppo e, avendo loro appreso che avevo a disposizione diverse attrezzature per indagini non invasive quali: macchine fotografiche all’infrarosso vicino, termiche ed un georadar dell’ultima generazione... mi fu offerto di andare insieme in Bosnia. In quell’occasione ci lasciammo da buoni amici ripromettendoci di andare in Bosnia insieme dopo qualche settimana. Per la dogana non avrei avuto problemi

...ALLA FINE ANCHE LE STRADE TERMINANO E QUASI PER MIRACOLO MI APPARE IL CARTELLO DI VISOKO.

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Piramidi bosniache: scoperta una struttura sotterranea unica al mondo perchè mi avrebbero rilasciato loro, come gruppo, una dichiarazione come lasciapassare. Purtroppo, pochi giorni prima, caddi da una scala rompendomi un piede. Forse nulla succede per caso e in qualche maniera, misteriosa ma efficace, questo semplice incidente sarebbe stato involontariamente la causa di una probabile grande scoperta archeologica. Ma arriviamo al luglio del 2011, a quattro mesi dalla mia caduta. Il tanto atteso viaggio in Bosnia si compie e sono lì… sulla strada sterrata, con un furgoncino pieno zeppo di attrezzature e di entusiasmo. Alla fine anche le strade terminano e quasi per miracolo mi appare il cartello di Visoko. Sulla sinistra, la sagoma della più grande piramide europea. Sagoma che avevo visto tante volte in televisione, su riviste e sul web… alla fine ero arrivato. Albergo pulito, cibo buono, caffè pessimo; per il resto, i giorni trascorsi a Visoko son volati tra ricerche appassionanti e chiacchiere con vari studiosi in un misto di italiano/finlandese/bosniaco ed il mio inglese scolastico. Si respirava un’aria internazionale, con volontari giunti da tutte le parti del mondo, dagli Stati Uniti all’Australia, dalla Spagna all’Olanda. Etnie diverse, linguaggi diversi, ma uniti tutti dalla stessa passione di “sapere” e “conoscere”. La fondazione della piramide del sole, capitanata da Osmanagic, aveva condotto scavi e saggi di scavo presso la piramide del sole ma anche a 2,5 km da essa, nei cosiddetti tunnel di Ravne. Già nel 2007, infatti, le ricerche spinsero Osmanagic a scoprire dei tunnel che erano stati riempiti di terra, ma che dopo il primo esame si rivelarono molto interessanti e promettenti. Sin da subito, l’opinione della comunità scientifica si divise in due… il solito dualismo: saranno artificiali o

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LA DICHIARAZIONE LASCIAPASSARE PER LA DOGANA

MURI A SECCO IN ALCUNI TRATTI SECONDARI DEI TUNNEL DI RAVNE

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Piramidi bosniache: scoperta una struttura sotterranea unica al mondo naturali? La forma del tunnel, spesso a ogiva, portava a ritenere che fossero scavati dall’uomo, mentre molti sostenevano che la costante presenza dell’acqua aveva scolpito quel dedalo di tunnel rendendolo simile ad un labirinto. Vi era un altro mistero da dipanare: il motivo che ha spinto “qualcuno”, in un’epoca imprecisata, a chiudere tutti questi tunnel con centinaia di tonnellate di terra sino a circa 300 metri dall’ingresso delle gallerie. Lentamente si delineavano alcune ipotesi per spiegare altrettante domande. Se erano tunnel artificiali: • •

chi aveva compiuto questi scavi lunghi alcuni chilometri? per quale ragione? Alcuni ipotizzavano fossero delle miniere, dando alle stesse un utilizzo utilitaristico. Ma questa ipotesi cozzava col materiale di cui sono composti i tunnel di Ravne, un conglomerato di cemento e ghiaia tipica di depositi alluvionali o di fiumi, in cui difficilmente si potranno trovare inglobati dei materiali utili per qualsiasi tipo di miniera.

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In che periodo storico? La totale assenza di qualsiasi tipo di manufatto databile aveva sinora impedito di ricavare dati utili per risolvere questo quesito.

Ma anche se si potesse conoscere il periodo di realizzazione dei tunnel, rimaneva indeterminato il periodo della chiusura degli stessi con le tonnellate di terra. In questo stadio di incertezza su quasi tutto, un primo barlume di scoperta archeologica venne quando, poco tempo fa, furono scoperti dei muri a secco sotto alcuni tratti secondari dei tunnel di Ravne. La costruzione dei muri non derimeva il dilemma sulla creazione dei tunnel (naturali e quindi scavati dall’acqua, o artificiali) ma ne sanciva un loro utilizzo da parte di una popolazione che poteva non necessariamente essere la stessa degli eventuali costruttori iniziali. Questi dubbi non fermavano i volontari che, con carretti in legno improvvisati, continuavano nel monotono ma efficace lavoro di svuotamento delle gallerie. Si stan facendo scavi in diversi punti sulla grande piramide e zone limitrofe, al fine di determinarne l’effettiva artificialità della model-

... PER FORTUNA, UN PAIO DI COLLABORATORI DELLA FONDAZIONE ERANO DOTATI DI UN FUORISTRADA DI MARCA RUSSA ASSOLUTAMENTE MIRACOLOSO.

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Piramidi bosniache: scoperta una struttura sotterranea unica al mondo lazione. Per questo tornava molto utile il mio georadar al fine di determinare la presenza di strutture sotterranee, murature o quant’altro potesse dare delle utili indicazioni all’utilizzo di quel territorio. Purtroppo, un paio di ore prima del sopralluogo, un temporale estivo inondò l’intera area con una discreta quantità d’acqua. Il georadar soffre molto a causa dell’umidità in quanto l’acqua assorbe interamente le sue onde. Arrivati sul pendio inclinato della piramide, mi resi subito conto che il georadar non dava il massimo nella profondità di scansione. A questo si aggiunse il fatto che l’articolazione del mio piede aveva deciso di non collaborare... ed il terreno inclinato e scosceso non agevolava un suo cambio di opinione. Per fortuna, un paio di collaboratori della Fondazione erano dotati di un fuoristrada di marca russa assolutamente miracoloso. Entrando in mezzo al bosco e arrampicandosi senza problemi apparenti su una superficie ad erba intrisa d’acqua con pendenze da 20/30 gradi, son venuti a recuperarmi e a riportarmi al parcheggio dove avevamo lasciato i mezzi. Giunto lì, mi assalì la consapevolezza che quel tipo di terreno mi era completamente precluso ad ulteriori indagini. Questo comportava che il mio viaggio di ricerca a Visoko, così tanto agognato, sarebbe finito miseramente… a meno che... fossi potuto andare in una qualche zona pianeggiante. Beh, tra tutti i posti attualmente oggetti di scavo della Fondazione, i tunnel di Ravne erano sicuramente quelli più pianeggianti. Dichiarammo a Osmanagich questa intenzione e ricevemmo come risposta che molto probabilmente sarebbe stato del tempo sprecato, in quanto altri ricercatori muniti di georadar avevano passato tutti i tunnel sinora scoperti, trovando solo un

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sottofondo di roccia naturale. Non avevo scelta: o i tunnel di Ravne, o smontavo tutto e ritornavo in Italia con la convinzione di aver sprecato una grande occasione. Decisi quindi di cercare di scansionare i tunnel in maniera molto accurata e con calma... tanto mi restavano ancora tre giorni prima della mia partenza. A circa 150 metri dall’ingresso del tunnel, quando meno me lo aspettavo, improvvisamente lo schermo del mio computer collegato al georadar comincia a tracciare una figura complessa di natura sicuramente artificiale.

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...QUANDO SUL MONITOR DEL MIO COMPUTER APPARVE PER LA PRIMA VOLTA QUESTA STRANA FIGURA, MI SEMBRÒ CHE IL PRIMO ROMBO SI RIFLETTESSE, COME SE VI FOSSE UNA SORTA DI SPECCHIO INTORNO AI 2,5 METRI.

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Si trattava di qualcotura simile alla prima che sa mai visto sinora. Una arrivava ad una profondità struttura composta da superiore ai 4 metri. due rombi accostati verLa certezza che non fosticalmente, e da altri detse un effetto speculare mi tagli che meritavano di fu confermato dall’esame essere approfonditi. dei due elementi racchiusi Occorre specificare dai bracci lunghi di questi che questo modello di rombi. Mentre il primo avegeoradar è costituito da va un andamento orizzondue antenne trasmittenti tale il secondo era carattee da una ricevente. Due rizzato da due masse a sviantenne con differenti luppo verticale... no... non frequenze di emissione e erano riflessi, bensì una con caratteristiche diverstruttura di forma mai vise. La prima dà maggiori sta prima, di natura sicuradettagli ma scende meno mente artificiale sepolta da in profondità, soprattuttempo immemorabile in un to in presenza d’acqua, la tunnel che era stato chiuso seconda fornisce meno da tonnellate di terra. particolari e più sfocati, Il sospetto che quella ma scende di più. “cosa” che stava sotto i miei Per quel tipo di ripiedi potesse essere la caucerca, la prima antenna sa principe di tutto quel laera più che sufficiente voro, mi sfiorò. Così come riuscendo a raggiungemi sfiorò l’idea che potessi re profondità intorno ai essere in presenza di una 2/2,5 metri. sepoltura “doppia”, due Quando sul monitor persone legate da vincoli del mio computer apparentali: marito e moglie? parve per la prima volta Forse un Re ed una Regina? questa strana figura, mi Con calma e con la sensembrò che il primo romsazione che il tempo si bo si riflettesse, come se fosse fermato, verificai le vi fosse una sorta di specmisure max della struttura: chio intorno ai 2,5 metri. erano 2 x 1 metro, quelle di Quella foschia diffusa un letto. rappresentava l’acqua In piena euforia per queche assorbiva le onde del ...NON ERANO RIFLESSI, MA UNA STRUT- sta scoperta, abbiamo chiageoradar... ma c’era qual- TURA DI FORMA MAI VISTA PRIMA mato Osmanavich e l’archecosa che non andava... ologa Sara Acconci che era quel riflesso non lo avevo mai visto in tutte impegnata in scavi in esterno sulla piramide. le scansioni che avevo fatto... e poi... che tipo L’anomalia che il video mostrava “imponeva” di riflesso può esserci se l’acqua assorbe le una pausa a quei lavori di scavo. onde... e se le assorbe, come può rifletterle? I tunnel di Ravne sono oggetto di continua È allora che evidenziai il tracciato della sefrequentazione di turisti e visitatori, ed anche conda antenna, quella più “miope” ma molto in quella occasione non mancarono alcune più “performante” alle grandi profondità. persone che si fermarono incuriosite dai sorCon stupore mi accorsi che quello che risi di tutti gli astanti e, ad uno di loro, chiesi sembrava un riflesso, era una seconda strutdi scattarci questa foto ricordo dell’evento.

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Piramidi bosniache: scoperta una struttura sotterranea unica al mondo Che sia una foto “fresca-fresca”, appena dopo la scoperta, lo si può vedere dai sorrisi, a trentadue denti, di tutti. Da sinistra a destra Heikki Savolainen tecnico finlandese del suono che stava compiendo dei lavori di misurazione acustica all’interno dei tunnel (per conto del SBRG), prof. Semir Osmanagich (fondatore della Fondazione della Piramide del sole), prof. Paolo De Bertolis (capo della SB Research Group), arch. Vincenzo Di Gregorio (fondatore dell’eMagazine RunaBianca), e il georadar col video bloccato sull’immagine dell’anomalia appena rilevata.

Strette di mano tra tutti ed improvvisamente sono comparse le cineprese ed ognuno ha girato un filmato (da inserire su youtube) che immortalasse questo evento storico. Questi sono due dei video girati quasi in diretta il giorno della scoperta: 1- Dichiarazione del prof. De Bertolis (http://www.youtube.com/ watch?v=KXI1Ld4Th9w) 2- Dichiarazione dell’arch. Vincenzo Di Gregorio (http://www.youtube.com/ watch?v=gRdtDMA8q2w) In fondo, era la prima volta da quando si scavava a Visoko, nei tunnel di Ravne, che si ritrovava un manufatto di natura apertamente artificiale e databile, senza che nessun “detrattore” possa, né ora né in futuro, ipotizzare che sia “naturale” e che in quei tunnel non ci sia nulla di archeologicamente significativo.

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Il giorno dopo, ovviamente, l’ho passato a perfezionare le misurazioni, al fine di poter trarre da quel manufatto il maggior numero di informazioni da fornire alla Fondazione. Infatti solo uno scavo archeologico avrebbe potuto chiarire, una volta per tutte, cosa ci fosse “dietro” a quei tracciati del georadar. (nella foto Prof. De Bertolis del gruppo SBRG, arch. Di Gregorio di RunaBianca, Prof. Semir Osmanagich della Fondazione della piramide del Sole) Quella mattina la si passò a cercare di capire altre cose della struttura. Ripassando più volte dove ormai si sapeva, emersero nuovi dettagli su questo “manufatto”. Utilizzando l’antenna da 700 hertz, che ha come difetto una minore penetrazione del terreno ma, per contro, una maggiore definizione dei dettagli, si è constatata l’esistenza di svariati elementi posti orizzontalmente (paralleli al suolo) sui fianchi della struttura (come indicato dalla figura). L’ipotesi più probabile era che servissero ad una maggiore stabilita’ della struttura stessa ed eventualmente anche a scopi di drenaggio dell’acqua, abbondante all’interno dei tunnel.

L’ipotesi del “tombarolo sfigato” Continuando a passare su e giù per quel tratto di tunnel, ho notato che il terreno adiacente alla struttura non era “naturale”. Sembrava che vi fosse stato uno scavo molto esteso intorno all’anomalia ed un successivo riempimento. Incrociando i dati si vedeva molto distintamente un taglio netto, sia a destra sia a sinistra, per oltre 8 metri di lunghezza. Questo stava a dimostrare inequivocabilmente che i costruttori di quella struttura misteriosa da 4,30 metri di profondità, hanno effettuato uno sbancamento di quasi 8 metri di lunghezza. Essendo il sottosuolo composto da roccia e conglomerato, si vede molto chiaramente come questo scavo fu successivamente riempito utilizzando magari il materiale ricavato

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Barre di contenimento

tuati in tempi differenti. Ma chi poteva aver compiuto uno scavo di quel tipo e per quali finalità? La prima idea che mi è venuta in mente è quella di un “tombarolo sfigato”. Se ammettiamo come possibile l’ipotesi della tomba regale… è ovvio che i corpi ed il loro corredo siano stati seguiti da una folla di persone molto ampia che li avrà visti introdurre nei tunnel per essere lì sepolti. Un eventuale tombarolo, attratto da un corredo abbastanza ricco, può essere entrato successivamente per depredare le salme. Entra nei tunnel e trova quel tratto in cui il pavimento rileva tracce recenti di scavo, per 8 metri di lunghezza. Sapendo che la tomba si trovava lì sotto, scava un pozzo nella posizione più ovvia, quella del centro dello scasso, mancando clamorosamente la tomba in quanto i costruttori l’hanno posta volutamente decentrata, in basso a sinistra. Il tombarolo, quando giunge alla profondità di circa 3 metri, si ferma accorgendosi di

Sbancamento

dallo scavo stesso. Queste operazioni sono ben evidenziate da un andamento rettilineo e molto netto dei bordi del riempimento effettuati successivamente alla costruzione della struttura interrata. Ma ecco apparire al centro un altro cambio di densità del terreno, molto ben evidenziato dal georadar. Dopo averlo osservato attentamente, ne ho dedotto che non poteva essere stato fatto un riempimento con materiali di differente densità, in quella maniera così netta… a meno che vi fosse stato un lasso di tempo tra un riempimento e l’altro. È quindi ipotizzabile che dapprima sia stato effettuato lo scavo, poi è stata collocata la struttura, riempita la fossa col materiale ricavato dallo scavo e, in ultimo, qualcuno ha cercato di raggiungere la parte inferiore della struttura con un pozzo di circa 3 metri di profondità. Successivamente, questo pozzo è stato riempito con materiale differente dal primo riempimento (con granulometria più fine). Questa differenza di materiale ci conferma l’ipotesi che i due scavi siano stati effet-

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IN EVIDENZA TRATTEGGIATO LO SBANCAMENTO EFFETTUATO DAI COSTRUTTORI

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Piramidi bosniache: scoperta una struttura sotterranea unica al mondo non stare scavando nel posto giusto. Qualsiasi tombarolo, anche se deluso, non poteva mollare proprio in quel momento, ma avrebbe tentato di fare un altro pozzo, e poi un altro ancora, con la certezza che la tomba agognata fosse proprio lì sotto. Ma non si vedono altri pozzi, da ciò si può dedurre che non abbia potuto farli perché ne sia stato impedito! È stato sorpreso in fragrante? O non ha avuto il tempo di farlo perché i tunnel sono stati “semplicemente” sigillati definitivamente da tonnellate di terra… sino al 1997. Questo ci dà però la certezza che se tombe sono, non sono mai state violate. Ma non solo: il nostro tombarolo non sapeva che la tomba era stata messa in un angolo dello scavo, ma sapeva molto bene a che in profondità si trovava la tomba col corredo più ricco, in quanto ha interrotto il suo scavo a 3 metri. Ed è a 3 metri che si trova infatti una delle due sepolture, quella più bassa. Ovviamente occorre sempre attendere che sia finito lo scavo attualmente in corso per capire se siamo realmente in presenza di una sepoltura, e sul tipo di corredo lì nascosto.

Labirinti Sacri Però ci piace, per un momento, provare a sondare i vari scenari che si aprono qualora si prospettasse un reale uso tombale di questa anomalia. Il fatto che si sia potuta individuare il primo giorno in cui siamo scesi nei tunnel di Ravne, può essere frutto di una fortuita coincidenza o del fatto che quella tomba non sia l’unica presente nei labirinti di Ravne. Ma dove possono essere le altre, e perché si è voluto collocare delle sepolture in tunnel sotterranei (ripeto: ipotizzando che l’uso sepolcrale della struttura si dimostri veritiero)? La mente non può non ritornare ai famosi muretti a secco che si trovano in vari punti lungo il tunnel principale. La terra che riempie quei rami di tunnel non è mai stata levata (tranne in un paio di casi) ed in quei casi si è visto che, qualche metro dopo il primo muretto, se ne trovava un altro, e poi un altro, e poi un altro, ed ogni tratto era sempre inter-

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rato. Che senso aveva chiudere dei pezzi di tunnel interrando a più riprese, e in tempi diversi, se non vi fossero esigenze di trasformare quei tratti di tunnel in altrettante “camere mortuarie”? Ma perché farsi seppellire in quei labirinti? Non dimentichiamo che i tunnel di Ravne (una volta svuotati dell’acqua e della terra) possono a buon diritto essere considerati dei veri e propri labirinti. Non può sfuggire che in passato svariati popoli hanno dato al labirinto vari significati simbolici e diversi utilizzi. Il labirinto è, dal punto di vista architettonico, una specie di “edificio” senza apparente finalità, da percorrere e/o da visitare. In tutta l’area mediterranea ne son stati costruiti molti e solo di alcuni ce n’è giunta testimonianza. Qualche esempio: uno dei più antichi è quello vicino al lago Moeris, in Egitto, fatto costruire dal faraone Amenemhet, di cui ce n’è giunta traccia grazie alle descrizioni di storici come Erodoto, Diodoro siculo, Plinio e Strabone; (http://www.loggiatacito740.it/pdf/ Il%20Labirinto.pdf ) quello cretese di Cnosso, legato al mito del Minotauro, detto Unicursale, perché formato da un’unica via che intriga, avvolge e va verso un centro, a cui si avvicina e si allontana successivamente (http://www. mariateresalupo.it/simbolimitialchimiafiabe/ labirinto.html); quello greco dell’isola di Lemno; quello del re etrusco Porsenna a Chiusi, che era (casualmente) la sua Tomba. (http:// it.wikipedia.org/wiki/Labirinto_di_Porsenna). Si sono trovati labirinti incisi nella roccia anche risalenti a 6000 anni fa, come quello ritrovato in una tomba del neolitico in Sardegna, o quello di Tikla in Madhya Pradesh. Nei mosaici romani a Susa in Tunisia; sino al medioevo, come quello nel pavimento delle cattedrali: quella di Chatres (http://utenti.quipo. it/base5/combinatoria/labirchartres.htm), del Duomo di Lucca. O come semplice formazione di mucchi di pietre, come quello ritrovato nei pressi di Bijapur in Madras, noto come Lakshmanamandal... L’elenco potrebbe continuare all’infinito. In tutta l’Europa pre-celtica era diffusissimo

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Piramidi bosniache: scoperta una struttura sotterranea unica al mondo

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il culto della Dea Madre, della Grande Madre secondo è solo abbozzato ma ben percepibiTerra. In contrapposizione al sole che veniva le. adorato in altari posti su alture, gli altari dediDue triangoli equilateri che si incastrano cati alla Madre Terra erano collocati sottoterra formando una stella a sei punte forma quello (stiamo semplificando per esigenze espositiche viene definito: il sigillo di Salomone. ve). Questa simbologia fa parte dell’umanità Lo scavare strutture ipogee sempre più elaborate o estese significava, per quei popoli, addentrarsi nel grembo della Dea Madre soprattutto se insieme alla terra c’era legata la presenza di acqua o di laghi sotterranei. L’acqua è il simbolo universale della vita, che in questo contesto si legava alla morte e alla resurrezione. Ma se andiamo indietro nel tempo e nella memoria, troviamo che questi Shiva concetti sono stati legati alla figura geometrica del triangolo, con due differenti significati. Col vertice verso il basso simboleggia una coppa, o se volete, può simboleggiare l’utero di una donna che nelle culture dell’India è chiamato Shakti. Col vertice verso l’alto rappresenta il simbolo maschile: Shiva. Non possiamo non notare una stretta correlazione formale con lo schema della struttura che stiamo esaShakti minando. Sempre nell’ipotesi della doppia sepoltura, possiamo vedere come ognuno dei due corpi diventa l’elemento di SHIVA SIMBOLO MASCHILE E SHAKTI SIMBOLO FEMMINILE unione tra il principio maschile e femminile espresso nei due triangoli conda tempi antichissimi e l’abbinamento alla fitrapposti. gura di Salomone è dettato solo per esprimeMa se lo interpretiamo in chiave religiosa, re la “saggezza” che biblicamente era legata al per quei popoli il principio femminile era la Madre Terra e quello maschile era il Dio Sole. personaggio, ma sicuramente l’età della sua creazione si perde nella notte dei tempi. Due triangoli contrapposti in cui il defunto Nell’accezione attuale, l’unione e l’incastro costituiva il “trait d’union”, l’elemento di uniodei due triangoli esprime un’unità che può ne tra la terra ed il cielo: l’Axis Mundi. rappresentare l’essere umano, costituito da Ci risulta quasi impossibile pensare che questa particolarissima forma sia stata esedue princìpi simboleggiati dai due triangoli: guita per caso, ancor di più se si pensa che - quello verso l’alto è il principio spirituale appena qualche mese fa, in un tunnel lì vici- quello verso il basso è il principio materiale. no, è stata rinvenuta una pietra con inciso un triangolo equilatero con un cenno ad un’altro triangolo rovesciato. Come si vede, vi è una continuità di utilizzo di simbologie millenarie fatte da popoli di Il primo triangolo è molto ben definito, il

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Piramidi bosniache: scoperta una struttura sotterranea unica al mondo diversa cultura. Nel caso che stiamo esaminando potremmo essere in presenza di un popolo antecedente a quelli a noi noti ma che conosceva con estrema dimestichezza i significati di certi simboli soprattutto legati alla Madre Terra ed al Sole. Ma di che epoca? Per rispondere a quest’ultima domanda dovremmo solo pazientare un mese ed aspettare che gli scavi archeologici, ormai in corso, ci possano definitivamente chiarire anche quest’ultimo quesito. Ma anche conoscendo il “quando”, non saranno esaurite tutte le domande, anzi, si apriranno delle porte che condurranno ad altri filoni di ricerca. Per esempio, la pietra ritrovata col triangolo inciso potrebbe far parte di un “ex-voto” lasciato in dono alla Dea Madre presso il suo templio. Ricordiamo infatti che quasi tutti i popoli che adoravano la Grande Madre lo facevano nelle viscere della terra e lì collocavano i loro santuari. È quindi molto probabile che, insieme ad altre sepolture, possa emergere dai tunnel di Ravne anche un santuario dedicato alla Madre Terra che giustifica sia la creazione di questi tunnel labirintici, sia un utilizzo tombale di parte degli stessi. Ma per questo occorre aspettare le nuove campagne di scavo che riprenderanno a Visoko l’anno prossimo.

Vincenzo Di Gregorio Architetto ed imprenditore, da sempre appassionato di archeologia, noto come scopritore delle cosiddette “piramidi di Montevecchia” i cui studi sono stati pubblicati nel libro dal titolo Il Mistero delle Piramidi Lombarde (Fermento, 2009). Fondatore di Antikitera.net (uno dei più noti siti web di news archeologiche e di misteri) e della rivista Runa Bianca (www.runabianca.it). Per le sue ricerche si avvale di foto aeree sia nel visibile che nell’infrarosso, fondando una società finalizzata alla ricerca chiamata “ludi ricerche” che fa capo

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MANUFATTO RITROVATO CON INCISA STELLA DI DAVIDE

Video correlati : http://www.youtube.com/watch?v=GifbODUEiQ4 http://www.youtube.com/watch?v=1luJUb9UYLI http://www.youtube.com/watch?v=w-nCEnFd2RY http://www.youtube.com/watch?v=ciJqpyYFia0

al sito web: www.aereofoto.it. Suoi studi son stati mostrati in diverse riviste di settore, e su reti televisive quali: Voyager (rai2), Mistero (italia1), Mediolanum Chanel (Sky), OdeonTV.

Il Mistero delle Piramidi Lombarde Fermento, 2009 vai scheda libro >> Agosto 2011 | n.2


di Mario Moiraghi Le vicende che han fatto nascere la leggenda di re Art첫

La spada nella roccia italiana

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La spada nella roccia italiana

La Grolla A partire dalla metà del secolo XI, la cultura europea fu attraversata da un oggetto misterioso, chiamato Graal. Secondo il Perceval, racconto del poeta francese Chrétien de Troyes, un cavaliere vissuto in area franco bretone aveva avuto la singolare e fuggevole visione di un Graal. Poco tempo dopo, cinque anni o poco più, un poeta tedesco, Wolfram von Eschenbach, scrisse il “Parsifal”, una riedizione del Perceval, con alcune note critiche nei confronti di Chrétien, al quale rimproverava una certa mancanza di rigore e di chiarezza nell’esposizione della vicenda e il mancato riferimento alle fonti d’origine. Cosa fosse un Graal non fu chiaro fin dall’inizio. Chrétien e Wolfram ne avevano parlato, senza spiegarne il significato. I commentatori, in generale, dettero alla parola il significato di vaso, affine, fra l’altro, al termine italiano grolla. In tempi di Crociate e di ritrovamenti di reliquie in Terrasanta, la visione di un vaso, di un calice, forse contenente il sangue di Cristo, era decisamente suggestiva e il racconto

Mario Moiraghi ebbe successo e notorietà. Ma gral era anche affine a parole orientali che indicavano pietre o pietre preziose o perle. E fu proposta anche l’interpretazione del Graal come “pietra”. Nella confusione, fu comunque chiaro che il cavaliere che per primo lo aveva visto ne aveva subito parlato ad altri colleghi e tutti costoro si erano immediatamente gettati alla ricerca dell’oggetto in questione, sotto il patrocinio di un certo re Artù, capo dei Cavalieri della Tavola Rotonda. Ad ingarbugliare la trama si aggiunsero altri poeti e scrittori, che si dicevano a conoscenza dei fatti, i quali avevano anche affermato che il Graal era custodito da Cavalieri Templari e, forse, era finito in mano agli eretici. Anzi: era la coppa che aveva contenuto il sangue di Cristo, o il calice dell’Ultima Cena, o molto altro ancora.

Galgano Come se ciò non bastasse, la vita di un santo non notissimo, san Galgano di Montesiepi, presso Chiusdino, un piccolo borgo non lon-

RAFFIGURAZIONE DI SAN GALGANO CHE CONSEGNA LA SPADA A SAN MICHELE

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tano da Siena, rivelava incredibili affinità con la vicenda di Parsifal, il leggendario cavaliere del Graal. E, nel centro della vita di Galgano, campeggiava una spada piantata nella roccia, troppo simile a quella che consacrò re Artù per essere una coincidenza. La storia di questo santo porta una data antica, essendo stata narrata, in un regolare processo di beatificazione, nel 1185, prima che i poeti dell’Europa del nord cantassero la vicenda della Tavola Rotonda e dei suoi cavalieri. Correva l’anno 1185, quando Galgano fu elevato agli onori degli altari, e da quella data compare in modo preciso il fenomeno dapprima strisciante poi valanghivo, di Parsifal e del Graal. L’assonanza fra Galgano e l’arturiano Galvano non prova nulla, ma rientra nelle molte incredibili coincidenze. Sia ben chiaro: è assurdo anche solo sospettare che il cosiddetto Ciclo Bretone, quello del Graal per intenderci, abbia avuto come fonte ispiratrice San Galgano. Ma il problema, come vedremo, non si pone in questi termini. GALGANO IN UNA TELA DI RUTILIO MANETTI CONSERVATO NELLA CHIESA DI SAN MICHELE A CHIUSDINO È difficilissimo affrontare questi scenari in modo schematico e sintetico. Si tenterà comunque di tentare una prima • C’erano anche infinite spade, con nomi sommaria panoramica dei problemi emersuggestivi e storie suggestive, ma mai genti. l’associazione spada/pietra/infissione, nei termini in cui si presentano in questi anni. Fare chiarezza • Le avventure di molti eroi nord europei, successivamente accostati ad Artù Qui occorre chiarire alcune cose: dagli studiosi, avevano roboanti av• In area bretone, ma in tutta l’Europa venture guerresche, con spade, scudi, di quel tempo, non esisteva nessuna cavalli, sangue, eccetera, ma nessuno consuetudine “di corte” simile al sistedi loro aveva vissuto avventure coema cortese che i racconti del Graal tratrentemente caratterizzate dagli stessi teggiano. elementi tipici dell’ambiente arturia• Erano esistiti infiniti condottieri con il no: ponti perigliosi, spade spezzate e nome contenente qualcosa simile ad ricomposte, simbolici gorghi di acque, “Artù” (che fra l’altro si ritrovava an… che in ambito etrusco) ma nessuno di loro aveva nulla a che fare con il comSia chiaro: tutto c’era e preesisteva, come portamento dell’Artù: erano sempre e si può dire delle infinite e molteplici fattezze comunque combattenti o condottieri dei volti (lo diciamo in termini allegorici), ma senza contorni graaliani e cortesi. nessuna combinazione di particolari che fa-

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Mario Moiraghi studiosi, anche coloro che non sono né fantasisti né esoterici, hanno notato che i romanzi del Graal rivelano ineludibili connessioni con la storia, la mitologia, la cultura di un area approssimativamente persiana. Per intenderci, i protagonisti si muovono in uno scenario collocabile alle sorgenti dell’Indo. Ne fanno fede infiniti dettagli del racconto: paesaggi, animali, vegetazione, abiti, gioielli, tessuti, costumi sociali e perfino il non trascurabile fatto che, in quei tempi, esisteva in area persiana una consuetudine “di corte” identica a quella descritta nel Ciclo di Artù. Basterebbe citare il fatto che giocavano a Scacchi e che facevano escursioni alle sorgenti dell’Indo. Chi sa di scacchi conosce l’origine e i tempi di arrivo in Europa di questo gioco. E sa che non erano consuetudine europea di quei tempi. Più precisamente, essi giungono fra noi nel secolo XII. Esiste poi un complesso di elementi culturali, disseminati e nascosti fra le pieghe dei testi di Chrétien e Wolfram, che evocano e ricalcano in modo sorprendente la cultura sociale e religiosa dell’antica Persia

Le tessere del mosaico

TESTA DI SAN GALGANO CONSERVATA IN UN RELIQUIARIO NELLA CHIESA DI SAN MICHELE A CHIUSDINO

cesse assomigliare qualcuno e qualcosa alle fisionomie dei personaggi e delle avventure della Tavola Rotonda. L’unico pezzo di carta, anzi di pergamena, che fosse simile, anzi identico, ad una parte della vita di Parsifal, era il processo di canonizzazione di San Galgano di Montesiepi. Un paio di dozzine di elementi presenti nella storia del santo di Montesiepi si ritrovano nella vita di Parsifal: troppo per essere solo una coincidenza.

