A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno VIII N° 77 ottobre 2014
Mensile d’informazione d’arte
ndedicato a:
www.artemediterranea.org
Giovanni Segantini Henri Cartier-Bresson, “Boulevard Diderot, Paris”, 1969 il cantore dell’Alpe fotografia: occhio al libro: cinema: n n n Io uccido, Giorgio Faletti Henry Cartier-Bresson “Good Morning, Vietnam”
Sono in distribuzione la 1a e 2a lezione del DVD sulla pittura ad olio
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• • • Redazione Maria Chiara Lorenti, Cristina Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Eleonora Spataro Mensile culturale edito dalla Collaboratori Associazione Arte Mediterranea Luigia Piacentini, Stefania Servillo, via Dei Peri, 45 Aprilia Patrizia Vaccaro, Daniele Falcioni, Tel.347/1748542 Laura Siconolfi, Maurizio Montuschi, occhioallarte@artemediterranea.org Greta Marchese, Giulia Gabiati www.artemediterranea.org Valerio Lucantonio, Martina Tedeschi, Aut. del Tribunale di Latina Marilena Parrino, Nicola Fasciano, N.1056/06, del 13/02/2007 Simona Cagnazzo, Stefano Cagnazzo Fondatori Antonio De Waure, Maria Chiara Lorenti Cristina Simoncini Amministratore Antonio De Waure Direttore responsabile Rossana Gabrieli Responsabile di Redazione Maria Chiara Lorenti
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Responsabile Marketing Cristina Simoncini Composizione e Desktop Publishing Giuseppe Di Pasquale Stampa Associazione Arte Mediterranea via Dei Peri, 45 Aprilia
Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso dell’editore
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Sommario
Artisti in cammino Le grotte dipinte del Paleolitico Io uccido, Giorgio Faletti Henry Cartier-Bresson Fotografia Festival Internazionale di Roma Galleria nazionale di arte antica, 2° parte Le catacombe di Roma Giovanni Segantini il cantore dell’Alpe “Good Morning, Vietnam” Dreamings Tabula rasa La cioccolata calda XIII Teatro Prati: il teatro del buonumore Indagine sullo smog cittadino nostrano
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dall’associazione
Artisti in cammino di Antonio De Waure
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el segno di amicizia e col laborazione, ma anche di interscambio cul turale tra le Associazioni Arte Medi terranea di Aprilia e Popolare Euterpe di Anzio, nasce la mostra Col lettiva “Artisti in cammino” che si svolgerà presso la sala Manzù di Aprilia. Parteciperanno 7 art isti del l’Arte Medi terranea: Angela B uffa, Danila Nasoni, Emilia Leonetti, B runo Savioli, Patrizia Di Clemente, Francesca Picone, Adriano B isetti, e al trettanti artisti del l’Associazione Popolare Euterpe: Franco B randi, Elena Tontini, Yvonne Maria Teresa Gandini, Luciano S cramoncin, Renato Elisei, Ri ta Colaianni, Silvano Ottaviani. La mostra sarà inaugurata l’11 ottobre al le ore 18,00 e rimarrà aperta fino al 19 ottobre. Considerando che l’Associazione Popolare Euterpe nei mesi di maggio e luglio ha ospi tato gli artisti apriliani con due mostre col lettive presso Vil la Sarsina ad Anzio,il sodalizio cul turale continuerà con ul teriori mostre in fase di organizzazione. E’ mol to importante ci tare per la nostra associazione la mostra terminata il 21 settembre presso Forte Sangal lo di Nettuno di tre nostre valenti pi ttrici, Sabrina Carucci,Maria Peti to e Silvia Amendola che hanno riportato grande successo di pubblico e di cri tica.
Le grotte dipinte del Paleolitico
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archeologia
Luoghi oggi per noi quasi irreali ricchi di testimonianze preistoriche di Luigia Piacentini
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luoghi dell’arte paleolitica sono distribuiti soprattutto tra la Francia sud-occidentale e i monti Cantabrici in Spagna. Il luogo più celebre è certamente la grotta di Lascaux, in Dordogna,
scoperta nel 1940, con le sue figure animalesche composte da semplici linee e colori di circa 15.000 anni fa. La grotta, composta da corridoi e ampie sale, è animata da figure di uri, cervi, vacche, cavalli, leoni, rinoceronti e da segni geometrici (come ad esempio un simbolo a forma di griglia). La particolarità è nei cavalli che dalle pareti salgono verso le volte degli ambienti, con un senso di dinamicità e movimento impressionante. La grotta di Altamira, in Spagna, fu scoperta casualmente da un cacciatore nel 1868. A differenza di Lascaux, che fu decorata in un breve periodo, qui la grotta venne frequentata tra 20.000 e 14.000 anni fa. Anche qui si raggruppano figure di bisonti, cavalli, uri, stambecchi e cervi e segni geometrici simili a quelli trovati nella grotta francese. In ultimo si può annoverare nell’elenco la grotta di Vallon-Pont-D’Arc, non lontano da Avignone, che fu scoperta per un soffio di aria calda che si sprigionava da una fenditura della roccia. Le sale contano ben 300 raffigurazioni, che si datano tra 20.000 e 18.000 anni fa. Gli animali dipinti sono anche qui sempre cavalli, bisonti, orsi, iene, cervi, renne, mammuth e rinoceronti. Insomma anche questa è arte! 3
