Un paese senza tempo

Page 1

Concita De Gregorio

Un paese senza tempo Fatti e figure in vent’anni di cronache italiane A cura di Andrea Gentile e Aurelio Pino



Sommario

Nota editoriale

13

personaggi e interpreti

Lo show del Miglio furioso

19

Il ritorno di Cossiga

23

Walter il buono

26

L’uomo di ghiaccio e il gran seduttore

28

Il silenzio che grida dell’eroe contadino

31

Previti e l’aiuto di Dio

34

Clemente il Navigatore e la saga del partito che non c’è

37

Tutti sull’asinello che scalcia

40

Casini e gli spari agli scafisti

43

Marco il Tribuno

45

Il vecchio faraone, re, rospo e imperatore

48

È guerra a Claudio il Mandarino

51

Il Risorgimento secondo Umberto

55


8

Un paese senza tempo

Lo Statista e il Pasdaran

58

Le lacrime del presidente

61

Il delfino del Cavaliere

64

Marcello, l’attore e il povero Socrate

67

Prodi e le illusioni di una sinistra unita

70

Bertinotti e una sfida da comunista

74

Come finisce un’amicizia

78

I circoli virtuali di Michela la Rossa

81

L’ultima parola di Lambertow

84

Superman e Rambo tutto in uno

87

c’eravamo tanto odiati

Maroni il tessitore frena il ribaltone

93

Uno spot in faccia a Bossi

96

Un flirt d’interesse

99

D’Alema guastafeste al weekend dell’Ulivo

101

Parlamento lento

103

E così Dini andò per la sua strada

106

Si vota, dunque

109

Un paio di fantasmi

112

L’amarezza di Massimo

115

Fra tartine e roastbeef D’Alema chinò il capo

118

Fini e Berlusconi, il caffè della pace

121

Bertinotti e D’Alema senza pace

124

Non fidarsi più

127


Sommario

9

Il potere logora chi non c’è

130

Forza Italia e An, l’ora dei veleni

132

Il triangolo no

135

Amare fare il male, amare fare il bene

137

La pazienza ha un limite

140

C’eravamo tanto odiati

143

Un po’ provinciale

146

E si spezza il feeling tra l’Ulivo e Tonino

148

Cossiga e Silvio, il Perón coi tacchetti

151

Quel sospetto sull’Asinello

154

E il Cavaliere invita Cossiga

157

La sinistra e le sue tre anime

160

La minaccia di Berlusconi

163

Si poteva fare in mezz’ora

166

Silvio, il Senatur e il processo da sei miliardi

168

Cronistoria di una fantastica campagna elettorale

170

Viva il Parlamento

173

Adesso è tardi

176

Ponzio Pelato

180

Festa in piazza per i leghisti

182

Come il Cavaliere va alla guerra

185

L’elenco delle cose da fare

188

Complici di cento milioni di omicidi

191

Avete capito bene

194

Il pasto amaro di una sconfitta

197

Perdere ma vincere

200

Frocio, mafioso, pezzo di merda

203


10

Un paese senza tempo

ordine sparso

Quell’antipatico che strega le piazze

209

Benvenuti a villa Mastella, festa di nozze e di governo

212

Un candidato che non potrete mai votare

215

Maestro di sci

216

Parenti

217

L’accoppiata

218

Rosy on the road

219

L’erede del comandante

220

Generoso

221

Emilio per sempre

222

Candidato fai da te

223

Casillo contro Casillo

224

Diario in rete

225

Coincidenze

226

Profumo di sinistra

227

Formidabili questi anni

228

Né accà né allà

229

Sesso per tutti

230

Leoni il secessionista

231

Il letterato

232

Ricette

233

L’ex posteggiatore baciato dalla fortuna

234

Bandana

237

I guerrieri missionari della libertà

238

Mani libere per tutti

241


Sommario

11

L’asilo dei furbetti del quartierino

242

Famiglia Sarkozy all’italiana

243

La lezione del trans

244

Un paese di navigatori

245

Bambini, e già colpevoli

246

La villa dello sconforto

247

A buon rendere

248

Precari per sempre

249

agenda italiana

Giustizia fai da te Diritto di bavaglio?

