Runa Bianca: News & Rubriche N°1

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ARCHEOLOGIA STORIA SCIENZA E MISTERO

ANNO I SETTEMBRE 2011

OMAGGIO

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IN

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STARCHILD

Confermata l’origine aliena

ARCHEO: TROVATA LA TOMBA DELL’APOSTOLO FILIPPO? SCIENZA: LA PAREIDOLIA E LE ILLUSIONI MENTALI MISTERO: PRESO VIVO UN CHUPACABRAS

IN QUESTO NUMERO:

27 NEWS 10 LIBRI 6 VIDEO 5 SITI WEB 6 EVENTI



SETTEMBRE 2011 | N.1

SOMMARIO

Editoriale Video Libri Siti web Mostre & eventi

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APPROFONDIMENTO Starchild

COMITATO REDAZIONALE Vincenzo Di Gregorio Lilly Antinea Astore Enrico Baccarini Andrea Critelli

Per contattare la redazione, collaborare, segnalare libri, eventi potete scrivere a redazione@runabianca.it

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Nuove analisi ne confermano l’origine aliena di Enrico Baccarini

NEWS

Archeostoria Scienza Mistero

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www.runabianca.it SVILUPPO E PROGETTO GRAFICO Andrea Critelli

Runa Bianca: News & Rubriche

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I segreti delle antiche carte geografiche

Simbologie mariane e cartografie per il Nuovo Mondo Claudio Piani e Diego Baratono

SETTEMBRE 2011 IN LIBRERIA

Dallo studio di un dipinto del Ghirlandaio

e dalla comparazione di diverse carte e globi “anomali� per la loro datazione, i due autori ci daranno una loro innovativa riflessione sui primi viaggi da e per il nuovo mondo.


EDITORIALE tempo di lettura 4 minuti

di Vincenzo Di Gregorio

Un nuovo contenitore

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ieccoci con una nuova iniziativa editoriale... il Supplemento a Runa Bianca. Da tempo abbiamo sentito la necessità di snellire il “corpus” della rivista che, con la media delle sue 150 pagine, diventava un Tomo di difficile consultazione. Noi della redazione abbiamo sondato diverse possibilità, ma ci spiaceva ridurre o il numero degli articoli, o rinunciare ad aggiornarvi sulle novità editoriali o sulle NEWS/VIDEO che avvengono quotidianamente in un mondo in continua trasformazione. Ecco quindi l’idea di creare un supplemento staccato dalla rivista, in modo che la stessa vivesse di una sua “vita autonoma” fatta da rubriche e articoli Puri. Un supplemento che però deve avere una sua ragion d’essere, indipendentemente dalla rivista di cui porta il nome. Vi è infatti un filo conduttore che lega le due iniziative editoriali. Innanzitutto sono gli argomenti di reciproco interesse, ed il modo con cui vengono affrontati. L’idea di base è sempre quella di fornire uno spazio all’informazione indipendente e di “confine” che fa fatica ad entrare nei Media controllati dal potere. Un’informazione libera ed in sinergia con tutti coloro che si sentono nel profondo del loro cuore, dei “veri ricercatori”. Questo concetto è il solco che guida la nostra mano nella scelta delle news, dei video e dei libri da portare alla vostra attenzione. In questo primo supplemento abbiamo voluto anche proporre una tra le tante news in evidenza, ritenendola forse più importante di altre. A lei abbiamo dedicato la copertina ed un

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ampio approfondimento utilizzando il materiale che si trova a disposizioni nella rete. Se questo esperimento piacerà, è nostra intenzione ampliarlo con news legate anche a realtà Regionali italiane, che non hanno un canale nazionale di riferimento. Tra non molto anche sul ns. sito (www. runabianca.it) avverrà una rivoluzione diventando un portale aperto a tutti coloro che collaboreranno con le nostre due iniziative editoriali (rivista e supplemento). Lo scopo è dare la voce ai ricercatori con uno spazio condiviso in cui inserire i loro comunicati e le loro news. Questo al fine di contribuire a far diventare la RunaBianca un vero punto di riferimento nel web. Questo supplemento rimarrà comunque sempre gratuito, anche quando a fine anno la RunaBianca diventerà scaricabile solo su abbonamento. Sperando che anche questo contenitore sarà un “successo”, come la nostra ormai insostituibile rivista, vi auguriamo una buona lettura.

Arch. Vincenzo Di Gregorio È vietata la riproduzione anche parziale di testi, e fotografie, documenti, etc. senza il consenso scritto dell’autore e della rivista Runa Bianca. La responsabilità dei testi e delle immagini pubblicate è imputabile ai soli autori.

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VIDEO tempo di lettura 3 minuti

a cura di Andrea Critelli

La videoteca virtuale di Runa Bianca ARCHEOSTORIA Alatri preromana

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tri. Queste caratteristiche costituivano anche un efficace sistema di difesa contro possibili invasori.

econdo la mitologia romana il dio Saturno, una volta spodestato da Giove e cacciato dall’Olimpo, sarebbe venuto nelle terre del Lazio e qui avrebbe fondato Alatri ed altre città (dette città saturnie), dando origine all’età dell’oro. Secondo un’altra

leggenda i fondatori di Alatri sarebbero gli antichi ciclopi, ritenuti gli unici in grado di costruirne le possenti mura. La Fondazione di Alatri si attesterebbe intorno al 1600 a.C.. Collabora agli Studi Leonardo Malentacchi Astrofilo Fiorentino. GUARDA VIDEO >>

ARCHEOSTORIA Le vie Cave

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e Vie Cave, denominate anche Cavoni, costituiscono una suggestiva rete viaria di epoca etrusca che collega vari insediamenti e necropoli nell’area compresa tra Sovana, Sorano e Pitigliano, sviluppandosi prevalentemente in trincea tra ripide pareti rocciose di tufo, a tratti alte oltre i venti me-

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In epoca romana, le Vie Cave entrarono a far parte di un sistema viario che si connetteva al tronco principale della via Clodia, antica strada di collegamento tra Roma e Saturnia, attraverso la città di Tuscania, che si diramava dalla via Cassia in territorio laziale. La loro esistenza e il loro vero utilizzo rimangono ancora un’incognita nel panorama della ricerca. GUARDA VIDEO >>

SCIENZA Nasa, tsunami del Giappone stacca icerberg in Antartide

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al Giappone la violenza dello tsunami dello scorso 11 marzo avrebbe generato degli iceberg in Antartide secondo le immagini e i video pubblicati dalla ricercatrice della Nasa Kelly Brunt sul Journal of Glaciology. Circa 18 ore dopo lo tsunami giapponese e a 14mila chilometri di distanza, dalla piattaforma Sulzberger - intatta dal 1946 - numerosi iceberg si sarebbero staccati a causa dello smottamento generato

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VIDEO

a cura di Andrea Critelli periodo il livello del Tirreno in questa area era più basso di almeno 6 metri? Quale cultura avrebbe quindi prodotto queste escavazioni? GUARDA VIDEO >>

MISTERO Fossili e Oopart mix

dalle onde anomale partite dal Giappone. Il tutto testimoniato dalle immagini inviate del satellite Envisat. GUARDA VIDEO >>

MISTERO Cave Etrusco Romane o Insediamento Megalitico?

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coperte archeologiche non autorizzate, una serie di Fossili e Oopart che non dovrebbero esistere ma che in realtà esistono. Reperti che sono scomodi alla scienza ufficiale che si richiama solo allo “status quo” ma questi oggetti sono stati studiati ed analizzati e costituiscono una prova incontrovertibile di un passato dimenticato. GUARDA VIDEO >>

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archeologia ufficiale considera queste escavazioni come cave romane per una iscrizione latina ritrovata alloro interno. Altri studiosi le retrodatano al periodo etrusco per il livello del mare rispetto alle escavazioni. Già dalla sola analisi visiva appare quantomeno improbabile l’indirizzo originario come semplice cava anche se in

MISTERO Top Secret: Il mistero degli UFO

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laudio Brachino, insieme suoi ospiti, affronterà il tema mantenendo una posizione intermedia fra l’apertura mentale e un’analisi razionale della questione mai distruttiva tout court. GUARDA VIDEO >> epoche successive ne sono state sicuramente oggetto. Da sottolineare inoltre come studi compiuti in loro, risulti che nell’area erano presenti e conosciute, sin da tempi antichissimi fonti termali e curative. L’aspetto innovativo di queste strutture è dato inoltre dai ritrovamenti effettuati nel mare adiacente dove, ad una profondità di circa 6 metri, si riscontrano delle analoghe escavazioni. La domanda è: a quando risalgono quest’ultime? In che

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LIBRI tempo di lettura 8 minuti

a cura di Andrea Critelli

La libreria virtuale di Runa Bianca ARCHEOSTORIA Res publica. Come Bruto cacciò l’ultimo re di Roma di Andrea Carandini Rizzoli p. 292, 2011, € 14,00

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oma, 510 a.C. Tarquinio il Superbo, salito al trono usurpando il potere di Servio Tullio, tiranneggia il popolo, asserragliato nella dimora regia. Ha intorno la perfida Tullia, sua moglie, i figli e una corte di adulatori e delatori. Ogni assemblea popolare è stata soppressa e nella piazza pubblica del Foro, abbandonata, crescono le erbacce. Un uomo solo ha il coraggio di opporsi al tiranno: è Lucio Giunio Bruto, suo parente. È cresciuto alla corte del re, dopo che questi aveva sterminato la sua famiglia, e lui si era salvato fingendosi brutus, idiota. La scintilla che fa scattare la vendetta è lo stupro di Lucrezia da parte di Sesto, figlio debosciato del tiranno. Bruto estrae dal petto della matrona il pugnale con cui si è uccisa, per la vergogna di essere stata violata, e su di esso giura, con il marito, il suocero e un amico, di liberare i concittadini dal giogo del Superbo. Al racconto dello stupro, il popolo di Roma si rivolta, abolisce la monarchia, affida il governo a due consoli e ristabilisce le assemblee popolari. La Repubblica viene così fondata sulla base di un principio fondamentale: la legge è uguale per tutti. È la fine di ogni privilegio. In queste pagine, Carandini riprende la saga dei Tarquini,

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tracciando un affresco storico che attraverso lo studio delle fonti ricostruisce eventi, passioni e idee di uno dei momenti cruciali della storia di Roma, divenuto simbolo universale di libertà: monito valido anche nei nostri giorni, contro ogni aspirazione a un potere arbitrario o enorme.

ARCHEOSTORIA A gloria di Dio. Come il cristianesimo ha prodotto le eresie, la scienza, la caccia alle streghe e la fine della schiavitù di Stark Rodney Lindau p. 555, 2011, € 28,00

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olti oggi imputano alla religione certi tragici passaggi della storia, e in ogni caso le negano qualunque ruolo positivo nelle vicende dell’umanità. Per esempio, affermano che il cristianesimo ha ostacolato il progresso scientifico e offerto giustificazioni alla schiavitù. In realtà, al contrario, la scienza moderna è un prodotto della concezione cristiana del Dio unico, che attribuisce alla ragione un valore essenziale. La Chiesa cattolica ha poi avuto una parte rilevante nella diffusione dell’idea che la schiavitù fosse un abominio agli occhi di Dio e nella soppressione di questa pratica disumana in Occidente. In questo libro provocatorio, lucido e ben ar-

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LIBRI

a cura di Andrea Critelli

gomentato Rodney Stark si prefigge lo scopo di denunciare e smascherare gli errori e i pregiudizi degli storici, e di dimostrare come le idee su Dio abbiano plasmato la storia e la cultura moderna dell’Occidente, costituendo l’indispensabile premessa di molte delle sue più importanti conquiste. Anche fenomeni complessi e contraddittori, come la caccia alle streghe e le eresie, sono in queste pagine oggetto di un’analisi nuova, ricca di stimolanti e inattese considerazioni, in grado di cambiare radicalmente il nostro modo di giudicarli. Come ha scritto Jeffrey Burton Russell, «ciò che comunemente sappiamo su scienza, religione, stregoneria, schiavitù e sette religiose, purtroppo, è falso». Questo libro di Rodney Stark «chiarirà le cose a chiunque abbia una mente abbastanza aperta per trarre degli insegnamenti dalla sua lettura».

ARCHEOSTORIA La stregoneria del deserto di Andrea Romanazzi Venexia p. 144, 2011, € 16,00

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opo molteplici anni di studio e cinque saggi sul Paganesimo, le antiche divinità e le Stregoneria in Italia, lo studio delle vie dei magismi ha portato Andrea Romanazzi al di fuori del “Vecchio Continente”. Ed eccolo già affetto dal Mal d’Africa, temibile malattia che colpisce tutti coloro che passano un certo periodo di tempo in uno dei più affascinanti e, allo stesso tempo, drammatici continenti del nostro Pianeta. Un luogo di contraddizioni, di povertà assoluta ma di estrema ricchezza interiore, pullulante di individui che ancora oggi “vivono”la divinità come difficilmente accade in altri luoghi. Per il viaggiatore l’Africa strega il cuore e l’animo, fa sentire le antiche vibrazioni, i vetusti fremiti del divino oggi persi dalla maggior

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parte di noi, i richiami dell’Antica voce e la forza della Mater che tra le dune e le oasi con forza fa sentire la sua presenza. L’Africa è l’Omphalos primordiale, la terra ove tutto ebbe inizio. E’ infatti qui che abbiamo notizie dei primi uomini, è qui che si nacque la Eva mitocondriale, nome dato dai ricercatori alla donna antenato comune matrilineare di tutti gli esseri umani viventi, vissuta tra 150000 a 250000 anni a.C., probabilmente nell’area Orientale dell’Africa. Una difficoltà per colui che si avvicina allo studio della stregoneria e magia africana è la mancanza di una vera e propria Letteratura. Nei suoi precedenti saggi sulla stregoneria italiana, ha raccontato come abbia avuto la possibilità di intervistare direttamente le magare che ancora dimorano nel Belpaese, ma i suoi studi sono stati anche basati su ricerche bibliografiche, su vecchi saggi etno-antropologici svolti da curiosi studiosi autoctoni che già nell’800 erano attenti alle proprie tradizioni, nonché sui testi e documenti inquisitoriali. In Africa invece esistono in genere solo tradizioni orali o al massimo studi di esploratori stranieri che, come ben possiamo immaginare, possono non aver interpretato bene i rituali descritti o li possono aver studiati con superficialità relegandoli nell’ambito della superstizione. Super Est, sopravvive. Ecco così che la prima parte del saggio è lo studio dei fondamenti delle antiche religioni autoctone, dall’Animismo al totemismo, fino a giungere al cospetto del mitico Signore degli Animali, una sorta di Cernunnos Primordiale. Il culto degli antenati, il concetto di anima, la figura del magus e la differenza dal santone marabutto, il culto lunare e la magia sessuale, le arti divinatorie e molto altro fanno da introduzione alla più accurata visione delle due aree geografiche: quella nord e quella ovest sahariana. Ecco così che troviamo l’antica magia di paesi che vanno dall’Egitto al Marocco, tra amuleti, rituali di possessione e vetuste divinità, per poi spostarsi un po’ più giù, nella terre del Senegal, tra i Dogon, il rituale dell’ ndop ed infine la segrata arte dei Mandinga. Un libro che è un percorso in una nuova e sconvolgente forma di stregoneria.

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LIBRI

a cura di Andrea Critelli

SCIENZA La rivoluzione dell’RNA di Sidney Altman Di Renzo Editore p. 80, 2011, € 12,00

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Rna non ha la sola funzione di “magazzino delle informazioni”, necessario in un primitivo sistema di auto replicazione. Questo polimero possiede proprietà di catalizzatore esso stesso ed una sola molecola è sufficiente per osservare attività catalitica. Con questa scoperta, Sidney Altman ha rivoluzionato la conoscenza dei meccanismi biologici. Una funzione apparentemente antica, che si è conservata lungo l’evoluzione anche quando una proteina, o le proteine, si sono a loro volta evolute per contribuire al lavoro dell’Rna. In questo volume, Altman racconta le avventure della sua scoperta, il fascino della vita di laboratorio e l’energia della vita scientifica nel contatto quotidiano con le grandi menti del suo tempo.

