Sabine Pagliarulo|Works

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SABINE PAGLIARULO





SABINE PAGLIARULO

WORKS 2013-2017


L’inno alla vita nelle forme organiche di Sabine Pagliarulo

Sabine Pagliarulo acquista coscienza di sé recuperando quegli archetipi dell’inconscio collettivo che riemergono prepotenti attraverso la ceramica, arte della terra. Artista del suo tempo, di origini franco-italiane, vive e lavora a Roma dove, per usare le parole di Francis Ponge, ha costruito nel suo Atelier una “sorta di bozzolo” che aprendosi diventa un Nid, un vaso organico, in cui realizza una sintesi contemporanea che riunifica il significato con il significante e sottolinea l’aspetto trasmutativo e fecondativo del mezzo con cui si esprime, instaurando un profondo dialogo tra opera e ambiente. L’ esigenza di tornare alla terra, si accompagna all’urgenza di narrare la vita che fluisce dalle forme come echi di quel femmineo manifestato con una plasticità che diventa la trama di antichi racconti e rende l’arte di Sabine un inno alla vita per la quale cerca Touts les Mots pour le Dire. L’artista recupera così un territorio primigenio da cui nasce il bisogno di esprimere il proprio universo e, con una spinta creativa ancestrale, l’artefice-donna riunifica magicamente forma e contenuto. Le simbologie, racchiuse nelle forme circolari, ci raccontano dell’eterno ciclo vitale legato al potere generativo femminile che la ceramista interpreta usando i quattro elementi vitali legati alla ceramica, da cui riemerge la memoria “gestazionale” che segue i ritmi lenti della creazione, fatta di attese, di imprevisti e di sorprese. L’arte ceramica, che raggiunge il rebis alchemico unificando elementi contrari, diventa così il mezzo più congeniale per l’artista che in tutte le opere narra il miracolo della trasmutazione attraverso la creazione. Con Boccioli e Notonlypoppy, frutti impollinati e gravidi di semi che ricordano il melograno, simbolo di rinascita e di rigenerazione, ci riporta alla leggenda di Rhoiò che, chiusa in un contenitore d’argilla, gettata in mare e infine salva, percorre il ciclo dal quale rinasce la vita. Avvalendosi di una geometria sacra che conduce alla forma dell’uovo, Sabine ci indica il lento processo di formazione che avviene all’interno di un grembo materno e traccia un tragitto di crescita che conduce alla nascita. Con Pulse la cellula vitale si schiude, il guscio si deforma, ma non si frattura, il contenitore si apre e ci mette di fronte, ancora una volta, al fluire ciclico della creazione. Le eleganti elaborazioni formali diventano un puro fatto estetico che la ceramista rintraccia in meandri di matristica memoria. L’ispirazione naturalistica guida le mani dell’artista che riconosce in D’Istinto l’armonia plastica insita nella Grande Madre e interviene sulla superficie modellando Coquillages e disegnando


uno spazio fatto di andamenti circolari e sinusoidali che creano pieni e vuoti da cui emerge preziosa bellezza. La continua ricerca di una materia emozionale che chamottata arriva ad una resa naturalistica, con effetti “calcarei”, si propaga come onde che diventano colonie di Madrepore. Sabine Pagliarulo si insinua così in recessi ancestrali che la conducono a manipolare gli elementi costitutivi della ceramica e utilizzando terre scabre e smalti, a cui spesso accompagna materiale di recupero, riesce a dare luce e movimento. In Listen il messaggio diventa esplicito la Natura si personifica e ascolta il richiamo viscerale del mondo ctonio. L’amore della madre terra diventa assoluto e Gaia sacrifica Urano per far nascere i suoi figli. Con l’opera Life Inside l’elemento femminile svolge una mediazione tra il divino e l’umano, creando una sovrapposizione senza contrapposizione, che realizza una sorta di quadratura del cerchio e sviluppa all’interno di un Cubo, disegnato solo da un sottile filo di ferro, l’ architettura di un edificio sacro come simbolo del creato. La fascinazione del mito, dell’arte tribale africana e primordiale diventa così lo stimolo di una narrazione rituale che si ripete nella ceramica con forme archetipe e porta alla luce sperimentazioni tecniche in cui gli smalti, attraverso il potere catartico del fuoco, creano increspature e craquelure come racconti di un eterno vissuto. Le tonalità, date dal colore di materia che diventa struttura, sono rinforzate con l’uso degli ossidi naturali dialoganti tra loro per la sovrapposizione di argille refrattarie diverse, le quali diventano espressione di una progettualità al servizio della conoscenza della natura argillosa che lascia i suoi intimi pensieri sulle foglie-fogli di Tous les mots... Pensieri che diventano poi raffinate “metamorfosi organiche” nell’Atelier dell’artista la quale realizza sogni, oscillanti tra simbolismi d’oriente e suggestioni africane, creando gioielli come Terre sur la peau e Tribal, modellati come cipree che abbellivano il collo della sensuale dea Yemaya, colei che crea ed è madre della vita. Giulia D’Ignazio



