A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno VII N° 72 marzo 2014
Mensile d’informazione d’arte
www.artemediterranea.org
ndedicato a:
Giacometti: dopo 40 anni una monografica nin mostra: Matisse e la figura
ncinema: American Hustle
Henri Matisse, “Icaro”, 1947
nmanga: PeaceMaker
Sono in distribuzione la 1a e 2a lezione del DVD sulla pittura ad olio
Per sponsorizzare “Occhio all’Arte”
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• • • Redazione Maria Chiara Lorenti, Cristina Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Eleonora Spataro Mensile culturale edito dalla Collaboratori Associazione Arte Mediterranea Luigia Piacentini, Stefania Servillo, via Dei Peri, 45 Aprilia Patrizia Vaccaro, Teresa Buono, Tel.347/1748542 Daniele Falcioni, Laura Siconolfi, occhioallarte@artemediterranea.org Maurizio Montuschi, Greta Marchese, www.artemediterranea.org Valerio Lucantonio, Martina Tedeschi, Aut. del Tribunale di Latina Marilena Parrino, Nicola Fasciano, N.1056/06, del 13/02/2007 Pina Farina, Giulia Gabiati Fondatori Antonio De Waure, Maria Chiara Lorenti Cristina Simoncini Amministratore Antonio De Waure Direttore responsabile Rossana Gabrieli Responsabile di Redazione Maria Chiara Lorenti
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Responsabile Marketing Cristina Simoncini Composizione e Desktop Publishing Giuseppe Di Pasquale Stampa Associazione Arte Mediterranea via Dei Peri, 45 Aprilia
Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso dell’editore
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Sommario
Agostino Iacurci Il paesaggio italiano Fotografie 1950-2010 Herb Ritts Matisse e la figura Musei romani, III parte American Hustle Tesori recuperati dall’arma dei Carabinieri Pompei: scoperto nuovo slogan elettorale Giacometti: dopo 40 anni una monografica Dai Diamanti non nasce niente Olgiata 20.12 Sport Club PeaceMaker Pittura dilettevole “L’AMORE QUANDO C’ERA” Solarino, il robot a impatto zero che pulisce le spiagge sul filo di china
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gratis
Agostino Iacurci
Street art alla Wunderkammern gallery di Roma di Eleonora Spataro
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a Wunderkammern - Explore Contemporary Art, galleria d’arte a Roma, in via Gabrio Serbelloni 124, presenta la personale di Agostino Iacurci, uno dei più promettenti street artist italiani. Tra i lavori presenti in città ricordiamo l’uomo che nuota sulla facciata della Pescheria Ostiense. La mostra a ingresso libero, aperta fino al 22 marzo 2014, si intitola “Small wheel, big wheel”. I lavori di Iacurci indagano il tema del gioco, momento di sospensione della vita ordinaria. Azioni apparentemente semplici innescano la riflessione sul parco-giochi come luogo simbolo della scoperta del gioco, come pratica sociale e spazio pubblico dove si creano i primi incontri e prendono forma i parametri culturali. “L’ironia cinica e intelligente colloca i racconti di Agostino sulla soglia perenne tra innocenza e malizia, serenità e catastrofe, in una tensione tra opposti che è chiave interpretativa dell’intera esistenza.”
Il paesaggio italiano Fotografie 1950-2010 Al Museo di Roma in Trastevere
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ino al 20 aprile il Museo di Roma in Trastevere ospiterà la mostra “Il Paesaggio italiano”, ingresso 7,50 euro. Le immagini, 120 fotografie, raccontano la storia d’Italia, dalla seconda metà del Novecento, e quella dei diversi stili con i quali i fotografi si sono confrontati per misurarsi sul paesaggio. Pittorialisti, fotografi vicini all’etica crocina, gli aderenti a La Gondola, i Neorealisti, i paesaggisti del Touring Club e ancora coloro che vedevano il viaggio come scoperta, che pensavano il paesaggio come non luogo o legato alla letteratura, alla fantasia, alla dimensione urbana o come memoria, infine la visione contemporanea del paesaggio frammentati: sono queste le correnti e i temi presi in analisi. In mostra grandi nomi della fotografia come Gianni Berengo Gardin, Piergiorgio Branzi, Ferdinando Scianna, Luigi Ghirri, Franco Fontana e moltissimi altri.