SCIENZA La scienza strana (quirkology). Le grandi verità nelle piccole cose di Richard Wiseman TEA p. 304, 2011, € 9,00

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a oltre venti anni Richard Wiseman studia la quirkology, la psicologia dei fatti quotidiani e banali che in realtà svelano leggi importantissime alla base

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del funzionamento della nostra mente. In nome della scienza, Wiseman non si è fermato davanti a niente: ha osservato di nascosto le persone alla fermata dell’autobus, alla cassa del supermercato e in tante altre situazioni, ha condotto esperimenti insoliti durante concerti e mostre d’arte, ha trascorso notti in case che si diceva fossero infestate dai fantasmi e attraversato la strada insieme a una gallina gigante. In queste pagine scopriremo, tra l’altro, qual è la barzelletta più divertente del mondo, se davvero i fondamentalisti religiosi sono privi di senso dell’umorismo, quanto il cognome influisca sulla vita di un individuo (e il fatto che il cognome dell’autore tradotto significhi “uomo saggio” non è un caso...) e perché i politici incompetenti vincono le elezioni. Come insegna la legge di Murphy, si possono dire cose serissime in modo irresistibilmente divertente e così, in un mix perfetto di humour e rigore scientifico, Quirkology esamina l’affascinante fenomeno della vita da una prospettiva inedita e vi porterà dove nessun altro libro di psicologia è stato in grado di condurvi: nelle regioni dimenticate del comportamento umano.

MISTERO Rivelazioni non autorizzate. Il sentiero occulto del potere a cura di Moreno Neri Bompiani p. 741, 2010, € 18,00

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olti interrogativi riguardo ai grandi capovolgimenti della storia qui trovano inquietanti risposte. I documenti raccolti da svariati ricercatori sono ormai in grado di dimostrare come un supergoverno ombra, diretto dall’alta finanza internazionale, coordina da tempo le azioni e i programmi dei nostri rappresentanti di ogni colore politico per realizzare disegni di dominio assoluto, di globalizzazione. Si tratta di ciò che la massoneria ama eufemisticamente

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LIBRI

a cura di Andrea Critelli

definire “Nuovo Ordine Mondiale”, un piano secolare che contempla la concentrazione di tutte le risorse del pianeta nelle mani di una infima élite di super-banchieri. Solo conoscendo i retroscena e gli obiettivi delle società occulte a cui sono appartenuti e appartengono tutt’ora tutti i maggiori protagonisti della storia possiamo provare a comprendere realmente il passato, il presente, e forse anche il nostro futuro. Un’analisi dettagliata e approfondita del vero ruolo esercitato dalle società segrete nel corso della storia. Un libro esplosivo che fa finalmente luce su eventi epocali, come i conflitti mondiali, il terrorismo internazionale e la nascita delle grandi ideologie. È solo fantapolitica, come amano farci credere le versioni ufficiali?

MISTERO I segreti delle antiche carte geografiche. Simbologie mariane e cartografie per il Nuovo Mondo Claudio Piani e Diego Baratono Albatros Il Filo 2011, € 15,50

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iego Baratono e Claudio Piani ci guidano in un viaggio affascinante che parte da un mappamondo del 1507 per guidarci a ritroso nella Firenze degli ultimi anni del Quattrocento, dove strani indizi portano a credere che il Nuovo Mondo non fosse poi così sconosciuto, per lo meno a un livello “pre-scientifico”... A partire dallo studio di un dipinto del Ghirlandaio e dalla comparazione di diverse carte e globi “anomali” per la loro datazione, Baratono e Piani portano avanti una loro innovativa riflessione sui primi viaggi da e per il nuovo continente, ma togliendo al contempo il velo a un’intrigante e mistica tesi sulle origini – sempre discusse – del nome “Ame-

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rica”. E se non si trattasse di un omaggio a quell’Amerigo Vespucci che, in fondo, non fu il primo a mettere piede sul Nuovo Mondo? E se dietro a quel nome ci fosse una dedica carica di senso religioso, alla figura della Madonna che tanta parte sembra avere in tutta la vicenda? Si apre così uno squarcio su una tesi proposta qui per la prima volta, ma che sembra destinata ad aprire una nuova fase di discussione sul tema.

MISTERO Giorgio Gemisto Pletone. Trattato delle virtù a cura di Moreno Neri Bompiani p. 741, 2010, € 18,00

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iorgio Gemisto Pletone (1355 ca. 1452) fu una delle figure più importanti e prestigiose del crepuscolo di Bisanzio. Consigliere degli ultimi imperatori di Costantinopoli e dei despoti di Morea, creò un circolo esoterico, sul modello dell’antica Accademia di Platone, la cui opera fu di fondamentale importanza per il Rinascimento occidentale. A Firenze l’ultraottuagenario Pletone trovò un ambiente intellettuale dominato dall’aristotelismo, ma che aveva un ardente desiderio di saperne di più su Platone, che si conosceva solo indirettamente (attraverso Cicerone, Macrobio, Apuleio e Agostino) o attraverso traduzioni parziali. L’arrivo di Pletone (che assunse allora questo nome consonante, “quasi un altro Platone”) rispondeva dunque ad un’attesa di vecchia data. Fra i tanti umanisti e mecenati, incontrò a Firenze Cosimo de Medici, che fu da lui ispirato a istituire la celebre Accademia Fiorentina. Convinto che i Turchi avrebbero presto distrutto sia la Chiesa d’Oriente sia quella d’Occidente, Pletone vedeva l’unica speranza per l’Impero bizantino sul punto di disintegrarsi nella sostituzione del cristianesimo con un rivitaliz-

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LIBRI

a cura di Andrea Critelli zato paganesimo, solidamente fondato sulla metafisica platonica. Compose perciò — ma senza osare pubblicarlo — Le Leggi, modellato sull’omonimo dialogo platonico, in cui presentava un concreto programma per il ritorno delle credenze e dei valori morali del passato pre-cristiano. Per introdurre alla vita e all’opera di questo enigmatico personaggio — in attesa di una sempre più auspicata e necessaria summa dei suoi molteplici scritti — si presenta qui il Trattato delle virtù, l’opera di Pletone che ha conosciuto la maggior diffusione. Rivolta a un ampio pubblico, con essa Pletone diffonde le sue teorie morali e politiche. Notevole per la saldezza delle analisi e delle definizioni proposte, il filosofo, innanzitutto, elabora un sistema completo di virtù principali e subordinate, deducendole dai princìpi supremi della morale e dell’antropologia. Al vertice di tutte le virtù è la religione. Si riferisce che Pletone avrebbe asserito che “in breve tutto il mondo avrebbe accolto una sola medesima religione, con un sol animo, una sola mente, una sola predicazione… Maometto e Cristo sarebbero caduti nell’oblio e sarebbe rifulsa in tutto l’universo l’assoluta verità”. Senza di lui né Pico della Mirandola, né Marsilio Ficini sarebbero stati quei protagonisti del pensiero “filosofico” che la storia ci ha consegnati.

ROMANZO Vinland l’ultimo viaggio George MacKay Brown Tranchida p. 380, 2011, € 12,00

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ttorno all’anno Mille, un’epica di esplorazioni, scorrerie vichinghe, faide e giochi di potere fra le Orcadi, la Norvegia, l’Irlanda, la Scozia e l’Islanda (con Leif figlio di Erik il Rosso che scopre Terranova, battezzandola Vinland), filtrata dagli occhi di Ranald di Hamnavoe, protagonista del romanzo, che nella sua lunga vita ha in sorte di mettersi alla prova come marinaio e mercante, soldato e pro-

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prietario terriero.

ROMANZO L’uomo del cardinale Valentino Rocchi Agemina p. 400, 2011, € 19,00

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alentino Rocchi, appassionato di studi storici del xv secolo, già autore di un altro avvincente romanzo storico “1504 - Notte all’Hostaria La Guercia” (Agemina 2ª edizione) non smentisce con questo ultimo libro le sue particolari doti di “maestro della narrativa”, e in modo specifico della narrativa storica. La sua abilità nel costruire ambienti e nel caratterizzare i personaggi, penetrando nel loro animo, sì da renderli vitali e realistici, è già stata accertata, tant’è che chi ha letto un suo romanzo non può fare a meno di richiedere il successivo. Questo è un libro che arricchisce il lettore perché Rocchi non ferma la sua attenzione solo ai fatti storici e all’intreccio o plot della narrazione, ma amalgama così bene realtà, fantasia, ambiente e caratteristiche dei personaggi da creare un mondo vivente. Ecco alcuni passi tratti dalla prefazione di Renzo Montagnoli: ...Per assolvere agli incarichi di volta in volta assunti, Antonio Bagno è sempre in movimento, in un lungo viaggio che lo porta dalle Marche al Regno di Napoli, dalla città di Roma, corrotta, fonte di ogni peccato, alla Firenze bacchettona del Savonarola, dall’allegra corte estense alla pacifica signoria di Urbino. ...L’epoca, l’ambientazione, i personaggi veri e inventati sono descritti in modo ammirevole e, considerato che ci sono notizie perfino sul modo di vestire o di spostarsi sulle principali strade da percorrere, il libro è una fonte quasi inesauribile di conoscenza, ma ciò che balza subito evidente è l’effetto immediato che hanno le parole sul lettore... ...di una cosa saremo certi e orgogliosi: l’aver letto un libro di grande bellezza.

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Archeologia e infrastrutture

Il tracciato fondamentale della Linea C della metropolitana di Roma: prime indagini archeologiche a cura di Roberto Egidi, Fedora Filippi e Sonia Martone

DISPONIBILE IN LIBRERIA

Il primo rendiconto delle indagini archeologiche

preventive svoltesi dal 2006 al 2009 lungo il tracciato della nuova Linea C della metropolitana di Roma con scoperte imprevedibili e talora anche di grande portata per l’urbanistica della città antica, soprattutto nel Campo Marzio, a piazza Venezia e a ridosso del Foro di Traiano.


SITI WEB tempo di lettura 4 minuti

a cura di Andrea Critelli

Una selezione di blog, siti e portali ARCHEOSTORIA Gruppi Archeologici d’Italia www.gruppiarcheologici.org

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Gruppi Archeologici (G.A.) d’Italia sono un’associazione di volontariato che, attraverso i suoi gruppi presenti in tutto il Paese, si occupa della tutela, della valorizzazione e della salvaguardia del patrimonio storico, archeologico e più in generale culturale del nostro Paese, collaborando con le Istituzioni preposte. I G.A. d’Italia sono un’associazione culturale, iscritta dal 1996 al Registro Regionale del Volontariato della Regione Lazio. I soci impegnati nelle diverse attività gestite ed organizzate dai G.A. d’Italia non vogliono in nessun modo sostituirsi alle competenti autorità: i G.A. d’Italia ritengono però che solo la collaborazione tra le istituzioni e tutte le persone interessa-

te alla valorizzazione del nostro patrimonio culturale possa colmare le inevitabili carenze che un approccio di tipo esclusivamente burocratico ed accademico può causare. L’attività dei G.A. è finalizzata alla valorizzazione delle aree indagate, così da renderle fruibili dall’intera collettività.

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ARCHEOSTORIA The Virtual Museum of Iraq www.virtualmuseumiraq.cnr.it

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l progetto “Museo Virtuale dell’Iraq” nasce da un protocollo di intesa stipulato nel dicembre 2005 tra il Ministero degli Affari Esteri e il Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il piano di lavoro costituisce una tra le più importanti iniziative di carattere culturale e diplomatico volte alla valorizzazione del patrimonio storico-archeologico di quel Paese. Il Museo Virtuale non si sovrappone a quel-

lo reale, ma si presenta come una selezione delle opere più significative del territorio iracheno e della sua civiltà, comprensiva anche dei manufatti custoditi nei musei di tutto il mondo. Il visitatore ha così uno strumento in più per apprezzare i reperti millenari e comprendere le fasi storiche delle civiltà sorte tra il Tigri e l’Eufrate. La ricostruzione 3D offre un approccio e un apprendimento interattivo, sonoro, visivo alle opere. Otto le sale da ammirare, ciascuna corrisponde ad una fase storica: preistoria, periodo sumerico, accadico, neosumerico, assiro, babilonese, achemenide e seleucide.

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SITI WEB

a cura di Andrea Critelli

SCIENZA Gravità Zero Blog www.gravita-zero.org

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ravità Zero è un blog di divulgazione scientifica che cerca di spiegare la scienza in maniera chiara, semplice e divertente. Il sito è strutturato come un corporate blog: un vero e proprio kit di sopravvivenza, un valido strumento che cerca di eliminare quella distanza tra chi fa ricerca e il grande pubblico. Articoli di approfondimento sulle questioni scientifiche più attuali, si alterneranno a news di carattere generale e ad articoli di giochi ricreativi e divertenti. Un blog che solletica l’emisfero sinistro del cervello, senza dimenticarsi di stimolare la parte creativa propria della parte destra. Si rivolge ai ricercatori, agli insegnanti, ai giornalisti e a coloro che svolgono la professione di comunicatore scientifico, che troveranno qui spun-

argomenti che vanno dalla psicologia all’esoterismo. Si pone al lettore come un portale multimediale che, in una collaborazione aperta a tutti, cerca di sondare i grandi enigmi del mondo che ci circonda, con l’ausilio di

articoli, documentari, forum di discussione ed una web-magazine. Terra Incognita: quando il mito diviene archeologia, la ricerca si trasforma in avventura.

MISTERO Nonsiamosoli.com www.nonsiamosoli.com

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copo principale del sito è la divulgazione di materiale (foto, immagini, ricerche, video...) riguardante l’Ufologia in modo da far comprendere che la presenza è reale e sempre più radicata sul nostro ti e metodi per “comunicare al meglio le loro ricerche”. Ma anche a giovani e appassionati che troveranno un modo particolare di approfondire la conoscenza del mondo fisico che li circonda sotto un’ottica del tutto innovativa e stimolante.

MISTERO Terra Incognita

www.terraincognitaweb.com

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erra Incognita è un sito web nato nel gennaio del 2007 e dedicato principalmente alla storia e all’archeologia. Ma affronta anche una vasta serie di

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pianeta. L’approccio alle varie tematiche inerenti gli UFO è stato tratto, quanto più possibile, scientifico, quindi avvalorato da articoli, ricerche e dossier di studiosi, ricercatori e appassionati della materia. Il portale collabora con diversi siti e gruppi di ricerca.

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MOSTRE & EVENTI tempo di lettura 8 minuti

a cura di Andrea Critelli

Le rassegne da non perdere ARCHEOSTORIA 1 Marzo 2011 - 15 Gennaio 2012

Ötzi

20 anni di scienza, mass-media e curiosità intorno a Ötzi Museo Archeologico dell’Alto Adige Via Museo, 43 - Bolzano

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al 1° marzo 2011 al 15 gennaio 2012, il Museo Archeologico di Bolzano sarà dedicato interamente all’Uomo venuto dal ghiaccio, ospitando la mostra temporanea Ötzi20 Nei 20 anni trascorsi dalla sua scoperta, la mummia dell’età del Rame e il suo equipaggiamento sono stati oggetto di decine di studi e analisi. Ma non solo. Ötzi ha ispirato anche innumerevoli articoli e pubblicazioni, suscitato l’interesse di artisti e appassionati di esoterismo, accompagnato bambini e adolescenti alla scoperta della vita nella preistoria. Reperto archeologico oggi famoso in tutto il mondo, Ötzi rappresenta non da ultimo un importante fattore per l’economia locale. Intorno a lui e alle impressioni suscitate in chi lo ha studiato o anche solo visitato al Museo ruoterà la mostra Ötzi20 in programma nel 2011. Per l’occasione, lo spazio museale sarà trasformato integralmente. Su una superficie di 1200 mq verranno presentati i risultati delle più recenti ricerche, le ipotesi spesso stravaganti avanzate dai mass media sulle vicende della mummia, ma anche gadget, curiosità e altri aspetti finora inediti relativi a questo sensazionale reperto. Attrazione principale della mostra proposta dal Museo Archeologico dell’Alto Adige è la nuova ricostruzione a grandezza naturale

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dell’Uomo venuto dal ghiaccio, basata su un modello anatomico tridimensionale del cranio, su dati tomografici e sui più recenti metodi ricostruttivi della medicina forense. L’opera è stata realizzata dai due artisti olandesi Alfons e Adrie Kennis, già noti per avere dato un volto all’Uomo di Neandertal. Tel. 0471/320100 Fax. 0471/320122 www.oetzi20.it museo@iceman.it

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MOSTRE & EVENTI ARCHEOSTORIA

a cura di Andrea Critelli alla pensosa severità degli sguardi, sia quando entrano in affabile rapporto con chi le osserva. Tel. 0541.783100 www.meetingrimini.org madonne.abruzzo@meetingrimini.org

ARCHEOSTORIA 21 Agosto – 1 Novembre 2011

La sapienza risplende

Madonne d’Abruzzo tra Medioevo e Rinascimento Musei Comunali Via Luigi Tonini, 1 - Rimini

