camminiamo insieme
Bollettino della Parrocchia dei Santi Bassiano e Fereolo
Lodi
Pasqua 2023 - n. 428
pro manuscripto
Bollettino della Parrocchia dei Santi Bassiano e Fereolo
Lodi
Pasqua 2023 - n. 428
pro manuscripto
La celebrazione della Pasqua porta sempre con sé il significato della liberazione.
Il riferimento alla Pasqua ebraica richiama la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto.
La Pasqua di Gesù è la liberazione dalla schiavitù della morte nella vita nuova del risorto.
La Pasqua dei cristiani è la liberazione dai vincoli del male e del peccato nella rinascita battesimale che, di fatto, ci inserisce nella Pasqua stessa di Gesù.
Di questa liberazione abbiamo sempre bisogno, perché la vita, frequentemente, incatena il cuore, i sentimenti, il tempo, le parole, i gesti a motivo della fatica, della stanchezza, delle
prove, del dolore e anche del male che, in maniera deliberata, commettiamo.
Nella preghiera che ci ha insegnato, Gesù ci fa chiedere costantemente al Padre: “Liberaci dal male …”, perché sa che, ogni giorno, abbiamo bisogno di recuperare questa libertà interiore.
Mi ha colpito la testimonianza di padre Gigi, in uno dei venerdì di Quaresima (ne trovate la cronaca su questo numero del Bollettino) che, in più di due anni di prigionia, incatenato in senso reale, non metaforico, sente in sé una grande libertà del cuore a motivo della luce della fede, tanto che darà al libro da lui scritto il titolo: “Catene di libertà”.
Anche la Pasqua di quest’anno dunque, rappresenta per noi la possibilità di recuperare in Gesù il significato di una liberazione interiore da ciò che ci opprime, ci restringe o ci soffoca; la possibilità di maturare in noi una libertà del cuore che nulla può condizionare o rinchiudere. Quante testimonianze abbiamo di cristiani perse-
guitati e tenuti in prigionia, ma liberi interiormente! Non lasciamoci incatenare il cuore e la coscienza!
Mi auguro e vi auguro che la celebrazione della Pasqua consenta alla comunità cristiana e a ciascuno di superare paure, chiusure, condizionamenti, pigrizie, stanchezze, senso di rassegnazione o disillusione e anche, forse, un po’ di cinismo che rischia di annidarsi nel cuore.
Per i discepoli l’incontro con Gesù risorto avviene mentre essi stavano rinchiusi per la paura, nel cenacolo: Gesù entra “a porte chiuse” e conduce i suoi amici all’esperienza pasquale della liberazione. Di lì a poco, infatti, se ne andranno ovunque annunciando: Gesù è risorto! Gesù è vivo! Sia così anche per noi la celebrazione della Pasqua: esperienza di liberazione, di libertà, nello Spirito del Risorto!
A tutte le famiglie, a ciascuno di voi, in particolare a chi è solo, nella prova, nella fatica, nella sofferenza, giunga l’augurio di liberazione e di speranza che viene da Gesù Risorto.
Buona Pasqua!
Il vostro parroco don Elia, con don Roberto e don Angelo
Con la Domenica delle Palme ha inizio il cammino della Grande e Santa Settimana. Questa domenica dell’Anno Liturgico, attraverso il particolare rilievo dato alla Passione del Signore, è annuncio della regalità messianica. La Chiesa invita la Comunità cristiana a rinnovare la sua sequela di Cristo, seguendone le orme e a comprendere il vero senso della Passione come via della risurrezione e fonte della nostra salvezza. Gli elementi più significativi che la liturgia di questo giorno ci offre sono due: la processione con i rami di ulivo o palma, che introduce la celebrazione, e la lettura prolungata dei “Vangeli della Passione”, secondo la versione dei sinottici.
Ore 10.00 Ritrovo in Piazza Omegna – Benedizione degli Ulivi con processione verso l’oratorio - Celebrazione Eucaristica nel cortile dell’oratorio.
E’ sospesa la Messa delle ore 11.30. In caso di maltempo la celebrazione si terrà alle ore 10.00 al Sacro Cuore. Sarà comunque sospesa la Messa delle ore 11.30.
E’
La prima orazione con la quale si apre la celebrazione della Signore ci ricorda che questo giorno costituisce il primo “atto” del Signore e ci comunica la chiave di lettura per comprendere te l’ampia pagina di significati propri di questo particolare tuo Figlio, ha istituito nel suo sangue il mistero pasquale». morte, oggi, anche se non nasconde il dolore della Sposa so il suo Sposo, è già impregnata di speranza e di vittoria; indicando pedagogicamente che non celebriamo delle esequie, osservando il lutto, ci ricorda il trionfo di Colui che ha vinto rendo sulla croce. Questo giorno è tutto incentrato sulla su quel trono glorioso in cui, come testimonia la lettura S. Giovanni, si manifestano la regalità e la gloria di Cristo.
Il Giovedì Santo è l’apertura solenne del Triduo Pasquale, momento sacramentale della celebrazione della Pasqua storica. Gesù infatti, nell’Ultima Cena con i suoi, consegnando sé stesso nel Pane e nel Vino, vive la sua personale Pasqua sacramentale, prima di donarsi completamente al Padre sulla croce. Nel lavare i piedi ai discepoli, mostra la verità di ogni partecipazione all’Eucaristia, come assunzione del suo stile di vita, e fonte di autentico rinnovamento della fraternità umana nella costruzione dell’unico corpo ecclesiale intorno all’unica mensa dell’amore offerto ai fratelli. Nella coscienza di così grande dono ricevuto, l’animo della comunità ecclesiale, «stirpe eletta, regale sacerdozio, gente santa, popolo che egli si è acquistato» eleva il suo inno di lode per il dono del sacerdozio ministeriale, partecipazione più intima all’unico sacerdozio di Cristo che nell’Eucaristia riassume pienamente la sua unzione messianica e regale. Questa celebrazione è dunque la prima e vera festa dell’Eucaristia come memoriale della Pasqua di Cristo che ricapitola in sé l’antica alleanza e la Pasqua dell’Agnello introducendo l’umanità al vero banchetto dell’alleanza piena e definitiva.
Ore 8.30 Ufficio e Lodi Mattutine (a San Fereolo)
Ore 21.00 Santa Messa “in Coena Domini” (al Sacro Cuore). A seguire Adorazione Eucaristica fino alle ore 23.00 presso l’altare della Riposizione, nella cappellina.
della Passione del “atto” della Pasqua comprendere correttamenparticolare venerdì: «Cristo, pasquale». La memoria della Sposa perché ha pervittoria; il colore rosso, esequie, né stiamo vinto la morte mocroce del Signore, della Passione di Cristo.
Signore, fattosi Agnello innocente per la nostra salvezza, che viene a mostrare la verità di un Dio appassionato per l’umanità.
Ore 8.30 Ufficio e Lodi Mattutine (a San Fereolo)
Ore 15.00 Solenne Azione Liturgica (a San Fereolo)
Ore 20.45 Via Crucis portando in processione il grande Crocifisso della Chiesa.
il Servo del
Percorso: ritrovo nel parcheggio in fondo a via Griffini, angolo via Bergognone; si prosegue per via Bergognone, via Manzoni, via Parini, viale Pavia, attraversamento viale Pavia, via Raffaello, ingresso in Oratorio e conclusione.
