Occhio all'Arte (novembre 2013)

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A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno VII N° 68 novembre 2013

Mensile d’informazione d’arte www.artemediterranea.org

ndedicato a:

Cézanne e gli artisti del XX secolo Federica Manzini, “Sembrano a metà settembre”

musei: Galleria Nazionale n d’Arte Moderna

fotografia: FOTOGRAFIA, archeologia: La Cina arcaica n n Festival Internazionale di Roma


Sono in distribuzione la 1a e 2a lezione del DVD sulla pittura ad olio

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• • • Redazione Maria Chiara Lorenti, Cristina Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Eleonora Spataro Mensile culturale edito dalla Collaboratori Associazione Arte Mediterranea Luigia Piacentini, Stefania Servillo, via Dei Peri, 45 Aprilia Patrizia Vaccaro, Laura Siconolfi, Tel.347/1748542 Maurizio Montuschi, Greta Marchese, occhioallarte@artemediterranea.org Valerio Lucantonio, Martina Tedeschi, www.artemediterranea.org Marilena Parrino, Nicola Fasciano, Aut. del Tribunale di Latina Fabio Cavalieri, Giulia Gabiati N.1056/06, del 13/02/2007 Responsabile Marketing Cristina Simoncini Fondatori Antonio De Waure, Maria Chiara Composizione e Desktop Lorenti Publishing Cristina Simoncini Giuseppe Di Pasquale Amministratore Antonio De Waure Stampa Associazione Arte Mediterranea Direttore responsabile via Dei Peri, 45 Aprilia Rossana Gabrieli Tutti i diritti riservati. Responsabile di Redazione E’ vietata la riproduzione anche Maria Chiara Lorenti parziale senza il consenso dell’editore

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Sommario

Figure Umane La Cina arcaica (3500 a.C. – 221 a.C.) In viaggio nell’ Outback con Marlo Morgan Emilio Greco, i segni e le forme Musei romani “IL DIVO” Cézanne e gli artisti del XX secolo FOTOGRAFIA, Festival Internazionale di Roma Foresta Bianca Pittura satirica Dorohedoro Hemingway, “Il vecchio e il mare” “Trincea di signore” La Pulitura di un dipinto sul filo di china


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Figure Umane

occhio al libro

Il nuovo libro di Daniele Falcioni di Stefania Servillo dell’autore che, di concerto con l’editore, ha decretato i nomi degli artisti vincitori: Antonio De Waure per la poesia “Il vano tentativo”, Roberto Agostini per la poesia “Privi d’orientamento”, Federica Manzini per “Sembrano a metà settembre” ed, infine, Incoronata Valiante per “Oggi piove”. Queste opere sono riportate all’interno del testo e in particolare quella di Federica Manzini è stata anche scelta come copertina del libro. In occasione della presentazione dell’opera, edita da Galassia Arte Edizioni, sarà possibile visitare l’esposizione correlata e curata dall’Associazione Arte Mediterranea, nella quale ammirare tutte le venti opere passate al vaglio. Tanto i testi quanto le opere sono un’occasione unica per godere ancora una volta della cultura nel senso più ampio e educativo possibile, in una veste nuova e accattivante, impossibile da perdere. Per ulteriori informazioni è presenta la pagina facebook all’indirizzo: https://www.facebook.com/MacchieLunariDi DanieleFalcioni?fref=ts

Roberto Agostini, “Privi d’orientamento”

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l mensile Occhio all’Arte ha già ospitato sulle sue pagine Daniele Falcioni nel maggio 2013, in occasione della sua prima pubblicazione: “Macchie Lunari”, un racconto in versi, come lui stesso lo definiva. Il 30 novembre, presso la Sala Manzù di Aprilia, alle 18.00, sarà presentato “Figure Umane”, una raccolta di poesie a cui l’autore è profondamente legato. Il testo è il prodotto finale di un percorso ben più lungo e articolato che ha inizio in giugno, in una sinergia che ha legato la letteratura all’arte. Falcioni ha collaborato con gli artisti dell’Associazione Arte Mediterranea, il progetto partiva dall’idea di creare, per quattro delle poesie presenti nella raccolta, delle opere figurative che illustrassero al meglio il sentimento in esse trasfuso. Al fine di rendere l’operazione maggiormente interessante per chi è stato direttamente coinvolto nel processo creativo, si è ideata una struttura simile a un concorso interno all’Associazione. Sono stati invitati a partecipare venti artisti e, attraverso un’estrazione casuale (al fine di mantenere l’imparzialità), sono state assegnate le quattro poesie suddivise in maniera proporzionale: la singola poesia sarebbe stata interpretata da cinque pittori. Per ogni gruppo un artista è risultato il più apprezzato e quindi più vicino per sensibilità all’idea

Incoronata Valiante, “Oggi piove” 3


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archeologia

La Cina arcaica (3500 a.C. – 221 a.C.) A Palazzo Venezia la prima grande mostra sulla Cina di Luigia Piacentini

Testa di bronzo con maschera d’oro dinastia Shang (1600-1046 a.C.) dallo Shanxingdui Museum

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a Cina, grande paese che fino a qualche anno fa consideravamo lontano, anzi lontanissimo, ora è più vicina che mai. Forse anche per questa nuova era di globalizzazione è stata inaugurata a giugno la prima grande mostra sul la storia antica di questa nuova potenza mondiale. La location scel ta sono le sale quattrocentesche di Palazzo Venezia, cuore del la capi tale e circondata dal le meraviglie del l’antica Roma. La mostra rientra nel quadro del l’accordo di Stato sul partenariato per la promozione del patrimonio cul turale tra Italia e Cina, siglato dai rispettivi Ministri del la Cul tura nel l’ottobre 2010, che prevede lo scambio di spazi museali permanenti dedicati al le rispettive cul ture. Dopo “Spazio Italia” che ha inaugurato, lo scorso luglio presso il National Museum of China a Pechino, la mostra, da poco conclusasi, “Il Rinascimento a Firenze. Capolavori e Protagonisti”, è la vol ta del la Cina in Italia (seguiranno, sempre nel lo stesso museo, al tre mostre tutte “made in Italy”: una sul B arocco Romano e l’Arte del XVII secolo e successivamente, con cadenza annuale, al tre tre che dovranno presentare ai cinesi l’Archeologia del la Magna Grecia, le Arti a Venezia ed il Designer a Milano). L’esposizione, che ha dietro più di due anni di lavoro, ha portato nel nostro paese più

