Camminiamo Insieme Natale 2021

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camminiamo insieme

Bollettino della Parrocchia dei Santi Bassiano e Fereolo - Lodi Natale 2021 - n. 424 pro manuscripto


don Elia Croce, parroco

È Natale perchè... è Pasqua!

Si, avete letto bene! No, il parroco non ha confuso le date del calendario. È Natale perché è Pasqua: cioè possiamo celebrare il Natale non come un evento del passato o come uno dei ricordi nostalgici della nostra infanzia, ma come evento di salvezza per noi, oggi, proprio perché crediamo che Gesù è risorto e vivo: que-

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sto ci consente di celebrare e rivivere gli eventi della sua vita, il suo Natale, accogliendo la grazia di questo giorno, pienamente coinvolti e partecipi: è il suo Natale per noi, oggi. Ho voluto accostare queste poche righe all’immagine che dall’inizio dell’Avvento campeggia nella chiesa del Sacro Cuore: raffigura Giuseppe che, nel sogno, coglie il progetto di Dio su di lui, sulla sua relazione con Maria e su quel bambino che gli sarà affidato e di cui sarà custode: Gesù. La scritta che accompagna l’immagine è: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre”. È un invito che viene rivolto più volte a Giusep-


pe: “Alzati …”. È il verbo della risurrezione: svegliati, risorgi … È un verbo pasquale. E Giuseppe è proprio figura del discepolo che, alzatosi, svegliatosi, risorto, rinnovato, è in grado di prendere con sé il bambino e sua madre. Ecco perché la Pasqua è condizione per celebrare il Natale: nella misura in cui ci alziamo, ci svegliamo, risorgiamo, siamo in grado di riconoscere e accogliere la presenza di Dio che si rivela, e ci interpella, e chiede accoglienza in un bambino e sua madre. Abbiamo tutti bisogno di essere svegliati, di rialzarci, di risorgere: veniamo da un periodo, dal quale non siamo ancora pienamente usciti, che ci ha piegati, ci ha messi a terra, ci ha fiaccati, anche come comunità cristiana. Oggi più che mai abbiamo bisogno di rialzarci e di Qualcuno che ci rialzi; abbiamo bisogno di svegliarci da un torpore e forse da una pigrizia che, dopo le chiusure forzate dei mesi scorsi, ora, rischiano di chiudere anche gli animi e il cuore. “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre”: sia questo l’invito e l’augurio per tutti e per ciascuno, per la comunità cristiana e per ogni famiglia; per chi è piegato dalla fatica del vivere e dal dolore e per chi è si lasciato abbattere dalla pigrizia e dall’indolenza o per chi si è rinchiuso nel proprio egoismo. Allora sarà Natale: quando risorti, rialzati, rinnovati nel cuore, sapremo prendere con noi il Bambino e sua Madre.

A tutti voi, a tutte le famiglie, a tutta la comunità parrocchiale porgiamo l’augurio per un Natale santo e sereno, nell’attesa di poterci vedere alle celebrazioni natalizie. Il vostro parroco don Elia, con don Roberto e don Angelo 3


Gli appuntamenti per il Tempo di Natale Le Celebrazioni

Venerdì 24 dicembre Chiesa del Sacro Cuore

Veglia e Santa Messa della Notte di Natale Anche quest’anno, a motivo dei posti contingentati (200 alla chiesa del Sacro Cuore) il programma della Vigilia prevede due celebrazioni: yy la prima alle ore 17.30, la Solenne Messa Natalizia della Vigilia, dedicata soprattutto agli anziani e alle famiglie con i bambini più piccoli; yy alle ore 21,30 la Solenne Santa Messa della Notte di Natale. Raccomandiamo a tutti di distribuirsi nelle due celebrazioni, oltre che in quelle del giorno di Natale e di osservare rigorosamente le norme di sicurezza.

Sabato 25 dicembre

Domenica 2 gennaio Chiesa del Sacro Cuore

Seconda domenica dopo Natale yy Sante Messe: ore 8.30; ore 10.00; ore 11.30. E’ sospesa quella delle ore 18.00

Mercoledì 5 gennaio Chiesa del Sacro Cuore

yy Santa Messa pre-festiva per la solennità dell’Epifania: ore 17.30

Giovedì 6 gennaio

Chiesa del Sacro Cuore

Chiesa del Sacro Cuore

Solennità del Natale del Signore yy Sante Messe: ore 8.30 - ore 10.00 - 11.30 18.00

Solennità dell’Epifania del Signore yy Sante Messe: ore 8.30; ore 10.00; ore 11.30. E’ sospesa quella delle ore 18.00

Domenica 26 dicembre

Chiesa di San Fereolo yy Ore 16.00: Rito della Benedizione dei bambini

Chiesa del Sacro Cuore

Festa della Santa Famiglia Ottava del Santo Natale yy Sante Messe: ore 8.30 – ore 10.00 - 11,30 (sospesa quella delle 18.00)

Venerdì 31 dicembre Chiesa del Sacro Cuore

Te Deum di Ringraziamento di fine anno Ottava del S. Natale yy Ore 18.00: Santa Messa di ringraziamento

Sabato 1° gennaio 2022 Chiesa del Sacro Cuore

Solennità di Maria Ss.ma Madre di Dio Ottava del S. Natale

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Giornata Mondiale per la Pace yy Sante Messe: ore 8.30 - ore 10.00 - 11.30 yy Ore 18.00: Solenne Santa Messa per la Pace (non ha valore di celebrazione pre-festiva)

Sabato 8 gennaio Chiesa del Sacro Cuore

yy Santa Messa pre-festiva: ore 17.30 per la Festa del Battesimo di Gesù

Domenica 9 gennaio Chiesa del Sacro Cuore

Festa del Battesimo di Gesù yy Sante Messe: ore 8.30 ore 10.00 - 11.30 - 18.00


Le Confessioni in preparazione al S. Natale

Dirette streaming sul canale YouTube della Parrocchia

Sabato 18 dicembre

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ore 9.30 – 11.00 (a San Fereolo)

Domenica 19 dicembre

Durante le S. Messe uno dei sacerdoti è disponibile per le Confessioni nella cappellina alla Chiesa del Sacro Cuore.

Mercoledì 22 dicembre yy yy yy

ore 9.30 – 11.00 (a San Fereolo) ore 18.30 (a San Fereolo per gli adolescenti) ore 20.45 (a San Fereolo)

S. Messa della Notte di Natale ore 21.30 S. Messa del Giorno di Natale ore 10.00 S. Messa del 31 dicembre ore 18.00 S. Messa del 1° gennaio 2022 ore 18.00 S. Messa della Epifania ore 10.00 S. Messa del Battesimo del Signore ore 10.00

Ricordiamo inoltre che ogni domenica la Messa delle ore 10.00 viene trasmessa in diretta streaming sul canale YouTube della Parrocchia.

Venerdì 24 dicembre yy yy

ore 9.00 – 11.30 (a San Fereolo) ore 15.00 – 17.00 (al Sacro Cuore)

Si raccomanda di anticipare quanto prima la celebrazione della Riconciliazione. Ricordiamo, in particolare, che nel pomeriggio della Vigilia i sacerdoti saranno disponibili fino alle ore 17.00.

Mons. Egidio Miragoli, vescovo di Mondovì, (don Egidio per gli amici …) celebrerà la S. Messa nella Festa della Sacra Famiglia domenica 26 dicembre alle ore 10.00, presso la chiesa del Sacro Cuore.

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Alessandro Beltrami

La Madonna del bucato

Di dipinti, sculture, disegni dedicati alla Natività o alla famiglia di Nazaret raccolta attorno al piccolo Gesù ce n’è una vera infinità, ma se provassimo a catalogarle scopriremmo che le “tipologie” si riducono a una manciata. C’è un dipinto, però, che è quasi unico. È una Sacra Famiglia dipinta da Lucio Massari nel 1620, nota come “Madonna del bucato”. La picco-

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la tela (è alta poco più di 50 cm e larga meno di 40) è conservata agli Uffizi di Firenze. Un’immagine destinata alla devozione privata, dunque, ed è difficile immaginarla come grande pala d’altare. In una valle boscosa vediamo Maria, Giuseppe e Gesù lavare e stendere i panni. Maria è china sopra l’asse disposta sopra un piccolo fosso, con le maniche tirate su fino ai gomiti, mentre piega e strofina


un lenzuolo. È la prima volta – e forse anche l’ultima – che in un dipinto la vediamo così affaticata. L’immagine di profilo rimanda all’arte classica e a Raffaello (Lucio Massari era un pittore bolognese cresciuto alla scuola di Annibale Carracci, il campione del classicismo tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento) ma i dettagli sono di un realismo inatteso, come il velo girato dietro all’orecchio come per impedire che cada davanti al viso. A sinistra Giuseppe appende il bucato ad asciugare. A destra Gesù – bambino sì, ma grandicello: ci troviamo nel viaggio di ritorno dall’Egitto? – armeggia con lenzuolo un po’ troppo grande. I bagliori dietro il capo ci ricordano che è Dio, ma la sua natura umana – a differenza di tante rappresentazioni di Cristo fanciullo - qui è piena, persino “intatta”. Spesso le immagini dell’infanzia di Gesù presentano rimandi alla vita adulta, in particolare alla passione. Il lenzuolo con cui armeggia Gesù potrebbe rinviare al sudario. Ma quello non viene lavato. Qui, in particolare, troviamo un mastello e un panno bianco: non è improbabile che l’artista abbia voluto rievocare la lavanda dei piedi, ossia il momento in cui la regalità di Cristo si manifesta come servizio, proprio come il bambino aiuta i genitori nel lavoro domestico. «Chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti

non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Marco 10,43-45). Per scelta di Giovanni XXIII la Chiesa dedica alla Sacra Famiglia la prima domenica dopo il Natale. Dopo la meraviglia, la quotidianità: che spesso è difficile e faticosa. Questa immagine non tace difficoltà e fatiche, ma mostra anche la strada per superarle e per questo appare una delle “icone” più belle della Sacra Famiglia – soggetto non di rado ritratto in modo zuccheroso. È una famiglia liberata dall’idealizzazione che la schiaccia in una dimensione senza corpo: qui è certamente sacra perché finalmente vera. Se la Sacra Famiglia è un modello per la Chiesa, è difficile non pensare qui alla “Chiesa del grembiule” di don Tonino Bello: una Chiesa finalmente libera, internamente ed esternamente, povera, serva, non più schiava dell’immagine e della nostalgia di una regalità – per usare un termine frequente nei discorsi di papa Francesco – “mondana”. Il 2022 vedrà celebrato a Roma (e in tutto il mondo) il decimo Incontro mondiale delle Famiglie. In un periodo così difficile per la famiglia e con un appuntamento così ricco all’orizzonte, tenere ogni tanto la Madonna del bucato di Lucio Massari davanti agli occhi può essere davvero un piccolo, proficuo esercizio spirituale.

