A cura di Gastón Fournier-Facio
Gustav Mahler Il mio tempo verrà La sua musica raccontata da critici, scrittori e interpreti 1901-2010 Traduzione di Clelia Parvopassu, Giangiorgio Satragni e Daniele Torelli
Sommario
Perché Mahler? Un secolo di interpretazioni sull’uomo e la sua musica di Gastón Fournier-Facio
13
1901 ludwig schiedermair (1876-1957)
19
Musica assoluta o musica a programma? 1904 ernest bloch (1880-1959)
23
L’onestà espressiva 1907 Felipe PEDRELL (1841-1922)
28
L’uomo e la sua opera 1909 Fritz KREISLER (1875-1962)
38
Partiture straordinarie 1910 Richard STRAUSS (1864-1949)
Il riconoscimento che merita
40
8
Gustav Mahler. Il mio tempo verrà Arthur SCHNITZLER (1862-1931)
42
Quello che Mahler mi ha dato Alfredo CASELLA (1883-1947)
44
Il maggior musicista attuale Thomas MANN (1875-1955)
46
La volontà artistica più seria e più sacra del nostro tempo 1911 Ernst DECSEY (1870-1941)
48
Momenti con Mahler 1911, 1912 Arnold SCHÖNBERG (1874-1951)
66
Dedica della Harmonielehre a Mahler Conferenza su Gustav Mahler 1912 Paul STEFAN (1879-1943)
94
Un’introduzione ai Lieder e alle sinfonie 1913 Richard SPECHT (1870-1932)
112
Mahler e il suo tempo 1915 Stefan ZWEIG (1881-1942)
125
Il ritorno a casa 1916 Guido ADLER (1855-1941)
135
Caratteristiche tecniche e implicazioni psicologiche 1919 Oskar FRIED (1871-1941)
Ricordi
181
Sommario
9
1920 Curt Rudolf MENGELBERG (1892-1959)
186
La sua opera Alfredo CASELLA (1883-1947)
205
Il Mahler Fest di Amsterdam Discorso celebrativo 1921 Paul BEKKER (1882-1937)
216
Lo stile sinfonico 1922 Alfred ROLLER (1864-1935)
238
Ritratti di Gustav Mahler 1923 Natalie BAUER-LECHNER (1858-1921)
260
Il mondo quotidiano di Mahler 1925 Alma MAHLER (1879-1964)
270
Il valore etico della musica di Mahler 1936 Bruno WALTER (1876-1962)
273
Il compositore e la sua personalità 1945 William RITTER (1867-1955)
317
Souvenirs 1953 Erwin STEIN (1885-1958)
L’originalità creativa
335
10
Gustav Mahler. Il mio tempo verrà
1955 Hans Ferdinand REDLICH (1903-1968)
347
Melodia, armonia, contrappunto, forma e orchestrazione 1960 Klaus PRINGSHEIM (1883-1972)
379
Ricordi nel centenario della nascita Neville CARDUS (1888-1975)
391
A cent’anni dalla nascita Fedele D’AMICO (1912-1990)
403
Mahler, 1860-1960 Theodor W. ADORNO (1903-1969)
409
Discorso commemorativo di Vienna 1964 Dmitrij Šostakovič (1906-1975)
424
La forza del suo genio Rafael KUBELIK (1914-1996)
427
È stato un profeta 1967 Leonard BERNSTEIN (1918-1990)
431
Il suo tempo è arrivato 1969 Kurt BLAUKOPF (1914-1999)
440
Il contemporaneo del futuro 1971 Bruno MADERNA (1920-1973)
Un arco teso verso l’Assoluto
456
Sommario
11
1974 Glenn GOULD (1932-1982)
458
Un Mahler in pieno rialzo 1976 Donald MITCHELL (1925)
464
Discovering Mahler 1979 Pierre BOULEZ (1925)
530
È attuale Mahler? 1980 Deryck COOKE (1919-1976)
542
L’uomo e l’artista 1983 Quirino PRINCIPE (1935)
564
Come ascoltare, o come non ascoltare, Mahler 1985, 1989 Constantin FLOROS (1930)
585
Prolegomena Il senso del simbolismo mahleriano 1985 Henry-Louis de LA GRANGE (1924)
601
La biografia, chiave dell’opera À la Recherche de l’Infini perdu Claudio ABBADO (1933)
627
Mahler, Vienna e il xx secolo 1996 Carl E. SCHORSKE (1915)
Un’identità austriaca
629
12
Gustav Mahler. Il mio tempo verrà