Persia o quasi Le sorprese non sono finite. Innumerevoli

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Tentando di schematizzare il complesso di elementi in qualche modo anomali, rispetto alla lettura corrente dei Romanzi di Bretagna, possiamo individuare almeno i seguenti elementi: • analogie ambientali e sociali con l’Asia Centrale, • tracce culturali e religiose della cultura persiana e mazdeica, • elementi in comune con San Galgano. Questa connessione fra la Persia e l’ambiente di Galgano, per inciso, non è così improbabile come potrebbe credersi. La zona di Chiusdino, in quei tempi, ricadeva sotto l’influenza di Pisa e i pisani avevano un canale commerciale ben definito con quella parte di Oriente. Anche le Costituzioni Pisane vengono fatte risalire a modelli probabilmente orientali e le carte nautiche dell’epoca testimoniano il collegamento fin con le zone ad

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La spada nella roccia italiana oriente del Mar Nero. Potremmo analizzarle in modo sintetico, rinviando a successive più precise analisi che potranno essere affrontate in altra sede. Per quanto riguarda il paesaggio in cui si svolgono le azioni dei Cavalieri della Tavola Rotonda, emergono elementi ambientali che possono apparire fantastici ma appartengono ad un definito quadro territoriale. Non si tratta di un casuale e fantasioso assemblaggio di dettagli fiabeschi. I Cavalieri si muovono lungo sentieri fiancheggiati da viti e olivi, che, dalle parti di Glastonbury forse esistevano con abbondanza in un’altra era climatica. Non importa, potrebbe essere una libertà della fantasia degli autori. Ma all’improvviso, fra i cespugli di cardamomo e terebinto (sic) i nostri intravvedono una lince e, più in là, un pavone, lasciando intuire che qualche signore bretone non ha chiuso il recinto dei suoi animali esotici. Per inciso: anche il cardamomo deve essere stato allevato con difficoltà, in Bretagna, perché le enciclopedie divulgative dicono che vive fra l’India e la Malaysia, nello Sri Lanka e a Ceylon. Qualche variante alligna in Nepal e nel Sikkim, in Cina, Vietnam, Thailandia e Birmania. Mentre il Terebinto vive, al massimo in Marocco, Portogallo, Turchia, Siria e Palestina. Bretagna, Acquitania e regioni confinanti niente di niente. Il pavone è simbolo della Persia e la lince è

Mario Moiraghi presente in un vastissimo areale asiatico con qualche inspiegabile presenza in Svizzera. In Bretagna no. Lo sconcerto affiora quando appare un cavaliere che, sull’elmo, porta una gabbietta con una mangusta viva. La mangusta è un simpatico animaletto che assale ed uccide i serpenti più pericolosi. Qualcuno forse ricorderà una famosa mangusta, Rikki Tikki Tavi, che si incontrava nei racconti di Kipling, ambientati in India. Qualche mangusta si trova nel deserto del Kalahari, in Africa meridionale. In Bretagna o in Gran Bretagna si trova al massimo in qualche zoo privato, sempreché non si venga denunciati per possesso di animale esotico. Cavalieri e dame girano vestiti di tessuti damascati e abbigliati con achmardi, sciamito rosso, seta di Ninive, seta d’Arabia. A parte il richiamo di Damasco (stoffe damascate) è evidente l’esoticità dei tessuti, tutti originari dell’Oriente. Lo sciamito, per fare un esempio concreto, viene dall’Iran e si diffonde attraverso la Siria e Bisanzio. L’achmardi è una seta verde broccata d’oro, usata in Oriente. Ma una trattazione a parte merita il gioco degli scacchi. Di essi si parla in più d’uno dei racconti del Graal. Gli scacchi compaiono con irruenza sia nel racconto di Chrétien che nel racconto di Wolfram, coinvolti nell’azione narrativa come oggetti abitualmente presenti nell’arredamento degli ambienti. Gli scacchi

LA CAPPELLA DI MONTESIEPI A POCA DISTANZA DALL’ABBAZIA DI SAN GALGANO

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La spada nella roccia italiana sono un giuoco di origine indiana, giunti in occidente fra i secoli XI e XII, tramite la cultura persiana, tanto da essere considerati a lungo e impropriamente un giuoco persiano a pieno titolo. È da escludere il fatto che possano essere stati utilizzati in ipotetiche corti o ambienti europei ai presunti tempi dell’Artù bretone (attorno al 500 o 600 d.C.), ed è anche improbabile una loro ampia diffusione in area europea nel periodo fra il 1100 e il 1200. La loro ripetuta presenza, come passatempo abituale in quegli anni, può essere solo spiegata dal fatto che gli ambienti nel quale si muovono i Cavalieri della Tavola Rotonda siano certamente orientali, se non decisamente persiani. Considerazioni analoghe potrebbero estendersi alle similitudini fra la vita di Galgano e le esperienze giovanili di Parsfal. Gli spunti fondanti della vita di Parsifal, sui quali i commenti degli infiniti interpreti del Graal si sono accaniti, per dimostrare simbolismi, connessioni, riferimenti, misteri, legami, … ci sono tutti, nella testimonianza fiabesca e nella realtà documentale della vita di Galgano e della Cappella di Montesiepi, unico vero concreto e precoce monumento di un’avventura di tipo graaliano, un monumento storicamente attendibile e certo, nella sua realtà fisica e nella sua appartenenza temporale al medioevo più luminoso. Fra questi elementi di contatto e consonanza tra Galgano e Parsifal, possiamo iniziare ad elencare i seguenti, in una lista sintetica: - La Madre Vedova. - Il tentativo di dissuadere il figlio dall’avventura. - La visione di san Michele, in analogia all’incontro di Parsifal con i Cavalieri. - La percezione, come quella di Parsifal, di dover far parte di una cavalleria celeste e non terrena. - La necessità di divenire adulto, di acquistare autonomia dalla madre. - L’erranza del cavaliere, alla ricerca di un aiuto o di un sostegno. - L’erranza del cavaliere in preda allo sconforto o all’oblio. - Il cavallo che gli indica la via, riscontrabile in alcune versioni dei racconti del

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Graal. Il Ponte Periglioso di Cinvat. L’acqua vorticosa sotto il ponte. L’arrivo nel mezzo degli Apostoli-Cavalieri riuniti in attesa. Il tempio circolare, detto Rotunda, di trasparente analogia con la Tavola Rotonda. La singolar tenzone con il demonio. La lancia o il palo di significato conflittuale, demoniaco o sanguinario. La spada nella roccia, La spada spezzata e rinsaldata. La singolare assonanza fra Galgano e Galvano, nipote di Artù.

Si tratta di una serie di coincidenze che è difficile ritenere casuale e che dovrebbe costringere gli studiosi a più profonde riflessioni. Sia detto ancora con chiarezza: Galgano non ha nulla a che fare con il Graal, ma lo studio comparato delle due vicende fa emergere la certezza di un’influenza letteraria esercitata dalla vita di Galgano, storicamente documentata, su alcuni aspetti della Materia di Bretagna.

Il quadro enigmatico Anzitutto è inspiegabile, oltre ogni limite, l’apparente trascuratezza di cui è stata oggetto la matrice persiana dell’intera vicenda del Graal. È poi eccessivamente forzata e inaccettabile la localizzazione nelle lande franco-bretoni, troppo generica e superficiale la connessione con l’area e la cultura celtica. È sorprendente la passività e l’acquiescenza con la quale la cultura europea ha accettato e ancora accetti il radicamento della saga arturiana in area bretone, in presenza di anomalie così evidenti. Anche un’analisi preliminare e sommaria permette di giungere a conclusioni che sconvolgono l’interpretazione degli ultimi ottocento anni e che si possono così riassumere: • La storia scritta di Galgano è incontrovertibilmente anteriore ai racconti del

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La spada nella roccia italiana

Graal. La storia di Parsifal contiene innumerevoli punti di contatto con la storia di san Galgano, tanto da far supporre che, prima di giungere in Aquitania o in Bretagna, la storia della Tavola Rotonda o della spada nella roccia si sia compiuta sulle colline, fra Siena e Pisa. La Corte di Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda sono figure della Corte Persiana medievale e premedievale, con palesi richiami alle radici più remote e autentiche della cultura dell’antico Iran. L’ambiente naturale, le usanze, i luoghi e i nomi sono solidamente connessi con il sistema territoriale e sociale di un’area compresa fra le sorgenti dell’Indo, il Mar Caspio e il Golfo Persico. La vicenda del Graal è strettamente connessa, se non totalmente identificabile, con la vicenda dei Re Magi. Ma questa è un’altra storia.

Questo, in sintesi, l’approdo del nostro viaggio. È un approdo molto lontano da quelli noti ed accettati, ed è stato raggiunto tenendo

Mario Moiraghi conto che le culture di cui si tratta, persiana, celtica, bretone, cristiana, sono strettamente connesse da matrici ed elementi comuni. Accanto a queste tesi di fondo sono quindi possibili molte altre affinità e molti altri collegamenti storici, religiosi, linguistici e culturali, che arricchiscono ma non smentiscono le tesi sostenute.

La Cerca continua, deve continuare Il cosiddetto mistero del Graal continuerà, perché si regge su teoremi e dimostrazioni false, perché l’area bretone non conserva testimonianze di cose che non le appartengono, perché le stesse trascrizioni di Chrétien e Wolfram sono state, in origine, volutamente calate in un ambiente improprio e perché una miriade di continuatori e di commentatori hanno volutamente avallato il falso, perché era gradevole e utile alle monarchie, alle signorie, alle chiese, ai predicatori, agli opinion makers dell’epoca. Ma le discrepanze con le testimonianze e perfino con i grandi temi dell’umanità sono troppe, essenziali, inconciliabili in modo radicale.

ABBAZIA DI SAN GALGANO

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La spada nella roccia italiana La Croce, impugnata e strappata dal terreno dove era confitta, non può trasformarsi in spada: non è questo il senso del messaggio cristiano, messaggio reso evidente da Galgano che rifiuta la violenza e trasforma la spada in Croce. Come già accennato, è assurdo anche solo sospettare che il cosiddetto Ciclo Bretone si ispiri a San Galgano. Lo scenario più probabile è costituito da una fiaba persiana, portata in Toscana dai canali pisani e qui arricchitasi della personalità, a quei tempi prestigiosa, di Galgano, che servì per dare corpo alla figura di Parsifal. Questa ipotesi è ragionevole, ma va confermata e sostenuta da prove più concrete, razionali e tangibili, come non hanno fatto gli studiosi del Graal. Occorre cercare, cercare ancora. Ma dove? Eppure qualche traccia si profila: • Quale affidabilità storica possiede la vita di Galgano? • Sono state eseguite tutte le ricerche possibili, anche genetiche, sui resti di Galgano e sugli altri reperti esistenti,

Mario Moiraghi Nato a Milano, nel 1942, si dedica attualmente alla realizzazione di testi storici e scientifici, allo studio di eventi sociali di rilievo e alla progettazione di piani operativi per la gestione di situazioni di rischio ambientale e di emergenza. Possiede una formazione culturale certamente eclettica, che, partendo da una base classica e letteraria, si è sviluppata nei titoli di Ingegneria, al Politecnico di Milano, di Economia aziendale, alla Bocconi, in associazione con corsi di specializzazione di vario genere, in materia ambientale, economica, amministrativa e sociale. In campo linguistico, in aggiunta a quattro lingue moderne, al greco antico e al latino, ha compiuto studi sulle calligrafie medievali, sulle lingue del bacino mesopotamico e sull’egiziano geroglifico. Ha operato in settori industriali privati, nel campo del controllo ambientale, come coordinatore di progetto, presso società multinazionali eu-

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Mario Moiraghi come le braccia mummificate, custodite nella cappella di Montesiepi? • I georadar hanno analizzato tutto, o restano zone d’ombra, nella Cappella di Montesiepi? • Chi ha portato la leggenda dalla Toscana in Bretagna? • Quale fu il vero ruolo dell’ambiente culturale pisano? Ma non basta. • Come la mettiamo con Geoffrey de Montmouth, con Beda, Nennio e gli altri che (apparentemente) hanno parlato di Artù anni o secoli prima? • E poi: come c’entra in tutta questa faccenda Maria Maddalena? • E i Re Magi? La caccia alla soluzione dell’enigma è aperta, occorrono approfondimenti e, forse, qualche strada è già indicata. Il panorama è ricco di possibili sviluppi e affascinanti stimoli. Occorre evitare accuratamente le trappole del mistero-a-tutti-i-costi.

ropee e americane. È stato dirigente pubblico, nell’ambito di un’amministrazione regionale, ricoprendo anche incarichi di livello nazionale. Docente universitario per circa un decennio, nel settore del governo delle situazioni di emergenza e della protezione civile, ha insegnato in varie scuole di perfezionamento post laurea, in diverse sedi italiane. Ha diretto riviste scientifiche e pubblicato numerosi articoli tecnici e storici, per riviste italiane e di lingua inglese. Realizza conferenze nei campi di competenza ed ha organizzato importanti convegni culturali. Gestisce il sito www.scriptorium.it.

Il grande libro del Graal Ancora, 2006 vai alla scheda libro >> Agosto 2011 | n.2


di Michele Morettini Parapsicologia e percezioni extrasensoriali si incontrano

Castello di Montebello: Il mistero di Azzurrina

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Castello di Montebello: Il mistero di Azzurrina

Michele Morettini

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uesta storia inizia nel 1375, con la scomparsa di una bambina. Guendalina, chiamata da tutti “Azzurrina”, era la figlia di Ugolinuccio, signore di Montebello. Guendalina era albina. La superstizione popolare del tempo collegava l’albinismo con eventi di natura magica se non diabolica. Per questo Ugolinuccio aveva deciso di farla sempre scortare da un paio di guardie e non la faceva mai uscire di casa per proteggerla dalle dicerie e dal pregiudizio popolare. La

avevano dato alla bimba riflessi azzurri come i suoi occhi che ne originarono il soprannome di Azzurrina. Un primo documento scritto che narra la storia della scomparsa di Azzurrina risale al 1620, chiamato “Mons Belli et Deline”; Montebello e Guendalina. Si hanno quindi quasi tre secoli di leggenda popolare tramandata oralmente. Il testo racconta che il 21 giugno 1375, giorno del solstizio d’estate, mentre fuori imperversava un forte temporale e si combatteva una delle innumerevoli battaglie contro la famiglia dei Montefeltro, Azzurrina si trovava in una galleria seguita come al solito da due guardie; la piccola stava giocando con la sua palla di pezza. Improvvisamente questa le cadde in quella che era la ghiacciaia. Ovviamente la bambina cercò di andare a riprenderla scendendo le scale. Le guardie non se ne curarono poiché quella che Azzurrina aveva imboccato era l’unica entrata ed uscita. Sarebbe dovuta quindi risalire qualche istante dopo. Improvvisamente un urlo terrificante proveniente dalla ghiacciaia spinse i due armigeri a correre in cerca della piccola. Sfortunatamente non venne mai più ritrovata. Secondo la leggenda il 21 di giugno di ogni anno lustro, se fuori vi è un temporale, è ancora possibile sentire il pianto di Azzurrina. Il castello è stato riaperto al pubblico nel 1989 e dal 1990 (anno della prima acquisizione psicofonica realizzata casualmente dalle telecamere della RAI, RITRATTO DELLA PICCOLA GUENDALINA CHIAMATA DA TUTTI “AZZURRINA” durante la registrazione di un programma) vengono efmadre le tingeva ripetutamente i capelli con fettuati periodicamente esperimenti mediapigmenti di natura vegetale, estremamente nici e ricerche parapsicologiche. volatili. Questi, complice la scarsa capacità La nostra Associazione ha avuto l’onore dei capelli albini di trattenere il pigmento, di partecipare attivamente alle ricerche del

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Castello di Montebello: Il mistero di Azzurrina 21 giugno 2011 insieme a Daniele Gullà, Mattia Mascagni e Marino Fantuzzi. L’esperienza è stata estremamente interessante, sia dal punto di vista delle tecnologie utilizzate, che dal fronte delle metodologie applicate. Il rigore della ricerca scientifica affiancato al sottile mondo delle percezioni extrasensoriali: oramai questo è un connubio che solo i più ostinati negazionisti non riescono ancora ad accettare. In questi ultimi anni le indagini al Castello di Montebello hanno fornito oggettivi parametri di studio e hanno contribuito ad accrescere il bagaglio di conoscenze sul mondo della ricerca di confine; molto probabilmente anche quest’anno tutti i parametri monitorati, le foto/video acquisizioni multispettrali effettuate e i dati repertati ci aiuteranno a fare un passo avanti in questo tipo di indagini. Sostanzialmente, la ricerca è

Michele Morettini stata suddivisa in due parti: nel pomeriggio mediante l’utilizzo di una sofisticata apparecchiatura, un geo-radar, il ricercatore Daniele Gullà è riuscito a mappare il sottosuolo all’interno e all’esterno del castello di Montebello, così da georeferenziare cavità o passaggi segreti non conosciuti. L’idea è stata quella di verificare se particolari cavità artificiali potessero essere ricondotte a possibili “camere segrete” sconosciute alla storia, cosi da spiegare in qualche modo la misteriosa scomparsa di Azzurrina. E qualcosa devo dire è subito emerso: in una stanza dell’ala sinistra del Castello (adibita a bookshop) il geo-radar ha mappato una piccola camera rettangolare a 1,5 metri di profondità, definita decisamente interessante dallo stesso Gullà; altro riscontro importante, anticipato da una acquisizione extrasen-

DANIELE GULLÀ EFFETTUA RILIEVI CON IL GEO-RADAR ALL’INTERNO DEL CASTELLO DI MONTEBELLO

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Castello di Montebello: Il mistero di Azzurrina soriale di Mattia Mascagni, è stato fatto all’interno di una piccola stanzetta simile ad una cella, sita nella parte destra del castello (non lontano dal vano di Azzurrina); Mattia a seguito dell’evento E.S.P. ha indicato a Daniele il punto ove mappare il terreno e il geo-radar ha effettivamente segnalato una cavità. Infine nella stanza della cassaforte, proprio davanti l’antico mobile, su indicazione di una percezione di Marino Fantuzzi è stato rinvenuto un oggetto circolare, posizionato a quasi 2 metri di profondità. L’oggetto metallico (presumibilmente di bronzo con alcune componenti in oro) potrebbe essere un antico piatto di rame o magari uno scudo; è interessante confrontare questo riscontro strumentale, la percezione ed uno scatto della ricerca del 2010 che ritraeva nelle immediate vicinanze della cassaforte un elemento “extra”, a quanto

Michele Morettini pare una figura antropomorfa che ricorda un cavaliere medievale. Proprio questi ultimi due punti sono anche stati oggetto di una segnalazione in remote viewing da parte di Florentina Richeldi, una sensitiva che non ha potuta partecipare al sopralluogo. Il giorno stesso aveva indicato, senza peraltro conoscere il posto né Mattia o Marino, gli stessi due punti – definendoli interessanti a livello energetico - concentrandosi su una mappa del castello. La documentazione di tale visione a distanza è disponibile per essere consultata e tra l‘altro c’è la data certa che ne attesta l’autenticità. Oltre questi primi e importanti riscontri, i rilievi effettuati hanno prodotto moltissimi risultati che saranno analizzati e divulgati prossimamente. Successivamente, Mattia Mascagni e Marino Fantuzzi grazie alla loro particolare

IL GRUPPO DI SENSITIVI MENTRE EFFETTUA ESPERIMENTI DI PSICOSCOPIA AMBIENTALE

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Castello di Montebello: Il mistero di Azzurrina sensibilità extrasensoriale hanno effettuato esperimenti di psicoscopia ambientale (aiutati anche da altri sensitivi simpatizzanti del gruppo di ricerca), ovvero hanno cercato di mettersi in rapporto con l’ambiente per cercare di acquisire determinate informazioni che fanno riferimento alla “storia” di quel luogo. L’esperimento è sfociato in un vero e proprio contatto sensoriale “real-time” con presunte ed indefinite energie senzienti; mentre il gruppo di sensitivi effettuava questo tipo di esperimento, il nostro gruppo di ricerca (composto dal sottoscritto, Michele Morettini e da Stefania Ferrari) effettuava riprese fotografiche ad ampio spettro (UV-B – Visibile – Near IR) e rilevazioni riguardo possibili fluttuazioni del campo elettromagnetico (effettuati anche da Leea, una collaboratrice del gruppo di Daniele Gullà); Daniele Gullà invece mediante l’utilizzo di un nuovo apparecchio appositamente realizzato per lo studio e la ricerca nel campo Metafonico, cercava riscontri in relazione al fenomeno delle voci elettroniche (l’utilizzo di questa nuova apparecchiatura sembra aver dato esiti molto interessanti). Anche in questo caso tutti i dati riguardo i parametri geo-fisici raccolti, le riprese fotografiche effettuate, le considerazioni dei sensitivi e le registrazioni effettuate con l’attrezzatura EVP saranno studiati e incrociati, cosi da poter avere un quadro generale sull’esperimento condotto. Dopo una breve pausa serale, il gruppo di ricerca si è dedicato alla vera e propria ricerca di “Azzurrina” e dei fenomeni a lei connessi. Sono state montate telecamere ad infrarossi ad alta sensibilità con tanto di sorgenti di radiazione infrarossa in vari punti del Castello, compreso il famoso vano di azzurrina. Alle telecamere in ogni punto sono stati montanti microfoni professionali, cosi da acquisire in contemporanea parametri video e audio. All’interno del vano di Azzurrina il nostro gruppo di ricerca ha effettuato rilievi statici sulla fluttuazione termica (mediante sensore termico interfacciato ad un personal computer) e geo-elettro-magnetica (mediante un TriField Natural EM meter). Una volta posizionata tutta la strumenta-

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Michele Morettini zione e attivati tutti i sensori di acquisizione è stato tentato un esperimento mai realizzato prima: è stata mandata in filodiffusione una musica nei pressi del vano di azzurrina, musica che rievocava fedelmente le musiche del 1300, suonata addirittura con strumenti simili a quelli dell’epoca. Il concetto è stato quello di immettere nell’ambiente un suono fedele a quello che si poteva udire all’epoca, cercando così di “eccitare” il contesto energetico PSI e verificare la risposta dell’ambiente stesso mediante le strumentazioni posizionate. Infine è stato tentato un ulteriore esperimento: il gruppo di sensitivi riunitosi nel cortile, ha effettuato nuovi esperimenti di percezione extrasensoriale ambientale, anche in questo caso sono state fatte fotografie ad ampio spettro e registrazioni con l’attrezzatura psicofonica. Questo ultimo tentativo di approccio medianico ha concluso la giornata di ricerca al Castello. Dopo alcuni giorni di lavoro sui dati acquisiti, Mattia Mascagni e Marino Fantuzzi hanno presentato in esclusiva a Terra Incognita Magazine i primi risultati riconducibili a fenomenologie paranormali occorse durante il sopralluogo. Si tratta dell’acquisizione di tre voci psicofoniche, molto interessanti, tutte registrate all’interno del vano di Azzurrina e di una foto con elemento “extra”, ripresa da Daniele Gullà. Ecco il video anteprima di Terra Incognita. Ci tengo a segnalare anche un vero e proprio documentario realizzato sempre da Terra Incognita, davvero professionale, che ripercorre le fasi salienti della ricerca del 21 giugno. Chiaramente questi primi dati usciti sono solo un’anteprima, molto altro materiale è allo studio e sicuramente una volta terminate le analisi potremo avere un quadro completo della ricerca effettuata. Voglio concludere con una notizia molto interessante uscita pochi giorni fa, che sicuramente metterà la parola fine alle “tendenziose” supposizioni nate attorno alla oramai celebre foto di Azzurrina, ripresa da Mattia Mascagni ed elaborata da Daniele Gullà nella sessione di esperimenti del 2010. La foto è stata periziata ed è emerso senza ombra di dubbio che il file RAW (originale)

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Castello di Montebello: Il mistero di Azzurrina

Michele Morettini

LA FAMOSA IN OGGETTO, SCATTATA DA MATTIA MASCAGNI ED ELABORATA DA DANIELE GULLÀ DURANTE LE RICERCHE DEL 2010. COPYRIGHT MATTIA MASCAGNI E DANIELE GULLÀ

non è stato assolutamente modificato e quindi l’elemento “extra” apparso in foto è assolutamente genuino. Riportiamo di seguito una nota del ricercatore sulla questione, tratta dal suo sito personale e il collegamento al file della perizia: Sono ormai diversi anni che mi occupo dello studio riguardo i fenomeni anomali o più volgarmente detti “paranormali” ed ho notato con grande piacere che la passione per la ricerca non viene mai a mancare. Come molti sanno, il paranormale, è un argomento molto delicato e discusso principalmente perché nessuno detiene la legge assoluta del sapere e perché a causa di vari ciarlatani, tale argomento, viene spesso sporcato da chi si approfitta dell’ingenuità e debolezze altrui vantando titoli inesistenti e senza avvalersi di strumentazioni tecnologiche idonee per poter vedere l’invisibile. Nel momento in cui un ricercatore singolo o un team di studiosi riesce ad ottene-

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re buoni risultati, pubblicandoli, si espongono a loro volta, consci di essere passibili a critiche discordanti. Sin quì tutto nella norma, finchè l’ignoranza di alcuni soggetti sfocia in commenti poco piacevoli e signorili in cui si possono notare insinuazioni del fatto che tali risultati siano artificiosi o addirittura creati come falsi. Ovviamente, è bene ricordare che ogni soggetto è libero di esprimere il proprio parere facendo ben attenzione che non vengano mai a mancare educazione e rispetto. Io sono un ricercatore e con grande rispetto per il mondo invisibile, in tutte le sue sfaccettature, lavoro con dedizione, sacrificio, onestà ed umiltà al fine di proporre ciò che emerge dai dati che riesco ad ottenere. Inoltre posso vantare la fortuna di lavorare con persone accreditate in ambito forense e scientifico, che periziano minuziosamente ogni singolo dato raccolto in fase di ricerca. Detto ciò, quanto segue è una perizia fatta nei confronti dello scatto fotografico

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Castello di Montebello: Il mistero di Azzurrina

Michele Morettini

MICHELE MORETTINI, DANIELE GULLÀ, MATTIA MASCAGNI, MARINO FANTUZZI, STEFANIA FERRARI

avente per soggetto la leggendaria figura di “Azzurrina”, da me ottenuto il 21/06/10 durante il monitoraggio organizzato da Daniele Gullà, tenutosi presso il Castello di Montebello, monitoraggio a cui era presente anche una squadra del CICAP. Per una consultazione completa della perizia sulla fotografia è possibile scaricarne copia dal sito di Mattia Mascagni (www.mattiamascagni.it/download/perizia_azzurrina. pdf ).

Michele Morettini Michele Morettini ricercatore nel campo delle tematiche “di confine”. Ideatore del progetto www.daltramontoallalba.it (presente sul web dal 2001, risulta essere uno dei portali più visitati d’Italia inerenti l’argomento “mistero”) e Presidente

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Possiamo sicuramente affermare che abbiamo avuto la possibilità di partecipare ad una serata dove l‘eccellenza della ricerca parapsicologica Italiana trova il suo “habitat” migliore, un luogo dove le fenomenologie paranormali, se studiate con il dovuto rispetto e il naturale senso critico, non si fanno mai attendere. Personalmente ringrazio sinceramente Mattia Mascagni, Daniele Gullà e Marino Fantuzzi per aver invitato la nostra Associazione ad un evento cosi importante.

dell’Associazione Culturale Dal Tramonto all’Alba. Si occupa da 10 anni di tematiche legate al paranormale, all’ufologia e all’esoterismo, con una particolare attenzione alla ricerca strumentale riguardo i fenomeni psicocinetici spontanei a carattere infestatorio, l’interazione dell’energia PSI e l’ambiente, la fotografia spiritica e lo studio di acquisizioni energetiche video/audio/ fotografiche anomale.

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di Gabriele Rossi Osmida La scoperta della piĂš antica chiesa cristiana. Parte II

Il sito proto-cristiano di Haroba Kosht (III – XIII sec.)

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Il sito proto-cristiano di Haroba Kosht (III – XIII sec.)

