Bill Morgan
Io celebro me stesso La vita quasi privata di Allen Ginsberg Traduzione di Francesco Pacifico
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Copyright © Bill Morgan, 2006 All right reserved All right reserved including the right of reproduction in whole or in part in any form. This edition published by arrangement with Viking, a member of Penguin Group (USA) Inc. Grateful acknowledgment is made to the Allen Ginsberg Trust for permission to reprint selections from Allen Ginsberg’s writings and reproduce his photographs www.saggiatore.it
© il Saggiatore s.p.a., Milano 2010
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1895-1926. Prima dell’inizio: i genitori
Il padre di Allen Ginsberg, Louis, nacque il 1° ottobre del 1895, primogenito degli émigrés russi Pincus e Rebecca Schectman Ginsberg. Con gli anni, arrivarono altri quattro figli: Abraham (Abe), Rose, Clara e Hannah (Honey). Su consiglio della tenace moglie Rebecca, che a detta di Louis era «il potere dietro il trono», Pincus avviò una lavanderia a Newark, nel New Jersey. Quando i clienti lasciavano i loro panni sporchi al negozio, Pincus li ammucchiava per portarli in una grande lavanderia industriale, poi stirava gli indumenti e li spediva direttamente a casa dei clienti. Sebbene per le consegne dipendesse da una carrozza a cavalli, di cavalli purtroppo non sapeva niente. Per questo fu costretto ad affidarsi a un compatriota, un uomo che aveva conosciuto al suo paese in Russia, perché provvedesse per lui all’acquisto dei cavalli. Alla fine risultò che il compatriota stava dalla parte del venditore di cavalli, che macchinava per rifilare a Pincus un cavallo moribondo dopo l’altro. Quando finalmente Pincus acquistò di persona un buon cavallo, lo pagò troppo, ma almeno gli durò anni. Suo figlio Louis si occupava della bestia e dava una mano in negozio, senza mai persuadersi a voler prendere il posto del padre. Col tempo Pincus perse interesse per la lavanderia e rilevò un negozio di tabacchi. Nonostante le loro incursioni nel mondo della libera impresa, sia Pincus sia Rebecca erano accaniti socialisti, attivisti della locale sezione di Minsk dell’Arbeter Ring, un sindacato yiddish progressista, noto con il nome di Circolo dei lavoratori. In Russia, lo zar aveva represso nel sangue ogni tentativo dei lavoratori di formare sindacati, in America, invece, i lavoratori immigrati erano determinati a fare pressioni a favore di riforme politiche che consentissero ai sindacati di ottenere voce in capitolo davanti al governo. All’inizio del nuovo secolo, i proprietari di azienda che sfruttavano la manodopera costringevano abitualmente i poveri immigrati a lavorare in condizioni terribili e a salari bassissimi. Nel 1911, l’incendio della Triangle Shirtwaist Company di Manhattan causò la morte di
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Io celebro me stesso Photo Courtesy of Allen Ginsberg Trust
Nonni paterni di Allen Ginsberg. Pincus e Rebecca Ginsberg
146 ragazze straniere che lavoravano rinchiuse nella fabbrica perché non prendessero pause. La tragedia aiutò non solo a dare nuova spinta al movimento dei lavoratori, ma suscitò una profonda impressione sull’allora sedicenne Louis Ginsberg, che seguì la strada dei genitori e cominciò a interessarsi alle politiche del Partito socialista molto più che alla sinagoga di quartiere. La famiglia era di cultura ebraica, ma Louis poteva già definirsi un agnostico. Louis fu abbastanza fortunato da poter frequentare il liceo Barringer di Newark, tra il 1912 e il 1914. Il Barringer andava fiero della propria storia – era il terzo liceo del paese in ordine di antichità – e lui ricevette un’eccellente istruzione. La scuola con il tetto a mansarda si trovava su una collina che dava su splendidi giardini: un’atmosfera assolutamente romantica. Nel 1912, Louis conobbe e cominciò a frequentare Naomi Levy, la figlia di Mendel e Judith Livergant, il cui cognome era stato americanizzato all’arrivo a Ellis Island. Naomi Livergant era nata nel 1896, un anno dopo Louis, a Nevel, una cittadina a nord di Vitebsk, nella Russia bianca. Lei e la famiglia erano emigrati nel 1904, e come molti immigrati ebrei avevano abitato per prima cosa nell’enorme ghetto del Lower East Side a Manhattan. Affittavano le stanze accanto ai nego-