1998 Paolo PETAZZI (1944)
647
Aspetti eversivi dell’estetica mahleriana 2003
653
Donald MITCHELL (1926)
Un’odissea mahleriana: 1936-2003 2007 Daniel BARENBOIM (1942)
681
Riflessioni musicali intorno a Gustav Mahler Dietrich FISCHER-DIESKAU (1925)
687
La musica vocale di Mahler 2010 Henry-Louis de LA GRANGE (1924)
698
Attualità di Mahler Ringraziamenti
713
Bibliografia delle opere citate Nota sulle traduzioni Nota dell’editore Indice dei nomi e delle opere
715 723 725 727
Natalie Bauer-Lechner
Il mondo quotidiano di Mahler
Violinista di talento, cresciuta in una famiglia colta e musicale, Natalie Bauer-Lechner conobbe Gustav Mahler (più giovane di lei di due anni) quando il compositore studiava ancora al Conservatorio di Vienna, e ne comprese subito il genio. Lo frequentò per oltre un decennio e, terminati gli studi, entrò a far parte di un quartetto d’archi femminile. Nello stesso periodo sposò Alexander Bauer, dal quale si separò nel 1885. Fu a questo punto che riprese i contatti con Mahler, recandosi a trovarlo a Budapest nel 1890 dove (nel 1888) era stato eletto alla guida dell’Opera Reale. Nacque così un legame fatto di complicità e d’intesa. Gustav vagheggiava un fidanzamento e lei, di certo innamorata, lo seguiva alle prove e alle recite, e divideva viaggi e vacanze con lui e le sue sorelle. Parlavano spesso di musica con intensità e passione, essendo Natalie un’interlocutrice competente e interessata. In vacanza lei era sempre presente, accompagnando Mahler nelle sue passeggiate sui monti, ascoltando i suoi ricordi d’infanzia e incalzandolo con domande sulle sue composizioni. Gustav le dedicava manoscritti e si confidava con lei sulla propria vita creativa e interiore, sui problemi di salute e persino sulle proprie funzioni corporali. Diedero vita a un rapporto particolare e complesso, che non sfociò mai in una relazione di coppia. Natalie, testimone preziosa, si dimostrò una scrittrice efficace, capace di stilare cronache acute e intelligenti. Il 7 novembre del 1901, quando Natalie era già entrata nella quarantina, Gustav conobbe Alma Schindler, donna bellissima e brillante, poco più che ventenne, che lo folgorò. Nel dicembre dello stesso anno si fidanzarono, e a marzo si sposarono; Natalie fu spazzata via per sempre, senza appello. Dopo aver ripreso a suonare per qualche tempo, morì in povertà e solitudine nel 1921.
Natalie Bauer-Lechner, 1923
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La sua raccolta di memorie, denominata originariamente Mahleriana, venne pubblicata postuma nel 1923 col titolo di Erinnerungen an Gustav Mahler, ovvero «Ricordi di Gustav Mahler», testo di riferimento fondamentale per gli studi mahleriani. Una nipote dell’ex marito di Natalie censurò in parte il manoscritto, pretendendo che si omettessero i passaggi più intimi. In seguito Henry-Louis de La Grange, massimo biografo del compositore, recuperò il testo originale di Mahleriana, arrivando tra l’altro a scoprire le ultime, emozionanti parole del diario, scritte da Natalie nel gennaio del 1902: «Mahler si è fidanzato con Alma Schindler sei settimane fa. Se dovessi commentare quest’evento, mi sentirei come un medico obbligato a curare, tra la vita e la morte, la persona che più ama al mondo».