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lcune di queste opere non furono indenni dai terribili effetti del terremoto del 2009. Il loro restauro è la prova di come le Soprintendenze d’Abruzzo si siano date da fare per restituire all’antico splendore e alla fruizione del pubblico, un patrimonio d’arte straordinariamente importante e amato, benché ancora troppo poco conosciuto, testimone di una sintesi di influssi di varia origine culturale e di una devozione profondissima, che si manifesta tuttora nelle processioni e nella presenza, in Abruzzo, di una fitta serie di santuari. La mostra di Rimini comprende una ventina di esemplari di notevoli dimensioni, fra i quali non mancano alcune Maestà più grandi del naturale, che nell’imponenza della rappresentazione e nella smagliante veste cromatica esercitano su qualunque osservatore un indubbio fascino, ed è caratterizzata dal forte accento sul quale si fonda il titolo. Rispetto alle due edizioni precedente, del Castello di Celano e del Buonconsiglio, questa mette insieme esemplari medievali e rinascimentali, in una continuità sancita innanzitutto dal tema mariano e poi dalla connotazione geografica, che, sul piano stilistico, si riveste di una peculiare intensità; le Madonne con Gesù bambino ostentano infatti una intensa vivacità di affetti, sia quando sono atteggiate

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30 Luglio - 30 Settembre 2011

Roma Segreta dalla A alla Z Roma

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ino alla fine di settembre si svolgerà la seconda edizione di ROMA SEGRETA DALLA A ALLA Z con un calendario di attività culturali e visite didattiche (QUI il programma), che proseguiranno per tutta l’estate, nelle seguenti 16 aree archeologiche di pertinenza della Sovraintendenza comunale:Acquedotto Vergine, Auditorium di Mecenate, Casa Protostorica di Fidene, Cisterna delle Sette Sale, Colombario di Pomponio Hylas, Insula Romana sotto Palazzo Specchi, Ipogeo di Via Livenza, Ludus Magnus, Mausoleo di Lucilio Peto, Mausoleo di Monte del Grano, Mitreo dell’Ara Massima di Ercole, Monte Testaccio, Porta Asinaria, Sepolcri Repubblicani, Trofei di Mario e Porta Magica, e Villa di Plinio. ROMA SEGRETA DALLA A ALLA Z è promossa da Roma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovraintendenza ai Beni Culturali in collaborazione con Zètema Progetto Cultura. Tel. 06/0608 (9 – 21) www.060608.it

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MOSTRE & EVENTI

a cura di Andrea Critelli

ARCHEOSTORIA 1 Aprile - 18 Settembre 2011

Nerone

Area Archeologica Centrale Colosseo, Foro romano, Palatino Roma

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opo il successo della mostra su Vespasiano ‘Divus Vespasianus’, la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, in collaborazione con Electa, ha in programma per il 2011 l’esposizione sulla figura di un altro imperatore, Nerone. La mostra, curata per questa Soprintendenza da Maria Antonietta Tomei e Rossella Rea, vede la partecipazione nel comitato scientifico di Heinz-Jürgen Beste, Fedora Filippi, Andrea Giardina, Henner von Hesberg, Anna Maria Moretti, Clementina Panella, Marisa Ranieri Panetta, Alessandro Viscogliosi, i quali hanno collaborato alla redazione del progetto espositivo. La mostra si terrà dal 1 aprile al 18 settembre 2011 nell’area espositiva al II ordine del Colosseo, nella Curia Iulia e nel Tempio di Romolo al Foro romano, nel Criptoportico neroniano sul Palatino e comprenderà un percorso di visita nei luoghi neroniani dell’area archeologica centrale di Roma. Con questa mostra sull’ultimo imperatore giulio-claudio, si intende rivisitare la figura di Nerone, fortemente penalizzata ai suoi tempi dalla propaganda dell’aristocrazia, e valorizzare le novità riguardanti due aspetti del regno: l’incendio, che distrusse buona parte della città nel 64 d.C., e la conseguente politica di ricostruzione avviata dall’imperatore a Roma dal 64 al 68 d.C. L’esposizione si svolgerà nell’area archeologica centrale di Roma, in più spazi antichi, creando così un rapporto diretto con i luoghi in cui lo stesso Nerone visse e intervenne sia prima sia dopo l’incendio. Lo scopo è offrire una nuova lettura dell’ambiziosa attività edilizia dell’imperatore, illustrata anche dalle recenti scoperte condotte negli edifici neroniani nell’area del Palatino e dalla presentazione al grande pub-

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blico degli importanti scavi della valle del Colosseo che hanno permesso di ricostruire nel dettaglio l’incendio. La mostra sarà accompagnata da un esame più ampio della figura di Nerone, attraverso i suoi rapporti familiari, la propaganda del tempo e la fortuna che ha reso così “famigerato” il nome dell’imperatore fino a oggi. Sono quindi previste una sezione sull’immagine antica e moderna di Nerone, una sezione sui ritratti dei suoi familiari e in particolare di Claudio, della madre Agrippina e delle mogli dell’imperatore, un’altra sulla propaganda neroniana, che vide l’assimilazione dell’imperatore al Sole e la sua celebrazione come auriga e come vincitore dei Parti. Sarà il Colosseo a ospitare la ricostruzione dell’incendio, che è fondata sui materiali rinvenuti negli scavi recenti. Essi hanno permesso di riconoscere la situazione della valle del Colosseo il giorno prima dell’incendio, il giorno stesso della catastrofe (il 18 luglio del 64 d.C.) e poi l’inizio della ricostruzione dell’area. In questa sezione saranno esaminati anche i grandiosi programmi edilizi dell’imperatore e la decorazione architettonica del suo tempo, con un inedito tour virtuale della Domus Aurea. Tel. 06/39967700 www.electaweb.it/mostre

ARCHEOSTORIA 28-30 Settembre 2011

I Workshop Internazionale di Numismatica Numismatica e Archeologia. Monete, stratigrafie e contesti. Dati a confronto

Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Dipartimento di Scienze dell’Antichità Piazzale Aldo Moro, 5 - Roma

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l I Workshop Internazionale di Numismatica (WIN) dal titolo ‘Numismatica e Archeologia. Monete, stratigrafie e contesti. Dati a confronto’ si terrà a Roma, dal 28 al 30 settembre 2011, presso il Museo dell’Arte Classica del Dipartimento di Scienze dell’Anti-

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MOSTRE & EVENTI

a cura di Andrea Critelli

chità della ‘Sapienza’-Università di Roma. Il Workshop è promosso dal Dipartimento di Scienze dell’Antichità della ‘Sapienza’ con l’Istituto Italiano di Numismatica (Roma), il Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale dell’Università degli Studi di Salerno, il Dipartimento di Scienze dei Beni Culturali dell’Università degli Studi della Tuscia (Viterbo), e i Dipartimenti Coins and Medals e Prehistory and Europe del British Museum di Londra. L’iniziativa, sostenuta dalla ‘Sapienza’ con i fondi per ‘Congressi e Convegni’ e resa possibile grazie al contributo della FONDAZIONE ROMA ARTE - MUSEI, si svolgerà sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con i patrocinii del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC)-Portale Numismatico dello Stato, della Regione Lazio e della Provincia di Roma. La partecipazione ai lavori del I WIN è gratuita ma è necessario registrarsi compilando i seguenti moduli: Registrazione - Liberatoria

da oltre vent’anni prima dell’Unità si riuniscono come Scienziati Italiani a Pisa, Torino, Firenze, Milano, Napoli, Genova, Venezia e in tante altre città italiane. Da allora la scienza e l’inventiva italiana si sono espresse nelle eccellenze di singoli, imprese e istituzioni, contribuendo in maniera fondamentale allo sviluppo del sapere. Dopo aver volto lo sguardo al passato, vogliamo andare oltre l’orizzonte temporale delle Celebrazioni per riconoscere ai protagonisti della ricerca scientifica italiana contemporanea il merito di lavorare alla trasformazione positiva del nostro Paese, offrendoci le risposte di cui abbiamo bisogno per affrontare il futuro.

Tel. 06/49913294 Fax: 06/4453270 Cell. 347/1477 010 w3.uniroma1.it/winsapienza giacomo.pardini@uniroma1.it numismatica@uniroma1.it

SCIENZA 21 Ottobre - 2 Novembre 2011

Festival della Scienza 2011 150 e oltre

Associazione Festival della Scienza Corso Perrone 24, 16152 Genova

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l tema del Festival della Scienza 2011 è 150 e oltre, una scelta che rende esplicito il legame fra le Celebrazioni per l’Unità d’Italia e le conquiste scientifiche del passato, nell’ottica dell’innovazione e della crescita verso il futuro. La coscienza di un Paese unito è già ben presente prima del 17 marzo 1861; lo è in particolare negli uomini di scienza, che a partire

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Cliccando qui è possibile consultare un’anteprima dei più significativi tra gli oltre trecento eventi che durante il Festival animeranno la città di Genova e attraverso i quali sarà possibile compiere un vero e proprio viaggio nel tempo: uno sguardo al passato per interrogarsi sul nostro futuro prossimo. Il Festival della Scienza aderisce all’Anno internazionale della Chimica, all’Anno Internazionale delle Foreste e all’Anno Internazionale delle Persone con origini africane e festeggia il Centenario del modello di atomo proposto da Ernst Rutherford, nonché, il Centenario del raggiungimento del Polo Sud da parte di Amundsen e Scott. Tel. 010/2345690 (pubblico) Tel. 010/2345680 (scuole e gruppi) www.festivalscienza.it info@festivalscienza.it

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di Enrico Baccarini Nuove analisi ne confermano l’origine aliena

Starchild

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Starchild

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a molti anni l’opinione pubblica si trova divisa davanti a quella che potrebbe essere la scoperta più sensazionale della nostra storia, l’esistenza di un teschio alieno di ben 900 anni fa.

Una breve sinossi Conosciuto con nome di Starchild, il bambino delle stelle, la sua scoperta avvenne nel 1930 quando una adolescente di circa 13-15 anni lo scoprì in una miniera abbandonata 160 km a sud-ovest nei pressi di Chihuahua, Messico. Il teschio fu rinvenuto sepolto accanto a uno scheletro umano appartenente ad una donna amerinda di circa 20-30 anni, disposta supina, e inumata dentro un tunnel. Fin dal suo primo rinvenimento si notò che metà del teschio risultava deforme con cavità oculari anormali. Dai primi esami di laboratorio si appurò che la testa era databile attorno al X secolo d.C., risultava in proporzione rispetto al corpo, aveva mani molto grandi e palmate mentre i piedi erano quasi invisibili come la bocca. Negli anni il teschio passò a Ray e Melanie Young, di El Paso (Texas), che infine lo affidarono allo scienziato e scrittore Lloyd Pye. L’autenticità del teschio è stata verificata attraverso numerose analisi tra cui i raggi x, la Tac, il microscopio atomico a scansione, il Carbonio 14, etc. analisi che hanno sancito inde-

Enrico Baccarini rogabilmente che il reperto non può essere stato creato in nessun modo artificialmente o modificato in un periodo successivo alla scoperta. Ulteriori test condotti su DNA rinvenuto nello Starchild hanno potuto dimostrare che almeno la madre risultava umana. Ad una sua analisi le caratteristiche del teschio sono impressionanti. Il volume della cavità cranica risulta superiore di 200 centimetri cubici a quello di un umano adulto. L’area parietale sporge da entrambi i lati delle orbite senza alcuna traccia di tempie normali. Le cavità oculari risultano troppo poco profonde rispetto alla norma mentre le orbite sono ovali e completamente cave. L’analisi anatomo-patologica ha mostrato come i canali del nervo ottico siano deviati verso il basso e nella parte interna in modo da rendere molto inverosimile la mobilità del normale bulbo oculare. L’attaccatura del collo risulta invece in una posizione anomala mentre i seni parassali frontali sono assenti e la superficie dalle arcate sopraccigliari si mostra regolare fino all’inizio del setto nasale. Tali anomalie hanno fatto subito pensare che ci si potesse trovare davanti ai resti deformi di un bambino morto in tenera età. Si parlò di sindrome Crouzon ma ulteriori verifiche esclusero tassativamente questa possibilità. Il cranio Starchild appartenne ad una creatura sana, nata e vissuta quasi mille anni fa.

PANORAMICHE DEL TESCHIO STARCHILD

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Starchild

Le analisi del 2010 Lo scorso anno Pye ha sottoposto a nuove analisi il teschio della creatura focalizzando la sua attenzione sul DNA mitocondriale e nucleare, là dove i risultati avrebbero potuto fornire una risposta definitiva alla domanda sull’origine di questo essere. Ma sul cranio era già stata eseguita un’analisi del Dna al Bold di Vancouver nel 1999. Tale esame aveva mostrato la presenza di cromosomi X e Y, confermando quindi che “Starchild” era un bambino di sesso maschile. Un successivo esame del Dna mitocondriale eseguito nel 2003 ai laboratori della Trace Genetics ha indicato che il cranio di “Starchild” e quello trovato insieme ad esso appartenevano a diversi aplogruppi amerindi e quindi la donna, il cui cranio era vicino a quello di “Star-

Enrico Baccarini child”, non poteva esserne la madre. Quanto emerso dalle analisi del 2010 e del 2011 ha strabiliato invece il mondo della scienza, dell’archeologia e dell’ufologia, confermando definitivamente che lo Starchild era un ibrido con padre alieno e madre terrestre. Per quanto questa notizia sensazionale abbia avuto una vasta eco internazionale, non ha ricevuto la giusta risonanza che si sarebbe meritata… Quest’anno estratte ed analizzate nuovamente le sequenze genomiche si è proceduto a confrontare i risultati con le informazioni contenute nella banca dati del National Institute of Health, un archivio centralizzato contenente tutte le informazioni genetiche sequenziate dai genetisti di tutto il mondo e che, in una sterminata banca dati, contiene i Dna di tutti gli organismi viventi sulla Terra

SOPRA: ALCUNE SEQUENZE DEL DNA RECUPERATO DAL TESCHIO STARCHILD. SOTTO: GRAFICO DELLE ULTIME ANALISI IN CUI SONO EVIDENZIATE LE ‘ANOMALIE’ E LE DIFFERENZE TRA IL DNA UMANO E QUELLO DELLA CREATURA.

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Starchild

Enrico Baccarini

partendo dai vari virus, batteri, fino a giungere agli esseri umani. Attraverso un confronto con i dati ottenuti dal sequenziamento genomico è stato osservato, ad esempio, che le 265 coppie basi di Dna nucleare dello Starchild si abbinano perfettamente con il gene umano del cromosoma 1, la madre”. La stessa cosa non è avvenuta però nel confronto con il Dna paterno, Pye afferma “non esiste nessuna rilevante somiglianza in una delle 342 stringhe base che fungono da riferimento”. Il punto fondamentale è poi che il Dna dello Starchild presenta innumerevoli differenze rispetto al Dna umano. Il numero massimo di differenze fra i vari Dna materni umani non può superare le 120 unità, mentre nello Starchild si riscontrano differenze per tra le 800 e le 1000 unità. Questo ha indotto i genetisti ad affermare che il Dna materno dello Starchild non può assolutamente avere origini umane e sia quindi da ritenersi alieno1. 1) Si veda The Canadian National Newspaper: DNA proof: The Starchild Skull is alien say scientist e il report 2011 Starchild Skull Preliminary DNA Report.

Enrico Baccarini Giornalista, pubblicista e scrittore, ha compiuto studi universitari di indirizzo psicologico e antropologico. E’ stato membro fondatore del Comitato Interdisciplinare per le Ricerce Protostoriche e Tradizionali (CIRPET) e co-fondatore della rivista associata Archeomisteri, I Quaderni di Atlantide. Dal 1989 al 2009 è stato membro del Centro Ufologico Nazionale (CUN) con incarichi direttivi. Ha collaborato con Notiziaio UFO per l’Edito-

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Questo risultato è unico nel suo genere in quanto non è possibile recuperavi nessuna coppia di tratti genetici di base perchè non esiste copia o riferimento conosciuto. Ciò significa che fino ad ora mai è stato trovato un corollario terreno per questa corrispondenza genomica. Una situazione ritenuta impossibile a meno di non premettere che il Dna paterno non fosse originario di questo pianeta! Dopo oltre 11 anni di ricerche, Ray e Melanie Young, gli attuali proprietari del reperto, sono riusciti finalmente ad ottenere una risposta alle loro domande provando definitivamente la realtà di antichi contatti tra umani ed alieni. Il sito ufficiale del Progetto Starchild (http://www.starchildproject.com/) offre ai suoi lettori le incredibili documentazioni e i referti di queste analisi. Non dovremo aspettare molto tempo, speriamo, prima che la comunità internazionale si accorga ‘veramente’ di questo cranio e della sua incredibile origine!

riale Olimpia di Firenze, con Ufo Notiziario per la Acacia Edizioni, Archeomisteri, Gli speciali dei misteri, HERA e i Misteri di HERA, SECRETA, nonché in diverse altre testate di settore.

La Toscana dei misteri Zona, 2010 vai scheda libro >> Settembre 2011 | n.1


NEWS tempo di lettura 38 minuti

a cura di Enrico Baccarini

Archeostoria Volevano trasformare Hitler in donna!