Piccolo artista cercasi La Scuola Media don Milani ci ha trasmesso un paio di piccole opere d’arte raffiguranti la chiesa parrocchiale, eseguite da uno studente purtroppo sconosciuto. Qui a lato ne riportiamo una. L’opera si distingue per l’originale uso dei colori ed il perfetto controllo delle proporzioni e della prospettiva. Ma ci piacerebbe sapere chi è l’anonimo autore: chissà se si farà avanti!

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Federico Gaudenzi

Voci dal Sinodo

Un confronto positivo perché si discute con franchezza

Il parallelismo tra l’enciclica Laudato Si’ e l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è sintomo della sintonia che Chiesa e società laica possono trovare per promuovere il bene comune. A proporlo è stata Luisella Lunghi, presidente del Centro Servizi Volontariato Lombardia Sud, che è intervenuta in apertura della terza sessione sinodale, offrendo un contributo di riflessione prima della discussione nel merito dei tre capitoli oggetto di approfondimento in cattedrale. «C’è un terreno comune su cui innestare il dialogo» ha affermato Lunghi, citando anche lo Strumento di Lavoro del Sinodo diocesano, che più

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volte fa riferimento alla necessità del “dialogo”. «La Laudato Si’ – ha aggiunto -, dal mio punto di osservazione, è stata percepita dalla società civile come bussola e approdo per orientare comportamenti, sensibilizzare le nuove generazioni, lavorare per l’avvenire, e ha lasciato frutti positivi: la nascita delle Comunità Laudato Si’, l’Economy of Francesco, le comunità energetiche». Ma ora, secondo Lunghi, è necessario passare «dalla consapevolezza all’azione», a partire dai giovani, che «sicuramente hanno qualcosa da proporre e un sentiero da tracciare». Questa urgenza, e l’appello all’ascolto dei giovani


trova concretezza anche nell’assemblea sinodale, che si sta interrogando su questi temi e, soprattutto, ha coinvolto diversi ragazzi, come Riccardo Savaré e Benedetta Forti, entrambi diciannovenni: «Quando mi è stato proposto di far parte del Sinodo – ha commentato Benedetta Forti -, non me l’aspettavo proprio. Però ho subito accettato, perché volevo partecipare attivamente al cambiamento della nostra Chiesa, con senso di responsabilità. Sia nella fase preparatoria che nelle sessioni sinodali ho trovato un confronto aperto e libero, teso ad affrontare le sfide del presente, e a immaginare nuovi orizzonti per il futuro». «Il Sinodo è un’occasione – ha aggiunto Riccardo Savaré – per far sentire la voce dei giovani, credo che il nostro compito sia quello di rappresentare questa voce, e non possiamo sottrarci». E se forse la dimensione plenaria dell’assemblea, con centosessanta persone riunite in cattedrale, poteva scoraggiare alcune voci, secondo Savaré «la possibilità di lavorare nei gruppi ristretti ci ha dato più coraggio». «La maggior parte del lavoro, probabilmente, è stato fatto nei gruppi di lavoro – ha confermato Carlo Barbati -, e bisogna anche fare un plauso alla segreteria, che in pochissimo tempo ci ha messo a disposizione il documento aggiornato. Leggendo il nuovo testo, ho notato che effettiva-

mente i suggerimenti sono stati accolti e ci sono delle modifiche anche importanti, segno che il Sinodo è una reale occasione di confronto, e non un pro forma. Abbiamo cercato di limare, di chiarire, di integrare il testo, per capire come la Chiesa può essere utile al nostro tempo». Della stessa idea anche don Stefano Cantoni, che spiega: «Dobbiamo cercare di affrontare nel migliore dei modi le sfide della contemporaneità. Il punto di partenza è l’ascolto. La Chiesa deve ascoltare lo Spirito Santo, ma lo Spirito spesso per parlarci utilizza delle voci inaspettate». Voci inaspettate, voci che possono essere critiche, scomode, voci che chiamano a sconvolgere i propri preconcetti: «Credo che finora il confronto sia stato molto positivo proprio perché si è parlato con franchezza, senza ostacoli all’espressione del pensiero di ciascuno. Sono emerse anche le difficoltà, come è giusto». L’importante è affrontare anche le difficoltà insieme, come hanno confermato suor Ada Rita Rasero e suor Daniela Contarin, Figlie dell’Oratorio: «Stiamo davvero vivendo questo Sinodo in un clima di condivisione, secondo un “fare insieme” che è guidato dallo Spirito Santo, che sta parlando con semplicità a favore di tutta la Chiesa lodigiana, sollecitata a far vivere la fede nella condivisione».

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Voci dal Sinodo

Facciamo il Sinodo

L’esperienza dei ragazzi di quinta eleentare La parola “Progetto” è il filo conduttore che ci sta accompagnando nel cammino di quest’anno. In questa prima parte dell’anno abbiamo riflettuto insieme su alcuni tipi di progetto a noi più vicini come, ad esempio, quello dell’amore dei nostri genitori per noi, o l’amore verso il prossimo così come viene vissuto dalla nostra Caritas parrocchiale (che abbiamo anche visitato nel mese di ottobre). Abbiamo perciò voluto anche noi provare a fare un nostro progetto tutti insieme. Un progetto tutto nostro, tutto speciale, un progetto per il nostro gruppo! Ma come fare? Che metodo seguire? Ciò che la Chiesa sta vivendo in questo tempo ce lo ha suggerito: facciamo il Sinodo! A questo punto si è ufficialmente aperto il “Sinodo del gruppo” (gruppo, a cui in ultimo, abbiamo anche dato uno “strampalato” nome). Per prima cosa abbiamo provato a capire chi siamo rispondendo a una serie di domande riguardanti la nostra esperienza e le nostre relazioni esprimendo liberamente i punti forti, le difficoltà, le aspettative. Ci siamo divertiti esaminando le risposte e riflettendo insieme per scoprire che alla fine tutti desideriamo le stesse cose: l’armonia, l’allegria, il rispetto, l’accoglienza, le esperienze sul campo, la condivisione di tempo e occasioni. Abbiamo davvero tanta voglia di fare insieme! Così abbiamo elaborato il nostro progetto di gruppo. Siamo partiti da alcuni punti fermi e da nuove consapevolezze e abbiamo delineato obiettivi (soprattutto quello di conoscere di più e “vivere” la nostra parrocchia) e, perché no, anche sogni (come quello di una bella gita tutti insieme). Non poteva mancare un vero e proprio documento sinodale stilato su un colorato cartellone. “Fare il sinodo” ci ha fatto sperimentare che “camminare insieme” è il modo migliore per vivere l’esperienza della comunità a partire dal nostro gruppo di catechismo, dove ciascuno è unico, dove tutti hanno un contributo importante da

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dare e dove la partecipazione, la condivisione, il confronto e la collaborazione sono gli strumenti più efficaci per superare le fatiche e raggiungere il bene di tutti!


Un atto d’amore

Un intervento di Papa Francesco sulla vaccinazione In un videomessaggio per le popolazioni dell’America Latina, Francesco invita alla vaccinazione contro il coronavirus: un gesto semplice ma profondo per un futuro migliore. Gli fanno eco presuli dal Nord al Sud del continente: bisogna essere responsabili del bene comune, perché siamo un’unica famiglia Che la salute sia un diritto di tutti e che per tutti debba essere tutelato è stato più volte ribadito da Papa Francesco. Così come le sue parole si sono più volte tradotte in gesti concreti di aiuto, soprattutto verso i Paesi più colpiti dalla pandemia e con meno mezzi, attraverso l’invio di materiale sanitario e fondi. Peraltro, a fine maggio, la vaccinazione anti-Covid19 in Vaticano si è conclusa proprio con la somministrazione del farmaco a 300 persone vulnerabili e povere. La voce del Papa ha sempre invitato - anche sottolineando l’opportunità di sospendere per le case farmaceutiche i brevetti - ad accogliere l’immunizzazione estensiva come un bene comune universale. Oggi il Pontefice torna nuovamente sul tema, stavolta appellandosi alle coscienze di ciascuno, con un videomessaggio in cui auspica un atteggiamento responsabile per fronteggiare insieme la pandemia.