Herb Ritts
Fino al 30 marzo all’Auditorium Parco della Musica
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i intitola “In piena luce” la retrospettiva che l’Auditorium Parco della Musica dedica Herb Ritts. La mostra si terrà nello spazio expo dell’Auditorium, con ingresso a 10 euro e rimarrà aperta al pubblico fino al 30 marzo 2014. Grande interprete della fotografia internazionale, lo star system hollywoodiano è il protagonista di molti suoi celebri scatti che hanno contribuito alla fama di celebrities come Madonna, Michael Jackson o Richard Gere. In mostra troverete oltre 100 scatti, di diverso formato, dalle imponenti stampe al platino, alla serie di stampe ai sali d’argento di medio formato fino alle grandi gigantografie spettacolari. “Lo stile di Herb Ritts è inconfondibile, nutrito di uno sguardo potente. Uomo colto e sensibile, appassionato di arte e di storia della fotografia, studiava le composizioni classiche, la plasticità del dialogo tra i corpi nell’arte rinascimentale, così come nelle fotografie di inizio secolo.” 3
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in mostra
Matisse e la figura
Nel colore la danza del segno di Maria Chiara Lorenti
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uel che più mi interessa non è né la natura morta, né il paesaggio, ma la figura. La figura mi permette ben più degli altri temi di esprimere il sentimento, diciamo religioso, che ho della vita”. Così Henry Matisse spiegava il suo rapporto con la pittura, dove la figura era predominante e fondamentale. Per lui era determinante cogliere l’essenzialità del soggetto, contestualizzandolo nella scena, eliminando i dettagli non significativi per rappresentarlo. Una sintesi estrema di questa ricerca stilistica è la raffigurazione dell’opera “Icaro”, una delle venti tavole che illustrano il libro Jazz, commissionato dal suo amico editore Emmanuel Tériade. Si tratta di gouaches découpées, ovvero di fogli colorati a tempera, ritagliati a seconda del soggetto scelto ed incollati su carta, successivamente riprodotti a stampino. Questa nuova tecnica, solo in parte sperimentata precedentemente, è espressione di una fusione tra luce e colore, con l’eliminazione totale di ogni riferimento fisiognomico, le sagome danzano, uniche protagoniste, praticamente elementi astratti nei fondi cromatici. Le gouaches découpées furono usate per tutte le stampe del libro, dai personaggi dedicati al circo, i clowns, i giocolieri, i trapezisti sino ad Icaro. Incarnazione del suo travaglio interiore, il figlio di Dedalo, avvicinatosi troppo al sole, provoca la sua morte, e precipita in una notte cosmica, così simile a quelle lunghe veglie insonni del pittore, che, malato e stanco, non trova pace alle sue angosce. “Matisse, la figura. La forza della linea, l’emozione del colore” è la rassegna che Ferrara dedica al grande pittore francese. Nel prestigioso sito del Palazzo dei Diamanti è allestita la mostra che abbraccia cronologicamente l’iter della carriera di questo gigante dell’arte moderna, attraverso la visione delle diverse tecniche utilizzate dall’artista, tutte strettamente correlate, la pittura, il disegno e la scultura. Curata dalla vicedirettrice del Centre Pompidou, Isabelle MonodFontaine, l’esposizione verte sulla produzione di opere che Matisse incentrò sul tema della figura umana, sovvertendone i canoni tradizionali di raffigurazione. Con la presenza di capolavori provenienti dalle collezioni pubbliche e private da tutto il mondo, questa rassegna mette in luce soprattutto il grande amore che l’autore aveva per l’universo femminile, un’ossessione che lo porta a studiarne ogni espressione, per coglierne l’intima essenza, per ritrarne ogni sfaccettatura, sino alla sublimazione finale, come nel ritratto della modella russa Lydia Delectorskaya, dove il segno geometrico marcato e le campiture cromatiche, appiattendola, ne annullano la verosimiglianza pur lasciandola riconoscibile. O, altra modella più volte effigiata, Lorette che immortala in più tele, ora come sorella amorevole che abbraccia protettiva la più piccola, ora più sensuale, memore della lezione di Ingres, nuda di spalle, seduta su un soffice cuscino, volge la schiena, tracciata con linee curve decise che ne evidenziano la pienezza morbida delle carni. Dal periodo fauve, influenzato dai dipinti di Cezanne, ai bronzi (“Nudo disteso”) suggestioni dell’arte tribale africana, passando dall’ammaliante luce mediterranea della Costa Azzurra che ne ispira le tele dedicate alla donna, seduttiva, esotica, mollemente sdraiata, per finire con le silouette cartacee, ormai forme astratte che fluttuano danzando nella luce, la mostra su Matisse ne traccia un ritratto veritiero, anche se inconsueto, che pone in evidenza la genialità di un artista che, pur essendo stato definito in vita “decorativo”, ha dimostrato al mondo tutta la sua grandezza innovativa. “Matisse, la figura. La Forza della linea, l’emozione del colore” Palazzo dei Diamanti, Ferrara, fino al 15 giugno.
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Henri Matisse, “Nudo seduto di spalle” 1917
Henri Matisse, “ Ritratto di Lydia Delectorskaya” 1947
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musei
Musei romani, III parte Galleria Borghese, 7° articolo di Laura Siconolfi e Maurizio Montuschi
Dosso Dossi , “Apollo”, 1522
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’Amore, cioè Cupido, il dispettoso e vendicativo figlio di Venere, spesso rivolge i suoi strali ardenti verso ignari destinatari, con assoluta casualità. In alcune occasioni, poi, soprattutto su istigazione materna, si adopera affinché, ad un’irrefrenabile passione amorosa, corrisponda un sentimento antitetico molto vicino all’odio, causa, molto spesso, di tragici epiloghi. Succede, quindi, che, con grande meraviglia da parte di chi viene a conoscenza dei fatti, un giovinetto o anche una fanciulla, dalle fattezze perfette, dagli sguardi puri e sognanti amino, profondamente, delle creature altrettanto giovani e belle che, però, pur di sottrarsi alle loro bramosie, preferiscono porre fine alla loro pur breve vita! La metamorfosi in un albero di alloro, di una ninfa incantevole e leggiadra, Dafne che, per sottrarsi al caloroso e morbido abbraccio di un amante come Apollo, si lascia avvolgere da una scorza fredda e dura, è la conseguenza di un intervento