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zi della frenetica Orchard Street, dove Mendel aprì un negozio di gelati e dolciumi. Oltre a Naomi, i Livergant avevano tre figli, Elanor, Max e Sam. Presto la famiglia si trasferì a Newark, dove Naomi si iscrisse al Barringer e si innamorò di Louis. Come i Ginsberg, anche i Levy erano molto presi dalle politiche liberali e dalle riforme sociali, però, a differenza dei Ginsberg e di molti altri émigrés russi, non erano socialisti ma accesi comunisti. Naomi e la sua famiglia sostenevano il socialismo perché anche i comunisti, nella nuova Unione Sovietica, cominciavano a aderirvi. Louis era sempre più preoccupato per il poco spirito democratico del nuovo governo, e pensava che il popolo russo avesse bisogno di una maggiore libertà di espressione di quanta non ne fosse concessa dal sistema del partito unico. Il diverso modo di coniugare l’ideologia di sinistra dava vita a discussioni di fuoco tra la famiglia Ginsberg e la famiglia Levy. Per fortuna Louis e Naomi amavano quegli scambi di idee, che alimentavano il loro amore. Louis era felice che Naomi avesse opinioni tutte sue e le esprimesse liberamente: lei era un’attivista della sezione locale del Partito comunista, e a lui la cosa andava bene, anche se in seguito il sostegno di Naomi alle politiche di Stalin avrebbe creato fra loro un certo distacco. Al liceo, Louis frequentò un corso sulla poesia di John Milton tenuto da un’insegnante appassionata, Margaret Coult, che un giorno gli diede per compito di scrivere una poesia sullo stile dell’Allegro di Milton. Il poema gli fruttò le lodi dell’insegnante: e con il suo incoraggiamento, cominciò a scrivere poesie. La sua prima pubblicazione fu un poema per l’annuario del Barringer. Naomi andava fiera di lui, ed era molto lusingata quando riceveva le sue poesie d’amore. Era la sua fidanzata fissa, e come coppia i due facevano un certo effetto. Lui era alto, aveva folti capelli ondulati e portava occhiali dalla montatura spessa che gli davano un’aria solenne e da erudito. Non era particolarmente atletico, ma amava il tennis e insegnò a Naomi a giocarci. Naomi era snella e aveva i capelli scuri, il viso tondo e serio. Lui ne era attratto non solo per il vivace senso dell’umorismo e l’aspetto incantevole, ma anche perché era senza dubbio alla sua stessa altezza intellettuale. Ed era affascinante, amava divertirsi e trasudava una sessualità naturale davvero insolita per i tempi. Quanto lei era sveglia, ciarliera e perbene, tanto Louis era elegante e azzimato, come si conveniva a un futuro insegnante. Per i problemi alla vista, fu esonerato dal servizio militare attivo. Mentre in Europa divampava la Prima guerra mondiale, lui frequentò la Rutgers University con una borsa di studio, e nel 1918 si laureò. Ottenne un posto di insegnante a Woodbine, una cittadina nel sud del New Jersey. Quell’anno, durante la grande epidemia di influenza che avrebbe ucciso venti milioni di persone, morì la madre di Naomi. Lo stesso anno, a Woodbine, Naomi Levy sposò Louis Ginsberg. Presto, la coppia si trasferì a Newark per stare vicino alle famiglie. Dopo aver studiato per due anni alla Newark Normal School, Naomi insegnò a Woo-
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dbine ai bambini bisognosi, poi a Newark in una scuola media. Louis entrò come insegnante di lettere alla Central High School di Paterson, dove resterà per i successivi quarant’anni. Lo stesso anno del suo matrimonio e della morte della madre, Naomi accusò il primo esaurimento nervoso. Si riprese in fretta, ma fece preoccupare i genitori di Louis. Louis invece confidò in un evento isolato, che non si sarebbe ripetuto. Era innamoratissimo, per cui le riserve dei suoi non gli facevano molto effetto. Non poteva in alcun modo sapere che la moglie avrebbe sofferto di disturbi mentali per tutta la vita. Dopo quel primo esaurimento Naomi non tornò più all’insegnamento, ma nel frattempo le cose andavano bene e il futuro si preannunciava radioso. Il 2 giugno del 1921 nacque il loro primo figlio: lo chiamarono Eugene Brooks Ginsberg, dal nome dell’eroe di Louis Eugene V. Debs, un leader del movimento dei lavoratori. Per nove anni Louis prese le corriere per Paterson, dove ogni autunno insegnava lettere a una nuova classe di giovani. La sera sedeva alla sua piccola scrivania in legno e, dopo aver dato i voti ai compiti degli studenti, scriveva poesie. Nel 1920 pubblicò un breve componimento in rima, Radici, che cominciava così: «L’altro giorno, ho guardato un albero / e mi sono detto, “quanto sono profonde le sue radici scure?”». Pur se composto nello stile di un altro poeta, Edna St. Vincent Millay, lo scritto lo aiutò a imporsi come promessa della letteratura. Louis entrò nella Poetry Society of America e partecipò, a New York, a quanti più eventi letterari poteva. Lui e Naomi si fecero conoscere nei circoli di poeti del Greenwich Village, popolati da persone come Marianne