Con spirito fraterno, mi unisco a questo messaggio di speranza in un futuro più luminoso. Grazie a Dio e al lavoro di molti, oggi abbiamo vaccini per proteggerci dal Covid-19. Questi danno la speranza di porre fine alla pandemia, ma solo se sono disponibili per tutti e se collaboriamo gli uni con gli altri. Il Papa invita a considerare l’amore come un prisma che riflette la luminosità di gesti ritenuti anche di piccola entità e che invece hanno ricadute universali. Vaccinarsi, con vaccini autorizzati dalle autorità competenti, è un atto di amore. E contribuire a far sì che la maggior parte della gente si vaccini è un atto di amore. Amore per sé stessi, amore per familiari e amici, amore per tutti i popoli. L’amore è anche sociale e politico, c’è amore sociale e amore politico, è universale, sempre traboccante di piccoli gesti di carità personale capaci di trasformare e migliorare le società. Il grazie e la benedizione di Francesco si intrecciano con l’invito a compiere un gesto che paragona a un granello di sabbia.

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Vaccinarsi è un atto d’amore Tutti possono, con la vaccinazione, cooperare a un futuro migliore: Vaccinarci è un modo semplice ma profondo di promuovere il bene comune e di prenderci cura gli uni degli altri, specialmente dei più vulnerabili. Chiedo a Dio che ognuno possa contribuire con il suo piccolo granello di sabbia, il suo piccolo gesto di amore. Per quanto piccolo sia, l’amore è sempre grande. Contribuire con questi piccoli gesti per un futuro migliore.

Gli appelli congiunti dei presuli latinoamericani

All’appello del Papa fanno eco le voci di diversi porporati della Regione, unanimi nel ricordare la necessità della vaccinazione contro il coronavirus. Il messicano José Horacio Gómez, presidente dei vescovi degli Stati Uniti, si augura che con l’aiuto della fede le persone siano capaci di affrontare i rischi della pandemia e che potremo vaccinarci tutti. Carlos Aguiar Retes, arcivescovo di Città del Messico, invoca il ricorso alla vaccinazione dal Nord al Sud del continente poiché - afferma - siamo tutti interconnessi e la speranza deve essere senza esclusione. Il cardinale Hummes, dal Brasile, si fa portavoce delle stesse parole del Papa: vaccinarsi è un atto d’amore per tutti e precisa che gli sforzi eroici del personale sanitario hanno prodotto vaccini sicuri ed efficaci per tutta la famiglia umana. Di “responsabilità morale per tutta la comunità” parla il cardinale salvadoregno Rosa Chavez: “La nostra scelta di vaccinarci influenza gli altri.” Anche il cardinale honduregno Óscar Rodríguez Maradiaga fa sentire il suo appoggio alla campagna di sensibilizzazione: “Abbiamo ancora da conoscere in merito al virus ma una cosa è vera: i vaccini autorizzati funzionano e salvano la vita, sono una chiave per un risanamento personale e universale”. Dal Perù, monsignor Miguel Cabrejos, presidente del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), si appella all’unità e torna sull’aspetto di protezione della nostra salute integrale invitando a vaccinarsi perché “la vaccinazione è sicura ed efficace”. Da “Avvenire”.

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Il programma della Catechesi Cittadina 2021-22 proporrà tematiche fondamentali e al tempo stesso attuali per la vita cristiana. Di seguito ai Vizi e alle Virtù Cardinali, proposto lo scorso anno, resta del tutto aperto quello delle Virtù Teologali – Fede, Speranza, Carità. Sarà declinato privilegiando la Speranza, stante l’inerte, regressiva e preoccupante situazione attuale su cui incombe un vero e proprio tramonto del futuro, o addirittura un avvenire dagli scenari particolarmente cupi. Provando a raccogliere dunque l’imperativo di Pietro apostolo – «non turbatevi, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi!» (1Pt 3,14-15) – ecco che il titolo potrebbe suonare più o meno: «Futuro al tramonto? Ragioni per ben sperare, credere e operare». Non si parlerà quindi solo di Speranza, ma naturalmente anche di Fede e Carità, che potremo inquadrare in prospettiva di Speranza e di speranze, tenendo presente la bella parola che Charles Péguy – ne “Il Portico delle Virtù” – osa mettere in bocca a Dio in persona: «Ciò che mi sorprende – dice Dio – è la Speranza. E non so darmene ragione. Questa piccola speranza che sembra una cosina da nulla. Questa speranza bambina. Immortale. Le tre virtù mie creature. Sono anche loro come le altre mie creature. Della razza degli uomini. La Fede è una Sposa fedele. La Carità è una Madre. Una madre ardente. O una sorella maggiore che è come una madre. La Speranza è una bambina insignificante venuta al mondo il giorno di Natale dell’anno scorso. Ma è proprio questa bambina che attraverserà i mondi. Lei sola, portando gli altri, che attraverserà i mondi passati. Come la stella ha guidato i tre re dal più remoto oriente verso la culla di mio figlio. Lei sola guiderà le Virtù e i Mondi. Una fiamma squarcerà delle tenebre eterne. La piccola speranza avanza fra le due sorelle maggiori ed è lei a far camminar le altre due. E a trascinarle, E a far camminare tutti quanti, E a trascinarli. Perché si lavora sempre solo per i bambini. E le due grandi camminano solo per la piccola».


Futuro al tramonto?

Ragioni per ben sperare, credere e operare: la proposta della catechesi cittadina 2021-22 Questo il calendario degli incontri che si terranno presso l’Aula Magna del Collegio Vescovile di via Legnano 24 alle ore 20.45.

Martedì 12.10.2021

«Sentinella – quanto resta della notte?» (Is 21,12). Abitare le notti scrutando l’alba Prof. Elena Bulzi, ISSR S. Agostino (Crema)

Martedì 16.11.2021

Dentro e fuori dalla chiesa – Voci nostre e non per sperare e credere Don Emanuele Campagnoli – Seminario di Lodi e ISSR S. Agostino (Crema)

Martedì 14.12.2021

Globalizzazione e automazione – tramonto per l’occupazione? Quale speranza per i giovani in un mondo globale Prof. Chiara Giaccardi – Università Cattolica

Martedì 25.01.2022

Perché la carità non si raffreddi – verso i vicini come verso i lontani Don Davide Scalmanini – ISSR S. Agostino (Cre-

ma), già Direttore Caritas (Lodi)

Martedì 08.03.2022

Immagini di arte quali fonti di speranza Don Franco Anelli – Seminario di Lodi e ISSR Sant’Agostino di Crema e Prof. Marina Bussi – Liceo Artistico di Lodi

Martedì 19.04.2022

Restituire un pianeta abitabile – pratiche di conversione ecologica Don Attilio Mazzoni – Seminario di Lodi e ISSR Sant’Agostino (Crema)

Martedì 17.05.2022

Sappiamo guardare al futuro? Segni dei tempi che nutrono speranza Don Attilio Mazzoni – Seminario di Lodi e ISSR Sant’Agostino (Crema)

Martedì 07.06.2022

«Amen! Vieni – Signore Gesù!” (Ap 22,20). La liturgia come fonte di speranza Don Anselmo Morandi – Rettore e Docente del Seminario di Lodi

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Custodire ogni vita

La 44esima Giornata per la Vita Al di là di ogni illusione di onnipotenza e autosufficienza, la pandemia ha messo in luce numerose fragilità a livello personale, comunitario e sociale. Non si è trattato quasi mai di fenomeni nuovi; ne emerge però con rinnovata consapevolezza l’evidenza che la vita ha bisogno di essere custodita. Abbiamo capito che nessuno può bastare a sé stesso: “La lezione della recente pandemia, se vogliamo essere onesti, è la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti. Ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme” (Papa Francesco, Omelia, 20 ottobre 2020). Ciascuno ha bisogno che qualcun altro si prenda cura di lui, che custodisca la sua vita dal male, dal bisogno, dalla solitudine, dalla disperazione. Questo è vero per tutti, ma riguarda in maniera particolare le categorie più deboli, che nella pandemia hanno sofferto di più e che porteranno più a lungo di altre il peso delle conseguenze che tale fenomeno sta comportando. Il nostro pensiero va innanzitutto alle nuove generazioni e agli anziani. Le prime, pur risultando tra quelle meno colpite dal virus, hanno subito importanti contraccolpi psicologici, con l’aumento esponenziale di diversi disturbi della crescita; molti adolescenti e giovani, inoltre, non riescono tuttora

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a guardare con fiducia al proprio futuro. Anche le giovani famiglie hanno avuto ripercussioni negative dalla crisi pandemica, come dimostra l’ulteriore picco della denatalità raggiunto nel 2020-2021, segno evidente di crescente incertezza. Tra le persone anziane, vittime in gran numero del Covid-19, non poche si trovano ancora oggi in una condizione di solitudine e paura, faticando a ritrovare motivazioni ed energie per uscire di casa e ristabilire relazioni aperte con gli altri. Quelle poi che vivono una situazione di infermità subiscono un isolamento anche maggiore, nel quale diventa più difficile affrontare con serenità la vecchiaia. Nelle strutture residenziali le precauzioni adottate per preservare gli ospiti dal contagio hanno comportato notevoli limitazioni alle relazioni, che solo ora si vanno progressivamente ripristinando. Anche le fragilità sociali sono state acuite, con l’aumento delle famiglie – specialmente giovani e numerose - in situazione di povertà assoluta, della disoccupazione e del precariato, della conflittualità domestica. Il Rapporto 2021 di Caritas italiana ha rilevato quasi mezzo milione di nuovi poveri, tra cui emergono donne e giovani, e la presenza di inedite forme di disagio, non tutte legate a fattori economici. Se poi il nostro sguardo si allarga, non possiamo