divino. Eros, per compiacere la capricciosa madre, ha colpito Apollo con la freccia dell’amore e Dafne con un’altra, di segno contrario … almeno secondo il poeta latino Ovidio che, nelle Metamorfosi, narra la pungente delusione del bellissimo dio della poesia e della musica. Questo mito, che il poeta latino ha attinto dalla tradizione letteraria dell’antica Grecia, ha ispirato molti scultori e pittori che, nelle loro opere, hanno rappresentato un momento particolare degli eventi, in maniera consona alla loro sensibilità artistica. Nella Galleria Borghese, nella terza stanza del pianterreno, rispettivamente al centro e sul soffitto della volta, c’è sia una scultura di G.L. Bernini che un dipinto di Dosso Dossi che dal mito hanno tratto ispirazione: “Apollo e Dafne” (162225) e “Apollo” (1522). Bernini per la sua rappresentazione scelse il momento cruciale, quando Apollo raggiunge Dafne e la ninfa si trasforma in alloro, donando ai loro corpi, colti nell’attimo in cui si svolge l’azione, una bellezza classica ma anche seicentesca per la sensualità che li pervade. La scena rappresentata è molto dinamica; I due giovani, in scala naturale, benché ancorati ad una base marmorea, sembrano sospesi nel vuoto: Apollo, trascinato dalla sua corsa, seminudo, poiché, per effetto della velocità, il leggerissimo mantello gli è scivolato via, si sbilancia in avanti per afferrare Dafne che, non potendo più sfuggire al dio, allarga le braccia in alto mentre scorza e rami stanno rendendo ruvida la morbidezza del suo corpo. Al cospetto di un tale capolavoro, notevole è l’impatto emotivo dello spettatore coinvolto da un turbinio di sentimenti che sono speculari a quelli “provati” dai due protagonisti: stupore e delusione nell’uno, angoscia, sconcerto, impotenza nell’altra che si sente perduta. L’apice emozionale, però, è raggiunto solo quando si ha la percezione di un’altra metamorfosi, quella del marmo che sembra stoffa, capelli, velo, foglia, radice, scorza. Dal candore del marmo, nello stesso ambiente, si passa alle fluenti pennellate, intrise di mille sfumature di verde e di ocra, della tela di Dosso Dossi che, dell’infelice storia ha colto un altro momento: il dramma si è già consumato, i due sono lontani; Apollo, in primo piano, domina la scena; la ninfa, in lontananza, s’intravede appena. Il vero protagonista è lui, il dio della musica e della poesia, con una corona d’alloro sul capo e con una viola da braccio con cui ha appena finito di accompagnare un canto d’amore per la sua amata. Anche nel dipinto un fine manto, questa volta verde, avvolgendo solo le gambe, lascia scoperto il giovane corpo che, invece, è muscoloso, possente, dell’armonia classica non ha più nulla, ma che comunque ha dei modelli di riferimento altrettanto nobili, Michelangelo, Raffaello. La prestanza ed il vigore del corpo dell’immortale cantore sono, però, in evidente contrasto con il volto delicato e gentile ma, soprattutto, con l’espressione degli occhi, specchio di un profondo struggimento che neppure il conforto della musica riesce a lenire. Proprio in tale contrapposizione consiste la bellezza del quadro che è un altro gioiellino del museo romano, cui dedicheremo altre riflessioni. 5
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cinema
American Hustle
Niente è come sembra di Greta Marchese
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n cast d’eccezione per la nuova pellicola di David O. Russel (“The Fighter”, “Il lato positivo”), uscita nel 2013 negli USA e distribuita in Italia a partire dal 1° gennaio 2014, con le splendide interpretazioni di Christian Bale, Amy Adams, Bradley Cooper, una breve ma intensa Jennifer Lawrence e una fugace apparizione di Robert De Niro. Il film è incentrato sulla collaborazione tra l’FBI e una coppia di truffatori professionisti: Irving Rosenfeld (C. Bale) e Sydney Prosser (A. Adams), traendo ispirazione da una vera indagine della polizia federale che nell’America di fine anni ‘70, indagando su una banale truffa, si ritrovò a dirigere un’operazione che si concluse con la condanna di 19 persone per corruzione e associazione a delinquere. Dopo il successo di “Argo”, non è stato difficile per Eric Singer ottenere una certa credibilità con la sceneggiatura di “American Hustle”, che funziona nuovamente. L’apparenza è la vera protagonista e va in scena fornita di tutte le sue ingannevoli facoltà, senza per nulla al mondo rinunciare a un pizzico d’ironia, che riesce a rendere fluida la narrazione anche laddove sarebbero stati più opportuni dei semplici tagli. La pellicola esce vittoriosa dai Golden Globe con il premio per la miglior commedia, miglior attrice protagonista in una commedia (A. Adams) e miglior attrice non
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protagonista in una commedia (J. Lawrence); ed è pioggia di nomination anche ai Critics Choice Movie Awards, la più grande associazione statunitense di critici televisivi, radiofonici e di testate online, che gli attribuisce ben 13 nomination. A stupire, però, non sono soltanto le innumerevoli candidature; la terza fatica di O. Russel è anche il palcoscenico della nuova metamorfosi di Christian Bale, le cui trasformazioni in nome dell’arte sono più che note. E mentre Bale cerca la completa fusione tra l’attore e il personaggio, in un percorso che va dal corpo scolpito di “Batman Begins” a quello scheletrico de “L’uomo senza sonno”, all’ultima follia del grasso sexy in “American Hustle”; il regista non manca di sottolineare il vero scopo del film: “ Sono interessato alle passioni dei personaggi: scoprire perché vivono, cosa li anima, osservarli mentre fanno i conti con se stessi e con il proprio futuro. Si tratta di personaggi in continuo divenire e con una grande passione per la vita. La sofferenza e il dolore sono sentimenti facili da rappresentare; io, invece, voglio raccontare esseri umani che vanno oltre gli schemi consueti, così come i miei film trascendono i singoli generi” . Piccoli ritratti dunque, che agiscono in un gioco di scontri e finzioni mentre a ognuno è affidato il compito di imparare la difficile arte della sopravvivenza.