255

Basta arresti facili

258

Fermare i giudici amici

261

Oggetto di una persecuzione giudiziaria

264

Un partito contro le procure rosse

267

Hanno avuto paura

269

Giustizia comunista

272

Essere soltanto dei fascisti

274

Vittima di uno Stato crudele Non è cambiato niente

281

Io, vittima di uno Stato crudele

283

Così si realizza il piano di Gelli

286


12

Un paese senza tempo

Boicottare la Rai

289

Faziosi e indebitati

292

La stampa che distorce

296

La nostra Resistenza

299

Una mattina mi son svegliato

301

Sul buon uso della televisione In esclusiva mondiale: il Cavaliere

307

Il giubileo del Cavaliere a telecamere unificate

310

Avere il potere in tv

312

E il Cavaliere irrompe nell’arena del nemico

314

Da Biscardi al posto della valletta

317

La prima battaglia di Canale 5

320

Indice dei nomi

323


Nota editoriale

Nel paese senza tempo non esistono agende. Nel paese senza tempo il calendario è fatto di fogli bianchi. Non ci sono appunti, non ci sono appuntamenti. Sui calendari del paese senza tempo non c’è niente in programma, niente da fare. Nel paese senza tempo le parole non hanno importanza. Un giorno puoi dire t’odio, il giorno dopo t’amo; e non lo fai perché hai letto Catullo, al massimo perché hai visto Uomini e donne della De Filippi. Il paese senza tempo è un paese senza realtà e senza vita. È un cadavere scosso da convulse contrazioni muscolari. Risse, litigi, male parole, parole urlate, parole al vento: solo segnali di vita apparente. Nel paese senza tempo, al Senato, si urla «Frocio, checca squallida, pezzo di merda». Agli elettori avversari si rivolge l’invocazione «Coglioni». I magistrati sono «eversori», «talebani», «cancro del paese». E «comunisti». La Consulta è un «covo di bolscevichi». Ma non mancano gli «eroi» nel paese senza tempo: il mafioso Vittorio Mangano per esempio. Ma tanto poi chi ci fa caso? Questo paese Concita De Gregorio non l’ha inventato; l’ha solo raccontato giorno per giorno. Il suo primo pezzo sulla Repubblica esce nel 1989. Così il paese senza tempo nasce sotto i suoi occhi. Dietro il sipario, entrano in scena gli interpreti e i personaggi. Inizia la commedia. Durerà vent’anni, ma non è finita. E allora, signore e signori, tutti a teatro questa sera, si alza il sipario sul paese senza tempo. C’è Massimo D’Alema l’Intelligente, c’è Walter Veltroni il Buono. Nel