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occhio al libro
Io uccido, Giorgio Faletti
Il talento letterario di una personalità poliedrica di Martina Tedeschi
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ean-Loup Verdier è un giovane e noto dj di radio Monte Carlo. Nelle lunghe notti illuminate dalle luci di Monaco, la sua voce calda tiene compagnia a tutti i cuori solitari sintonizzati sul canale radio di “Voices”, la sua stazione, il suo rifugio. L’attimo di premere un tasto, la luce rossa che segna “on air” e tutto si trasforma, prende vita nei più bei brani musicali adatti ad ogni tipo di luna, per veri intenditori. Se qualcuno gli avesse detto prima cosa, di lì a breve, avrebbe invaso quel suo angolo di paradiso spegnendo per sempre quella luce, lui non ci avrebbe creduto: “E ora prendiamo la prossima chiamata, pronto?” “Ciao Jean-Loup.” “Ciao, chi sei?” “Non ha importanza. Io sono uno e nessuno. [...] La cosa che conta è che è arrivato il momento di parlarci, anche se questo vuol dire che dopo né tu né io saremo più gli stessi. [...] Io di notte non posso dormire, perchè il mio male non riposa mai.” “E allora tu cosa fai, di notte, per curare il tuo male?” “Io uccido...” Una voce agghiacciante ed innaturale, due parole, e da quella notte d’inizio estate nulla fu, davvero, più uguale a prima. Un assassino che inizia a uccidere a sangue freddo le sue vittime rigorosamente scelte, scuoiando la loro faccia come firma di riconoscimento, non è uno scherzo e gli agenti Frank Ottobre e Nicolas Hulot lo hanno capito fin troppo bene. Mai fino ad ora si
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Pagina adottata da: “Pendol Art” erano trovati in una situazione tanto tragica, e mai così lontani dal risolverla. Gli unici indizi a loro disposizione sono dei brani musicali ricercatissimi che l’assassino stesso fa ascoltare in radio prima di sfogare la sua follia omicida. I due colleghi e amici da tutta la vita devono far fronte alla storia gestendo l’entusiasmo malato dei giornalisti, il panico generale e combattendo senza veli, i fantasmi del loro passato; se poi a guarnire il tutto arriva un temerario generale Nathan Parker dell’esercito degli Stati Uniti, seguito dal suo fedele braccio destro, a muover guerra contro la polizia francese per dissetarsi di una vendetta personale, allora il quadro si complica ulteriormente e il caso resta ben lontano dall’archivio e sotto gli occhi di tutti. Definirlo semplicemente un “giallo” sarebbe inappropriato, il romanzo “Io uccido” è molto di più: la storia in tutte le sue sfaccettature più intime e talvolta raccapriccianti, lega tracce che prima di snodarsi s’infittiscono fino al capogiro per più di 600 pagine. Una caccia all’ultima nota, stesa dallo scrittore considerato da Il Venerdì-la Repubblica, “larger than life” : uno da leggenda. Parliamo di Giorgio Faletti, celebre scrittore italiano, scomparso nel luglio di quest’anno, amato dagli appassionati (e non solo) del genere thriller di Io uccido con il quale, nel 2002, ha esordito nel campo letterario. I Toni forti, la terminologia schietta e mai banale, gli episodi palpitanti e l’atmosfera suggestiva, rendono il romanzo ricco di colpi di scena e il lettore pronto a divorare la storia tutta d’un fiato e senza il minimo avanzo. A smacco dei pregiudizi di cui molti si erano muniti nei confronti del “comico che vuole fare lo scrittore” , possiamo senza dubbi ricrederci di fronte all’evidenza di un ottimo lavoro e lasciare un piccolo, ma sentito tributo ad un Faletti ispirato con “penna e calamaio” .
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fotografia
Henry Cartier-Bresson
Dal Centre Pompidou di Parigi all’Ara Pacis di Roma di Eleonora Spataro
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al 26 settembre 2014 al 25 gennaio 2 0 1 5 i l M u s e o d e l l ’A r a P a c i s o s p i t e r à la grande retrospettiva dedicata all’opera fotografica di Henry Cartier-Bresson. Dal Centre Pompidou di Parigi a Roma la mostra, che celebra i dieci anni dalla morte del fotografo francese, ci propone l’intero percorso professionale e artistico dell’autore scandito in tre grandi periodi. L’ e s p o s i z i o n e i n i z i a d a l l a s e z i o n e d e d i c a t a all’ intervallo di dieci anni, dal 1926 al 1935, nel quale frequenta i surrealisti, compie i primi passi nella fotografia e vive i suoi primi viaggi. Sono gli anni in cui studia pittura, ne apprende insegnamenti che influenzeranno anche i suoi primi scatti. Il secondo lasso di tempo preso in considerazione, dal 1936 al 1946, racconta il suo impegno politico, del lavoro per la stampa comunista e l’esperienza nel cinema. Infine, il terzo periodo, dal 1947 al 1970, testimonia la nascita dell’agenzia Magnum Photos fino al suo abbandono del fotoreportage. La mostra propone un corpus consistente di opere e materiali: 500 tra fotografie, disegni, dipinti, film e documenti del grande maestro.