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in mostra
Tesori recuperati dall’arma dei Carabinieri Una mostra di “bentornato” al Palazzo del Quirinale di Luigia Piacentini
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opo la mostra del 2007 “Nostoi. Capolavori ritrovati”, il Palazzo del Quirinale apre le sue sontuose sale ad un’altra mostra che espone ancora beni culturali recuperati dal mercato illegale dell’antiquariato: “La memoria ritrovata. Tesori recuperati dall’arma dei Carabinieri” (promossa dalla Presidenza della Repubblica in collaborazione con il Ministero dei Beni delle Attività Culturali e del Turismo, con il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale e organizzata da Civita). Il comando CC TPC (Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale), organo di diretta collaborazione del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, si occupa soprattutto
dei controlli delle aree archeologiche, delle attività commerciali e del recupero di beni culturali ed oggetti d’arte. Questa esposizione, dove un centinaio di capolavori fanno rientro a “casa”, si snoda nell’ala occidentale del palazzo, in particolare in due sale della Galleria di Alessandro VII Chigi (Sala di Augusto e Sala degli Ambasciatori), ormai famosissime per la riscoperta delle pitture di Pietro da Cortona e dei suoi discepoli coperte dagli interventi francesi tra il 1812 e il 1814 a seguito della decisione di Napoleone di far diventare il Palazzo del Quirinale sede imperiale. La mostra si articola in due sezioni: nella Sala degli Scrigni, nella Sala di Ercole e nella Sala degli Ambasciatori sono esposte opere che vanno dal VI secolo a.C. al Settecento; nella Sala di Augusto urne cinerarie, provenienti da uno scavo effettuato in occasione della costruzione di una moderna abitazione a Perugia. I lavori per la costruzione hanno quasi distrutto totalmente il mausoleo di una famiglia etrusca, i Cacni, risalente al III – I a.C. L’esposizione delle urne è stata anche l’occasione per il restauro delle stesse che raffigurano le più famose scene della mitologia greca. Quasi tutte le opere recuperate provengono da scavi clandestini o sono state oggetto di furti in chiese e musei. Nonostante questa dura realtà, la mostra sottolinea il volere ed il dovere di molti che ogni giorno combattono contro l’illegalità del traffico di beni e che desiderano restituire a noi italiani il nostro passato. Fino al 16 marzo 2014 Dal martedì al sabato dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 18.30. Ingresso gratuito Domenica: dalle 8.30 alle 12.00 € 5 con visita al Palazzo Chiusa il lunedì
Pompei: scoperto nuovo slogan elettorale
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a alcuni anni purtroppo, quando si parla di Pompei, è sempre per le pessime condizioni in cui versa. Questa volta però, da una notizia negativa, nasce una nuova scoperta: per le abbondanti piogge della prima settimana di febbraio, un pezzo di intonaco esterno di una domus (collocata nella Regio VIII, insula 4 al civico 4 ed attribuita alla famiglia dei Postumii) staccandosi, ha riportato alla luce uno slogan dipinto qualche anno prima del 79 d.C. (anno in cui la città venne sepolta dalla lava del Vesuvio). Il candidato a cui fa riferimento è Lucio Ceio Secondo, personaggio dell’età flavia appunto, di cui si favorisce la candidatura all’edilità. Insomma questa volta da un nuovo dramma di Pompei si ha una meravigliosa scoperta ma purtroppo non sempre è così.
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Giacometti: dopo 40 anni una monografica Continuano le mostre sui grandi del ‘900 a Galleria Borghese di Stefania Servillo
Alberto Giacometti, “Grande famme I”, 1960, bronzo
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Alberto Giacometti, “Donna sgozzata, (Famme égorgée), 1933, bronzo
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alleria Borghese propone una nuova mostra su un importante artista del ‘900: Alberto Giacometti. Un grande evento, di portata internazionale, che raccoglie 35 tra le maggiori opere dell’artista svizzero che comunicano sensi d’ansia ed inquietudine profonda ma attualissima. L’esposizione è interessante e importante: i curatori sono personaggi di rilievo (Anna Coliva, direttrice della Galleria Borghese e Christian Klemm, uno dei più grandi studiosi dell’artista); inoltre è dal 1970, quando fu allestita una monografica a Villa Medici, che non si presentava l’occasione di una rassegna interamente dedicata all’artista; infine le opere sono state collocate in maniera da dialogare non solo tra loro, ma anche con le statue già presenti nel percorso permanente del museo, concedendo ai visitatori un’occasione più unica che rara (chi può dire di aver osservato un capolavoro di Canova in dialogo silenzioso con un’opera di Giacometti!?). L’evento è stato posticipato: inizialmente si supponeva che l’inaugurazione sarebbe avvenuta a dicembre 2013 (in realtà la mostra è stata inaugurata il 5 febbraio e proseguirà fino al 25 maggio); le motivazioni di questo ritardo non sono state spiegate dettagliatamente dalla Direttrice di Galleria Borghese. L’allestimento è diviso in 10 sale che rappresentano altrettante macro aree tematiche: le sculture per la Chase Manhattan Plaza, il sentire plastico, il vedere, evocazione del movimento nell’immobilità, una scultura come frammento, “Donna cucchiaio” e “Donna sgozzata”, la condensazione iconica dell’uomo che cammina, origini egizie, vestibolo ed infine busti. Soffermiamoci sulla stanza dell’Ermafrodito in cui sono presenti “Donna cucchiaio” e “Donna sgozzata”. Giacometti è principalmente noto per le sue figure filiformi che dovrebbero compiere l’atto del camminare, ma che trasmettono tutta l’impotenza cui si deve soccombere per entrare a far parte dell’era moderna, silhouette potenti come non mai; la sua produzione è però ben più vasta e