Lato sud Il lato sud è articolato in due parti: a ovest l’Edificio A, più stretto, e a est l’Edificio B, più allargato. Entrambi furono costruiti in epoca sasanide con successivi interventi di consolidamento e restauro avvenuti in epoca selgiuchide senza però che questi apportassero modifiche sostanziali all’impianto. Si ha comunque ragione di ritenere che questi interventi siano avvenuti quando venne costruita la grande cupola che sovrastava l’Edificio B. Dalle verifiche effettuate, i muri dell’Edificio B , protetti esternamente da mattoni cotti, qui si spingono fino a 1.20 m di profondità al

Gabriele Rossi Osmida di sotto della piattaforma di sostegno dell’Edificio A. La copertura sporgente venne successivamente utilizzata come gradinata d’accesso a quella che doveva essere la parte adibita al culto (chiesa), cui si perveniva attraverso due porte ad arco acuto costruite dopo la chiusura della porta principale sul lato est. Queste due porte, ben visibili nei contorni esterni, non si sono potute sgomberare completamente dalle macerie accumulatesi con il crollo della cupola, dal momento che si trovavano in un pericoloso equilibrio precario. Si è preferito consolidare il materiale di crollo contraffortando gli elementi instabili con nuovi mattoni. Non riflettono (in altezza) la struttura origi-

Edificio A

LOCALIZZAZIONE DELLE PORTE (D) E DELLE FINESTRE (W) INDIVIDUATE E RECUPERATE SUL LATO SUD

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Il sito proto-cristiano di Haroba Kosht (III – XIII sec.) naria: sono solo indicative. Le due finestrelle che si aprono sul piano di calpestio sotto la gradinata lasciano intuire che esistesse un sottoscala che, come in molte costruzioni proto-cristiane dell’Oriente, portava ad una cripta solitamente adibita a sacello. L’Edificio A, verso ovest, largo mediamente 13 mt, è di origine sasanide; in epoca selgiuchide avvenne la chiusura delle tre porte ad ovest che furono trasformate in finestre. Partendo da ovest, la seconda porta (2D) si è conservata meglio delle altre anche nei dettagli e per questo l’abbiamo usata come riferimento per la sistemazione delle altre porte del lato sud. Possiede dimensioni ragguarde-

Gabriele Rossi Osmida voli: è alta m. 3,13 e larga m.1,23. Si conclude superiormente con un arco a sesto acuto realizzato con l’accostamento di quattro grandi mattoni crudi. Lateralmente, alla radice superiore della spalla, si diparte una cornice di fascia in mattoni che, pur essendo in buona parte rovinata, si ha ragione di ritenere che continuasse fino alle porte 1D e 3D. Questo abbellimento, essendo stato eseguito in tavelloni, deve esser avvenuto durante l’epoca selgiuchide, quando si pensò di chiudere queste porte riducendole a finestre nel quadro di un riassetto generale dell’intero edificio. Va infatti notato che, all’interno della 2D, è stato eretto un muretto in tavelloni che si

Edificio B

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Il sito proto-cristiano di Haroba Kosht (III – XIII sec.) spinge fino a m 1,75 trasformando così la porta in una finestra alta m 1,38. Con ogni probabilità questo riassetto andrebbe collegato con la scelta di sottolineare la trasformazione dell’intero complesso in un monastero, abbandonando il suo ruolo precedente di ricovero per viandanti (hospitium). Le pareti dell’Edificio A sono lievemente inclinate per facilitare lo scorrimento delle acque piovane; per creare questo effetto sono state costruite a gradini decrescenti (muri dentati) che poi venivano ricoperti con plaster e glyna. Sulla parte centrale del lato Sud si susseguono a distanza regolare alcune finestre ad arco acuto. Attualmente sono state restituite sei finestre e sette porte. Le rimanenti (documentate dalle vecchie foto) oggi sono illeggibili a causa dei crolli. L’Edificio A era originariamente costituito almeno da due piani sovrapposti, come si deduce dall’archivio fotografico, e poteva

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Gabriele Rossi Osmida servire da abitazione dei religiosi e/o come alloggio-foresteria per i viandanti. Sembra comunque improprio definire questa parte dell’edificio come caravanserraglio, anche se questo rende bene l’idea, in quanto non sono stati individuati elementi caratterizzanti questo tipo di struttura.

Lato ovest È il lato più disastrato dell’intero complesso che, fino al 1968, esibiva una massiccia costruzione eretta almeno su due piani. In tale data la missione sovietica praticò un ampio scavo sul lato ovest minandone la statica già precaria. Si susseguirono diversi crolli i cui detriti, come si può osservare, si sono accumulati a conoide al centro del lato ovest. Gli interventi su questo lato hanno dovuto limitarsi alla ricerca del profilo di base dell’edificio, concentrandosi soprattutto verso gli

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Il sito proto-cristiano di Haroba Kosht (III – XIII sec.) spigoli, dove sono stati rinvenuti resti di muratura di epoca sasanide.

Lato nord Per la scarsità di strutture murarie visibili e dato che questo lato presenta una copertura detritica stabilizzata e inclinata verso un vicino canale agricolo, si è scelto di utilizzare questo versante per scaricare l’acqua piovana che tendeva a ristagnare sulla superficie superiore dell’edificio. Gli interventi si sono pertanto limitati alla realizzazione di apposite canalizzazioni che si armonizzassero con le pendenze naturali e alla messa in sicurezza degli spuntoni murari instabili. Esisteva però il problema di verificare se questo lato fosse speculare al lato sud e se, in particolare, presentasse a sua volta una sporgenza muraria verso est in corrispondenza della cosiddetta cripta.

Gabriele Rossi Osmida Nel corso dei sondaggi è venuta alla luce una vasta piattaforma di epoca sasanide in mattoni crudi, parallela al corpo dell’edificio principale da cui dista mediamente m. 1,70. Ispezionandola, si è notato che questa era raccordata con altre strutture a est e a nord, cosa che farebbe pensare all’esistenza di un altro edificio di servizio, forse una dependance.

Chiesa o Caravanserraglio? La struttura anomala di Haroba Kosht rispetto all’architettura dell’oasi di Merv ha sollevato nel passato diverse discussioni sulla sua destinazione d’uso che, in sintesi, si attestano su due posizioni: chi sostiene che sia una chiesa cristiana e chi lo interpreta come un caravanserraglio. Cominciamo da quest’ultimo. I caravanserragli, a partire dall’età del

RICOSTRUZIONE DEL COMPLESSO NESTORIANO DI HAROBA KOSHT DELL’ARCH. ANNAMURAD ORAZOV

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Il sito proto-cristiano di Haroba Kosht (III – XIII sec.) Bronzo, furono ben noti in Margiana e rispondono tutti a delle caratteristiche di base: sono protetti da mura che racchiudono un ampio cortile su cui si aprono delle stanze ad uso dei viandanti e delle carovane e posseggono generalmente una pianta quadrata. In Margiana ne esistono di due tipi: semplici (con un solo cortile interno circondato da gallerie) e complessi (due cortili, gallerie, stanze annesse). Inoltre la loro architettura è caratterizzata dalla semplicità della cerchia principale e da facciate cieche con portone centrale a volta. È quindi evidente che l’edificio di Haroba Kosht non può esser considerato un classico caravanserraglio almeno per due ragioni: la sua massima larghezza interna è di circa 8 metri, insufficiente a ospitare un cortile e, ancor meno, un cortile circondato da portici. L’altro motivo è che i caravanserragli presentano facciate cieche e, in Haroba Kosht, solo la facciata sud, conta almeno sette porte e sei finestre. Rimarrebbe quindi l’ipotesi che si trattasse di un edificio destinato al culto, utilizzato come chiesa cristiana che sembrerebbe collegato ad un altro edificio cristiano individuato nel Gyaur Kala di Merv, il cosiddetto Edificio Ovale. È proprio dal confronto con l’Edificio Ovale di Merv, che Pugacenkova definisce “un grande monastero di Melkiti”, che ricaviamo importanti indicazioni su Haroba Kosht. Drevyanskaya, che ha scavato questo edificio tra il 1959 e il 1964, da parte sua ne accosterebbe la funzione a quella di un khanako, ossia ad un centro di ospitalità sufi. Poiché l’edificio in questione è sorto alla fine del IV secolo, questi accostamenti non vanno però presi alla lettera e necessitano di alcune precisazioni. Pugacenkova, facendo riferimento ai Melkiti, non si riferisce certo ai cattolici melchiti istituiti solo nel 1724, ma a quei cristiani che nel V secolo, dopo il Concilio di Calcedonia, accettarono i decreti dell’imperatore bizantino Marciano e che per questo vennero detti “melchiti” o “uomini del re”. Secondo quest’ottica la definizione di Pugacenkova mi sembra appropriata in quanto, proprio

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PIANTA DELL’EDIFICIO OVALE NEL GYAUR KALA DI MERV. ABITATO DALLA COMUNITÀ CRISTIANA DI MERV E SEDE DEL METROPOLITA NESTORIANO, POSSEDEVA MOLTI PUNTI DI CONTATTO CON IL MONASTERO DI HAROBA KOSHT DA CUI DISTA CIRCA 12 KM

perché i cristiani di Merv erano fedeli al re di Bisanzio, vennero di lì a poco respinti dallo stato sasanide. Quanto al raffronto con un khanako sufi, tenendo conto che il Sufismo fu creato nel VII sec., anche qui l’autore intendeva solo far riferimento a un particolare edificio adibito dalle confraternite sufi destinato sia ai ritiri spirituali che ad ospitare i viaggiatori islamici1 svolgendo in quest’ultimo caso una funzione simile a quella dei caravanserragli. Comun1) Traccia della diffusione di questi edifici, noti in occidente con il termine anglicizzato khanqah, la ritroviamo spesso nel resoconto dei viaggi compiuti in Oriente dall’arabo Ibn Battūta nel XIV secolo.

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Il sito proto-cristiano di Haroba Kosht (III – XIII sec.)

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NELL’EDIFICIO OVALE DI MERV SI SONO RINVENUTI ALCUNI MATTONI CON L’IMPRONTA DI UNA MANO, SIMILI A QUESTO CHE PROVIENE DA HAROBA KOSHT. SI PENSA TRATTARSI O DI UN “MARCHIO DI FABBRICA” O DI UN EX-VOTO

que la Drevyanskaya concorda con la Pugacenkova sul carattere cristiano dell’Edificio Ovale testimoniato da una serie di reperti, in particolare da croci in stucco inserite sui muri. L’Edificio Ovale venne eretto dalla comunità cristiana di Merv verso la fine del IV secolo sulle rovine di un imponente edificio partico risalente ai primi secoli della nostra era e risulta utilizzato fino alla metà del VI secolo quando il governo sasanide contrastò la chiesa bizantina ufficiale (= melchita) per favorire al suo posto la diffusione di insediamenti nestoriani, fra l’altro particolarmente favoriti dal progressivo indebolimento dello Zoroastrismo giunto al collasso nel VII secolo. Concludendo: l’Edificio Ovale di Merv sorse alla fine del IV secolo su di un preesistente edificio di tarda epoca partica con funzione di ricovero per viandanti gestito da religiosi cristiani di rito bizantino simile agli hospitia gre-

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co-romani che sorgevano lungo le principali arterie viarie. È esattamente lo stesso quadro che ci propone Haroba Kosht, confermato anche dal ritrovamento di un mattone con l’impronta di una mano (forse un “marchio di fabbrica”, forse un ex-voto), simile ad altri rinvenuti nell’Edificio Ovale, datati appunto fine del IV – inizi del V secolo. Appurata l’identità cristiana del sito di Haroba Kosht, quanto meno a partire dalla fine del IV secolo, gli studiosi sovietici hanno cercato delle analogie architettoniche con altre chiese cristiane o altri luoghi di culto contemporanei, suggerendo di volta in volta Efeso, Ctesifonte, Dura Europos, Tash-rabat in Kyrgyzstan, ecc. Dimenticandosi però di un problema di fondo: cosa fosse il Cristianesimo nei primi secoli della nostra era e la sua sofferta ricerca di una identità architettonica in Oriente.

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Il sito proto-cristiano di Haroba Kosht (III – XIII sec.)

Gabriele Rossi Osmida

L’INGRESSO DEL DÜÝE ÇÖKEN TEPE OGGI FREQUENTATO DA MANDRIE DI CAMMELLI

Gabriele Rossi Osmida Archeologo, giornalista e scrittore, esperto in Storia delle Esplorazioni e delle Scoperte Geografiche della Società Geografica Italiana. È Presidente del Centro Studi e Ricerche Venezia-Oriente “Antiqua Agredo”. Dirige la collana “I know the Central Asia” prodotta dalla Casa Editrice «Il Punto» di Padova. Nel 1996 ha curato la ristrutturazione del Museo Nazionale di Ashgabat su mandato del Ministero alla Cultura del Turkmenistan e di ENI-AGIP. Ha condotto ricerche nell’ex Yugoslavia, Romania, Egitto, Sudan, Madagascar, Niger, Iran e Asia Centrale. Già direttore del progetto “Berel-Altai” (Kazakhstan) patrocinato dal Ministero Affari Esteri, è responsabile per la parte italiana delle ricerche archeologiche nel progetto congiunto

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“Gobi Altayn Geo-Archaeology” (Mongolia) promosso dal CNR-IRPI. È Honor Professor alla State Academy di Ashgabat (Turkmenistan) dove tiene corsi di propedeutica archeologica e collabora strettamente con la Harvard University e il Peabody Museum (USA). Da quasi vent’anni conduce le missioni archeologiche italo-turkmene in Margiana sostenute dal Ministero della Cultura del Turkmenistan e dal Ministero Affari Esteri Italiano. Dal 2001 dirige le ricerche nell’oasi di Adji Kui dove ha scoperto una nuova civiltà del III-II mill.a.C. nota col nome di Civiltà delle Oasi. Dirige le operazioni di recupero e di restauro del sito cristiano nestoriano di Haroba Kosht (Oasi di Merv, Turkmenistan) con il contributo del Consiglio Regionale del Veneto. È autore di diverse pubblicazioni a carattere storico e archeologico.

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di Tullia Parvathi Turazzi Quel mattino seduta nel Tempio a Whitfield...

Ai piedi di Sai Baba

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Ai piedi di Sai Baba

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uel mattino ero seduta nel Tempio a Whitfield in attesa del Drashan. Swami tardava a mostrarsi e tra le file composte e colorate delle donne serpeggiava una certa inquietudine. Ero tranquilla, mi sentivo pervasa da quella particolare energia indescrivibile e dolcissima che, da mesi ormai, mi accompagna ovunque. Improvvisamente la dolce musica che annunciava l’ arrivo di Baba mi avvolse e la mia energia kundalini cominciò a risalire lungo la spina dorsale. Ero in uno stato di estasi cosciente. La veste arancio del mio amato Maestro si iniziò a intravedere tra le teste delle devote che si allungavano e agitavano per vedere meglio l’arrivo dell’avatar. Quando arrivò davanti alla mia fila, fui presa da una forte emozione... “Forse oggi Lui mi parlerà, mi chiamerà in intervista”... fremevo. In quei primi periodi ancora desideravo ardentemente di poter parlare con LUI anche fisicamente, in una delle famose interwiew così ben descritte da tanti libri e dai devoti più esperti. Solo dopo mi accorsi che non sarebbe stato questo il mio percorso con LUI. Da me voleva altro: voleva che subito io scoprissi il contatto interiore, il vero contatto con il Dio in me, con il Maestro in me. Ovviamente all’inizio ne fui in parte delusa; umanamente il mio ego forse desiderava essere ricevuto, riconosciuto. Solo adesso, pur non togliendo nulla alle meravigliose esperienze che Baba dona in interviste di gruppo e più raramente personali, mi rendo conto del grandissimo dono e aiuto che il Maestro mi ha donato, guidandomi dolcemente ma con fermezza verso la realizzazione del SÈ, che può essere raggiunto con un contatto interiore soltanto col il nostro Dio interiore. Oggi comprendo quale Grazia ho ricevuto pur senza sentirmene affatto meritevole. Non posso dire che “Grazie, Grazie Grazie”.

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Tullia Parvathi Turazzi Ho avuto infinite interviste interiori o astrali e pochi dialoghi fisici da LUI ma ci furono solo alla fine. Il mio astrale che assomiglia al piano semifisico. Accadeva e continua ad accadere. IMPROVVISAMENTE Swami voltò di scatto il volto verso di me. Uno sguardo intenso, serio e fulmineo; vidi uscire due piccoli raggi luminosi dai Suoi occhi che raggiunsero la mia fronte o così percepii. Mi ritrovai catapultata in una dimensione diversa: meditazione o viaggio astrale? Che importa... noi esseri umani desideriamo sempre capire, catalogare, esaminare. So soltanto che mi trovai sopra montagne innevate e tra ghiacciai immensi, con al centro di queste vette una piccola valle verde e lussureggiante mai vista prima.

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Ai piedi di Sai Baba La scena cambiò e mi ritrovai immersa in un paesaggio da fiaba con colori vivissimi e diversi da quelli che si sperimentano nella dimensione quotidiana. Vi era un giardino verde smeraldo con fiori dalle strane forme, fontane dalle forme deliziose e armoniche; tutto sembrava Vivo, come se tutto interagisse in una perfetta vibrazione di armonia e Amore e anch’io ero fusa in questa estasi. Strane costruzioni simile ad un cristallo opaleggiante e con i colori cangianti e pulsanti: ma dov’ero? Un luogo astrale o animico certo, ma non di fantasia, era Reale, anche se in un altra vibrazione quantica. Entrai in una stanza tondeggiante molto ampia, tutto intorno sedili simili a troni regali color porpora e oro: “I colori del Tibet”, pensai. Erano vuoti, come se aspettassero ospiti illustri. Al centro una piramide di cristallo trasparente bellissima con all’interno una luce, che illuminava dolcemente irradiando verso la sala. Una voce disse: “Questa è la Sala degli Amenti”, o un nome simile. Non vedevo la provenienza di quella voce strana e profonda, maschile e femminile insieme. Ero pervasa da una Gioia non umana; pensai: “Ecco Shamballa”, il nome mi risuonò nella mente. Shamballa! Allora non avevo letto libri su questa terra misteriosa, ogni mia esperienza arrivava prima, spontanea, solo dopo anni

Tullia Parvathi Turazzi Nata a Monza (MI) il 10 agosto 1955. Caduta dal cielo insieme a migliaia di stelle cadenti nella notte di San Lorenzo. Ha frequentato il liceo Artistico di Brera diplomata in grafica pubblicitaria, studi di psicologia e danza moderna, studiosa di religioni antiche, antiche filosofie, simbolismo, esoterismo, ricercatrice, conoscitrice di molti mezzi di divinazione dai tarocchi agli I Ching, astrologia, sensitiva fin da piccolissima, in contatto con altre dimensioni o loka. Pratica meditazione e yoga tantra kundalini da 13 anni, pratica il reiki e l’healing, è canalizzatrice di Baba e di altri maestri ascesi ma più che canale ha con loro contatti astrali

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Tullia Parvathi Turazzi iniziai a leggere e così scoprire che le mie esperienze erano condivise da altre persone, molto più elevate e riconosciute di me; io ero solo una neofita alla scoperta di mondi e stati interiori, come Alice nel Paese delle Meraviglie... mi stupivo che il Fato avesse scelto me. Non ero speciale, ma stavo vivendo esperienze così fantastiche e divine che a volte mi domandavo se fosse tutto vero. Lo era. Di colpo mi ritrovai nel mio corpo intorpidito dalla lunga posizione immobile, la posizione chiamata del Loto. Swami se ne stava andando. Non avevo idea di quanto fossi rimasta fuori in obe... ero felice in uno stato di leggerezza e beatitudine. Lo stupore estatico divenne vera meraviglia quando vidi il mio vestito azzurro ricoperto di piccole pietruzze venute chissà da dove: erano piccolissimi turchesi grezzi...assolutamente incredibili. Come si trovavano ora sul mio vestito? La mente, si sa, cerca sempre una spiegazione logica. Mentre cercavo una spiegazione verosimile, l’ultima pietruzza mi cadde sul vestito. Cadde dall’alto, dal cielo. L’ennesino lila del mio Signore. Questa fu un’altra delle incredibili e sacre esperienze che feci ai Piedi Di Loto di Sai Baba. Om Sai Ram dove li vede e tocca normalmente come in 3 dimensioni, un dono di BABA, uno dei molti che ha ricevuto da LUI. Vive attualmente in India, ma viaggia tra i vari stati indiani. Vive a Puttaparthi dove ebbe la fortuna a 43 anni di avere la grande benedizione di conoscere ed incontrare l’Avatar di questo kali yuga SRI SRI SATHYA SAI BABA che le mostrò “se stessa a se stessa”, e gli rivelò che Dio vive in noi e non fuori di noi. Ha vissuto continuamente ai suoi piedi di loto dal 1998 ad oggi fino al Suo Mahasamadi. Un’esperienza che da sola merita un libro, che sta scrivendo. Prosegue il percorso seguendo i suoi insegnamenti “AMA TUTTI E SERVI TUTTI”. Il suo percorso umano e spirituale continua, in astrale con la Sua vicinanza continua perchè non c’e limite alla bellezza e alla meraviglia della Rivelazione.

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di Alessandro Bertirotti Lo spazio importante all’interno del quale vivere

Territorio e transito

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Territorio e transito

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el mondo animale il territorio è uno spazio importante all’interno del quale vivere. Esseri umani e animali, in questo ambito, pongono le condizioni perché questo sia possibile soprattutto per la prole, che deve essere difesa da ipotetiche invasioni da parte di predatori. È chiaro che, definito in questo modo il territorio, ogni specie consideri il proprio come qualcosa di indispensabile alla procreazione e l’unico spazio all’interno del quale la madre con i suoi cuccioli può e deve sentirsi al sicuro. Anche le specie migratorie considerano il territorio in questo modo, perché quando si fermano per costruire il nido ritengono quel luogo alla stregua di una “casa” con fondamenta stabili. Una volta abbandonato, per la successiva migrazione, quel territorio ritorna ad essere una “casa comune”, senza abitanti da difendere. In quest’ottica, il possesso di un territorio è condizione necessaria per la prosecuzione della specie, perché garantisce, in quanto accudito sia dai maschi che dalle femmine, la presenza di vitalità e difesa. Nello stesso tem-

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Alessandro Bertirotti po, la delimitazione di uno spazio all’interno del quale vivere e dare rifugio alla prole determina un suo più equo sfruttamento, evitando concentrazioni dannose in piccoli spazi. Si verifica cioè, con la delimitazione perimetrica del territorio, una distribuzione spontanea dei membri della specie che lo occupa al suo interno. Si assiste così, in un territorio, ad una distribuzione quasi uniforme di coloro che lo abitano, proprio per garantire quella quota necessaria di privato e di pubblico assieme. E questo avviene anche per le specie non umane, come a volerci indicare che a livello genetico ed evolutivo la Natura ha pensato anche a come distribuire le specie su questo pianeta. È importante allora ragionare su quello che accade quando due territori sono tra loro confinanti. In genere, la Natura è sempre molto più saggia degli uomini che possiedono la cosiddetta intelligenza, perché quando due territori sono tra loro confinanti agevola la formazione di uno spazio non difeso all’interno del quale i membri dei due territori adiacenti

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Territorio e transito possono condurre una vita comune. Questo spazio, prende il nome di spazio familiare, home range. Al di fuori delle specie nomadi, che per ovvi motivi non dispongono di uno stabile home range, quasi tutte le specie animali vivono all’interno del proprio territorio e nello spazio familiare. In alcune condizioni fisiologiche particolari, come la sensazione della fame che non può essere soddisfatta all’interno dello spazio familiare, e ancora meno nel proprio territorio, i membri delle specie si possono avventurare oltre questo spazio condiviso. Oppure possono, come nel caso dell’Homo sapiens sapiens, decidere di andare oltre questo territorio per soddisfare la propensione all’esplorazione. In questo caso, lo spazio immediatamente esterno a quello familiare si definisce infatti spazio di esplorazione. L’aspetto interessante di questo ragionamento è legato però al tipo di comportamento che le specie antropomorfe, dunque anche noi, assumono man mano che si allontanano dal noto del proprio territorio e si avventura-

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Alessandro Bertirotti no nell’ignoto spazio di esplorazione. Infatti, più ci si allontana dal proprio territorio e dunque dall’home range e ci si addentra all’interno dello spazio di esplorazione più il livello di aggressività diminuisce sensibilmente. Questo atteggiamento è particolarmente evolutivo, perché permette di esplorare prestando attenzione ad ipotetiche situazioni minacciose e, nello stesso tempo, di addentrarsi in ambienti senza sprecare energie aggressive offensive a danno di altri membri della propria specie e che eventualmente si trovino anch’essi in esplorazione. In sostanza dunque, quando ci si trova a dover esplorare un territorio che non ci appartiene, proprio perché è situato oltre il proprio spazio vitale e l’home range, si sviluppano atteggiamenti non aggressivi ma difensivi la propria incolumità, e si cerca di “farsi accettare” dagli eventuali compagni di avventura che si possono incontrare durante il cammino. Nello stesso tempo, si tende a fare molta attenzione a non invadere territori familiari di altri gruppi, o comunque a non manifestare

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Territorio e transito atteggiamenti aggressivi oppure minacciosi. Sulla base delle considerazioni appena esposte possiamo dedurre che l’Homo sapiens sapiens è una specie territoriale, ossia concepisce la presenza di uno spazio all’interno del quale procreare e difendere la propria esistenza, assieme ad uno spazio familiare in cui si condividono esperienze di vita ed uno spazio esplorativo in cui ci si espande. Nel corso dell’evoluzione sono nate però alcune confusioni cognitive rispetto al territorio, ossia rispetto alle idee che si potevano creare nei confronti di uno spazio vitale importante. Una di queste idee confuse è quella di assimilare il concetto di territorio a quello di proprietà, giungendo persino a teorizzare l’esistenza di un “diritto naturale” rivolto al mantenimento della proprietà. Vi sono state teorie che hanno enfatizzato la “proprietà privata” oppure la “proprietà comune statale”, rispettivamente il liberismo e il comunismo, entrambe perché basate su questa iniziale ed antropologica confusione fra spazio naturale vitale e spazio culturale economico. In realtà però, il termine economia deriva dal greco ed è composto da eco, ambiente e nomos, nomoi, regola e regole, per cui il termine significa letteralmente: regola dell’ambiente. È come affermare che ogni spazio, percepito dalla nostra specie sotto forma di

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Alessandro Bertirotti territorio, è regolato da una serie di strategie di vita, ossia di sopravvivenza di se stesso e di difesa, alle quali ci si deve sottomettere, altrimenti si va a modificare l’ambiente stesso. Queste modificazioni sono effettuate dalla nostra specie, ma non solo da noi, per adeguare l’ambiente ad alcune esigenze di vita tipiche dell’Uomo, e prendono il nome di antropomorfizzazione. In questo processo però non è possibile ignorare del tutto il rispetto di alcune caratteristiche di base dell’ambiente naturale che si evidenziano con una certa chiarezza: se sono in un territorio prospiciente il mare e possiedo nell’entroterra molto spazio per costruire delle moderne capanne come ripari, ossia le abitazioni, non è intelligente espandermi verso il mare per creare isole artificiali nelle quali andare a vivere. Invece, è proprio quello che accade a Dubai, dove è possibile ammirare la megalomania di una società teocratica che desidera sostituirsi allo stesso Dio di cui nega la supremazia. Perché avviene questo? Ossia, perché si confonde un territorio da difendere con un territorio da sfruttare, cercando di affermare una distonica superiorità nei suoi riguardi? Secondo me, tutto questo avviene proprio perché confondiamo il territorio con la proprietà, credendo di possedere ciò che calpe-

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Territorio e transito stiamo, ciò che curiamo e alimentiamo e nello stesso tempo cura ed alimenta noi stessi. Eppure, la storia dei nostri predecessori, siano essi vicini oppure lontani, ci dimostra quasi giornalmente che nessuno di noi è nella condizioni di portare con sé il territorio che possiede, anche quando questi sia diventato una proprietà privata. Siamo venuti al mondo nudi e ce ne andremo nudi, anche se apparentemente vestiti. La nostra mente invece crede, specialmente quando pensa secondo lo stile di vita occidentale, di rimanere ancorata al proprio territorio per sempre, affermando in questo modo una fasulla idea di eternità che conduce, in realtà, alla produzione di uno stile di vita stressogeno, proprio perché è concretamente impossibile che questa eternità si realizzi. La natura però ci viene in soccorso, perché ci induce a credere che potremo lasciare il territorio antropomorfizzato ai nostri figli, i quali, quasi regolarmente, non avendo faticato per ottenere questo risultato, non saranno in grado di mantenere fede all’impegno trasmesso dai genitori. Non è un caso che molte fortune accumulate dai genitori in periodi di grandi ristrettezze siano velocemente sperperate appena i genitori lasciano i figli nelle condizioni di possederle e, se possibile,conservarle. E questo sperpero perché avviene? Perché il lato positivo della confusione fra territorio

Alessandro Bertirotti Nato nel 1964, è docente di Antropologia culturale e della mente presso l’Università degli Studi di Firenze. Relatore in importanti conferenze nazionali e internazionali (nel 2009, Terzo Congresso Internazionale di Psicologia), tiene anche corsi di aggiornamento presso ASL italiane, e svolge attività di consulenza sulla comunicazione scientifica per televisioni, testate giornalistiche nazionali e internazionali. È stato fino al 2008 consulente del Direttorato Generale Impiego e Affari Sociali della Comunità Europea ed è membro della direzione scientifica della rivista onli-

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Alessandro Bertirotti e proprietà non viene sperimentato dai figli, i quali appunto si ritrovano a possedere qualche cosa che non hanno direttamente e faticosamente conquistato, ma è stato lasciato loro in eredità. Vediamo così che la confusione fra territorio e proprietà presenta nel contempo, come in quasi tutti i casi della vita umana, aspetti positivi e negativi: l’aspetto positivo è quello legato al fatto che grazie a questa confusione la nostra mente crede di poter fare progetti eterni che oltrepassano la vita personale, alimentando il desiderio di procreare; mentre l’aspetto negativo è dato dall’idea che viene a radicarsi nelle menti delle persone che, confondendo il territorio con la proprietà, ritengono di esserne totalmente gli artefici, dimenticando che anche il territorio fa parte di un transito esistenziale e non di uno stato esistenziale. Se non faremo questo salto qualitativo mentale, dalla fiducia esagerata nei riguardi di uno stato mentale legato ad uno stato territoriale, verso lo sviluppo di uno transito esistenziale legato uno transito territoriale crederemo di essere i padroni del mondo e persino della vita dei nostri figli. E così decretiamo il decesso del futuro. Lascio a voi le considerazioni ulteriori… perché a me bastano queste, per cambiare.

ne Neuroscienze.net. È membro di numerose associazioni scientifiche e si sta occupando da qualche anno della divulgazione presso il grande pubblico di una teoria sull’organizzazione dei “contenuti della mente”. È socio fondatore e vice presidente di ANILDAOnlus, Associazione Nazionale per l’Inserimento Lavorativo e l’emancipazione dei Diversamente Abili.

La mente ama Il Pozzo di Micene, 2011 vai scheda libro >> Runa Bianca

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La Mente ama

Per diventare ciò che siamo con gli affetti e la propria storia Alessandro Bertirotti

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La mente umana non è il mero risultato del

funzionamento neurologico cerebrale. Bertirotti cerca di svelarci i segreti del nostro ragionamento, come essere umani in quanto tali, per scoprire che le stelle che trapuntano il cielo abitano anche i nostri neuroni.


di Claudio Piani e Diego g Baratono La potenza dimenticata del sacro nome “America�

La riscoperta del Nuovo Mondo tempo di lettura 10 minuti

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La riscoperta del Nuovo Mondo

È

da almeno cinquecento anni, ossia da quando si è scoperto il “Nuovo Mondo”, che si cerca di capire perché a queste terre “nuove” sia stato affibbiato proprio il nome America. Le soluzioni avanzate da quei numerosi studiosi che si sono cimentati nell’impresa, sono molte, tutte interessanti, tutte discordanti, nessuna in grado però di dirimere chiaramente l’annosa questione.