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di 150 manufatti provenienti da col lezioni del la Provincia del lo Shanxi, del lo Shandong, del l’Hubei e del Sichuan; è aperta fino al 20 marzo 2014 con ingresso libero. E’ proprio nel la lavorazione di materiali, come terracotta, pietra, bronzo e legno, che le popolazioni del la Cina arcaica si sono distinte raggiungendo primati tuttora imbattuti. Alcuni di essi non sono mai stati esposti in Italia, come ad esempio, la testa di bronzo con maschera d’oro dal lo Sanxingdui Museum e le campane di bronzo appartenute agli Sui nel l’epoca degli Stati Guerrieri. Attraverso questi preziosi reperti si potrà conoscere il percorso storico del la Civil tà cinese da 5 mila anni fa fino al la prima uni ficazione sotto l’Imperatore Qin nel 221 a.C.. Uno spaccato non solo sul lusso e la ricchezza del le classi dominanti, ma anche un’ampia documentazione sul livel lo di conoscen ze raggiunte dagli antichi cinesi, e del l’alone di mistero che ancora circonda quei processi di lavorazione sia nel realizzare oggetti di uso comune che le raffinate e sorprendenti opere d’arte. La mostra è suddivisa in cinque parti: la nasci ta del la civil tà, l’avvento del regno, i sacri fici per gli Dei e gli antenati, la musica legata al le cerimonie, e l’epoca degli Stati Guerrieri. Le otto sale sono disposte secondo un cri terio cronologico e per ciascuna c’è almeno una teca con dei reperti che vanno dai vasi e recipienti in terracotta e in bronzo, rinvenuti nei si ti archeologici, fino ai monili in giada ed al tre pietre preziose. Ogni sala è opportunamente corredata di pannel li storico-informativi in i taliano, inglese e cinese quindi è una mostra che anche i “non addetti ai lavori” possono godersi. Palazzo Venezia Via del Plebisci to, 118 Roma 06.69994319 http://museopalazzovenezia.benicul turali.i t martedì – domenica: ore 8.30 - 19.30

Campane di bronzo appartenute agli Sui nell’epoca degli Stati Guerrieri


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occhio al libro

In viaggio nell’ Outback con Marlo Morgan di Giulia Gabiati

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utant Message Down Under. È questo il titolo originale del racconto autobiografico di Marlo Morgan :“E venne chiamata due cuori”. Pubblicato per la prima volta nel 1990, è stato un best seller internazionale con 600.000 copie vendute in Italia. Marlo, medico americano, viene invitata in Australia per ricevere un premio, un premio inaspettato. Spogliata di ogni suo oggetto materiale, dei suoi soldi e dei

suoi averi più preziosi, comincia il suo viaggio nell’ Outback australiano in compagnia di un gruppo di aborigeni “La vera Gente”. Nuda, di fronte alla Natura, generosa e protettrice ma implacabile allo stesso tempo, Marlo riscopre la sua interiorità, la sua vera essenza. Attraversando l’intero deserto per 2000 chilometri sotto un sole cocente, e un freddo cielo stellato, riesce a percepire il suo corpo cambiare e irrobustirsi, il dolore e la fatica svanire e la sua esistenza acquisire un nuovo sapore “Imparai a nutrirmi con gli occhi […] scoprivo disegni nascosti nella pietra e nel cielo […] cominciai a vedere la bellezza e l’unicità di tutte le forme della vita negli spettacoli più insoliti”. Più volte criticato per le sue incongruenze e per le descrizioni poco dettagliate delle tradizioni e dei costumi aborigeni, spesso confusi con gli indiani d’ America, il racconto è considerato da molti un semplice romanzo. Ma il messaggio della scrittrice è in ogni caso chiaro: un viaggio spirituale, una possibilità per la protagonista di tornare a “vedere” e “sentire” ciò che non è più visibile ai nostri occhi e che davvero è autentico. In quanto “mutanti” infatti siamo troppo distanti dalla nostra madre terra, troppo impegnati a vivere rincorrendo il tempo per comprendere che “non è solo sangue ciò che attraversa il nostro cuore”, ma che ci sono emozioni e sensazioni da “ascoltare”. In questi territori incontaminati, il profumo della pioggia e dell’ erba bagnata, il colore del cielo e il rumore del vento ritrovano una magica connessione con l’ uomo e con il suo spirito, l’ unica cosa veramente importante nella sua UNICA vita. “La verità è che ogni vita è unica. C’è un solo gioco in corso. C’è una sola razza, ma molte sfumature diverse[…]I mutanti pensano che questo valga solo per la durata di una vita e lo pensano in termini di individualità e distinzione. La “vera gente” lo pensa in funzione dell’eternità. Tutto è uno: i nostri antenati, i nostri nipoti che devono ancora nascere. La vita è ovunque.”

Emilio Greco, i segni e le forme

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in mostra

Scultura, disegni e documenti a Palazzo Braschi di Eleonora Spataro

Emillio Greco, “Dormiente n.3”, 1984

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n occasione del centenario della nascita di Emilio Greco, Londra, Roma e Catania gli rendono omaggio con una serie di eventi. Il Museo di Roma, Palazzo Braschi, fino al 12 gennaio 2014, ospiterà nove sculture monumentali, sei nel cortile recentemente restaurato e riaperto al pubblico, tre nelle salette interne ed una selezione di circa trenta disegni. All’interno delle due sale, dove sono esposti i lavori a china del maestro, fanno da corredo alla mostra una serie di fotografie dell’artista nel suo studio, al lavoro, insieme agli amici. Anche le pubblicazioni internazionali e i testi dedicati al suo lavoro campeggiano nelle teche insieme ad alcune immagini che lo vedono impegnato nel disegnare il velario per lo spettacolo “Il Matrimonio segreto” in scena al Teatro dell’Opera di Roma. Le sculture si affacciano dal cortile del museo su piazza Navona e accolgono il visitatore introducendolo nel modo in bianco e nero delle chine e delle foto in sala. 5


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musei

Musei romani

Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Laura Siconolfi e Maurizio Montuschi