dedicato a
Alberto Giacometti, “La main”, 1947, bronzo vale la pena ricordarlo accennando a “Donna sgozzata”. L’opera, realizzata nel 1932, in un periodo in cui i suoi lavori erano isolati dal flusso temporale e ambientale attraverso delle “gabbie” metalliche in cui erano inserite, non è provvista di piedistalli, elementi che la isolano o che la distinguono come opera d’arte, è creata per essere poggiata direttamente a terra nello spazio del visitatore. È l’apice di una ricerca sperimentale che vede il dissolversi dell’oggetto in quanto tale, l’opera rappresenta un atto di violenza perpetrato e conclusosi e ciò che ci viene mostrato non è altro che “quel che rimane”, l’idea della donna viene portata alla coscienza del visitatore solo dal titolo, mentre persiste l’idea della violenza (la donna è sgozzata) percepita dallo stridere di due caratteristiche dell’opera: la forma contorta e la consistenza materica liscissima. Sebbene il titolo suggerisca una lettura dell’opera in cui la donna è vittima di qualcun altro, il periodo surrealista dell’artista e i suoi studi sull’inconscio, e su come questo possa essere percepito nel reale, suggeriscono una duplice lettura: la donna, attraverso lo sguardo dell’inconscio, oltre ad essere vittima è anche carnefice, le parti che si disintegrano a contatto col suolo danno l’idea di fragilità, in contrasto con la superficie lucida e dalla forma simile a un insetto che si riallacciano invece all’aggressività: un ritorno all’eros e al thanatos. L’oggetto presentato racchiude in sé così tanti elementi contrastanti che ci turba nel profondo, sebbene non si tratti di un Giacometti maturo, è certamente un’opera degna di nota ed interesse che merita più di uno sguardo fugace. “Giacometti. La scultura” è un’esposizione che racchiude lo spirito tormentato di un autore del ‘900 che, più di altri, ha attraversato fasi di maturazione: spirituale, artistica e personale. Queste fasi si sono interallacciate e, a tutt’oggi, sono riscontrabili nelle sue opere; è uno dei punti di forza dell’artista: pur senza essere spiegate o studiate, le sue creazioni sono incancellabili dalla memoria del visitatore in cui lasciano una profonda impressione. 9
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occhio al libro
Dai Diamanti non nasce niente “Storie di vita e di giardini” di Giulia Gabiati
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hi non ricorda la “Tv del le ragazze” o ancora “ L’ottavo nano”, trasmissione comica e satirica realizzata da Corrado Guzzanti? Dopo essersi fatta strada nel mondo del lo spettacolo grazie al la sua bril lante ironia, e aver ideato e condotto numerosi programmi televisivi, S erena Dandini esordisce con il suo primo libro “DAI DIAMANTI NON NASCE NIENTE, storie di vi ta e di giardini.” Da amante del giardinaggio, S erena ci mostra in tutta la sua semplici tà, il lato più nascosto di questo passatempo, ri tenuto invece spesso una perdi ta di tempo. D‘al tronde, i fiori li vendono già cresciuti perché aspettare così a lungo? Il giardinaggio come ce lo mostra la Dandini non è un semplice hobby. “ Chi non ricorda la prima volta che ha immerso le mani in un sacchetto di terriccio universale e umido?” È un rimedio contro lo stress e la tensione, un modo salutare per distendere i propri sensi. Prendersi cura di uno spazio verde è una terapia consigliata per chiunque soffra di disturbi del la psiche. È un
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modo per rientrare in contatto con il mondo che ci circonda, con la natura che ci ha creati, e con noi stessi. Herman Hesse, poeta e giardiniere, divideva la sua giornata tra lo studio e il giardinaggio. “Questo - diceva - serve al la digestione spirituale”. Ma non solo. È pazienza, è attesa. È un lento aspettare che da un piccolo semino, si intraveda finalmente un germoglio, per provare infine quel grande gusto, quel l’ enorme soddisfazione che, come nel la vi ta, arriva solo dopo tanto sforzo, e vedere i colori. I colori che nel giardinaggio sono tutto, così come nel la vi ta. Potete immaginare una vi ta senza colori? Una vi ta scura, buia? No, non sarebbe vi ta, ma un mera esistenza. Però ciò che caratterizza l’arte del giardinaggio è la sua infini ta ricerca, il suo perenne sperimentare. Capi ta spesso di non riuscire a comprendere cosa si sbaglia nel la vi ta, quale piccolo tassel lo non riesce ad incastrarsi perfettamente, ma nel la natura, dice la Dandini, è impossibile non capirlo. “ La delusione provocata dal le batoste iniziali è pari a uno smacco amoroso, ma al contrario del le relazioni sentimentali, con la natura si capisce quasi sempre cosa non ha funzionato. ” Piantare è una spinta primordiale, mettere le radici e creare un qualcosa che faccia “casa”, anche in un piccolo marciapiede. Ed ovunque sul la Terra, mentre palazzi, grattacieli e strade si edi ficano, segreti spazi verdi permangono. Erbe si arrampicano selvagge e si mol tiplicano trasportate dal vento e dal caso. “ Da lì si dovrebbe cominciare per ridisegnare il nostro mondo ”. “ Nel giardinaggio c’ è qualcosa di simile al la creazione: si può plasmare un pezzetto di terra come si vuole, per l ‘ estate ci si può procurare i frutti, i colori e i profumi che si preferiscono. Si può trasformare una piccola aiuola, un paio di metri quadri di terra nuda, in un mare di colori, in una delizia per gli occhi, in un angolo di paradiso. ” S enza dimenticare però che nul la è propriamente nostro, che la terra non è di nessuno, e che i frutti sono di tutti.
Ama e ridi se amor risponde, piangi forte se non ti sente, dai diamanti non nasce niente, d a l l e t a m e n a s c o n o i f i o r.