Terramadre Sulla produzione ceramica di Sabine Pagliarulo.

Le critique n‘est qu‘un homme qui sait lire, et apprend à lire aux autres. Sainte- Beuve

Se nell‘opinione di Sainte-Beuve il ruolo del critico letterario - perché di questo parla il critico e scrittore in quella metà Ottocento che ha visto dispiegarsi la suo opera – se il compito del critico non consiste in altro che nel leggere un testo e nel trasmettere agli altri tale capacità, approcciandoci ad un‘opera in ceramica potremmo dire che il ruolo che spetta stavolta al critico è quello di saper guardare ed insegnare agli altri ad indirizzare proficuamente il proprio sguardo. Iniziamo quindi con un’osservazione attenta degli aspetti visibili della produzione ceramica di Sabine Pagliarulo per passar poi a cercare di carpirne le motivazioni più profonde. Si tratta di un percorso vario in cui le opere appaiono rimandare ad un messaggio unico che, pur non prefissato a priori dall‘artista, si rivela indubbiamente coerente. Le opere che lo esprimono al meglio sono indubbiamente le più recenti ed è proprio da qui che partiamo nel presentare la sua ricerca, da Pulse. Perfetta sintesi di suggestioni estetiche e contenutistiche diverse che ci richiamano allo stesso tempo l’essenzialità formale dei Paesi Nordici e quella spirituale dell‘Estremo Oriente, queste opere dimostrano immediatamente la loro capacità comunicativa grazie al vibrante sforzo dell‘oggetto in ceramica di aprirsi all‘esterno. Elementi costitutivi sono la forma chiusa – si tratta ancora di un qualche tipo di uovo, di guscio? - ed una frattura che ce ne lascia intravedere appena l‘interno. Partendo dalla lastra, l‘artista è intervenuta con innumerevoli gesti che ne hanno modificato l‘aspetto fino a far richiudere la superficie su se stessa. Ma a questo gesto la Natura ha quasi risposto con l‘impulso opposto che ne ribalta gli esiti. È in questa dialettica continua tra le pressioni esercitate dall‘esterno e la forza vitale che dall‘interno si apre al mondo che riscontriamo già il rimando a quel filo conduttore onnipresente nella produzione dell‘artista, la generatività, ovvero l‘oggetto come protagonista o corollario, testimone compartecipe al momento della creazione naturale. In questo rapporto di forze, centrale appare quindi la lacerazione che rompe la forma chiusa per assurgere a tramite tra due mondi. In quest‘opera, come succedeva in Au Vent, l‘apertura però