Antonio Donghi, “Il giocoliere”, 1936

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mbienti ampi e luminosi, alte pareti dai colori chiari, poche ed essenziali strutture come supporto per sculture dai contorni poco definiti e dalle forme appena abbozzate; “sculture aeree”, opere simili ad istallazioni, ma soprattutto quadri variamente affascinanti o sorprendenti, contraddistinguono le sale della Gnam dedicate alle creazioni artistiche moderne. Sono presenti pittori e scultori di accreditata fama internazionale come Sironi, Donghi, Pirandello, Capogrossi, Pollock, Calder, originali interpreti delle istanze innovative ed, a volte, rivoluzionarie che hanno infervorato l’ambiente culturale del loro tempo. “Novecento”, ” Realismo Magico”, ”Espressionismo”, ”Arte concettuale”, ”Arte povera”, ”Pop art”, sono alcune delle correnti artistiche su cui gli spazi museali ci rendono edotti. Il percorso espositivo, seguendo un iter cronologico ben preciso, dal 1926 al 2000, inizia con la presentazione di artisti che sulla scia del “ritorno all’ordine”, sostengono la necessità per l’arte di attingere alle proprie origini, alla ”sana tradizione italiana” ed essere strumento di riflessione. Grigi terrosi, pennellate corpose e sicure, per rappresentare un operaio che, consapevole dell’importanza del proprio ruolo, volge il fiero sguardo all’astante, invitandolo ad osservare

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la solidità del muro di mattoni che sta erigendo, nella tela di Sironi “Il costruttore” del 1934. La metafora è palese: il lavoro come fondamento di una nazione, il ruolo sociale dell’arte che deve contribuire alla costruzione di una nuova realtà. Delle veloci associazioni fanno pensare ai costruttivisti russi, all’arte che doveva visualizzare i valori della rivoluzione sovietica, ma Sironi è italiano, l’Italia che vuole celebrare è quella fascista….. Ancora tonalità grigie, ma più tenui e sfumate, ancora due pilastri, un contadino ed un soldato, giganteggiano, solidi ed affidabili, nell’altra opera di Sironi “l’incontro” del 1929, anch’essa di chiaro intento allegorico. Una gamma cromatica molto varia, di sovente tonalità calde e luminose, accostamenti imprevedibili, purezza cristallina nella stesura del colore e nel disegno, resa precisa della realtà per delineare scenari immobili, incantati, immersi in un’atmosfera magica, enigmatica, nelle tele di Donghi. Cromatismo intenso, innaturale, pennellate ampie, corpose, quasi violente, caos compositivo anche per la presenza di oggetti incongrui in ”La pioggia d’oro” 1933, di Fausto Pirandello, in cui una Danae scomposta viene fecondata in una stanza squallida e opprimente. L’artista, rifiutando il “ritorno all’ordine” attinge, a piene mani, in sintonia con la “Scuola romana” nata nel 1927, alla pittura espressionista, di cui sono presenti in mostra altre valide testimonianze. Dalle immagini deformate, dai cromatismi aggressivi, dagli enigmatici ghirigori creati facendo gocciolare sostanze intensamente colorate, dall’armonia di “macchie di colore” e segni misteriosi che fluttuano in sospensione, si passa alla semplificazione delle forme al non colore, al bianco e al nero. Dalla sala n.28 in poi, un altro mondo, un modo totalmente diverso di fare arte accoglie il visitatore disorientato, altri linguaggi, altri materiali, una chiave di lettura nuova. Ciò che resta immutata, però, è la dovizia di emozioni e sensazioni, che avvolgono e coinvolgono l’osservatore sensibile, attento e consapevole dell’inarrestabile fluire della storia dell’uomo e quindi dell’arte. La storia o meglio le storie, le vite degli altri, così diverse, cosi simili, di breve durata o longeve, vissute intensamente nella fierezza del proprio agire o prede degli eventi, i sogni, le illusioni e i disinganni, le piccinerie e gli atti di vera generosità: tutto portato via da un colpo di cazzuola che mura una porta. Queste ed altre sono le riflessioni suscitate dall’opera di Tapies “ Tabula rasa” del 1958, in cui “incorniciata” da uno stipite ancora intatto, ma priva di cardini e battenti, una porta murata occupa totalmente la tela, rigorosamente monocromatica. Rappresenta la vita con le sue infinite varianti anche l’opera di Carla Accardi ”Integrazione lunga” 1958, in cui segni bianchi e neri convergono e divergono, s’intrecciano e si dipanano. La leggerezza e la precarietà dell’esistenza si rispecchiano nell’aerea e lieve scultura che si muove ad ogni minimo alito di vento, ”Mobile” 1958, di Calder, mentre il rimpianto e la nostalgia per un mondo rurale che non c’è più compongono le imponenti e solide sculture di Pascali.


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cinema

“IL DIVO”