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architettura
Olgiata 20.12 Sport Club LAD
di Marilena Parrino
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Olgiata 20.12 Sport Club è un’opera del Punto Verde Qualità del X dipartimento del Comune di Roma, che ha il compito di riqualificare le aree verdi di proprietà comunale insufficientemente attrezzate alla periferia della capitale, la cui gestione è stata affidata, attraverso una concessione, a soggetti privati che hanno realizzato un insieme di servizi di interesse pubblico, e come corrispettivo per i lavori svolti, gestiranno a proprio vantaggio le opere per un periodo (33 anni). La società concessionaria, Olgiata Verde s.r.l., ha affidato l’incarico di progettazione a Lad che ne ha curato l’architettura e i lavori, garantendo un inserimento non invadente degli edifici all’interno delle aree naturalistiche e conservando più del 70% degli 11 ettari totali come spazio verde. L’intervento realizzato nel 2010, riguarda una superficie 7.500 m² SPAZIO INTERNO + 80000 m² SPAZIO ESTERNO. L’esterno ha un unico accesso, quello dei parcheggi, e contiene campi sportivi. La parte degli edifici, in pianta, è strutturata in 3 parti, quella centrale a forma di esagono, e le altre due rettangolari, che si assestano perpendicolarmente ai lati dell’esagono, i blocchi distinti e collegati tra loro, sono orientati in modo da sfruttare al meglio l’illuminazione naturale, adeguata alle diverse funzioni degli edifici al fine di contenere i consumi energetici. In piu’il 30% del fabbisogno energetico degli edifici è ricavato dalle fonti rinnovabili, come il sistema fotovoltaico e la cogenerazione. Dove possibile, al cls è stato preferito il legno e la sostenibilità è stata garantita da due prodotti hi-tech dalle alte prestazioni. L’ingresso principale è situato nell’edificio esagonale dove si trova la hall, che ha come funzione quella di un centro di smistamento delle diverse utenze. Da qui si può liberamente entrare nella zona ristoro e negli spalti della piscina interna, ma per usufruire del resto delle strutture è necessario passare per le macchine elettroniche di controllo che riconoscono l’utente. Si può scendere negli spogliatoi e infermeria del piano di sotto, oppure andare nell’edificio est o ovest. L’edificio est è a doppia altezza, ed in esso trovano posto la sala fitness, la ludoteca e altri servizi che si affacciano sulla sala pesi. Quello ovest invece è formato dagli spalti, la piscina e la piscina per acqua fitness. La forma delle coperture dei edifici è sviluppata su uno schema a boomerang che conferisce slancio e sinuosità alla struttura, integrandola in modo armonico al paesaggio circostante. Le ampie vetrate mettono in comunicazione visiva gli spazi dedicati all’attività fisica indoor al parco che le circonda. La parte costruttiva in c.a. è composta dalle fondazioni, i volumi interrati ed i pilastri rastremati che si attaccano alla parte inferiore delle travi. La copertura è lignea: travi a forma di boomerang, che seguono lo schema statico dell’arco a tre cerniere, coprono una luce di 32 metri (orditura portante) e costituisce la trama su cui sono state inserite ampie vetrate che lasciano filtrare la luce dall’alto,
illuminando naturalmente gli ambienti. Nell’edificio delle piscine, attraverso una apertura motorizzata dei pannelli della copertura, è stata garantita una ventilazione naturale finalizzata ad ottenere un risparmio sui costi di climatizzazione.
Le funzioni sportive del Centro sono il nuoto, il calcio a 5/8, il tennis, il beach volley e il fitness, e una serie di attività che variano dall’attrezzistica al corpo libero alle arti marziali, attività terapeutiche come fisioterapia, massaggi, benessere e recupero atleti, tutte da praticare indoor.
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architettura manga
PeaceMaker Manga Western di Valerio Lucantonio fratello, il ragazzo intraprenderà un viaggio che lo porterà ad incontrare nemici come i Crimson Executors, assassini mercenari al soldo di una potente famiglia criminale, e alleati come la piccola Nicola, detentrice di un terribile segreto e dal passato lugubre, e Beat Gabriel, aspirante campione di duelli. Infatti, lo scenario delle vicende sempre più ingarbugliate, che con l’avanzare della storia assumeranno una contaminazione politica, è un “Far West” molto diverso da quello del XIX secolo americano: nelle varie città-stato si tengono duelli ufficiali, e coloro che ne vinceranno un numero sufficente potranno partecipare al torneo per decretare il campione mondiale. I disegni e l’edizione sono sicuramente le chicche della serie: il tratto minuzioso e chiarissimo, che lascia spazio a numerose splash pages mozzafiato, non teme confronto con gli storici maestri della nona arte nipponica. Un fumetto consigliato agli amanti dei seinen e degli scontri a mano armata, esponente di un genere assai raro nella produzione nipponica e di altrettanto rara qualità.