Centro Aiuto alla Vita - Lodi via Secondo Cremonesi, 4 26900 Lodi (LO) Orari di apertura Giovedì: 9.30 – 11.30 Venerdì: 9.30 – 11.30 Sabato: 15.30 – 17.30 Colloqui: mercoledì pomeriggio su appuntamento telefonico (348 982 8647) fare a meno di notare che, come sempre accade, le conseguenze della pandemia sono ancora più gravi nei popoli poveri, ancora assai lontani dal livello di profilassi raggiunto nei Paesi ricchi grazie alla vaccinazione di massa. Dinanzi a tale situazione, Papa Francesco ci ha offerto San Giuseppe come modello di coloro che si impegnano nel custodire la vita: “Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà” (Patris Corde). Nelle diverse circostanze della sua vicenda familiare, egli costantemente e in molti modi si prende cura delle persone che ha intorno, in obbedienza al volere di Dio. Pur rimanendo nell’ombra, svolge un’azione decisiva nella storia della salvezza, tanto da essere invocato come custode e patrono della Chiesa. Sin dai primi giorni della pandemia moltissime persone si sono impegnate a custodire ogni vita, sia nell’esercizio della professione, sia nelle diverse espressioni del volontariato, sia nelle forme semplici del vicinato solidale. Alcuni hanno pagato un prezzo molto alto per la loro generosa dedizione. A tutti va la nostra gratitudine e il nostro incoraggia-

mento: sono loro la parte migliore della Chiesa e del Paese; a loro è legata la speranza di una ripartenza che ci renda davvero migliori. Non sono mancate, tuttavia, manifestazioni di egoismo, indifferenza e irresponsabilità, caratterizzate spesso da una malintesa affermazione di libertà e da una distorta concezione dei diritti. Molto spesso si è trattato di persone comprensibilmente impaurite e confuse, anch’esse in fondo vittime della pandemia; in altri casi, però, tali comportamenti e discorsi hanno espresso una visione della persona umana e dei rapporti sociali assai lontana dal Vangelo e dallo spirito della Costituzione. Anche la riaffermazione del “diritto all’aborto” e la prospettiva di un referendum per depenalizzare l’omicidio del consenziente vanno nella medesima direzione. “Senza voler entrare nelle importanti questioni giuridiche implicate, è necessario ribadire che non vi è espressione di compassione nell’aiutare a morire, ma il prevalere di una concezione antropologica e nichilista in cui non trovano più spazio né la speranza né le relazioni interpersonali. […] Chi soffre va accompagnato e aiutato a ritrovare ragioni di vita; occorre chiedere l’applicazione della legge sulle cure palliative e la terapia del dolore” (Card. G. Bassetti, Introduzione ai lavori del Consiglio Episcopale Permanente, 27 settembre 2021). Il vero diritto da rivendicare è quello che ogni vita, terminale o nascente, sia adeguatamente custodita. Mettere termine a un’esistenza non è mai una vittoria, né della libertà, né dell’umanità, né della democrazia: è quasi sempre il tragico esito di persone lasciate sole con i loro problemi e la loro disperazione. La risposta che ogni vita fragile silenziosamente sollecita è quella della custodia. Come comunità cristiana facciamo continuamente l’esperienza che quando una persona è accolta, accompagnata, sostenuta, incoraggiata, ogni problema può essere superato o comunque fronteggiato con coraggio e speranza. Le persone, le famiglie, le comunità e le istituzioni non si sottraggano a questo compito, imboccando ipocrite scorciatoie, ma si impegnino sempre più seriamente a custodire ogni vita. Potremo così affermare che la lezione della pandemia non sarà andata sprecata.

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Officine 21

Inaugurato lo spazio a supporto di minori e famiglie in difficoltà

Sabato 20 novembre Stefano Taravella e Lucrezia Greco della cooperativa sociale “Il Mosaico servizi”, alla presenza di don Elia, don Roberto e di diversi parrocchiani, tra i quali membri del Consiglio Pastorale e Affari Economici, del sindaco Sara Casanova e dell’assessore ai servizi sociali Maria Grazia Sobacchi, hanno inaugurato “Officine 21”: una seconda “casa” dedicata ai minori in situazioni di fragilità e alle loro famiglie, dove troveranno ascolto e tante opportunità di crescita verso un futuro migliore. Il progetto, finanziato grazie al contributo de L’Erbolario e il consorzio Lodi Export, ha visto la ristrutturazione dei locali di via Salvemini che la parrocchia di San Fereolo ha ceduto in comodato d’uso gratuito alla cooperativa sociale “Mosaico Servizi” ed ora, a tutti gli effetti, a disposizione della comunità. Di seguito il comunicato della Cooperativa Il Mosaico. Siamo lieti di annunciare il supporto della Parrocchia dei Santi Bassiano e Fereolo ad un nuovo, importante progetto della cooperativa sociale Il Mosaico Servizi, fra le principali realtà no-profit della Provincia di Lodi per il sostegno a persone con disabilità, anziani, minori e famiglie. Il drammatico periodo pandemico che stiamo ancora vivendo ha moltiplicato i problemi di parecchi nuclei familiari: le conseguenze per i singoli e i costi per l’intera società sono chiaramente testimoniati dai dati relativi ad abusi, violenza domestica, maltrattamenti, abbandono scolastico, isolamento sociale, cyberbullismo e altri comportamenti a rischio. Ecco perché Il Mosaico Servizi sta attivando a Lodi, proprio nel nostro quartiere in via Salvemini 5, Officine 21: un luogo in cui curare e soprattutto prevenire sul campo in maniera concreta e quotidiana, a cui avranno accesso minori in difficoltà insieme alle loro famiglie, con il supporto di

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un’équipe specializzata di educatori e psicologi. I locali di Officine21 sono stati concessi gratuitamente dalla Parrocchia, ed ora è in corso l’allestimento per l’apertura del nuovo centro e per l’avvio dell’attività: le principali voci di costo sono rappresentate dalla ristrutturazione dei locali, dall’arredamento e dal pulmino per il trasporto di bambini e ragazzi. Ritenendo che non debbano essere sempre “gli altri” ad occuparsi dei problemi della comunità di cui tutti facciamo parte, vi rivolgiamo un caldo invito a contribuire al progetto con un aiuto concreto, e magari a diffondere il progetto presso i vostri conoscenti. È possibile contribuire tramite web sulla piattaforma Produzioni dal basso: basta cercare su Google “Officine21 Produzioni dal basso”, oppure accedere al link diretto https://sostieni. link/29234 e donare tramite bonifico, carta di credito o Paypal. Nelle foto: la cerimonia di inaugurazione.

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La fidanzata beata

La beatificazione di Sandra Sabattini Sandra Sabattini nacque a Riccione, in provincia e diocesi di Rimini, il 19 agosto 1961. Da quando aveva quattro anni, con i genitori e il fratello minore, visse nella canonica di suo zio, don Giuseppe Bonini. A dodici anni fece il suo primo incontro con don Oreste Benzi, parroco a La Resurrezione di Rimini e fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII. Sul suo esempio, anche lei scelse di condividere la vita con persone con gravi disabilità e tossicodipendenti. Anche per questa ragione, dopo la maturità scientifica, s’iscrisse alla facoltà di Medicina dell’università di Bologna. Durante una festa di Carnevale, incontrò Guido Rossi, l’amore della sua vita: entrambi vissero in maniera casta il loro fidanzamento, in attesa di sposarsi. La mattina del 29 aprile 1984, mentre scendeva dall’auto per partecipare con il fidanzato e un amico all’Assemblea generale della Comunità a Igea Marina, venne travolta da un’altra auto. Ricoverata all’ospedale Bellaria di Bologna, morì dopo tre giorni di coma, il 2 maggio 1984, a 23 anni non ancora compiuti. Don Benzi la indicò subito come modello, non solo per i giovani della sua Comunità. Sandra è stata beatificata il 24 ottobre 2021 nella cattedrale di Rimini. La sua memoria liturgica cade il 4 maggio. Di seguito l’omelia di Mons. Semeraro nella beatificazione di Sandra Sabattini.

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Tra i racconti dei chassidim narrati da Martin Buber ce n’è uno che riguarda Moshe Löb di Sasow, uno dei primi rabbini della tradizione polacca. Dice: «Come bisogna amare gli uomini, l’ho imparato da un contadino. Questi sedeva in una mescita con altri contadini e beveva. Tacque a lungo come tutti gli altri, ma quando il cuore fu mosso dal vino, si rivolse al suo vicino dicendo: “Dimmi tu, mi ami, o non mi ami?”. Quello rispose: “Io ti amo molto”. Ma egli disse ancora: “Tu dici: io ti amo e non sai cosa mi affligge. Se tu mi amassi in verità, lo sapresti”. L’altro non seppe che rispondere, e anche il contadino che aveva fatto la domanda tacque come prima. Ma io compresi: questo è l’amore per gli uomini, sentire di che cosa hanno bisogno e portare la loro pena». Ho iniziato la mia omelia con questa storia per due ragioni. La prima è perché oggi, nella proclamazione della Parola di Dio, abbiamo ascoltato il meraviglioso Inno all’amore di san Paolo: un testo che pure stilisticamente è ai vertici della letteratura religiosa antica. L’altra ragione sta nel fatto che in una esperienza analoga possiamo riconoscere anche il cammino spirituale percorso da Sandra Sabattini, la giovane che da oggi la Chiesa onora come beata. Quando, a 13 anni, cominciò a


frequentare la «Comunità Papa Giovanni XXIII» fondata dal Servo di Dio don Oreste Benzi, alla sua mamma, riferendosi all’esperienza vissuta coi ragazzi disabili, confidò: «Ci siamo spezzate le ossa, ma quella è gente che io non abbandonerò mai». Era solo un inizio. In Sandra, come ha annotato il vostro vescovo Francesco Lambiasi, «Il desiderio di servire i poveri non scattava da una semplice spinta emotiva a fare beneficenza, ma scaturiva da una sorgente spirituale: l’amore di Dio. Man mano che il suo cuore si immergeva nel mare – senza fondo e senza sponde – dello sconfinato amore di Dio per i poveri, sperimentava che la vera soluzione di ogni problema è la risurrezione di Gesù, unica autentica proposta di liberazione». Dicevo dell’Inno alla carità. Nel suo svolgimento l’apostolo offre alcuni confronti che ci permettono di scoprire l’eccellenza dell’amore, che ha la capacità di aprirci al vero senso di tutti i doni, anche i più eclatanti, magniloquenti e appariscenti: la glossolalia, ossia le lingue degli angeli e degli uomini; la profezia, cioè la conoscenza dei misteri; la fede taumaturgica, ovvero capace di compiere opere di bene che lasciano stupiti… Tutto è qualificato e misurato dalla carità. Se non l’avessi, scrive san Paolo «sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita». «Gran cosa è la carità – commentava sant’Agostino – che se manca è inutile tutto il resto; se c’è tutto diventa utile». Per altro verso l’Apostolo ci presenta alcune caratteristiche della carità: è magnanima, benevola… lo abbiamo ascoltato. Ben quindici verbi per dircene la qualità; più del doppio dei colori che la scienza riconosce nell’arcobaleno e delle note nella scala musicale. E Sandra, il linguaggio dell’amore – con i suoi colori e la sua musica –l’ha appreso molto bene. Sotto questo aspetto è stata un’autentica artista. È stata una santità, la sua, vissuta in tutti gli ambiti della propria vita, nell’aprirsi alla condivisione con gli ultimi, nel mettere al servizio di