“Quello che il cinema italiano può fare” di Greta Marchese

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on siamo cronologicamente molto lontani da oggi, per arrivare al dunque basta fare qualche passo indietro nel tempo, fino a sfiorare con le punte delle scarpe le soglie di un decennio particolarmente significativo. Un decennio in cui si iniziava a parlare di terrorismo internazionale, in cui un presidente di colore suonava ancora come qualcosa di inspiegabilmente astratto e grandi cambiamenti iniziavano a farsi strada in ogni campo, cambiamenti che nel loro piccolo non potevano non coinvolgere anche l’Italia. Gli anni duemila rappresentarono infatti un vero e proprio turning point per il cinema italiano. La vecchia lira cedeva il posto all’euro, gli adolescenti collezionavano sfilze di braccialetti fluorescenti, Ricky Martin si scatenava sulle note di “She bangs” e nel 2008 approdava a Cannes il fino ad allora quasi ignoto Paolo Sorrentino con “Il Divo”, conquistando dieci minuti di applausi e lo stupore della giuria che, nel 2004, aveva già ben accolto il suo “Le conseguenze dell’amore”. Affiancato lo stesso anno dal film “Gomorra” di Matteo Garrone, il cinema italiano ottiene così un doppio riconoscimento divenendo protagonista del festival. Prodotto da Lucky Red con Toni Servillo, Anna Bonaiuto, Giulio Bosetti, Flavio Bucci e Carlo Buccirosso, “Il Divo” (o ‘’La spettacolare vita di Giulio Andreotti “) non è semplicemente una biografia sulla vita del senatore, ma un affresco potente e realistico dell’Italia di ieri e di oggi. Soffermandosi sulle fasi cruciali della scena politica del paese, dalla composizione del VII Governo Andreotti al maxiprocesso per associazione mafiosa, il regista porta sullo schermo gli spettri della storia politica, e lo fa tenendosi rigorosamente a distanza dalla banale cronaca. Quella di Sorrentino è una rielaborazione lucida ed omogenea dei fatti a cui si aggiunge un pizzico di surrealismo. Disarmonia, frantumazione ed eccesso sono elementi chiave che permettono di rappresentare un mondo sproporzionato, paradossale, ormai irrappresentabile; un mondo comico e tragico allo stesso tempo. Protagonista di questo apologo del potere è il ritratto grottesco e geniale di un uomo mille volte caricaturizzato dalla storia, che cammina ‘’scivolando’’ nella penombra, che “è” la storia stessa. Andreotti ci appare qui nella sua dimensione umana di uomo anziano, afflitto da fortissime emicranie e, contemporaneamente, in quella di moderno Nosferatu dalla strana connotazione misteriosa. Eccellente la performance di Toni Servillo che, prescindendo le inconfondibili caratteristiche fisiche, è capace di restituire un’immagine estremamente densa e realistica del personaggio. Oltre all’impeccabile costruzione dell’inquadratura e ai movimenti di macchina tutt’altro che semplici, non mancano elementi di grande innovazione. Come l’insolito utilizzo delle scritte in sovrimpressione e le musiche spesso a contrasto, utilizzate per lavorare contro la staticità del mondo polveroso e buio in cui si muove il protagonista, da Vivaldi a Renato Zero, da silenzi interminabili a intermezzi pop

ad alto volume. Ciò che a questo punto è praticamente impossibile non notare, qui e lì, è qualche sottile ramoscello d’ironia che coraggiosamente si distende dal titolo stesso del film per calarsi nell’intricatissima foresta della vita privata del senatore. Di fronte a un personaggio deliberatamente ambiguo la pellicola conserva una sua ambiguità di fondo, abbandonando il solito registro solamente nella scena dal forte impatto drammatico del monologo dove Servillo, vittima di se stesso e serrato nell’intimità della sua abitazione, confessa l’inconfessabile. Non sorprende che le parole scagliate dal regista come pesanti macigni contro lo schermo siano riuscite per la prima volta a far infuriare pubblicamente lo stesso Andreotti. “Livia … gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sapevano, non sanno e non sapranno, non hanno idea. Non hanno idea delle malefatte che il potere deve commettere per assicurare il benessere e lo sviluppo del Paese. Per troppi anni il potere sono stato io. La mostruosa, inconfessabile contraddizione: perpetuare il male per garantire il bene. La contraddizione mostruosa che fa di me un uomo cinico e indecifrabile anche per te, gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sanno la responsabilità. La responsabilità diretta o indiretta per tutte le stragi avvenute in Italia dal 1969 al 1984, e che hanno avuto per la precisione 236 morti e 817 feriti. A tutti i familiari delle vittime io dico: sì, confesso. Confesso: è stata anche per mia colpa, per mia colpa, per mia grandissima colpa. Questo dico anche se non serve. Lo stragismo per destabilizzare il Paese, provocare terrore, per isolare le parti politiche estreme e rafforzare i partiti di Centro come la Democrazia Cristiana l’hanno definita “Strategia della Tensione” – sarebbe più corretto dire “Strategia della Sopravvivenza”. Roberto, Michele, Giorgio, Carlo Alberto, Giovanni, Mino, il caro Aldo, per vocazione o per necessità ma tutti irriducibili amanti della verità. Tutte bombe pronte ad esplodere che sono state disinnescate col silenzio finale. Tutti a pensare che la verità sia una cosa giusta, e invece è la fine del mondo, e noi non possiamo consentire la fine del mondo in nome di una cosa giusta. Abbiamo un mandato, noi. Un mandato divino. Bisogna amare così tanto Dio per capire quanto sia necessario il male per avere il bene. Questo Dio lo sa, e lo so anch’io”. Nonostante in chiusura l’esito del processo lasci l’amara sensazione che niente è cambiato e niente cambierà, che il potere sia un “mostro” talmente forte da non poter essere più eliminabile; il regista si tiene a debita distanza da ogni plausibile giudizio morale. Il messaggio risulta chiaro: non spetta a Sorrentino il compito di far luce su uno dei personaggi più noti e controversi della storia repubblicana. In un’intervista dichiara: “La mia speranza è che lo vedano i giovani, molti di quelli di una certa età conoscono bene le cose; il film non vuole rivelare quelle cose, piuttosto si limita a sistematizzarle e a raccontarle in maniera più ordinata, meno frammentaria, e a rispolverare un’attenzione verso cose che sono state dimenticate”. 7


Cézanne e gli artisti del XX secolo A cavallo tra impressionismo e cubismo di Maria Chiara Lorenti

Paul Cézanne, “Bagnanti”, ca. 1895

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andinski, nel 1912, dissertando sulle sue nature morte, osservò che: “ ...Cézanne ha creato una nuova legge nella forma...sapeva trasformare una tazza da tè in un essere animato, o meglio sapeva riconoscere l’essere in quella tazza. Cézanne porta la natura morta a un’altezza in cui le cose esteriormente morte diventano interiormente vive. Le tratta come tratta l’uomo perché in tutte sa vedere la vita interiore. Dà loro un’espressione cromatica, cioè una dimensione intimamente pittorica, e le chiude in una forma traducibile in forme astratte, spesso matematiche che diffondono armonia. Non rappresenta un uomo, una mela, un albero, ma usa questo materiale per formare qualcosa di intimamente pittorico che si chiama immagine ”. Dopo una vita passata in solitudine, completamente assorbito dallo studio e dalla contemplazione della natura, negli ultimi anni, dopo amare umiliazioni e derisioni, Cézanne vide finalmente riconosciuto il suo talento e la sua genialità artistica. Dopo la sua morte moltissimi artisti di grande fama, di cui tanti caposcuola di nuovi movimenti che nascevano nella prima metà del ventesimo secolo, si ispirarono alle sue opere. Studiando nei suoi quadri la ricerca delle forme e dei