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l Daily Mail dà notizia oggi di un progetto dei Servizi Segreti inglesi per accorciare la Seconda Guerra Mondiale attraverso la trasformazione del dittatore tedesco Adolf Hitler in donna. Il complotto, mai messo in atto purtroppo, prevedeva la clandestina somministrazione al Führer di massicce dosi dell’ormone femminile estrogeno. Essendo insapore e ad effetto lentamente cumulativo, si pensava che il trattamento ormonico avrebbe potuto superare il controllo degli assaggiatori incaricati di proteggere il capo nazista dai tentativi di avvelenamento e renderlo “più docile”, ottenendo un comportamento come quello la sorella minore Paula, che di mestiere faceva la segretaria. Daily Mail 15 agosto 2011

La regina Hatshepsut fu uccisa da un unguento per la pelle?

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ura mortale? Uno scienziato di Bonn ha fatto luce sull’oscuro segreto del flacone della Regina Hatshepsut. Il corpus delicti è un flaconcino del corredo funerario del Faraone Hatshepsut, la regina che visse intorno al 1450 a.C., oggi esposto nella collezione permanente del Museo Egizio dell’Università di Bonn. Per tre millenni e mezzo, il recipiente può aver conservato un segreto mortale. Il capo della collezione, Michael Höveler-Müller e il Dr. Helmut Wiedenfeld dell’Istituto di Farmacologia dell’Univer-

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sità, hanno compiuto la scoperta dopo due anni di ricerche: non si tratta d’un contenitore di profumo, ma d’una lozione per la cura della pelle, perché la regina soffriva di eczema. Inoltre, I farmacologi vi hanno trovato una sostanza altamente cancerogena. Forse Hatshepsut fu uccisa dalla sua stessa medicina? Quando Michael Höveler-Müller divenne il curatore del Museo Egizio dell’Università di Bonn nel 2009, gli capitò di esaminare l’interno del flacone che, secondo l’iscrizione, era appartenuto alla Regina Hatshepsut. Il collo era chiuso da quella che veniva ritenuta “sporcizia”, ma Höveler-Müller sospettava che si trattasse del tappo originale di argilla. Così una parte del contenuto originale poteva ancora essere conservata. Il Dr. Helmut Wiedenfeld dell’Istituto di Farmacia partecipò alla ricerca, per andare in fondo alla questione. Alla Clinica radiologica dell’Università il flacone fu sottoposto ad una scansione CAT, che confermò il sospetto degli egittologi. Non solo la chiusura era intatta, ma il flacone conteneva il residua d’un liquido disseccato. Nell’estate del 2009, il Professor Dr. Friedrich Bootz del Policlinico dell’Università di Bonn ne prelevò dei campioni, con un endoscopio. Troppo unto per essere un profumo Ciò premise al gruppo del Dr. Wiedenfeld di analizzare gli ingredienti di quella sostanza. Fu evidente che non si trattava d’un profumo. La mistura conteneva forti quantità d’olio di palma e d’olio di noce moscata. “Non posso pensare che qualcuna si spalmasse un tale grasso sul viso, “ afferma il Dr. Wiedenfeld. “le avrebbe dato l’aspetto d’una costata unta.” Altri due componenti individuati dal farmacologo fecero intuire a che cosa servisse la mistura, “Abbiamo trovato diversi grassi acidi insaturi, usati solitamente per curare le

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NEWS malattie cutanee.” L’egittologo riuscì a scoprire un altro elemento del rompicapo, “perché era nota l’esistenza di casi di malattie cutanee nella famiglia di Hatshepsut.” Malattie infiammatorie della pelle, come la psoriasi, hanno una forte componente genetica. Anche il terzo gruppo di componenti rese evidente che l’unguento non doveva servire a fornire un buon profumo. Ma, piuttosto, a combattere un grave prurito. Il farmacologo infatti trovò idrocarburi derivati dal creosoto

a cura di Enrico Baccarini pyrene, un idrocarburo pericoloso. Il Benzo(a) pyrene è una delle sostanze cancerogene più pericolose che si conoscano, “ spiega il Dr. Wiedenfeld. Per esempio, il rischio di contrarre il cancro polmonare dal fumo di sigaretta deriva essenzialmente da tale sostanza. Fu questa la sostanza che provocò la morte della Regina? Può darsi che Hatshepsut si sia avvelenata da sola, senza saperlo? “Diversi elementi giocano a favour di quest’ipotesi, “ dice il Dr. Wiedenfeld. “Se pensate che la Regina soffriva di una malattia cronica cutanea e che aveva trovato un efficace rimedio, può essersi esposta negli anni a un grave rischio.” Anche l’egittologo pensa che ciò sia stato probabile. “Sappiamo da tempo che Hatshepsut aveva il cancro e che forse morì a causa di esso, “ dice Michael Höveler-Müller. “Ora forse ne abbiamo scoperto la vera causa.” A questo punto, gli scienziati di Bonn possono solo sospettare come abbia fatto Hatshepsut a procurarsi la lozione. “I medici egizi erano in generale dei pratici e buoni chirurghi, ma scarsamente abili internisti, “ spiega il Dr. Wiedenfeld, “è possibile che le loro conoscenze di certi medicamenti derivassero dai contatti con la Persia e l’India, dove le arti mediche erano molto progredite sin dall’Antichità.” Michael Höveler-Müller Università di Bonn Liutprand 19 agosto 2011

e dall’asfalto. Ancor oggi creme contenenti creosoto si usano per trattare le malattie croniche della pelle. A causa del potenziale effetto cancerogeno di tali ingredienti, però, il creosoto è stato totalmente eliminato dai cosmetici e i medicamenti che lo contengono devono essere somministrati previa prescrizione medica. In particolare, i farmacologi avevano trovato nel flaconcino di Hatshepsut, benzo(a)

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Scoperta una rete di tunnel sotterranei dell’età della pietra, dalla Scozia alla Turchia

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a scoperta potrebbe rivoluzionare il campo dell’archeologia e portare ad una revisione della storiografia antica, così come potrebbe scontrarsi contro la cittadella accademica o sgonfiarsi alla prova dei fatti. Non abbiamo infatti ancora dati sufficienti per inquadrare la notizia diffusa dall’arche-

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a cura di Enrico Baccarini ologo tedesco Heinrich Kusch che ha dato alle stampe il suo libro Secrets Of The Underground Door To An Ancient World. Dopo la scoperta nel 1994 di Gobleki Tepe risalente a 12 mila anni fa e destinata a riscrivere la storia del Neolitico, ora emerge un’altra costruzione megalitica, altrettanto misteriosa: una rete di un migliaio di tunnel sotterranei che avrebbe collegato la Scozia alla Turchia – dove, guarda caso, si trovano proprio gli scavi di Gobleki Tepe, al confine dell’Iraq… Dopo la scoperta in varie parti d’Europa, tra cui Austria e Germania, di tratti di tunnel, scavati nella roccia, presumibilmente risalenti al Neolitico, Kusch avrebbe dedotto che intorno al 10000 a. C. una popolazione sconosciuta avrebbe costruito i tunnel, o perlomeno avrebbe dato vita al progetto di un mega tunnel sotterraneo che avrebbe unito l’Europa alla Turchia. Il Dr. Kush ha infatti dichiarato al German Herald che in Baviera sarebbero stati rivenuti ben 700 metri di questa rete sotterranea, mentre in Austria 350 metri, ma in tutto si tratterebbe di un migliaio di tratti di galleria. Se non possiamo ancora accertare l’esistenza di un unico tunnel sotterraneo scavato nella roccia e al di sotto del livello del mare, è innegabile l’esistenza di diversi tratti di gallerie risalenti, secondo gli studiosi, al Neolitico. Ora, viene da domandarsi il perché di queste immani costruzioni, gli strumenti utilizzati per

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NEWS scavare gallerie sotterranee e il tempo impiegato. In merito al primo interrogativo gli studiosi sembrano orientati a spiegare l’architettura neolitica come una forma di rifugio della popolazione dai “predatori” in superficie: uno stratagemma simile non trova però riscontro in studi o scoperte precedenti. In secondo luogo, quanto tempo potevano passare rifugiati sottoterra i nostri avi senza canaline o condutture d’aria? I passaggi sotterranei misurano all’incirca 70 cm, ma in alcuni punti si allargherebbero lasciando spazio a delle vere e proprie “camere” dall’utilizzo sconosciuto, che farebbero però pensare alla Camera del Re e alla Camera della Regina della Piramide di Cheope. Un inutile esercizio di sincretismo archeologico? Forse, ma anche nel caso della Grande piramide ci troviamo di fronte a dei veri e propri enigmi, come la mancanza di cartigli o iscrizioni, la presenza dello Zed, e la difficoltà di accesso alla Camera della Regina. La rete sotterranea poteva avere anche una funzione “iniziatica” come probabilmente aveva la Grande Piramide, o serviva soltanto come passaggio da un luogo all’altro del pianeta? E in questo caso, che importanza dovremmo dare alle leggende che narrano di costruzioni sotterranee e di popoli che abitavano nelle viscere della Terra? Gli uomini del Neolitico potrebbero aver

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NEWS “imitato” delle creature che vedevano entrare e uscire della grotte o da nascoste entrate al mondo infero? In attesa di una conferma da parte dei geologi, la data di costruzione della rete sotterranea sembra coincidere con quella del sito di Gobleki Tepe. Ciò farebbe almeno supporre che possa essere esistita una popolazione anti diluviana più evoluta del classico “uomo del Neolitico”, come abbiamo imparato a conoscerlo dalle conclusioni dell’archeologia accademica. Senza con questo dover necessariamente rispolverare il mito di Atlantide, Lemuria o Mu, non è così inverosimile teorizzare che siano esistite popolazioni scomparse con il Diluvio (riportato dai miti e dalle religioni classiche e accertato dalla geologia) autrici di quelle vere e proprie “anomalie” del sistema storiografico che stentano a farsi ricomprendere sotto la categoria di civiltà “primitive”. Non è certo perché avevano a disposizione “molto tempo libero”, come alcuni archeologi hanno ipotizzato, che culture classificate come “primitive” avrebbero potuto dare vita a una rete sotterranea di tunnel o ai megaliti di Gobleki Tepe, dotati soltanto di selci e molta pazienza. Il tentativo di banalizzare le scoperte contemporanee perché la loro portata storico-simbolica sfugge ancora ai nostri cervelli positivisti, è ridicolo. Ed è un insulto a quelle popolazione che hanno impiegato decine o centinaia di anni per dare vita a complesse costruzione, il cui fine ancora ci sfugge per nostra limitatezza, non a causa loro… Se negli ultimi trent’anni stanno emergendo dei reperti – e in questo senso vanno ricomprese anche le ossa di scheletri di Giganti rivenute in tutto il mondo – che sfidano il sapere comune e che non sono per questo “catalogabili” negli schemi che ci siamo fissati finora, forse, sono quelli stessi schemi – per quanto difficile e doloroso possa essere – che dovrebbero essere riveduti. Dal punto di vista storico, antropologico, filologico questi reperti non possono essere stipati a forza in categorie che non li possono contenere. Questa è una violenza che uno storico per quanto convinto delle proprie “credenze” e di quanto appreso fino ad ora, dovrebbe rendersi umilmente conto. In secondo luogo ci si dovrebbe chiedere

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a cura di Enrico Baccarini quali strumenti siano stati utilizzati ben dodicimila anni fa per scavare questa rete sotterranea e se, come sostiene l’archeologo tedesco, in seguito sorsero in prossimità delle entrate alle gallerie luoghi di culto e Chiese. L’esistenza di queste gallerie era forse conosciuta anche in un recente passato? E se così fosse, perché questo segreto è rimasto letteralmente “sepolto” fino ad oggi? Enrica Perucchietti Il Democratico del 5 agosto 2011

Scoperta la camera sigillata della tomba della regina di Tarquinia

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ei prossimi giorni procederanno all’apertura e all’indagine accurata dell’ambiente, che presenta ancora tracce del raro intonaco originarioUna camera secondaria ancora sigillata da una grande lastra di pietra è stata scoperta dagli archeologi impegnati nella quarta campagna di scavi nel cosiddetto Tumulo della Reginà, nel cuore della necropoli etrusca di Tarquinia, in provincia di Viterbo. Nei prossimi giorni procederanno all’apertura e all’indagine accurata

dell’ambiente, che presenta ancora tracce del raro intonaco originario. Il Tumulo della Regina è un’imponente struttura architettonica del diametro di circa

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NEWS

a cura di Enrico Baccarini 40 metri, risalente al VII secolo a. C., costruita per un personaggio di rango aristocratico e di ruolo probabilmente regale, vicino alla figura dei re etruschi, definiti dalle fonti antiche ‘lucumoni’. E’ la più grande struttura a tumulo finora nota scoperta a Tarquinia. Le ricerche, condotte a partire dal 2008 dall’Università di Torino, dalla Soprintendenza archeologica all’Etruria meridionale, dirette da Alessandro Mandolesi, hanno rivelato la presenza, nella parte anteriore del sepolcro, di un largo accesso praticabile, probabilmente coperto in origine da una grande tettoia, utilizzato per le celebrazioni in omaggio al nobile defunto. Durante la campagna di scavo del 2010 sono stati scoperti anche i resti di un rarissimo intonaco in gesso alabastrino e varie tracce di pitture. Gli scavi in atto sono finanziati dall’assessorato alla Cultura della Regione Lazio, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Civitavecchia e da alcuni sponsor privati.

Pantelleria in guerra per il tesoro punico

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uasi 3500 monete cartaginesi pescate a una a una nei fondali dell’isola. Ad ogni tuffo pescano una moneta di bronzo. Ad ogni immersione guadagnano un piccolo bottino. E adesso hanno messo in fila quasi 3.500 monete puniche. Un tesoro sommerso nei fondali di Pantelleria, ad appena venti metri sotto il pelo delle acque di Cala Tramontana. E’ la sorpresa di questa estate decisamente ricca per sub, ricercatori e volontari di alcuni gruppi come Mediterranea Engineering, Ares, Cala Levante Diving, tutti riuniti nel consorzio “Pantelleria Ricerche”. Fieri, come i vertici della Soprintendenza del Mare, di mostrare i reperti di oltre 2.200 anni fa, presentati e analizzati sabato 13 agosto al

La Repubblica 13 agosto 2011

Scheletro umano riaffiora sulla spiaggia di Baratti

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empi di bagni...occorre stare attenti alle meduse e ai ricci per non farsi del male...ma l’ultimo dei pensieri è che nel farsi un bagno occorresse stare attenti a delle ossa umane vecchie di quasi 2000 anni. E’ quello che è successo ieri nell golfo di Baratti (Toscana). Uno scheletro praticamente intatto è riaffiorato sulla spiaggia di Baratti, nel tratto interessato dagli scavi archeologici coordinati dalla Sovrintendenza della Toscana. E’ stato un bagnante ad accorgersi delle ossa che apparterrebbero a uno scheletro sepolto tra il VII e il III secolo a.C nella necropoli di San Cerbone, a Baratti. Non e’ la prima volta che gli archeologi trovano resti di ossa nello stesso punto della spiaggia di Baratti, messa peraltro a rischio dall’erosione del mare. Ansa 13 agosto 2011

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Castello dell’isola con un convegno sui tesori archeologici di questa perla del Mediterraneo. Mentre scatta il dibattito, con le ipotesi interpretative sul naufragio o sull’abbattimento di un natante cartaginese, probabilmente al centro degli scontri bellici legati alle conquiste romane nell’isola fra il 254 e il 217 avanti Cristo, la notizia del ritrovamento fa scattare l’entusiasmo della Regione siciliana e dell’assessore all’Economia Gaetano Armao, pronto ad acquisire le monete al patrimonio dell’am-

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NEWS ministrazione. TESORI IN MOSTRA - Non basterà certo il bottino punico dei sub per bilanciare il vuoto di casse regionali finora private dei Fondi Fas e gravate da una antica malamministrazione, ma l’incameramento del tesoretto resta “un giorno importante per la Sicilia”, come dice Armao: “Sarà, poi, l’assessorato dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, al quale le monete saranno presto consegnate per la gestione, a provvedere all’assegnazione espositiva che si auspica possa essere la stessa Pantelleria”. È questo l’obiettivo di chi organizza il convegno. Lasciare nell’isola i tesori di Pantelleria. E metterli qui in mostra con lo scopo di insistere sulla valorizzazione di quanto il mare offre in questi straordinari fondali. Il tutto anche con la speranza di bloccare il piano di trivellazioni petrolifere che minaccia l’orizzonte dell’isola a causa del possibile incremento delle piattaforme offshore. Una battaglia che vede unito il fronte di tutti i vip in vacanza nell’isola. BALUARDO CARTAGINESE - Come spiega il ricercatore Francesco Spaggiari indicando i reperti, è “identica l’iconografia di tutte le monete ritrovate, molto diffuse, coniate tra il 264 e il 241 avanti Cristo, anni in cui i romani completavano la conquista della Sicilia, con Pantelleria come ultimo baluardo cartaginese”. Per il coordinatore scientifico del progetto, Leonardo Abelli, la presenza di tante monete uguali può far escludere l’ipotesi di un pagamento frutto di un commercio, “perché i tagli delle monete sarebbero stati differenti”. Al contrario, rilancia la tesi di uno scontro con la nave cartaginese forse appena salpata dalla stessa Pantelleria “con un carico di monete destinato a finanziare la missione antiromana presso i partiti punici della Sicilia”. Su un lato, la dea Tanit con la testa adagiata verso sinistra, l’acconciatura sostenuta da una corona di grano. Sull’altro, un profilo equino rivolto verso destra, affiancato da simboli come un bastone e una stella. ITINERARI ARCHEOLOGICI - Soddisfatto il direttore delle operazioni, Giovanni Di Fisco: “È stata una sorpresa. Da giugno lavoriamo alla creazione di itinerari archeologici subacquei nella cala, a una profondità compresa tra i 15 e i 22 metri. Sapevamo della presen-

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a cura di Enrico Baccarini za di reperti, soprattutto di anfore, ma non immaginavamo di trovare un tesoro. All’inizio erano solo seicento monete, poi giorno dopo giorno sono diventate più di tremila”. Euforici, a Pantelleria tanti parlano di uno dei maggiori ritrovamenti subacquei destinati ad offrire materiale d’analisi agli studiosi per incastonare questi reperti nello scenario storico e politico legato ad altri reperti già rinvenuti negli stessi fondali. Anfore, ancore, ceramiche di provenienza africana, emblematici resti di un ricco giacimento archeologico nei fondali Cala Tramontana. Proprio quel che vuole mostrare Pantelleria con il suo orizzonte libero. Felice Cavallaro Corriere della Sera 14 agosto 2011

Ritrovato sotto i ghiacci dell’artico un vascello del XIX secolo!