14

Un paese senza tempo

camerino si sta preparando Antonio Di Pietro, il Contadino molisano. C’è Giulio Andreotti, il Vecchio faraone senza tempo nel paese senza tempo, Gianfranco Fini il Freddo, Umberto Bossi lo Storico del Risorgimento bergamasco, Pier Ferdinando Casini il Cristiano con licenza di sparare agli scafisti, Gianni Letta che ha il senso dello Stato. E poi c’è il trasformista, il giocoliere, l’imprenditore prestato alla Cosa pubblica. Irrompe, incanta, introna. Inventa l’agenda italiana. Poche voci restano. Le sue. Non ci sono i diritti, non c’è il lavoro, non c’è l’economia. Zero istruzione, zero ricerca, zero sviluppo. Niente riforme, niente pubblica amministrazione, niente cultura. Niente. Ci sono le sue voci: giustizia e informazione. Per la giustizia ogni giorno c’è un problema da affrontare: fermare le toghe rosse, introdurre il «legittimo sospetto» e il condono fiscale, depenalizzare il falso in bilancio, ridurre i termini di prescrizione, introdurre il processo breve. Per l’informazione ogni giorno c’è un programma da chiudere, un direttore da spostare, un tg da boicottare, un giornale da vituperare, un dossier da scagliare nell’arena mediatica. E poi c’è da viverlo il mondo dell’informazione. Bisogna innanzitutto possedere una, due, tre reti televisive; poi essere ospite ovunque, anche in quelle degli altri. Fare la scaletta al posto di Vespa. Insinuarsi in programmi sportivi come presidente di una squadra di calcio, e uscirne da propagandista politico. E poi organizzare puntate speciali e spiegare come si risolvono in un attimo le avversità: terremoti, rifiuti, alitalie. Poi, sorridendo, annunciare di essere usciti da una crisi economica, nella quale oltretutto non eravamo mai entrati. Questi i personaggi, questo il soggetto. Questo lo spettacolo nel paese senza tempo; un paese dei balocchi dove a baloccarsi sono sempre gli stessi, dove si usano di continuo parole come «comunista», «ribaltone», «sfascista» e «controribaltone», dove le promesse durano il tempo di bere un bicchier d’acqua, dove si può accusare, smentire, blandire, insultare, tutto in un pomeriggio. Ci si picchia. Un pugno, uno strattone, un «faccia di merda». Il pubblico urla, applaude, bestemmia. Sembra un incontro di wrestling ma è il Senato. E poi ti amo, e poi ti odio, e poi ti amo, e poi ti odio. E poi ti stimo, e poi ti schifo. È una vergogna! Giustizialisti! S’è fatto una canna, non demonizziamo l’avversario anzi non nominiamolo, bisogna cercare un leader, abbiamo


Nota editoriale

15

finalmente trovato un leader, bisogna cambiare leader, la sinistra non ha un leader, eccomi sono il nuovo leader. E che la giustizia faccia il suo corso, e ci vuole una riforma della giustizia, e in Italia non c’è giustizia. È tutto vero, è tutto falso, è tutto vero, è tutto falso. È un totale ribaltamento della realtà, sono solo secchiate di fango, abbasso le intercettazioni selvagge e a tappeto, siamo tutti spiati e schedati, nessun garantista dice una parola? E non ti amo e ti odio, forse ti amo ma ti odio, e poi ti stimo, sei simpatico, sembri ubriaco. Frocio. Checca. Pezzo di merda. Trasformista, garantista, giustizialista. È un colluso. Piena fiducia. Zero fiducia. Mi fido di te. Non mi fido di te. Governeremo cinque anni. Governeremo un altro mese. Il governo è solido, ha fatto molte cose. Il governo è logoro, s’accontenta di un programma in cinque punti. Questo governo vivrà, questo governò cadrà. E questo? E questo è il paese senza tempo. E Concita De Gregorio ce lo mostra giorno dopo giorno. Ne coglie ogni giorno un frammento miserevole, grottesco, assurdo. La guarda senza scoraggiarsi questa realtà miserevole, grottesca, assurda. Montare i suoi pezzi, raccoglierli in questo libro, significa mettere in scena la realtà italiana degli ultimi vent’anni. Essere presenti a una cena tra potenti, vederli divorare una crostata, vedere un pezzo di verdura incastonato tra i loro incisivi. Essere seduti tra i banchi della Camera o del Senato, tra gli umori, i rumori, i sudori. Osservare quello che esulta, quello che insulta, quello che fa un pisolino. Concita De Gregorio usa le parole come lenti d’ingrandimento, o cannocchiali; svela con una battuta le contraddizioni, i tic, i deliri del potere. Girovaga nei corridoi del potere, tra patti, fatti, disfatti. E misfatti. Scruta i gesti, registra i sibili; e li racconta al lettore con precisione, dettagli inclusi. Perché è nei dettagli che s’annida un narratore. Così ce li mette sotto gli occhi. E in questo dramma italiano riesce persino a farci sorridere. A.G. A.P.