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volumi, la deformazione degli stessi modulata dalle variazioni cromatiche, Braque, Léger e Picasso trovarono le premesse per il principio della visione simultanea, alla base del Cubismo. Anche il giovane Modigliani, da poco a Parigi, rimarrà affascinato dalla grandezza silente dei ritratti del maestro di Aix, e ne trarrà lezione nell’infondere forza e semplicità nei suoi. Poi Morandi ne apprezzerà la caparbia dedizione nel dipingere lo stesso tema, riferito alle sue nature morte, per coglierne la purezza formale, l’intima essenza, le variazioni infinitesimali della luce. E come lui, altri pittori italiani del novecento ne hanno colto l’insegnamento a volte fondamentale per la propria arte. Da Boccioni a Carrà, da Sironi a Morandi, a Capogrossi, Casorati, Pirandello, solo per citarne alcuni, sono i coprotagonisti della mostra “Cézanne e gli artisti del XX secolo”, a Roma, al Complesso del Vittoriano, in visione fino al 2 febbraio 2014. L’esposizione è curata da Maria Teresa Benedetti, storica d’Arte, in collaborazione con un accreditato comitato scientifico composto da Claudio Strinati, Denis Coutagne e Rudy Chiappini. Un centinaio di opere, di cui una ventina del grande pittore provenzale, provengono dai più prestigiosi musei del mondo: The State Hermitage Museum di San


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dedicato a

Fausto Pirandello, “Bagnanti nella rifrazione”, 1960 Pietroburgo; Musée d’Orsay di Parigi; Fondazione Collezione E. G. Buhrie di Zurigo; Museo di Arte di Sao Paulo Assis Chateaubriand di San Paolo in Brasile; Musée Granet di Aix-en-Provence; National Gallery of Victoria di Melbourne; The Art Gallery of Ontario di Toronto; Szepmuveszeti Museum di Budapest; Virginia Museum of Fine Arts di Richmond; Museo Morandi di Bologna; MART museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto; Galleria di Arte Moderna di Roma Capitale, Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma; Musei Vaticani di Città del Vaticano; Museo del Novecento e Galleria d’Arte Moderna di Milano; Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Filippo de Pisis” di Ferrara e Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino. Questa lunga lista dimostra l’importanza delle opere prestate e che ora, tutte insieme, si possono ammirare, per poter vedere da vicino l’importanza che Paul Cézanne ha avuto nello sviluppo dell’arte del XX secolo, perché , come proferì Matisse e Picasso “ è il padre di tutti noi”. Il miglior epitaffio per un pittore che precorse il suo tempo.

Felice Carena, “Le bagnanti”, 1938 9


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fotografia

FOTOGRAFIA, Festival Internazionale di Roma Il MACRO di via Nizza dedicato alla fotografia di Eleonora Spataro

Leo Rubinfien At Okhotny Ryad, Moscow, 2003 della serie Wounded Cities

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iflettori puntati su FOTOGRAFIA, Festival Internazionale di Roma, che il MACRO di via Nizza ospiterà fino all’8 dicembre 2013. Giunto alla sua dodicesima edizione tra mille difficoltà economiche e di conseguenza organizzative, lo scorso 5 ottobre, ha inaugurato quattordici mostre nella sede principale dando così il via alla manifestazione che prevede un ampio circuito di esposizioni nella capitale. Il MACRO, quartier generale dell’evento, fa infatti da ponte alle altre location che ospitano il festival: il Museo di Roma in Trastevere; l’Accademia di Francia a Roma, Villa Medici; la British School di Roma; la Fondazione Pastificio Cerere; l’Ex GIL; l’Acta International, Photo art gallery. Vacatio è il tema di quest’anno. Si tratta di una riflessione a tutto tondo sulla fotografia che si interroga sull’assenza e la sospensione sull’atto del fotografare, sul concetto di sottrazione e sul confine con le altre arti. “Asciugare tutto, arrivare all’assenza come essenza. Rispettare la condizione individuale e di solitudine. Su questi nuovi scenari labili si basa l’idea di ricostruire un tessuto forte della fotografia d’autore ricominciando a lavorare sulle singole identità. In un’epoca di “vacatio” istituzionale è necessario ripartire dal bisogno di testimoniare, di combattere nuove e vecchie assenze nel mondo, interrogandosi su quanto la fotografia possa spaziare anche in terreni non reali.” Tra i protagonisti di questa edizione troveremo nomi importanti quali Patrick Faigenbaum, nominato a giugno vincitore del premio Henri Cartier Bresson; Adam Broomberg & Oliver Chanarin, vincitori del Deutsche Prize a Londra nel giugno 2013; due grandi fotografi italiani come Paolo Pellegrin e Guido Guidi; Gigi Giannuzzi la sua casa editrice Trolley Books; Tim Davis, a cui è stata affidata l’XI edizione della Commissione Roma, il grande lavoro annuale sulla città.

Elger Esser, Beg en Aud, Frankreich 2006; Vacatio

Foresta Bianca

Il progetto d’arte pubblica ospitato da FOTOGRAFIA

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rotagonista di una delle quattordici mostre ospitate dal MACRO di via Nizza, all’interno di FOTOGRAFIA, il progetto d’arte pubblica Foresta Bianca, approda a Roma con una selezione dal suo archivio visitabile fino all’8 dicembre. Tra il 2011 e il 2013, gli abitanti del Comune di Rosignano Marittimo hanno dato vita ad una gigantesca raccolta di fotografia familiare. Al centro di questi scatti ci sono parenti ed amici ed i fotografi sono persone comuni che hanno partecipato raccontando le loro storie. Nerina Monti Castiglioncello, descrive la sua foto qui accanto: “Sono ai Bagni Vinicio, dove i miei nonni prendevano una cabina quando venivano a trovarci l’estate. Non c’era moltissima gente, infatti c’era una fila sola di sdraio.“ Perché raccogliere le foto ricordo di sette frazioni del Comune di Rosignano? Il valore di queste immagini risiede certamente nella loro spontaneità documentaria che non aderisce a regole estetiche o canoni né a parametri tecnici.