è limitata, così da lasciarne intravedere appena l‘interno. Non così nei primi pezzi realizzati dove l‘apertura era una vera e propria frattura che ne svelava completamente l‘interno con le sue superfici tormentate. Con D‘istinto, del 2016, diverse sono le cromie e le dimensioni ma comune il percorso di nascita implicito nell‘opera: sul corpo globulare del vaso, che non a caso viene chiamato ventre nella terminologia ceramologica, sopra il ventre si appoggiano fragili e leggere tracce del momento di passaggio. Che siano resti del guscio d‘uovo o le impalpabili spoglie di una crisalide o, chissà, il guscio vegetale che protegge i semi, quale che ne sia la natura il momento della creazione è ormai raggiunto, portando a termine quello che in Boccioli e Notonlypoppy era solo una promessa, una potenzialità. Quest‘ultima opera aveva le forme semplici ed immediate del baccello: forma e colore che li avvicinano al melograno, simbolo per eccellenza della fertilità e già in antichità offerta ed ex voto alle divinità che vigilavano sulla nascita. La forma sferica racchiude in un solo oggetto l‘infinitamente grande e l‘infinitamente piccolo, il pianeta su cui siamo abbarbicati e il piccolissimo seme che, sulla sua superficie, genera il miracolo di una nuova vita. Ancora a tema naturalistico Coquille e Coquillage, dove il rimando realistico appare indubbio, ma non è il mero scopo mimetico quello che anima le mani di Sabine: gusci ormai vuoti, indubbiamente, ma traccia duratura dell‘intento di protezione delle più diverse forme di vita, ricordo silenzioso ma imperituro di una Natura-madre che provvede di un rigido scudo protettivo anche le forme inerti e più semplici di esseri animati. Non è un caso che la superficie esterna di Coquillage, del 2013, sia percorsa da una fitta rete di tracce, quasi sistema sanguigno di quello che a prima vista avremmo potuto considerare qualcosa di morto, di inorganico. La marginalità dell‘intento mimetico nella continua ricerca dell‘artista è manifestata chiaramente dallo scomparire di tratti prettamente naturalistici nelle opere più recenti, basti guardare Coquille del 2016. Per tutti noi, e soprattutto per quanti si siano interessati alle conchiglie, appare chiaro che il richiamo a questa forma di vita sia ormai solo un pretesto. Non esiste infatti nella tassonomia naturalistica una conchiglia simile alla forma realizzata. Forme di vita abbiamo detto, e questo traspare pure in Au vent. La forma mossa, leggermente in bilico, sembra risentire della leggera forza esercitata su di loro, che si tratti di una brezza o dello scorrere dell‘acqua. La forza che in Pulse deforma l‘oggetto fino a farlo aprire, qui riesce soltanto ad imprimere un leggero movimento, in una sintonia tra questo e le forze che lo circondano.



Conchiglie e oggetti raccolti sulla spiaggia, forme primordiali non toccate dall‘intervento dell‘uomo costituiscono il materiale che dà vita ai suoi gioielli-scultura. Sono opere in cui è capovolta la scala gerarchica di cosa abbia valore e cosa no e che rimandano ad un mondo altro, quello africano. Con vaghi che possono assumere dimensioni diverse fino al gigantismo, le collane sembrano perdere la loro funzione di monile trasformandosi in una serie di elementi scultorei che si dispongono lungo il percorso simbolico del cerchio. Nids, del 2012, è tra le prime realizzazioni in ceramica di Sabine Pagliarulo. Qui osserviamo una netta opposizione cromatica del nido, elemento informale, e del guscio d‘uovo con la sua levigatezza. L‘assenza dello smalto anima le superfici del nido dando così movimento al tutto. Il contrasto cromatico distingue chiaramente i due elementi della composizione che, seppur con un richiamo alla natura, trascende già lo scopo mimetico: è quasi una metonimia in cui il contenitore assume il primo piano lasciando in ombra il contenuto; il nido si fa simbolo della vita che nasce e a cui la natura presta la sua attenzione, fonte ispiratrice degli affetti. Appare chiara pertanto l‘apertura dell‘artista a tutta una serie di suggerimenti che vanno ben oltre i confini nazionali, e non solo per questioni biografiche quanto per comunione di intenti e di interessi con un‘estetica delle piccole cose, dell‘attenzione a quanto rimane degli oggetti e delle forme di vita nonostante la loro caducità. Anima delle cose e relazione col divino sono concetti che l‘artista stessa tira in causa parlando della sua ricerca, così come lo sguardo rivolto lontano, dalla Finlandia al Giappone, al continente africano. Non possiamo che affidarci a lei per descrivere il suo modo di lavorare e gli esiti da lei fortemente ricercati. In uno scambio epistolare sul suo lavoro ha raccolto in brevi pensieri, quasi aforismi, un intero mondo. Tra questi: “Ogni mio lavoro risponde a un’urgenza creativa di uno stato emotivo, espressione puramente soggettiva di una lingua che parla “da dentro”, profonda ed ancestrale, traduzione di un pensiero nella terra, della necessità di comunicarlo. Il pezzo nasce quasi di getto, dopo un lavoro “incalzante” ma a quest’urgenza la terra risponde con il suo ritmo, più calmo, più lento, [che] mi raccoglie e mi protegge.“ e proprio qui credo possiamo trovare la chiave di lettura dell‘unica opera che in parte sfugge alle maglie già tracciate: Tous les mots pour le dire, una serie di cartigli accostati l‘uno all‘altro, foglie accartocciate o fogli arrotolati su cui l‘artista lascia traccia del suo pensiero. In questo strano percorso di rimandi in cui ogni oggetto ha avuto significati simbolici a cui altri finiscono per aggiungersi ricordiamo le sagome di foglia di quercia con cui l‘oracolo del santuario greco di Dodona esprimeva i sui responsi: una parola su ciascuna delle foglie affidate al fedele in cerca