LE DUE ROTTE DEI VIAGGI DI AMERIGO VESPUCCI

Ultimamente due studiosi italiani, Diego Baratono e Claudio Piani, ricercatori indipendenti, liberi pensatori, sono riusciti a fornire una decifrazione razionalmente credibile al mistero. Americu, Americo, Amerigen, Americam, Americi, America: queste sono le incerte declinazioni utilizzate nell’anno 1507, dai “savants” del cenacolo di Saint Dié des Vosges,

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Claudio Piani e Diego Baratono località della Francia nord-orientale (Alsazia, Lorena) dove si è stampata una tra le carte geografiche più importanti che la Storia ricordi, per cercare di denominare, anzi, proprio per “battezzare” liturgicamente, per la prima volta il “Nuovo Mondo”, forse appena scoperto. La questione di fondo è che per essere coerenti con il resto della toponomastica, con le denominazioni geografiche accettate, i sapienti di Saint Dié dovevano individuare per prima cosa un nome femminile che “legasse” in qualche modo con gli altri toponimi già esistenti di derivazione ellenica, ossia Asia, Africa ed Europa. Sono questi i tre nomi a tutti noti, che il “Vecchio Mondo” adotta per i suoi tre continenti, prestando fede al testo più autorevole conosciuto, ossia la Bibbia. Si deve ricordare, infatti, che la tripartizione terrestre, viene indicata proprio nel Testo Sacro: Sem, Cam e Jafet sono i rispettivi destinatari di quelle poche terre emerse dopo la terrificante esperienza del Diluvio Universale. Insieme all’Arcobaleno, sono questi i tre territori concessi da Dio a suggello della sua prima alleanza con l’uomo. Semiti, Camiti e Giapeti saranno così le popolazioni discendenti a loro volta dai tre figli di Noè e saranno inoltre coloro che colonizzeranno rispettivamente i continenti d’Asia, Africa ed Europa. Per le credenze correnti all’epoca era quanto bastava sapere. Era tutto ciò a cui si doveva prestar fede. Era il “Vecchio Mondo”. Per la Bibbia, per i teologi, per gli uomini comuni, non potevano esistere pertanto altri territori all’infuori di questi tre. È chiaro, quindi, che per gli eruditi di Saint Dié, a questo punto si prospettava un ulteriore arduo compito: far accettare ideologicamente, teologicamente e quindi fideisticamente la scoperta “controcorrente” di un “Nuovo Mondo”. Le terre emerse di questo nuovo spazio appena trovato, esistevano “fisicamente”, su questo nessun dubbio. Ora,

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La riscoperta del Nuovo Mondo di conseguenza, non c’erano più soltanto tre parti di terraferma a stendersi sopra il Globo terrestre. Ora ne esisteva una quarta parte che la Bibbia sembrava non aver indicato. Era un bel problema, soprattutto per la Chiesa, o meglio, per gli uomini che nel periodo formavano la Chiesa. Anzi, era proprio un enorme problema di fede, che poteva essere dirompente se mal interpretato, soprattutto se mal comunicato. Si correva il rischio di mettere in discussione l’autorevolezza della Bibbia, con tutto il portato che ne conseguiva. Non dimentichiamoci che siamo nel 1507, il Medio Evo è appena terminato. In Europa, in Italia, nella Firenze neoplatonica dei Medici era il Rinascimento. È periodo storico ricchissimo di straordinari fermenti culturali questo, che porterà gli splendidi frutti che si conoscono, ma era anche epoca dominata da ossessive visioni non ancora propriamente scientifiche. Il clima intellettuale particolarmente vivace era nondimeno coartato dal potere di una Chiesa decisa a mantenere l’antico “status quo”. Sono del 1492, ossia proprio l’anno della scoperta del “Nuovo Mondo”, gli editti emanati dai “re cattolici” spagnoli Ferdinando II d’Aragona e Isabella I di Castiglia, finalizzati all’espulsione di ebrei e musulmani dai loro territori. Di qui in poi sarà conclusa la “reconquista”, e per tutti la Spagna filopapale, diventerà la “cattolicissima” Spagna. Non soffermiamoci su quanto storicamente la Spagna regalò al resto del Mondo in nome di questa sua presunta cattolicità. La “Conquista” proprio del “Nuovo Mondo” appena scoperto avvenuta con mano estremamente pesante, e la “Santa Inquisizione” di un certo Torquemada, istituita in Spagna nel 1478 dai domenicani, mettono i brividi ancora oggi. Ad ogni modo, discostarsi dalle “informazioni” fornite dalle Sacre Scritture in questo periodo poteva voler dire essere “calorosamente” spronati a ripensarci. Non è possibile dimenticare Giordano Bruno, arso vivo nel 1600 a causa della sua libertà di pensiero. Non si può dimenticare la paura di un Niccolò Copernico, che per non incorrere in “problemi” vorrà pubblicare la sua teoria eliocentrica soltanto nel 1543, a tredici anni dalla sua formulazione, ricevendone una copia solamente

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Claudio Piani e Diego Baratono sul letto di morte. Non si può certo dimenticare l’umiliante esilio ideologico cui fu costretto Galileo Galilei ancora nel 1633, quando dovette abiurare le sue teorie per non finire nell’ “anti-Atanor” dell’Inquisizione, ossia più prosaicamente, sul rogo. Si può ben intendere, dunque, quanto sia “infuocato” il clima intellettuale agli inizi del secolo XVI. Non basta. Si deve anche pensare all’ulteriore, enorme difficoltà incontrata dai savants vosgensi, la stessa che ancora oggi attanaglia gli studiosi: benché contemporanei degli eventi per i savants era già allora difficile capire chi scoprì che cosa e quando. Fu il genovese Cristoforo Colombo il primo a scoprire il Nuovo Mondo oppure è stato il fiorentino Amerigo Vespucci, o sono stati entrambi in una staffetta straordinaria? Difficile stabilire con certezza la paternità della scoperta. Certo è che Vespucci, contrariamente a quanto si crede, ha più voce in capitolo che non Colombo. È proprio dal testo compilato dai predetti savants francesi, in effetti, che si può evincere, essere Amerigo colui che per primo ha svelato ed ha “compreso” trovarsi davanti non a territori asiatici, non ad isole, bensì al cospetto di un continente intero. Nuovo di zecca. È pertanto Amerigo ad avere il diritto di denominare questi nuovi territori con il suo nome. In effetti, America può benissimo essere intesa quale “Terra d’Amerigo”. Stranamente, però, non sembra esistere nessun “Amerigo’s day”: chissà perché, invece esiste un “Columbus’ day”. Mistero. È vero che Colombo sbarca nel Nuovo Mondo nel 1492, approdando però sulle isole e non sulla terraferma. È allora Vespucci a metter piede per primo, in qualche maniera, sulla terra continentale? Può essere. Per completare il quadro mancano però ancora alcuni tasselli. Sono fondamentali. In primo luogo si deve dire che il Cenacolo di Saint Dié des Vosges è comunità monastica totalmente votata a Maria. Del resto Maria è la “Stella maris” per eccellenza. I marinai aprono e chiudono le loro giornate in mare con l’ “Ave Maria”. Del resto, la radice del nome Maria è la stessa di “mare”. La famiglia Vespucci, dinastia marinara, è notoriamente devota a Maria. Non è certo un caso, quindi, che proprio nella cappella di famiglia eretta nella chiesa fiorentina di “Ognissanti”, l’intero

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Claudio Piani e Diego Baratono

LA MADONNA DELLA MISERICORDIA DI DOMENICO GHIRLANDAIO, CHIESA DI OGNISSANTI, FIRENZE

casato, fiorentino anch’esso, venga rappresentato in un celebre quadro ai piedi di una splendida Madonna che a braccia spiegate accoglie protettiva i membri dei Vespucci sotto il suo manto. Si tratta della “Madonna della Misericordia” celebre quadro del 1472 del Ghirlandaio. Il manto protettivo di Maria, protegge la nobile famiglia toscana. Curiosamente, sarà proprio il contorno policircolare di questo mantello misericordioso a far da cornice alla carta del mondo tracciata da Martin Waldseemüller nel 1507 a Saint Dié des Vosges. Già questo è indicativo. Amerigo poi nasce il 10 Marzo dell’anno 1454. Verrà battezzato però, soltanto otto giorni dopo. Il numero otto. Si ricorda che il numero otto è cifra mariana per eccellenza. Si può leggere qui un messaggio dedicatorio dei Vespucci chiaro e forte: viene dedicato, A - merigo a Maria. Cosa c’entra tutto ciò con la scoperta ed il battesimo dell’America? Partendo da una notevole serie coerente d’indicazioni, tra cui quelle che si sono segnalate, Diego Baratono e Claudio Piani sono riusciti

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a ricostruire le motivazioni che stanno dietro al nome scelto dagli eruditi vosgensi per battezzare il Nuovo Mondo. Di cosa si tratta? Per superare tutta la serie di problemi che si sono elencati, per essere coerenti con quanto le Sacre Scritture indicavano, per far sì che non esistessero primati di paternità i savants francesi, per inciso la Francia è terra mariana praticamente da sempre, decisero di formulare un nome che contenesse un’informazione particolare. Doveva essere un messaggio potente. Sacro. Un messaggio che andasse al di là delle semplici questioni, per dir così, umane. Un comunicato che fosse “super partes”. Doveva essere un messaggio teologicamente in grado di giustificare la scoperta di una nuova parte del Mondo. Un messaggio che doveva “far capire” a tutti che queste terre non erano state scoperte dell’uomo, bensì erano state “donate” dalla “misericordia” di Dio all’uomo. Per essere giustificate e rese fruibili, queste terre dovevano quindi passare attraverso la “Porta del Cielo” per eccellenza, attraverso la “Madre di Misericordia”, attraver-

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La riscoperta del Nuovo Mondo so Maria. È a questo punto, allora, che si profilò qualche cosa d’eccezionale nella mente dei sapienti di Saint Dié: creare un acronimo, una sigla, per rendere eterno il concetto misericordioso sotteso alla “scoperta” del Nuovo Mondo. Ci riuscirono, appunto, creando il nome AMERICA. Sì perché il nome AMERICA è un acronimo, è una sigla. È un nome di per sé intraducibile, che non ha niente a che vedere quindi con Colombo o con Amerigo, anche se per quest’ultimo rimane il vago “fumus” di cui si è detto sopra. Vediamo allora che cos’è quest’acronimo. Secondo i due ricercatori italiani, in maniera estremamente coerente con la loro quindicennale ricerca, AMERICA è l’acronimo di: A … ve M … aria E … den R ... egina I ... anua C ... aeli A ... ve È un saluto beneaugurante. Si tratta quasi di una preghiera. Bellissima. Le varie giustificazioni teologiche dell’acronimo, non proprio comuni, sono nondimeno facili da intendere. Sorprendente e bellissimo è quell’“Eden Regina”: Maria quale “Regina dell’Eden”. Concetto devozionale inaspettato. Ricco di significati profondi ed antichi. Per la mariologia più “accreditata”, Maria è proprio l’ “Eden piantato da Dio”. È la “Nuova Eva nel Nuovo Paradiso Terrestre”. Il “Nuovo

Claudio Piani Ricercatore indipendente nell’ambito della cartografia rinascimentale, ha compiuto ricerche nel dipartimento di Geografia e Scienze Umane dell’Università degli Studi di Milano, ha collaborato con la Società di Studi Geografici di Firenze, l’Istituto Geografico Militare di Firenze, la Società Storica Valtellinese, la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il paesaggio di Milano, il Comitato Amerigo Vespucci a Casa Sua. Ha partecipato come relatore a importanti manifestazioni culturali nazionali e internazionali, nonché a trasmissioni televisive quali Voyager. Ha pubblicato articoli su importanti riviste di settore.

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Claudio Piani e Diego Baratono Mondo” è un “Paradiso Terrestre”. Anzi. È la nuova “Terra Promessa”. È straordinaria la profondità concettuale raggiunta. È notevole del resto il “ianua caeli”, ossia la “porta che consente l’accesso al Cielo”. Sottile è la distinzione da una semplice “porta”, normale passaggio, banale varco in un muro. Maria è invece accesso misericordioso, è “la” mediatrice di Misericordia. Maria è l’unico tramite possibile tra Divino ed umano e viceversa. Soltanto attraverso la mediazione di Maria, i doni della Misericordia infinita di Dio diventano fruibili all’uomo. Il nome AMERICA, è in sostanza una litania dedicatoria a Maria di straordinaria bellezza euritmica. È musicabile secondo i ferrei canoni del canto gregoriano. È armonia allo stato puro. In sostanza, dunque, il “Nuovo Mondo”, l’ “AMERICA” è un regalo di Dio agli uomini del “Vecchio Mondo”. Con questa profonda convinzione, distorta dai “Conquistadores” e da chissà quanti altri, le popolazioni indigene di quelle terre paradisiache sono state quasi sterminate … ma questa è già un’altra Storia. “Ave Maria Eden Regina Ianua Caeli Ave”: è questa invece la soluzione che s’aspettava da quasi cinquecento anni. Diego Baratono e Claudio Piani pensano che da oggi in avanti il nome AMERICA, il continente AMERICA, si dovrà guardare con un occhio un po’ diverso …

Diego Baratono Ricercatore indipendente e libero pensatore. Le sue esplorazioni archeologiche sono incentrate sullo studio delle paleo-geometrie e degli antichi sistemi geometrici applicati alla topografia dei luoghi sacri. Partecipa come relatore a importanti manifestazioni culturali nazionali e internazionali e a numerose conferenze. Collabora con riviste del settore e ha partecipato a trasmissioni televisive quali Stargate, Voyager, Rebus. Ha pubblicato Le Abbazie ed il Segreto delle Piramidi. L’Esagramma, ovvero le straordinarie Geometrie dell’Acqua (ECIG, 2004).

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di Nikola Duper Il mistero, pi첫 spirituale e molto meno fenomenico

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uante volte le nostre scelte, e constraordinari da parte di persone che hanno vinte prese di posizione, sono più avuto delle esperienze, a dir poco, incredibili. dei nostri desideri e speranze che Mi sembra ieri quando, nel 2000, l’aminon la realtà, per quanto comunque soggetco Fabio Saccomani portò nel mio studio le tiva? Questa domanda riassume molto bene foto dei cerchi nel grano riaccendendo in me il mio percorso nel mistero tra documentari, quella passione sfrenata che si era assopita, conferenze, corsi, interviste e incontri. Dopo per forza di cose, a causa del matrimonio, del quasi 12 anni di ricerche ho bisogno di ricapiprimo figlio e, soprattutto, del trasferimentolare, anche se sarà una visione temporanea to in Italia, nel 1987. L’amore con i cerchi nel e soggetta a futuri cambiamenti e aggiornagrano fu a prima vista e mi regalò moltissimi menti. Ciò che segue non vuole essere una momenti davvero intensi. Grazie al mio pricritica di niente e nessuno, ma solamente l’emo documentario sulle geometrie nel graspressione di un certo disagio. no iniziai a tenere le conferenze e gli inviti si Ricordo ancora le riviste che mio padre moltiplicarono. Sembrava che, all’improvviso, comprava e, incautamente, lasciava in giro tutta l’Italia volesse sentire parlare delle affaper la casa. Ho ancora impressa nella mente scinanti figure nei campi d’Inghilterra. Infatti l’immagine mentre, di nascosto, prendevo in questa passione mi fece visitare l’Italia, dalla mano questo mensile per sfogliarlo quasi con timore. Sento tutt’ora il profumo di carta e d’inchiostro mentre mi perdo nei meandri del mistero e dell’ignoto. Anche se sono passati moltissimi anni ricordo ancora il nome della rivista: Fokus. Ma nemmeno mio nonno materno era da meno. Anche per lui la questione extraterrestre non era niente di cui sorridere, anzi, spesso diceva: “Se un giorno dovessero arrivare salirei volentieri con loro, tanto ormai sono vecchio”. Lo diceva molto seriamente esprimendo un sincero interesse e rispetto verso un fenomeno che solo recentemente è stato ingiustamente deriso e qualificato come qualcosa di cui le persone “serie” non si occupano. Non molto tempo fa mi resi UNO DEI TANTI CERCHI DEL GRANO COMPARSI A SILBURY HILL NEL 2000 conto che le visite degli extraterrestri per me non furono mai un dubbio. Da quando ho i primi ricordi le uniche Calabria e Sicilia fino alla Liguria, Lombardia domande che mi ponevo erano: Chi sono? e Friuli Venezia Giulia. Ebbi il piacere di essere Da dove arrivano? Cosa vogliono? Purtroppo inviato un paio di volte in Svizzera e, non rinon ho ancora trovato alcuna risposta certa a cordo quante, in Inghilterra. Tutte esperienze questi interrogativi, però ho conosciuto molche mi fecero conoscere tantissime persone, ti ricercatori, ho viaggiato, ho tenuto molte molte “credenti” e alcune scettiche. conferenze, sono stato testimone di racconti Mi ricordo l’iniziale entusiasmo, la voglia

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Terra di nessuno sfrenata di comunicare al mondo intero che stava succedendo qualcosa di straordinario. Avrei voluto convincere tutti che questo fenomeno fosse vero e che, forse, ci avrebbe fatto capire il senso della vita, o il segreto della nostra esistenza o, male che andasse, l’origine dei cerchi nel grano. Ciò nonostante le mie conferenze sono state abbastanza prudenti e non credo di essermi mai sbilanciato, mantenendo sempre un atteggiamento piuttosto critico. La comunità che incontravo ogni estate in Inghilterra mi piaceva molto e c’era un’aria diversa rispetto ai soliti circoli ufologici, litigiosi per antonomasia. Si potevano incontrare hippie, seguaci della New Age, pagani di varie estrazioni, fanatici di tutti tipi, ma anche scienziati e agnostici. In ogni caso l’ambiente era accogliente, amichevole e sereno. Il contatto iniziale avvenne a causa del mio primo documentario, quando conobbi Steve Alexander, Karen Alexander e Andy Thomas, mentre Michael Glickman l’avevo già incontrato a Occhiobello nel 2001. L’uscita del video, anche in lingua inglese, ha in qualche modo decretato la mia entrata nella comunità a pieno titolo. Non poteva mancare nemmeno il contatto con un esponente del famigerato CICAP con cui ebbi una discussione arrivando alla conclusione, del tutto personale, che anche loro potrebbero essere etichettati come dei fanatici. Trovo inquietante la loro convinzione che nulla esiste se non replicabile nel laboratorio, o se non “dimostrato” con qualche “metodo scientifico”. Queste posizioni mi lasciano esterrefatto perché arrivano dalle persone che, chi più, chi meno, comunque hanno una formazione scolastica sufficiente per sapere

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Nikola Duper quanto poco in realtà sappiamo. Tutta la nostra scienza, in realtà, deriva dallo studio del mistero e dell’ignoto. Uccidendo la curiosità dell’uomo, per quanto egli possa delle volte occuparsi anche delle sciocchezze, si uccide la fonte della vera scienza. Però anche l’altra parte dello schieramento non scherzava per quanto riguarda l’assenza di senso critico. Delle volte mi sembra che la ricerca volga spesso nella direzione di ciò che vorremmo trovare, e poco conta se i dati raccolti sono scarsamente credibili o autentici. Non dimenticherò mai quando una nota ufologa mi chiese la perizia di una foto. Si trattava di una fotografia piuttosto clamorosa. L’oggetto volante era bello grande e si posizionava tra un albero vicino e le colline distanti circa un chilometro. Peccato che la profondità di campo evidenziava che l’oggetto era vicino all’albero e quindi si trattava, evidentemente, di un modellino appeso, probabilmente con una canna da pesca. Nonostante la mia lunga e innegabile esperienza fotografica l’esperta in questione presentò la foto come autentica. Probabilmente non stava cercando la verità ma una conferma per rafforzare il suo entusiasmo. Le situazioni come queste, e potrei elencarne tante da scrivere un libro, mi hanno progressivamente spinto nella terra di nessuno. In questa landa, pressoché deserta, tutt’ora ripudio il metodo “cicappiano” (ci capiamo, vero? :)), ma contemporaneamente mantengo un atteggiamento critico verso le fonti che quotidianamente mi propongono una serie di eventi “miracolosi” e “inspiegabili”. Non ho mai creduto nell’appartenenza ai gruppi che determinano le nostre idee e pre-

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se di posizione. È un fenomeno alquanto noto nella psicologia, di cui ho parlato anche nelle mie conferenze, che dimostra che la grande maggioranza delle persone non valuta le informazioni in base alla loro attendibilità, ma piuttosto da come saranno accolte nel gruppo a cui queste persone appartengono. Inoltre, mi è sempre più difficile trovarmi a parlare di fronte alle persone che, in qualche modo, attendono qualcosa che le salverà o che cambierà le sorti del mondo. In quel momento capisco che, alcune persone, hanno delle aspettative e che devo stare altrettanto attento quanto davanti al sedicente esperto cicappiano. Non dimenticherò mai quella volta che, in una conferenza a Devizes, Inghilterra, apertamente smascherai le famose “orbs”, in quanto un fenomeno noto anche al fotografo dilettante, tra l’altro addirittura descritto nei manuali di alcune macchine fotografiche. Il pubblico fu visibilmente perplesso e dopo la mia relazione si avvicinò un uomo chiedendo stizzito: “Ma lei cos’ha contro le “orbs.” Mi venne da sorridere rispondendo che, naturalmente, nulla avevo contro un effetto dovuto allo flash e alle particelle di polvere vicine all’obbiettivo e fuori fuoco. Che sia un caso o no, non mi invitarono mai più a parlare. Per chi mi conosce sa che il vecchio X-Cosmos.it, e ora X-Cosmos.info, sono lo specchio dei miei stati d’animo. X-Cosmos.it nacque con un gruppo di amici, tra l’altro esattamente 10 anni fa, e inizialmente trattava quasi

Nikola Duper Nato a Dubrovnik, Croazia, nel 1961. Già dall’età di 10 anni si interessa alla fotografia ma i suoi interessi da subito si collocano nel mondo dell’arte. Con l’uscita delle prime videocamere inizia a sperimentare le possibilità di questo nuovo mezzo. Parallelamente all’arte si interessa all’esoterismo restando affascinato dall’approccio di Slavinski, una visione pratica e poco mistificatoria che punta sull’essenza e sull’insegnamento concreto. Nel 1987 si trasferisce in Italia e lavora per di-

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esclusivamente i misteri. Un po’ alla volta, con lo scemare dell’entusiasmo, rimasi praticamente da solo e il sito prendeva sempre più la strada di un impegno verso l’ambiente, la medicina naturale e così via. Poi ci fu un periodo nichilista che mi portò a chiudere il sito ma recentemente, proprio grazie a questo “schiarirsi” delle idee ho voluto farlo rinascere, cambiando il dominio e spostando la mia attenzione verso un impegno civile. C’è anche la categoria dei misteri ma saranno pubblicate soltanto le notizie che ritengo degne d’attenzione. Probabilmente la svolta è stata nel momento in cui ho percepito un’altra dimensione del mistero, più spirituale e molto meno fenomenica. Ho smesso di chiedermi se sarò capito o meno, se la gente apprezzerà o no. Ho pensato che il punto fondamentale sia fare ciò in cui credo profondamente e che valga la pena per me, che solo cambiando il mio piccolo mondo personale avrei eventualmente dato un minuscolo contributo al cambiamento del mondo che mi circonda. Ho deciso di dichiarare questo mio, seppur leggero, disagio da quando ho scoperto che altri ricercatori hanno avuto lo stesso problema. Alcuni di questi sono anche dei cari amici e abbiamo a lungo parlato delle esperienze e del da farsi. Ora, oltre all’amicizia, ci accomuna la “terra di nessuno” dove finalmente stiamo bene, anche se delle volte capita qualche episodio di fuoco incrociato o amico.

verse emittenti TV, maturando le esperienze di operatore di ripresa, montatore, direttore tecnico e regista. Nel 1999 fonda la propria azienda e realizza varie produzioni video. Da sempre affascinato al paranormale, nel 2000 inizia ad interessarsi dei cerchi nel grano. Combinando la sua professione con i cerchi nel grano produce alcuni documentari. Visita regolarmente il Regno Unito per compiere ricerche sui cerchi nel grano e per raccontare delle formazioni in Italia. È un prolifico relatore, tiene regolarmente conferenze in tutta Italia, sporadicamente in Svizzera e Inghilterra e partecipa a trasmissioni televisive. Il suo nuovo sito X-Cosmos.info.

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di Francesco Arduini Gli italiani in prima linea nella ricerca sul campo

Il Diluvio Universale e la leggendaria (?) Arca di Noè tempo di lettura 20 minuti

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Il Diluvio Universale e la leggendaria (?) Arca di Noè

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n dato, seppur non conclusivo, che consente di distinguere tra realtà storica e leggenda, è la precisa collocazione nello spazio e nel tempo del racconto in esame e dei relativi protagonisti. Se volessimo fermarci a solo questo elemento, dovremmo onestamente interrogarci sul racconto del biblico diluvio universale che l’immaginario collettivo colloca nella categoria dei miti. Eppure, la puntualità dei riferimenti ai luoghi, ai modi e ai tempi della catastrofe narrata nel libro della Genesi, appare quasi eccessiva, come se il narratore già presagisse tutta la difficoltà dei futuri lettori a credere a un evento di simili dimensioni. Un ulteriore dato su cui riflettere è costituito dalle più di 500 leggende basate sul diluvio e narrate da oltre 250 tribù e popoli. In Australia (Kurnai), in Mesopotamia (l’Epopea di Gilgamesh), in Polinesia (Raiatea), in Italia (Poeta Ovidio), in Messico (Chimalpopoca), in Nuova Zelanda (Maori), tra Indiani Huarochirí del Perù, in Alaska (Kolusches e Tlingit), in Cina (Lolo), in Africa (Masai), solo per menzionarne alcune. La maggiorparte di queste leggende ha in comune i seguenti elementi narrativi: • • • • • • •

Origine divina Distruzione mediante l’acqua Dato un avvertimento Risparmiati degli esseri umani Risparmiati degli animali Salvati su un’imbarcazione Approdati su un monte

Le librerie hanno scaffali pieni di testi che riportano le “innegabili” evidenze attestanti la veridicità della narrazione biblica. Sullo scaffale affianco, però, si trova un pari numero di testi che riporta “innegabili” evidenze dell’esatto contrario.

Le voci discordanti La prima cosa da mettere subito in chiaro è che, a mio parere, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche non esiste alcun tipo di

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Francesco Arduini evidenza che possa essere univocamente interpretata quale prova di un avvenuto Diluvio Universale. Esistono dati che potrebbero essere interpretati in tal senso, e ne esistono altri che non riescono a trovare una concordanza con i fatti narrati dalla storia di Noè. Fra i primi, per esempio, rientrano a pieno titolo le numerose fessure ossifere trovate in vasti luoghi molto lontani fra loro, localizzate in entrambi gli emisferi. Si tratta di agglomerati di ossa di migliaia e migliaia di animali, da ritenersi depositati dall’acqua in quanto cementati assieme dalla calcite. Come riporta Gleason L. Archer, [nella valle di Saar] si trovarono resti di orsi, lupi e buoi congiuntamente a molti animali più piccoli; altri depositi sono stati localizzati nell’isola di Cerigo o Kythera (al di là della punta sud-est del Pelopponeso), nella rocca di Gibiliterra e vicino a Odessa sul Mar Nero. Quest’ultima fessura scavata nel 1847 ha presentato circa 4500 ossa di orsi, iene, cavalli, porci, mammuth, rinoceronti, bisonti, cervi e molti altri animali più piccoli. La fessura di Malta ha mostrato assieme a questi resti eterogenei anche alti blocchi di pietra che vi possono essere stati trascinati solo con una potente e violenta azione dell’acqua. Ad Agate, Springs nel Nebraska si è fatta una simile scoperta nel 1876. In dieci acri di terreno vi si trovano i resti di almeno mille animali che sembrano essere morti in grande numero al medesimo istante Quando nell’800 il mondo scientifico abbandonò la concezione biblica, iniziarono le grandi campagne di studi geologici. E fu proprio a partire da quest’epoca che le fessure ossifere iniziarono ad essere scoperte in tutto il globo. Quello che segue è uno fra i numerosi articoli che si occuparono della questione: Scientific American – 18.01.1868 pag.35 Le caverne diventano molto interessanti quando troviamo, celati nelle oscure cavità, scheletri e ossa di grandi animali mammiferi che sono stati nascosti alla luce del sole,

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Il Diluvio Universale e la leggendaria (?) Arca di Noè forse per centinaia di anni; proseguendo le nostre indagini troviamo ossa e teschi di esseri umani, mischiati con quelli di quadrupedi che hanno da tempo cessato di esistere. E avanziamo passo passo con le nostre ricerche, passando attraverso caverne d’ossa in Germania, dove strati hanno ricoperto con argilla grandi cumuli di ossa e denti di animali carnivori; siamo naturalmente portati a chiederci in che maniera, e in che epoca, queste ossa di animali e teschi di esseri umani furono depositati; e nel nostro ansioso desiderio di trovare una risposta, le nostre menti sono spesso condotte oltre il limite delle facoltà intellettuali, e la ragione cessa di essere la nostra guida. Tutto ciò potrebbe verosimilmente indicare una catastrofe globale ad opera dell’acqua. Vi sono anche studi molto più recenti che sembrano condurre alla medesima conclusione. Il prof. Yu. N. Golubchikov, capo ricercatore alla Facoltà di Geografia della Moscow State University, in relazione agli studi da lui compiuti, afferma che le formazioni normalmente riconducibili alle glaciazioni potrebbero in realtà essere addebitate ad una catastrofica inondazione. Egli scrive: Sono state proposte 200 ipotesi per spiegare le cause delle ere glaciali ed il numero di queste ipotesi continua a crescere. Le principali spiegazioni usate comprendono graduali abbassamenti della temperatura risultanti da variazioni nelle caratteristiche dell’orbita terrestre, passaggio del sistema solare attraverso nubi di polvere interstellare, variazioni della produzione di energia solare, cambiamenti nelle correnti oceaniche e nelle temperature causate dallo spostamento delle configurazioni continentali, ecc.. […] Mentre i ghiacciai si ritraevano, si sarebbero verificati potenti sollevamenti isostatici della penisola scandinava. Lo scienziato di Minsk E.A.Levkov specifica che una tale pressione da parte dei ghiacciai del Pleistocene avrebbe dovuto far schizzar fuori grandi depositi di olio e gas dalle zone periferiche delle aree glaciali. Però questi depositi sono caratteristici di molti piano-

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Francesco Arduini ri subartici e di placche artiche. Un quarto delle riserve mondiali di idrocarburi è concentrato nella placca di Barenth e nei mari di Kara. Ma per qualche ragione queste riserve non sono fuoriuscite sotto un così potente carico di ghiaccio. La sostanza del mantello è fuoriuscita ma i depositi di olio e gas no! È stato possibile rilevare le tracce di catastrofiche mega-onde originatesi dagli oceani come delle creste ad anelli concentrici, vicino ed intorno alle regioni polari. Ciò che di eroso ormai rimane, viene identificato come creste di archi murenici sviluppati parallelamente alle estremità di precedenti livelli di ghiacciai in ritiro. Quindi la direzione degli archi morenici può svelare un determinato punto d’ origine per questi enormi movimenti. Questo studio venne intrapreso dal glaciologo russo M.G. Grosvold. Egli mostrò che fotografie dallo spazio rivelano gli archi murenici irradiare dal sud-ovest del mare di Kara al nord-est europeo nel tardo pleistocene […] La formazione di creste parallele e allineate e di laghi, secondo M.G. Grosvald, è da mettere in relazione con catastrofiche rotture di laghi periglaciali, situati prima dell’estremità di ghiacciai in scioglimento al sud […] L’interpretazione di un’imponente inondazione è condotta in vista del paradigma che prevede una precedente grande glaciazione. Se si cambia paradigma e si vede l’origine delle superfici, delle creste e dei laghi glaciali, connessa a mega-onde provocate dal rapido sollevamento della crosta terrestre accompagnato da tsunami, oppure alla caduta di un asteroide nell’oceano, molti dei problemi relativi alla loro genesi sarebbero risolti […] In base ai principi dell’uniformismo (o attualismo), secondo i quali tutto era e tutto procedeva come lo vediamo oggi, sarebbe molto più facile accettare il Diluvio globale piuttosto che la teoria della glaciazione. Fluttuazioni assolutamente piccole del volume oceanico sono sufficienti a provocare grandi cambiamenti sulla terraferma. Per considerare mutamenti nella copertura glaciale ed una sua propagazione fino ai limiti potenziali è necessario

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Il Diluvio Universale e la leggendaria (?) Arca di Noè ammettere molto di più. Di conseguenza è più facile supporre una catastrofica alluvione causata da tsunami abbattutosi sulla terraferma, che ammettere la possibilità di una glaciazione. […] Collegate alle ipotesi “glaciazione” e “diluvio” vi sono due immagini opposte della storia umana, due filosofie di vita. Se le pianure furono coperte da enormi ghiacciai, l’uomo troverebbe la sua origine e sviluppo ai tropici, si sarebbe evoluto dalla scimmia e sarebbe arrivato qui dall’Africa, come sostiene oggi la scienza. Ma se la glaciazione non è avvenuta, se le pianure sono invece state inondate, le cose potrebbero non essere affatto andate così - Golubchikov, Y. N. Vi sono però molti altri dati scientifici che

Francesco Arduini non si riescono a conciliare con la narrazione biblica. Sempre a titolo di esempio, potremmo indicare gli innumerevoli depositi di rocce carbonatiche, la cui sedimentazione richiede un ambiente tranquillo e lunghi tempi di deposizione. Entrambi fattori incompatibili con eventi catastrofici, salvo ipotesi legate a diverse velocità di deposizione insostenibili alla luce delle conoscenze attuali. Quindi, da una parte abbiamo le Scienze Naturali, che sollevano quesiti non trascurabili per chi crede al Diluvio Universale, dall’altra abbiamo le Scienze Bibliche che, in base ad un onesto esame dei testi, presentano il Diluvio come un evento storico su scala globale. Secondo numerosi studiosi che si affidano ai testi biblici, questo dilemma può risolversi solo grazie alla “ricerca sul campo”. E il campo in questione si chiama “Ararat”.