Fotografia Festival Internazionale di Roma Portrait, la centralità del ritratto
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ltre duecento fotografi con più di quaranta mostre in diversi luoghi espositivi della città; “Portrait”, la tredicesima edizione di FOTOGRAFIA Festival Inernazionale di Roma quest’anno è dedicata alla centralità del ritratto. Dal 26 settembre 2014 all’11 gennaio 2015 il MACRO, Museo d’Arte Contemporanea di Roma, sarà la sede principale della manifestazione. Marco Delogu, anche quest’anno direttore artistico dell’evento, ci racconta il festival della fotografia di quest’anno come la creazione di un enorme ritratto. “ È generare”, dice Delogu, “ altre occasioni per vivere: incontri, incroci e sovrapposizioni di molte esperienze, emozioni e vite interiori. Ogni festival, a diversi livelli, è stato questo: una simbolica piazza crocevia di amicizie forti e durature, di sapere, di amori e purtroppo di scomparse (all’indimenticabile Anna Gianesini saranno dedicate le lectures del festival). Il tredicesimo festival è un’enorme quadreria di ritratti nella quale il pubblico interagisce con le fotografie, le pareti rimandano sguardi agli sguardi e il tutto genera nuove immagini. Fotografie “lente” che ogni attimo danno vita a immagini in movimento: questa è la nostra cura per l’accumulazione “malata” di immagini che contraddistingue gli ultimi anni.” 5
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musei
Galleria nazionale di arte antica, 2° parte Musei Romani, 12° articolo
di Laura Siconolfi e Maurizio Montuschi
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l numero civico 13, in via delle Quattro Fontane, nel cuore del centro storico di Roma, reso inconfondibile anche dall’immagine ammiccante della”Fornarina” di Raffaello, posta all’ingresso, oltre un ampio e verdeggiante acciottolio, si erge Palazzo Barberini, una delle due sedi della Galleria nazionale
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d’arte antica. All’imponente luogo di cultura, si può accedere percorrendo diverse strade, via Nazionale, via Del Quirinale tanto per fare qualche esempio. Sarebbe auspicabile, a nostro avviso, raggiungerlo partendo da Piazza Barberini, caotica, viva, vibrante, brulicante di persone, nel centro della quale, quasi come in un’oasi, zampilla la Fontana del Tritone, accerchiata dal traffico. Tale scelta scaturisce da una serie di motivazioni: risalendo verso la Galleria, iniziamo il nostro viaggio a ritroso nel tempo; il fluire di auto e umanità non è più frenetico; c’è la possibilità di scorgere, sulla destra, delle stradine medioevali silenziose e schive, d’altri tempi. Una, più austera e grigia, fa riaffiorare alla memoria un bieco eccidio: via Rasella. Ciò che, però, avvalora maggiormente il nostro andare, è il fatto che il committente della fontana, papa Urbano VIII, e l’artefice, Gian Lorenzo Bernini, rimandano, a vario titolo, alla residenza della famiglia Barberini. L’opera, creata tra il 1642 e il1643 affinché fosse ”pubblico ornamento della città”, emblematica di una nuova concezione del Barocco, merita attenzione ed ammirazione. Richiamo ad un mondo marino leggiadro e potente, accogliente ed ostile, da cui emergono delfini, conchiglie e un tritone che si allontanano e si collocano nello spazio. Agli evidenti richiami naturalistici, si accompagnano gli stemmi papali con api, simbolo araldico della famiglia Barberini, presenti anche in tutti gli ambienti del palazzo oggetto delle nostre riflessioni, alla cui realizzazione contribuirono insigni architetti quali Maderno, Borromini, Bernini. Nel 1949, i sontuosi ambienti furono acquistati dallo stato italiano, per ospitare una raccolta di quadri, donati o comprati, che documentano la produzione artistica delle scuole regionali, soprattutto italiane, tra il 1200 e il 1700. La pinacoteca, che occupa un’ala dell’imponente dimora, si articola su tre piani: piano terra, primo e secondo. Nelle nove sale del primo spazio espositivo, sono presenti opere interessanti e d’indubbio valore documentativo, perché evidenziano apprezzabili ricerche sulla rappresentazione prospettica delle immagini, scelte originali e contaminazioni tra alcune “scuole pittoriche”, tra cui quella romana, veneta, napoletana, dal XIII al XVII secolo. Particolare attenzione meritano i ritratti fiamminghi esposti nell’ultima sala, la n. 9, in cui un magistrale alternarsi di bianco e di nero, di pizzi e di vesti sontuose, ma severe, come le espressioni dei volti effigiati, ricorda un mondo in cui la ricchezza non aveva minimamente scalfito il rigore morale. L’iter conoscitivo del palazzo-museo prosegue attraverso ambienti progettati dal Bernini: un ampio scalone a pianta quadrata ci immette, nel primo piano, in due ambienti straordinari, per le dimensioni e l’affresco della volta, l’uno, per la grazia e la leggiadria, l’altro. A seguire ben quattordici sale, in cui si alternano dipinti di Raffaello, di Caravaggio e di artisti che si sono ispirati ai rispettivi modelli stilistici; di Lorenzo Lotto, originale e innovatore; del maestro del colore tonale, Tiziano; del Tintoretto, di Guido Reni, El Greco … I dieci ambienti del secondo piano accolgono opere di pittori non solo italiani, realizzate nel 1600 e nel 1700. A quelli che, per noi, sono i capolavori del museo e ad alcune iniziative che coinvolgono anche altri spazi del palazzo, dedicheremo i prossimi articoli.
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archeologia
Le catacombe di Roma
I grandi cimiteri cristiani della Roma antica di Luigia Piacentini
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e catacombe hanno sempre affascinato i più ed intorno ad esse si sono create diverse leggende, quasi sempre poco veri tiere. Con il termine “catacomba” si intende in genere un cimi tero sotterraneo mol to esteso, articolato in gal lerie e cubicoli. La parola deriva dal toponimo “ad catacumbas” (presso le cavi tà), relativo al luogo dove si sarebbe poi sviluppato il settore più antico del cimi tero di S. S ebastiano sul la Via Appia. Le fonti, per lo studio di questi luoghi sotterranei, sono costi tui te per lo più dal la documentazione forni ta dagli scavi archeologici, da quel la epigrafica e letteraria. Abbandonate defini tivamente nel corso del IX secolo, solo alcune porzioni di catacombe rimasero ininterrottamente accessibili fino ad epoca moderna; un nuovo interesse, anche per lo studio, si ebbe nel ‘400, epoca al la quale risalgono firme graffi te apposte in questi luoghi dai visi tatori. Al l’ inizio del le prime scoperte cinque-secentesche