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ell’ultimo decennio il mondo fumettistico giapponese ha subito, a detta di molti, un appiattimento per quanto riguarda la qualità, e il mercato si è diretto maggiormente verso il target giovanile, con storie action e avventurose, ma prive di quella profondità che contraddistingueva molte opere nipponiche della scorsa generazione. È quindi normale provare stupore quando in Italia arriva un’opera diversa per genere e approccio, come non se ne vedono spesso ultimamente: PeaceMaker di Ryoji Minagawa (Shueisha, 2007) è un seinen (manga per un pubblico maturo), che ci porta una visione western dal paese del Sol Levante, contaminata dalla tipica enfasi e iperbolicità dei manga. A dare il titolo alla serie è il nome della pistola del protagonista, Hope, ragazzo pacifico, ma incapace a evitare i guai, figlio del leggendario pistolero Peace Emerson, dal quale ha ereditato l’abilità di tiro e una tecnica fuori dal comune. Dopo la morte del padre a Hope rimarrà solo la sua vecchia pistola e il desiderio di trovare Cole, suo
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curiosART
Pittura dilettevole La figura del Pierrot di Cristina Simoncini
Antoine Watteau (1684-1721)
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a maschera di Pedrolino nacque in Italia nel 500, ma solo nel 1676 venne introdotta nelle commedie francesi con il nome di Pierrot. Si tratta di uno zanni (servo della Commedia d’arte) dal carattere mite, sempre pronto a commuoversi e fedelissimo alla moglie e al suo padrone (al contrario di Arlecchino,
Auguste Toulmouche (1829-1890)
Pulcinella e altri, alquanto bricconi). Grazie all’arte pittorica, attentissima a quanto avveniva nel mondo dei teatranti, sappiamo che molte caratteristiche di Pierrot, compresa la lacrimuccia disegnata sul volto, nascono solo alla fine dell’Ottocento; prima questo personaggio, attualmente molto amato dai mimi, portava sì un costume completamente bianco, come nel XVI secolo, ma compreso di bottoni e cappello bianchi, i quali sono stati invece sostituiti con dei pon pon e un cappello a calotta nero. Nei dipinti si nota anche che questa maschera, oltre a portare ancora il bianco camicione con pantaloni (entrambi larghissimi), munito di colletto in stile seicentesco, ha conservato il carattere sensibile, facile al pianto, tanto apprezzato a teatro in passato. In alcuni dipinti ottocenteschi egli appare in atteggiamento romantico con la moglie Franceschina, che però non è mai stata presente nei secoli antecedenti accanto a lui; questo è accaduto perché probabilmente era poco amata dai pittori, in quanto descritta, nella Commedia d’arte, come donna infedele, capace di trattare il marito come uno sciocco. La maschera di Pierrot più famosa, tra quelle tramandate, è sicuramente quella di Antoine Watteau, con fiocchi rosa sulle scarpe bianche, anche se sarà quella di Leon Comerre a ispirare di più i disegnatori di cartoline e di illustrazioni di libri nel XX
Leon Comerre (1850-1916) secolo, i quali, prendendo spunto per i loro lavori dall’arte pittorica esclusivamente francese (i pittori i italiani non si sono mai interessati a Pedrolino), hanno finito per cambiare il nome alla nostra italianissima maschera... ed è così che Pedrolino viene oggi chiamato Pierrot. Fonti: http://www.pitturaomnia.com
Honoré Daumier (1808–1879) 13
“L’AMORE QUANDO C’ERA” di Rossana Gabrieli
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li attori sono bravi, non c’è che dire, è incontestabile: Daniele Cascarella nel ruolo di lui (Tommaso,“Fumi”) ed Eva Milella nel ruolo di lei (Amanda,“Picco”) sono qualcosa di più rispetto
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occhio al teatro
a semplicemente convincenti: sono veri. Sono una dolce, ma mai smielata, storia d’amore, finita tanto tempo prima e poi riallacciata, tra due ragazzi che dopo dodici anni (dieci e mezzo, puntualizzerebbe “Picco”), si ritrovano, complice la morte del padre di lui. La storia è delicata, tenera “fitzgeraldianamente”, perché è tratta da uno dei bei romanzi di Chiara Gamberale, sempre molto attenta quando entra nei suoi personaggi, come se bussasse alla porta delle loro anime: il passato si svela, le ombre si diradano, ma senza indecenze: c’è rispetto tra due ex innamorati, che hanno seguito strade e scelte diverse: lui è diventato avvocato, ha moglie e figli, lei è una professoressa di lettere che si affaccia con curiosità nelle storie dei suoi alunni. La scenografia, ricavata nello spazio “bomboniera” del Teatro Accento, è intima e sa di storie antiche, raccontate dalle pagine di romanzi che tappezzano i fondali, aprendo e chiudendo, con le mani dei due protagonisti, piccoli cassetti che svelano dettagli della storia: le cravatte di lui, i ritratti di lei, i disegni dei bambini. Ma quello che più di tutto piace ed emoziona, “prende” e sorprende è la regia di Pascal La Delfa: la scelta così indovinata, attuale, ma non di rottura rispetto a tutto il contesto, di ricorrere e rendere protagoniste le tecnologie: gli alunni di lei, che interagiscono come fossero attori televisivi, preregistrati e poi mandati in onda sullo sfondo del palcoscenico, gli sms e le mail tra lei e lui, proiettati e narrati dalle loro voci fuori campo. Tutto scorre senza inciampi a svelare la risposta alla domanda che anima la storia: Qual è il segreto della felicità? “L’amore quando c’era” risulta, grazie a questo mix di ingredienti così stupendamente azzeccati, un piccolo gioiello indimenticabile.
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occhio all’ambiente
Solarino, il robot a impatto zero che pulisce le spiagge di Nicola Fasciano
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vete presente le giornate dedicate da associazioni ambientaliste e cittadini di buon senso civico alla pulizia delle spiagge libere nei periodi che precedono l’arrivo dell’estate? La vera novità è data dal fatto che non solo potrebbero dedicarsi ad altre attività più creative, ma anche che lo potrebbero fare grazie ad un risultato tecnologico di rilievo progettato e sviluppato in un’area del nostro sud che già eccelle nell’innovazione tecnologica, ovvero la Puglia. E infatti sono salentini i 4 giovani ingegneri che hanno inventato un robot mobile cingolato in grado di effettuare le pulizie dei litorali e
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delle spiagge, rispettando pienamente l’ambiente e senza emettere rumore. Solarino, così è stato ribattezzato il nuovo robot, è a totale trazione elettrica, monta un pacchetto batterie in GEL, permette la ricarica solare ed è a controllo telecomandato come l’automobilina dei nostri figli. Quindi ha un impatto ambientale pressoché inesistente, soprattutto se si considera che oggi una simile attività di pulizia avviene generalmente nelle spiagge private attraverso l’uso di piccoli mezzi rudimentali spesso con motore a scoppio. Inoltre le sue dimensioni ridotte, tra l’altro, agevolano il suo passaggio tra le file di sdraio e ombrelloni consentendogli, così, di effettuare la raccolta, la pulizia e il successivo smaltimento dei detriti e dei rifiuti accumulati in maniera veloce ottimizzandone anche la manutenzione quotidiana con una autonomia di 4 ore e una velocità che gli permette di pulire in un’ora ben 3.000 metri quadri. Inoltre è anche sicuro, poiché anche in caso di avvicinamento a persone o cose, ha i motori che si bloccano automaticamente. Ciò che possiamo augurarci noi cittadini amanti della natura e costretti spesso a doversi adattare su spiagge sporche e malsane, è che un robot assolutamente ecocompatibile e non inquinante, possa essere adottato soprattutto dalle amministrazioni comunali in affiancamento ai volontari e al proprio personale per una pulizia approfondita dei litorali e non solo dagli stabilimenti balneari privati per un proprio interesse.