ROBERTO TISO MENTRE SALE UNO DEI VERSANTI DELLA MONTAGNA. SULLO SFONDO L’ARARAT

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La ricerca sul campo Roberto Tiso, Angelo Palego, Azad Vartanian, Daniele Saporito, sono solo alcuni dei ricercatori italiani che, fermamente convinti della storicità del Diluvio Universale, sono da anni impegnati nella ricerca dell’“Arca di Noè” sulla vetta del monte Ararat. Se, come questi ricercatori auspicano, venissero trovati dei resti del biblico vascello ad una quota superiore ai 4.000 metri, si potrebbe condurre una serie di analisi scientifiche in grado (forse) di mettere la parola “fine” allo scetticismo imperante. Ecco come Roberto Tiso, classe 1969, residente in provincia di Padova, risponde ad alcune domande che aiutano a meglio inquadrare lo spirito che anima questi ricercatori.

Francesco Arduini Francesco Arduini: Come è nata questa sua passione per la ricerca archeologica sul monte Ararat? Roberto Tiso: Da un forte interesse per la Sacra Bibbia e la grande voglia di dimostrarne la sua veridicità. Ho scelto il racconto del Diluvio e dell’Arca di Noè perchè lo ritengo il più autorevole e conosciuto. Tuttavia a dare un notevole impulso a questa mia passione, è stato l’incontro e la partecipazione ad alcune spedizioni con l’ing. Angelo Palego, veterano ricercatore dell’Arca di Noè. FA: Quante volte ha scalato l’Ararat? RT: Otto volte, la prima organizzata dagli stessi armeni, i veri custodi dell’Arca e dell’Ararat essendo stata in loro possesso fino al 1921 appena dopo il periodo del genocido. Da quel momento passò sotto i turchi per

ROBERTO TISO INSIEME A DEGLI ABITANTI LOCALI

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Il Diluvio Universale e la leggendaria (?) Arca di Noè opera di Ataturk. Le successive spedizioni le feci con Angelo [ndr:Palego] e altri compagni tra cui una guida alpina del monte Rosa e un alpinista e stretto collaboratore di Belluno. FA: Perché proprio l’Ararat? RT: Perchè sebbene in quella regione vi siano altre montagne ritenute il luogo dell’approdo dell’Arca di Noè, l’Ararat risulta essere la vera montagna e la più credibile per le seguenti motivazioni: - Tutti i più importanti e attendibili avvistamenti, sia in tempi recenti che passati, sono avvenuti in quella montagna - l’Ararat è la montagna più alta della Turchia e dell’Europa con un ghiacciaio che si estende per oltre 5 km2 dove l’Arca si è conservata per migliaia di anni. Nelle altre dichiarate ubicazioni le montagne sono assai più basse e scevre totalmente di ghiacci, quindi la conservazione del legno non sarebbe avvenuta - dal racconto biblico si evince che Noè vide il resto delle cime dei monti solo dopo due mesi e mezzo dall’approdo, pertanto doveva trovarsi per forza sul monte più alto della regione urartea. - In ultima analisi tutta la toponomastica nei dintorni dell’Ararat è legata sia al racconto del Diluvio, sia all’Arca, che a Noè. FA: Che problemi si devono affrontare in questo tipo di scalata? RT: I problemi sono molteplici, non solo di carattere alpinistico ma anche politico essendo una zona di confine e di insediamento curdo. Le difficoltà alpinistiche a mio avviso non sono elevate; ci vuole sicuramente una buona preparazione fisica perchè la salita al ghiacciaio e molto lunga e i sentieri bisogna inventarseli, sebbene coadiuvati dal provvidenziale aiuto della guida locale. In genere percorriamo dai 30 ai 40 km su e giù per la montagna, i rischi sono soprattutto le frane causate dai potenti venti, essendo la montagna di origine vulcanica è ricoperta di molte pietraie laviche. Capita spesso che, camminando con enorme difficoltà in queste este-

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Francesco Arduini se pietraie con un forte pendio, balzino giù all’improvviso, come dei meteoriti, sassi anche di grandi dimensioni. In una spedizione passata, l’astronauta James Irwin (anche lui alla ricerca dell’Arca) fu colpito alla nuca da uno di questi sassi lavici che per poco non lo ammazzò, procurandogli gravi ferite e una tremenda caduta con svenimento. Gli altri rischi sono di carattere militare, poichè molte zone sono interdette e pattugliate a causa dell’insediamento del PKK (il partito dei lavoratori curdi ribelli che si battono per l’indipendenza dalla Turchia). I conflitti a fuoco sulla montagna non sono rari, a noi spesso è successo di schivare di qualche giorno o qualche ora, sparatorie tra militari turchi e guerriglieri curdi, inevitabilmente con morti e feriti. L’ultima volta sono stato fermato dai militari turchi per controlli, ero con un amico, una guida curda, e ci lasciarono andare, avevo tutti i documenti in regola ma ci avvisarono del rischio, difatti di lì a un paio d’ore e a poca distanza vi fu uno scontro a fuoco con alcuni feriti e la morte di un militare turco. Insomma questi sono i rischi; anni fa alcuni nostri amici vennero sequestrati dai ribelli del PKK per ben 27 giorni, per fortuna con esito positivo. Altri rischi invece che si possono correre sono causati dai predatori curdi che sotto la minaccia del fucile ti sequestrano tutto, oppure il furente attacco in branco dei cagnacci che difendono i villaggi curdi che, garantisco, non è assolutamente una cosa piacevole. Alcuni di questi cani sono meticci ma altri son pastori dell’Anatolia: cagnoni che superano gli 80 cm al garrese! Poi oltre a vipere, lupi e aquile, sia sul piccolo che sul grande Ararat si aggira anche l’orso, un nostro amico ha avuto l’emozionante avventura di un incontro vis à vis ma grazie a Dio, per una serie di fattori a suo vantaggio, riuscì a defilarsi. Ci è stato detto dai locali che il plantigrado raramente attacca l’uomo. Ultimo e preoccupante “tehlike” (ossia pericolo) è l’improvviso cambiamento climatico a causa dello scontro tra i forti venti caldi della mesopotamia e quelli freddi del nord caucasico, causa di improvvisi temporali magnetici e violente nevicate. Cosa assai poco piacevole se ci si trova sul ghiacciaio o anche più in basso nelle pericolose e scivo-

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Il Diluvio Universale e la leggendaria (?) Arca di Noè losissime pietraie laviche che si estendono in tutto l’Ararat. Da ricordare che lì non c’è il soccorso alpino ma quello militare con i fucili... quindi è d’obbligo non infortunarsi. FA: Che tipo di evidenze avete raccolto? RT: Il nostro collega summenzionato, guida alpina del monte Rosa, nel 2002 filmò sul ghiacciaio Parrot ad ovest, una trave che si stagliava da una parete di ghiaccio a circa 4000 m. Sempre sullo stesso ghiacciao recentemente è stato rinvenuto un altro pezzo di legno ora sotto esame. Nel 2008 io e il mio compagno e collaboratore di Belluno, abbiamo rinvenuto da sotto il permafrost, a circa 4000 m di quota, altri 3 pezzi di legno. Stiamo attendendo gli esiti delle datazioni. Nota importante da considerare è che, a prescindere dall’età che verrà data ai reperti lignei, nella

Francesco Arduini zona dell’Ararat non crescono alberi resinosi con un legno che possa resistere a lungo sotto i ghiacci. Il ricercatore francese Fernand Navarra trovò del legno nel 1955 e nel 1969 sullo stesso ghiacciaio Parrot; dopo averlo fatto esaminare risultò essere di “Quercia Peduncolata”: un tipo di legno che cresce solo in Mesopotamia! Come mai si trovava lassù a centinaia di km di distanza? Poi il resto di evidenze ci è fornito dalle molte testimonianze raccolte dai vari avvistamenti sia storici che recenti. Le più importanti a mio avviso son quelle dei piloti russi, americani e dei pastorelli armeni, i quali indicano in dettaglio il luogo esatto dell’avvistamento. Si badi bene che non è facile da capire per chi non è esperto, la montanga bisogna conoscerla molto bene per capire tutti i riferimenti geografici forniti da questi testimoni. Recen-

ROBERTO TISO IN UN MOMENTO DI PAUSA

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Il Diluvio Universale e la leggendaria (?) Arca di Noè temente ho voluto fare, dopo l’esperienza accumulata, sia mia che di altri compagni, una full immersion con un ripasso sistematico di tutti i racconti e di tutto il materiale fotografico e video in nostro possesso e con centinaia di ore di lavoro. Il risultato credo sia stato ottimo e abbia centrato il bersaglio. Attualmente per aver maggior conferma di tutto ciò, stiamo lavorando per rintracciare una signora russa, credo e spero ancora vivente; lei è la nipote di un membro della spedizione che lo zar Nicola II inviò sul monte Ararat nel 1916 per raggiungere l’Arca. In quella spedizione, sebbene con enorme difficoltà, l’obiettivo fu raggiunto, l’Arca fu fotografata, e ne furono estratti dei campioni lignei ma il tutto, purtroppo, fu confiscato e fatto sparire dai bolscevichi della rivoluzione russa avvenuta qualche mese dopo nel 1917. I membri di questa spedizione furono uccisi. Solo tre o quattro sopravvissero e uno di questi era il nonno della signora che stiamo cercando, il quale le dichiarò di aver visto con i suoi occhi e toccato con le sue mani l’Arca di Noè, e che si trova sul monte Ararat! Purtroppo, a causa del regime, la cosa fu tenuta segreta sia dal nonno che, ovviamente, dalla nipote, fino al crollo del comunismo. Poi fu diffusa da un giornale russo e recentemente arrivò a noi, sebbene direi con notevole ritardo. FA: Su che versante e in che punto preciso si troverebbe l’Arca di Noè? RT: Dall’attenta disamina di tutte le testimnianze si evince che l’Arca si trova : • • • • • • • •

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in un canyon a nord a forma di ferro di cavallo circondata da picchi di roccia picchi che assomigliano a delle alture in una cengia esposta su un precipizio l’Arca si può vedere da una posizione più alta la zona e raggiungibile, sebbene con difficoltà la zona è due canyon a est dal laghetto di Kop si trova alla destra o ad ovest della gola di Ahora.

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Francesco Arduini Con la spedizione del 2009 e 2010, e con l’aiuto di Dio, riuscimmo con notevoli vicissitudini a ragiungere l’area appurando che in quella cengia di quell’oscuro e misterioso canyon nord vi è una strana sagoma sepellita sotto le pietre. Pertanto, per ovvia conclusione, riteniamo che l’Arca sia mimetizzata sotto il permafrost, probabilmente spezzata in più parti. Secondo una nostra deduzione, abbiamo ritenuto che l’Arca un tempo fosse maggiormente visibile, essendo immersa in un plateau di ghiaccio da noi battezzato “Heyelani” a 4200 m, poi con il passare dei secoli e con la lenta ma potente e inesorabile spinta del ghiacciaio questo enorme cassone di legno sarebbe stato spinto giù sulla cengia. Probabilmente a dare uno grosso e definitivo scossone fu l’immane esplosione dell’Ararat avvenuta nel 1840 sulla gola di Ahora a nordest. Dalla posizione originale difatti si possono trarre le seguenti conclusioni: - che da quel punto esatto si potevano vedere le cime dei monti come dice la Bibbia ovvero la cima stessa del grande Ararat, la cima del piccolo Ararat e probabilmente la cima dell’Argatc un vulcano in Armenia alto oltre 4000 m - che da quel punto, parte dell’Arca si sarebbe staccata e sarebbe scivolata giù per il colatoio del seracco da noi chiamato “Art”, verso il ghiacciaio Parrot, dove son stati trovati molti reperti lignei - e in ultima analisi, da quel punto l’Arca si sarebbe vista più facilmente dall’Armenia, luogo di testimonianze e avvistamenti. Difatti lo stesso Marco Polo ne parla nel suo libro “Il Milione”. FA: Come risponde alle obiezioni principali che tendono ad etichettare la storia del diluvio come leggendaria? RT: Beh, le obiezioni son le solite. Il grande cambiamento climatico, secondo la “cultura dominante”, sarebbe avvenuto nel cosiddetto periodo del “Paleocene” risalente a circa 65 milioni di anni fa e in tempi geologici molto lunghi, e che l’Arca ed il Diluvio non sono altro che un mito, ecc..

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Francesco Arduini

GRANDE ARARAT

HEYELANI

PARROT

IL MONTE ARARAT. RICOSTRUZIONE DI GOOGLE MAP

Ma la scienza dovrebbe essere quel “sapere umano ottenuto attraverso l’osservazione attenta di ogni cosa, con osservazioni logiche. La caratteristica più importante della scienza è che le sue conclusioni sono basate sull’evidenza”. Bene allora si esaminino tutte le evidenze e si osservino le cose con rigor di logica. Sono stati dissepelliti milioni di animali dalle zone glaciali e nel permaforst del nord perfettamente conservati, ed è stato rinvenuto in Siberia un mammut fra i tanti con vegetazione in bocca e nello stomaco: non significa questo un evento repentino in una zona probabilmente dove esisteva una fertile vegetazione? Come si sarebbero conservati se il cambiamento fosse avvenuto in centinaia di anni? Sono stati trovati dei fossili

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polistrati, ovvero alberi fossilizzati che attraversano più strati di roccia sedimentaria: se i vari strati non avessero ricoperto tali alberi in tempi rapidi per la conservazione, non sarebbero andati presto in decomposizione? Come mai spesso troviamo rocce sedimentarie a forma ondulata senza spaccature strutturali ma a curve omogenee? Se la litogenesi di queste rocce fosse avvenuta in tempi molto lunghi, com’è sostenuto, con la conseguente solidificazione di tutti gli strati sovrapposti, come si sarebbero potute modellare senza rompersi? Come mai son stati rinvenuti manufatti umani rinserrati in rocce arenarie formatesi secondo la scienza milioni di anni fa? Esisteva l’uomo in quei tempi? Come mai son state rinvenute in molte parti del nostro pia-

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Il Diluvio Universale e la leggendaria (?) Arca di Noè neta impronte di dinosauri assieme a quelle umane? I dinosauri erano coevi agli uomini? Per non parlare di aptici e meduse, uova e gocce di pioggia fossilizzate, anche questo avviene solo con un processo rapido di conservazione. L’esplosione del vulcano S’Helen nel 1980 è una prova schiacciante di rapidità nella formazione di rocce sedimentarie, difatti in sole 24 ore si formarono pareti di rocce sedimentarie alte fino a otto metri! E che cosa dire delle centinaia di leggende in ogni latitudine e in ogni popolo che raccontano di un’enorme inondazione con la salvezza di poche persone e animali? Quindi, se l’Arca venisse portata alla luce a oltre 4000 m di quota, chi l’avrebbe portata fin lassù se non un enorme cataclisma avvenuto solo poche migliaia di anni fa? Le stesse tecniche di costruzione per realizzare un tale manufatto non si possono far risalire a milioni di anni ma solo nel cosidetto periodo litico, ovvero a circa 5000 anni fa, nel periodo in cui l’uomo cominciò a usare gli strumenti e a creare oggetti. Per ulteriori approfondimenti potete consultare il nostro sito: www.noahsark.it.

Di nuovo sull’Ararat Anche l’accademico Angelo Palego, classe 1935, è ancora attivamente impegnato nella ricerca dell’Arca di Noè. Fra poche settimana effettuerà la sua ventunesima scalata attaccando il versante nord ovest dell’Agri Dagi, nome con cui i locali designano la biblica vetta.

Francesco Arduini Laureato in scienze storico religiose, da anni studia le diverse problematiche legate alle narrazioni bibliche. Già vice-presidente dell’associazione scientifico-archeologica Narkas, ha tenuto conferenze in Italia e all’estero relazionando su diverse tematiche legate ai misteri del passato. Ha collaborato con Voyager, Archeomisteri, ScienzaeConoscienza, Hera, Fenix, diversi eMagazine e portali di informazione. Il suo sito è www.francescoarduini.it. Tra i suoi libri ricor-

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Francesco Arduini L’obiettivo è sempre quello: scalare il ghiacciaio Parrot, raggiungere il ghiacciaio Heyelani, sondare tutta la zona, e recuperare resti da sottoporre ad analisi scientifica. Dinanzi a possibili ritrovamenti lignei, i ricercatori dovrebbero però evitare di farsi prendere da facili entusiasmi e sensazionalistici proclami, se non dopo aver effettuato le dovute analisi. È infatti risaputo che molte guide locali, avendo “fiutato” un nuovo tipo di business, portano legni in cima all’Ararat e poi contattano i ricercatori dicendo di aver trovato i veri resti dell’Arca ed offrendosi di accompagnarli sul punto esatto del “ritrovamento”, ovviamente dietro lauto compenso. Se invece avessero ragione Roberto Tiso e Angelo Palego, e fosse ancora possibile ritrovare lo scheletro della gigantesca struttura lignea, allora la questione sarebbe senz’altro più difficile da spiegare. Non ci resta che attendere gli esiti della prossima spedizione.

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Fonti consultate: Arduini, F., Sulle tracce di Noè. Angelo Palego e la montagna dell’Arca, Edizioni Terre Sommerse, Roma, 2011. Golubchikov, Y. N., Glaciazione o Inondazione?, Ediz. Narkas, Napoli, 2005. Archer, G.L., La Parola del Signore - Introduzione all’Antico Testamento, Ed. Voce della Bibbia, Modena, 1972. www.noahsark.it www.angelopalego.it www.aorkofnoah.it

diamo: Il battesimo dei bambini: un’ipotesi sulle origini (Aracne editrice, 2010) e...

Sulle tracce di Noè TerreSommerse, 2011

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di Enrico Calzolari Alla ricerca di significati perduti della nostra storia

La lettera T ed il suo significato nel sacro primordiale tempo di lettura 4 minuti

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La lettera T ed il suo significato nel sacro primordiale

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ella mostra sul Tesoro di Tutankhamon che si tiene a Bruxelles nel Palazzo dell’Esposizione fino al 6 novembre 2011 vengono mostrate, nel reparto dedicato agli amuleti del Faraone, due sagome in metallo di circa dieci centimetri di altezza, che si possono leggere come la lettera T e la lettera Y. Stupisce che nelle didascalie si legga che il loro significato non è noto. La lettera T si rinviene nelle costruzioni in pietra di Göbekli Tepe, scoperto di recente e fatto risalire a 12000 anni fa. Ci si sta interrogando sul significato di questi costrutti e soprattutto perché queste vestigia siano state sepolte già in antico. Analogamente la T si rinviene nelle strutture a Taula delle isole Baleari, ma non ne viene presentato il significato profondo. Louis-René Nougier scrive in proposito: “Si sono avute lunghe discussioni e addirittura dispute tra gli archeologi a proposito del ruolo di questi biliti, piantati al centro di un’alta recinzione circolare. Non è chiaro se si tratti di un recinto scoperto con funzioni religiose…” (pag. 240, La preistoria – UTET). Ma la T emerge anche nei bronzi arseniosi della Cultura La Aguada del Noroeste Argentino (500-900 d.C.) presentata nel libro di Alberto Rex Gonzalez a titolo “Cultura La Aguada Arqueologia y diseños” (Filmediciones Valero, 1998). In uno di questi rari bronzi, indicato come “Disco del Beni, Bolivia”, emergono significati strabilianti, che non vengono assolutamente trattati dallo studioso argentino. L’antropomorfo presenta un casco integrale che sembra di tipo spaziale, una gorgiera che sembra metallica e che ricopre anche le braccia. Quindi si nota un pettorale con la lettera T, posta al centro delle spirali a rotazione inversa, al di sotto delle quali viene presentata una faccia di creatura pri-

Enrico Calzolari mitiva con capelli ispidi, al di sotto della quale stanno altre due spirali a rotazione contrapposta. Per interpretare questo bronzo, occorre tener conto dei significati degli altri pezzi, di produzione limitatissima. Vi emergono le croci templari del tipo orbicolare retto e del tipo orbicolare inclinato, così come si possono vedere nelle simbologie della Lunigiana Storica, presentate nel libro “Lunigiana terra di Templari” (Marna Edizioni, 2006). In questi bronzi si rinvengono anche molti simboli dei tre cerchi concentrici, definiti anche cerchi atlantidei o cerchi dei tre ordini di perfezione, se riferiti al Cristianesimo. Per poter spiegare queste strane coincidenze spaziali e temporali occorre sapere che i Templari si recavano in Patagonia per caricare l’argento (da ciò il toponimo Argentina). Recentemente studiosi locali del Golfo di San Matteo hanno anche identificato il porto dei Templari, costituito da quattro canali paralleli, posti in alto sulla scogliera, e penetrabili soltanto con le alte maree sizigie (quando la marea influenzata dal Sole si somma con la marea influenzata dalla Luna Piena). Le prove iconografiche di questa navigazione si rinvengono nelle simbologie della Pieve di Codiponte (Massa) che mostrano sia i copricapo da cacique, sia i copricapi di pelliccia, nonché in Val di Vara, in un architrave di Porciorasco, in cui è stato scolpito il Sole tradizionale del Guatemala. I Templari, nei contatti con gli shamani andini, hanno avuto informazioni che sono di natura profonda, come la croce orbicolare retta e la croce orbicolare inclinata, da cui emerge la simbologia dell’angolo, cioè della conoscenza dei moti processionali. Il tema dell’angolo emerge chiaramente in un petroglifo del Lago Titicaca, ed era quindi familiare agli shamani sudamericani, così come appare più volte indicato

DISCO DEL BENI, BOLIVIA

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La lettera T ed il suo significato nel sacro primordiale

Enrico Calzolari

nel petroglifo dell’Appennino Tosco-emiliano che si trova peraltro eguale in India, nel sito sacro di Vijaianagar (distretto di Hampi). Una corrente di pensiero è quindi giunta in Lunigiana dall’India in epoca del Rame(lo si deduce dalla verga da rabdomante a rotazione verticale, che si ritrova anche all’esterno del Riparo del Ciliegio nel Savonese) e una successiva conoscenza è stata portata dai navigatori Templari nel XIII secolo. Appare quindi una continuità nell’uso del T, che è stato anche adottato da San Francesco. Come conciliare ciò? Attraverso la profonda implicazione del T, come simbolo di equilibrio e di eguaglianza fra le genti, dedotto dalla manifestazione equinoziale della “linea TAU DI TUTANKHAMON ESPOSTO A BRUXELLES retta d’equinozio” e dalla constatazione che il punto del sorgere equinoziale non muta nei millenni, mentre i punti del sorgere to diffuso da Zacheria Sitchin, che l’uomo è e del tramonto solstiziale subiscono lo scarto stato clonato dagli Anunaki, attraverso vari della precessione degli equinozi. tentativi, che si sono potuti perfezionare solUna interessante prova archeologica della tanto quando i loro scienziati hanno capito conoscenza della precessione è emersa duche non potevano usare per i loro esperimenrante il convegno della Società Italiana di Arti vasi provenienti dal loro pianeta (quindi cheoastronomia che si è tenuto in Puglia nel emananti una frequenza diversa da quella di 2010, a Trinitapoli, dal 22 al 23 ottobre 2010. 7,83 Hertz della Terra) ma vasi creati con maQuanto sopra spinge a leggere il Disco del teriali terrestri (Il Libro Perduto del Dio Enki Beni come portatore dell’annuncio, che è sta- Sesta Tavoletta).

Enrico Calzolari Enrico Calzolari, nato a Lerici nel 1938, si è diplomato presso l’Istituto Nautico della Spezia, sezione Capitani, e si è laureato in Economia e Commercio presso l’Università di Pisa. Si è formato sul mare, sia come ufficiale della Marina Mercantile, sia come ufficiale di complemento della Marina Militare. Tra le numerose attività ha contribuito a fondare l’Associazione Ligure Sviluppo Studi Archeoastronomici (A.L.S.S.A.), di cui è segretario, e l’Associazione di Archeologia Vibrazionale (Sarzana). Effettua ricerche sul megalitismo, sulle incisioni rupestri attinenti alla paleoastrono-

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mia e alla cosmogonia, con particolare riguardo a Lunigiana, Corsica e Sardegna. Fra i numerosi suoi libri, documentati nell’ampia bibliografia all’interno, segnaliamo Lunigiana terra di Templari, pubblicato da Marna nel gennaio 2006. Il suo sito web è www.paleoastronomia.com

Lunigiana Terra di Templari Marna Editore, 2006 vai scheda libro >> Runa Bianca

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di Giuseppe pp Di Stadio La leggenda sui misteri dell’origine della vita

Il mistero dei Teschi di Cristallo tempo di lettura 5 minuti

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Il mistero dei Teschi di Cristallo

Giuseppe Di Stadio

L

a possibilità di un intelligenza superiore, acquisita e consolidata, nel sapere della Civiltà Madre, è stata avvalorata dal ritrovamento di un reperto archeologico tanto discusso quanto affascinante e misterioso. Nel 1927, a Labaanatum, nell’Honduras britannico, viene rinvenuto uno splendido manufatto in cristallo di rocca. La straordinaria precisione anatomica con la quale è stato creato il magnifico teschio di cristallo, è ancora oggi, tema di accesi dibattiti tra gli scienziati e gli esperti moderni. Scoperto in una piramide Maya dal ricercatore Mitchell Hedges, il teschio vanta più di mille anni, ed è stato intagliato da un unico blocco di cristallo di rocca purissimo. In verità il suo rinvenimento fu molto controverso ed è stato al centro di diversi dibattiti: secondo alcune fonti, fu trovato nel 1927 da una diciassettenne, Anna, figlia adottiva dell’avventuriero e vagabondo Hodges, mentre scavava fra le rovine di Lubaantun, la “Città delle pietre cadute”. Ma è la sua datazione storia il primo vero punto di conflitto tra storici ed archeologi. Infatti, la durezza molto simile al cristallo, e la tecnica necessariamente impiegata per intagliare con tale precisione millimetrica il manufatto, necessitano obbligatoriamente un minimo di 300 anni ed un grande dispiegamento di artigiani ed intagliatori di pietre preziose dotati di un enorme talento. È per questo che nel 1970, il teschio Mitchell-Hedges, dal nome del suo scopritore, fu affidato alle analisi dei laboratori della Hewlett-Packard, per uno studio più accurato mediante modernissime tecniche di datazione dei materiali preziosi. I risultati, resi pubblici mediante la pubblicazione in un articolo dal titolo “history or hokum?”, rivelarono una semplice quanto affascinante conclusione. “Il manufatto rappresenta un bellissimo pezzo artistico, ma ne è impossibile la datazione”. Neanche i più sofisticati mezzi, oggi in possesso della civiltà umana, sono in grado di datare il teschio. Inoltre viene ufficialmente screditata la teoria della storiografia che per anni ha affermato che il teschio sembrava essere stato scolpito con un moderno laser o con ceselli di precisione”. Semplicemente per-

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TESCHIO DI CRISTALLO ESPOSTO AL BRITISH MUSEUM

chè gli impieghi ablativi del laser si sarebbero avuti solo negli anni novanta. Ma il ritrovamento del teschio di Hedges non è che uno dei tanti ritrovamenti scoperti in diverse parti del pianeta terra. Il British Museum ne possiede un esemplare dal 1897, mentre lo Smithsonian Institution ha un teschio dal 1992. Nel 1996 i teschi del British Museum e della Smithsonian Institution sono stati sottoposti ad analisi presso il British Museum che hanno rivelato segni di lavorazione con strumenti disponibili nell’Europa della seconda metà dell’Ottocento. Anche questo elemento suggerisce che si tratti di falsi fabbricati in tale periodo[9]. In quell’occasione erano stati portati anche i teschi “Max” e “Sha Na Ra” (mentre Anna Mitchell Hedges aveva rifiutato di portare il suo), ma il British Museum, in applicazione della propria norma di non fornire valutazioni su oggetti provenienti da collezioni private, non ha espresso alcun giudizio su di essi.