personaggi e interpreti



Lo show del Miglio furioso

Dicono: è come un divorzio fra vecchi coniugi, ma non è vero. È peggio, è di più. È come quando finisce una passione clandestina in un film di terz’ordine. Sentimenti violenti, piatti e stracci che volano, pubblico in lacrime. Miglio: «È venuto Tabladini da me e quasi piangeva, era veramente affranto. Io di fronte alle lacrime, che vuole… ho detto va bene, dimmi come vuoi che mi muova». Perfido, che bisogno c’era di raccontare dei pianti? «Sì, Miglio sa essere perfido» si dispiace Erminio Boso, un omone da cento chili. Bossi la racconta così: è stato quando si son fatti quella telefonata per il ministero. Bossi gli ha spiegato: «Non ti vogliono alle Riforme, ti danno l’Università. Ma alla Lega conviene perdere le Riforme, non è meglio tenercele, e poi tu ti prendi una commissione?». È finita a parolacce: Miglio si sarebbe preso anche l’Università ma Bossi aveva già deciso. «Io sono Miglio, capisci, non l’ultimo scemo.» «Ma va’ a scopare in mare» gli ha risposto Bossi, e ha buttato giù il telefono. «No guardi signora, il telefono l’ho buttato giù io.» Gianfranco Miglio è furibondo. Arriva al Senato alle 9 meno venti di mattina e si vede benissimo che è venuto alla guerra: uno schiaffo a Berlusconi con la storia del voto all’olio di ricino che aveva promesso ai suoi (al Tabladini piangente) e agli altri (all’amico Misserville, suo commensale per conto di Fini) e poi giù contro Bossi il traditore, il bugiardo, il Giuda, l’uomo da nulla. Un po’ Cassandra un po’ Nosferatu, Gianfranco Miglio il professore cammina per i corridoi di Palazzo Madama e a ciascuno consegna


20

Un paese senza tempo

un pronostico, un vaticinio, un insulto da indirizzare a quell’indegno. Professore, la sua uscita indebolirà la Lega… «La Lega è già debolissima, è in irreversibile declino, è già finita.» Senatore, il governo non ha un programma serio di riforme… «Questo governo è la restaurazione della Prima repubblica, è il vecchio pentapartito con un trucco nuovo. Si sfascerà presto, avrà vita breve, vedrete.» C’è chi dice: Miglio è fuori, la Lega è in declino, Bossi non piace a Berlusconi. «Non piace nemmeno a Berlusconi? Ma allora a chi piace, scusi? Cosa fa ancora lì?» Vuole far fuori Bossi, senatore, vuole la sua testa? «In senso figurato, intende, immagino…» ed ecco sì che il ghigno si fa mefistofelico, le orecchie sembrano più a punta, la gobba più grande. Bossi, l’odiosissimo nemico che l’ha venduto per un pugno di lenticchie. Ce l’ha con Bossi perché non ha difeso il suo nome alle Riforme, vero senatore? Un diluvio: «Bossi, Bossi è un bugiardo, un arabo levantino, un buffone. È un bullo di periferia. È uno che non sarebbe buono nemmeno a fare il consigliere comunale. Bossi è uno che si è circondato di attacchini e yes-men. Io avevo un progetto, lo Stato federalista era pronto ma lui ha avuto paura, e ha scambiato la sua paura per sensibilità. Senza di me, però… È finito Bossi, senza qualcuno che pensi dove crede di andare. La Lega ha già perso una quantità di voti impressionante, sparirà schiacciata da Forza Italia, e del resto io la mia elezione la devo al 51 per cento a Forza Italia, per il 49 alla Lega. È anche per questo che ho votato il governo, tanto gli dovevo. Bossi poi potrebbe anche finire in galera, sì dico: lasciare la segreteria non per mano di un voto d’assemblea ma della magistratura. Quella storia dei duecento milioni per esempio: non è mica vero che sono stati rubati, sono serviti a rinsanguare le casse del partito, non li hanno denunciati perché magari pensavano di prenderne altri, forse era un anticipo. Patelli non è mica il grande finanziere occulto, e quei duecento milioni non sono mica tutto. Fossero solo duecento milioni...». Come senatore, cosa intende? C’è dell’altro oltre ai duecento milioni? Ma la signora Miriam, camicetta a papaveri rossi e passo lungo, vigila sul marito e lo tira per la giacca. «Taci, Gianfranco, non vedi che fai peggio» gli dice secca in un dialetto del Nord. Il marito parla da tutta la mattina, ora sono qui a pranzo dalle parti di piazza dei Caprettari, proprio dietro al Senato: «Almeno a pranzo, in strada lasciateci in pace» dice la signora.