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n tesoro nascosto sotto il ghiaccio. Lo ha trovato un gruppo di archeologi canadesi: l’Investigator, una nave del XIX secolo intrappolata nell’Artico, mentre andava alla ricerca della spedizione capitanata da Sir John Franklin e partita dall’Inghilterra nel 1845. Una equipe di archeologi subacquei ha ritrovato il vascello lo scorso mese nella Baia di Mercy, al largo dell’Isola di Banks, nei Territori del Nordovest. All’interno nascondeva migliaia di reper-

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a cura di Enrico Baccarini ti. Armi, tra cui un pregiato fucile praticamente intatto, scarpe da marinaio, campioni scientifici, oggetti personali della ciurma, una serie di bottiglie di alcolici e superalcolici nascoste nella ‘’stanza degli spiriti’’ (in inglese bevande alcoliche si dice ‘’spirits’’), e tanto altro. Gli archeologi di Parks Canada hanno dichiarato di aver trovato condizioni meteorologiche particolarmente favorevoli che hanno consentito la scoperta di un ‘’tesoro’’ senza precedenti. L’Investigator, al comando dell’irlandese Robert McClure, lasciò un porto britannico nel 1850 per unirsi alla ricerca disperata di alcune navi disperse nella missione nell’Artico di 129 uomini guidati da Franklin. McClure entrò nell’Artico dal Pacifico ma rimase incastrato a sua volta nel ghiaccio nel 1853. Riusci’ a creare una base nell’Isola di Banks e assieme ai suoi uomini fu infine salvato da un’altra nave britannica, ma il suo vascello non venne più trovato. Fino a ora. Mysterium 14 agosto 2011

Trovata la “Signora di Introd”

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sondaggi archeologici eseguiti per l’ampliamento di una scuola materna a Introd, in Valle d’Aosta, hanno portato alla luce una sepoltura che, in base alla tipologia presentata e alla particolare posizione del defunto al suo interno, risalirebbe al III millennio a.C. Si tratta della testimonianza di una presenza umana che sarebbe contemporanea a quella dell’uomo del Similaun, Ötzi, ritrovato nel ‘91 dall’altra parte delle Alpi, al confine tra l’Italia e il Tirolo austriaco. Nello specifico, lo scheletro apparteneva a una donna e si è ottimamente conservato, rannicchiato sul fianco destro e col capo rivolto a nord-ovest. Purtroppo era privo di oggetti di corredo. Le analisi osteo-archeologiche e antropologiche saranno utili a definirne età, abitudini alimentari ed eventuali patologie. Il prelievo, inoltre, di particolari campioni di terreno dall’interno della fossa funeraria, consentirà

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altresì di verificare la presenza di particolari essenze vegetali deposte insieme al corpo della defunta. Il sito, che verrà ulteriormente scavato, si trova all’interno di un’area di interesse archeologico, composta da chiesa, castello e un antico granaio. Il Fatto Storico 14 agosto 2011

Trovata la tomba dell’apostolo Filippo?

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a tomba di San Filippo apostolo sarebbe stata scoperta nel sud ovest della Turchia, secondo gli archeologi italiani che scavano la zona da decenni. Francesco D’Andria, direttore dell’Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali (IBAM) presso il CNR di Lecce, ha trovato la sepoltura dopo un’intensa ricerca geofisica nel sito di Hierapolis (oggi Pamukkale). “Si credeva che la tomba di San Filippo fosse sulla Collina dei Martiri, ma non abbiamo trovato alcuna traccia in quella zona”, dice D’Andria. “La tomba è emersa scavando una chiesa del V secolo, a 40 metri di distanza dalla chiesa dedicata al santo sulla Collina dei Martiri”.Secondo D’Andria, la tomba sarebbe stata spostata dalla sua posizione precedente - la chiesa di San Filippo - nella nuova chiesa in epoca bizantina. La presunta tomba dell’apostolo, non ancora aperta, è al centro di qualche polemica. La scoperta si basa principalmente su un testo apocrifo del IV secolo, chiamato Atti di Filippo, non riconosciuto dalla Chiesa cattolica. Non si sa molto su Filippo. Nato a Betsaida sulla riva settentrionale del Mar di Galilea, viene spesso confuso con San Filippo diacono. Molte delle informazioni su di lui provengono dal Vangelo di Giovanni, dove egli viene descritto come uno dei primi seguaci di Gesù. Il Vangelo lo cita in connessione con il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci e col discorso di Gesù durante l’Ultima Cena. Al di fuori del Nuovo Testamento, sono gli apocrifi Atti di Filippo che ripercorrono la sto-

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NEWS ria del santo. Secondo il testo, dopo la risurrezione di Gesù, Filippo predicò in Grecia, Siria e Asia Minore. Sarebbe poi morto da martire a Hierapolis, in quella che è oggi la Turchia, all’incirca nell’80 d.C.A seguito di un conflitto con gli adoratori del serpente di Hierapolis, città famosa all’epoca per la sua ricchezza e idolatria, sarebbe stato giustiziato dai Romani - appeso a un albero a testa in giù con catene ai piedi. “In risposta al pianto di Filippo mentre era appeso all’albero a testa in giù, una voragine si aprì improvvisamente e inghiottì il proconsole e il tempio della vipera dove era seduto, come pure i sacerdoti della vipera e 7.000 uomini, più donne e bambini”, recita il resoconto apocrifo. D’Andria ammette che molti dettagli raccontati negli Atti di Filippo non sono certi. “Parti della storia sono ampiamente fan-

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a cura di Enrico Baccarini tasiosi, leggendari e simbolici, ma un seguito cristiano centrato sul santo Filippo l’Apostolo crebbe presto nel sito. E sulla sua presunta tomba fu costruita una delle strutture più notevoli di tutta la cristianità antica - il martyrion di san Filippo”, scrive D’Andria nel numero corrente di Biblical Archaeology Review. D’Andria, che scava il martyrion di Filippo dal 2003, è stato in grado di ricostruire l’intero sito di pellegrinaggio. “L’ottagono del martyrion di Filippo è racchiuso in un portico rettangolare, composto da 28 stanze quadrate. All’interno dell’ottagono ci sono otto cappelle, che terminano in quattro cortili triangolari agli angoli del rettangolo esterno”, scrive. Le reliquie del santo erano probabilmente ospitate nel centro dell’edificio. D’Andria ha anche dissotterrato una grande strada processionale che portava i pelle-

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a cura di Enrico Baccarini grini alla collina su cui sorgeva il martyrion, ed è riuscito anche a identificare le fermate nei bagni dove ci si purificava prima di avvicinarsi al luogo santo. “In effetti nei canali dell’edificio, oltre alle solite ampolle di vetro e vasetti per unguenti, vi erano numerose eulogie in terracotta. Portavano croci e immagini di San Filippo”, dice D’Andria.Dopo l’ultima rampa di scale, i pellegrini trascorrevano la notte nelle 28 piccole camere dentro il martyrion. Infine, entravano nel grande ottagono dove era venerata la tomba dell’apostolo Filippo. Un terremoto disastroso nella seconda metà del VII secolo, a cui seguì un incendio, ha distrutto l’intero complesso. D’Andria ha trovato una conferma alle sue ipotesi in un raro stampo di bronzo per il pane del VI secolo, trovato a Hierapolis e ora in mostra al Museo di Belle Arti della Virginia a Richmond. Lo stampo rotondo, di soli 4 cm di diametro, è stato probabilmente usato per dare pagnotte ai pellegrini durante i riti in onore del santo. Mostra un’illustrazione di San Filippo, identificato come Hagios Philippos da un’iscrizione greca, in piedi sulla scalinata monumentale tra due chiese. “L’edificio sulla destra è il martyrium, l’altra è la chiesa del V secolo che abbiamo appena scoperto e che è stata costruita intorno alla tomba del santo”, dice D’Andria. Il Fatto Storico 14 agosto 2011

Il mistero dell’anfora forata

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n antico vaso d’argilla ricostruito dai pezzi scoperti in un museo del Canada è pieno di piccoli fori, e lascia perplessi gli archeologi su quale fosse il suo uso. La piccola anfora, alta appena 40 centimetri e datata a circa 1800 anni fa, è stata trovata in 180 frammenti, in un locale di deposito presso il Museo di archeologia dell’Ontario. Ma anche dopo che è stata restaurata, gli scienziati erano di fronte a un mistero. Finora

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nessuno è stato in grado di identificare un altro artefatto simile proveniente dal mondo romano. “Tutti ne siamo sconcertati”, ha detto Katie Urban, una dei ricercatori presso il Museo di London. “Noi abbiamo inviato domande a tutti gli esperti d’ogni sorta di ceramica romana e ad altri esperti di ceramica, e nessuno sembra essere in grado di rispondere con un altro esempio”.

Il vaso può aver contenuto piccoli animali vivi, come provviste per gli antichi romani, o può anche essere servito come una lampada, i ricercatori speculano, anche se nessuna teoria definitiva appare stabilita. Da dove proviene? Ricerche d’archivio indicano che il vaso fosse tra gli artefatti della Britannia Romana (la parte della Gran Bretagna sotto controllo romano, dal 43 circa al 410 d.C.) e che fu dato al Museo negli anni cinquanta da William Francis Grimes, un archeologo che morì nel 1988. La squadra di Grimes aveva scavato fuori dal cratere di una bomba della seconda guerra mondiale a Londra, non lontano da un antico tempio dedicato a Mitra, un Dio iraniano, che era molto popolare in tutto l’Impero romano. Urban ammonisce, tuttavia, che non è certo che il vaso provenga da quello scavo. Il recipiente non sembra essere nella lista dei

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NEWS manufatti ricevuti da Grimes, anche se ha aggiunto che il vaso è stato trovato in 180 pezzi e l’elenco era breve su dettagli. “Come è venuto a trovarsi nella nostra raccolta non è del tutto chiaro; stiamo ancora cercando di capire da dove salti fuori” Urban ha detto. C’è una piccola possibilità che il vaso del mistero provenga dall’Iraq, perché un’altra collezione di manufatti trovati in deposito presso il Museo proviene dall’antica città di Ur dei Caldei. Essi datano circa a 5000 anni fa. Leonard Woolley, archeologo noto per la scoperta di una ricca serie di sepolture reali a Ur, li aveva scavati nel 1931 e li aveva inviati al British Museum. Il Museo a sua volta li ha inviati alla University of Western Ontario nel 1933 come dono. Come poteva essere utilizzato? La domanda che si pone il team è: perché un romano doveva creare un vaso pieno di buchi? “Ci sono un sacco di opzioni diverse, molte di loro riguardano una lampada o una sorta di contenitore per animali” ha detto Urban, aggiungendo che mentre i piccoli fori avrebbero permesso il passaggio della luce, il buco nella sua parte inferiore suggerisce che non fosse una lampada. Un’altra possibilità è che il vaso fosse utilizzato per conservare e trasportare i ghiri, roditori, trovati in tutta Europa; antichi testi suggeriscono che essi costituissero uno spuntino popolare per i Romani. (Un’antica ricetta suggerisce di mangiare un ghiro “farcito con carne di maiale e piccoli pezzi di carne di ghiro, il tutto pestato con pepe, noci, gelatina, brodo.” Poi, “mettere il ghiro farcito così in una casseruola di terracotta, farlo arrosto in forno o bollirlo in pentola.”) Urban ha detto che il problema di questa teoria è che tutti gli altri vasi per portare i ghiri, provenienti dal mondo romano, hanno un aspetto ben diverso. I vasi per i roditori erano dotati di una rampa lungo la quale essi potevano correre. Ancora un’altra idea è che il vaso contenesse serpenti, quelli che erano troppo grandi per scivolare fuori attraverso i suoi buchi. I serpenti erano un simbolo religioso popolare in tutto il mondo antico. “Non riesce a indovinare nessuno” dicee

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a cura di Enrico Baccarini Urban. “Abbiamo bisogno di trovare qualcuno che ha visto qualcosa di simile ad esso, ma finora non l’abbiamo trovato”. L’artefatto è attualmente in mostra presso il Museo di archeologia dell’Ontario come parte di una mostra su Ur e la Britannia Romana. La mostra si svolgerà durante la prima settimana di settembre. Owen Jarus Live Science 19 agosto 2011

Albero della fecondità “castrato” dopo il restauro

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affresco medievale a Massa Marittima raffigura un albero dai cui rami pendono non frutti ma organi sessuali maschili. Dopo i lavori sarebbero spariti particolari importanti, cioè i testicoli che facevano parti di alcuni dei singolari frutti. Quando fu scoperto nel 1999 fece molto discutere e oggi, dopo il restauro appena concluso, le polemiche non si placano: l’ “Albero della fecondità”, l’affresco medievale che a Massa Marittima raffigura un albero dai cui rami pendono non frutti ma organi sessuali maschili con

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a cura di Enrico Baccarini alcune donne in attesa di raccoglierli e due che se li contendono, è stato sì restaurato ma, secondo un esponente di opposizione in consiglio comunale, manca qualcosa. La “sparizione” riguarderebbe, spiega Gabriele Galeotti del movimento civico “Massa Comune”, dei “particolari” importanti e cioè i testicoli che facevano parte di alcuni dei singolari frutti. Dopo il restauro l’affresco “appare fortemente compromesso”, dice Galeotti che sulla vicenda ha anche presentato un esposto a procura e ministero dei beni culturali. A dimostrarlo ci sarebbero le foto di prima e dopo la “cura”, che documenterebbero una vera e propria “castrazione” di alcuni dei frutti peniformi. “Da parte nostra siamo tranquilli sui soggetti che hanno condotto il restauro - commenta il sindaco Linda Bai - e cioè i tecnici della soprintendenza di Siena con il contributo dell’università di Firenze, dell’Opificio delle pietre dure e del Cnr”. I tecnici della soprintendenza hanno fatto comunque sapere che, in presenza di un esposto, non intendono entrare nella polemica ma rispondere nelle sedi opportune. L’affresco che all’epoca della sua scoperta fu definito ‘a luci rosse’, è stato oggetto di studi approfonditi e ancora oggi è sottoposto

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ad un monitoraggio scientifico a causa della presenza di sali minerali e delle infiltrazioni che potrebbero comprometterlo. L’opera, infatti, è stata realizzata sulla parete delle Fonti dell’abbondanza, vasche ai piedi dell’omonimo palazzo medievale, uno dei gioielli della cittadina maremmana. “E’ una testimonianza - aggiunge il sindaco - sulla quale sarebbe opportuno aprire anche un percorso di interpretazione e che ha suscitato l’interesse anche di studiosi non italiani”. La Repubblica 19 agosto 2011

Il Pantheon era una meridiana romana?