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La fidanzata beata Dio tutta la sua giovane esistenza terrena, fatta di entusiasmo, semplicità e una grande fede. È stato rilevato pure che Sandra è la prima fidanzata santa ammessa agli onori degli altari! Su lei, il suo papà, Giuseppe, ha offerto questa testimonianza: «Incominciai a vedere mia figlia capace di una attenzione verso gli altri che sorprese me e mia moglie quando per esempio notammo che di nascosto dava dei soldi presi dal suo stipendio lavorativo ai bisognosi che bussavano alla nostra porta. Ho visto Sandra donare anche degli indumenti a chi gliene faceva richiesta, a volte erano suoi, a volte riusciva a procurarli [...]. Mia figlia non offriva solo aiuto materiale ma donava a chi ne aveva bisogno l’accoglienza senza giudizio perché desiderava comunicare l’amore del Signore». Leggendo le pagine del suo Diario ci è facile scoprire quanto, in Sandra, la carità sia stata creativa e concreta, attenta al dramma della povertà e considerata come strada verso la santità: «Povertà è povertà, e non è sufficiente fare il voto di povertà per essere poveri in spirito. Se veramente amo, come posso sopportare che un terzo dell’umanità muoia di fame, mentre io conservo la mia sicurezza e stabilità economica? Facendo così, sarò un buon cristiano, ma non certamente un santo ed oggi c’è inflazione di buoni cristiani, mentre il mondo ha bisogno di santi» (Diario, 4 marzo 1983).

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Il prossimo 14 novembre noi celebreremo la quinta Giornata Mondiale dei Poveri. Nel suo Messaggio per quest’occasione Papa Francesco ha scritto: «Non possiamo attendere che [i poveri] bussino alla nostra porta, è urgente che li raggiungiamo nelle loro case, negli ospedali e nelle residenze di assistenza, per le strade e negli angoli bui dove a volte si nascondono, nei centri di rifugio e di accoglienza… È importante capire come si sentono, cosa provano e quali desideri hanno nel cuore». È un po’ quello che diceva il rabbino chassidico che ho citato all’inizio: amare qualcuno è sentire di cosa ha bisogno e portare la sua pena. Sandra, a sua volta, nel suo diario spirituale, alla data del 7 settembre 1982 ha lasciato scritto questa preghiera: «Signore, fa’ che ogni mia azione sia determinata dal fatto di volere il bene dei ragazzi, ogni minuto è un’occasione d’amore da prendere al volo». Ed io, considerando queste parole, ripenso a quanto scriveva san Bernardo nei suoi Discorsi sul Cantico dei cantici: «Dovunque parla l’amore». Aggiungeva che se qualcuno vuole comprenderne il linguaggio, deve necessariamente amare. Come chi non conosce una lingua non può comprendere chi la parla, «così la lingua dell’amore, a colui che non ama sarà una lingua barbara, e come un bronzo che risuona e un cembalo tintinnante».


Ettore Penza

Sulle orme di San Domenico Il nostro parrocchiano, Ettore Penza, ha fatto la professione semplice nell’Ordine dei Frati Predicatori (Domenicani), assumendo il nome di Fr. Benedetto.

Verità. Che bella questa parola. Sembra che sia scomparsa dal nostro vocabolario, dai nostri discorsi, oserei dire, anche dalle nostre omelie. Verità. Che bella parola. Eppure non interessa più. Basta osservare nei salotti televisivi quanto successo riscuotano i cosiddetti “opinionisti”. Il nostro tempo sembra aver fatto una scelta apparentemente vantaggiosa: ha preferito l’opinione rinunciando alla Verità. Tutti “vendono” le loro opinioni, tutti si sentono autorizzati a dire e a commentare qualsiasi cosa. Verità. Questa parola in realtà – lo sappiamo bene – per noi cattolici è molto di più, è una Persona: «Io sono la via, la verità e la vita». E poi Gesù continua: «Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me». (cf. Gv 14,6). Nessuno! Nessuno può fare a meno di passare dalla “porta di accesso” della salvezza, che è la Persona del Cristo. Cari amici di san Fereolo condivido con voi questo desiderio: giungere alla Salvezza, restando sempre in un cammino di ricerca che a volte non è lineare, può risultare impervio e tortuoso. Un po’ come il mio o come quello di tanti altri: l’oratorio fin da piccolo, la scuola, gli amici, poi il seminario, l’imprevedibile malattia, e poi lo smarrimento e la stanchezza che ti portano su sentieri inaspettati. Dopo il cammino in seminario e

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Sulle orme di San Domenico

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aver concluso almeno gli studi, ho dedicato qualche anno all’insegnamento che per quanto gratificante, mi ha comunque fatto capire che mancava qualcosa e che ho sempre avvertito come decisivo nella mia vita spirituale: appartenere completamente a Cristo e alla Chiesa per mettermi così a servizio di quella Verità intravista fin da giovanissimo. Qualsiasi cosa accada nella propria vita, occorre non rinunciare alla vocazione perché questa viene da Dio ed è un dono irrevocabile. Ricordo un intervento del nostro vescovo Maurizio ad alcuni giovani della nostra Diocesi ai quali disse di ricordare quattro parole importanti: Vivi, Credi, Ama, Sogna. Occorre vivere e quindi darsi una mossa, cercare! Occorre credere per librarsi oltre l’immanenza! Occorre anche amare e sognare per non accontentarsi di una esistenza nel segno della mediocrità. Dopo l’esperienza del seminario e l’inevitabile delusione di un cammino interrotto non è stato facile trovare un nuovo equilibrio e riprendere la gioia del cammino. Tuttavia, sono rimasto direi, ancorato alla Santa Chiesa anche nella tempesta. Attraverso questa fedeltà, che si declina, nella preghiera e un confronto o un dialogo spirituale con i sacerdoti che mi hanno accompagnato, si è aperta una nuova tappa della mia vita. Dal settembre 2019 ho iniziato il cammino sulle orme del Santo Padre Domenico nell’ordine religioso dei Frati Predicatori o Domenicani (Ordo Praedicatorum). Veritas ovvero Verità è proprio uno dei motti dell’Ordine fondato da San Domenico nel XIII sec. Questo grande santo anche se meno popolare di san Francesco si spese anima a corpo per la diffusione della retta dottrina, combattendo con forza contro l’eresia che imperversava nel suo tempo. Carisma di questo Ordine è la predicazione alla quale occorre prepararsi con uno studio assiduo e un tempo di contemplazione delle verità rivelate. Studio e preghiera non sono due aspetti concorrenziali ma vanno di pari passo. Come direbbe un bravo teologo, la vera teologia si fa in ginocchio. Anche il Papa Francesco ha ripreso questa felice espressione parlando del Papa emerito: «Ogni

volta che leggo le opere di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI mi diviene sempre più chiaro che egli ha fatto e fa “teologia in ginocchio”: in ginocchio perché, prima ancora che essere un grandissimo teologo e maestro della fede, si vede che è un uomo che veramente crede, che veramente prega; si vede che è un uomo che impersona la santità, un uomo di pace, un uomo di Dio. E così egli incarna esemplarmente il cuore di tutto l’agire sacerdotale: quel profondo radicamento in Dio senza il quale tutta la capacità organizzativa possibile e tutta la presunta superiorità intellettuale, tutto il denaro e il potere risultano inutili; egli incarna quel costante rapporto con il Signore Gesù senza il quale non è più vero niente, tutto diventa routine, i sacerdoti quasi stipendiati, i vescovi burocrati e la Chiesa non Chiesa di Cristo, ma un prodotto nostro, una Ong in fin dei conti superflua». Io personalmente – ma è solo la mia esperienza - nelle parrocchie in cui sono passato ho trovato questo pericolo, ovvero di diventare un prete burocrate, un prete preso da un attivismo che alla fine porta alla dispersione e al non senso. Nell’Ordine di San Domenico ho trovato la possibilità di realizzare meglio la mia vocazione. Dopo l’anno di prenoviziato e di noviziato sono stato ammesso alla prima professione religiosa (detta semplice) avvenuta lo scorso 4 settembre nella Basilica di Santa Maria delle Grazie di Milano. Con la professione ci si consacra totalmente a Dio. Si promette a Dio, alla Beata Vergine Maria, a San Domenico ed ai superiori dell’Ordine, una vita obbediente, casta e povera. Il fine di questa consacrazione religiosa è rendere maggior gloria a Dio, poi poter vivere santificando la propria vita ed esercitare un apostolato più perfetto. E così ora sono un frate, fra Benedetto! La mia formazione ora continua nel convento di Bologna. Continua la ricerca della Verità e la conformazione della mia vita ad essa. Non mi interessano le opinioni mi interessa la Verità che salva, che desidero diffondere nella mia vita. Grazie a tutti voi sanfereolini per la simpatia e l’amicizia! E come direbbe qualcuno: non dimenticatevi di pregare per me!