Personaggi e interpreti

21

«E poi sui soldi cosa volete che ne sappia Gianfranco?» In effetti non ne deve saper molto, obiettano Speroni e Maroni, ministri grati a Bossi. «Lui è un filosofo, un intellettuale, un’anima bella» sorride Speroni, che cerca senza convinzione di ricucire. Un’anima bella. Dicevano che il professore fosse per la Lega quel che Ingrao è stato per il Pds: l’anima nobile, il grande padre inascoltato. Maroni: «Nobile? Bah, a giudicare dai fatti… è che gli brucia la faccenda del ministero» e spiega un’altra volta quella storia del ministero dell’Università. «Io i retroscena li conosco, fidatevi.» Al bar del Senato se ne sta mesto Marcello Staglieno, giornalista fondatore del Giornale, vicepresidente del Senato e di Miglio buon amico. Hanno scritto un libro insieme («il mio ventesimo»), venerdì è andato con Speroni nella villetta di Como a cercar di convincere il professore. Inutile. «A me non interessava il suo voto al governo, volevo che non lasciasse la Lega. E invece…» Ma perché l’ha lasciata, senatore? Per quel posto al ministero? «Perché Miglio voleva davvero il federalismo, e ha capito che a questo governo invece interessa molto poco. Miglio è un animo secessionista, è una delle due anime della Lega.» E potrebbe fare il capo dello scisma, portarsi dietro qualcuno? «Tutt’al più potrebbe fare il capo della Lega se non ci fosse più Bossi» si intromette Ludovico Corrao, progressista siciliano: «Non ha visto che cerca di premere sulle opposizioni perché siano An e Pds a delegittimare Bossi? E non ha visto che ponte ha buttato verso i progressisti? Abbiamo molti punti in comune sa: con Cacciari, per esempio». Sì, è vero, Miglio sventolava i fogli del suo discorso verso il banco dei progressisti mentre parlava. Diceva guardando Berlusconi: «Nel suo programma il federalismo è al livello di culto delle reliquie. Caro presidente, non credo nella vitalità del suo esperimento, è una presa in giro» e guardava verso il Pds. «Voi progressisti, se cesserete di pensare al sociale e vi concentrerete sulle riforme avrete un grande ruolo. Sarete il pungolo, sarete davvero opposizione.» Il Pds a far da pungolo, nel ruolo che fu della Lega, e la Lega al governo, come fu per la Dc. È questo il quadro che vede, professor Miglio? «Mah, è da un pezzo che vedo molti democristiani fra i leghisti. Questi qua la riforma non la fanno, non ci pensano nemmeno.» No, non la fanno, «per ora non la facciamo» conferma Enrico Serra, medico ed ex candidato leghista a sindaco di Genova. «Non la facciamo perché per fare lo


22

Un paese senza tempo

Stato federale ci vuole un governo istituzionale e il consenso ampio delle opposizioni. Questo nostro governo deve risanare lo Stato, appianare le differenze socioeconomiche che hanno diviso l’Italia. Dopo si cambierà la Costituzione. Bossi questo l’ha capito e l’ha detto. Miglio invece vuole il federalismo subito, ed è destinato a fare il teorico. Del resto il suo ruolo è quello.» S’è fatto tardi, è quasi buio. Il professore ha 76 anni, e anche se non gli serve molto sonno, stasera è stanco. La moglie lo aspetta all’uscita, se ne vanno insieme. Gianfranco Fini guarda l’uscita. Ha visto segretario? Miglio ha fatto il suo grande show, ma alla fine è rimasto solo. Sembra quasi un’uscita di scena. «Sa cosa penso? Che farà davvero il battitore libero.» Uno senza truppe, insomma, senza voti e senza peso… «Mah. A volte chi è libero conta di più di quelli che stanno in gruppo e sono in tanti. Tutto sommato, lei è convinta che non sentiremo più parlare di Gianfranco Miglio?» (1994)


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.