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uno degli edifici meglio conservati del mondo romano, una testimonianza dell’immenso potere e ricchezza dell’impero da 2.000 anni. Ma il mistero ha sempre circondato ciò che sta dietro l’insolito disegno del Pantheon, un grande tempio nel cuore di Roma fatto costruire dall’imperatore Adriano. Ora gli esperti hanno sviluppato una teo-

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NEWS ria intrigante, cioè che il tempio agisse come un colossale orologio solare, con un fascio di luce che illuminava il suo enorme ingresso nel momento preciso in cui l’imperatore entrava nell’edificio. Completato nel 128 d.C., la cupola emisferica del Pantheon è perforata da un foro circolare di 9 metri noto come ‘oculo’. Esso fornisce all’interno dell’edificio l’unica fonte di luce naturale. Giulio Magli, docente di archeoastronomia al Politecnico di Milano, e Robert Hannah, uno studioso di letteratura classica presso l’Università di Otago in Nuova Zelanda, hanno scoperto che proprio a mezzogiorno durante l’equinozio di marzo, un fascio circolare di luce brilla attraverso l’oculo e illumina l’imponente ingresso del Pantheon. I due lavorano su questa teoria dal 2009, ma di recente hanno pubblicato tutte le loro ricerche sulla rivista scientifica Numen. I calcoli precisi fatti nel posizionamento e nella costruzione del Pantheon hanno reso possibile che la dimensione e la forma del fascio di luce corrispondano perfettamente, fino all’ultimo centimetro, a un arco di pietra semicircolare sopra la porta. Un effetto simile si vede il 21 aprile, giorno che i Romani celebravano come data di fondazione della città, quando a mezzogiorno il fascio di luce colpisce una griglia metallica sopra la porta, illuminando il cortile porticato esterno. Tali effetti sarebbero stati visti dai Romani come elevazione dell’imperatore nel regno degli dei – una affermazione cosmologica della sua potenza divina mentre entrava nell’edificio, il quale era utilizzato come sala delle udienze, oltre che come luogo di culto. In effetti egli veniva “invitato” dal sole a entrare nel Pantheon, che, come suggerisce il nome, era dedicato alle divinità più importanti del mondo romano. “L’imperatore sarebbe stato illuminato da luci come in uno studio cinematografico”, dice Magli. “I Romani credevano che il rapporto tra l’imperatore e le sfere celesti raggiungesse l’apice durante gli equinozi. Sarebbe stata una glorificazione del potere dell’imperatore e di Roma stessa”.

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a cura di Enrico Baccarini Il Sole aveva un significato speciale per i Romani, come lo aveva per gli antichi Egizi. Il dio Apollo veniva associato al Sole, e l’imperatore Nerone fu raffigurato come il dio del Sole greco Elio in una gigantesca statua, il Colosso di Nerone. La conservazione del Pantheon si deve alla conversione in chiesa durante il VII secolo, quando l’imperatore bizantino Foca ne fece dono al papa. L’edificio mantiene le sue originali porte in bronzo e le sue colonne di marmo, materiale in parte estratto nel deserto egiziano e trasportato via nave lungo il Nilo e attraverso il Mediterraneo fino a Roma. Oggi il Pantheon contiene le tombe di Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, e di Raffaello. Il Fatto Storico 23 agosto 2011

Eruzione del Vesuvio dal 24 al 29 agosto del 79 d.C. Stabia, Pompei ed Ercolano le città più colpite

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eruzione del Vesuvio del 79 d.C., sconvolse, per le catastrofiche dimensioni, mare e terre di questo estremo lembo della provincia partenopea. Era ormai fine estate, il nono giorno prima delle calende di settembre, cioè il 24 agosto, secondo i più, quando, verso le ore undici un pauroso boato fa scuotere la terra e dal Vesuvio s’innalza una grande colonna di fuoco che poco dopo si trasforma in fumo e cenere a forma di pino. Poi giù irrefrenabile pioggia di cenere e lapilli, frammisti a gas venefici (solforosi e cloridrici). Dopo una breve pausa, cadono ancora grandi pietre pomici incandescenti che terrorizzano soprattutto gli abitanti dell’area vesuviana, certamente abituati ai sussulti della terra e dei terremoti, come quello verificatosi diciassette anni prima, ma non a un cataclisma di tale natura, durato circa una settimana (secondo i calcoli, dal 24 al 29 agosto). Questo È ciò che scrive Plinio il Giovane - testimone oculare della tragedia - allo storico latino Tacito, in due lettere.

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a cura di Enrico Baccarini Nei primi giorni di settembre del 79, d.C., dunque, cessate le ostilità dello sterminator Vesevo, intere città e villaggi, giacevano sotto una pesante coltre bianca di cenere e lapillo. Passati i momenti di sbigottimento molti, sfuggiti alla catastrofe, ritornarono certamente sul posto per frugare e recuperare qualcosa rimasta, ma in quel primo tentativo nulla fu possibile a causa dell’impraticabilità del suolo. Intanto la notizia dell’eruzione e del disastro prodotto, giunge a Roma, dove, peraltro, si notavano anche ceneri e polvere spinte dal vento. Il governo imperiale inviò nelle zone disastrate una commissione senatoriale che, dopo accorti sopralluoghi, secondo alcuni, o abbastanza superficiali, secondo altri, decise di promuovere la ricostruzione solo di quei centri parzialmente sinistrati (non conosciamo certamente i nomi di altre cittadine e villaggi, forse lontani dall’area vesuviana). Pompei si trovava sepolta sotto 4-6 metri di materiale vulcanico, Ercolano era scomparsa sotto una valanga di fango e di Stabia affioravano le parti più alte di fabbricati scoperchiati e danneggiati. Perciò si decise di non provvedere ad alcun intervento di ristrutturazione.

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NEWS Lo Stato riuscì a recuperare ciò che era possibile: marmi, colonne, capitelli, trabeazioni, statue, mentre, questa volta, i superstiti, aiutati dalle soldatesche e dagli schiavi inviati sul posto, cercarono di recuperare le loro suppellettili e i corpi dei parenti morti. Il resto fu risotterrato. Passarono i secoli, l’humus tornò a ricostituirsi e campi di fave, piselli e vigneti lussureggiavano nuovamente sull’ampia pianura soprattutto di Varano e delle campagne di Pompei. Intanto, si arriva al Settecento, i continui rinvenimenti di pezzi di intonaci decorati, di vasellame, di “oscura provenienza” (già annotati nel Cinquecento dall’Anonimo Stabiano), incuriosivano coloni, studiosi, e perché no, anche antiquari che smerciavano a buon prezzo quanto capitava nelle loro mani. Così il re Carlo III decise di promuovere una vasta campagna di scavi, risultata però proficua quanto disarticolata. Il 26 maggio del 1738, il colonnello Rocco Gioacchino de Alcubierre, comandante del Genio del Regno di Napoli, iniziò uno scavo ad Ercolano a seguito di molte segnalazioni di rinvenimenti di reperti antichi, e, dopo i primi colpi di piccone, tra pozzi e

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NEWS gallerie, vennero fuori straordinarie scoperte. Nel 1748 (23 marzo), l’Alcubierrre iniziò anche lo scavo di Pompei (che fino al 1763 si credette essere l’antica Stabiae, unica città nominata nelle lettere di Plinio in relazione all’evento vulcanico). Qui, a seguito di varie vicende, gli scavi, con qualche interruzione continuarono e continuano tuttora come in altre località. Gli scavi di Gragnano (Stabia) ebbero cominciamento il dì 7 giugno 1749 con sei uomini ed un capo maestro nelle vicinanze del Ponte di S. Marco, dove in quel giorno medesimo s’incontrarono due vasi grandi e due piccoli di bronzo.. .”, ecc., (Ruggiero). A Stabia, “si scavò per ventidue anni: quattordici dal 1749 al ‘62 ed otto dal 75 all’82, ma come portava la condizione del tempo e la qualità degli uomini che ne ebbero le prime cure - aggiunge il Ruggiero - piuttosto ad uso dei cercatori di antichità che di studiosi d’arte e di archeolo-

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a cura di Enrico Baccarini gia”. Gli archeologi addetti agli scavi (condotti senza alcun rigore scientifico; diretti da ingegneri militari e affidati a monodopera occasionale), avevano un solo scopo: sterrare una grande quantità di ambienti, prendere quanto ritenuto “buono per il museo di Portici (e per il Re che tante volte regalava pezzi pregiati a principi e personaggi stranieri); rilevare precise e dettagliate piante dei fabbricati, di cui ancora oggi ci serviamo, distruggere quanto ritenuto di “scarsa importanza” e ricoprire poi tutto alla meglio allo scopo di evitare illeciti traffici tra mercanti di Napoli e di Roma. Poi il re Carlo di Borbone indennizzava i proprietari delle terre per i danni arrecati alle colture e la località veniva abbandonata definitivamente. I Borbone, scavarono molti edifici. Dei più grandi, almeno 19, hanno lasciato precise piante compreso le mappe riguardanti le reti

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a cura di Enrico Baccarini stradali che ancora oggi costituiscono l’unica fonte documentale di consultazione per conoscere la posizione e le dimensioni delle antiche architetture sepolte. Senza il lavoro dei tecnici reali, sarebbe stato pressoché impossibile procedere all’individuazione e conoscenza delle planimetrie. Passano ancora molti decenni e, sull’arioso poggio di Varano, come dice Maiuri, crebbe una selva di vigneti e di agrumeti; cellai e cisterne si installarono nei calidari e nei frigidari delle antiche ville, e sul ciglio di quell’altura al di sopra di un cubicolo o di un’esedra di riposo si costruì un loggiatino di belvedere per godere lo stesso panorama che Cicerone avrebbe voluto godere con l’amico suo stabiese Marco Mario.... Nell’Ottocento furono costruite su queste stesse terre molte belle masserie, ma furono anche distrutte case e strade antiche. E passiamo poi a metà Novecento per ricordare che Stabia è la terza città rimasta sepolta dall’apocalittica eruzione. Le altre due (chi non lo sa?) sono, come abbiamo già detto, Pompei ed Ercolano che hanno avuto maggiore fortuna. La ripresa degli Scavi di Stabia, iniziò nel 1950 per iniziativa del preside Libero D’Orsi, il quale, contrariamente ai suoi illustri predecessori che studiarono a lungo e illustrarono i reperti archeologici e le altre antichità stabiane, con grande sacrificio e caparbietà, richiamò innanzitutto l’attenzione delle autorità comunali, riuscendo ad ottenere il loro tangibile appoggio e dallo Stato, attraverso le soprintendenze, prima quella di Napoli e poi di Pompei, anche dei finanziamenti per i vari interventi. D’Orsi - che per il suo lungo e costante impegno deve essere considerato il vero benefattore dell’archeologia stabiana seguendo le orme degli scavatori borbonici - ha riportato alla luce, almeno tre stupende ville che nel corso di questi ultimi decenni le soprintendenze competente per territorio, hanno ristrutturato e organizzato i siti archeologici. Il preside D’Orsi - sempre sull’onda di un “giovanile entusiasmo” (v. A. Ziino: “Stabiae, Prospettive Archeologiche”, C&T. - Pompei, 1966, con prefazione del soprintendente pro-

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NEWS fessor Alfonso De Franciscis) - all’indomani di ogni rinvenimento (un vaso importante, un affresco, un bronzo), convocava i tre, quattro cronisti locali, i quali, ricevendo la stessa carica di entusiasmo, pubbicavano sui giornali articoli e foto (e giova ricordare che la valorizzazione del patrimonio artistico è strettamente legato all’opera di divulgazione dei giornalisti, attraverso i mezzi di comunicazione). IMPORTANZA ARTISTICO-CULTURALE DEGLI SCAVI STABIANI Dopo il grande lavoro del preside D’Orsi, che, superando ostacoli e difficoltà (che solo i cronisti del tempo ricordano), riuscì a riportare alla luce parti di almeno tre complessi residenziali sul poggio di Varano, su di un’area di circa 45 mila metri quadrati, allestendo nel contempo anche l’Antiquarium (poi diventato statale con tutti i benefici di legge, ma attualmente chiuso). In questi decenni, purtroppo, è mancato un vero interesse per l’archeologia stabiana. Mentre, un discorso a parte merita certamente Pompei, in quanto è l’unico monumento al mondo che documenti la vita di una città romana in pieno rigoglio commerciale e culturale. Ercolano, con le sue meraviglie stupisce il mondo, Stabia, secondo noi, non ha ottenuto il successo che già meritava, considerata la riconosciuta importanza che riveste nel panorama dell’archeologia mondiale. Infatti, per Stabiae è significativo il giudizio di uno dei più noti archeologi, già soprintendente, Alfonso De Franciscis: Stabia, egli ci ha detto, ha una funzione importantissima perché essa è l’unica che presenta un tipo di architettura, un tipo di pittura parietale e un modo di vivere, che le altre città seppellite dal Vesuvio non ci fanno conoscere. Altrettanto lusinghiero il giudizio di un altro grande studioso: il professor Giulio Carlo Argan, che, nel corso di una visita all’Antiquarium Stabiano, ebbe a dire, tra l’altro, “... qui c’è la più bella raccolta di pittura romana esistente al mondo.. .”. Antonio Ziino stabiachannel.it 22 agosto 2011

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NEWS Scoperta la città romana in Inghilterra più a Occidente

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anno scorso due cacciatori di tesori amatoriali armati di metal detector avevano iniziato a scoprire monete romane in una serie di campi a circa 60 km a ovest di Exeter, in Inghilterra: prima una, poi dieci... finché non ne hanno trovate quasi un centinaio. Ciò non sarebbe insolito in altre parti della Gran Bretagna ma si è sempre pensato che l’influenza romana non si fosse spinta così lontano nella penisola sud-occidentale della Gran Bretagna. Il coinvolgimento del Portable Antiquities Scheme e dell’Università di Exeter ha consentito di effettuare indagini geofisiche l’estate scorsa, scoprendo a sorpresa almeno 13 case a pianta circolare tipiche della Britannia celtica, cave e percorsi che coprono almeno tredici campi. I primi scavi condotti a giugno hanno portato al ritrovamento di frammenti di ceramiche e anfore, una tegola romana, una strada e alcune strutture, oltre a molte altre monete che vanno da poco prima dell’inizio dell’invasione romana fino al 378 d.C. Dice l’archeologo Danielle Wootton: “È stata una scoperta davvero eccitante, ma siamo solo agli inizi, c’è molto da fare e così tanto che ancora non conosciamo di questo sito”, la cui localizzazione precisa rimane ancora un segreto. In particolare, sono state rinvenute due sepolture che sembrano essere state ubicate lungo i lati della strada principale dell’insediamento. È presto per dirlo, ma potrebbero indicare un cimitero romano e fornirci i primi indizi su chi viveva in questa comunità. I Romani raggiunsero Exeter durante l’invasione della Britannia nel 50-55 d.C., e una legione comandata da Vespasiano costruì una fortezza su un’altura che sovrastava il fiume Isca. Questa legione rimase lì per i successivi 20 anni, prima di trasferirsi in Galles. Pochi anni dopo la partenza dell’esercito, Exeter diventò una vivace città romano-britannica nota come Isca Dumnoniorum, com-

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a cura di Enrico Baccarini pleta di tutti i soliti edifici pubblici romani, bagni e foro. Ma era anche la principale città della tribù celtica dei Dumnoni. Si pensava che la loro resistenza al dominio romano e qualsiasi forma di romanizzazione avesse fermato gli insediamenti romani verso sud-ovest. Alcune tracce di occupazione militare romana sono state trovate in Cornovaglia e sull’altopiano di Dartmoor (sempre nel Devon), ma, si pensa, con lo scopo di proteggere le rotte di approvvigionamento di risorse come lo stagno. Il Fatto Storico 24 agosto 2011

Porto sommerso di 5000 anni fa in Anatolia

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li archeologi hanno trovato i resti d’un porto di 5000 anni fa presso la città di Alanya, nella provincia di Antalya, a sud dell’attuale Turchia. Immergendosi al largo di Alanya, gli archeologi sottomarini hanno trovato l’antico porto della città di Syedra. Il sub archeologo Hakan Oniz della Eastern Mediterranean University riferisce che il porto risale a 5000 anni fa e che vi sono state ritrovate testimonianze appartenenti all’Età del Bronzo. Gli abitanti di quei luoghi erano dediti alla pesca e alla navigazione, sin da quei tempi antichi. Syedra è divisa in due parti; l’area del porto, dalla quale le mercanzie erano portate verso l’interno e verso la città vera e propria, e la città stessa, che si trova oggi a 240 metri di profondità sotto le acque del Mar Mediterraneo. La profondità rilevante alla quale sono state trovate le installazioni portuali, e l’epoca a cui vengono attribuiti i ritrovamenti, appaiono proprio come una possibile conferma degli studi di Arecchi su Atlantide! Antikitera.net 26 agosto 2011