di una risposta, in una continua ricerca di senso del vivere, in epoca antica come al giorno d‘oggi. Significativo è poi il fatto che il materiale, con cui ogni elemento è plasmato, proviene da quanto avanzato alla fine degli altri lavori e che sia, per questo stesso motivo, realizzato in terre diverse e una serie ancora aperta. Il lasciar traccia di uno sforzo arrivato al suo termine, il raccogliere quanto rimane dal lavoro e dargli valore assurge quasi a gesto rituale che conclude l‘attività creativa dell‘artista. È un gesto catartico che chiude la tensione creativa. Su questo diario ancora in fieri, sono idealmente riportate tutte le parole per esprimere, in un altro modo, quanto espresso con le opere ceramiche? Se fosse così, avremmo, ancora una, conferma della necessità degli artisti di creare, come mezzo di espressione primaria, del loro desiderio, o per non parlare di necessità, di usare qualsiasi mezzo concesso loro per lasciar traccia dei propri pensieri e sentimenti.

Domenico Iaracà




et beauté de l’imperfection






et bruit d’une œuvre







de

et de mer

















originelle






Sabine Pagliarulo, artista franco-italiana,

Sabine Pagliarulo (Rome, 1967), a French-

nata a Roma nel 1967, ha sempre avuto una

Italian artist, has always cherished artistic

passione per le arti figurative e per tutte le

creation in all possible forms. After a Bachelor

sue applicazioni. Dopo la Laurea in Legge,

Degree in Law, she has started following

matura la scelta di occuparsi esclusivamente

her own artistic path, through sculpture and

di ceramica e più precisamente di scultura.

particularly ceramic sculpture. Her art is

“Mi nutro di natura. Ne riprendo purezza,

nurtured by nature. She echoes its purity and

sobrietà e semplicità che, combinate con

simplicity.

le mie origini francesi e il mio interesse per

In the artist’s own words, “My French roots,

l’arte orientale e la sua filosofia, mi hanno

mixed with a deep interest for Oriental art

ispirato un métissage estetico che risveglia

and philosophy, have inspired an aesthetic

lo spirito, spingendolo a trovare armonia

métissage which awakens the soul and

ed equilibrio nelle piccole cose. Ho ripreso

helps it find harmony in small things. I took

del concetto giapponese di Wabi un

over from Japanese Wabi the idea of a

universo poetico dove l’imperfezione anima

poetical universe where imperfection gives

il pezzo ceramico di un’intensità che è

a special intensity to each single clay work,

segno del percorso emozionale di cui è il

thus testifying the accomplishment of an

frutto, coniugando la materia in tutte le sue

emotional route and expressing all the fictile

diversità fittili alla ricerca di una estetica

possibilities of the matter.”

essenziale.“

Recently,

Di recente ha promosso e realizzato

contemporary art projects, in different spaces

progetti espositivi di arte contemporanea

and museums in Rome, such as the Pietro

in Roma presso i musei Pietro Canonica -

Canonica Museum in Villa Borghese, the

Villa Borghese, Casina delle Civette - Musei

“Casina delle Civette” in Villa Torlonia and

di Villa Torlonia e presso il Museo Orto

the museum of the Botanical Garden. Her

Botanico.

works have been exposed in Italy, France,

Le sue opere sono state esposte, oltre che

Finland, Switzerland and are presently on

in Italia, in Francia, Finlandia, Svizzera

show at Pragmata Gallery, Tokyo and Honos

e si trovano attualmente presso Pragmata

Art, Rome.