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curiosART

Pittura satirica Espressioni del volto di Cristina Simoncini

Pietr Quast, “Die steinoperation”

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e espressioni che il viso può compiere sono davvero tantissime; aiutano a far capire bene i concetti che si vuole lasciar trasparire, difatti, anche senza l’uso della parola, è molto facile distinguere un volto arrabbiato da uno disgustato o felice. Le capacità di comunicazione che possono avere le espressioni facciali sono state studiate a fondo in ogni loro particolare, cosa necessaria se si vuole riprodurre immagini capaci di esprimere il pensiero umano su di una tela. Gli artisti vogliono lanciare messaggi e idee sorvolando sulla teoria della “Fisiognomica”, concentrandosi solo sulla realizzazione sempre più vasta di varietà di “facce”, in grado di esprimere i sentimenti che accomunano tutti gli uomini. Tra le opere secentesche più significative, che mostrano l’espressività del viso maggiormente portata all’estremo, appaiono quelle ricche di personaggi grotteschi del pittore satirico Pieter Quast (1606-1647), il quale immortalò su tela contadini e ciarlatani all’opera, a scopo di far trapelare bene dai loro volti tutta l’ironia della scena in cui venivano coinvolti. Un altro pittore secentesco che adoperò le espressioni più esagerate fu Hendrick Heerschop (1626-1690); egli, come si nota nel suo dipinto intitolato: “Esperimento dell’alchimista prende fuoco”, riuscì eccellentemente a mostrare lo sgomento dell’alchimista davanti ad uno esperimento andato a male e a costruire, così, una scena di ottima satira contro una professione sempre pronta a promettere molto per dare pochissimo. Il quadro intitolato: “Trentasei espressioni facciali” di Louis Boilly (1761-1845) rapprensenta l’apice dello studio sulle varietà di trasformazione di un viso perché in esso sono riunite tutte le espressioni facciali esistenti: dal sorpreso al malizioso, dall’adirato all’allegro e così via; l’artista creò qui una sorta di manuale dipinto sull’emotività umana, dove salta agli occhi con evidenza l’elemento comico presente in ogni reazione esagerata dell’uomo.

Pietr Quast, “Un ciarlatano ed un paziente in un interno”

Hendrick Heerschop, “Esperimento dell’alchimista prende fuoco”

Louis Boilly, “Trentasei espressioni facciali”

Fonte: www.pitturaomnia.com 11


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architettura manga

Dorohedoro

Magia, splatter e mistero di Valerio Lucantonio l’occasione di complicare ancora di più le vicende, introducendo “nemici” che saprà caratterizzare alla stessa maniera dei protagonisti, il cui numero aumenterà sempre di più, anche se chiunque rimarrà stupito dalla dimestichezza della mangaka che riesce a gestire un parco-personaggi e una trama sempre più vasti e vari. I disegni sporchi e crudi si sposano alla perfezione con la vioenza frequentissima che spesso coincide con il black humor, facendo sorridere il lettore anche davanti a incidenti e persone che ci lasciano la pelle come se niente fosse. Una nota di merito d’eccezione va alle magie e di conseguenza ai combattimenti, infatti non si riesce mai a prevedere l’esito di uno scontro, grazie al caos che regna sovrano nell’intera opera, e alla forte componente casuale (e quindi realistica) che caratterizza non solo le battaglie, ma ogni singolo sviluppo della storia. Un manga più unico che raro, consigliato a chi ormai è nauseato dalle storie tranquille, semplici e politicallycorrect.

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arlare di un manga come Dorohedoro (di Q Hayashida, Shogakukan, 2002) è un compito davvero complicato, anche restringendo la descrizione al primo volume: ci troviamo nella malmessa città di Hole, dove trovare cadaveri e immondizia per i vicoli lerci sembra una routine per i suoi abitanti. Questi ultimi sono anche abituati alle visite di individui provenienti da un’altra realtà capaci delle magie più strambe e variegate, chiamati stregoni, che si divertono a sperimentare le loro abilità sui deboli e comuni uomini che considerano feccia. Il nostro protagonista è una vittima della magia, Cayman, che un giorno si è risvegliato senza memoria ma in compenso con la testa di un alligatore. Il suo odio per gli stregoni lo porta, aiutato dall’amica e cuoca Nikado, ad assalire ogni mago si presenti a Hole per ingoiarne la faccia così che “l’uomo dentro la sua bocca” identifichi il colpevole. Già a questo punto il normale lettore probabilmente sarebbe confuso. E la sensei Hayashida non perde

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Hemingway, “Il vecchio e il mare”

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occhio al libro

“La vita ci spezza tutti. Solo alcuni diventano più forti nei punti in cui si sono spezzati.” di Martina Tedeschi

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ttantaquattro giorni senza aver pescato nulla. Nulla, neanche l’ombra di un qualcosa che potesse far credere ancora alla presenza di pesci nel mare. Santiago, esperto e conosciuto pescatore, iniziava ormai a preoccuparsi e pensare di esser stato colpito da una maledizione che non solo lo lasciava a mani vuote, ma lo beffeggiava permettendo agli altri pescatori tutto il bottino. Nonostante il rancore e l’amarezza per quei giorni di magra totale, il vecchio non perdeva la speranza: “ domani sarà un giorno più fortunato ” si ripeteva al caldo della sua logora e povera catapecchia di fronte al mare; guardava fuori dalla finestra la sua umile barca testimone di tante avventure, legata con cura al molo, e con sguardo triste ribadiva a se stesso che, sì, domani sarebbe stato un giorno più fortunato. A rendere quel che rimaneva della sua vita meno solitaria e opaca di tristi ricordi, c’è Manolo, un giovane che aveva lasciato la sua famiglia per imparare segreti e abilità dell’arte della pesca e che, inevitabilmente, dopo mesi alla destra del vecchio dal quale aveva appreso tutti i trucchi e gli insegnamenti, riservava per lui stima ed affetto tanto che il vederlo tornare a mani vuote lo rendeva triste ed impotente. Il ragazzo si occupava di lui