Il Sabato Santo è il giorno di “frammezzo” tra il dolore per la morte di Gesù e la gioia della sua Resurrezione. Non si celebrano liturgie, la comunità è in silenzio, in attesa, a ricordare lo smarrimento degli apostoli dopo la morte di Cristo. Protagonisti sono il raccoglimento e la meditazione.
Ore 8.30 Ufficio e Lodi Mattutine (a San Fereolo)
Ore 21.30 Solenne Veglia Pasquale (al Sacro Cuore)
Vertice del Triduo e dell’intero Anno liturgico è la Veglia Pasquale, prima celebrazione della Domenica di Pasqua, in cui la Chiesa attende, vegliando, la risurrezione di Cristo e la celebra nei sacramenti. La ricchezza del linguaggio liturgico, verbale e non verbale, che caratterizza questa celebrazione, unica all’interno del ciclo annuale dei misteri di Cristo, manifesta l’importanza del mistero della Risurrezione, evento centrale e fondante della vita del Battezzato, e ne permette una reale esperienza in grado di far gustare ai partecipanti l’incontro trasformante con il Cristo Risorto. La struttura di questa celebrazione introduce i fedeli nella contemplazione della Pasqua in tutte le sue dimensioni: il lucernario celebra la Pasqua cosmica, che segna il passaggio dalle tenebre alla luce; la liturgia della Parola celebra la Pasqua storica evocando i principali momenti della storia della salvezza; la liturgia battesimale celebra la Pasqua della Chiesa, popolo nuovo suscitato dal fonte battesimale; la liturgia eucaristica celebra la Pasqua perenne ed escatologica con la parteci-
pazione al convito eucaristico, immagine della vita nuova e del regno promesso.
Sabato 8 aprile
ore 21.30 Solenne Veglia Pasquale (al Sacro Cuore)
Domenica 9 aprile
Celebrazioni a San Fereolo: ore 8.30 - ore 18.00
Celebrazioni al Sacro Cuore: ore 10.00 – ore 11.30
La Confessione è un momento fondamentale della celebrazione della Pasqua. Comporta una revisione di vita e uno sguardo sulle nostre mancanze. Guardando alla croce con gli occhi della fede possiamo contemplare l’amore prodigo e senza confini del Figlio di Dio che ha dato la sua vita per la nostra salvezza. Lasciamo che il cuore sia conquistato dal pentimento e dal desiderio di cambiare vita. Accogliamo con gratitudine il perdono dei peccati e il dono di una rinnovata amicizia con Gesù. Allora potremo sperimentare la dolcezza della pace, il dono che Gesù ha portato agli apostoli rinchiusi nel cenacolo. Non vi è dono più grande che l’uomo possa desiderare sulla terra.
Sabato 1° aprile
ore 9.30 – 11.30 (a San Fereolo)
ore 16.30 (al Sacro Cuore)
ore 18.30 per gli adolescenti (a San Fereolo)
Mercoledì 5 aprile
ore 9.00 – 11.00 (a San Fereolo)
ore 16.00 per i ragazzi delle medie (a San Fereolo)
ore 16.45 per i ragazzi di 5 elementare (a San Fereolo)
ore 20.45 (a San Fereolo)
Venerdì 7 aprile
ore 16.30 – 18.30 (a San Fereolo)
Sabato 8 aprile
ore 9.30 – 11.30 (a San Fereolo)
ore 15.30 – 18.30 (a San Fereolo)
In queste settimane il Museo Diocesano di Milano ospita uno dei grandi capolavori dell’arte italiana, la Crocifissione di Masaccio. La tavola arriva, con un prestito eccezionale, dal Museo di Capodimonte di Napoli. Costituiva in origine la cuspide di un polittico realizzato nel 1426 per una cappella nella chiesa di Santa Maria del Carmine a Pisa. Era un’opera monumentale, alta circa 5 metri, articolata in una complessa cornice, che aveva al centro un’immagine della Madonna col Bambino. Smembrato già alla fine del XVI secolo, del polittico sopravvivono alcune parti. Quella di Masaccio, artista fiorentino contemporaneo di Brunelleschi e Donatello, i padri del Rinascimento, era all’epoca una pittura che oggi chiameremmo “d’avanguardia”, molto lontana dallo stile in voga, il gotico internazionale: elegantissimo, lineare, ricco di dettagli. Masaccio invece preferisce una pittura asciutta, scabra, persino sgraziata. Una pittura grandiosa ma per il quale l’aggettivo “bello” sembra andare un po’ stretto. Proprio l’altezza a cui era posta (all’epoca ci doveva-
no vedere tutti piuttosto bene) spiega la particolarità con cui Masaccio mostra il corpo di Cristo: è ripreso da sotto in su –tecnicamente si dice in forte scorcio – con il capo chinato incassato nelle spalle, come se lo osservassimo stando proprio ai piedi della croce. Da qui il corpo di Cristo ci appare in tutta la sua fisicità. Potremmo dire che ne percepiamo il peso: la croce è il compimento dell’incarnazione.
È un autentico pezzo di bravura, in cui Masaccio applica la prospettiva, invenzione allora recentissima.
Attorno alla croce ci sono Maria, Giovanni Evangelista e la Maddalena (di schiena, rivestita di un manto rosso fiammeggiante e le braccia alzate: un’immagine nuovissima), distrutti dal dolore. Con una combinazione di tecniche, queste figure sono rappresentate frontalmente. La ragione è semplice: se Masaccio avesse adottato la prospettiva, di queste avremmo visto solo l’orlo delle vesti e il mento. L’abilità del pittore sta nel mescolare i due punti di vista con grande naturalezza in una scena emotivamente coinvolgente: proprio quell’impressione di stare sotto la croce ci spinge a identificarci di volta in volta nella madre o negli amici di Gesù. L’arte così brulla di Masaccio si rivela anche profondamente umana.
Quella di Masaccio è una delle crocifissioni più drammatiche mai dipinte. Ma al tempo stesso è quella in cui il significato salvifico è più esplicito. Se alziamo lo sguardo, in cima alla croce vediamo spuntare un alberello. Un fatto piuttosto insolito: lì ci dovrebbe essere il cartiglio con l’INRI. E infatti nel Seicento avevano “normalizzato” l’immagine, ridipingendoci sopra la scritta: l’albero è stato ritrovato
durante un restauro tra il 1956 e il 1957. L’immagine sembra rimandare alla liturgia del Venerdì Santo quando, durante l’adorazione della croce, veniva cantato uno degli inni più belli, sotto il profilo poetico, teologico e musicale, della tradizione gregoriana: il Crux fidelis. Il testo è di Venanzio Fortunato (l’autore anche del Vexilla Regis) e risale al 570 circa. Ecco il ritornello: Crux fidelis, inter omnes arbor una nobilis, nulla talem silva profert flore, fronde, germine, dulce lignum dulces clavos dulce pondus sustinens. “Croce fedele, fra tutti unico albero nobile: nessuna selva ne produce uno simile per fiore, fronda e frutto. Dolce legno, dolci chiodi che sostenete il dolce peso”.