Gallery, Tokyo, Giappone e presso la galleria Honos Art, Roma.

she

has

developed

several



PULSE Semirefrattaria, porcellana, ingobbio, smalto, 1230° H 18 x 18 x 19 cm

D’ISTINTO Semirefrattaria, porcellana, ingobbio, 1230° H 24 Ø 32 cm

I WANT TO BE A RING Grès, porcellana, ingobbio, 1230° H 15 x 13 cm

PULSE Dettaglio

PULSE Grès, semirefrattaria, ingobbio, ossido, 1230° H 16 x 22 x 10 cm H 10 x 20 x 12 cm


PULSE Grès, semirefrattaria, ingobbio, ossido, 1230° H 14 x17 x17 cm H 10 x 20 x 12 cm H 17 x 20 x 13 cm

PULSE Semirefrattaria, porcellana, ingobbio, smalto, 1230° H 18 x 18 x 19 cm LISTEN Semirefrattaria, grès, porcellana, ossido, 1220° H 24 x 24 x 12 cm

LISTEN Semirefrattaria, grès, porcellana, ossido, 1220° H 24 x 24 x 12 cm

TOUS LES MOTS POUR LE DIRE Grès, semirefrattaria, porcellana, ingobbio, ossidi, 1230° H 10 - 20 x 1-3 cm

LIFE INSIDE Grès, semirefrattaria, porcellana, ingobbio, smalto, bitume, fil di ferro, 950°/1230° H 20 x 20 cm


COQUILLE Semirefrattaria, grès, porcellana, ossido, smalto, 1230° H 33 x 20 x 10 cm

COQUILLE Semirefrattaria, grès, porcellana, ossido, smalto, 1230° H 16 x 24 x 12 cm

COQUILLE Semirefrattaria, grès, porcellana, ossido, smalto, 1230° H 11 x 21 x 10 cm

D’ISTINTO Dettaglio

COQUILLAGES Grès sigillato, 950° H 10 - 16 Ø 7 - 12 cm


NIDS Refrattaria, grès, smalto, 950° H9 Ø 11 cm

BOCCIOLO Grès, semirefrattaria, ossido, 1230° H 15 Ø 12 cm

AU VENT Dettaglio

AU VENT Semirefrattaria, ossido, smalti, 1220° H 24 x 20 x 13 cm H 20 x 18 x 12 cm H 12 x 32 x 25 cm

NOTONLYPOPPY Dettaglio


NOTONLYPOPPY Grès, semirefrattaria, ingobbio, ossido, 1220° Ø 18 cm

BOCCIOLI Grès, ingobbio, 1220° Ø 21 cm

BOCCIOLI Dettaglio

COQUILLAGE Dettaglio

COQUILLAGE Grès, ingobbio, 1220° H 13 Ø 34 cm


TRIBAL Grès, porcellana,1220° H 11 Ø 22 cm

TERRE SUR LA PEAU Semirefrattaria, porcellana, ossido, smalto, 1230° H 7 x 4 cm

TERRE SUR LA PEAU Semirefrattaria, porcellana, ossido, smalto, 1230° H 7 x 5 cm

TERRE SUR LA PEAU Semirefrattaria, porcellana, ossido, smalto, 1230° H 6 x 9 cm

TERRE SUR LA PEAU Semirefrattaria, porcellana, ossido, smalto, 1230° H 7,5 x 4,5 cm



Ringrazio: Giulia D’Ignazio, Domenico Iaracà, Paola d’Angelo, Roberto, Martina e Riccardo



SABINE PAGLIARULO

©

www.terreceramiche.com


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