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Marco Moroni

La semplicità di una scelta

Il nostro parrocchiano, Marco Moroni, è stato ammesso tra i candidati al diaconato permanente. Noi accompagniamo con la preghiera il suo cammino di formazione. Penso che la nostra mente sia proprio speciale se, fateci caso, tutte le volte che ci troviamo davanti ad una scelta importante, ci riporta indietro nel tempo e ci fa rivivere ad uno ad uno tutti i momenti belli che in qualche modo con questa scelta hanno a che fare. È come se ci dicesse: “Su dai, datti una mossa, non vedi quante cose belle succedono se vai da quella parte?” Beh, è un po’ quello che mi sta capitando in questi mesi (tanti ad essere sincero) in cui ho deciso di fare una scelta e dare finalmente seguito ad un’idea che mi frullava da tantissimo tempo in testa. Ed eccoli lì, i tanti ricordi che mi passano ad uno

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ad uno davanti come se fosse ieri: gli incontri di catechesi fatti ancora sotto la vecchia chiesa del Sacro Cuore, gli incontri dell’ACR con i suoi mega convegni all’isola Carolina, le estati passate a fare l’animatore del Grest e ai campi scuola, le biciclettate, le castagnate, le feste di Carnevale e Capodanno in Oratorio, ma anche i ritiri, gli esercizi spirituali con le tanto attese adorazioni che, se volevi, ti davano la possibilità di metterti davanti al Signore in silenzio e abbandono per tutta la notte, le Giornate Mondiali della Gioventù, le serate in oratorio a cantare e a suonare una chitarra, i pellegrinaggi a piedi a Caravaggio, gli incontri di catechesi tenuti ai miei adorati adolescenti e tanto, tanto altro, soprattutto fatto nella semplicità del quotidiano. Insieme a questi ricordi, tutti i volti delle persone che con me hanno condiviso questi momenti e che tutti, ma proprio tutti, hanno lasciato un piccolo o grande segno (non li elenco per paura di dimenticarne qualcuno e anche perché altrimenti servirebbe un numero speciale del bollettino!!) a partire da tutti i don con cui ho condiviso e condivido tutt’ora la gioia e la fatica dell’impegno in Oratorio. Momenti e persone legati da un unico, indissolubile, lungo filo conduttore che si chiama gioia di condividere esperienze semplici in cui ci si sta bene; voglia di rispondere positivamente ad una chiamata al servizio che si sa, costa fatica, ma porta felicità; fatica di seguire strade forse non battute dalle masse ma che se percorse insieme alle persone a cui vuoi bene fanno meno paura; insomma, in una parola sola: Fede. La stessa fede che mi ha portato ormai oltre ventuno anni fa a costruire una splendida famiglia insieme ad Alessandra e che ci sostiene nel fati-


coso “mestiere” di genitori, anche se a dire il vero di Simone e Maddalena non ci si può proprio lamentare (dopo questa so già che sono rovinato e mi ricatteranno a vita!!!!) e che ancora oggi mi fa avere la voglia di impegnarmi in parrocchia e non solo (penso in particolare all’esperienza del Sinodo, prima nella commissione preparatoria e ora come sinodale). La stessa fede che, quando mi sembrava mancasse qualcosa, mi ha fatto alzare lo sguardo e mi ha fatto accorgere che in realtà, Qualcuno già, o forse sarebbe meglio dire ancora, mi stava guardando e aspettava solo che io alzassi gli occhi per dirmi: “Hai voglia di fare ancora un pezzettino di strada insieme a Me?” Ecco allora la semplicità di una scelta: intraprendere il cammino che mi porterà, spero tra qualche anno e dopo il necessario percorso di discernimento e formazione, al diaconato permanente, titolo che per molti può sembrare una via di mezzo tra un vice prete e un chierichetto un po’ più anziano, ma che in realtà vuol dire offrire la propria vita al servizio di Dio e della Chiesa, attraverso la proclamazione e predicazione della Parola e il servizio nella carità ai fratelli, il tutto nella quotidianità della propria vita. Semplicità non perché non sia una strada difficile, faticosa e piena di curve spesso a gomito, ma per-

Chi è il diacono permanente È un ministro ordinato e quindi fa parte del clero. Deve il suo nome al vocabolo “diaconia” che significa servizio. Il diaconato permanente, ossia non finalizzato al sacerdozio, è un ministero «della soglia» in quanto chi lo svolge è chiamato a stare fra il mondo e il sacro. Ecco perché nella Chiesa “in uscita”, cara a papa Francesco, il diacono può giocare un ruolo chiave. Il suo compito principale è quello di proclamare il Vangelo durante la Messa. Siamo, quindi, tenuti all’annuncio e l’identità diaconale si lega strettamente all’evangelizzazione. Poi c’è il compito di

ché penso che sia per me un compimento naturale di un percorso iniziato con il mio impegno in parrocchia tanti anni fa e che, con l’andare del tempo, prende sempre più forma e consapevolezza del bello che deriva dall’impegnarsi nel servizio agli altri e provare ad essere, nel quotidiano, testimoni credibili del Vangelo. Scelta che porta con sé interrogativi, paure e la giusta dose di ansia, ma ritengo che sia giusto così vista l’importanza della cosa. Sono altrettanto convinto possa realizzarsi a pieno grazie all’appoggio della mia famiglia, allo sguardo amorevole di mio papà e di tutte le persone care che mi proteggono da lassù, alla preghiera della mia comunità parrocchiale che sono sicuro non mi farà mancare il suo sostegno e, perché no, ad un tocco di sana follia perché se si è convinti di una cosa penso sia giusto anche trovare, ad un certo punto, il coraggio di buttarsi altrimenti si rischia poi di guardarsi indietro e vivere sempre e solo di rimpianti. Con queste poche righe spero di essere riuscito a spiegare il perché della mia scelta anche se riconosco che la scrittura non sia una delle mie qualità migliori, ma soprattutto spero di far venire voglia a qualcuno di guardare in alto e incrociare lo sguardo del Signore che, questa si è una certezza, sta aspettando solo noi. Buon cammino! “santificare”: il diacono amministra il Battesimo, distribuisce la Comunione, benedice il Matrimonio, preside le esequie. Si tratta di un servizio di prossimità. Inoltre il diacono è un «dispensatore della carità», come lo definiscono i vescovi italiani. Nelle comunità i diaconi animano il servizio della carità: non è un caso che in molte diocesi siano direttori delle Caritas locali. Fondamentale è anche lo stretto legame che hanno con il vescovo. Nel rito di ordinazione episcopale il Vangelo è posto sulla testa del vescovo, mentre nel rito di ordinazione diaconale è consegnato soltanto nelle mani. Questo significa che dobbiamo portare fra la gente la Parola seguendo il magistero dei nostri pastori.

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Fabio Abati

Sulla via Francigena Andare a Roma da Lodi, un po’ coi mezzi pubblici e molto a piedi, è una cosa che mi è servita. Alla fine, mentre nelle mie gambe si accumulavano più di 440 km percorsi (441,95 per l’esattezza), c’è sta-

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to modo di riflettere. Infatti penso abbia maggior peso la “strada” che la “meta”. Ma non mi si fraintenda, Roma è un qualcosa di mitico, di alto, di spirituale. “Ad limina Petri” (Al soglio di Pietro) viene scritto sul Testimonium, il documento consegnato ai pellegrini che dimostrino di aver percorso almeno cento chilometri prima di varcare il confine con la Città del Vaticano. Per cui arrivare in Basilica a San Pietro, dov’è la tomba del Primo Apostolo, è importante per un Cristiano. Ma oltre questo, c’è tutta la fatica spesa lungo il cammino; ci sono i sacrifici fatti per non cedere, i pensieri ed i ripensamenti e perché no, i calcoli necessari, indispensabili, a volte drastici, per mantenersi in forze. Ed è in quest’amalgama di


contorsioni fisico-mentali che sta la crescita. Una metafora di vita, come quando si deve rimediare ad uno sbaglio, per un piede messo in fallo; ma anche sentirsi bene per un successo, magari per un obiettivo inaspettatamente raggiunto, perché può anche capitare che la tua tappa sia proprio quella che vedi pochi chilometri più avanti, senza inganno di prospettiva o miraggio di vicinanza. Ebbene, all’arrivo trarrai pure le tue considerazioni, quelle definitive. Lungo la Via, invece, è il momento del confronto, del cercarsi ed eventualmente del ritrovarsi. Puoi iniziare facendoti delle domande, quindi supporre delle risposte che però rimarranno aleggianti, quasi indefiniti volatili in un cielo di contrasti. Sarà sulla strada che, piano piano, le cose si chiariranno. Parto da Lodi il 4 agosto. Ho la Via Francigena come faro. Il primo timbro sulla Credenziale del pellegrino lo metto in parrocchia e così campeggia, per iniziare, la scritta: “Santi Bassiano e Fereolo”. Ma arrivo a Parma in treno e faccio qualche chilometro ancora in pullman, per lasciarmi la pianura definitivamente alle spalle e salire in Appennino. La mia famiglia è originaria della montagna di Reggio Emilia e da lì voglio passare. Valico il confine con la Toscana al Passo del Cerreto e percorro il sentiero dei Ducati, prima, e poi la cosiddetta via di Linari, un percorso alternativo, con ospitale di monaci-soldati, quando la Cisa (oggi valico ufficiale della Francigena) attorno all’anno Mille era infestata di briganti e malfattori. Con la seconda tappa arrivo ad Aulla e da lì mi ricollego all’itinerario seguito mille anni fa da Sigerico di Canterbury, che lasciò il suo viaggio scritto su carta e che esattamente da vent’anni è rinato per moderni pellegrini, col contributo dell’Unione eu-