*
Guerra ai disturbatori della quiete Che Mahler quell’anno1 non fosse immerso «fin sopra le orecchie» nel lavoro e come posseduto da un sacro furore, è testimoniato anche dalla sua maggior sopportazione nei confronti del mondo esterno. Nelle estati precedenti invece era una continua battaglia all’ultimo sangue. Qualsiasi cosa si muovesse o emettesse il più piccolo suono era cacciato lontano dai paraggi della casetta.2 Per rendere inoffensivi i numerosi bambini del villaggio, avevamo escogitato un intero sistema per tenerli distanti e quieti. Non soltanto era loro proibito mettere piede sul prato di Mahler, o giocare o fare il bagno nel lago, ma non era loro consentito fiatare per strada o nelle abitazioni, cosa che avevamo ottenuto con suppliche e promesse, dolciumi e giocattoli. Se arrivavano un suonatore di organetto o dei musicisti girovaghi, ci precipitavamo all’istante con una mancia per zittirli, così quelli smettevano anche senza aver finito il pezzo. Ma pure ogni specie di animali non se la passava tanto bene nel nostro vicinato; cani, gatti, polli e oche erano scacciati o rinchiusi, o, se proprio rifiutavano di stare buoni, venivano comprati e mangiati per eliminare i loro versi dalla faccia della terra. Venne intrapresa una vera e propria guerra con i corvi, che si erano accampati e volavano intorno alla penisola3 di Mahler. Con un compenso di un fiorino, facemmo tirare giù e portare via i loro nidi. Un corvo impallinato fu però appeso accanto alla «Schnützelputz-Häusel»,4 come difesa e avvertimento per lo stormo gracchiante. Queste erano le drastiche misure alle quali Mahler era costretto dal
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Gustav Mahler. Il mio tempo verrà
suo bisogno di pace, lui che non sopportava di vedere una mosca o un’ape inutilmente uccisa, e che era un nemico dell’orrenda barbarie della caccia. Sull’altro lato della casetta era però stato collocato uno spaventapasseri orribile, messo insieme con un fascio di fieno per il corpo, un manico di scopa conficcato trasversalmente per le braccia e una zucca come testa, vestito con un costume da bagno di Justi, un cappotto di Emma,5 e un mio cappello gigante, per spaventare uomini e animali. Nonostante questi provvedimenti, succedeva spesso che Mahler mi mandasse a chiamare nella casa dove mi esercitavo al violino affinché andassi da lui «il più presto possibile», perché mietitori fischiettanti si erano radunati in qualche prato confinante, oppure contadini litigiosi o canterini si erano ritrovati nel giardino della locanda, da dove egli, infastidito, li sentiva. E così, a tutta la mia astuzia e alla mia capacità di persuasione era rimesso il compito di far capire a questi disturbatori della pace che cosa volevamo da loro, e di ridurli al silenzio con birra, mance o Dio solo sa cos’altro. Se proprio non funzionava, dicevo loro che il signore non era tanto sano di mente. Ma questi intermezzi erano ormai molto più rari rispetto a quando la «SchnützelputzHäusel» non c’era ancora.
L’organizzazione della vita di Mahler La suddivisione della sua giornata era, con notevole regolarità, la seguente. Alle sette del mattino – nonostante si coricasse tardi – si alzava e, mentre andava bagno per una doccia fredda, suonava impaziente il campanello per la colazione, che, già vestito un attimo dopo, faceva da solo nella sua stanza. Se si sentiva bene, queste del primo mattino erano le sue ore di grazia, le uniche che, pure in inverno, appartenevano interamente a lui e al suo lavoro. Dapprima, bevendo il caffè e fumando una sigaretta, leggeva un poco (era impegnato con Des Knaben Wunderhorn, Goethe e Nietzsche – solo dei giornali non voleva saper nulla). Subito dopo si metteva al lavoro e faceva un così buon uso delle poche ore a disposizione – al massimo fino alle dieci e mezza, quando doveva andare in città per le prove6 – che, mentre soggiornavo lì, portò a termine la stesura e la bella copia del gigantesco primo movimento della Terza Sinfonia.7 Poi si precipitava a piedi in città – una camminata più o meno di tre quarti d’ora – per ritornare a casa a metà giornata.
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Le ore intermedie erano riempite dalle prove con l’orchestra, il coro e i solisti, durante le quali egli guidava e «addestrava» i suoi artisti in un modo che portava le loro capacità a un livello mai raggiunto prima. «Questo riesce soltanto quando mi calo nella parte del domatore, il quale, per stimolare la capacità di attenzione e di rendimento, usa continuamente la frusta delle richieste più severe e la maneggia nel modo più energico quando la bestia dell’impotenza e dell’indolenza osa farsi avanti». Molto affamato e impaziente, Mahler arrivava a casa alle due e mezza, dopo che, già dalla via, il suo segnale8 &b œ
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˙.