si di ffuse la credenza che le catacombe fossero state luoghi di abi tazione o ri fugio al tempo del le persecuzioni dei primi cristiani. In real tà esse furono sempre aree funerarie col lettive, adibi te al l’ inumazione dei defunti e al la celebrazione dei cul ti funerari. Infatti nel I e II secolo d.C. i cristiani non avevano cimi teri propri, ma venivano seppel li ti in aree sepolcrali comuni con i pagani o in sepolcreti individuali di nuclei familiari o associazioni funerarie: S. Pietro fu sepol to nel 64 d.C. nel la necropoli pagana sul col le Vaticano, ubicata sotto l’attuale basilica; S. Paolo in un’area funeraria lungo la via Ostiense. S embra mol to strano, ma in real tà i Romani, a di fferenza degli Etruschi, scoprirono mol to tardi l’utilizzo del sottosuolo a scopi funerari. Nel II secolo d.C., in concomi tanza con l’aumento demografico e l’ intenso sviluppo edilizio, iniziarono a sorgere le prime sepol ture ipogeiche. L’elemento caratterizzante di questi luoghi era la gal leria (“crypta”), lungo le cui pareti venivano disposti su “pilae” verticali i “loculi”. I loculi venivano personalizzati esternamente con iscrizioni o piccoli oggetti (monete, frammenti ceramici, pasta vi trea, giocattoli), mentre al l’ interno si deponevano pochi e semplici oggetti personali come anel li, orecchini, bracciali. I cubicoli erano invece del le stanzette di forma quadrangolare e potevano essere riservati ad una o più famiglie imparentate tra loro. Il passaggio del la luce e del l’aria era garanti to dai lucernari, disposti in luoghi ben studiati degli ambienti. Gli spazi di questi cimi teri sotterranei erano riccamente decorati, anche con lastre ed intarsi marmorei e con pi tture che riproponevano schemi geometrici ed immagini cristiane ispirate al le Sacre S cri tture. Lo scavo e la gestione dei cimi teri, nei primi secoli, erano affidati ai fossori, vera e propria corporazione di artigiani, che comprendeva anche lapicidi, pi ttori e mosaicisti; pian piano la gestione diretta venne affidata al la Chiesa. Una breve digressione meri tano le catacombe ebraiche: se ne conosco sei, del le quali tre sono tuttora accessibili (le due di Vil la Torlonia e quel la di Vil la Randanini). Queste non di fferiscono per tipologia dal le catacombe cristiane coeve, se non per le dimensioni, assai più ridotte, e per alcuni elementi distintivi nati da determinate leggi religiose. Insomma un nuovo modo di vedere la cristiani tà e per fare una gi ta fuori porta.. non proprio convenzionale!!
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Giovanni Segantini il cantore dell’Alpe Le visioni liriche di un pittore dimenticato di Maria Chiara Lorenti
Giovanni Segantini, “L’amore alla fonte della vita”, 1896
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rchiviate definitivamente le vacanze, in questo periodo di transizione autunnale, si chiudono alcune mostre e se ne aprono delle altre. A Milano, tra le tante iniziative, due le proposte più interessanti, due artisti che dividono la stessa sede espositiva, Palazzo Reale, e che, pur essendo diversissimi tra loro, presentano alcune analogie. Entrambi visionari, Marc Chagall e Giovanni Segantini coniugano la loro sensibilità con uno stile pittorico prettamente personale. Onirico, profondamente legato alla propria fede ebraica, alla propria patria russa, all’amore, il primo; il secondo, invece, è ispirato dal rapporto intrinseco, unico ed indissolubile con la natura, ove ogni tematica affrontata sulla tela è riconducibile ad essa. “Giovanni Segantini” è la mostra di cui tratteremo in questo articolo. Curata da Annie-Paule Quinsac, la maggior esperta sull’arte di Giovanni Segantini, nonché autrice del catalogo ragionato sulla mostra, in collaborazione con la pronipote del grande pittore Diana Segantini, la rassegna, che la città meneghina gli dedica, è suddivisa
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Correggio, “Danae”, 1531 in otto sezioni, con centoventi opere esposte, che spiegano al pubblico l’iter creativo e la sua crescita artistica. In un tour retrospettivo, si prende in esame ogni aspetto della produzione di questo artista di fine ottocento, con il passaggio progressivo dal genere paesaggistico tonale, a quello divisionista, per finire con il simbolismo, ove è chiarissimo come la natura sia sempre il fulcro di ogni cambiamento del suo linguaggio pittorico. Nato in una realtà miserrima, perde la madre a sette anni, il padre poco dopo, affidato ad una sorella assente ed anaffettiva viene tradotto in riformatorio per ozio e vagabondaggio (reato inaccettabile se viene rapportato ai tempi odierni), tutti traumi che cercherà di sublimare poi con la sua arte. Egli sarà per i suoi contemporanei un punto di riferimento, premiato più volte con la medaglia d’oro alle competizioni internazionali, dopo aver assorbito i diversi fermenti artistici che animavano gli ambienti culturali milanesi, se ne allontana e si rifugia sulle alpi, dapprima in Brianza e poi in Engandina, dove morì, a soli quarantuno anni, stroncato da un attacco
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dedicato a
Le due madri
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Giovanni Segantini, “Le due madri”, 1889-90 di peritonite mentre lavorava, sul monte Schafberg, al “trittico della natura”. Tra le opere in mostra alcuni dei suoi capolavori più conosciuti, provenienti da tutto il mondo, sia da collezioni private che da grandi musei, ed opere, alcune, mai viste od assenti da oltre un secolo da esposizioni italiane. In questa ottica di riscoperta e di rivalutazione di questo grande artista non si può non citare “Ave Maria al trasbordo”, un soggetto poetico e struggente, l’ora è il vespro, la luce dorata del tramonto investe ogni cosa, il cielo, il lago ove si riflette la sagoma della piccola imbarcazione, occupata totalmente dalla giovane coppia di pastori con il loro piccolo che teneramente abbraccia la mamma, e tra l’uomo e la donna tutto il gregge stipato all’inverosimile; il momento induce alla riflessione ed alla preghiera, la pace e la serenità sono le sensazioni trasmesse da questa tela, che l’autore ha saputo nobilitare attraverso la tecnica divisionista, una miriade di punti di colore non mescolato sulla tavolozza conferiscono l’illusione di una sequenza di svariati passaggi tonali, dando all’opera una valenza mistica. Diversamente in “L’ Amore alle fonti della vita” il messaggio trasmesso è quello dell’amore nascente, della passione appena accesa dalla reciproca conoscenza, come spiegato dallo stesso Segantini: “esso rappresenta l’amore giocoso e spensierato della femmina e l’amore pensoso del maschio, allacciati
insieme dall’impulso naturale della giovinezza e della primavera. Un angiolo, un mistico angiolo sospettoso, stende la grande ala sulla misteriosa fonte della vita. L’acqua scaturisce dalla viva roccia, entrambi simboli dell’eternità”. Forse, però, il dipinto più toccante è “Le due madri”. Ambientato in una buia stalla, rischiarata solo dalla luce tremolante di una lanterna, il tema della maternità, o probabilmente della Natività, è raffigurato dalla persona di una stremata contadina, accasciata sullo sgabello di legno, appisolata sostiene tra le braccia il corpo abbandonato nel sonno del suo bambino, le robuste mani sorreggono vigili il peso del neonato, attente a non farlo cadere, al loro fianco un’altra mamma sorveglia il suo cucciolo addormentato, una mucca che placidamente rumina. La tecnica è ancora una volta quella divisionista, ma la pennellata è personalizzata, filamenti lunghi e serpentini catturano la luce e la rilasciano dando alla superficie pittorica un senso di luminosità soffusa e pulviscolare. La morte di Giovanni Segantini ha lasciato attonito il mondo culturale dell’epoca, tanto che anche il Vate, Gabriele D’Annunzio, volle dedicargli una laude: “ O monti, o culmini, il suo dolore fu come la vostra ombra sopra la Terra... ”. La mostra sarà visitabile fino al 18 gennaio 2015.