L’immagine chiave di tutto l’inno è come l’albero della croce e il suo frutto pongano fine a quella storia che era cominciata con un altro albero e un altro frutto. Venanzio qui sviluppa, potremmo dire persino che fa fiorire, il parallelismo Adamo-Cristo già enunciato da Paolo nella lettera ai Romani (capitolo 5) e messo a punto da Ireneo di Lione nel III secolo.
I Padri della Chiesa avevano esplorato simbolicamente la croce come rimando all’albero della vita piantato nell’Eden, ma anche in relazione i diversi bastoni che nell’Antico Testamento fioriscono, come quello di Aronne, o il tronco di Iesse, dal quale sarebbe spuntato il germoglio messianico.
Certo, tutto questo aiuta a capire storica-
mente e teologicamente il dipinto di Masaccio. Ma la sua forza è tale che si proietta al presente.
Nella Via Crucis al Colosseo dell’anno scorso, la meditazione della decima stazione venne affidata a una madre vedova, Simona Spinelli. L’Osservatore Romano, in una intervista, le chiedeva il significato del passaggio in cui scriveva che «sotto la croce ogni famiglia, anche la più sbilenca, la più dolente, la più strana, la più monca, trova il suo senso profondo». La risposta è un commento all’opera di Masaccio. O forse l’opera di Masaccio ne illumina le parole: «Significa che la croce, in fondo, è anche l’albero della vita. È un legno conficcato nel terreno e viene innalzato per la scelta che Dio ha fatto di sacrificare suo Figlio.
C’è Maria, la madre di Gesù, che sta sotto la croce. Da madre, posso soltanto immaginare quello che si può provare in un
momento simile. Mi vengono i brividi: una sofferenza simile si sente, si vede, solo con gli occhi del cuore. Ma ogni famiglia si può ritrovare in questo. È difficile spiegarlo a parole: è un po’ come sentire intimamente la voce dello Spirito che parla al nostro cuore. Questa profonda umanità di Gesù sulla croce comprende tutte le famiglie. La mancanza è una cosa sperimentata da tutti, ma ogni famiglia è felice a modo suo e ciascuna è anche infelice a suo modo. Quindi è importante capire — al di là di ogni singola storia — il senso profondo di un’umanità trasversale che le lega tutte. E io credo che ogni storia familiare di sofferenza si possa rivedere nella croce».
Nelle immagini: Masaccio, “Crocifissione”, 1426. Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte.
L’opera è esposta fino al 7 maggio al Museo Diocesano di Milano.
Gli ultimi tre anni condizionati dal Covid hanno imposto tante rinunce. La sua fase acuta in particolare ha comportato purtroppo anche il divieto degli eventi di riunione delle persone e persino le Sante Messe, per un certo tempo, sono state oggetto di dolorose restrizioni. Ma molti di noi ricorderanno certamente gli incontri precedenti con Angelo Franchini, attore, regista, scenografo: un eccellente uomo di teatro.
Franchini però ha una particolarità: i suoi lavori sono ‘indagini teatrali ispirate al Vangelo’ che lui conosce a fondo. Mediante loro propone allo spettatore una singolare esegesi fatta di sollecitazioni insolite e spesso inquietanti.
La prima volta (salvo errori) che è venuto a San Fereolo, ci ha proposto ‘Il caso Giuda’:
“Giuda è accusato e condannato, da sempre, per il tradimento e il suicidio... ma un misterioso avvocato vuole riaprire il caso... emergono nuovi dubbi ... omissioni ... prove inesistenti ... silenzi... Giuda è il figlio della perdizione... il diavolo ... ma Giuda... è qui...”
Domenica 5 marzo Franchini ci ha presentato uno dei suoi ultimi lavori, dal titolo “... perché mi hai abbandonato?” che evocherebbe il grido di Gesù crocifisso al Padre. L’autore però cambia la prospettiva, mettendo il grido in bocca all’uomo, e più precisamente a quattro figure umane che gli episodi del Vangelo che li riguardano sembrano scartare e condannare senza appello.
Il primo personaggio si chiama Scarabeo, un uomo incerto, un insicuro, che si muove avanti e indietro senza uno scopo. È
tratto soprattutto dalla parabola narrata in Matteo 25,14-30, pur essendo collegato anche ad altri episodi evangelici.
Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Sappiamo che è finita molto male per il terzo servo, quello che ha nascosto sotto terra il suo unico talento. È stato gettato fuori nelle tenebre; là dove c’è pianto e stridore di denti. Qui Franchini aggiunge la sua libera riflessione: il vano lamento del condannato, appunto Scarabeo, che ritiene di non essere poi peggiore di quegli altri servi che il Signore invece ha promosso e gratificato. Ma il vero inferno del servo inutile è la solitudine che lo fa gridare: “... perché mi hai abbandonato?”
Il secondo personaggio si chiama Zizzania e si ispira all’omonima parabola di Matteo 13,24-30, che leggiamo nel Vangelo subito dopo, e quasi in continuità, con quella del seminatore. Nel campo è stato seminato del buon grano, ma presto si scopre che sta crescendo insieme una erbaccia infe-
stante, la zizzania. Quest’ultima è condannata inesorabilmente a essere legata in fasci e bruciata. Nella riflessione di Franchini questa erba diventa una persona che protesta perché era convinta di essere, non un’erbaccia, ma ‘buon grano’. Solo ora l’uomo scopre la verità: è un “figlio del maligno”. Lui pure è condannato quindi alla solitudine eterna e a gridare: “... perché mi hai abbandonato?”
Il successivo individuo ha come nome Il quinto evangelista e potrebbe essere ispirato all’episodio della cacciata dei mercanti dal tempio (forse Matteo 21,12-13). Questo è un personaggio più enigmatico dei precedenti perché - seguendo il suggerimento dell’autore - potrebbe riunire insieme tutti coloro che entrano nei templi di ogni epoca soprattutto allo scopo di fare affari: sono i ‘religiosi per professione’, quelli che propongono magari ‘la parola del Signore leggermente contraffatta’, quelli che sono, in modo diverso, i componenti di ‘una elite religiosa’. Solo quando è tardi, questo personaggio vorrebbe ‘comprendere una volta per tutte ... il mistero di questa vita’. Ma ormai si trova, lui pure, condannato alla solitudine eterna. Vorrebbe soltanto capire: “... perché mi hai abbandonato?”
Il quarto e ultimo personaggio si chiama Medusa dagli otto spiriti impuri, ed è l’uomo che, liberato da uno spirito impuro, viene successivamente invaso da otto spiriti peggiori del primo (vedi Matteo 12,43-45). E l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima. Si chiama Medusa perché gli otto spiriti
che lo invadono vengono assimilati ai serpenti della chioma della mitologica Medusa. Ognuno degli otto spiriti corrisponde a una diversa modalità di difformità dalla proposta evangelica. Un esempio per tutti: Medusa sono coloro che nel ‘giudizio universale’ sono stati scartati e maledetti dal Pastore-Re-Giudice, perché non hanno sfamato, dissetato, accolto, visitato i loro fratelli più poveri e deboli. Quindi anche Medusa si trova buttato fuori, lui e i suoi spiriti-serpenti e infine, in un crescendo drammatico, scopre che la sua testa mozzata grida: “... perché mi hai abbandonato?”