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Il mistero dei Teschi di Cristallo Altro elemento di discussione è dato dalla natura del materiale che compone oggi il teschio. Infatti, il blocco di cristallo intagliato in occasione della creazione del teschio, non risulta presente in natura, nella sua zona originaria di ritrovamento, ovvero l’America Centrale. Per trovare i primi giacimenti minerari che possiedono caratteristiche simile al materiale impiegato in questo caso, dobbiamo toccare le coste europee o addirittura africane. L’unico elemento che mette d’accordo tutti è che, un manufatto di 13 centimetri, con peso superiore ai 5 chili, non può avere una realizzazione esclusiva da parte dell’estinta civiltà Maya. La complessità della sua formazione aumenta il mistero che avvolge il misterioso oggetto. Basti pensare che alla base vi sono incastonati una serie di prismi che, insieme alle lenti presenti nelle orbite del teschio, gli donano una luminescenza unica. Inoltre la superficie straordinariamente levigata è in grado di stimolare zone molto remote del cervello umano che donano appunto a chi viene a contatto con l’oggetto, straordinarie sensazioni. “Questi due elementi di conflitto, da un punto di vista, gettano fango sull’autenticità storica del teschio di cristallo, concludendo, come al solito, con l’affermazione semplicistica “è inspiegabile”; ma sorprendentemente da un altro punto di vista, a mio avviso molto più esaustivo ed interessante, avvalorano la teoria della collaborazione tra la CIVILTÀ MADRE e i popoli della terra che abitavano le regioni mesoamericane.” Aprendo una parentesi sui rituali Maya, possiamo notare come il cristallo venisse utilizzato per la fabbricazione di moltissimi strumenti usati nelle pratiche

Giuseppe Di Stadio Studioso di archeologia, con la passione per la storia antica e l’antropologia. Assiduo ricercatore nell’ambito dell’ufologia da diversi anni. Relatore e collaboratore per diversi siti italiani, nonché appartenente allo staff del sito www.italiaparallela.it

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Giuseppe Di Stadio religiose, in quanto si credesse che il cristallo potesse contenere l’anima di un Dio. Infatti, il cristallo veniva utilizzato dai sacerdoti Maya come oracolo divino. Durante l’antica cerimonia Maya denominata Rituale dei Fuochi, i teschi di cristallo venivano utilizzati per appiccare incendi controllati in diverse aree geografiche per scopi culturali. Straordinariamente, se lasciamo attraversare il nostro teschio da un raggio di sole, questo viene canalizzato all’interno del cristallo, per fuoriuscirne dalla cavità orale sottoforma di fascio di luce, alla strega di un raggio laser capace appunto, di generare incendi se si indirizza su un catalizzatore quale ad esempio la paglia. Secondo la leggenda, tramandata fino ad oggi dai Concito, popolo di nativi americani, i teschi in realtà sono 13, numero simbolico legato alla morte, come appunto la tredicesima lama dei tarocchi. Secondo la leggenda i teschi sono in grado di parlare e cantare, in attesa del giorno che saranno riuniti. Quando ciò accadrà, e dodici teschi saranno posti in formazione circolare, il tredicesimo, che rappresenta la “conoscenza segreta” permetterà di svelare i misteri sull’origine della vita e si farà latore di un messaggio di verità sconosciute, capaci di cambiare il mondo. Inoltre, molte popolazioni mesoamericane, ancora oggi, svolgono cerimonie per commemorare gli “ANTICHI PROGENITORI”, che in passato fecero dono al mondo dei sacri teschi. Questi progenitori sono descritti come entità superiori alla razza umana, provenienti dalle Pleiadi, da Sirio e da Orione. Tutte costellazioni connesse alle piramidi del Sole e della Luna di Teotihuacan, nonché alle grandi piramidi di Gizah... Si tratta solo di coincidenze? in qualità di amministratore e curatore del sito insieme ad Antonella Balboni, Monica Taddia e Giovanni Zaninelli. Il sito si prefigge la divulgazione informativa di argomentazioni prettamente inerenti al campo del “Mistero”, quali archeologia, ufologia, astrologia, leggende e tanto altro. Nonché la partecipazione ad argomenti di discussione sull’apposito forum dedicato.

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di Marco Marafante L’energia magnetica emanata da qualsiasi corpo

Alieni e Bibbia

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Alieni e Bibbia

T

ra i ricercatori ufologici e non, molti si sono occupati della ricerca di ipotetiche prove di presenze e fatti storici sulla Bibbia, che potrebbero documentare avvistamenti di UFO o incontri ravvicinati con esseri di altri mondi. Dopo varie analisi degli scritti biblici, in particolare la Genesi e vari scritti della antica tradizione ebraica, alcuni hanno dedotto (in chiave storico-ufologica) l’esistenza all’inizio dei tempi di una intelligenza superiore di cui non si conosce l’origine, che avrebbe creato l’universo. Questo essere, che potremmo chiamare Dio, avrebbe creato degli esseri bisessuati lasciati liberi di condurre la propria vita nei vari meandri dell’Universo. Un secondo Dio inferiore come potere al primo, che gli Ebrei chiamarono Yahweh, tradotto poi in Occidente come Geova o Giove avrebbe ripetuto la creazione sulla Terra creando due esseri bisessuati non perfetti (nella Genesi semplificati con il concetto di Adamo ed Eva) e gli avrebbe lasciati sul pianeta Terra con la capacità di riprodursi e vivere liberi di

ADAMO E EVA DI LUCAS CRANACH

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Marco Marafante scegliere il proprio futuro. Questo Dio inferiore si sarebbe mostrato nei confronti delle sue creature, un essere crudele ed incapace di gestire realmente i loro problemi, abbandonandoli poi al loro destino, ad es.: [15] Dio il Signore prese dunque l’uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. [16] Dio il Signore ordinò all’uomo: «Mangia pure da ogni albero del giardino, [17] ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai» (Genesi 2:16). Alla donna disse: «Io moltiplicherò grandemente le tue pene e i dolori della tua gravidanza; con dolore partorirai figli; i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te». [17] Ad Adamo disse: «Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato del frutto dall’albero circa il quale io ti avevo ordinato di non mangiarne, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita. [18] Esso ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l’erba dei campi; [19] mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai», (Genesi 4). Secondo le tradizioni bibliche e di altre antiche religioni sarebbe entrato in gioco un altro Dio minore che impietositosi della situazione dell’umanità, l’avrebbe aiutata donando loro la conoscenza delle scienze, della medicina, ecc. (esempio il Prometeo dei miti Greci). L’umanità avendo avuto in dono queste conoscenze così dette “Divine” sarebbe stata scacciata dal loro luogo d’origine, il così detto Eden, un luogo particolare della Terra, oppure secondo alcuni autori, il pianeta Marte, in un epoca dove li fioriva ancora la vita. Questi umani vennero in contatto con le forme più evolute del pianeta Terra: gli umanoidi primitivi, accoppiandosi con loro e riproducendosi, dando così origine a una nuova razza ibrida. La razza appartenente al gruppo di Yahweh (in pratica una razza aliena con scienziati dediti ad esperimenti genetici) cominciarono a tentare delle riproduzioni tra loro e questa nuova umanità dando origine a dei particolari mutanti che nelle varie culture sono stati chiamati Giganti, Titani, o nella Bib-

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Alieni e Bibbia bia Nephilim (6:[1] Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla faccia della terra e furono loro nate delle figlie, [2] avvenne che i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e presero per mogli quelle che si scelsero fra tutte. [3] Il Signore disse: «Lo Spirito mio non contenderà per sempre con l’uomo poiché, nel suo traviamento, egli non è che carne; i suoi giorni dureranno quindi centoventi anni», [4] In quel tempo c’erano sulla terra i giganti, e ci furono anche in seguito, quando i figli di Dio si unirono alle figlie degli uomini, ed ebbero da loro dei figli. Questi sono gli uomini potenti che, fin dai tempi antichi, sono stati famosi, (Genesi 6). Questa nuova razza divenne padrona della Terra creando una civiltà tecnologica in grado di raggiungere lo spazio e di muovere guerra ai loro stessi creatori (Yahweh). A questo punto Yahweh preoccupato per questi attacchi e pentitosi della sua creazione decise di distruggere tutto, provocando sulla Terra vari cataclismi che verranno ricordati con il nome di Diluvio Universale ([5] Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla Terra e che il loro cuore concepiva soltanto disegni malvagi in ogni tempo. [6] Il Signore si pentì

Marco Marafante d’aver fatto l’uomo sulla Terra, e se ne addolorò in cuor suo. [7] E il Signore disse: «Io sterminerò dalla faccia della Terra l’uomo che ho creato: dall’uomo al bestiame, ai rettili, agli uccelli dei cieli; perché mi pento di averli fatti», (Genesi 6); [17] Ecco, io sto per far venire il diluvio delle acque sulla Terra, per distruggere sotto il cielo ogni essere in cui è alito di vita; tutto quello che è sulla Terra perirà (Genesi 6). Ciò nonostante l’umanità e alcuni di questi giganti sopravissero. Ovviamente per i credenti questa rilettura della Bibbia può risultare blasfema e per gli scettici degna solamente di film di fantascienza ma ciò non toglie che effettivamente la Bibbia offre la possibilità di questa interpretazione anche per alcune incongruenze che vi si trovano scritte. Per esempio il nome che gli Ebrei danno al primo Dio creatore è Elohim che in realtà è una parola plurale e quindi non significa il Dio ma gli Dei, che crearono degli esseri maschi e femmine che condurranno una vita felice. Poi un secondo Dio di nome Yahweh attua una seconda creazione simile alla precedente che cadrà nel peccato per colpa del serpente. Spesso i teologi si sono trovati imbarazzati

LA CADUTA DEI GIGANTI DAL MONTE OLIMPO, PALAZZO DEL TÈ A MANTOVA

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Alieni e Bibbia di fronte a queste due creazioni ipotizzando che forse la prima creazione si riferisse a quella degli angeli. Un altro concetto curioso e che l’Adamo di Yahweh venne creato e poi posto nel giardino dell’Eden, e quindi Adamo non nacque nel giardino ma da qualche altra parte sconosciuta. Ecco quindi l’ipotesi degli Ufologi di una razza Aliena che avrebbe creato un proprio clone, sebbene le loro leggi lo vietassero e poi spaventatosi per lo sviluppo della loro auto- coscienza li avrebbero esiliati sulla Terra. La Chiesa preoccupata di questi controsensi biblici ha deciso di eliminare i nomi di Elohim e di Yahweh sostituendoli con la parola Dio, dando così ad intendere che i creatori dell’Umanità erano uno, non due. Ad esempio, i Samaritani delle tribù di Giuda, molto prima della venuta di Gesù predicavano che l’uomo fosse stato creato, non ad immagine di Dio ma di quella degli Angeli. Da notare che gli scritti più antichi della Bibbia ritrovati nei vari paesi medio orientali citano addirittura il nome di alcuni Elohim, mentre nella versione puramente Ebraica questi sono scomparsi per via della loro mentalità estre-

Marco Marafante mamente monoteista. Leggiamo negli antichi racconti dei rabbini, che narrano concetti diversi dalla Bibbia ufficiale, che esistevano non uno ma moltissimi cieli (Universi) ed ogni cielo era comandato da un arconte di cui uno sarebbe stato quello che in tempi più recenti venne chiamato Lucifero (questo ricorda il concetto degli attuali contattisti che credono nell’esistenza di una confederazione di Alieni che sorvegliano i pianeti meno evoluti). Ad ogni modo innumerevoli sono gli esempi sparsi per tutta la Bibbia di contatti con ipotetici Alieni: le varie ruote e carri di fuoco citati ([4] Io guardavo ed ecco un uragano avanzare dal settentrione, una grande nube e un turbinio di fuoco,che splendeva tutto intorno, e in mezzo si scorgeva come un balenare di elettro incandescente.; [5] Al centro apparve la figura di quattro esseri animati, dei quali questo era l’aspetto: avevano sembianza umana; [15] Io guardavo quegli esseri ed ecco sul terreno una ruota al loro fianco, di tutti e quattro. [16] Le ruote avevano l’aspetto e la struttura come di topazio e tutt’e quattro la medesima forma, il loro aspetto e la loro struttura era come di ruota

RICOSTRUZIONE DELL’ARCA DELL’ALLEANZA

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Alieni e Bibbia

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in mezzo a un’altra ruota. ; [18] La loro circonferenza era assai grande e i cerchi di tutt’e quattro erano pieni di occhi tutt’intorno. [24] Quando essi si muovevano, io udivo il rombo delle ali, simile al rumore di grandi acque, come il tuono dell’Onnipotente, come il fragore della tempesta, come il tumulto d’un accampamento. Quando poi si fermavano, ripiegavano le ali, (Ezechiele 1). Come anche il rapimento in cielo di Enoch (Accadde che, mentre parlavo ai miei figli, i due uomini mi chiamarono e mi presero sulle loro ali. Mi portarono nel primo cielo e mi posero là, (Enoc 3); [1] Condussero davanti al mio volto i capi, signori degli ordini delle stelle, e (questi) mi mostrarono i loro movimenti e i loro spostamenti da un tempo a un altro. Mi mostrarono duecento angeli che dominano sulle stelle e sulle combinazioni celesti. [2] Là mi mostrarono un mare grandissimo, più (grande) del mare terrestre e gli angeli volavano con le loro ali, (Enoc 4), le distruzioni delle città di Sodoma e Gomorra, con fiamme provenienti dall’alto([23] Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Zoar, [24] quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sodoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco proveniente dal Signore. [25] Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo. [26] Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale, (Genesi 19). Ma anche i contatti con i vari profeti, con le voci e visioni provenienti dall’alto di grosse nuvole, e donazioni di particolari oggetti tecnologici, l’Arca dell’Alleanza come esempio su tutti. L’Arca dell’Alleanza era tutta ricoperta d’oro all’interno e all’esterno, sormontata da due cherubini d’oro. Conteneva le tavole dei

Marco Marafante Nato ad Adria il 28 Febbraio del 1982, vive a Taglio di Po (Rovigo). Socio del C.U.N. (Centro Ufologico Nazionale) Presidente dell’Associazione Culturale A.C.I.N.S. Associazione Culturale Internazionale Nuove Scienze (www.acins.eu). Web-Master, Poeta, Scrittore e Referente del C.U.N. Polesine.

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Dieci comandamenti, un vaso d’oro pieno di manna e il bastone di Aronne capace di mutarsi in un serpente e di far miracoli. Fatta di legno di acacia da Mosè per ordine diretto di Dio, l’Arca dell’Alleanza era lunga 125 centimetri, larga e alta 75. Più del candelabro a sette braccia, più di ogni altra cosa era la testimonianza del patto con Dio del popolo ebraico. Si diceva fosse anche un’arma potentissima, capace di lanciare lampi e di incenerire chiunque osasse toccarla e, in effetti, era portata tramite due pali collegati con quattro anelli d’oro. Sappiamo anche che in molti altri testi religiosi di altre antiche civiltà troviamo innumerevoli citazioni ufologiche, come nei Veda indiani in cui con il termine sanscrito “vimana” (“vimanam” in pali) vengono indicati misteriosi oggetti volanti descritti negli antichi poemi epici indù, dalle prestazioni del tutto superiori a quelle delle moderne aeronavi. Negli antichissimi testi religiosi della filosofia indiana le astronavi venivano descritte come i mezzi di trasporto usate dagli “esseri celesti” durante i loro viaggi. In uno di questi testi, il Ramayana di Valmiki, si legge testualmente: “La splendente astronave irradiava un bagliore fiammeggiante. Fiammeggiando come un fuoco rosso vivo, volava il carro alato di Ravana. Era come una cometa nel cielo”. L’astronave era dunque una macchina fragorosa che, decollando, si ammantava di una forte luminosità, “quando partì, il suo rombo riempì tutti i quattro punti cardinali”. Fino a giungere alla mitologia Sumero Babilonese dove viene narrata in maniera molto particolare la creazione dell’umanità da parte di esseri di altri mondi.

Ricercatore di: Biotecnologia, Criptozoologia, Biologia, Esobiologia, Astronomia, Evoluzionismo, Fisica Quantistica, Geografia, Climatologia, Chimica, Botanica, Paleontologia, Genetica, Filosofia, Teologia, Simbologia, Archeologia, Folklore, Psicologia, Parapsicologia, Esoterismo, Storia. Studioso dei Misteri del Tempo e del’Uomo, di Enigmi storici, Misteri del passato, Enigmi della Mente e Ufologia.

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di Alfonso Rubino Funzione e ragione ultima di questa dimensione dello spirito

Il segreto dell’uomo vitruviano di Leonardo tempo di lettura 8 minuti

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Il segreto dell’uomo vitruviano di Leonardo

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el libro II segreto dell’uomo vitruviano di Leonardo che presentiamo ai lettori ho descritto e spiegato il codice geometrico armonico che sottende il disegno leonardiano. Si tratta di una geometria generatrice che sostiene l’idea di giungere a definire la quadratura geometrica del cerchio corrispondente al valore di π = 22/7. Valore proposto da Archimede nel suo libro “de mensura circuli”. La figura ne riporta la sintesi.

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Alfonso Rubino La geometria generatrice scoperta non è l’unica geometria capace di esprimere il quadrato di quadratura di Archimede o dei 22/7. Vi presento una interessantissima sequenza che ho chiamato “Codice Davidico”, ne illustro l’eccezionale importanza. In questo caso viene evidenziato all’inizio del processo, che comincia sempre dal quadrato fondamentale denominato omphalos, il triangolo equilatero (fase 2) e la stella di Davide (fase 3). L’ultima configurazione (fase 6) manifesta il quadrato di quadratura dei 22/7.

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Il segreto dell’uomo vitruviano di Leonardo

Alfonso Rubino

CODICE DAVIDICO

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Il segreto dell’uomo vitruviano di Leonardo Siamo così in grado di generare la corretta relazione cerchio-quadrato che caratterizza l’uomo vitruviano di Leonardo. I due modelli geometrici vengono a convergere sulla quadratura di Archimede e a connettersi tra loro. Secondo Vitruvio lo spazio armonico-sacro si crea attraverso tre fasi costruttive: icnogramma, ortogramma e scenogramma equivalenti, all’incirca, nella notazione architettonica moderna, a: pianta, prospetto e sezione. Per creare il primo icnogramma abbiamo operato attraverso il codice trinitario 3-4-5. Questa procedura è il-

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Alfonso Rubino

lustrata nel libro Il segreto dell’uomo vitruviano di Leonardo. Per creare il secondo icnogramma abbiamo operato con il codice trinitario 1-1-1. Nel codice davidico ci siamo avvalsi dei centri energetici (N) che abbiamo chiamato punti di Nazareth. Il motivo verrà presto spiegato. Abbiamo tracciato una linea orizzontale passante per i punti (N) individuando i punti di intersezione con le semi diagonali esterne dell’omphalos. Questi nuovi punti permettono di tracciare il quadrato di quadratura di perimetro corrispondente al valore di π = 22/7 come nella figura.

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Il segreto dell’uomo vitruviano di Leonardo

La Santa Casa di Nazareth conservata a Loreto La Congregazione Universale della Santa Casa ha promosso da sempre studi e ricerche sul manufatto conservato all’interno della Basilica di Loreto. Grazie alle ricerche archeologiche eseguite a Loreto e a Nazareth è stato possibile stimare le misure più attendibili del corpo di costruzione originario di Nazareth e della sistemazione definitiva a Loreto. Tra le domande poste ai ricercatori per noi è importante considerare, ciò che ci dicono sulla misura della lunghezza originaria delle pareti provenienti da Nazareth e la misura della lunghezza del corpo pareti aggiunto a Loreto, idealmente sostitutivo del vano-grotta di Nazareth. Sulla larghezza ci sono poche incertezze. Il manufatto è largo 9 cubiti amma corrispondenti a 4,05 m circa. Riporto di se-

Alfonso Rubino guito il rilievo del Prof. Dante Tassotti eseguito negli anni ‘70 con la stima delle pareti lunghe messo a confronto con alla probabile situazione di Nazareth ai tempi dei genitori di Maria, Anna e Gioacchino. Proviamo a sovrapporre l’icnogramma davidico al rilievo ufficiale della Santa Casa a Loreto (Prof. D. Tassotti). La corrispondenza è molto elevata anche per quanto riguarda la linea di partizione N-N tra le pareti venerate provenienti dalla Palestina e il corpo pareti aggiunte a Loreto nel 1294. In Palestina ai tempi di Anna e Gioacchino era normale chiedere al Rabbi consigli. Gioacchino ha costruito la sua casa rispettando la tradizione di considerare nell’architettura della “domus“ la geometria esagonale della stella di Davide. È una ipotesi condivisa anche da altri studiosi e ricercatori (ing. arch. N. Monelli La Santa Casa a loreto La Santa Casa a Nazareth, Ed. C.U. della S.C., Loreto,1997). La connessione del modello Santa Casa a Loreto con la quadratura

RILIEVI UFFICIALI DELLA SANTA CASA A LORETO DEL PROF. D. TASSOTTI

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Il segreto dell’uomo vitruviano di Leonardo

Alfonso Rubino

SOVRAPPOSIZIONE ICNOGRAMMA DAVIDICO AL RILIEVO DELLA SANTA CASA A LORETO

geometrica del cerchio e con l’icnogramma dell’uomo vitruviano di Leonardo è nuova e inaspettata.

Sacra Sindone Questa importante reliquia della cristianità all’esame del carbonio-14 ha rivelato una origine medioevale. La datazione oscilla tra

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il 1260 e il 1390. Se il dato è confermato non può trattarsi del lenzuolo in cui è stato avvolto il corpo di Gesù. Lasciamo da parte la verifica di autenticità come sudario di Gesù o come manufatto medioevale e rivolgiamo, esclusivamente, la nostra attenzione alle proporzioni e dimensioni del telo sindonico conservato a Torino. Il telo di lino è stato misurato in varie occasioni con un diverso grado di distensione.

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Il segreto dell’uomo vitruviano di Leonardo

Alfonso Rubino

RILIEVI DEL TELO SINDONICO, GHIBERTI G. SINDONE LE IMMAGINI 2002 SHROUD IMAGES, ODPF

B1 A1

A2

B2

angoli diagonali

A

A

B

B

2002

113

113,7

442,5

1

2000

2

112,5

1

2

gradi

primi

secondi

gradi

primi

secondi

441,5

14

24

35,45

14

21

20,09

14

26

47,34

14

19

11,2

113

434,5

437,7

14

34

20,39

14

24

52,05

14

28

27,89

14

30

44,55

1998

111

111

437

437

14

15

7,16

<1998

110

110

436

436

14

9

35,49

Prendiamo nuovamente in esame il codice davidico. Tracciamo due linee verticali passanti per i punti di Nazareth (N). Queste linee intersecano il cerchio fondamentale in 4 punti e definiscono un

rettangolo. L’angolo diagonale del rettangolo tratteggiato così definito è pari a 14° 19’ 32,99”. Le misure del telo sindonico rilevate in vari periodi restituiscono la seguente tabella ordinata per valori crescenti degli angoli diagonali. TELO SINDONICO - ANGOLI DIAGONALI GRADI

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PRIMI

SECONDI

14

9

35,49 misurato

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15

7,16 misurato

14

19

11,2 misurato

14

19

32,99 armonico

14

21

20,09 misurato

14

24

35,45 misurato

14

24

52,05 misurato

14

26

47,34 misurato

14

28

27,89 misurato

14

30

44,55 misurato

14

34

20,39 misurato

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Il segreto dell’uomo vitruviano di Leonardo

Il rettangolo armonico con angolo diagonale di 14° 19’ 32,99” si colloca all’ interno dello spettro dei valori reali misurati ed è, con elevata probabilità, compatibile con le misure originarie (sconosciute) del lenzuolo sindonico.

La relazione armonica La forma del rettangolo davidico e la forma del rettangolo sindonico sono generate dallo stesso icnogramma .Vi proponiamo una ulteriore semplicissima dinamica geometrica che mette in luce anche una relazione armonica tra le dimensioni. Secondo la dinamica geometrica proposta, se la misura della Santa Casa è 405 cm per 944 cm allora il telo sindonico misurerà 112,6 cm per 440,9 cm. Abbiamo lavorato con una dinamica geometrica interna alla Santa Casa, una dinamica contrattiva. Ora vi propongo una dinamica

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Alfonso Rubino espansiva. Il confronto delle misure del modello Santa Casa/ Telo Sindonico con le misure architettoniche della Kaaba a La Mecca rivela differenze veramente minime. In sintesi possiamo dire che forma e dimensioni di Santa Casa/ Telo Sindonico t ra s m u t a n o nella forma e dimensioni della Kaaba e viceversa. Forma e dimensioni della Kaaba trasmutano nella forma e dimensioni di Santa Casa/ Telo Sindonico. Le due architetture derivano strettamente dalla geometria essenziale del codice vitruviano di quadratura che probabilmente esprime aspetti importanti delle leggi cosmiche dell’armonia. Una silenziosa melodia-idea ,dal mondo delle cause scende verso il nostro mondo. Proviamo a sintonizzarci con essa e ascoltare il suo messaggio.

Conclusioni Nell’articolo ho riportato il modello icnografico dell’uomo vitruviano di Leonardo e altri icnogrammi a volte senza che venga descritta la sequenza dinamica. Il mio scopo è quello di sollecitare il lettore a farsi disegnatore e a elaborare da sé i modelli presentati. Potrà così constatare che in tutti i casi si può entrare nel segreto di questi manufatti attraverso l’uomo vitruviano di Leonardo.Posso

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Il segreto dell’uomo vitruviano di Leonardo

dire a buon titolo che il codice vitruviano è una chiave di volta sapienziale per accedere alle leggi dell’armonia geometrica come sono state pensate dagli Antichi per creare gli spazi armonici sacri. Per me è stato

Alfonso Rubino È Ingegnere Civile, ha lavorato nella realizzazione di grandi opere civili e idrauliche. Si è occupato della ristrutturazione funzionale del sistema museale della sua città e di altre grandi infrastrutture. Per la messa a punto di un paradigma matematico di base per la comprensione dei fenomeni psichici. è scaturito l’interesse per l’antico

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Alfonso Rubino

così. L’Uomo Vitruviano di Leonardo, ma non solo, comincia a rivelare i suoi segreti. Quanti ne nasconde ancora?

Egitto. Ha fatto studi sulla percezione isolando un nuovo tipo di energia chiamata: PSINERGIA. Questo tipo di energia è sempre presente in tutte le manifestazioni dinamiche del vivente ed è a volte misurabile come una normale grandezza fisica. Durante lo sviluppo di questi studi ha scoperto delle sequenze armoniche molto simili alle scale musicali. È in corso di pubblicazione il suo libro II segreto dell’uomo vitruviano di Leonardo.

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di Yuri Leveratto Nelle piramidi di Teotihuacan (Messico) e Giza (Egitto)

I valori del Pi Greco (3,14) e della precessione degli equinozi tempo di lettura 8 minuti

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I valori del Pi Greco (3,14) e della precessione degli equinozi

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l complesso archeologico di Teotihuacan, si trova a circa 40 chilometri a nordest di Città del Messico. Gli archeologi “accademici” sostengono che l’intera città e le piramidi del Sole e della Luna siano state costruite a partire dall’era cristiana. La piramide del Sole, anche se non è la costruzione antica più grande del Nuovo Mondo (è la piramide di Cholula, con 3,3 milioni di metri cubi di volume), e neppure la più alta (è la piramide di La Danta, con 72 metri), è certamente la più misteriosa. Una delle caratteristiche più intriganti della piramide del Sole è il fatto che dividendo il lato della sua base (che è quadrata), per l’altezza, si ottiene il valore del pi greco, che è uguale a 3,14... Il perimetro della base è infatti uguale a 893,91 metri (lato di 223,47 m.), e l’altezza è 71,17 metri: Si ottiene: 893,91=71,17 x 4 x 3,14 O meglio: 223,47 x 4=71,17 x 4 x 3,14 Semplificando: 223,47/71,17= 3,14 Da ciò si deduce che gli antichi costruttori della piramide del Sole hanno voluto inserire il valore del pi greco nella loro costruzione. Avrebbero benissimo potuto utilizzare un rapporto diverso, costruendo una piramide i cui lati erano più (o meno) inclinati, ma vollero includere il pi greco nel loro progetto. Perché? Secondo la Storia ufficiale il valore del pi greco è stato scoperto in Grecia, nel III secolo a.C., da Archimede. Come fu possibile che gli antichi Teotihuacani lo utilizzassero proprio nella loro costruzione più importante? È evidente che avevano delle cognizioni di matematica e geometria avanzatissime, anche se in altri campi, come per esempio la metallurgia del ferro, non avevano raggiunto risultati così brillanti. Spostiamoci ora verso est, attraversando idealmente l’Oceano Atlantico e il Mediterraneo. Il complesso archeologico della piana di Giza, con le tre maestose piramidi, meglio conosciute con il nome dei tre faraoni Cheope, Chefren e Micerino continua, dopo centinaia

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di anni di studi, a porre interessanti interrogativi. Analizziamo inizialmente la grande piramide di Cheope: in questo caso, dividendo il doppio del lato della sua base (anch’essa quadrata), per la sua altezza originale, si ottiene nuovamente 3,14. Il perimetro della base è infatti lungo 921,45 metri (lato di 230,36 m.), e l’altezza originale era di 146,72 metri. Si ottiene: 921,45=146,72 x 2 x 3,14 O meglio: 230,36 x 4=146,72 x 2 x 3,14 Semplificando: 230,36 x 2=146,72 x 3,14 Quindi: 460,72/146,72= 3,14 Anche in questo caso quindi i costruttori della piramide di Cheope, che secondo la Storia ufficiale fu costruita nel 2560 a.C., inclusero il pi greco nel fondamentale rapporto tra il perimetro della base e l’altezza della loro costruzione. Perché? E perché lo fecero solo nella piramide di Cheope? In quella di Chefren per esempio, il rapporto tra il doppio del lato e l’altezza è uguale a 3: 215,25 x 2 /143,5=3 Da tutto ciò si deduce che il pi greco era sicuramente conosciuto nel Nuovo Mondo e in Egitto (in Egitto almeno 2300 anni prima di Archimede). Per ora non riusciamo a dare una spiegazione certa del perché gli antichi architetti delle due piramidi vollero includere il pi greco nelle loro creazioni. Forse introducendo il concetto del pi greco nelle loro costruzioni gli antichi vollero simboleggiare l’oggetto sferico perfetto, da loro adorato, ovvero il Sole? Le piramidi del Sole (Teotihuacan) e di Cheope (Giza), racchiudono molti altri misteri, uno dei quali è legato ai valori del fenomeno astronomico conosciuto come la “precessione degli equinozi”. Per capire questo concetto immaginiamo che la nostra Terra sia una barca a vela. Il pennone della nostra barca lo immaginiamo inclinato di 23,5º rispetto all’orizzonte. L’asse terrestre infatti, è inclinato di 23,5º rispetto al “piano dell’eclittica”, ovvero il piano geometrico su cui giace l’orbita terrestre. Questa inclinazione è benefica: è infatti la

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I valori del Pi Greco (3,14) e della precessione degli equinozi causa implicita dell’alternarsi delle stagioni nelle zone temperate della Terra, senza le quali il nostro pianeta sarebbe invivibile. La nostra barca a vela, però, rolla lentamente sull’oceano, e così il pennone, nel corso del tempo, formerà un angolo diverso rispetto all’orizzonte. Ugualmente l’asse terrestre cambia inclinazione con un ciclo di 25920 anni, durante i quali, passa da 22,1º fino a 24,5º sul piano dell’eclittica. Da ciò deriva che se oggi l’asse terrestre indica il nord verso la direzione della stella Polare, 13 millenni fa il nord veniva indicato dalla stella Vega, situata in una differente porzione della volta celeste. Il risultato di tutto ciò è la precessione degli equinozi: il Sole, durante gli equinozi di primavera e d’autunno sorge indicando una delle 12 costellazioni. Attualmente il Sole sorge tra la costellazione dei Pesci e dell’Acquario. Il lento “rollio” dell’asse terrestre fa sì che il Sole, durante gli equinozi, sorga avendo nel suo sfondo una differente costellazione, ogni 2160 anni. Infatti: 25920/12=2160

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I valori del meraviglioso “motore” cosmico che causa la precessione sono pertanto: • • •

Le 12 costellazioni dello zodiaco, ognuna delle quali occupa 30º dell’equatore celeste (1/12 di 360º). I 36 o 72 anni impiegati dal Sole equinoziale per percorrere rispettivamente mezzo o un grado dell’equatore celeste. I 2160 anni impiegati dal Sole per percorrere 30 gradi dell’equatore celeste, ovvero per sorgere (sempre durante i due giorni dell’equinozio), avendo sul suo sfondo una costellazione successiva. I 4320 anni impiegati dal Sole per percorrere 60 gradi dell’equatore celeste, ovvero per sorgere (sempre durante i due giorni dell’equinozio), avendo sul suo sfondo due costellazioni successive. I 25920 anni impiegati dal Sole per percorrere 360 gradi dell’equatore celeste, ovvero per compiere un ciclo completo.