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cinema
“Good Morning, Vietnam” Good bye Robin di Greta Marchese
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uesta non è la solita storia sul Vietnam e Adrian Cronauer non è un personaggio come gli altri. Realmente esistito, Cronauer fu uno speaker radiofonico statunitense incaricato di tener alto il morale delle truppe durante il conflitto durato quindici anni, che ebbe fine soltanto nel 1975 con un drammatico bilancio: quasi due milioni di morti tra combattenti e civili, milioni di feriti e storie inenarrabili; il tutto ad un costo che supera i dieci zeri. Questa, però, non è nemmeno la storia del peggior investimento di sempre da parte degli Stati Uniti: contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, la guerra rimane appena visibile sullo sfondo, richiamandoci solamente di tanto in tanto a ripercorrere gli eventi di cronaca più importanti. Qui, il vero protagonista, è il carisma. A calarsi nei panni dell’irriverente aviere Cronauer è infatti un eccezionale Robin Willams che, a dieci anni dall’esordio, ci regala una delle sue più belle performance. Indimenticabile è infatti il suo “Goooood morning Vietnam!”, con il quale ha inizio ogni puntata di radio Saigon, programma radio nato per l’esercito; probabilmente uno dei buongiorno cinematografici più riusciti. Amatissimo dalle truppe per il suo spiccato umorismo, a cavallo tra dramma e ironia, che sfiora pericolosamente la satira politica, Adrian non si fa mancare un abbondante spruzzata di musica rock, senza considerare la trascurabile precisazione che tutto questo è, ovviamente, proibito. Ma, in una fase così cruciale della storia, il contagio delle idee è temuto e non ci vuole molto prima che lo Stato Maggiore si renda conto della pericolosa posizione occupata dall’aviere. Del resto, cosa succederebbe se gli uomini si chiedessero: “Chi è il nemico di chi, in un contesto in cui tutti hanno da perdere qualcosa?” Vincitore di un Golden Globe e candidato all’Oscar, questo sempreverde del cinema del 1987 diretto da Barry Levinson, non soltanto offre importanti spunti di riflessione sotto una trama apparentemente semplice, ma vanta una magnifica sceneggiatura che ha saputo valorizzare appieno la performance del giovane
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Pagina adottata da: “Bella la vita”
Williams. Da sempre campione di umanità e simpatia, questo improbabile insegnante di inglese e parolacce riconferma nella pellicola l’innata capacità di divertire con arrendevole semplicità: “Se non vado a fare lezione ci saranno un sacco di vietnamiti che continueranno a usare i verbi all’infinito!”. Quarant’anni tra i ruoli più disparati, il culmine della carriera con il premio Oscar come miglior attore non protagonista in “Will Hunting-Genio Ribelle” e l’impagabile riconoscimento di aver saputo far ridere e piangere un pubblico di tutte le età; non occorre ricordare altro per descrivere una leggenda del cinema che, una volta spente le luci del palco e superata la seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino, resta, malgrado tutto, un uomo. «Lo so che giunti al termine di questa nostra vita tutti noi ci ritroviamo a ricordare i bei momenti e dimenticare quelli meno belli e ci ritroviamo a pensare al futuro» … «Però io vi dico: ecco, guardate me! Vi prego, non preoccupatevi tanto, perché a nessuno di noi è dato soggiornare tanto su questa terra. La vita ci sfugge via e se per caso sarete depressi, alzate lo sguardo al cielo d’estate con le stelle sparpagliate nella notte vellutata, quando una stella cadente sfreccerà nell’oscurità della notte col suo bagliore, esprimete un desiderio e pensate a me. Fate che la vostra vita sia spettacolare» (R.W. dal film “Jack” di Francis F. Coppola). Con queste splendide parole oggi vogliamo rendere omaggio all’alieno Mork, ma anche a Teddy Roosevelt de “Una notte al museo”, a John Keating de “L’attimo fuggente”, a Patch Adams, a Mrs. Doubtfire, a un indimenticabile Peter Pan e infine, anche ad Adrian Cronauer. Per questo e molto altro, in fondo, lo sappiamo tutti: l’uomo bicentenario vivrà molto più di duecento anni. Robin McLaurin Williams July 21, 1951 August 11, 2014
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in mostra
Dreamings
A Roma si sogna l’Australia di Stefania Servillo
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l Museo Carlo Bilotti propone un’esposizione decisamente particolare ed audace con opere provenienti dalla collezione di Marc Sordello e Francis Missana. Le esposizioni che fanno riferimento ad artisti indigeni sono generalmente lette in chiave etnografica, questo concetto di base è sicuramente un terreno sicuro e d’altronde non ancora ben sviscerato. “Dreamings. L’Arte Aborigena Australiana incontra de Chirico” rappresenta una brusca sterzata in tal senso. La mostra, a cura di Ian Mc Lean e Erica Izett, propone più di 50 opere prevalentemente in acrilico, ritenute interessanti, di autori indigeni (in Australia lo è solo il 3%) che continuano a vivere in zone non contaminate dall’urbanizzazione. In mostra sono stati inseriti anche due artisti indigeni di cultura urbana: Christian Thompson e Judy Watson. Non è solo la scelta degli artisti a rendere questa esposizione degna di grande attenzione: il parallelismo tentato con le opere di de Chirico rappresenta un elemento non trascurabile, sufficiente da solo a smuovere gli appassionati d’arte contemporanea per osservare uno strabiliante volo pindarico. Alla base del parallelismo c’è l’idea del sogno che si articola in maniera diversa sia nelle opere aborigene, che lo vivono come parte della loro cultura, sia in de Chirico, che lo inserisce come elemento legante all’interno delle sue opere metafisiche. L’esposizione sarà visitabile sino al 2 novembre, il costo del biglietto è per l’intero €8.00 e per il ridotto €7.00; per ulteriori informazioni è possibile contattare il numero 060608 tutti i giorni dalle ore 9.00 alle 21.00.