Da ultimo Franchini propone la visione dei quattro, che però non sono quattro, ma una moltitudine immensa di condannati alla eterna solitudine.
Il nostro ultimo credere, senza più credo come siamo, è di poter scorgere qualcun altro qui ...
Il nostro ultimo sperare, senza più speranza
come siamo, è nel dolore di quel qualcuno ...
Il nostro ultimo amare, senza più amore come siamo, è aggrapparsi a questo qualcuno ...
Noi crediamo in te Gesù ...
Noi speriamo in te Gesù ...
Noi vogliamo amare te, Gesù ...
Tu. Gesù ... nel grido pericoloso di questa preghiera mortale ...
Dio mio, perché mi hai abbandonato?
L’icona della solitudine di Gesù crocifisso, e il suo grido al Padre, sembrano avere il potere di mitigare, in qualche modo, anche la terribile assoluta solitudine dei condannati alla dannazione eterna, là fuori nelle tenebre dove c’è pianto e stridor di denti. Perché Gesù potrebbe essere là con loro. Una lettura del Vangelo atipica, quella che Franchini ci ha proposto. Anche inquietante.
Ma aperta a uno spiraglio di speranza, a un sogno di salvezza.
Venerdì sera, 10 marzo, nella nostra Parrocchia dei Santi Bassiano e Fereolo, dopo la preghiera silenziosa padre Gigi ha esposto una sua riflessione, la prima di tre con tema Eucarestia e comunità. La tematica a lui affidata era circa la sua esperienza di sequestrato, di credente e sacerdote che per circa due anni non ha potuto celebrare proprio l’Eucarestia domenicale. La testimonianza/riflessione di padre Gigi inizia ripercorrendo alcune date della sua prigionia, per lui paletti significativi della sua esperienza.
17/9/18: rapimento in Niger a Bomoanga, luogo della sua missione da 11 anni e luogo in cui si sentiva a casa; questo sequestro ha sconvolto non solo padre Gigi ma anche tutta la sua comunità.
5/10/18: arrivo, dopo aver traversato diverse zone in moto, in un covo, con la presenza di gente armata. Altro momento drammatico: a padre Gigi viene messa una catena ai piedi e viene legato ad un albero per 21 giorni. Inizia poi un altro spostamento, prima nella savana e poi nel deserto di sabbia e dune del Sahara.
28/10/18: gli è stato detto il nome del gruppo che lo ha sequestrato, un gruppo jaidista, integralista islamico e per 6 mesi lo hanno tenuto in questa zona, in solitudine, nel deserto, nel silenzio, in totale isolamento.
Marzo 2019: arriva un compagno di prigionia, Luca, un italiano che era stato rapito tre mesi dopo padre Gigi; in agosto gli sarà compagno anche Nicolò, un altro italiano. Questo è stato un periodo in cui il missionario ha provato consolazione e speranza.
Nel settembre del 2019 il compagno Luca tenta la fuga e allora viene rimessa la catena ai suoi piedi dal tramonto all’alba per oltre un anno fino alla liberazione avvenuta l’8 ottobre 2020.
2 anni e tre settimane, 752 giorni di prigionia.
A questo punto padre Gigi, per riflettere sulla “domenica del sequestrato” si aiuta con tre oggetti che si è fatto in quel periodo.
Era l’unico anello in cui si intravede una fessura e che gli ricorda le domande che si faceva mentre era incatenato, ma soprattutto una: “Mio Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato? che senso ha fare del bene e raccogliere tempesta? Me la prendevo con Dio, dentro di me c’era la rivolta di Giobbe. Mi sono sentito vittima innocente. Dicevo: Dio mio perché non mi parli? “. Questa esperienza ha fatto sentire profondamente a padre Gigi il silenzio di Dio, la “notte oscura” di cui parlano i mistici. Nello stesso tempo però era forte anche la preghiera di non essere abbandonato. In questo Travaglio interiore, una sera,
guardando i piedi incatenati, ha sentito profondamente che se anche i piedi erano incatenati il suo cuore non lo era. Anche santa Teresina di Lisieux, pur vivendo in un monastero di clausura, è patrona dei missionari, perché nella preghiera e nel cuore si possono portare tutte le persone, i volti, i nomi e portarli in Dio.
Ma un’altra domanda si è fatta presente nel cuore del missionario. Dopo aver letto più volte il Corano che i sequestratori gli avevano dato, padre Gigi ritrova nel libro alcuni passaggi dell’Antico Testamento, passaggi nei quali si rivela un Dio che punisce. Nel Vangelo invece non ci sono queste immagini, ma c’é una parola di Gesù: amate i vostri nemici, benedite e non maledite. E allora un’altra domanda si è fatta presente nel cuore del missionario: “È possibile amare i nemici? Come posso amare questi sequestratori come i miei fratelli?”. Ha iniziato quindi a cambiare lo sguardo nei loro confronti; i sequestratori erano per lo più giovani, indottrinati, analfabeti, e forse i veri ostaggi erano loro. Padre Gigi confessa di averci lavorato molto, di averci messo del tempo. Però, il giorno della sua liberazione, prima dello scambio, si è rivolto al “capo” dicendogli con tutto il suo cuore: “Che un giorno Dio ci conceda di capire che siamo tutti fratelli”: padre Gigi gli ha offerto la sua fraternità umana e il suo perdono.
Con questo rosario, costruito con il tessuto della tenda che lo riparava un po’ dal sole, ogni giorno pregava Maria che scioglie i nodi e lo Spirito Santo. In tutti i giorni del sequestro padre Gigi ha sofferto molto di non poter parlare, comunicare con la fa-
miglia, gli amici; ha scoperto che l’essenziale è la relazione: noi siamo impastati d’amore e Dio è circolarità di amore.
La piccola croce di legno
Da questa storia padre Gigi ha compreso che la cosa che più gli è mancata è il silenzio fuori e dentro di sé e il silenzio di Dio. All’inizio è stato un silenzio assordante, ma poi lo stesso silenzio lo ha portato ad andare in profondità, a vedere altro. “In quel silenzio ho percepito che Dio è al di là delle mie conoscenze; non è stato il Dio degli eserciti con braccio teso e mano potente a liberarmi, ma mi ha liberato il Dio della croce. Ho scoperto che il deserto è spazio, non luogo, uno spazio in cui qualcosa può nascere e crescere. Per questo la parola Dio è sempre nuova, perché sempre nuovo è lo spazio in cui viene generata”. Questa esperienza ha fatto profondamente comprendere al missionario che il silenzio è la comunicazione di Dio, come scrive anche S. Giovanni della Croce: “la preghiera è armonia di due silenzi”.