aveva annunciato il suo arrivo e chiamato tutti a tavola per la zuppa. L’arrivo della posta rivestiva grande importanza negli eventi del giorno; Mahler infatti non si stancava mai di aspettare ciò che scherzosamente definiva «la nomina a Dio delle terre del Sud»,9 cioè un ingaggio proveniente da qualche posto per andare in qualche posto – purché lontano da Amburgo! – cosa assai indicativa, sfortunatamente, della grande insoddisfazione per il suo impiego corrente. Mahler invitava assai volentieri questo o quell’ospite in modo inatteso, e l’avrebbe fatto anche di più, se non si fosse dovuto trattenere per via delle sue cattive finanze. Così usciva a pranzo quasi ogni giorno con Brühl,10 quando quest’ultimo si trovava ad Amburgo per la preparazione delle sue opere, e più avanti, dopo che io ero partita, faceva lo stesso con Goldmark.11 Dopo pranzo, e dopo un breve sonnellino il più delle volte disturbato da visite professionali di operisti, librettisti, cantanti ecc., Mahler si recava quasi ogni giorno dal copista Weidik.12 A queste uscite, nelle quali di solito lo accompagnavo, facevano seguito le nostre passeggiate: nei sobborghi di Amburgo, se Mahler quella sera non doveva dirigere, oppure soltanto nel vicinato per una mezz’oretta. In quelle occasioni, di qualunque umore fossimo, si discuteva tra noi e si sviscerava sotto ogni profilo ciò che esisteva tra l’eternità e l’estrema, indifferibile caducità, tra l’infinito e il più finito puntino della terra, al quale Mahler, e chiunque fosse con lui, rivolgesse la sua attenzione come preso in un vortice. Alle sei era all’Opera, dalla quale spesso tornava a casa profondamente depresso, dicendo che lì non si combinava e non si poteva combinare nulla:
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Gustav Mahler. Il mio tempo verrà
«Una stalla di Augia, da cui neanche un Ercole sarebbe capace di togliere il letame!». Quando era libero, si passava invece la serata in casa, chiacchierando e facendo musica, a volte di cattivo umore a volte allegri.
Una storia divertente La sera al Peterbräu di St. Wolfgang13 eravamo molto allegri e raccontavamo storie divertenti. Da ultimo Mahler e Justi si ricordarono anche di un’avventura nel parco cittadino di Pest. All’angolo del Kursaal c’era il dehors del caffè, che si apriva in due magnifiche terrazze, luogo di ritrovo, nelle belle giornate, del mondo della Budapest elegante. Anche Mahler e Justi vi erano andati a far merenda e, chiacchierando, avevano preso posto alla balaustra del piano superiore. Secondo la sua vecchia abitudine di pulire energicamente, all’osteria, ogni piatto e ogni posata prima di usarli, sciacquò un bicchiere prima di bervi, e sovrappensiero versò l’acqua all’indietro, sulla terrazza inferiore, dove un paio di dame molto elegantemente vestite saltarono su. «Oh, scu-uuu-si!» fece Mahler che, non essendosi accorto della cascata, si rese conto di cosa aveva combinato e guardò giù inorridito l’acqua che aveva gettato. Siccome però era il direttore dell’Opera, una personalità ben nota in tutta la città, e la sua distrazione era proverbiale, il colpevole fu perdonato e presto tornò la calma. Non erano passati neppure cinque minuti che Mahler – volendo versare dell’acqua a Justi, che ne aveva fatto richiesta, e pulire anche il bicchiere di lei – prima che lei se ne avvedesse si piegò di nuovo verso la disgraziata terrazza inferiore e vi riversò un’altra doccia dal secondo bicchiere! E lo strepito fu così generale, che tutti saltarono in piedi ridendo e gridando; un cameriere che passava di lì in quel momento con un vassoio carico, dovette posarlo rapidissimo per non farlo cadere per le risate. Mahler e Justi non ebbero però intenzione di farsi rivedere tanto presto al parco.