Pagina adottata da: Paolo Boccardi
Imants Tillers, “Antipodean manifesto”, acrilico, 1986
Tabula rasa
Il momento di riflettere
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e parole street art evocano delle immagini e delle idee precise: un’arte creata in luoghi pubblici con varie tecniche, spesso illegale per propria natura, generalmente di protesta e portatrice di messaggi profondi più o meno condivisibili. Nel corso degli ultimi anni è stata rilanciata con un nuovo volto: la street art al servizio della società. In questa nuova veste è relegata a zone specificatamente assegnate e diviene portatrice di messaggi positivi e calibrati in precedenza. La snaturalizzazione di questa forma d’arte, avvenuta gradualmente, merita una profonda riflessione: questo è stato il pensiero di Laszlo Biro, un collettivo che da anni si dedica alla promozione dell’arte ed in particolare proprio della street art e del muralismo. Il collettivo suggerisce che la creazione di un circuito ufficiale
di questi artisti e la produzione sempre crescente che è richiesta, con tempistiche sempre più brevi, stia mettendo a repentaglio il suo naturale sviluppo (e quello degli artisti che la praticano). Tabula rasa non è una mostra d’arte, è un progetto più ampio: si propongono approfondimenti e tavole rotonde, proiezioni e incontri. Al posto delle opere d’arte sono esposti libri d’arte, grafica e critica, consultabili liberamente. Questo approccio nasce dalla volontà di informare lo spettatore che potrà dunque intervenire direttamente nel dibattito. “Tabula Rasa è la nostra necessità di una pausa di elaborazione, la volontà di ripensare tutto e ripartire da zero” (cit. Laszlo Biro, www.laszlobiro.it); con queste parole il collettivo invita tutti ad intervenire sino al 20 dicembre in via Braccio da Montone 56 (Roma). 11
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curiosART
La cioccolata calda
Con un buon libro è l’ideale per affrontare l’autunno di Cristina Simoncini
Anonimo del XVIII secolo
Pietro Longhi
Jean-Etienne Liotard
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er l’antica popolazione Maya il cacao era il “cibo degli dei” e veniva destinato solo ai nobili, ai cavalieri e ai sacerdoti; in Europa i semi di cacao rimasero sconosciuti fino a quando non furono donati dalle popolazioni indigene a Cristoforo Colombo, nel suo quarto viaggio di ritorno dall’isola di Guanaja. Nel Cinquecento il gusto amaro del cacao non conquistò subito tutti i paesi occidentali, ma già dal secolo seguente ci sono prove pittoriche che dimostrano che, trasformata in bevanda, questa era considerata un lusso immancabile nelle famiglie dei nobili (sicuramente nel Seicento si era già imparato a diluirvi dentro lo zucchero e la vaniglia per conquistare più palati). Un dipinto anonimo, del diciassettesimo secolo, mostra una dama fare un bagno mentre tiene in mano una tazza di cioccolata, segno di quanto la passione per questa bevanda avesse già preso piede; lo stesso vale per il dipinto dell’infanta Maria Josefa di Spagna (1744-1801), la quale si fece ritrarre da Giuseppe Bonito (1707-1789) accanto a ciò che amava di più: il suo cagnolino e la
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cioccolata calda. Farsi fare il ritratto mentre si gusta della cioccolata divenne una moda alquanto comune a partire dal Settecento, difatti esistono parecchi quadri con gruppi di persone che si intrattengono bevendola. Grazie ad essa abbiamo poi un’immagine che mostra il mestiere della cioccolataia, una delle prime testimonianze di tale lavoro svolto per strada e non è certo una cosa da poco; questa raffigurazione fu fatta dal pittore Paul Gavarni (1804-1866), il quale aggiunse un po’ di materiale alla scarsa creazione di disegni dedicati alle attività delle classi umili. Jean-Etienne Liotard (17021789) invece immortalò a su una tela una ragazza che serviva cioccolata calda, il cui quadro venne poi intitolato “Chocolate girl”. L’amore per questa bevanda ispirò anche molti pittori di nature morte che la dipinsero in pregiate tazze su tavole imbandite. La pianta del cacao, tanto apprezzata dove cresceva spontaneamente già dall’antichità, è attualmente ancora molto amata. L’industria si è ormai impossessata del segreto per fare una buona cioccolata e la pubblicizza sempre, ma furono le numerose immagini, come quelle elencate qui le prime a renderla famosa in tutto il mondo. Fonti: http://www.pitturaomnia.com
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architettura manga
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La spy-story per antonomasia di Valerio Lucantonio realistici e minuziosi di Vance (per non parlare del lo straordinario capi tolo affidato a Moebius, che qui si firma Giraud). Tutti i personaggi incontrati sono le sintesi perfette del le caratteristiche tipiche del le figure ricorrenti nel la letteratura e nel la filmografia poliziesche e svolgono al la perfezione il loro ruolo in una saga che affronta, con il pretesto del l’ indagine e del l’azione, temi delicati soprattutto per la cul tura americana, come il razzismo, l’attentato a Kennedy e gli stretti legami tra poli tica e crimine. Nel 2012 l’Aurea Edi toriale ha ristampato i diciotto capi toli del la serie originale, in una edizione supereconomica in bianco e nero composta da 9 volumi (il decimo, che racchiude i primi due episodi del la “seconda stagione”, si può evi tare senza problemi) che, seppur impoveri ta per quanto riguarda alcune tavole tagliate e un lettering al limi te del la decenza, consente di leggere l’ intera epopea a un prezzo di gran lunga minore rispetto al l’edizione Panini, più lussuosa(e di conseguenza più costosa).