ropea e il lavoro di tanti volontari. Passo da Lucca, poi punto su San Miniato verso San Giminiano; quindi Siena e successivamente la Val D’Orcia. La tappa di Radicofani, in fondo alla Toscana, è la più dura coi suoi otto chilometri di salita sul finale e ombreggiatura scarsa. La faccio partendo alle 3 e 30 del mattino, quasi tutta al buio, così per “fregare” Lucifero, che per un cammino di pellegrinaggio è una gran cosa ma che in realtà è il nome dato alla bolla di calore che ha portato sulla Via punte di 40 gradi. Una volta nel Lazio ci si infila nel viterbese, si vola sulle coste del lago di Bolsena e a Montefiascone un cippo ricorda che si è a cento chilometri dalla Capitale. Dopo Sutri si entra nella provincia di Roma e in città finalmente arrivo il 20 di agosto. Ho scoperto che ognuno interpreta il cammino come meglio crede. Ci sono i “puristi”, che mai userebbero altro oltre le proprie gambe e pellegrini più “opportunisti”, in bici, a cavallo, che chiamano il servizio taxi o che fanno qualche chilometro pure coi mezzi pubblici, come il sottoscritto. E poi, quelli che spezzano l’itinerario in tranche. La famiglia di Antonio, da Pescara, papà, mamma e figli di 16, 12 e 10 anni, tutti con proprio zaino, borracce e bastoni, hanno fatto la Francigena da Siena a Roma, e sono il ricordo migliore che porto di quest’esperienza. Sarà per i miei, rimasti a casa e che mi mancavano; oppure per la tenerezza che fanno piccole spalle caricate e gambette scattanti ma che sembrano tanto delicate… Fatto sta che a rivedere quei cinque il cuore si allarga. Anche per questo è servito macinare chilometri sulla Via Francigena, perché altri modelli di vita in cammino ti possono migliorare, facendoti scoprire che sulla strada c’è ancora tanta speranza di cui cibarsi.

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Fece cristiano papa Francesco Un libro su don Pozzoli, salesiano lodigiano E’ uscito il libro di Ferruccio Pallavera, edito dalla Editrice Vaticana su padre Pozzoli, nativo di Senna Lodigiana, il salesiano che battezzò il papa. Che papa Francesco sia intimamente forgiato dalla spiritualità ignaziana non è un mistero per nessuno. Ma la “pianta” gesuitica della personalità e della spiritualità di Bergoglio è cresciuta – se così si può dire – su un germe salesiano: è stato un figlio di don Bosco, la figura che più ha contrassegnato l’educazione cristiana del piccolo e adolescente Jorge Mario. E non solo di lui, ma di quell’intera famiglia di migranti astigiani che erano arrivati a Buenos Aires. Di questo presbitero così decisivo per il futuro Pontefice parla un recente testo di Ferruccio Pallavera, giornalista e storico, per molti anni direttore de Il Cittadino di Lodi, che sotto l’audace titolo Ho fatto cristiano il Papa (Libreria editrice vaticana, pagine 222, 12 euro) tratteggia i dati biografici essenziali di questo salesiano, don Enrico Pozzoli, lodigiano, attivo per 58 anni in Argentina (vi arrivò appena ordinato prete nel 1904). Il servizio pastorale ai tantissimi italiani arrivati a Buenos Aires fu uno degli impegni pastorali che più occuparono don Pozzoli, il quale in questa veste conobbe i coniugi Bergoglio (fu lui a sposarli), si prese in carico della formazione cristiana dei loro figli (battezzò il piccolo Jorge Mario) e fu il confessore dei membri della famiglia per diversi anni. Anche accompagnando l’adolescente Jorge Mario nel cammino di discernimento della sua vocazione religiosa, assecondandone il desiderio di diventare gesuita (senza tentare approcci “proselitistici” a favore della propria Congregazione religiosa). «Era un uomo dotato di grande buon senso, che metteva

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in luce nei tanti consigli che dispensava alla gente. Per questo era molto apprezzato da tutti» ha detto di lui papa Francesco a Pallavera, in un incontro privato a Santa Marta, confluito nel libro. «A lui ricorrevano tutti coloro che vivevano un problema particolare, nella certezza che avrebbe fatto di tutto per fornire un aiuto. Ci si rivolgeva a padre Pozzoli anche quando si aveva bisogno di un consiglio. Trascorreva ore e ore in confessionale. Era veramente un grande confessore».


News dal GSO Dopo la conclusione anticipata della stagione 2019-2020 e quella singhiozzante del 2020-2021, sembreremmo avviati verso la normalità. Sappiamo bene che non è così perché le disposizioni e le regole che dobbiamo seguire per fare sport in sicurezza sono molte ma almeno tutte le categorie hanno ripreso a giocare i campionati. Il GSO San Fereolo continuerà nella sua idea di anteporre sempre gli interessi dei propri atleti.

BUON NATALE AL GSO E DAL GSO! Domenica 19 dicembre, ore 18.00 presso la chiesa del Sacro Cuore (Robadello) atleti, allenatori, dirigenti, collaboratori e genitori sono invitati alla S. Messa in prossimità del Natale: sarà una preziosa occasione per scambiarci gli auguri natalizi, nel rispetto della vigente normativa anti Covid. Vi aspettiamo tutti con ritrovo alle ore 17.50 indossando la tuta della società. Per l’ingresso in chiesa NON è richiesto il green pass.

Calcio

Attività Ludico-Motoria

Il divertimento, il sabato mattina in palestra, è assicurato grazie all’attività ludico-motoria. Il gruppo di bambini fino ai 5 anni, composto da una decina di piccoli campioni, si cimenta in mini giochi propedeutici all’introduzione all’attività sportiva, imparando, divertendosi ed avvicinandosi pian piano alle “regole” dell’essere squadra.

Piccoli Amici e Primi Calci

Per entrambe le categorie, la stagione inizia in sor-

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News dal GSO

Volley dina con pochi giocatori ma ora è proprio scoppiata la voglia di calcio, quasi triplicate le iscrizioni: questi bimbi, più di ogni altro, devono recuperare il tempo perso da un anno di lockdown.

Under 10 CSI

Pulcini misti

Come spugne assorbono i primi rudimenti della pallavolo, una gran voglia di giocare, divertirsi ed imparare da canalizzare in una nuova emozionante esperienza: il loro primo campionato.

Under 13 CSI

Anche due bambine a far parte di un gruppo coeso, formato da 16 elementi: il divertimento non manca, come anche le soddisfazioni sul campo.

Seconda Categoria Inizio stagione caratterizzato da alti e bassi e condizionato da numerosi infortuni che non hanno permesso alla squadra di schierare sempre la formazione migliore, pur decimati sono sempre usciti a testa alta da tutti i campi.

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Il campionato è appena iniziato e, per ora, abbiamo giocato una sola partita con successo. Le ragazze


stanno rispondendo bene al cambiamento degli schemi adattati alla loro categoria per cui confidiamo in un buon campionato.

tà verranno superate. Con lo stesso organico parteciperemo al campionato Under 18 che non è ancora iniziato.

Juniores CSI

Open CSI

Il gruppo con alcuni nuovi innesti è formato da 15 ragazze dai 13 ai 17 anni, è molto unito, solidale, si diverte imparando e crede in un valore importante: l’amicizia. In campo, i risultati iniziali non sono dei migliori, ma il tempo, il loro impegno costante e il lavoro che stanno svolgendo, produrranno il loro effetto.

Prima Divisione e Under 18 FIPAV

Il GSO affronterà il campionato di prima divisione con una squadra giovanile. L’inizio non è tra i più facili, ma c’è la consapevolezza che tutte le difficol-

Una squadra di 17 atlete in organico, con un’età compresa tra i 21 ed i 36 anni, che punta a disputare una stagione di buon livello con l’obiettivo di raggiungere i play-off della fase finale del campionato provinciale. Impegno, rispetto dei ruoli, amicizia e divertimento sono gli ingredienti di un gruppo che si arricchisce integrando i nuovi elementi pur mantenendo i contatti con chi ha lasciato il campo per l’età o impegni.

Prima Divisione Maschile FIPAV

Dopo molti anni di assenza torna il volley maschile: una squadra eterogenea di 16 atleti in cui l’esperienza degli over 30 e la freschezza dei ventenni andranno a creare un gruppo compatto per puntare già da quest’anno, pur coscienti delle difficoltà di un campionato molto competitivo, ad un posto di medio-alta classifica.

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Vita parrocchiale Situazione mutuo

Rimandando al prossimo numero di Camminiamo Insieme la pubblicazione integrale del bilancio della parrocchia relativo all’anno 2021, segnalo soltanto che il prossimo 31 dicembre scadrà la rata di € 8.182 del mutuo contratto per i lavori di ristrutturazione alla Chiesa del Sacro Cuore. A quella data la quota residua del mutuo, che si estinguerà nel 2026, sarà di € 168.518.