La personalità e l’aspetto esteriore di Mahler Mahler, il cui aspetto esteriore, la maniera nella quale egli «si manifestava», era spesso causa di critiche, rispondeva così alle accuse: «Non posso vivere
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una vita estetica, è una questione che ha a che fare con la mia personalità e il mio temperamento. E se non fossi quello che sono, non scriverei neppure sinfonie così». Di recente, venendomi a prendere da un’amica, è piombato in casa come un turbine, era loquace e di magnifico umore e travolgeva tutto con la sua sfrenata e frizzante vivacità. Ma già poco dopo – chissà cosa gli era passato per la testa! – era caduto all’improvviso in un silenzio di tomba, se ne stava seduto immerso nei propri pensieri e non ha più detto una parola fino al momento di andarsene. La sua mutevolezza e la sua incostanza erano talmente grandi, che neppure per un’ora restava lo stesso, e tutto ciò che gli stava al di fuori e intorno – in modo particolare chi era a stretto contatto con lui – appariva sempre diverso a quel suo sguardo trasformato. Nonostante tutte queste oscillazioni, la fedeltà con cui sempre ritornava – come l’ago di una bilancia al suo centro ideale – da quelli che un tempo aveva scelto e incluso nella sua cerchia era una delle sue caratteristiche. Per questo si poteva contare su di lui molto più che su chiunque altro. Poiché era sempre sprofondato nei propri pensieri, la sua smemoratezza e la sua distrazione erano grandi – e ancora di più lo erano state in passato – così che gli accadevano le cose più strane. La più incredibile fu quando da giovane, mentre beveva del caffè a un ricevimento, senza pensarci lo mescolò con la sigaretta invece che col cucchiaino e poi, credendo di avere del fumo in bocca, soffiò il caffè oltre il tavolo in faccia alla padrona di casa! Si conoscono innumerevoli storie di questo tipo che lo riguardano. Il suo collega di conservatorio Winkler mi ha detto una volta che, dopo una prova della sua Sonata per violino e pianoforte, Mahler uscì di corsa dal Musikverein – era inverno – così immerso nei suoi pensieri, da dimenticarsi il cappotto, il bastone e il cappello. Sulla Ringstrasse perse addirittura metà delle partiture, che fortunatamente alcuni colleghi che lo seguivano trovarono e gli riportarono insieme ai suoi abiti. La cura e la pulizia dei suoi vestiti lasciavano naturalmente molto a desiderare. Gli stivali avevano i tiranti sempre alzati, oppure uno era allacciato e l’altro no. Se di mattina usciva senza essersi dato un’occhiata, spesso ancora a pranzo aveva le tracce bianche del dentrifricio o della schiuma da barba sulla bocca o sulle guance. Talvolta dimenticava anche di pettinarsi e andava in giro tutto il giorno conciato come Pierino Porcospino.14 Tuttavia, questo
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Gustav Mahler. Il mio tempo verrà
accadeva soltanto quando era in viaggio, a casa invece si lavava quotidianamente dalla testa ai piedi, inclusi i capelli! Naturalmente non andava meglio con l’ordine che teneva nella stanza. Quando andava via al mattino presto, sembrava che il diavolo si fosse accampato lì: il letto era nel peggiore disordine immaginabile, guanciale e coperta sul pavimento, le lenzuola appallottolate in qualche angolo del letto. Il pettine, lo spazzolino da denti, gli asciugamani e il sapone erano sparpagliati per la camera o sul letto; buste e pezzi di carta strappata nel lavandino, la camicia da notte e la biancheria sporca da un capo all’altro del pavimento. Tutti notavano la camminata particolare di Mahler e i bambini lo prendevano in giro: l’impazienza faceva capolino e rendeva scalpitante ogni suo passo, al quale, come un cavallo o un cieco che non vede la strada, alzava la gamba e toccava terra ribattendo il piede. Se era impegnato in una conversazione vivace con qualcuno, lo afferrava per la mano o per la manica e lo obbligava in ogni momento a star fermo, mentre lui, sempre più infervorato nel discorso, pestava il terreno con i piedi come un cinghiale selvatico. Era così strano che Mahler – col suo senso del