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n uomo viene trovato, privo di sensi e con una feri ta d’arma da fuoco al la testa, sul le coste orientali degli Stati Uni ti da una anziana coppia, che lo salva e lo accoglie nel la propria casa, dato che il ragazzo dopo aver ripreso conoscenza sembra essere stato colpi to da una grave forma di amnesia: non ricorda nul la del suo passato e il suo unico tra tto distintivo è un tatuaggio sul la scapola, rappresentante il numero romano XIII. Così inizia la storia scri tta da Jean Van Hamme e il lustrata da Wil liam Vance (pubblicata originariamente da Dargaud dal 1984), diventata una del le più famose del la produzione franco-belga, sia in patria che al l’estero, riuscendo a tenere incol lati i lettori ai volumi per più di due decenni, grazie ai continui colpi di scena e al la miriade di intrighi (poli tici e non) in cui il protagonista si troverà vuoi per il caso, vuoi perchè preso di mira da nemici che sembrano non finire mai. La bravura di Van Hamme è tale che riesce a far tornare i conti anche dopo i più inaspettati plot-twists, anche se parte del successo del la serie è da riconoscere nei disegni 13
Teatro Prati: il teatro del buonumore di Rossana Gabrieli
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occhio al palcoscenico
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l Te a t r o P r a t i è n a t o i n v i a d e l g l i S c i p i o n i i l 9 n o v e m b r e 1 9 9 8 , p e r v o l o n t à d i Fa b i o G ra v i n a , e v i e n e d e f i n i t o d a l l a c r i t i c a c i n e m a t o g r a f i c a c o m e “ u n v e r o s c r i g n o d i b e n e s s e r e ”, p e r c h é ai suoi spettatori offre il dono della risata. Il suo palcoscenico si apre da sempre alla commedia ed il suo cartellone prevede, anche per la prossima stagione, un repertorio a c c a t t i v a n t e : “ U n a n o t t e d a e s c o r t ”, “ N i e n t e d a d i c h i a r a r e ? ”, “ D a g i o v e d ì a g i o v e d ì ” e “ L a l u c e d e i m i e i o c c h i ”. D i e t r o o g n u n o d i q u e s t i s p e t t a c o l i , c ’ è l a m a n o d i Fa b i o G ra v i n a , regista ed attore, la cui passione per il teatro si è manifestata precocemente, passando soprattutto attraverso l’insegnamento dei grandi maestri napoletani, Scarpetta e De Filippo. Basta, forse, già questo a connotare la vena umoristica che Gravina infonde al teatro Prati, sul cui palco vengono sapientemente coniugati tradizione ed innovazione, sempre e solo con l’intento di divertire, ma anche di mettere a nudo le tante contraddizioni della società. Così sarà già con il primo degli spettacoli della nuova stagione, i n p r o g r a m m a d a o t t o b r e . I n “ U n a n o t t e d a e s c o r t ”, … u n u o m o d i elevata cultura e posizione decide di festeggiare il suo cinquantesimo compleanno “ da solo “ e di trascorrere dunque una serata che esca dagli schemi della sua routine matrimoniale. Ingaggia così una escort… Ma l’affare, se così vogliamo chiamarlo, non riesce a c o n c l u d e r s i ”.
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Indagine sullo smog cittadino nostrano
occhio all’ambiente
di Nicola Fasciano
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ogliamo qui riportare una inchiesta svolta da Altroconsumo nel numero 274, che si è occupata di capire di quanto gli adulti e i bambini siano esposti all’aria inquinata durante i percorsi che sono svolti quotidianamente e quanto i limiti imposti per legge agli inquinanti siano rispettati. Sono stati scelti percorsi classici casa – scuola – lavoro, a Roma e a Milano, e i tragitti sono stati effettuati nella stessa giornata a bordo di diversi mezzi di trasporto: bici, mezzi pubblici e auto. Sono stati monitorati con strumenti specifici sia le polveri sottili che il benzene e i risultati non sono stati assolutamente incoraggianti. Gli inquinanti controllati sono presenti ovunque e in dosi massicce e qualunque sia il mezzo con cui decidiamo di spostarci. In particolare è emerso che la maggiore esposizione alle micropolveri colpisce chi si muove prevalentemente con i mezzi pubblici. In parte la colpa è della maggior durata del viaggio, ma anche dalle situazioni
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di affollamento e dalla permanenza in luoghi chiusi. Il benzene è in progressiva diminuzione tanto che a Milano, città tra le più inquinate, le rilevazioni indicano che dal 2000 la media annuale si è ridotta di molto. L’inchiesta, comunque, ha fatto emergere che il muoversi nel traffico per accompagnare i figli a scuola o andare al lavoro, espone le persone a livelli medi di benzene molto vicini al limite di legge stabilito (10 mg/m3 nell’aria). Inoltre, in generale, il livello di benzene rilevato dalle centraline, non è sufficiente per valutare la propria esposizione, poiché a quei valori vanno aggiunti l’esposizione che deriva dal fumo di sigaretta e da altre sorgenti domestiche quali colle, vernici, incensi, etcc. In particolare a Milano l’inchiesta ha fatto emergere livelli di polveri sottili costantemente superiori ai limiti, nonostante i giorni dedicati alle rilevazioni siano stati quasi sempre piovosi. Per quanto riguarda Roma, anche se le condizioni climatiche siano più favorevoli di Milano tanto da consentire una maggiore circolazione dell’aria che riduce l’accumulo degli inquinanti, le code e il traffico costante non fanno bene alla qualità dell’aria e ne se ne accorge soprattutto chi va in bicicletta. Un recente studio europeo pubblicato da Lancet Oncology, condotto per 13 anni su oltre 300.000 persone, ha definitivamente appurato che lo smog è cancerogeno e può causare tumori ai polmoni e proprio le polveri sottili prodotte dai tubi di scappamento dei motori, dagli impianti di riscaldamento e dalle attività industriali contribuiscono ad aumentarne i rischi. Non resta quindi sperare in un incremento sempre maggiore di tutte le iniziative di mobilità sostenibile (ztl, piste ciclabili e isole pedonali), di incremento dell’uso delle auto e moto elettriche e delle crescenti limitazioni nei centri cittadini verso tutti i veicoli più inquinanti.