PIANA DI GIZA. SI VEDONO LE TRE PIRAMIDI E LA SFINGE

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I valori del Pi Greco (3,14) e della precessione degli equinozi A questo punto torniamo ad analizzare la piramide del Sole (Teotihuacan). Si può verificare che i valori della precessione vennero utilizzati nella sua costruzione. Se si moltiplica l’altezza per 30 (1/12 della costellazione celeste), si ottiene il valore di 2135 (che si avvicina al valore di 2160): 71,17 x 30=2135 Se si divide il valore del ciclo completo per l’altezza si ottiene il valore di 364,198 (numero dei giorni dell’antico calendario mesoamericano oltreché del biblico antidiluviano): 25920/71,17=364,198 Se si divide il valore del perimetro per 30 (1/12 della costellazione celeste) si ottiene il valore di 29,79 (i giorni del calendario lunare): 893,91/30=29,79 Analizzando invece la piramide di Cheope anche qui possiamo verificare che i numeri della precessione vennero utilizzati nella sua costruzione: •

Yuri Leveratto 146,72 x 432001=6338,476 (mentre il valore esatto è 6353,941 km) Se si moltiplica il perimetro per lo stesso multiplo di 4320 si ottiene il valore di 39807 (quasi uguale all’esatto valore della circonferenza della Terra all’equatore): 921,45 x 43200=398072 (mentre il valore esatto è 40075 km)

Anche analizzando la piramide di Chefren si ottiene un valore straordinario: dividendo il valore del ciclo completo della precessione per l’altezza si ottiene 180 (i 180º dell’equatore celeste, occupati da 6 costellazioni): 25920/143,5=180 Cosa si ricava da tutto ciò?

Se si moltiplica l’altezza per un multiplo di 4320 si ottiene il valore di 6338,476 (quasi uguale all’esatto valore del raggio polare della Terra):

1) Il numero 432.000 appare anche nella “Storia di Babilonia” di Berosso (III secolo a.C.). Secondo lo scrittore caldeo, i re antidiluviani avrebbero regnato in Mesopotamia per ben 432.000 anni. ���������������������������������������������� ) Il valore della lunghezza della circonferenza terrestre (39807 km), calcolato dai costruttori della piramide di Cheope, era comunque più esatto di quello calcolato dal greco Eratostene (39375 km), nel II secolo a.C.

RICOSTRUZIONE IN SCALA DELLA CITTÀ DI TEOTIHUACAN

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I valori del Pi Greco (3,14) e della precessione degli equinozi Innanzitutto si evince che la precessione degli equinozi, scoperta ufficialmente nel II secolo a.C. dal greco Ipparco, era in realtà conosciuta sia nel Nuovo Mondo, che in Egitto (in Egitto almeno 2400 anni prima di Ipparco). Dato per assodato dunque che gli antichi avevano una conoscenza molto approfondita della geometria e dei fenomeni celesti resta da appurare il perché dessero tanta importanza al pi greco e alla precessione degli equinozi, tanto da includere detti valori nelle loro creazioni architettoniche. È opinione diffusa tra vari ricercatori che gli antichi introdussero i valori della precessione nelle loro piramidi poiché avevano riconosciuto l’assoluta importanza dell’inclinazione dell’asse terrestre. Perché occupare, però, tanto tempo ed energie per far combaciare esattamente varie equazioni matematiche e renderle “eterne”, in costruzioni tanto imponenti? Forse volevano inviarci un messaggio? Forse volevano avvertire i posteri della possibile relazione tra la precessione degli equinozi e l’alternarsi delle fasi glaciali nel pianeta? O forse volevano indicare che il ciclo della precessione era secondo loro legato all’apparizione di fenomeni catastrofici come il cosiddetto “diluvio universale”?

Yuri Leveratto Nato a Genova nel 1968, ha conseguito la laurea in Economia nel 1995, e ha iniziato a lavorare presso un’agenzia marittima di Genova. In quel periodo ha dimostrato interesse per la letteratura e ha scritto il suo primo romanzo, “L’inverno dell’anima”. Successivamente ha vissuto a New York, dove ha lavorato come guida turistica, e poi, a partire dal 1999, si è imbarcato sulle navi da crociera della compagnia “Princess”, con funzioni amministrative. La sua passione per la fantascienza lo ha portato a scrivere “La guerra alle multinazionali”, e il suo proseguimento, “L’era degli autoreplicatori”. Nel 2004 ha lavorato come guida turistica in Italia. Dal 2005 vive in

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Yuri Leveratto

Analizzando ancora la grande piramide di Cheope emergono altri dati interessanti, come per esempio il luogo dove fu costruita, presso il parallelo dei 30º; o il perimetro, che calcolato in pollici egiziani, dà esattamente il valore dell’anno solare (365,24); o la perfetta orientazione dei 4 lati verso i punti cardinali; o l’incredibile fatto che il doppio del perimetro sia uguale ad 1/60 di grado all’equatore: 921,45 x 2=1842,92 (1/60 di grado equatoriale). Senza contare le meraviglie del suo interno, come per esempio la camera della regina e del re, dalle quali si dipartono degli stretti condotti che secondo alcuni ricercatori servivano per l’osservazione e il culto di determinate stelle (rispettivamente: Sirio e Beta Orsa Minore; Z Orionis e Alpha Draconis). Risulta ovvio che queste piramidi non furono solo tombe (nel caso egiziano), o altari cerimoniali (nel caso messicano), ma modelli in scala delle dimensioni della Terra e dei suoi complessi movimenti nello spazio celeste oltreché osservatori astronomici. Il segreto delle piramidi non è stato ancora completamente svelato. Vi sono ancora centinaia di piramidi poco studiate, soprattutto nel Nuovo Mondo, come per esempio quelle dei Maya. Sta a noi cercare di comprendere il messaggio dei nostri antenati. Colombia, continuando a viaggiare venendo a contatto con culture autoctone, studiandone la cultura e il loro modo di vita. Appassionato di storia cerca di trovare nel passato degli spunti che gli facciano comprendere il presente e le relazioni tra gli esseri umani. Il suo sito web è www.yurileveratto.com. Tra i suoi libri ricordiamo: La ricerca dell’El Dorado (Infinito Edizioni, 2008) e…

1542. I primi navigatori dei Rio delle Amazzoni Lulu, 2009 vai scheda libro >> Runa Bianca

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di Giulia M. D’Ambrosio e Duccio Calamandrei Dal mito dei rapimenti reali alla teoria delle interferenze mentali. Presentazione di un caso. Parte II

Incontri ravvicinati del IV tipo

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Incontri ravvicinati del IV tipo

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n capitolo particolare sembrano meritare le creature grige e filiformi, la cui funzione è inequivolcabilmente differente rispetto a quella della manovalanza “grigia”. Le entità longilinee acquisiscono, nei racconti dei soggetti IR4, una coloratura affettiva di tipo materno, che tende a tranquillizzare nei momenti di ira o di paura. Tale senso materno non è reale, ma si tratta di una attribuzione – una proiezione, in termini psicologici – che la persona “getta” addosso all’entità. Altre volte vengono viste persone di famiglia, quando non i genitori stessi del soggetto, ma tali sembianze umane sono, verosimilmente, solo proiezioni olografiche. Ciò però illude il soggetto di far parte di una “famiglia aliena”, scavando un solco sempre più profondo tra lui e i suoi simili, tra lui e la realtà. Secondo le nostre riflessioni, la coloritura affettiva sarebbe sempre collegata a copioni precisi, di cui il più ricordato è la presentazione degli “esserini”, che vengono fatti passare per ibridi. Gli “esserini” appaiono come il tentativo di sviluppare una razza a sé stante, e potrebbero essere costituiti da materiale vario, tra cui materiale genetico umano. Questi supposti “ibridi” in realtà sarebbero forme che hanno una durata di vita molto breve, come se avessero un tempo di decadimento materiale; o forse il concetto potrebbe meglio essere sviluppato dicendo che l’aspetto più materiale di questi esserini non avrebbe una stabilità atomica o le caratteristiche di coesione maggiori e minori che invece caratterizzano la materia atomica come noi la conosciamo. Per ottenere questi esseri, si userebbero dei campi di contenimento a cui particolari forze energetiche, visibili come campi elettrici, impartirebbero sfumature affettive. Gli Amorfi, ossia la gerarchia superiore di questi esseri, essendo privi di forma, hanno la necessità di essere contenuta in limiti riconoscibili e coerenti, che devono anche essere stabili, almeno per un certo periodo di tempo - che è probabilmente il tempo necessario alla loro manifestazione. Attraverso la matrice emozionale umana, e attraverso i campi elettrici di cui sopra, potrebbe essere sperimentata la possibilità di creare una forma con un

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Giulia M. D’Ambrosio e Duccio Calamandrei contenuto di ordine emotivo-affettivo. Gli “esserini” quindi non sarebbero i capostipiti di un’altra razza, ma solo le “prove tecniche di trasmissione” di forme emotive-affettive che servono per dare stabilità e forma agli Amorfi. Il sistema appare rozzo in sé, perché viene escluso il dato sostanziale dell’inscindibilità, nella natura umana, degli aspetti emotivi da quelli spirituali, fisici e soprattutto da quelli legati all’esperienza. “Parrebbe di avere a che fare con personaggi dotati di poco spirito critico”, commenta Dino. È possibile quindi che, con metodi diversi, qualche creatura d’altra dimensione provochi emozioni varie negli esseri umani, o spinga la crescita di certe caratteristiche intrinseche (ad esempio, il coraggio), ma sempre creando degli eccessi, che vengono separatamente immagazzinati e utilizzati. Se possiamo rifarci agli insegnamenti di alcuni Maestri, e alle teorie della fisica quantistica, e quindi considerare per vero che, accanto al nostro corpo fisico vi sia un corpo atomicamente più sottile – comunemente denominato corpo astrale – possiamo ritenere che per le forze extra-dimensionali sia più importante arrivare a governare quest’ultimo, che non il corpo fisico, e per vari motivi. Il primo motivo è che il corpo astrale dura assai di più del corpo fisico. Il secondo motivo è che una minima parte degli esseri umani impara a percepirlo e a utilizzarlo, quindi si trova, in buona a sostanza, sempre fuori dal nostro controllo cosciente. Il terzo motivo è che il corpo astrale si plasma sotto la spinta dei bisogni e dei desideri della persona, e quindi, potendo interferire con alcune componeneti recettoriali e biochimiche del nostro sistema cerebrale, si può guidare la consistenza e le immagini contenute nella materia astrale, intesa non solo come campo intorno a un singolo corpo, ma come campo generale di esistenza (atomicamente più sottile). Attraverso l’influenzamento del campo della materia astrale, si giustifica ad esempio la visione di presunti cloni di esseri umani: il campo astrale acconsente alla formazione di sagome, poiché in quel campo la questione della “forma” è quasi irrilevante. Le forme che si creano là, infatti, sono sempre guidate da

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Incontri ravvicinati del IV tipo aspetti emotivi, e non rappresentano quindi una specifica di rilievo, potendo essere modificate a sentimento, letteralmente parlando. Alcune modifiche sul corpo astrale di un singolo soggetto possono poi portare a parziali e momentanee modifiche del corpo fisico e, in qualche raro caso (ma rimane da dimostrare), alla circolazione, per alcune ore, di persone che “sembrano” l’originale. Va detto che tale ipotesi non è mai stata verificata al di là del riporto di testimonianze sporadiche, a cui bisogna eventualmente credere sulla parola. Perché Forze Oscure del Cosmo potrebbero avere desiderio di possedere caratteristiche intrinseche così complesse dell’essere umano? La domanda rimane aperta, e forse

Giulia M. D’Ambrosio e Duccio Calamandrei riguarda la possibilità che la nostra forma materiale-psico-spirituale consenta l’accesso a un’evoluzione all’interno di una scala cosmica, evoluzione dalla quale tutte le forme energetico-vitali coinvolte negli IR4 sarebbero escluse. In più di un’occasione ho ascoltato, dai soggetti IR4, il racconto di una visione, che essi hanno durante il giorno, di una sorta di vuoto con caratteristiche di risucchiatore. Si tratta di una immagine che si sovrappone e coesiste con la realtà. Insieme all’immagine si possono percepire delle parole – o forse sarebbe meglio dire che vengono percepiti dei concetti – che terrorizzano il soggetto, possono portarlo a gridare, o possono portarlo a

QUALI INTENZIONI SI CELANO DIETRO QUESTE INQUIETANTI PRESENZE?

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Incontri ravvicinati del IV tipo perdere conoscenza. Tale visione non è paragonabile ai ricordi che possono avere riguardo l’incontro con altri “esseri”, si tratta di un avvenimento diverso, comparabile all’aprire momentaneamente la coscienza su una realtà chiaramente differente. Questa realtà non è priva di pesanti elementi di disturbo per il soggetto, che può sentirsi indebolire fino allo stremo e fargli percepire l’avvicinamento della morte fisica. Questo è il racconto di Luisa: Mi stavo guardando allo specchio e pensavo ai cerchi nel grano. Improvvisamente mi sono sentita assorbita all’interno di una sorta di vortice, come se fossi contemporaneamente in due luoghi diversi e in due età differenti. Non so in che luogo fossi. C’erano alcuni piccoli esseri un po’ scuri di pelle che mi minacciavano di “togliere la spina”. Mi son sentita come se la mia energia fosse risucchiata, mi sento male e cado a terra. Tale tipo di percezione non è usuale, e né nel campo psichiatrico né in quello psicoanalitico si trovano fenomeni del genere. Del tutto casualmente, ho trovato in un trattato di psicoanalisi il racconto di un sogno, della cui importanza mi sono resa conto solo successivamente (motivo per cui non ho preso nota del titolo e dell’autore del libro stesso). Il sognatore, durante la sua analisi personale, aveva sognato di trovarsi nel deserto, durante una guerra. I soldati venivano feriti e uccisi intorno a lui. Mentre si domandava sgomento che cosa stesse succedendo e perché, si accorgeva che nel cielo, accanto al normale astro del Sole, si trovava una sorta di vortice, con un cuore nero, che sembrava presiedere la realtà di dolore e di terrore della guerra circostante. Come avviene nei sogni iniziatici, il sognatore si rendeva fulmineamente conto dell’esistenza di una realtà del Male sovraordinata, di cui la guerra a cui assisteva era una conseguenza non diretta ma fondamentale per la sua persistenza; come se la guerra potesse nutrire tale entità. Il sognatore, resosi conto di questa verità non ordinaria, altro non poteva fare se non proseguire nell’attività di soccorso dei feriti, poiché è fuori dal potere degli esseri umani interferire con l’attività fondamentale di tale entità.

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Giulia M. D’Ambrosio e Duccio Calamandrei Nel libro, il sogno veniva riportato in quanto presentatosi con un anno di anticipo rispetto alla prima Guerra del Golfo. A me però interessa di più la correlazione con le immagini dei soggetti IR4, poiché la descrizione coincideva. Nell’uno era chiaro che si fosse trattato di un sogno (da cui il sognatore aveva tratto un’etica di vita); negli altri era chiaro si trattasse di una visione palpitante, viva e agente degli effetti nell’immediato. Eppure, si trattava della stessa cosa. Nello stesso periodo, mi capitò di studiare uno dei Vangeli apocrifi, il cosiddetto Vangelo di Nicodemo (con il termine “apocrifo” si intendevano i testi destinati all’istruzione superiore degli iniziati, e non adatti alle masse). Questo Vangelo ebbe origine nel Quarto Secolo, con lo scopo di tenere viva l’attenzione sulla vita di Gesù, completando i Vangeli canonici. Il linguaggio con cui è scritto il Vangelo di Nicodemo è di tipo rivelatorio e, nella parte della Discesa all’Inferno di Gesù, è molto ricca di una simbologia che ho trovato del tutto attuale. Soprattutto, ho trovato molto interessante il fatto che Inferno, o Ade, sia considerato un’entità, e non un luogo; e che inoltre non sia al corrente di quanto accade sulla Terra, ma che abbia necessità di un emissario chiamato qui Satana o Beelzebul, per accedere agli accadimenti della dimensione dove esiste una scansione temporale. Il concetto secondo cui Inferno sia un divoratore insaziabile ha richiamato il ricordo della potente sensazione provata dai soggetti IR4 che hanno avuto la sventura di accedere a questo genere di esperienza (non tutti, infatti, sembrano arrivare al cospetto di ogni livello di questa gerarchia di “forze” aliene). Si potrebbe ipotizzare che l’umanità, sin dai primordi del Cristianesimo, abbia subìto un cambiamento nei livelli di percezione dell’Invisibile. Non è la sede né io sono la persona adatta per approfondire temi religiosi e teologici, mi limiterei quindi a sottolineare questi aspetti che riguardano la psicologia umana. Il Cristianesimo ha segnato, per il mondo occidentale, l’inizio della ricerca del significato profondo del contatto con l’Invisibile. Altri popoli hanno praticato, e ottenuto, questo contatto, ma nel nostro caso la strada

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Incontri ravvicinati del IV tipo

Giulia M. D’Ambrosio e Duccio Calamandrei

non è stata quella della condivisione collettiva e dell’immersione collettiva nell’Invisibile; il Cristianesimo ha aperto la questione della responsabilità individuale anche nell’incontro con il Divino. Vi è stato quindi un lungo lavoro, durato circa duemila anni, al termine del quale sembra che alcuni umani ci stiano ragguagliando sul fatto che un’entità cosmologica, percepita fin dall’antichità e descritta in vari modi col passare del tempo (e la cui descrizione nel Vangelo di Nicodemo potrebbe esssere importante), abbia perduto un genere di potere sull’umanità in seguito agli avvenimenti descritti nei Vangeli e sembra stia cercando di riguadagnare tale potere, via via

Dice Dino: “La gente non visualizza la piccola cella dove è stata schiaffata, pensa di non avere capacità, pensa di essere mediocre. Tutto ciò è falso, è l’esatto contrario. Chiunque nasce con doni enormi, perchè questa è la nostra natura. La cella che vedi, io la chiamo ATF (Absolute Terror Field), materiale infrangibile e impenetrabile, sempre più spesso. Ma sono convinto che la morte e la sofferenza non ci appartengano, il nostro compito è nella creazione della vita”. Nel frattempo il padre di Dino è stato sottoposto a un intervento chirurgico. In quell’occasione, Dino ha raccolto un racconto: Il giorno prima dell’operazione, mentre stava parlando con la dottoressa, aveva avuto la sensazione che quella “Ricordare & Raccontare” discussione fosse fatta anGruppo di Lavoro sulle Esperienze Anomale che da un’altra parte, ovvero che avvenisse in quel luogo ma anche in un altro non ben definito. La seconda notte dopo WORKSHOP PRATICO l’operazione, in un dormiCON SESSIONI INDIVIDUALI E DI GRUPPO veglia, ha visto un disco blu fuori della finestra: era Toscana, 7 – 10 Giugno 2012 schiacciato sui poli. Pensando alla luna, ha fatto per info - esperienzeanomale@gmail.com un calcolo mentale, e poi è arrivato alla conclusione che non poteva essere la con metodi sempre più forti e intrusivi. Il fatto luna. In quel momento la stanza ha cominche si sia resa percepibile, che si sia scoperta ciato a sparire, in concomitanza con delle vi(e il fatto che abbia messo alcuni di noi nella brazione del corpo; aveva una sensazione di condizione addirittura di studiarla!), potrebrisucchio. Lui dice che si è trovato in un luobe significare che si trovi alle strette. go che non riesce a definire; dopo ha avuto Nella battaglia contro queste forze, che fiuna sensazione di movimento molto grossa, nora sono state interpretate come extraterrecome se fosse stato sbattuto indietro sul letto stri, ma che non lo sono affatto, entra quindi in contemporanea ad un lampo blu elettrico. in campo la capacità del singolo e dell’inteDice che non aveva paura e che il disco lumira umanità di risvegliarsi e comprendere gli noso gli dava tranquillità. aspetti altamente illusori della componente Ho l’impressione che i nostri amici lo abfisica della materia, comprendere il pericolo biamo visitato dopo l’operazione e che già da di non essere coscienti delle nostre possibilità prima sapessero cosa stava succedendo. Così come specie, e quindi facili prede della paura anche mio padre mi ha detto, in pratica, quel(“Non abbiate paura!”, gridò Giovanni Paolo II lo che dicono in tanti, me compreso. Il fatto all’inizo del Suo mandato, avendo sicuramendi avere avuto quell’operazione ha richiamato te già avuto modo di riconoscere la natura di l’attenzione e qualcosa deve essere stato fatto questa Realtà). per far fronte ad una modifica del suo corpo.

Rapimenti Alieni, oltre il velo della memoria

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Incontri ravvicinati del IV tipo Non è molto simpatico sapere che questi cosi ti seguono di generazione in generazione. Il fratello di Dino, messo al corrente di quanto accaduto circa un mese dopo, ha raccontato a sua volta alcuni strani sogni; in uno di questi, lui e Dino vedevano il padre con il volto di un Grigio; gli strappavano la faccia e, sotto la maschera di gomma che si rivelava essere, appariva il vero volto del padre. Quale è perciò il “vero volto”, il padre, l’origine cosmica, di tutto questo mistero? La coscienza e la ricerca di Dino sembrano svolgersi in pari a quella del fratello, benché i due non siano propensi a parlare di questi argomenti (il fratello si trovava anche in un’altra nazione). Va rimarcato che l’origine genetica di questa famiglia per parte paterna sembra essere in linea con le ricerche di Derrel Sims, che afferma l’origine irlandese o scozzese della metà dei soggetti da lui studiati. Il padre di Dino presenta una storia di svenimenti da bambino, ma ciò non è stato valutato e registrato, dato che quest’uomo trascorse la sua infanzia in collegio. Riferisce che si svegliava qualche volta in punti diversi dell’enorme collegio, ben lontano dal suo letto. Gli episodi di svenimento non si sono ripresentati nell’età adulta. Anche lui riferisce di visite di ombre alte e incappucciate e di svegliarsi immobilizzato, con la percezione di esseri presenti nella stanza. Il semplice risveglio e conoscenza non si

dimostra ancora sufficiente per combattere le interferenze. Dice ancora il nostro fisico, e noi siamo completamente d’accordo con lui: “Delle forze aliene positive abbiamo ancora paura, perchè non siamo pronti a incontrarli fisicamente, e allora sistematicamente e puntualmente sono arrivati quelli negativi (ovvero praticamente tutti i cosiddetti extraterrestri del campionario ufologico) per sviarci e ingannarci, per fare in modo che creassimo altre religioni, per sbatterci in un nuovo Medioevo, fatto di buio e di dogma immutabile. Ecco perchè le investigazioni ufologiche sono pericolosissime (in particolare le presunte “rivelazioni”), perchè tendono a prendere fischi per fiaschi, e per gettare disinformazione, creando grande devastazione nella mente dei più deboli”. È necessaria una profonda volontà da parte del singolo di comprendere in quale modo stia dando agio a queste “forze” di agire nel suo campo vibrazionale. Le tecniche per aprire i ricordi possono essere utili per risvegliarsi alla realtà del proprio stato (ammesso e per ora non concesso che siano tecniche efficaci), ma il campo in cui tutti i ricercatori mollano la presa, dopo aver esaurito le loro forze nell’invettiva “contro l’alieno”, è un campo dove si richiede il coraggio spirituale di affrontare la realtà del Male, come entità misurable e presente, creata, all’interno del Cosmo.

Giulia M. D’Ambrosio

Da molti anni studia il campo delle esperienze straordinarie. È stata co-autore in: Gagliardi G., Garzia P., D’Ambrosio G., Margnelli M., Fattori G. – Poltergeist: l’esplosione del distress infantile. In: Atti del Convegno Nazioneale Stress e infanzia, Torino, 30-31 marzo-1 aprile 1990, Edizioni Proing, pag. 429-442. Lavoro scientifico pubblicato e presentato al World Congress of the International Society of Hypnosis Monaco 2000: Alcune raccomandazioni sull’impiego dell’ipnosi con soggetti che riferiscono esperienze del genere Incontri Ravvicinati del Quarto Tipo (in collaborazione con il dottor Mario Cigada). Il suoi siti sono www.giuliadambrosio.it e www. primocontatto.net

Nasce a Milano. Laureata a pieni voti in Medicina e Chirurgia, e specializzata in Neuropsichiatria infantile, svolge la professione di medico e psicoterapeuta. Proviene da una formazione molteplice. Ha lavorato presso l’Università di Milano per 10 anni nel campo della neurofisiologia clinica, ha realizzato la stesura di lavori scientifici per riviste peer-review internazionali durante l ’iter universitario e specialistico, nell’ambito della ricerca in neurofisiologia clinica e si è specializzata con una tesi sulla Rottura dei legami di attaccamento come evento psicopatogeno.

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Giulia M. D’Ambrosio e Duccio Calamandrei

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di Stefano Delle Rose L’energia magnetica emanata da qualsiasi corpo

Radioestesia e lettura dell’Universo

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Radioestesia e lettura dell’Universo

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etteralmente, la Radioestesia è la sensibilità alle radiazioni; per radiazione intendiamo l’energia magnetica emanata da qualsiasi corpo, sia esso del mondo animale che vegetale o minerale. La Fisica ha dimostrato che tutto l’Universo si trova sotto forma di energia e, in pratica, ciò che noi vediamo come una sostanza solida e materiale è, in realtà, un agglomerato di atomi trattenuti insieme da campi energetici. Questi campi sono tutti interagenti tra loro e, grazie al campo portante della Terra non hanno limiti di spazio e di tempo. Ma, non solo ciò che ha una struttura fisica è dotato di energia,

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Stefano Delle Rose infatti, lo sono anche il pensiero, i suoni, i colori, le forme; basti pensare alla forza emanata dal colore rosso o al relax di una determinata musica. Nel corso di decenni di studi ed esperimenti, i pionieri della Radioestesia hanno dimostrato che era possibile quantificare queste energie perchè avendo un carattere oscillante se ne poteva misurare la frequenza e la lunghezza d’onda. Il lavoro dell’operatore si basa sul principio della risonanza secondo il quale frequenze uguali si riconoscono e vibrano insieme. L’esempio della radio può far comprendere velocemente questo principio: dopo aver acceso la nostra radio iniziamo a cercare il canale, o la frequenza, sulla quale una stazione sta trasmettendo l’informazione che ci interessa, fermandoci quando la troviamo. Operare con la Radioestesia significa proprio questo: sintonizzarsi sulle frequenze dell’Universo e con la pratica si impara a decodificare tali frequenze, anche stabilendo delle convenzioni e lavorando su unità di misura diverse. Il corpo umano funziona esattamente come un’antenna, capace di ricevere e trasmettere allo stesso tempo e in ogni momento del giorno e della notte siamo sottoposti ad un infinito numero di frequenze sia benefiche, pensiamo ad esempio alla vista di una bella immagine o all’ascolto di un bel suono, che dannose, o meglio non in sintonia, ma che purtroppo l’uomo non è più in grado di sentire e decodificare. Oggi abbiamo lasciato questo compito alla tecnologia. Attualmente esistono due scuole di pensiero tra gli operatori di Radioestesia che spiegano i motivi della risonanza tra l’essere umano e il mondo circostante; una è strettamente fisica, l’altra mentale. Nella prima spiegazione si fa riferimento alla presenza di cellule magnetiche, presenti nel corpo umano nell’area ipofisaria, nonché alla sensibilità magnetica delle cellule renali,responsabili della vibrazione di risonanza dell’operatore. Nella spiegazione mentale è la mente che funge da collegamento con lo stimolo esterno, trasmettendo al sistema nervoso dei micro movimenti in risposta allo stimolo. Ma co-

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Radioestesia e lettura dell’Universo munque in entrambi i casi la risposta dell’operatore si manifesta con micro vibrazioni visibili con l’ausilio di strumenti quali il pendolo o il biotensor. Alcuni ritengono che sia proprio il pendolo lo strumento capace di dare risposte nei test ma in realtà esso è solo un prolungamento o un amplificatore che mette in risalto le micro vibrazioni del braccio umano, la vera antenna dell’operatore. Con la pratica e l’esercizio si è in grado di fare a meno di oggetti come il pendolo e di riconoscere subito la risposta del proprio corpo ad uno stimolo; addirittura è possibile allenare il corpo a dare altri tipi di risposta, come lo sbattere delle palpebre o l’attrito allo sfregamento dei polpastrelli. Personalmente ritengo che sia la giusta combinazione di entrambe a far si che l’operatore riceva le giuste informazioni. Infatti, come abbiamo detto precedentemente, anche un pensiero trasmette vibrazioni e per-

Stefano Delle Rose tanto può essere utilizzato per effettuare test di Radioestesia. Ma come si svolgono questi test? Innanzitutto bisogna dire che i campi di applicazione della Radioestesia sono infiniti, forse l’unico limite è la fantasia. Si possono cercare persone o oggetti smarriti, acqua o minerali sotterranei, faglie, dosare alimenti o medicinali, trovare una strada, sentire le intenzioni di una persona, il suo stato di salute e il suo umore, arredare una casa, scegliere un colore. I test possono essere svolti sia sul posto, e direttamente a confronto con l’oggetto del test, oppure a distanza mediante l’utilizzo di testimoni che possono essere campioni di sangue o capelli, una firma, un disegno o una mappa, una foto. Esistono anche dei disegni, chiamati circuiti, capaci di trasmettere una determinata vibrazione a qualsiasi distanza. In virtù del carattere universale del magnetismo, tutti questi testimoni informano l’opera-

GRIGLIA CON CELLE GEO-ELETTROMAGNETICHE CIRCOLARI, MODULARI E IN PROPORZIONE FRATTALE CON DINAMICA DELL’ENERGIA SISMICA AD “ARMONICA SEI” SU MAPPA DEI TERREMOTI IN EUROPA EMSCV-INGV. ELABORAZIONE DI MARISA GRANDE HTTP://SYNERGETIC-ART.COM

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Radioestesia e lettura dell’Universo tore senza alcun limite di tempo e di spazio. È possibile, per esempio, risalire ai proprietari di un oggetto o al percorso effettuato da una banconota. Recentemente un nuovo strumento di indagine per chi opera con la Radioestesia è rappresentato da un vero e proprio atlante energetico, messo a punto dalla studiosa Marisa Grande, in cui tutto il globo terrestre è stato suddiviso in celle, tutte interconnesse, che rispondono sia alle forze telluriche che a quelle cosmiche. L’analisi di queste celle da un punto di vista vibrazionale può evidenziare lo stato di salute dell’area corrispondente, sia da un punto di vista tellurico che umano. L’applicazione della radioestesia in una cella permette di individuare movimenti tellurici in atto nel sottosuolo, grazie all’energia liberata, ancor prima che si manifestino in superficie con un epicentro generatore di terremoti. Ovviamente, non tutti i movimenti tellurici si manifestano al suolo, proprio in virtù del trasferimento di energia tra le celle, ma sicuramente siamo fronte ad un nuovo metodo di indagine capace di innalzare la percentuale di successo in una previsione. Quantificando l’energia in una cella si può stabilire la frequenza, o informazione, dominante che sta agendo su tutte le forme viventi in essa contenute. L’esame in tal senso può evidenziare il perdurare di determinate influenze sulla popolazione. Abbiamo già detto come l’essere umano risponda a tutti

Stefano Delle Rose Nel campo delle Energie Sottili il percorso formativo inizia vent’anni fa quando, durante il Corso di studi in Lingue Orientali (lingua araba) presso l’Università di Venezia, entra in contatto con il Sufismo e il concetto di Unicità; contemporaneamente vive l’esperienza di alcuni viaggi astrali involontari che lo spingono allo studio del fenomeno sino a riuscire a sviluppare tecniche proprie di controllo. Studioso e ricercatore indipendente di tecniche energetiche antiche, in particolare

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Stefano Delle Rose gli stimoli provenienti dal mondo circostante e questo si può tradurre in comportamenti sociali di massa, come ad esempio in un innalzamento di azioni violente simili tra loro, in rivolte di massa ma anche in pace ritrovata dopo una lunga guerra, in comportamenti dettati da ansie e paure. È da notare che, essendo la mappatura di Marisa Grande di natura frattale, si può arrivare a tracciare e analizzare anche celle piccolissime, per esempio lungo una strada o in un quartiere cittadino. Anticamente l’uomo era in grado di riconoscere i segnali e le informazioni che riceveva dalla natura, informazioni indispensabili per la propria sopravvivenza. Ma era anche in grado di utilizzare, in base alle diverse vibrazioni, ciò che la natura gli suggeriva. Possiamo osservare la capacità degli animali di percepire qualsiasi tipo di vibrazione energetica per comprendere quali siano le nostre potenzialità in tal senso. Un rimedio per riacquistare la sensibilità perduta è senza dubbio quello di adottare uno stile di vita più vicino alla natura, facendo un uso moderato di dispositivi elettronici, trascorrendo più tempo in spazi aperti ad osservare ogni fenomeno naturale come ad esempio il vento e il movimento delle piante, toccando fisicamente la terra e le pietre, fino a sviluppare una coscienza di appartenenza a tutto l’Universo.

di quelle risalenti alla Tradizione Andina, di cui ha ricevuto l’iniziazione di 4°livello da don Juan Nunez del Prado. Operatore di geomanzia ed analisi energetica vibrazionale di cui ha ricevuto gli insegnamenti da Demetrio Iero e Mauro Aresu. Da alcuni anni studioso dei megaliti salentini e del loro aspetto energetico in rapporto all’ambiente e all’uomo, collabora con diversi ricercatori e studiosi in Italia nel campo della Geografia sacra. Proprio per testare alcune teorie energetiche sul rapporto Uomo-Natura inizia la pratica della mountainbike a livello agonistico, partecipando a competizioni in tutta Italia, fino a fondare l’Associazione Sport&Tour.