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a cura di Enrico Baccarini

Scienza Acqua salata su Marte, ma solo d’estate

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n superficie si vedono formazioni che appaiono e scompaiono, visibili solo nei mesi più caldi. D’estate su Marte scorre acqua salata come quella degli oceani. La scoperta pubblicata sulla rivista americana Science è il frutto di lunghe osservazioni con la sonda “Mars Reconnaissance Orbiter” che da anni, dal 2005, ruota intorno al Pianeta Rosso. CANALI IN SUPERFICIE - Proprio i lunghi tempi di ricognizione hanno permesso di individuare formazioni in superficie che si formano e poi scompaiono, e successivamente si riformano. Sono dei canali in superficie larghi da mezzo metro a cinque metri e lunghi alcune centinaia di metri. La sonda ha confermato che si formano solo nei mesi caldi. “La miglior spiegazione — ha sottolineato Alfred McEwen dell’università dell’Arizona a Tucson autore della scoperta - è che siano scavati dall’acqua salata”. Questa riesce a mantenersi liquida anche alle temperature dell’estate marziana che comunque sono molto più basse rispetto al metro terrestre, e sotto lo zero centigrado. Ma essendoci il sale il suo punto di congelamento è più basso e così rimane allo stato liquido. L’acqua pura, invece, congelerebbe appena esce dal sottosuolo. CAMBIANO CON LE STAGIONI - Le formazioni geologiche ora individuate sono diverse da quelle avvistate negli anni passati (avevano la forma di guglie) e anch’esse giudicate conseguenza di fluidi in uscita, ma soprattutto cambiano a seconda delle stagioni. Il loro colore muta e dimostra che, sia pure per tempi limitati, l’acqua salata scorre. “In certi periodi assumono un colore bruno - nota McEwen

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- e ciò potrebbe essere determinato dal fatto che si formano dei grumi rendendo la superficie rugosa. Ma in realtà questo aspetto rimane, per il momento, un mistero”. PRESENZA ACCERTATA - L’acqua su Marte è ormai una presenza accertata in vari modi, forme e a diverse latitudini. La sonda Phoenix sbarcata al Polo Nord ha mostrato il ghiaccio d’acqua in superficie mentre sulle sua gambe comparivano gocce di brina. La ricerca su Marte continua e nel prossimo autunno con la partenza della nuova sonda robot “Curiosity” capace di muoversi per molti chilometri potrà indagare ancora più a fondo gli enigmi marziani riservandoci sicuramente altre sorprese. Giovanni Caprara Il Corriere della Sera 4 agosto 2011

Scoperte due nuovi ‘basi’ del DNA: la 7a e l’8a. Il mistero della genetica non smette di stupire

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er decenni, gli scienziati hanno creduto che il Dna fosse costituito da quattro basi: adenina, guanina, timina e citosina. Elementi che vengono citati da tutti i libri di scienza e che hanno costituito il punto di partenza della conoscenza sulla codificazione dei geni. Recentemente, gli studiosi hanno ampliato l’elenco delle basi del Dna da 4 a 6. E ora un team della Facoltà di Medicina dell’università’ del North Carolina (Usa) annuncia su ‘Science’ di aver scoperto la settima e l’ottava base del Dna.

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Queste ultime due basi, chiamate 5-formilcitosina e 5 carbossilcitosina - spiegano i ricercatori - sono in realtà versioni di citosina che sono state modificate da proteine chiamate Tet, molecole che svolgono un ruolo chiave nella demetilazione del Dna e nella riprogrammazione delle cellule staminali. La scoperta può dunque avere importanti implicazioni nella ricerca sulle staminali e sul cancro, in quanto potrebbe dare agli scienziati la possibilità di riattivare geni oncosoppressori che erano stati messi a tacere dalla metilazione del Dna. Gordon Francis Ferri Mysterium 23 luglio 2011

Pipistrello vampiro percepisce flusso sanguigno tramite sensori termici

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ucchia sangue di mammiferi addormentati, ha un aspetto di certo poco rassicurante, e può trasmettere una vasta gamma di malattie: il vampiro comune (Desmodus rotundus) non diventerà mai il miglior amico dell’uomo, ma è un animale che non smette mai di incuriosire. Un team di ricerca californiano ha infatti scoperto che i pipistrelli vampiro sono dotati di visori termici naturali in grado di percepire il più piccolo cambiamento di temperatura nell’ambiente. Una piacevolissima sorpresa nei mammiferi, dato che l’abilità di percepire calore a distanza era stata finora studiata solo in alcuni rettili.

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“Quello che il vampiro è in grado di fare è possibile grazie ad una sorta di impianto genetico specializzato, ha cambiato la struttura del suo sensore termico in modo tale da cambiare la temperatura di attivazione del sensore” spiega David Julius della University of California. “Gli consente di ricevere il segnale del cambiamento della temperatura corporea in base al flusso sanguigno”. Come è già stato spiegato in questo post, i pipistrelli vampiro non sono i mostri a cui cinema e letteratura ci hanno abituato. Sono animali che non ispirano molta simpatia alla prima occhiata, ma allo stesso tempo hanno diversi lati misteriosi che i biologi non riescono ancora a spiegare completamente. Uno di questi misteri era legato al meccanismo che si cela dietro alla selezione della vittima. Meccanismo in grado di determinare anche se la vittima sta dormendo o è sveglia. E’ la stessa strategia di caccia del pipistrello vampiro che richiede una vittima a sangue caldo, calma e addormentata: l’animale si avvicina “camminando” sul terreno, rendendosi vulnerabile a qualsiasi attacco. Non molti anni fa è stato mostrato come i pipistrelli vampiro siano in grado di capire se un animale stia dormendo in base al suono prodotto dal suo respiro. Un sistema molto affascinante, ma che non spiega come i pipistrelli possano individuare potenziali prede a distanza ed essere certi che si tratti di un animale a sangue caldo. Per fare questo, i pipistrelli vampiro sfruttano dei recettori comuni in tutti i mammiferi, e che normalmente sono utilizzati per percepire la temperatura della pelle tramite il contatto. Questi recettori si sono evoluti per percepire livelli estremamente inferiori di temperatura: sono in grado di rilevare una temperatura di 30°C ad una distanza di circa 20 centimetri. I sensori termici dei pipistrelli vampiro sono differenti da quelli presenti in altri pipistrelli, e molto più “cablati” con il cervello. Se consideriamo che le vittime del vampiro sono animal a sangue caldo che normalmente hanno una temperatura ben superiore ai 30°C, possiamo comprendere quanto sia sofisticato il meccanismo di localizzazione di

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a cura di Enrico Baccarini questi pipistrelli. Il metodo di caccia del vampiro sarebbe basato, quindi, sull’individuazione della preda a distanza tramite l’ecolocalizzazione, sull’ottenimento di dati circa la natura della vittima (animale a sangue caldo o freddo, in stato di veglia o addormentato), e attacco di “fanteria” a quattro zampe, nella speranza di non essere sorpreso.

temperatura permane. Ma il punto è questo: l’acqua di mare, di fiume o di lago è soggetta ai consueti moti ondulatori o delle correnti di flusso, i quali ne determineranno sostanzialmente l’aspetto superficiale al momento della solidificazione. L’azione combinata di

Dita di Fulmine 12 Agosto 2011

La Pareidolia e le illusioni mentali

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vete mai osservato qualcosa che assomiglia, in certa misura, ad un volto umano o animale? Oppure qualcosa che sembra un oggetto conosciuto? Se la vostra risposta è affermativa allora avete sperimentato ciò che viene definita con il termine “Pareidolia”. Questa parola deriva dal latino “parìre” e “idolum”, ma, a sua volta, ha una radice greca: είδωλον. Potremmo definirla come illusione subcosciente insita nel nostro cervello, la quale tende a ricondurre a forme conosciute oggetti e profili naturali (oppure artificiali) in un contesto (o texture) casuale. È una tendenza istintiva e automatica che fa scattare l’accostamento di forme familiari in immagini disordinate. Normalmente questo genere di associazione si manifesta sopratutto verso le figure e i volti umani. Quali sono i luoghi nei quali il nostro cervello interpreta come volti umani (o altro) degli insiemi più o meno casuali di schemi e tracciati? Le nuvole, per esempio; la loro composizione di vapore acqueo (sulla Terra) e la loro estrema volatilità permettono alle correnti d’aria di modellarle nella maniere più disparate e imprevedibili. Anche Il ghiaccio è un altro catalizzatore di figure pareidoliche; l’acqua essendo un fluido estremamente elastico tende ad acquisire facilmente la forma di qualsiasi cosa in cui essa si stabilisce. Quando congela ne mantiene le sembianze in modo permanete fintantoché la bassa

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urti con rocce adiacenti (frane), urti meteorici, scongelamenti e nuovi congelamenti, movimenti sismici ecc. potranno causare l’apparire di figure antropomorfe o d’altro genere. Non da meno è lo stesso terreno solido che forma il suolo terrestre o degli altri pianeti rocciosi. Sebbene considerabili “solide”, le rocce in realtà sono anch’esse dei fluidi con la differenza sostanziale di densità. La roccia è un

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SCIENZA fluido estremamente denso tale da acquisire una consistenza dura. Eppure se sottoposte a temperature elevatissime le molecole componenti le rocce divengono estremamente dinamiche: esse ci appariranno incandescenti emettendo anche luce e calore. CAPIRE IL PASSATO PER COMPRENDERE IL PRESENTE - La diatriba che si combatte da oltre 30 anni dai sostenitori e detrattori delle figure artificiali marziane dobbiamo inquadrarla proprio in tale contesto e per comprenderlo pienamente potrebbe esserci d’aiuto fare un passetto indietro nel tempo, ovvero alla stessa formazione dei pianeti. Al di la delle Nostre ipotesi proposte su questo sito o di altre, saremo tutti d’accordo che, dopo la “condensazione” della materia proto-planetaria, il nostro “neonato” pianeta doveva essere interamente allo stato fluido. Di conseguenza, in rispetto alle Leggi Fisiche, la porzione della massa caldissima più esterna cedeva calore allo spazio freddissimo. A questo punto dovremmo facilmente intuire che, anzitutto, proprio la parte esterna avrebbe iniziato a solidificare, dando origine alle prime proto-zolle continentali. Man mano che il raffreddamento continuava si estendevano le masse solide sopra le quali si stagliarono le prime catene montuose, vallate, canyons ecc. Probabilmente si potevano osservare anche molti canali scavati dai flussi di lava che sfociavano in laghi e mari di lava. Facciamo adesso un semplicissimo ragionamento: riusciremmo ad immaginare o calcolare quante sarebbero le combinazioni di texture che si potrebbero ottenere da una simile situazione planetaria? Probabilmente un valore virtualmente infinito. Pertanto le forme che la roccia solidificata mostrerebbe sulla superficie di un ipotetico neo-pianeta non conoscerebbero limiti: da tracciati ortogonali, canali tubiformi, strutture rettilinee ad angolo, sferiche, ovoidali, pseudo-piramidali fino alle figure più bizzarre e curiose, comprese le figure antropomorfe semplici, complesse o incastonate su altre figure antropomorfe. A questo scenario, meritevole di un trattato di geologia, dobbiamo naturalmente aggiungere le interazioni tra suolo e atmosfera (con le relative fenomenologie meteorologiche) e fluidi superficiali (o sotterranei). Solita-

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a cura di Enrico Baccarini mente si presuppone l’acqua, ma non è detto che debba necessariamente essere questa il principale componente liquido che caratterizza un pianeta: su Titano, per esempio, si pensa che sia il metano a creare fiumi, laghi e mari. Torniamo ora nel presente e rammentiamo questo: quando osserviamo la superficie attuale della Terra, della Luna, di Marte o di altri corpi rocciosi essa dovrebbe rappresentare (almeno in teoria) l’ultima versione di un processo geologico strutturato a strati sovrapposti e successivi ai precedenti; a meno che non siano intervenuti eventi violenti tali da alterare o rimpastare questo processo, noi vediamo la somma (o risultato) di una serie N tali di passaggi. Proprio come le nubi cambiano forma e si trasformano, anche la superficie dei pianeti (benchè solida) risponde basilarmente alle stesse leggi, naturalmente con tempistiche differenti, ma talvolta imprevedibili. Conclusione? Avremo sempre la formazione di nuovi tracciati ortogonali, canali tubiformi, strutture rettilinee ad angolo, sferiche, ovoidali, pseudo-piramidali fino alle figure più bizzarre e curiose, comprese le figure antropomorfe semplici, complesse o incastonate su altre figure antropomorfe. ALTRI FATTORI DA CONSIDERARE - Dobbiamo ora prendere in esame altri possibili cause generanti forme pareidoliche. Il prodotto della combustione è anch’esso una possibilissima fonte di immagini antropomorfe: se il fuoco brucerà una superficie infiammabile non si può prevedere esattamente come, dove e quando esso consumerà il materiale in fase di combustione. Al termine del processo stesso potremo osservare la risultante superficie carbonizzata. Che aspetto avrà? Anche qui talvolta si possono intravedere sagome curiose e somiglianti a volti umani, nulla però che vada oltre la sua naturalità intrinseca. Possiamo associare quanto descritto alla combustione di vegetazione, materiali sintetici, abiti, plastica (e relativa sua fusione), cibi eccetera. Non dimentichiamo allora le figure pareidoliche prodotte nelle emissioni di fumo... Infatti, analogamente alle nubi di vapore acqueo, il fumo è strettamente legato alla modellatura data dalle correnti d’aria. Una importante dif-

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a cura di Enrico Baccarini ferenza potrebbe risiedere nella sua densità (il fumo è carico di particelle di pulviscolo e ceneri varie) ed anche per la sua temperatura iniziale in quanto prodotto della combustione. Che dire delle figure antropomorfe che appaiono nelle pareti di case, nelle grotte, nel vetro delle finestre o nella muffa? Il principio è lo stesso: pura casualità, ma in questo caso ricordiamo che (sopratutto) le pareti delle grotte e (un po’ meno) i muri di casa sono porosi e lasciano traspirare piccole quantità d’acqua. Quest’ultima, dopo un certo tempo e una costante condensazione, assumerà le indistinte, ed insignificanti, sembianze di Madonne, Cristi e altre figure religiose; eppure sembra che nessuno abbia mai descritto l’apparire di forme simili a computer, telefonini, lavatrici ecc... RASSEGNA DI PAREODOLIE - Ed ora proponiamo un po’ di immagini tratte dal sito Attivissimo.net (sezione Antibufala) che dovrebbero chiarificare le idee molto più di 10 mila parole. Accettatele così come sono, comprese le simpatiche chiose umoristiche dell’Autore, persona molto acuta e intelligente... Interessante video sulla trasformazione di un cumulonembo in un volto minaccioso: Notizie Yahoo L’articolo completo è consultabile all’indirizzo web: http://www.pianetamarte.net/pareidolia.htm Pianeta Marte.net

Le due lune della Terra

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a collisione del nostro satellite con una luna più piccola potrebbe offrire una spiegazione delle diffrenze fra le sue facce, in alternativa al modello delle maree gravitazionali Le notevoli differenze morfologiche tra le due facce della Luna sono un puzzle di vecchia data: il lato che guarda verso di noi è relativamente basso e ricco di mari e crateri, mentre la topografia della faccia nascosta è caratterizzata da vasti altopiani e la crosta ha uno spessore decisamente maggiore. Secondo uno studio condotto da planetologi

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dell’Università della California a Santa Cruz e pubblicato su Nature, gli altopiani della faccia lontana potrebbero essere i resti di una remota collisione del nostro satellite con una seconda luna più piccola. Secondo il modello più accreditato sull’origine della Luna, essa si sarebbe formata in seguito a un gigantesco impatto della Terra con un corpo celeste delle dimensioni di Marte. Lo studio attuale suggerisce che nell’impatto si sarebbe formato anche un secondo, più piccolo corpo celeste, che all’inizio avrebbe condiviso l’orbita con la Luna per poi finire a impattarvi, creando sulla sua superficie uno strato supplementare di crosta solida spesso decine di chilometri. “Il nostro modello funziona bene con l’ipotesi di una Luna formata da un impatto gigante, che dovrebbe aver proiettato in orbita intorno alla Terra molti altri detriti oltre alla Luna stessa”, ha detto Erik Asphaug, uno degli autori dello studio. “Il modello concorda con ciò che sappiamo circa la stabilità dinamica di un simile sistema, con i tempi di raffreddamento della Luna, e con le età delle rocce lunari.” Nel nuovo studio, i ricercatori hanno realizzato simulazioni al computer di un impatto tra la Luna e un satellite dotato di una massa pari a circa un trentesimo di quella della Luna stessa. In una collisione a bassa velocità, l’impatto non formerebbe un cratere, né una elevata fusione della crosta, e la maggior parte del materiale si accumulerebbe sull’emisfero colpito come uno spesso strato di nuova crosta solida. Il modello permetterebbe anche di spie-