In tutto questo tempo padre Gigi non ha mai celebrato la Messa, pregava ogni giorno e la domenica si ritirava in un posto tranquillo, si metteva su un altare di
sabbia a guardare l’infinito e celebrare la liturgia domenicale; certo per 752 giorni non ha potuto mangiare l’eucarestia, ma al momento della consacrazione offriva il suo corpo e il suo cuore spezzato al Signore, e confessa che l’intensità così forte che ha sentito in quelle messe nel deserto non l’ha mai sentita. “La messa non è uno spettacolo, ma è entrare nella memoria di ciò che Gesù ha fatto, e cioè amare e perdonare come lui ha fatto. Oggi vivo la Messa con questo sguardo e con questa consapevolezza nuova. Quell’incontro mi obbliga a vivere il momento che sto celebrando; oggi il pane spezzato e le parole: fate questo in memoria di me, hanno un significato ancora più profondo.
La Messa non è un rito, ma è il celebrare la mia vita donata; oggi è cambiato il mio modo di pregare, di celebrare, di essere missionario. Oggi prego per questa guerra, ma bisogna comprendere che non si può portare la pace con la violenza, ma si deve portare la pace disarmando il nostro desiderio di violenza. Io collego i giorni del triduo pasquale a tre parole: venerdì = perdono; sabato = silenzio; domenica = shalom /pace. Oggi il mio messaggio è questo: il perdono, fasciato di silenzio, genera la pace”.
Così padre Gigi, nel silenzio che regnava nella nostra Chiesa gremita di adulti e giovani, ci ha insegnato come vivere oggi la nostra Messa domenicale, aprendoci al silenzio nella preghiera per arrivare a donare la nostra vita con gesti quotidiani di perdono e di pace.
Nella foto a lato: Padre Gigi durante l’intervento a San Fereolo.
Ho conosciuto Padre Pier Luigi Maccalli nel lontano 1978; per me e mio fratello era l’ anno della maturità, il quinto anno del liceo classico frequentato nel seminario di Crema. Per noi, provenienti dal Seminario di Pavia con solo 3 alunni in classe, è stata un’ iniezione di aria. Il liceo del seminario di Crema era parificato e frequentato anche da studenti esterni: Gigi era in seminario, come noi provenienti da Pavia. Gli altri erano esterni. Frequentammo per tutto l’ anno, rientrando a Pavia il sabato dopo la scuola.
Con Gigi e altri del seminario ed esterni, abbiamo legato subito, perché per noi, i “pavesini” un po’ spaesati da questo “trapianto” estemporaneo, hanno avuto un senso di accoglienza e tanta attenzione.
Con Gigi abbiamo vissuto non solo l’esperienza dell’ ultimo anno di Liceo; lui ed altri sono diventati compagni di studio ma anche di svago. Nelle belle giornate, dopo pranzo, per circa due ore si prendevano le biciclette e pedalavamo verso i paesi limitrofi, dove risiedevano le famiglie di Riccardo, Oreste, Giovanni e dello stesso
Gigi. Una scampagnata prima di metterci a studiare e rientrare nella routine giornaliera. Di quel periodo, oltre a qualche foto, ho il ricordo netto di Gigi come persona gentile, sempre ordinata e con lo sguardo di chi accoglie col sorriso.
Dopo la maturità, rientrati in quel di Pavia, le nostre strade per un po’ si sono allontanate, ma rimanemmo in contatto in modo saltuario. Gli studi e gli impegni seguenti di tutti mi hanno permesso di frequentare solo sporadicamente gli amici di Crema, anche se seguivo ed ero informato delle loro vicende: di Gigi sapevo che, una volta diventato sacerdote nel 1985, aveva chiesto come il fratello Walter, di essere accettato nella Società per le Missioni Africane (SMA ).
Per alcuni decenni i nostri rapporti rimasero come “sospesi”: Gigi fu missionario per circa dieci anni in Costa D’ Avorio, poi per altri dieci formatore in Italia e nel
2007 partì per il Niger.
Intanto la frequentazione con gli altri del gruppo crebbe e si unì dal 2006 anche Tiziana, mia moglie. Nel 2014 avemmo modo di fare una rimpatriata per una pizza, approfittando del fatto che Gigi si trovava a Madignano, suo paese natale, per un periodo di riposo estivo, cui era solito anche per far visita ai genitori anziani; qualche anno dopo partecipammo anche al funerale della mamma. Ci scambiammo i numeri di telefono e la mail. Qualche volta ci scrivemmo e non posso fare a meno di ricordare le sue lettere aperte per il Santo Natale o la Santa Pasqua, con le quali ci aggiornava sulla sua missione e chiedeva preghiere, soprattutto per i più piccoli. Abile scrittore, in queste due occasioni con modi semplici ma non superficiali, comunicava la sua passione per la missione africana.
Ci saremmo dovuti incontrare anche ai primi di settembre 2018 prima della sua ripartenza per Bomoanga, in Niger, ma non ci riuscimmo. E pochi giorni dopo, il 18 settembre, abbiamo avuto notizia del suo rapimento avvenuto la notte prima. Rimanemmo senza parole perché la situazione ci sembrava irreale, senza senso, conoscendo lo stile che contraddistingueva Gigi nell’ operare in quel territorio difficile e martoriato dai fanatici dell’ Isis.
Subito la sua parrocchia guidata da don Giovanni, uno degli amici di seminario e nel frattempo diventato sacerdote e Priore di Madignano, ha intrapreso un impegno di preghiera quotidiana serale: in chiesa, chi poteva recitava il rosario tutti i giorni dopo cena, e così è stato, fino al giorno della sua liberazione. Non abbiamo partecipato sempre ma fu una forte testimonian-
za per noi. A questa iniziativa si è aggiunta quella della diocesi di Crema che per quei due anni, il 17 di ogni mese, ha organizzato nelle varie parrocchie e/o associazioni un momento di preghiera e riflessione o una marcia silenziosa in collaborazione con il Gruppo Missionario cittadino. Qui siamo stati più fedeli. Durante questi incontri siamo venuti a conoscenza anche degli altri ostaggi trattenuti in Africa, qualcuno poi liberato; due liberati insieme a Gigi e altri successivamente. Ma ancora ne restano una decina in mano ai gruppi jaidisti.
Da quando è stato liberato e ci è stato concesso di rivederlo per la prima volta nell’ oratorio di Madignano per una Santa Messa, padre Gigi non ha mai smesso di chiedere di pregare anche per loro; il rosario di stoffa simile a quello che si è costruito nel deserto del Sahel, e che ci è stato distribuito in uno degli incontri successivi, lo tengo in macchina e ci recito il rosario andando al lavoro al mattino, ricordando Gigi che ci è stato restituito, e anche gli altri dieci ostaggi perché tornino presto tra noi.
Per la cronaca il 17 novembre dello scorso anno nell’ unità pastorale di Madignano è iniziato un percorso di 5 incontri con padre Gigi dal tema: Liberate la pace. Il ciclo si concluderà il 17 aprile a Montodine, sempre guidato da padre Gigi. Dal momento che scrive e parla bene, gli chiederemo se poi queste meditazioni sfoceranno in un libro che ci possa aiutare, riprendendo in mano le sue riflessioni, a far scendere più profondamente nel nostro cuore e nelle nostre scelte la capacità di fare silenzio, di perdonare soprattutto i nemici e di pregare.