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Aprilia
Artisti in cammino - Mostra collettiva (articolo a pag. 3) Sala Manzù, fino al 19 ottobre
Roma
Una notte al museo - Aperture starordinarie serali l’ultimo sabato del mese dalle ore 20 alle 24 Palazzo Altemps, Terme di Diocleziano, Crypta Balbi, Palazzo Massimo, Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, fino al 27 dicembre Gianni Testa - Antologica Vittoriano, fino al 12 ottobre La Nuova Moda tra ‘500 e ‘600 Villa d’Este Tivoli, fino al 19 ottobre FORO DI AUGUSTO. 2000 ANNI DOPO di Piero Angela e Paco Lanciano Foro di Augusto, Via Alessandrina, fino al 21 ottobre Ucraina - Soltanto ieri. Mostra fotografica di Franco Lubrani Salotto di Genti e Paesi, Via Adda 111, fino al 31 ottobre Dreamings. L’Arte Aborigena Australiana incontra de Chirico (articolo a pag. 11) Museo Carlo Bilotti, fino al 2 novembre Adriano e la Grecia. Villa Adriana tra classicità ed ellenismo Villa Adriana, Tivoli, fino al 2 novembre Il mio Pianeta dallo Spazio: Fragilità e Bellezza Palazzo delle Esposizioni, dal 30 settembre al 2 novembre Dennis Hopper - The lost album Galleria Gagosian, fino al 8 novembre Tabula Rasa (articolo a pag. 11) Laszlo Biro, via Braccio da Montone 56, fino al 20 dicembre I Papi della speranza Museo di Castel Sant’Angelo, fino al 16 novembre Enel Contemporanea. Big Bambú MACRO Testaccio, fino al 29 dicembre Gerhard Richter Palazzo delle Esposizioni, dal 15 ottobre al 10 gennaio 2015 Fotografia Festival Internazionale di Roma (articolo a pag. 5) MACRO, fino al 11 gennaio 2015 Memling. Rinascimento fiammingo Scuderie del Quirinale, dal 11 ottobre al 18 gennaio 2015 I Bassifondi del barocco. La Roma del vizio e della miseria Accademia di Francia a Roma, Villa Medici, fino al 18 gennaio Tiepolo: i colori del disegno Musei Capitolini, fino al 18 gennaio 2015 Henry Cartier-Bresson (articolo a pag. 5) Ara Pacis, fino al 25 gennaio 2015 Escher Chiostro del Bramante, fino al 22 febbraio 2015 Sironi 1885 - 1961 Complesso del Vittoriano, fino al 8 marzo 2015
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Firenze
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Picasso e la modernità spagnola Palazzo Strozzi, fino al 25 gennaio 2015 La fortuna dei primitivi Galleria dell’Accademia, fino al 8 dicembre
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Gaeta
Alberto Burri - Cellotex e opera multipla Pinacoteca comunale - Palazzo S. Giacomo, fino al 12 ottobre Cy Twombly, fotografie di Gaeta Museo diocesano, fino al 26 ottobre
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Milano
Action: Space Rivoli due, fino al 1 novembre Giovanni Segantini (articolo a pagg. 8-9) Palazzo Reale, fino al 18 gennaio 2015 Marc Chagal, una retrospettiva 1908-1985 Palazzo Reale, fino al 1 febbraio 2015
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Pestum
Colori nell’antica Paestum. Vita dei Colori e Colori della Vita Museo Archeologico Nazionale, fino al 30 novembre
Pisa
“Angeli” di Igor Mitoraj Piazza del Duomo, fino al 15 gennaio 2015
Tivoli
La nuova moda tra ‘500 e ‘600 Villa d’Este, fino al 19 ottobre Adriano e la Grecia - Villa Adriana fra classicità ed ellenismo Villa Adriana, fino al 2 novembre
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Torino
Roy Lichtenstein - Opera prima GAM, fino al 25 gennaio 2015
Codroipo (Udine)
Man Ray Villa Manin, fino al 11 gennaio 2015
Eventi
Potete trovare la vostra copia di “Occhio all’Arte” presso i seguenti distributori:
Aprilia: Biblioteca Comunale (Largo Marconi), Comune di Aprilia - Palazzo di vetro (p.zza dei Bersaglieri), edicola di p.zza Roma, Casa del libro (Via dei Lauri 91), Abbigliamento Alibi (via Marconi 52), Banca Intesa (via delle Margherite 121), edicola di Largo dello Sport, edicola di p.zza della Repubblica, teatro Spazio 47 (via Pontina km 47), palestra Sensazione (via del Pianoro 6), Ottica Catanesi (Largo Marconi 8), Bar Vintage (via Di Vittorio) Lavinio mare: Bar Lavinia (p.zza Lavinia 1) - Anzio: Biblioteca comunale (Comune di Anzio) Nettuno: F.lli Cavalieri (P.zza IX Settembre) 16