ritmo! – non facesse due passi uguali nell’andatura, bensì cambiasse di continuo il tempo, rendendo del tutto impossibile a chi lo accompagnava seguire il suo passo. Ancora più irritante era andare in barca, perché le sue remate erano totalmente irregolari, ora rapidissime, ora lentissime; e montava su tutte le sue furie se il compagno, al quale addossava tutta la colpa, incrociava il remo con il suo. Mahler, che era più basso dell’altezza media, in apparenza era delicato, perché magro e snello, ma in realtà il suo corpo aveva una forza e una elasticità straordinarie, con cui uno di corporatura più grossa non poteva facilmente misurarsi. Era molto dotato e costante nell’attività fisica: era un eccellente nuotatore, ciclista e alpinista. Però non l’ho mai visto pattinare o fare ginnastica con i miei occhi. A Pest quando Justi, più pesante di lui, stava molto male, la portava ogni giorno su per tre piani, con indosso i vestiti invernali e la pelliccia, per evitarle di salire le scale. E nessun gigante poteva competere con lui nel distruggere i pianoforti più robusti. Era quasi impossibile capire quanti anni avesse, perché il suo viso a volte appariva giovanile come quello di un ragazzo, altre corrugato e più invecchiato rispetto alla sua età. Allo stesso modo nel giro di pochi giorni, anzi spesso di poche ore, poteva passare dal suo migliore aspetto a quello peggiore, da quello più in carne a quello più smunto: ciò aveva a che fare col mutare continuo e
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rapido della sua natura spirituale e corporea, soprattutto però con quella sostanza – eternamente diversa ma sempre dotata della stessa geniale intensità e della massima immediatezza – che riempiva la sua persona e il suo essere. Quando era di buon umore, sembrava spesso giovane come un fanciullo anche perché non portava la barba, sebbene questa gli crescesse foltissima già da giovane. Per anni, nel periodo in cui era un giovanotto, andava in giro con una rigogliosa e ispida barba nera: io l’ho conosciuto così all’incirca diciassette anni fa. Soltanto quando fu a Praga se la fece tagliare. In questo modo, a uno sguardo superficiale, il suo volto acquisiva un qualcosa che rammentava la fisionomia di un attore. Mi dava sempre fastidio quando le persone lo dicevano, perché lo sguardo di Mahler, così pregnante, aperto e significativo, specchio della sua mente e della sua anima qualsiasi umore assumesse, non avrebbe potuto avere meno a che fare con l’espressione dell’artista, vuota, artificiale e senza un proprio carattere. Ma può accadere diversamente, quando l’aspetto esteriore corrisponde alla natura interiore? Quando all’inizio insistevo con Mahler perché si facesse ricrescere la barba in qualche modo, lui rifiutò, serio: «Ma cosa ti viene in mente? Credi forse che sia un mio capriccio, o addirittura vanità, andare in giro sbarbato? C’è un valido motivo se non ho la barba: quando dirigo, devo comunicare le mie intenzioni ai cantanti e all’orchestra e trasmettere loro ogni singola nota non solo con i cenni e lo sguardo, ma con la bocca e le labbra, con ogni espressione del viso e ogni suo minimo movimento. Per far questo non mi può servire una faccia coperta dalla barba, devo averne proprio una senza». I suoi piccoli occhi scuri erano estremamente vivaci e accesi, credevo davvero che un povero diavolo di musicista o di cantante si sentisse sprofondare quando era colpito dallo sguardo di Mahler, che né gli occhiali né i pince-nez, portati a causa della miopia, avevano la capacità di attenuare. Sopra gli occhi si levava la sua fronte alta, d’indomabile potenza, nelle cui pieghe e raggrinzimenti si potevano leggere i suoi pensieri. Sopra le tempie correvano due vene blu attorcigliate (io le chiamavo le «vene fulmine a zigzag»), che annunciavano la tempesta interiore e venivano minacciosamente in evidenza gonfiandosi quando scoppiava la sua collera. Non ci poteva essere senz’altro nulla di più terribile del capo di Mahler in collera, era tutto un rossore, un guizzare, uno sprizzare, e ognuno dei suoi capelli corvini sembrava drizzarsi.