Iniziato domenica 17 ottobre 2021, il Sinodo XIV della Chiesa di Lodi si è concluso il 25 marzo 2022: l’Eucaristia è stata effettivamente la sua fonte e il suo culmine. Nella piazza antistante la cattedrale, la sera dell’Annunciazione del Signore, abbiamo offerto simbolicamente la pace di Cristo alla città e alla terra lodigiana, benedicendo con l’Evangeliario aperto in ogni sessione sinodale l’intera famiglia umana. Nella Veglia Eucaristica di Pentecoste, il 4 giugno 2022, ho firmato per tutti il Libro Sinodale, invocando lo Spirito affinché vincesse ogni nostro timore (cfr. Gv 20,19) infondendo amore e forza per l’annuncio del Crocifisso Risorto in un linguaggio nuovo, adatto al tempo, per continuare a fare “congresso” con tutti nell’unica fede (cfr At 2,1-13). Costitutivo e fecondo è il vincolo tra Eucarestia e Sinodo. La cattedrale scelta quale aula sinodale lo ha sottolineato: ambone, altare, cattedra
episcopale e ogni spazio assembleare concorrono tuttora a formare l’immagine della nave ecclesiale in rotta con Cristo verso l’Eterno, col solo Pane che nutre i molti (cfr Mc 8,14), anticipando la grazia di quando Dio sarà tutto in tutti (1Cor 15,28). Il Congresso Eucaristico Nazionale di Matera (22-25 settembre 2022), condiviso da una delegazione lodigiana col Vescovo, ha suggerito di prolungare l’invito a “tornare al gusto del pane” anche nella Chiesa di Lodi. Il ricordo dei Congressi Eucaristici Diocesani 2002 e 2012, a dieci e venti anni dall’indimenticabile visita di San Giovanni Paolo II, ha incoraggiato la prospettiva di un rinnovato e convinto appello eucaristico a tutti i fedeli. Avendo, inoltre, la pandemia penalizzato la frequenza alla liturgia, è sembrata ancor più opportuna questa sollecitazione. Diversi abituali partecipanti, infatti, non sono più tornati e, purtroppo, prosegue il calo di
Il colore del logo del Congresso Eucaristico richiama il colore del pane, nella sua semplicità e nella sua fragilità. Una fragilità – il pane spezzato – che richiama simbolicamente il corpo di Cristo e la sua parola. Nel libro aperto si legge infatti il passo evangelico di Mt 26, 26: “Questo è il mio corpo”.
Una chiesa eucaristica è una chiesa sinodale, che si pone in ascolto e si piega sulle ferite del corpo sofferente dell’uomo. Un pane che sfama, un pane che libera.
y 24 settembre 2023: ore 9.30 - Santa Messa in Cattedrale; ore 16 - intervento di P. Sequeri e concerto a cura dell’orchestra Esagramma
y 26 settembre: serata evento per i giovani
y 28 settembre: in mattinata ritiro spirituale per il clero, i religiosi e le religiose; nel pomeriggio Vespri e adorazione eucaristica per la terza età;
y 28 settembre: adorazione eucaristica notturna
y 30 settembre: ore 16.00 - solenne concelebrazione eucaristica in Piazza della Vittoria e a seguire processione eucaristica per le vie della città
presenza tra giovani e adulti. E’, pertanto, da rimotivare efficacemente la dimensione liturgica della sequela cristiana. L’Anno e il Congresso Eucaristico vanno in questa direzione condivisa negli organismi di sinodalità ordinaria. Sta procedendo l’attuazione del Sinodo con l’istituzione e il lavoro delle previste commissioni. Nella veglia di S. Bassiano sono state annunciate le prime Comunità Pastorali avviate nei sei nuovi vicariati.
E’ così iniziato il triennio di sperimentazione, col primo anno di carattere informativo, il secondo attuativo, il terzo di verifica al fine di pervenire ad un assetto territoriale consono alle attuali risorse, specie di persone, in linea però con la più corretta ecclesiologia partecipativa. Parte integrante di questo itinerario è l’elaborazione di orientamenti in campo liturgico per l’intera diocesi e l’integrazione del proprium diocesano. La Commissione vescovile post sinodale coordina questo impegno riferendolo alla centralità eucaristica. In collaborazione con la delegazione che ha partecipato al Congresso
di Matera, accompagna questo anno, delegando ad un comitato l’organizzazione di eventi diocesani essenziali, che si concluderanno il 30 settembre 2023. Nelle ore pomeridiane di quel sabato, ad aprire il giorno del Signore sarà la Santa Messa in piazza della Vittoria a Lodi seguita dalla Processione col Santissimo Sacramento. Invito cordialmente tutte le parrocchie, le associazioni, i singoli fedeli a quell’appuntamento per porre il sigillo sull’Anno e sul Congresso Eucaristico nell’avvicinarsi dell’Anno Giubilare 2025.
La Chiesa laudense celebrerà nel prossimo mese di settembre il VII Congresso eucaristico diocesano. Esso costituirà il momento culminante di un intero anno pastorale – il primo anno post sinodale – che il vescovo Maurizio ha voluto fosse dedicato all’Eucaristia. Il titolo del congresso: Chiesa eucaristica, Chiesa sinodale, vuole evidenziare lo stretto legame che esiste tra queste due dimensioni essenziali della Chiesa: l’Eucaristia e la sinodalità. Esse, infatti, s’intrecciano, si compenetrano, si legano inscindibilmente perché l’Eucaristia è il “Pane del Cammino”, è “Sacramento di Comunione”, è Cristo che ci chiama a seguirlo, a rimanere con lui e da lui ripartire per portare a tutti la gioia del Vangelo. Per capire che cosa è un Congresso Eucaristico Diocesano è sufficiente soffermarci su queste tre parole: Congresso, Eucaristico, Diocesano. La parola “congresso” ci fa comprendere che quest’avvenimento si qualifica nei termini di un “convenire”, di un’esperienza di popolo che si riunisce, si raduna, si ritrova insieme. La parola “eucaristico” contiene, per così dire, il fattore motivante, il soggetto che suscita il convenire. Il convenire dei fedeli parte infatti da un appello
che, in questo caso, è l’Eucaristia: è Cristo vivo e presente nel Sacramento dell’Altare. Infine la parola “diocesano” sottolinea la dimensione ecclesiale comunitaria più ampia dell’evento: una Chiesa locale in cui le diverse comunità cristiane che la compongono vivono la comune missione e sono impegnate nel comune cammino di santità e di carità.
Tenendo insieme queste tre parole si capisce che il Congresso Eucaristico diocesano è un evento in cui la Chiesa è sollecitata a riscoprire la sua identità più vera: quella di essere, come affermava san Giovanni Paolo
II, “Casa e Scuola della Comunione” (Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte). Una comunione che non nasce da simpatie umane e affettive, ma che scaturisce dall’unica fede in Gesù Cristo presente in mezzo a noi nell’Eucaristia, celebrata e adorata.
Chiesa ed Eucaristia formano un binomio inscindibile: non ci può essere Chiesa senza Eucaristia, ma anche Eucaristia senza Chiesa. Precisamente questo il Congresso Eucaristico Diocesano vuole proporre all’attenzione di tutti.