Famigliexfamiglie

L’iniziativa famigliexfamiglie, “rinata” all’inizio di questa pandemia vede il sostegno di diversi parrocchiani sensibili che, periodicamente oppure una tantum, versano una quota. Al contempo sono aumentate (e, ahimè, prevedo aumenteranno!) le richieste di aiuto da parte di famiglie che non riescono a sostenere le spese, soprattutto relative alle utenze domestiche. Dal 1° gennaio al 31 agosto 2021 le entrate sono state di € 12.384,78 mentre le uscite di € 11.099, 78. I nuclei famigliari in favore dei quali si è intervenuti in modo sporadico o continuativo sono 36. Un discreto accantonamento ci consente di poter continuare ad intervenire, ma è ancora necessaria e preziosa la vostra attenzione.

In occasione del Natale, se puoi, ricordati anche della tua Parrocchia!

Il Natale può essere occasione per devolvere un’offerta sia per la Chiesa del Sacro Cuore che per Famigliexfamiglie anche attraverso un versamento

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sul C/C della parrocchia indicando nella causale una delle due proposte. Ecco l’IBAN di riferimento: IT05J0623020303000046238840.

Il dovere della riconoscenza

A tutti, come sempre, la gratitudine sincera, per i numerosi, piccoli e grandi gesti di sostegno e di attenzione alla vita parrocchiale. Grazie di cuore!

Appuntamenti per famiglie e giovani coppie

Segnaliamo alcune possibilità di incontro e dialogo per le famiglie e giovani coppie di sposi, nella convinzione che la possibilità di confrontarsi con gli altri sia un’utile occasione per apprezzare il dono della vita matrimoniale e famigliare e per affrontare dinamiche relazionali, famigliari ed educative sostenuti dall’esperienza e dalla condivisione con altre coppie e famiglie che condividono situazioni simili.

Appuntamenti parrocchiali yy yy yy

Primo incontro: venerdì 21 gennaio alle ore 21.00 (via GMeet) Secondo incontro: venerdì 18 febbraio alle ore 21.00 (via GMeet) (Nell’imminenza sarà inviato il link di convocazione) Terzo incontro: domenica 8 maggio, tardo pomeriggio, in presenza, in oratorio.

Appuntamenti diocesani yy

27 novembre: Veglia di Avvento


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5 marzo 2022: Veglia di Quaresima 10 febbraio 2022: Incontro diocesano fidanzati presso la chiesa del Sacro Cuore.

Oltre - una proposta diocesana per separati e divorziati

La proposta diocesana “Oltre…” è rivolta a tutti coloro che seppur separati, divorziati o impegnati in una nuova unione, vogliono ritagliarsi un momento per riflettere sulla propria fede e sulla propria vita, cercando di trovare un senso per ritornare a condividere l’esperienza ordinaria della propria comunità parrocchiale, senza paura e senza pregiudizi. Gli incontri in Calendario costituisco un percorso annuale e si svolgeranno il sabato pomeriggio; si terranno on line su piattaforma Zoom (richiedere il link scrivendo una mail a famiglia@diocesi.lodi. it) fino al mese di gennaio. A partire da Febbraio, se le condizioni lo consentono, gli incontri si effettuano in presenza, (il luogo sarà comunicato appena possibile). Nello stile della Lectio, dove la Parola di Dio è protagonista, alla lettura del brano biblico segue un breve commento, che aiuta ad interiorizzarlo e contestualizzarlo; poi viene offerto un tempo di silenzio, per aprire il proprio cuore a Dio, attraverso l’Adorazione Eucaristica. È previsto un momento finale di condivisione, in cui ciascuno, liberamente, può raccontare quanto la Parola gli ha suggerito. Ogni incontro si conclude sempre con un momento conviviale, che si rivela indispensabile per creare un clima familiare che favorisce la relazione tra tutti.

Percorsi per fidanzati 2021-22

L’Ufficio per la famiglia della diocesi di Lodi ha predisposto il calendario degli incontri per il percorso in preparazione al matrimonio suggerito per le coppie di fidanzati che intendono celebrare il Sacramento del Matrimonio nell’Anno Pastorale 2021/2022.

Qui di seguito le proposte per il Vicariato di Lodi città. yy Martedì 5, 12, 19, 26 ottobre – 9, 16, 23, 30 novembre: Oratorio Santa Maria Maddalena. Via Indipendenza. Ore 21.00-23.00 yy Giovedì 13, 20, 27 gennaio 2022 – 3, 10, 17, 24 febbraio – 3 marzo: Oratorio San Fereolo. Viale Pavia, 41. Ore 21.00 – 23.00 yy Sabato 15, 22, 29 gennaio 2022 – 5, 12, 19, 26 febbraio: Oratorio di S. Alberto, via Saragat, 2. Ore 15.00 – 17.15 yy Incontro dei fidanzati con il Vescovo: giovedì 10 febbraio 2022: ore 21.00 – Chiesa S. Cuore, Viale Europa. yy Martedì 1, 8, 15, 22, 29 marzo – 5, 19, 26 aprile: Oratorio Santa Francesca Cabrini, via Madre Cabrini, 2. Ore 21.00 – 23.00 Per l’iscrizione rivolgersi al parroco. Inviare la “Lettera di presentazione” con indicazione del corso prescelto ai coniugi Versetti Dario e Cristina: famigliaversetti@gmail.com

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Il percorso della vita BATTESIMI

28 agosto 2021 yy

DIFILIPPO NICOLO’ di Alessandro e Iova Mariana

29 agosto 2021 yy

FERRARA GABRIELE FORTUNATO EMMANUELE di Antonio e Ferri Luna

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SEMINARI ANNA SVEVA di Alex e Giustivi Chiara

5 settembre 2021 yy

ARBASINI AMELIA di Andrea e Lupo Martina

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SEFA GABRIELE di Fatos e Cracolici Natasha

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SETTEMBRE FRANCESCO di Luca e Boccotti Alice

18 settembre 2021 yy

CALDI PIETRO di Matteo Pietro e Vailati Chiara

25 settembre 2021 yy

MEDRI LUDOVICA di Alessandro e Lauria Michela

3 ottobre 2021 yy

CARINELLI RICCARDO di Davide e Soranno Stefania

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GAMBINO LUCA di Giacomo e Rotta Federica

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MICRANI CESARE ANTONIO di Andrea e Moroni Giulia

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RIDOLFO ANDREA LIAM di Marco e Susinna Marianna

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SOMMARIVA LEONARDO di Manuele e Ballisai Katiuscia

17 ottobre 2021 yy

CORDOVA RODRIGUEZ ELISA di Robert e Jaen Fanny

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GANDINI MARGHERITA di Andrea e De Monti Paola

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GIOVANNONI GIULIO di Pietro e Aiolfi Camilla

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MARAZZI LEONARDO di Elio e Scorletti Eva

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SCACCIA GRETA di Simone e D’Angelo Giada

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YZEIRI ISABEL di Eraldo e Ismaili Eglantina

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Battesimo del 28 agosto 2021

Battesimo del 3 ottobre 2021 Battesimo del 18 settembre 2021

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Il percorso della vita

Battesimi del 29 agosto 2021 Battesimi del 17 ottobre 2021

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Battesimo del 25 settembre 2021 Battesimi del 5 settembre 2021

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Il percorso della vita

Alberici Giovanni di anni 83

Bersani Teresa di anni 97

Boffi Roberto di anni 59

Cappato Graziano di anni 76

Cirillo Maria di anni 78

Dalma Severo di anni 86

Dragoni Francesca di anni 86

Jacome Gomez Maria J. di anni 66

MATRIMONI

Nozze di LO VERSO MARCO con ABBIATI SILVIA Nozze di CASTELLAZZI ALBERTO con MINNITI YLENIA

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Kikuaku Joel di anni 20

Lucchini Mauro di anni 49

Lucera Liborio di anni 81

Marturano Concetta di anni 92

Molinari Rosanna di anni 82

Montemaggi Renzo di anni 94

Marinoni Luciano di anni 86

DEFUNTI yy yy yy yy yy yy yy yy

BRIZZI ANNA di anni 94 COLOMBO MILENA di anni 85 CONSOLANDI RACHELE di anni 91 DEL PRETE CATERINA di anni 75 TERRONI GUIDO di anni 82 ORSI LOREDANA di anni 70 PAGETTI INNOCENTA di anni 96 ROBBI RICCARDO di anni 78

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Parrocchia dei Santi Bassiano e Fereolo viale Pavia 41, Lodi - tel. 0371-30658

Per contattarci:

don Elia: tel. 0371-30658 don Roberto: tel. 0371-36345 Caritas parrocchiale: via della Marescalca 3 - tel. 0371-430885 Gruppo Sportivo Oratorio: via Salvemini 5 - tel. 0371-979388 Coordinatore Sportivo: Roberto Folletti tel. 339-1452918

e-mail: doneliacroce@libero.it sito web: www.http://sanfereololodi.blogspot.it e-mail Caritas Parrocchiale: caritassanfereolo@gmail.com

Gli orari delle S. Messe: Feriali

San Fereolo: ore 8.30; ore 18.00 (posti disponibili alla chiesa di San Fereolo: 70)

Sabato e prefestive Sacro Cuore: ore 17.30 (posti disponibili alla chiesa del Sacro Cuore: 200)

Festive Sacro Cuore: ore 8,30; ore 10.00; ore 11.30; ore 18.00 (posti disponibili alla chiesa del Sacro Cuore: 200)

I servizi della Caritas parrocchiale: Ambulatorio infermieristico temporaneamente sospeso

Doposcuola in fase di programmazione

Distribuzione vestiti martedì dalle ore 9 alle 11

Aiuto generi alimentari una volta al mese

Centro d’ascolto lunedì - mercoledì – venerdì dalle ore 9 alle 11

Ambulatorio Medico Caritas martedì dalle ore 16.30 alle ore 18.30

Le visite, riservate esclusivamente a pazienti privi dei documenti necessari per l’assistenza sanitaria, vanno prenotate presso la Caritas centrale, via Cavour, 31.


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