ogni volta che poteva e lo alleggeriva dai suoi pensieri chiacchierando tanto e di tutto soprattutto delle ultime novità sul baseball, passione che avevano in comune. Una mattina, all’alba, Santiago era come al solito già sveglio e pronto ad affrontare il mare e i suoi sortilegi. L’aria di quelle prime ore era fredda e tagliente come frammenti di vetro e si scagliava dritta contro il volto del vecchio quasi a volerlo segnare come già il tempo aveva fatto con le rughe. C’era però qualcosa di diverso, qualcosa di più fortunato. Il vecchio aveva preparato i suoi ami, caricato la barca e preso il largo. Dopo un’imperdonabile attesa durata fin troppo, finalmente la sua rivincita aveva abboccato, un enorme pescespada lungo più di cinque metri, lo aveva scelto come compagno d’avventura: si sentiva improvvisamente emozionato, vivo. Ringraziava il mare ma lo faceva a bassa voce, quasi sussurrando, “ perché sapeva che a dirle, le cose belle non succedono ”, e da quel momento per il vecchio era iniziata la sua più grande e coinvolgente odissea, una lotta che durerà tre giorni e tre notti contro la forza titanica di una natura che sta per metterlo KO fin quando … Maledizione e magia, solitudine, amore per la vita e per la propria condizione di esistere di sola pesca, per i pesci. Ambientato nella Cuba degli anni ’50, “Il vecchio e il mare” di Hemingway non ha bisogno di presentazioni, la sua toccante semplicità si propaga nel tempo come un’eco, fa ritorno, si ripresenta quando sembra essere distante, descrive una storia che ha qualcosa di poetico, qualcosa che non può essere immaginata, ma essere per forza vissuta. Che ne sarà dell’impresa di Santiago e del suo grande colpo di fortuna? Tornerà per poter sfoggiare la sua rivincita o sarà soltanto un’altra esperienza da dimenticare? “ L’uomo non trionfa mai del tutto, ma anche quando la sconfitta è totale quello che importa è lo sforzo per affrontare il destino e soltanto nella misura di questo sforzo si può raggiungere la vittoria nella sconfitta. ”

Aleksandr Petrov, “Il vecchio e il mare” 13


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“Trincea di signore”

occhio al palcoscenico

di Rossana Gabrieli

U

n avvio di stagione in grande stile, al Teatro Millelire di Roma, da sempre attento ad offrire al suo pubblico rappresentazioni originali e che lascino il segno. Precisamente quello che accade con “Trincea di signore”, testo di Silvia Calamai, straordinaria autrice di testi teatrali, con regia di Lydia Biondi, interprete con Mirella Mazzeranghi - entrambe bravissime - di uno spettacolo tanto affascinante quanto insolito, se così può definirsi il teatro dell’assurdo.

La Pulitura di un dipinto

Il paragone con la tradizione anglosassone, in effetti, sorge spontaneamente: stessi dialoghi insoliti, stesso “dire per non dire” e “non dire per dire”, stessa evanescenza spazio-temporale e stessa “assenza di logica”, potremmo dire, se nell’assenza di logica non si paventasse un’intensità di questioni esistenziali, profonde ed angoscianti. Le due protagoniste, Ortensia e Gervasia, vicine di casa di mezza età, spiega la recensione “ […]sono chiuse in casa, a spiare dalla finestra una città che sembra alluvionata, ascoltando notiziari, raccontandosi telenovelle, litigando, parlando di improbabili fughe in canotto. Questo loro conversare non è la chiave unica di un testo dai tratti popolari e divertenti: il mondo cui le due donne abitano è deserto e privo di ogni certezza. Pare che Ortensia sia salita da Gervasia perché ha finito il latte, o l’olio, o il caffè; pare che Ortensia non possa tornare giù nel suo appartamento; pare che la Cupola stessa e il Campanile che si vedono dalla finestra, si dissolvano e scompaiano in lontananza. Il mondo è Altro, e nessuno sa che cosa sia esattamente e fa paura, e i ricordi del passato e le chiacchiere del presente non riescono ad addomesticarlo. Ci entra in casa e ci parla, con lunghi e strani silenzi”. Sulla bravura delle protagoniste non si discute. Sulla qualità dello spettacolo neppure. L’invito è quello di avvicinarsi al Teatro Millelire e di scoprirne le prossime proposte.

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tecnica

di Fabio Cavalieri

G

Piazza IX Settembre snc 00048 Nettuno (RM)

iorni fa una cliente mi diceva che da bambina puliva i dipinti con la patata, ma anticamente si usavano le sostanze più disparate come: lo spirito di vino, l’orina, le ceneri, miscele di alcool e acquaragia, l’olio tenuto in sospensione sul dipinto per 10 giorni e poi tolto, l’acqua calda, i saponi, la schiuma di sapone,la potassa, la soda, la liscivia. Molti di questi prodotti si utilizzano ancora con ottimi risultati. Bisogna però dire che l’operazione di pulitura di un dipinto è la più complessa e irreversibile. Infatti il celebre pittore di Versailles Lebrun affermava che “l’operazione del pulimento è quella che distrugge talvolta il maggior numero di quadri”. Oggi come allora è ancora così, non ci vuole niente con un solvente sbagliato a distruggere la pellicola pittorica. Per cui quando ci apprestiamo a pulire un dipinto dobbiamo sempre operare per gradi. Le sostanze per pulire i dipinti si possono dividere in tre gruppi: ALCALI : Soda, potassa, ammoniaca. Sono di particolare utilità al restauratore comunque usati sempre in soluzione. Soda: deriva da alcune alghe e piante marine e ultimamente anche dalla trasformazione del sale marino in carbonato di soda.