Moore, Maxwell Bodenheim, Edward Arlington Robinson ed Elinor Wylie. Purtroppo, vivendo e lavorando nel New Jersey, e con una famiglia a carico, Louis non aveva il tempo per diventare qualcosa di più che una faccia nota tra i bohèmien del Village. D’abitudine spediva le sue poesie a una rivista dopo l’altra, e col tempo si fece una discreta reputazione. La sua lista arrivò a includere il New York Times, il New Yorker e Poetry. Quando Louis Untermeyer scelse per la sua antologia Modern American and British Poetry la poesia Fog, «Nebbia», come risposta agli omonimi versi di Carl Sandburg, Louis fu felice come non mai. Untermeyer gli scrisse: «Hai il tocco lirico. Le tue parole cantano e allo stesso tempo hanno qualcosa da dire». Nel 1992, quando la raccolta di Louis Collected Poems sarà pubblicata, il figlio Eugene Brooks scriverà: «Gran parte dei suoi versi è in rima e suona come canzoni, per lo più quartine a rime alternate o distici in rima che celebrano la natura, la primavera, l’amore e il crepuscolo. Uno dei temi principali è la trasformazione degli oggetti naturali in gloriosi costrutti di fiamma; in primo piano anche il panteismo: Dio è Bellezza che infonde di sé la natura e gli uomini senza distinzione. Un terzo tema è la nota più cupa, e nasce dalle visite del poeta alle zone povere delle metropoli di New York e di Newark». Per tut-
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ti gli anni venti e trenta, Louis spedì rime in celebrazione della vita a un nutrito numero di editori e ricevette molte più lettere di rifiuto che di accettazione. La cosa non lo fece mai desistere. Alla fine si rese conto che nessun editore voleva mettere dei soldi per un libro di poesie tutto suo, allora chiese un prestito e finanziò i suoi libri, The Attic of the Past (1920) e The Everlasting Minute (1937). L’appartamento dei Ginsberg era ingombro di scatole di volumi in attesa di essere comprati e letti.
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1926. Nascita
I quotidiani del giugno 1926 straripavano di descrizioni delle avventure di Richard Byrd e Floyd Bennett, che a maggio avevano portato a termine i primi voli in aereo fino al Polo Nord; pochi giorni dopo, in dirigibile, si aggiunsero alla lista Amundsen, Ellsworth e Nobile; Babe Ruth mise a segno due fuoricampo e condusse gli Yankees alla vittoria contro i Red Sox; la sera si ascoltavano programmi radio come The Singing Groundhog e l’Associazione americana neurologi tenne la sua riunione annuale ad Atlantic City. Nel suo discorso, il dottor T.H. Weisenberg spiegò che «l’irritabilità è un attributo del genio». Disse che più il livello di civilizzazione aumentava, più gli esseri umani avrebbero sofferto di nervi. Il 2 giugno, nella prolusione di inizio anno, il preside della Columbia University Nicholas Murray Butler dichiarò: «La mia grande ambizione era quella di poter dire un giorno che [alla Columbia] è stato messo insieme un gruppo di studiosi, ricercatori, scienziati, insegnanti e personalità che non ha eguali nel mondo civilizzato. Signori, questo giorno è arrivato». Butler non poteva immaginare che proprio quella notte, nel New Jersey, stava venendo alla luce uno dei più illustri diplomati di quell’università. Il 2 giugno del 1926, lo stesso giorno in cui Eugene Brooks Ginsberg festeggiava il quinto compleanno, sua madre Naomi cominciò il travaglio nel reparto maternità dell’ospedale Beth Israel di Newark. Alle due del mattino del 3 giugno, diede alla luce il suo secondogenito, Irwin Allen Ginsberg. Il nome ebraico di Irwin Allen era Israel Abraham, ma tutti lo avrebbero chiamato, più semplicemente, Allen. Era un bambino allegro, un confettino con gli occhi di sua madre, e prese da lei molti lati del carattere. Fin dal giorno in cui lo portò a casa, nel loro piccolo appartamento al 163 di Quitman Street a Newark, Naomi soffocò Allen con il suo amore. E Allen crebbe sensibile, brillante e socievole come Naomi, felice nonostante i problemi familiari. Anche lui mostrò segni precoci di eccentricità. Era estremamente intelligente, e i suoi compagni di giochi se ne
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rendevano conto, tanto che finirono per soprannominarlo Il Professore. Allen avrebbe voluto con tutto se stesso diventare popolare, ma non lo era, ed essere una specie di secchione lo faceva sentire molto solo. Passava molto tempo a leggere o a giocare col fratello maggiore e i cugini. L’umile estrazione piccolo borghese non poteva fargli prevedere di quale fama internazionale avrebbe goduto nei suoi settant’anni di vita.
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