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Gustav Mahler. Il mio tempo verrà
Devo ricordare ancora una particolarità della conformazione della testa di Mahler: la linea retta che dall’occipite scendeva alla nuca, vista da dietro ricordava la testa di una lontra. Di tratto imperioso erano il suo grande naso, ricurvo e dalle pinne raffinate, e la bocca un po’ larga, energicamente serrata, dietro la quale stava una fila irregolare di denti, però sanissimi e immacolati. Le labbra un po’ sottili indicavano tuttavia nella loro finezza – se è vero quel che si dice – una mancanza di sensualità. L’espressione di questa bocca, i suoi angoli un po’ abbassati, per metà sprezzanti, per metà dolenti, mi ricordavano Beethoven (anche se non potevo dirlo di fronte a Mahler, che in ciò era troppo modesto), di cui possedeva una maschera autentica, un calco in gesso del suo volto ripreso da vivo. Tuttavia l’asprezza e la severità della sua bocca si tramutavano subito nel loro opposto quando il suo riso, bonario e pieno di spirito, veniva suscitato da qualcosa. Non ci si può immaginare simili risate, schiette, cordiali, omeriche nel loro rimbombare. Spesso quando lo sentivo ridere dalla stanza accanto, o da dove altro fosse, senza saperne il motivo, mi mettevo anch’io a ridere forte, tanto persuasive e contagiose erano le sue salve. Dev’essere stato così anche nella sua infanzia. Difatti, un giorno in cui il piccolo Gustav si ferì in modo grave a un dito, gridando per ore senza che nulla potesse calmarlo, suo padre gli diede da leggere il Don Chisciotte. E all’improvviso i genitori udirono Gustav ridere nella sua cameretta in modo così smodato, che pensarono avesse perduto il senno, e corsero a precipizio da lui. Però erano solo le avventure di Don Chisciotte ad avergli fatto smarrire la percezione delle cose, tanto che i suoi fortissimi dolori erano così scomparsi. [1923]
Titoli originali: «Krieg gegen die Ruhestörer»; «Mahlers Lebensweise»; «Eine heitere Geschichte»; «Mahlers Wesen und Erscheinung» [Guerra ai disturbatori della quiete; L’organizzazione della vita di Mahler; Una storia divertente; La personalità e l’aspetto esteriore di Mahler] Fonte: Erinnerungen an Gustav Mahler, E.P. Tal & Co. Verlag, Leipzig-WienZürich 1923. Le note al testo (a eccezione di quelle segnalate con [N.d.T.], a cura di Giangiorgio Satragni) sono tratte dall’edizione a cura di Peter Franklin, Recollections of Gustav Mahler, Faber Music, London 1980.
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Note 1
Si riferisce all’estate del 1896. [N.d.T.]
2
S’intende qui la casetta in legno che Mahler si era fatto costruire a Steinbach, sull’At-
tersee, per comporre in solitudine. [N.d.T.] 3
La casetta era edificata su una piccola penisola. [N.d.T.]
4
«Schnützelputz-Häusel» è il nomignolo dato alla casetta di composizione, tratto da un
famoso canto popolare (contenuto anche nella raccolta Des Knaben Wunderhorn) e nel quale indica una casetta abitata da animali in cui gli oggetti si animano. [N.d.T.] 5
Justine ed Emma erano le sorelle di Mahler. [N.d.T.]
6
Si riferisce al periodo amburghese di Mahler. [N.d.T.]
7
Il manoscritto reca la data 17 ottobre 1896.
8
L’attacco dell’Ottava Sinfonia di Beethoven. [N.d.T.]
9
Nel momento in cui letteralmente moriva dalla voglia di andare verso Sud, verso Vien-
na, l’accento nietzschiano della sua battuta avrebbe potuto essere intenzionale. Natalie aveva precisato che Mahler stava leggendo Nietzsche a quel tempo, all’incirca nella stessa epoca in cui stava completando la bella copia del primo movimento, non anti nietzschiano, della Terza Sinfonia, nella quale una sezione centrale reca nel manoscritto il titolo «Der Südsturm!» (La tempesta del Sud). Nietzsche decantava di frequente la luminosità e il fascino del Sud in opposizione alla nordica pesantezza germanica. 10
Ignaz Brühl (1846-1907), compositore austriaco, era una conoscenza abbastanza di
vecchia data di Mahler, poiché aveva una casa a Unterach, sull’Attersee. Durante l’estate, Mahler e i suoi amici si univano spesso all’ampia cerchia di artisti e intellettuali viennesi che faceva lì capo a Brühl. La sua opera in un atto Gloria fu messa in scena per la prima volta (senza successo) ad Amburgo il 15 ottobre 1896, insieme al Runenzauber di Emil Hartmann. Natalie deve aver creduto che entrambe le opere fossero di Brühl. 11
Karl Goldmark (1830-1915). La sua opera Das Heimchen am Herd, tratta da The
Cricket on the Hearth di Dickens, fu data in prima esecuzione il 26 ottobre 1896. 12
Otto Weidig (così Knud Martner pensava che il nome andasse scritto) era anche
membro dell’orchestra dell’Opera di Amburgo. 13
È la sera del 30 luglio 1899, la località è quella che dà nome al Wolfgangsee, pros-
simo all’Attersee. [N.d.T.] 14
Struwelpeter, il personaggio che, nei libri educativi per bambini, non ha cura dei
suoi capelli o delle unghie. [N.d.T.]