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di Hoseki Vannini Funzione e ragione ultima di questa dimensione dello spirito

La gemellaritĂ

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La gemellarità

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in dalla notte dei tempi, l’essere umano è stato tormentato da una inquietante sensazione di separazione dagli altri e dalla realtà circostante, una sensazione che esperiva sia con l’anima sia con i cinque sensi. Dal momento in cui l’uomo, un attimo dopo aver superato l’infanzia, ha preso coscienza della sua individualità, si è domandato cosa lo tenesse “lontano” dagli altri e dal mondo circostante, cosa davvero lo isolasse facendolo quasi sentire prigioniero di sé. Questo sentirsi “ingabbiato” nel suo corpo aveva come ulteriore conseguenza la percezione di una sorta di angosciante ferita, di una nostalgia acuta, causata da un distacco provato, non si sa dove e quando, ma non razionalmente vissuto. L’uomo avvertiva questa lacerazione interna, quasi un’invisibile cicatrice, un velo impalpabile, ma tangibile, che gli impediva di vedere, “oltre quella spessa trasparenza”, per afferrare, non soltanto con mano, ma con il cuore, ciò che mancava al suo essere; e quel “qualcosa”, quell’indecifrabile ostacolo non gli permetteva, al momento, di

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Hoseki Vannini sentirsi perfetto, completo. Da quell’istante, sono iniziati i tentativi di venire a capo di questa inquietudine esistenziale. Quell’idea di sé, di un sé solitario, pareva relegare l’uomo in un corpo che era suo, sì, ma soltanto a metà perché la presenza di quell’evanescente “segno” fisico e psichico non gli consentiva di trovare in sé un appiglio da cui spiccare il salto per andare “al di là” dell’Io, per superare quel disagio interiore ed anche esteriore. Era difficile, perciò, “curiosare” dove la sua coscienza anelava spingersi con l’intento di trovare una risposta a questa e ad altre domande sulla ragione ultima dell’esistenza umana e, quindi, della sua comparsa sulla Terra. Ed in lui, nella sua intimità, fisica e spirituale, quell’essere pensante avvertiva una discordanza fra ciò che sentiva di essere e ciò che invece era. Quella contesa interiore lo teneva distante dal raggiungere quell’appiglio che, intuitivamente, sapeva essere in sé, ma – paradossalmente - in un sé smarrito, inconsapevole. Ed era quella “sconosciuta” e muta entità, pur

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La gemellarità dentro di sé, la chiave per aprirlo alla comprensione di sé, alla comprensione ed all’unione con ciò che era altro da sé. Anche la parola che sembrava il mezzo più idoneo a rapportarlo coscientemente con il resto del Creato non era il tramite sufficiente a colmare quel divario, ad eliminare quella discrepanza, quel vuoto dell’anima che si traduceva, inesorabilmente, in una sottile strisciante, infelicità. Questa inspiegabile sensazione era tanto radicata quanto comune e, dunque, non limitata ad alcuni individui, ma era patrimonio condiviso ed ugualmente inquietante. È stato allora che è iniziato un percorso di introspezione serrata per entrare in contatto con ciò che sembrava estraniare ogni essere umano da sé e da una connessione totale con quanto era “fuori” di sé. Eppure questa ricerca conduceva ancora una volta all’interno di sé. La filosofia, la psicologia, la spiritualità, la scienza e la letteratura si sono da sempre confrontate con questo stato d’animo, con questa perplessità esistenziale ed un po’ dappertutto, nei testi che hanno affrontato que-

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Hoseki Vannini sto argomento, saltava fuori l’esistenza “presentita”, ma non precisamente dimostrata di un “residuo” della nostra umanità una volta integra, perso nel tempo. A questa idea sono stati dati molti nomi, ci si sono costruite attorno un’infinità di teorie, ma il concetto che pareva sintetizzare meglio di tutti quello stato emozionale, quella sofferenza che si manifestava in un confuso senso di incomunicabilità e di doloroso isolamento, ad un certo punto, si è concretizzato in un principio che, con dolce inventiva, è stato denominato come un “quid”, una gemellarità da recuperare e riconoscere ed è nata la storia o, come alcuni sostengono, la leggenda dell’anima gemella”, quella parte di noi, chissà perché, traumaticamente smarrita. È diventato, pertanto, questo nascosto o perduto elemento di noi, lo strumento di completamento necessario all’interezza degli esseri umani. C’è stato chi ha voluto ipotizzare che questa sconosciuta porzione di noi si realizzasse, si palesasse in un partner, in un amico, in un maestro o addirittura in un nesso amorevole

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La gemellarità con un animale o un vegetale. Ognuno ha dato un volto ed un nome a questo “pezzo” sparito di noi. E poiché, senza ombra di dubbio, nel nostro percorso esistenziale, è inevitabile, ed in un certo senso è vitale, che si venga a contatto con i nostri simili e con il resto del Creato, l’attenzione si è focalizzata sul perché delle emozioni intense di attrazione o repulsione spontanee che derivano da ogni relazione umana, da ogni rapporto con la natura e che, con semplicità, chiamiamo simpatia ed antipatia, a seconda del grado di empatia che riusciamo a stabilire. Ma, comunque chiamiamo queste percezioni, esse indicano un ancestrale legame, una connessione emozionale con l’altro e con tutto quanto ci circonda. E se la fisica chiama queste emozioni “campi di forze” capaci di essere misurati per stabilire il grado di attrazione o repulsione fra gli esseri umani, al pari dei campi elettromagnetici di Maxwell, la psicologia li chiama “modelli comportamentali similari”, la filosofia “idee innate condivise”, la letteratura, più vicina al cuore dell’uomo, le chiama “affinità elettive”, mentre, la spiritualità le chiama “familiarità di anime” o “anime compagne”. Tutte queste branche dello scibile umano, però, qualunque nome adottino, qualunque dottrina elaborino, riconoscono la realtà di queste impressioni. Una volta enucleato que-

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Hoseki Vannini sto concetto, ci si è accorti che la sensazione spontanea di quella ipotetica scissione, in effetti, e incredibilmente, era in noi per indicare una profonda coesione di ogni uomo con gli altri uomini e con il resto dell’esistente. Ed è un dato ormai acquisito che quella iniziale sensazione di separazione non fosse uno scherzo del destino o un’idea peregrina, frutto di paure ed ansie esistenziali, ma, piuttosto, uno stimolo a cercare negli altri il profondo, imprescindibile, vincolo con la Realtà in cui siamo “immersi”, in virtù del nostro innato bisogno di identificazione e riconoscimento con quanto non è o non sembra noi. Pertanto quest’impulso, questo trasporto che ci fa ambire di “uscire fuori” da noi per “incontrare” il mondo, per sentirci frammento integrante del mondo, e che informa ciascuna cosa e che tutto origina, ha un nome comprensibile per ogni creatura senziente e non; è un dettato che affiora in ogni teorizzazione su questo tema, è un punto fondamentale su cui tutti - dallo scienziato al poeta - sono d’accordo: quell’inequivocabile impulso è l’amore. È amore! È amore quel sentimento che ci induce a cercare un contatto con gli altri e ad infrangere il nostro supposto isolamento. È l’amore, potenza innata, che “preme” prepotentemente dentro di noi per nutrire il suo “esistere”; è l’amore quel soffio vitale che dà

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La gemellarità

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energia ad ogni organismo presente sotto il cielo. Questo stato dell’anima ha generato nell’uomo la comprensione di essere un’emanazione di quel sentimento, di quell’ardore, connaturato in noi, che ci ha fornito l’idea dell’esistenza di Dio e l’aspirazione a farla nostra. E Dio ha trovato un modo intrigante, immaginoso, per colmare l’apparente distanza fra Lui e noi, “costringendoci”, attraverso la ricerca incessante di un abbraccio con gli altri, ad abbracciare Lui, per perdere così la nostra individualità sofferente nella comunione con Lui. Infatti, quando noi amiamo, quando “sentiamo” l’altro in noi, e non solo lui , ma anche una stella o un fiore, come una sezione inscindibile del nostro essere, oltrepassiamo quella cicatrice invisibile, ci completiamo con l’altro e annulliamo quel senso di incompletezza, di vuoto, di divisione che ci tormentava: in ultima analisi, capiamo che non siamo “io”, ma comprendiamo che noi siamo “Uno”. Ma, allora, a cosa serve, in tutto ciò, in alcuni frangenti, il rivelarsi dell’antipatia se il rifiuto, la repulsione non unisce, ma ancor più separa? Serve, con tutta probabilità, a farci apprendere di cosa necessitiamo per conoscere l’appagamento di una giusta relazione umana attraverso l’esperienza di un rapporto sbagliato, non gioioso, ma fastidioso. Imparando ad evitare chi non è adatto alla nostra personale soddisfazione, diventiamo capaci di scegliere chi, invece, può indirizzare il nostro cammino

Hoseki Vannini Viene al mondo come Maria F. e diventa dopo un lungo, e spesso sofferto, percorso esistenziale Hoseki. Diplomata al liceo Classico, studia giurisprudenza senza convinzione o meglio con la certezza di aver scelto una facoltà non adatta a lei. Nel frattempo, si imbatte nei mille interrogativi sul significato della esperienza umana e inizia un cammino di personale ricerca spirituale, condotto in assoluta e dolente solitudine. Dall’età di quindici anni si dibatte fra i dubbi della sua ragione e le tesi del suo cuore. La sua ricerca non è conclusa, ma ha attraversato, con entu-

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per vivere la letizia di essere completati, con amore e dedizione, da un nostro simile. Al solito, è la legge del contrasto che indirizza le nostre scelte. Quindi, ogni persona che arriva nella nostra vita è un segnale per indicarci qual è la strada più breve e piacevole per arrivare a comprendere la dolcezza dell’unione con Dio, la nostra vera, unica, anima gemella. Ebbene ogni incontro produce una serie di eventi che, per la loro natura speciale, contribuiscono, grazie alle esperienze sentimentali, emozionali e spirituali che ne derivano, all’evoluzione dell’Universo, che altro non è che la “Somma di noi”. E quando finalmente ci avviciniamo alla nostra meta, a quell’unico essere in tutto affine a noi, che, pertanto, colma ogni nostra mancanza, siamo pronti veramente ad incontrarci e a riunirci con Dio, a comprendere che siamo “Uno”, che tutto siamo e tutto è noi. Insomma, la gemellarità, la realizzazione di questo concetto, è l’espediente, meraviglioso e fantasioso, creato da Dio per farci tornare a Lui, per farci rendere conto che mai siamo stati realmente separati e che, al momento della nostra venuta sulla terra, abbiamo, sì, perso, e volontariamente, cioè in accordo con Dio che è amore e libertà, un ”pezzetto” di noi, ma solo per ritrovarlo nell’incessante amore di Dio, al fine di essere degni di perpetuare all’infinito il Suo disegno d’amore.

siasmo e sofferenza in egual misura, ogni teoria capace, a suo avviso, di fornire risposte adeguate alle domande che le premevano dentro. Nel tempo ha pubblicato, con rispetto e umiltà, articoli della sua crescita interiore e che ora ha cercato di riassumere in parte nell’eBook Anima gemella: illusione o realtà.

Anima gemella Illusione o realtà? eBook, 2011 vai scheda libro >> Runa Bianca

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Anima gemella Illusione o realtà

Hoseki Vannini

DISPONIBILE IN LIBRERIA

Come e dove trovarla?

Seguendo i consigli di Hoseki, che ben sa per esperienza vissuta, non si potrà fallire. Si individua il vero processo efficace per utilizzare a proprio vantaggio la Legge dell’Attrazione.


di Marisa Grande Parte I

La “Scienza Sacra� dei costruttori di megaliti tempo di lettura 10 minuti

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La “Scienza Sacra” dei costruttori di megaliti

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uell’energia convogliata in un punto, percepita per facoltà innate dai geomanti dei popoli antichi, eleggeva alcuni luoghi della Terra al ruolo di centri privilegiati, ombelichi del mondo, onphalos, direttamente connessi a precisi punti nel cielo. Considerati collegati visivamente con alcuni astri splendenti nella calotta celeste, quei luoghi sulla Terra vincolavano energeticamente l’habitat terreno dell’uomo con la “dimora celeste” degli dei. Dalla capacità di relazionare la Terra con il cielo ne derivava una loro insita, naturale sacralità, tramandata e perpetuata nel tempo anche in religioni diverse. Dal vincolo sacro di quei luoghi, che la natura aveva eletto quali concentrati di energia generatrice, derivava l’armonica corrispondenza dei rapporti tra corpi celesti interagenti nel cosmo. Dal cedimento di tale stretto legame, dovuto al ritardo precessionale della Terra e letto come apparente slittamento retrogrado della posizione del Sole all’orizzonte, derivava il concetto di tendenza verso il caos. Le pratiche rituali connesse a quei luoghi trovavano nella perennità del fuoco sacro e nel sacerdote praticante i tramiti energetici necessari per rinsaldare quel vincolo instaurato tra Terra e cielo, quel “matrimonio sacro” vivificante tra Terra e Sole. L’intento dell’uomo, legato al suo ancestrale istinto di sopravvivenza, era quello di stringere il rapporto di omotetica corrispondenza tra un universo illimitato e la dimora dell’umanità limitata, annullando o mitigando le conseguenze di un caos devastante, sperimentato ciclicamente durante il

Marisa Grande percorso terreno dell’umanità.

L’armonia e il caos L’andamento verso il caos deriva dalla precarietà dell’equilibrio instabile insito nei sistemi complessi, reso irreversibile da un valore divergente dall’insieme dei valori che interagiscono nel sistema. Un pur minimo scarto, insinuandosi all’interno della regolarità acquisita, conduce il sistema verso una divergenza di valore esponenziale. Una condizione, questa, che coinvolge la regolarità e l’andamento instabile e caotico di molti sistemi complessi, di quegli infiniti “universi” in equilibrio instabile e precario, che compongono il Cosmo nella sua dimensione micro e nella sua dimensione macro. Sancita oggi dalla legge del “Caos deterministico”, tale regola ieri era nota empiricamente attraverso le “armonie” e le “disarmonie” rilevate durante la costante osservazione del cielo. Il monitoraggio attraverso i millenni del manifestarsi degli astri e l’attenzione alla loro regolarità permettevano di registrare anche le pur minime variazioni caotiche insinuate nei loro cicli. L’osservazione privilegiata corrispondeva alla loro apparizione sull’orizzonte, ossia sulla linea virtuale limite, interposta tra Terra e cielo, la cui importanza fu sancita precocemente, riconoscendo una sua implicita sacralità. Fu compresa così la necessità della sua stretta relazione con gli astri divinizzati, percepiti

SERIE DI SIMBOLI DI ORIGINE ASTRONOMICA: LOSANGA, SPIRALE, CIRCONFERENZE CONCENTRICHE, PUNTINI. (TRATTO DAL LIBRO DI MARISA GRANDE: DAI SIMBOLI UNIVERSALI ALLA SCRITTURA, BESA 2010).

Grotta di Blombos (Sud Africa), Homo Sapiens-sapiens 77.000 a.C

New Grange (Irlanda): Kerb Stone

Motivo canamayte: NAM

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DIFFUSIONE DEL CULTO DELLA DEA MADRE, COSTELLAZIONE SEGNATEMPO DELL’EMICICLO PRECESSIONALE DI 13.000 ANNI, CHE CONCLUSE IL PLEISTOCENE NEL MILLENNIO XI A.C. (TRATTO DAL LIBRO DI MARISA GRANDE: L’ORIZZONTE CULTURALE DEL MEGALITISMO, BESA 2008)

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in forma antropica e zoomorfa per il loro rapporto di vicinanza relativa, e fu sancito uno specifico culto dell’orizzonte, orientato a mantenere tale connubio equilibrante. Esempi di registrazione di dati osservati furono riportati per mezzo delle figure geometriche simboliche riprodotte in pittura o incise (losanga, serie di circonferenze concentriche, spirale semplice e doppia...) che si ritrovano su manufatti già risalenti al più remoto Paleolitico (Africa, Bomblos: in insediamenti di 150.000 anni, reperto con losanghe di 77.000 anni). Serie di tacche e di punti per il calcolo del tempo furono incisi su ossa di animali in fase aurignaziana (Le Eyez de Tayac, 32.000 anni fa) ma ancor prima, figure antropomorfe furono scolpite per riprodurre l’immagine divinizzata di costellazioni elette a segnatempo degli emicicli precessionali che si avvicendavano CARPIGNANO SALENTINO (LE): TRILITE. (FOTO DI EZIO SARCINELLA) ogni 13.000 anni solari (dea madre riprodotta su manufatti che risalgono un’alternanza a quelle norme, l’anarchia, il anche a 40.000 anni fa, Orione a 32.000 anni non-rispetto delle regole, la dissolutezza di fa). un agire incontrollato. Sono tutti documenti iconografici ai quali Entrambe le tendenze, all’armonia e al solo recentemente, con le ultime scoperte, è caos, sancirono la coesistenza delle opposte stato riconosciuto loro un inaspettato caratdualità presenti in natura, tanto nell’universo, tere astronomico. per l’altalenante agire divino, quanto in Terra L’osservazione della volta celeste, il moper l’orientamento morale dell’uomo, fortenitoraggio del rapporto tra la levata e il tramente attratto sia verso il bene, che verso il monto degli astri costituì infatti un bagaglio male. culturale astronomico, mitico, religioso e di organizzazione del tempo e dello spazio tramandato ininterrottamente per immagini La geometria sacra simboliche dal Paleolitico più remoto fino III millennio a.C., quando in epoca storica potè Le forme tratte dall’osservazione dei cicli confluire nelle conoscenze dell’astronomia cosmici confluirono poi nella geometria sacra ufficale, redatte in modo più esplicito per e nella scrittura, ma erano state già applicate l’apporto dato dalla scrittura. nel megalitismo, che contiene in sè un “codiLa ciclicità dei ritmi armonici del cosmo ce cosmico” di simboli e numeri sacri. dettò molto precocemente le regole per Riuscire a “leggere” tale codice di origine l’organizzazione sociale dell’umanità, per la cosmica, poichè mutuato dall’osservazione sistematicità della conoscenza, per l’orientaastromica dei cicli degli astri, di breve e di lunmento verso un agire morale. Le aritmie cago termine, crea condizioni di imbarazzo agli otiche, invece, decretarono la possibilità di

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La “Scienza Sacra” dei costruttori di megaliti

Marisa Grande

studiosi che hanno preferito cogliere per secoli nel fenomeno del megalitismo la sua faccia arcana ed insondabile e nei loro costruttori gli anonimi e inconoscibili personaggi di origine e di natura misteriosa, inclassificabili sul piano delle civiltà note ed estranei ad un contesto meglio definito delle culture storiche. Il fenomeno del megalitismo corrisponde, invece, alla testimonianza tangibile di una conoscenza antica, da ritenersi molto avanzata, colta con un metodo empirico di carattere astronomico, facendo leva sulle proprietà di un cervello di homo sapiens che offriva estese facoltà percettive e di elaborazione mentale dell’esperienza, potenziate dall’immersione totale, “a carattere adesivo”, con il proprio ambiente e con la natura. Partendo dal suo centro di osservazione, luogo prescelto come “centro sacro” attraversato da una colonna di energia che lo vincolava ad un astro di riferimento nel cielo, l’uomo che costruì megaliti nel mondo era in grado, per averne eredita le facoltà dai progenitori sapiens, di amplificaMODELLO DELLA PRECESSIONE DEGLI EQUINOZI, DOVUTO AL MOTO re le sue capacità percettive estenRETROGRADO IMPRESSO ALLA TERRA DALL’AZIONE FRENANTE DEL dendo il suo essere nelle dimensioniSUO ASSE OBLIQUO, CHE LA FA OSCILLARE IMPRIMENDOLE UN “EFaltre del cosmo. La sua psiche, stimoFETTO TROTTOLA”. (TRATTO DAL POSTER DI MARISA GRANDE: MOlando le sue doti innate, in virtù della DELLI COSMICI IN ARCHEOASTRONOMIA, S.I.A., PADOVA 2001) convinzione di essere protetto da entità superiori incidenti con flussi di empirica dell’interazione energetica (gravitaenergia concentrati per direzione centripeta zionale ed elettromagnetica) esistente tra la sul luogo prescelto, agiva da ente propulsore Terra, il Sole, la Luna e i pianeti del sistema soper l’estensione della propria “anima spirituale” entro dimensioni non terrene, dove la sua lare, con lo scopo di sviluppare un piano ponderare tendente al bilanciamento della Terra. “anima intellettiva” poteva avere accesso alle Il loro impegno rappresentò una “risposta conoscenze superiori e ad un linguaggio depossibile” per risolvere il problema dell’andagli dei, che si rivelava per simboli e per forme mento caotico ciclico che interessa la Terra geometriche semplici e complesse. nelle fasi cruciali interne al ciclo della precessione degli equinozi (conoscenza attribuita ufficialmente ad Ipparco da Nicea nel II secolo Il piano ponderale megalitico a.C.). La condizione di caos subìto dalla Terra e I costruttori di megaliti intesero impiegare, costruendo monumenti megalitici sui luopagato dall’umanità con eventi caotici anche estremi, come il diluvio tramandato in tutte le ghi energetici del pianeta, la loro conoscenza

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La “Scienza Sacra” dei costruttori di megaliti culture del mondo, è ascrivibile alla tendenza dell’asse terrestre a raggiungere ciclicamente la sua massima inclinazione sotto l’azione gravitazionale, solare, lunare e planetaria, cui è soggetto. L’effetto trottola, ossia l’oscillazione della Terra intorno al suo asse obliquo, può essere benefico quando determina l’alternanza delle stagioni, ma può rivelarsi anche catastrofico e distruttivo, quando è accentuato da un’ampia angolazione rispetto ad una sua ideale verticalità. I costruttori di megaliti elevarono, perciò, sistemi di monumenti rispondenti a vari modelli costruttivi, per applicare un deliberato piano ponderale che potesse bilanciare l’asse terrestre, ai fini di sottrargli l’andamento caotico dovuto alla sua tendenza alla massima inclinazione, possibile causa di ribaltamento fisico della Terra o di ribaltamento delle sue polarità magnetiche. Tale operazione megalitica richiedeva l’im-

Marisa Grande piego di rocce dalle proprietà di buoni conduttori (quarzo, pietre sarsen, pietre blu, porfido, sabbia, calcare...) e acqua, quale veicolo di flussi magnetici per mezzo dei sali ionici in essa disciolti, ai fini di orientare in “modo coerente” le linee di flusso sotterranee ed aeree del campo magnetico terrestre. Richiedeva anche l’impiego di cattivi conduttori, come la mica, per interrompere o deviare gli stessi flussi, in funzione del mantenimento dell’equilibrio energetico-vibrazionale e per il potenziamento del campo magnetico terrestre. Tale piano equilibrante impiegava conoscenze scientifiche avanzate sul piano astronomico, geologico e chimico-fisico, che, secondo la logica attuale, i costruttori di megaliti non potevano possedere, pur avendo essi applicato un principio fisico, oggi noto come “riflettanza”, per modificare le risonanze vibranti delle pietre e modulare le loro sonorità, alla stregua di antichi diapason.

SERRA DI MARTIGNANO (LECCE): SPECCHIA DEI MORI. (FOTO DI EZIO SARCINELLA)

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Diffusione dei sistemi megalitici Cercati e riconosciuti i “centri naturali” attraverso i quali il flusso elettromagnetico irradiato dal nucleo della Terra raggiunge la litosfera, ossia i luoghi appropriati per accogliere i loro monumenti equilibranti il campo magnetico terrestre, i costruttori di megaliti elevavano cumuli litici in funzione di “montagne sacre”. Quei centri, nei quali i flussi elettromagnetici si convertivano in flussi di energia sismica, modellavano naturalmente, con la loro irradiazione di energia vibrazionale, il territorio circostante, configurando “celle geomorfologiche” circolari ed espanse.

Marisa Grande Tale modello è meglio riconoscibile negli “anelli di fuoco”, serie di vulcani disposti ad arco, di cui solo quello di più recente formazione risulta attivo, poichè la litosfera circostante ruota intorno al centro energetico dell’anello, scorrendo su un bacino magmatico periferico, che di volta in volta attiva un nuovo vulcano. Soggette a vibrazioni elettromagnetiche, con fenomeni distruttivi accentuati sulla circonferenza di massima espansione composta dai minerali a minore conduzione rispetto a quelli a maggiore conduzione naturalmente aggregati al centro, quelle celle geomorfologiche circolari, diffuse su tutta la superficie terrestre, si spiegano oggi con i modelli matematici elaborati da Mandelbrot, resi visibili

ESEMPIO DI MODELLAZIONE DEL GARGANO, NELL’ALTA PUGLIA, SECONDO LA CONFIGURAZIONE A “CELLE GEOMORFOLOGICHE”, DOVUTA ALL’AZIONE DELL’ENERGIA VIBRAZIONALE ELETTROMAGNETICA IRRADIATA DAI CENTRI DELLE RISPETTIVE CELLE INTERAGENTI IN FORMA ESPANSA. (ELABORAZIONE DI MARISA GRANDE SU CARTA IDROGEOLOGICA APAT DELL’ITALIA MERIDIONALE)

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MANDELBROT: FORMA FRATTALI SU SFERA

tramite la computer-grafica. Ossia la forma di ogni elemento frattale si ritrova ripetuto a tutti i tipi di scala e giustifica la similitudine presente nella modularità che interessa tutti i sistemi-complessi presenti in natura. Con l’intervento megalitico, mirato a mitigare la forza di espansione dal centro verso la periferia, si poteva modulare la loro energia distruttiva, al confine con le celle limitrofe,

Marisa Grande Dopo la sua carriera di insegnante di Disegno e Storia dell’Arte, continua nel campo artistico con un linguaggio originale, la Synergetic-Art, che trova la sua piena espressione nel “meta-realismo” della sua pittura e della sua poesia. Con il Manifesto del Movimento culturale “Synergeticart 1990” (www.synergetic-art.com) ha avviato un’attività di studi e di ricerca pluri-disciplinare, condotta con approccio sistemico, per cogliere le interconnessioni esistenti tra le varie branche del sapere e promuovere una rinnovata visione

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Marisa Grande trasformandole in “celle geodetiche” ad energia distruttiva-controllata. Impiegando i megaliti dalle proprietà di buoni conduttori, che modulavano e rendevano coerenti i flussi magnetici, le celle potevano operare un’azione equilibrante sull’intero sistema planetario, mitigando l’azione distruttiva dovuta all’effetto trottola dell’asse terrestre eccessivamente inclinato. Marcatori, come le specchie litiche, o colline artificiali, costituivano i centri geodetici di sistemi megalitici composti da menhir e da dolmen distribuiti con ordine nella cella geomorfologica, aventi funzione di “modulatori di flussi” dell’energia in espansione irradiata da quei centri energetici naturali. I “cerchi sacri”, gli henges espansi in circonferenze concentriche intorno alle specchie, alle colline sacre, alle pietre-altare, ai focolari sacri ricalcavano, per i costruttori di megaliti, il modello naturale dettato dalla configurazione a celle geomorfologiche della superficie terrestre. Su quei luoghi precocemente marcati con megaliti, furono erette piramidi, ziqqurat, havitte, kurgan, stupa, templi pagani o monoteisti, tutti monumenti aventi la medesima funzione equilibrante ottemperata in origine dai sistemi geodetici megalitici. della conoscenza. Collabora con associazioni culturali e case editrici e scrive articoli per riviste di cultura. Tra le sue pubblicazione ricordiamo: L’orizzonte culturale del megalitismo (Besa, 2008) e...

Dai simboli universali alla scrittura Besa, 2010

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