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gare le variazioni nella composizione della crosta lunare, che dal lato che guarda verso la Terra è relativamente più ricca di potassio, di elementi delle terre rare e di fosforo, che rappresentano il cosiddetto KREEP. Questi elementi, al pari di uranio e torio, dovevano essere concentrati in un oceano di magma intrappolato sotto la crosta. Nelle simulazioni si osserva che in seguito alla collisione questo strato KREEP viene sospinto verso l’emisfero opposto ponendo i presupposti per le peculiarità geologiche oggi rilevate. Per altro, per spiegare la formazione degli altopiani sono stati proposti anche altri modelli, tra cui uno pubblicato l’anno scorso su Science dallo stesso Asphaug in collaborazione con Ian Garrick-Bethell e Francis Nimmo: in quell’analisi si considerava la possibilità che il modellamento della crosta lunare potesse essere dovuto alle forze di marea gravitazionali. Per ora, concordano in ogni caso i ricercatori, non ci sono dati sufficienti per dire quale dei modelli alternativi offra la spiegazione migliore. “Solo quando disporremo di ulteriori dati dallo spazio e, si spera, di altri campioni lunari diverrà chiaro quale di queste due ipotesi è la più corretta”, ha concluso Nimmo. Le Scienze 4 agosto 2011

Come trovare le tracce lasciate dagli universi paralleli

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dentificate quattro aree nella radiazione cosmica di fondo compatibili con il modello proposto. Una rappresentazione delle bolle del multiverso. Prima era solo un’elegante teoria che molti scienziati consideravano pura ipotesi senza nessuna possibilità di essere dimostrata, ora c’è qualche traccia. La “teoria del multiverso”, cioè di un numero infinito di universi (il nostro sarebbe uno dei tanti) contenuti in mega-bolle che si originano una dall’altra, ha trovato un sostegno in due articoli pubblicati in Physical Review Letters e Physical Review D da un gruppo di cosmologi dell’University College London (Ucl), Imperial

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College London e del Perimeter Institute for Theoretical Physics. BOLLE - Il gruppo ha studiato e identificato quali forme assumerebbero nel nostro universo le eventuali tracce delle bolle di altri universi nel tessuto della radiazione cosmica di fondo (Cmb), che è ciò che resta del Big Bang che diede origine al nostro universo poco meno di 14 miliardi di anni fa. Gli scienziati hanno messo a punto un programma per osservare come apparirebbe il nostro universo con le collisioni cosmiche con altre bolle-universo oppure uno che non le contiene, e quale di questi due è il più simile con i dati ottenuti in sette anni di osservazioni del satellite Nasa Wmap, che studia in dettaglio la radiazione cosmica di fondo. Inoltre hanno evidenziato un limite massimo delle possibili tracce di bolle-universo che sono venute in contatto con il nostro che saremmo in grado di osservare nel tessuto della Cmb. Secondo Hiranya Peiris, del dipartimento di fisica e astronomia di Ucl e co-autrice degli articoli, dai dati osservati da Wmap sono state identificate quattro zone di forma circolare che hanno caratteristiche compatibili con il modello proposto dal gruppo di studio. CONOSCENZA - La stessa Peiris però ammette che “quattro regioni non sono un numero statisticamente significativo” per poter dire che il multiverso esista veramente, però si dice convinta che i dati che saranno ottenuti dal telescopio spaziale Planck dell’Esa - che studia la Cmb con maggiore dettaglio - potranno fornire maggiori informazioni. George Efstathiou, direttore dell’istituto di cosmologia dell’Università di Cambridge, interpellato in merito dalla Bbc, ha commentato che lo studio del gruppo di Peiris è “il primo serio tentativo” per dimostare l’esistenza del multiverso e soprattutto “è molto interessante dal punto di vista metodologico”. Secondo Peiris, però, anche se fossimo in grado di provare l’esistenza di queste bolle-universo potremmo non essere mai in grado di conoscere nulla del loro interno. Paolo Virtuani Il Corriere della Sera 5 agosto 2011

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Mistero Anche Hilary Evans ci lascia

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l 27 luglio 2011 è venuto a mancare a ottant’anni lo studioso inglese di anomalistica Hilary Evans. Ricordiamo la sua originalità di approccio alla tematica delle visioni di entità ed i suoi due libri più conosciuti “Gods, Spirits, Cosmic Guardians” e “Visions, Apparations, Alien Visitors”, pubblicati anche in italiano. ����������������� Di Evans ricordiamo i seguenti saggi: • Evans, Hilary. Intrusions: Society and the Paranormal. London and Boston: Routledge & Kegan Paul, 1982; • The Evidence for UFOs. Wellingborough, Northampton, England: Aquarian Press, 1983; • Visions, Apparitions, Alien Visitors. Wellingborough, Northampton, England: Aquarian Press, 1984; • Gods, Spirits, Cosmic Guardians.Wellingborough, Northampton: Aquarian Press, 1987. Alternate States of Consciousness: Unself, Other-self, and Superself. Wellingborough, Northampton: Aquarian Press, 1989; • Frontiers of Reality, Aquarian Press, 1989; • Evans, Hilary, and John Spencer, eds. Phenomena: Forty Years of Flying Saucers. New York: Avon Books, 1989; • Evans, Hilary, and Dennis Stacy, eds. UFO 1947-1997: Fifty Years of Flying Saucers. London: John Brown, 1997; • Evans, Hilary, and Robert Bartholomew, eds. Outbreak! The Encyclopedia of Ex-

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traordinary Social Behaviour. San Antonio, Texas: Anomalist Books, 2009. Studioso prolifico e molto documentato Hilary è semplicisticamente catalogato tra i difensori della “Ipotesi Psico-sociologica” degli UFO, ma in realtà il suo pensiero era molto articolato e non sembrava disponibile a soluzioni facili dei problemi coinvolti da certe visioni senza apparente spiegazione. Impossibile non mettere insieme nel cordoglio la dipartita di pochi giorni fa dello studioso Corliss a quella di Evans. Entrambi condividevano la necessità di raccogliere indizi e documentarli, prima ancora di offrire soluzioni facili, come troppo spesso capita. Negli anni ‘80 Evans è stato uno dei primi a mostrare interesse per le EarthLights e per altri Fenomeni Luminosi in Atmosfera messi in relazione con le osservazioni di UFO. Nel luglio 1982 pubblicò sulla rivista di ufologia “The Probe Report” un lungo articolo in cui proponeva una nuova categoria per una serie di fenomeni che riteneva accomunati da diverse caratteristiche: BOL, ossia “Balls of Light”, che possiamo tradurre in “Sfere di Luce”. [info: http://www.ufo.se/blogg/14245; http:// www.cryptomundo.com/cryptozoo-news/ evans-obit/; Stilo Giuseppe, http://www.itacomm.net/EL/stiloel.htm] Il Laboratorio delle Anomalie 28 luglio 2011

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MISTERO Scoperto un nuovo mostro di “Lochness” in Alaska

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n gruppo di pescatori ha filmato nel 2009 una creatura lunga da 6 a 9 metri. La leggenda di Loch Ness si trasferisce nelle terre selvagge dell’Alaska. Un gruppo di pescatori ha filmato nel 2009 una creatura lunga da 6 a 9 metri, con varie gobbe sulla schiena, mentre nuotava minacciosamente nelle acque della baia. Per gli abitanti della regione, potrebbe essere una specie di mostro marino che da decenni popola le leggende marine del Nord Pacifico. Una sorta di versione locale di Nessie, per la prima volta catturata in video. Si tratta di un grande serpente marino chiamato Cadborosaurus, dal nome della zona, la Cadboro Bay, dove per la prima volta è stato avvistato. Il video è vecchio di due anni, ma è stato mandato in onda per la prima volta su Discovery Channel: “Secondo me le immagini sono autentiche” ha detto Paul LeBlond, ex capo del Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Oceano dell’Università della British Columbia. Secondo i racconti e le leggende, il Cadborosauro è un serpente di mare del Nord Pacifico: ha un lungo collo, una testa simile a quella di un cavallo, occhi grandi e gobbe sulla schiena che si vedono in acqua come le pinne di uno squalo. Sono decenni che viene avvistato nella regione. Nel 1937 fu ritrovata una carcassa nello stomaco di una balena. I resti furono portati al Provincial Museum, dello stato canadese del Victori. Per i tecnici che lo analizzarono si trattava però di un feto di balena e di non un serpente. La carcassa sparì misteriosamente qualche anno dopo, quindi nessuno ha potuto ripetere quegli esami, che molti hanno messo in dubbio. Non essendoci prove certe della sua esistenza, il Cadborosauro appartiene di diritto alla criptozoologia, la scienza che studia gli animali di cui esistono solo racconti vaghi e foto fuori fuoco. Questo video potrebbe essere la prima vera prova del fatto che il Cadborosauro non esiste solo nella fantasia dei pescatori.

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a cura di Enrico Baccarini Secondo alcuni studiosi, il misterioso animale potrebbe essere una grossa anguilla. Per LeBlond, invece, non può che trattarsi di un mammifero o di un rettile. “Oscilla verso l’alto e verso il basso, su un piano verticale, non verso i lati come fanno i pesci, ha commentato. Notizie Yahoo 15 Agosto 2011

Preso vivo un Chupacabras

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n animale bizzarro è stato catturato alla periferia di Washington DC. Un Chupacabra? Con ogni probabilità no, anche se è stato soprannominato “Prince Chupa” per la sua somiglianza con un chupacabra - la famosa bestia famoso cryptozoologica accusata di succhiare il sangue degli animali da allevamento. D a l l ’i n i z i o di giugno, i lavoratori in un ospedale nella contea di Prince George, nel Maryland, hanno notato una strana creatura nei boschi durante le pause sigaretta: “ “E ‘un animale che sembra un misto tra canguro, cane e ratto” ha raccontato all’NBC un tecnico radiologo, Joe Livermore. “Ha la coda di un topo e la testa di un cervo. Non so cosa sia.” Le corna comunque non si vedono e la somiglianza con il cervo non sembra così accentuata. La scorsa settimana, Livermore racconta di aver utilizzato avanzi di cibo cinese e di pollo per attirare l’animale in una trappola. Lo ha filmato e poi lo ha lasciato libero. Le immagini non sono così sfocate, ma la probabilità che si tratti di un povero animale selvatico, come una volpe o un coyote, affetto da rogna è alta. Perché non tenerlo per un po’ per poterlo curare o studiare? Forse perché i tecnici

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MISTERO

a cura di Enrico Baccarini radiologi del Maryland sono dei burloni? Giornalettismo 18 Agosto 2011

Il fantasma del museo di Napoli? Una bufala realizzata con l’iPhone

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i avevano raccontato - e documentato - che un fantasma si aggirava tra le mura del museo archeologico di Napoli. E invece - grazie a un cacciatore di bufale sul web, il blog Il disinformatico - si scopre che quelle foto non sono altro che il prodotto di un’applicazione dell’ iPhone. Le immagini che immortalano lo spettro, infatti, non sono che un falso, studiato appositamente per suggestionare i visitatori. E per farlo non ci è voluto molto: un pc o un più semplice cellulare con installato il programma “Ghost capture” e il fantasma è bell’e fatto. Lo spetto, infatti, è il risultato di un’immagine ‘degradata’ con la compressione jpeg. “C’è poco da ridere” - Sulla vicenda è intervenuto anche il ministro dei beni culturali Giancarlo Galan. “Confesso che nell’apprendere le notizie extramuseali provenienti da Napoli mi sono detto che c’era ben poco di cui sorridere - ha sottolineato -. E questo per almeno tre buoni motivi: la gloriosa storia dell’archeologia partenopea; la serietà dell’amministrazione pubblica nel settore culturale; il rispetto che

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va portato sempre e comunque a ciò che Napoli è ed è stata. Oltre - ha aggiunto Galan non è lecito andare, se non altro per quanto mi riguarda, anche perché ci troviamo di fronte a notizie, a immagini, a commenti del tutto estranei nella loro irritualità a chi ha realmente il compito di dirigere quel Museo e quella Soprintendenza. Dispiace che simili irritualità siano avvenute nell’ambito di lavori avviati su progetti che utilizzano finanziamenti europei”. Libero-news.it 22 Agosto 2011

Jodie Foster finanzia la ricerca sugli alieni

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settembre riprende il programma Seti per captare segnali extraterrestri. Il film Contact le è rimasto dentro. Nel film di Robert Zemeckis del 1997, Jodie Foster interpretava una scienziata del progetto Seti (la ricerca di segnali extraterrestri tramite radiotelescopi) che riceve un messaggio misterioso. Interpretandolo, scopre che nasconde le istruzioni per costruire un veicolo interstellare e lei stessa si candida per il viaggio. CALIFORNIA TAGLIA I FONDI - Quattordici anni dopo, l’attrice americana è una delle 2.557 persone che hanno offerto contributi per evitare la chiusura del progetto Seti, dopo che lo Stato della California, a causa della crisi, ha tagliato le sovvenzioni. In pratica servono 2 milioni di dollari all’anno per evitare lo stop definitivo alle ricerche, dopo che già lo scorso aprile erano finite le risorse. Seti aveva perciò organizzato una sottoscrizione pubblica sul proprio sito internet per reperire almeno i 200 mila dollari necessari per la ripresa delle operazioni. Il 16 agosto Seti ha annunciato di aver ricevuto più di 223 mila dollari, tra i quali anche quelli di Jodie Foster, che non si è dimenticata degli scienziati che nel 1997 l’avevano accolta per le riprese del film. CONTRIBUTI - Ora «i telescopi sono di nuovo operativi e dobbiamo riprendere le ricerche di nuovi pianeti dai quali si potreb-

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MISTERO

a cura di Enrico Baccarini

bero ricevere segnali di vita extraterrestre», ha dichiatato la Foster sul sito Seti per spiegare la decisione di offrire il proprio contributo. I telescopi Seti «potrebbero trasformare la fantascienza in scienza, ma solo se noi cerchiamo in modo sistematico nello spazio». Tra i donatori di Seti c’è anche l’astronauta Bill Anders, che volò su Apollo 8, la prima missione ad arrivare in orbita lunare. «È irresponsabile per l’umanità non ricercare le prove di intelligenza extraterrestre», ha aggiunto l’astronauta. FUTURO - Le ricerche riprenderanno quindi in settembre, hanno spiegato i dirigenti di Seti, ma per assicurare un’attività a lungo termine serviranno nuove fonti di finanziamento. Ora si spera nella conferma da parte dell’Aviazione militare americana del contratto per rintracciare i detriti spaziali orbitanti intorno alla Terra che potrebbero danneggiare la Stazione spaziale internazionale. Però se anche gli alieni volessere mettere mano al portafoglio, il loro contributo sarebbe bene accetto. Il Corriere della Sera 17 agosto 2011

Muore a 80anni Budd Hopkins

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i ha lasciati il 21 Agosto all’età di 80 l’artista e studioso di abduction (i rapimenti alieni) Budd Hopkins! E’ con profondo dolore personale che ne diamo la notizia. Avemmo modo di consocerlo e confrontarci con lui negli anni passati durante diversi convegni tenuti a San Marino (ricordo ad esempio nel 2005) e scoprimmo in Budd una persona davvero eccezionale e di grandi ideali. Hopkins, in oltre trent’anni di studi e pubblicazioni, ci ha lasciato un patrimonio unico nei suoi tre libri Missing Time (1981), Intru-

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ders (1987),e Witnessed (1996). Nato nel 1931 e cresciuto a Wheeling, West Virginia, nel 1953 si trasferisce a New York. Nel 1964, Hopkins assieme ad altri due testimoni osserva un UFO diurno. Dopo tale evento nasce l’interesse per la materiaufologico che lo vedrà ben presto associarsi dello storico gruppo NICAP. Dopo aver esaminato mumerosi casi di missing time (tempo mancante), Hopkins associò per primo queste lacune mnemoniche ai rapimenti alieni e creò la Intruder Foundation. La scrittrice e giornalista Leslie Kean ieri ha rilasciato una dichiarazione riguardo la sua scomparsa: Sono molto triste di annunciare che Budd Hopkins è morto oggi, 21 agosto alle ore 01:35. Budd era stato in cura in un ospizio per circa tre settimane, poi nella sua casa a New York. La combinazione di cancro al fegato e polmonite ha portato alla sua morte. Sua figlia Grazia Hopkins-Lisle e io siamo stati quasi sempre in queste ultime settimane con lui. (Leggi tutto). Budd ci mancherai molto! Faremo memoria e testimonianza del tuo lavoro per portarlo avanti. ENIGMA | Enrico Baccarini 22 Agosto 2011

Settembre 2011 | n.1


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