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Eventi
Simon Hantai. Francia, astratto ‘900 Accademia di Francia, villa Medici, fino al 11 maggio D’apres Rodin. La scultura italiana del primo novecento GNAM, fino al 18 maggio Giacometti , la scutura (articolo a pagg. 8-9) Cineforum Aprilia Galleria Borghese, fino al 25 maggio Aula Magna dell’Istituto Comprensivo Giovanni Pascoli, via delle Palme 13/15, ogni Lo “Spinario”. mercoledì dal 16 ottobre al 21 maggio Musei Capitolini, Palazzo dei Conservatori, fino al 25 maggio Rassegna Concertistica 2013 - 2014, Ass.ne Vaso di Pandora,Ass.neLber Rodin, il marmo, la vita Cantores Ass.ne Arte Medterranea Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano, fino al 25 maggio “Donne all’Opera” Stefania Murino e Sabrina Trojse, 30 marzo Mario Mafai e Koune Llis. Le visioni astratte Museo Carlo Bilotti, fino al 1 giugno “POP a cappella” con I Seidaccordo, 13 aprile Bende sacre “Fiesta mexicana” con i Mariachi, Roma Titlan, 11 maggio GNAM, fino al 2 giugno “Voci di luna” Quartetto banshee, 25 maggio Alma-Tadema e i pittori dell’800 inglese. Collezione Perez Simon Spazio 47 Chiostro del Bramante, fino al 5 giugno Capolavori del Museo d’Orsay Complesso del Vittoriano, fino al 8 giugno Non basta ricordare La Sardegna dei 10.000 nuraghi - Simboli e miti del passato MAXXI, fino al 28 settembre Museo Nazionale Etrusco, fino al 16 marzo La memoria ritrovata. Tesori recuperati dall’arma dei Carabinieri (articolo a pag. 7) Palazzo del Quirinale, fino al 16 marzo Sironi e la Grande Guerra. L’arte e la prima guerra mondiale, dai futiristi La Cina Arcaica (3.500 a.C. – 221 a.C.) Palazzo Venezia, fino al 20 marzo a Grosz e Dix Donatella Spaziani. “10 gennaio” Palazzo de Mayo, fino al 25 giugno Galleria Il ponte Contemporanea, via di Panico, fino al 22 marzo Agostino Iacurci. “Small wheel, big wheel” (articolo a pag. 3) Wunder Kammern, via G. Serbelloni, fino al 22 marzo Serpentopoli Matisse, la figura, la forza della linea, l’emozione del colore (articolo a Galleria L’attico, via del Paradiso, fino al 28 marzo pag.4) Gabriele Basilico MAXXI, fino al 30 marzo Palazzo dei Diamanti, fino al 15 giugno Marco Anelli. Gesti dell’anima Cinecittàdue Arte Contemporanea, viale P. Togliatti, fino al 30 marzo Herb Ritts “Inpiena luce” (articolo a pag. 3) Auditorium Parco della Musica, fino al 30 marzo Edvard Munch Le “Macchine” di Piacentino nel segno dell’energia Palazzo Ducale, fino al 27 aprile Fondazione Giuliani, via G. Bianchi, fino al 5 aprile MAXXI architettura MAXXI, fino al 6 aprile Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti. La collezione Netter Fondazione Roma, Palazzo Cipolla, fino al 6 aprile Giuseppe Pellizza da Volpedo e Il Quarto Stato. Dieci anni di ricerca Il paesaggio italiano. Fotografie 1950-2010 (articolo a pag. 3) appassionata Museo di Roma in Trastevere, fino al 20 aprile Museo del Novecento, fino al 14 marzo 2014 Gusto romantico
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Aprilia
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Roma
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Chieti
Ferrara
Genova Milano
Museo Mario Praz, via Zanardelli, fino al 21 aprile Libero De Libero e gli artisti della Cometa Galleria d’Arte Moderna di Roma, fino al 27 aprile Nomachi. Le vie del sacro La Pelanda, fino al 4 maggio
Venezia
Lèger. La visione della città contemporanea. 1910-1930 Museo Correr, fino al 12 giugno
Potete trovare la vostra copia di “Occhio all’Arte� presso i seguenti distributori:
Aprilia: Biblioteca Comunale (Largo Marconi), Comune di Aprilia - Palazzo di vetro (p.zza dei Bersaglieri), edicola di p.zza Roma, Casa del libro (Via dei Lauri 91), Abbigliamento Alibi (via Marconi 52), Banca Intesa (via delle Margherite 121), edicola di Largo dello Sport, edicola di p.zza della Repubblica, teatro Spazio 47 (via Pontina km 47), palestra Sensazione (via del Pianoro 6), Ottica Catanesi (Largo Marconi 8), parrucchiera Rina (via di Crollalanza 31), Latitudine 42 (via degli Aranci, 65) Lavinio mare: Bar Lavinia (p.zza Lavinia 1) - Anzio: Biblioteca comunale (Comune di Anzio) Nettuno: F.lli Cavalieri (P.zza IX Settembre) 16