(Nella foto sotto: la celebrazione di chiusura del Congresso Eucaristico del 2012).
Il vescovo ha incontrato i fidanzati della diocesi che si stanno preparando alla celebrazione delle nozze in questo anno. L’incontro si è tenuto alla chiesa del Sacro Cuore, con un intenso clima di preghiera e di raccoglimento. Al termine della serata il vescovo Maurizio ha salutato personalmente tutti i fidanzati lasciando loro un ricordo della serata.
Di seguito riportiamo due testi che sono stati proposti nella sera del 16 febbraio.
Ti sei mai guardato dentro? Ti sei mai chiesto del tuo desiderio profondo? La nostalgia che si nasconde dentro di te, cosa ti abita? Sono poche le cose che contano, sono poche le cose che servono, quelle poche cose che restano sono le poche cose che contano. Abbiamo cercato alcune pa-
role universali, semplici, che sono dentro il cuore di tutti per fare un cammino. La prima è la parola bellezza. È verissima la frase di Dostoevskij che diceva che la “bellezza salverà il mondo”. Però è vero che siamo anche noi che dobbiamo salvare la bellezza. Dobbiamo infatti ricordarci che la bellezza è molto fragile. Che cosa intendiamo per bellezza? La bellezza non è l’estetica, la bellezza non è fatta di misure giuste, c’è bellezza quando percepisci quell’energia che spinge in avanti la vita. Quando capisci che una cosa è bella? Quando senti che non te la meriti. Quando tuo figlio ti sembra troppo bello per te, quando quella donna o quell’uomo ti sembrano troppo belli, quando quel tramonto ti sembra troppo bello per te, allora vuol
dire che è bello davvero. La bellezza non è un’idea, ma una esperienza, non è un concetto da elaborare, ma un’energia da percepire, in cui entrare. E, proprio come per la bellezza, Dio non è un’idea, un dogma, una regola, una legge. Dio è un’esperienza, Un’esperienza che fa crescere nel cuore delle persone la luce, il calore, l’energia, la dolcezza. Se vogliamo capire se una cosa è opera di Dio, dobbiamo aver presente un fiore che sboccia: un fiore che sboccia, non ha bisogno di recinti, di filo spinato, di porte chiuse; ha bisogno della luce, del calore e di un po’ di acqua. Simon Weil diceva che la bellezza è l’esca del divino che permette a Dio di entrare dentro di noi. San Francesco addirittura dava il nome di bellezza a Dio, “Tu sei bellezza”. La bellezza ci fa sentire che c’è un di più dentro le cose, e una fessura aperta sul di più, sul mistero sull’infinito. Ricordiamo l’infinito di Leopardi di fronte “all’immensità”, “agli interminati spazi” ai “sovrumani silenzi”, lui “si spaura”, prende paura. Incontrare Dio sarà come un bacio; vi ricordate il vostro primo bacio? Quando ti avvicinavi alla bocca di lui o di lei e non ti sembrava di baciare lui o lei, ma ti sembrava di baciare le montagne, il mare, l’oceano, quando è così l’infinito lo senti dentro la vita.
E anche la croce è bellezza. Quella croce che vediamo qui è bellezza, nonostante l’atrocità del dolore, rimane questo Gesù con le braccia aperte, quella dignità di stare su quella croce. Allora vogliamo ringraziare Dio, questo Dio che ti sembra di non afferrare mai, questo Dio che devi camminare e cercare con occhi aperti per vederne le sfumature, per sentirne la presenza, quella presenza che non ti opprime mai.
Davanti a me ho visto un cielo coperto di nuvole E dopo il sole splendere E poi ho visto te che sei la cosa più bella del mondo il tuo sorriso è un paesaggio stupendo dove mi piace perdermi, perdermi con te che sei la cosa più grande del mondo per me che forse non merito tanto non merito tanto
Dalla fede ho imparato a credere da mia madre ho imparato a non cedere e dal tempo che tutto può succedere
Io dal destino ho imparato a proteggermi da un abbraccio ho imparato a concedermi dalla bellezza non so come difendermi. Dentro me ho visto un vuoto immenso crescere e un arcobaleno esplodere
Per ogni volta che un ostacolo ti metterà alla prova o sentirai un brivido un’emozione nuova tu non avere mai paura non sentirti persa è solo vita, amore, che ogni giorno ci attraversa
E nei capitoli che ancora non abbiamo ancora scritto tra quelle pagine che ancora non abbiamo letto se tu mi cercherai, anche solo un momento mi troverai sempre al tuo fianco… te lo prometto
rusalemme la sera del giovedì santo per ricordare il dono del Sacerdozio che Gesù ha fatto al mondo, e a me, quella sera del lontano 28 giugno 1973, per dirgli il mio rinnovato grazie dopo cinquant’anni di ministero.
Poco tempo prima, Gesù aveva detto ai dodici: “Andate in città da un tale, e ditegli: ‘Il Maestro dice: il mio tempo è vicino, farò la Pasqua da te con i miei discepoli”. Gesù, quella lontana sera, per lasciare i doni del sacerdozio e dell’eucaristia ha avuto bisogno “di un tale”.
Don Angelo da qualche anno collabora con la nostra parrocchia: una presenza discreta, apprezzata e preziosa. Il 28 giugno ricorrono 50 anni dalla sua Ordinazione Sacerdotale: anche noi lo vogliamo ricordare con gratitudine augurale nella celebrazione del Corpus Domini, domenica 11 giugno prossimo.
Ci sono alcune sere, alcune notti dell’anno liturgico che hanno avuto e hanno nel mio cuore una risonanza tutta particolare. Penso alla notte santa del Natale, alla notte del giovedì santo, alla notte di Pasqua, alla sera del due novembre dopo la visita al cimitero.
Quest’anno avrò la gioia di essere a Ge-
Mi interrogo: Gesù da cinquant’anni ha voluto e vuole aver bisogno ‘di un tale’ come me! Perché? Tento di balbettare una risposta.
Quest’anno, sperando di poter restare a lungo nell’orto degli ulivi, la domanda si farà più insistente: ‘Perché, perché Signore, hai voluto aver bisogno di me’? Stasera mi sento un po’ come ‘quel tale’.
Mi hai chiesto, a vent’anni, di darti la mia vita, di darti la mia stanza interiore, di darti tutto me stesso. Mi hai chiesto l’intelligenza, il cuore, i sentimenti, l’affetto, il corpo, la sessualità: mi hai chiesto tutto! E io, con lo slancio giovanile dei vent’anni ti ho risposto: “Eccomi, eccomi Signore”! Stasera, ripensando a quell’“eccomi”, mi sento pieno di stupore e di meraviglia.
Perché, Signore, hai voluto aver bisogno proprio di me e di non di altri certamente migliori di me? Perché Signore? Come non restare meravigliato!
Questa domanda mi ha accompagnato per i cinque anni di studi teologici, e si è fatta più pressante negli ultimi mesi prima dell’Ordinazione Sacerdotale, prima di essere un ‘altro te stesso’, prima di essere associato, con il Sacramento dell’Ordine, al sacerdozio che tu possiedi in modo “Sommo ed Eterno”.