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SAPONI: Derivati dal legame di soda e potassa insieme a oli e sostanze grasse. Si dividono in saponi insolubili, che a noi non interessano, mentre ci tornano utili i solubili che si legano ad oli e anche all’ammoniaca, ALCOOLICI: L’alcool è una sostanza liquida che si ricava dalla fermentazione dell’uva e di alcuni vegetali che contengono sostanze zuccherine ed amidacee. La distillazione dell’alcool avviene insieme all’acqua e, a seconda della maggiore o minore quantità di essa, si hanno vari prodotti come lo spirito di vino, l’acquavite, il rhum, etc. Molti di essi vengono utilizzati dal restauratore per sciogliere soprattutto le resine. Una sostanza ottima è lo spirito di sapone, ossia l’alcool con all’interno del sapone. Tutte queste sostanze hanno il giusto utilizzo per ogni tipo di sostanza: gli alcali vanno benissimo per sciogliere grassi o vecchia polvere e anche colle, mentre gli alcolici sono ottimi per le vernici, stà alla sensibilità e all’esperienza del restauratore scegliere il giusto solvente. Chiunque volesse informazioni mi contatti : Fabio Cavalieri Facebook o 069880730 o f.cavalieri@libero.it


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Xenia Miranda Eventi Spazio Interiore Art Gallery, fino al 20 novembre Ladies in the spotlight. Mary Shelley and the Romantic circle Keats-Shelley House, fino al 22 novembre Femke Schaap. Models & Simulation “Il canto delle sirene” mostra personale di Sabrina Carucci Galleria il Segno, fino al 23 novembre Sala Manzù, dal 9 al 18 novembre Nathalie Daoust. China Dolls “La violenza contro le donne” Mostra collettiva - Coop, ass. Arte Ilex, fino al 24 novembre Mediterranea, ass. Vaso di Pandora Maurizio Mochetti. Pozza Rossa Sala Manzù, 25 novembre Giacomo Guidi Arte Contemporanea, fino al 24 novembre “Figure umane”, presentazione del libro di Gabriele Falcioni (articolo a Galleria Vezzoli pag. 3) MAXXI, fino al 24 novembre Sala Manzù di Aprilia, il 30 novembre alle 18.00 Incontrotralecose “Arte e sapori” mostra personale di Franca Zaccarin Musei di Villa Torlonia – Casina delle Civette, fino al 24 novembre Ristorante “Il paccheroo solitario, fino al 31 dicembre Teatro delle Esposizioni #4 Cineforum Aprilia Accademia di Francia – Villa Medici, fino al 25 novembre Aula Magna dell’Istituto Comprensivo Giovanni Pascoli, via delle Palme 13/15, ogni Nikolaus Gansterer. Thinking matters mercoledì dal 16 ottobre al 21 maggio Rassegna concertistica 2013-2014, Ass.ne Vaso di Pandora, Ass.ne Liberi Galleria Marie-Laure Fleisch, fino al 28 novembre Guido Guidi. Cinque Paesaggi Cantores, Ass.ne Arte Mediterrana ICCD – Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, fino al 29 novembre “Così si cantava”, I grandi calssici della canzone d’autore 16 ottobre 1943. La razzia degli ebrei di Roma Teatro Spazio 47, 30 novembre 2013 “Mo’ vene Natale...” - Il Natale e il presepe nella tradizione musicale e Complesso del Vittoriano, fino al 30 novembre Paolo Radi. Alzando lo sguardo poetica della Napoli di Otto e Novecento Annamarra Contemporanea, fino al 30 novembre Teatro Spazio 47, 14-15 dicembre 2013 Alla scoperta dell’Arabia Saudita. La terra del dialogo e della cultura Complesso del Vittoriano, fino al 30 novembre I dischi in vinile nell’arte della MIR Magazzino, fino al 30 novembre Jannis Kounellis Gruppo ’63 50X63 Volume!, fino al 15 novembre Auditorium Parco della Musica, dal 18 ottobre al 3 dicembre Image / Object FOTOGRAFIA, Festival Internazionale di Roma (articolo a pag. 10) Furini Arte Contemporanea, fino al 15 novembre MACRO, fino all’8 dicembre Trialogo Emilio Greco: i Segni e le Forme (articolo a pag. 5) Galleria l’Opera, fino al 15 novembre Palazzo Braschi, fino al 12 gennaio 2014 Thomas Jorion. Timeless Island Cézanne e gli artisti del XX secolo (articolo a pagg. 8-9) Galleria Sala 1, fino al 15 novembre Complesso del Vittoriano, fino al 2 febbraio 2014. Passeggiate romane. Dalle Secessioni alla Scuola Romana Cleopatra Nuova Galleria Campo dei Fiori, fino al 16 novembre Chiostro del Bramante, fino al 2 febbraio 2014 Antonio Rovaldi e Francesco Arena. Orizzonte in Italia National Geographic, 125 anni. La grande avventura Monitor, fino al 16 novembre Palazzo delle Esposizioni, fino al 2 marzo 2014 Ab Origine La Cina arcaica (3500 a.C. – 221 a.C.) (articolo a pag. 4) Z2O Gallery, fino al 16 novembre Palazzo Venezia, fino al 20 marzo 2014 Gea Casolaro. Still here The Gallery Apart, fino al 16 novembre Imran Qureshi MACRO, fino al 17 novembre Horne & Friends. Firenze un sogno da salvare Davanti allo specchio Museo Horne, fino al 7 dicembre Museo Pietro Canonica, fino al 17 novembre Dal Giglio al David Espìritu Maya. Guatemala tra misticismo e tradizioni Galleria dell’Accademia, fino all’8 dicembre Istituto Cervantes, fino al 17 novembre Patrizia Cronin. Le macchine, gli Dei e i fantasmi Centrale Montemartini, fino al 20 novembre

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Aprilia

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Roma

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Firenze

sul filo di china


Antonio De Waure, “Il vano tentativo”

Potete trovare la vostra copia di “Occhio all’Arte” presso i seguenti distributori:

Aprilia: Biblioteca Comunale (Largo Marconi), Comune di Aprilia - Palazzo di vetro (p.zza dei Bersaglieri), edicola di p.zza Roma, Casa del libro (Via dei Lauri 91), Abbigliamento Alibi (via Marconi 52), Banca Intesa (via delle Margherite 121), edicola di Largo dello Sport, edicola di p.zza della Repubblica, teatro Spazio 47 (via Pontina km 47), palestra Sensazione (via del Pianoro 6), Ottica Catanesi (Largo Marconi 8), parrucchiera Rina (via di Crollalanza 31), bar L’Orchidea (via dei Garofani 15), bar Pan di Zenzero (via Calabria 17), Latitudine 42 (via degli Aranci, 65) Lavinio mare: Bar Lavinia (p.zza Lavinia 1) - Anzio: Biblioteca comunale (Comune di Anzio) Nettuno: F.lli Cavalieri (P.zza IX Settembre) 16


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