Ripensando ai sacerdoti che erano stati ordinati prima di me, e immaginando i sacerdoti che lo sarebbero stati dopo di me, mi vedevo come una goccia in un immenso oceano con il tormento della domanda:
‘Perché, Signore vuoi aver bisogno di me’?
Vedendomi pensoso, un mio compagno di ordinazione, che ora è giù in cielo, mi confidò che questo era anche il suo interrogativo.
E’ l’amore libero del Signore che non valuta come noi; è l’amore gratuito del Signore che avvolge ogni uomo; sono gli occhi del Signore che quando si posano su una creatura e che questa li riconosce tali, rivelano la predilezione che sceglie fra tanti; sono il compimento del progetto presente nella mente di Dio da sempre, e che si è reso visibile in quel determinato momento storico; è l’unicità del proprio sacerdozio in mezzo a centinaia di migliaia; è, per dirla con un’immagine: un chicco di frumento in un campo ricco di spighe.
E anche dopo cinquant’anni, sono qui ancora a chiederti: perché, Signore hai voluto e vuoi ancora aver bisogno di me? La risposta non l’ho mai trovata, e neanche stasera è sulle mie labbra: è un mistero che capirò quando sarò in paradiso. Mi si accende
una lampadina, pensando che il Signore ha scelto Pietro non perché fosse perfetto, ma perché il suo Signore era l’unico ad ‘avere parole di vita eterna’.
E la lampadina rimane accesa. L’interrogativo è rimasto nel cuore per cinquant’anni, e tu me lo hai richiamato ogni volta che le sirene del mondo cercavano di spegnerlo; ogni volta che il peccato ha avuto il sopravvento nel cammino di risposta gioiosa e generosa.
Così stasera piego il capo e il ginocchio davanti a tanto mistero, e rinunciando a voler capire e penetrare nel mistero stesso dico: grazie, grazie Signore!
Grazie perché ti sei servito delle mie mani per accarezzare i piccoli; grazie perché ti sei servito dei miei occhi per vedere i bisogni del fratello; grazie perché ti sei servito dei miei piedi per camminare sulle strade del mondo e della tua terra; grazie perché ti sei servito delle mie orecchie per ascoltare i gemiti e le gioia di tanti cuori sofferenti; grazie perché ti sei servito della mia poca intelligenza per annunciarti e farti conoscere; grazie perché ti sei servito del mio cuore per rivelare il tuo; grazie perché ti sei servito del mio piccolo amore per manifestare il tuo che è immenso; grazie perché ti sei servito del sacerdozio avuto in dono perché i fratelli riconoscessero e ti lodassero per il tuo; grazie per le forze che mi hai dato e mi dai per poter guidare gli uomini a te; grazie perché ciò che faccio in parole e opere è il Vangelo che si sta scrivendo oggi. Grazie, grazie. “Andate in città da un uomo e ditegli: il Maestro dice: ‘Il mio tempo è vicino, farò la Pasqua da te con i miei discepoli”. Signore, continua a contare su di me, oggi, domani, dopodomani e sempre, fino a quando lo vorrai tu.
Prima Confessione: domenica 16 aprile, ore 15.30, chiesa del Sacro Cuore.
Prima Comunione: martedì 25 aprile, ore
10.30, chiesa del Sacro Cuore.
Santa Cresima: domenica 14 maggio, ore 15.30, chiesa del Sacro Cuore.
Battesimi: domenica 23 aprile, domenica
30 aprile, domenica 21 maggio, domenica
4 giugno, sempre alle ore 16.00 nella chiesa di San Fereolo.
y Celebrazione di apertura: lunedì 1° maggio, ore 20.30, Rosario e Santa Messa presieduta dal vescovo Maurizio, presso la zona artigianale (da confermare).
In attesa di pubblicare integralmente il bilancio della parrocchia relativo all’anno 2022, che presenteremo a breve anche alla Curia diocesana, come da normativa, vi aggiorniamo su alcune voci emergenti della situazione economica della parrocchia per questi primi mesi dell’anno 2023.
Anzitutto comunichiamo che il rifacimento del Palasanfereolo ha comportato una spesa di € 141.293,61 cui vanno aggiunti € 4.489,20 per smontaggio e montaggio tribuna, acquisto e posizionamento reti tribuna, spese fabbro per riparazione porte Palasanfereolo per un totale complessivo di € 145.782,81.
Come già comunicato in precedenza abbiamo contratto un mutuo chirografario decennale di € 90.000 presso BPM.
Le rate mensili, a seconda della fluttuazione dei tassi di interesse (raddoppiati ultimamente!) si aggirano intorno agli 890 euro. Quanto ai contributi di enti e istituzioni abbiamo ottenuto l’assegnazione del contributo della Fondazione Comunitaria della Provincia di Lodi di € 30.000, cui aggiungere donazioni per € 17.750, per un totale di € 47.750. Nel mese di gennaio abbiamo presentato puntuale rendicontazione. Ora attendiamo il bonifico da parte della Fondazione stessa.
La diocesi ci ha assegnato € 10.000 dai fondi dell’8xmille. Il Comune di Lodi ci ha riconosciuto € 29.056,18 quale assegnazione dei contributi sulle attrezzature religiose. Siamo in attesa che tale contributo ci venga erogato.
La Fondazione BPL ci ha assegnato un contributo di € 2.500.
La sottoscrizione a premi ha consentito un contributo positivo di € 6.000. A tutti vada la riconoscenza sentita da parte dell’intera comunità e del GSO San Fereolo. Non possiamo inoltre dimenticare le numerose donazioni dei parrocchiani, nei confronti dei quali esprimiamo la gratitudine più sincera.
Spiace invece costatare che, ad oggi, l’assicurazione non abbia ancora dato alcun tipo di riscontro, nonostante i solleciti.
Il 31 marzo scadrà l’ennesima rata trimestrale di € 8.692,23, relativa al mutuo chirografario contratto per i lavori alla Chiesa del Sacro Cuore, che si estinguerà nel 2026.
Anche per la Chiesa del Sacro Cuore non manca l’attenzione e la generosità dei parroc-
chiani, ai quali va tutta la nostra riconoscenza.
In previsione dei rincari previsti abbiamo cercato di contenere, per quanto possibile, i consumi di energia per evitare che le bollette lievitassero in maniera esponenziale. Al momento la situazione, quanto alle strutture di San Fereolo (Chiesa, Oratorio, Caritas, case sacerdoti) è sotto controllo. Diversa la situazione a Robadello dove la fornitura di calore dipende dal teleriscaldamento.
Il passaggio della gestione da Linea Green ad A2a, decisa non da noi ma dall’azienda stessa, ha comportato una serie di disguidi, non dipendenti dalla nostra volontà, per cui, ad oggi, non abbiamo ancora ricevuto le bollette del riscaldamento di dicembre, gennaio e febbraio. Ci auguriamo di non avere spiacevoli sorprese!
y Ogni martedì, ore 20.30: Rosario e S. Messa in uno dei punti del quartiere secondo il calendario che sarà comunicato.
y Ogni giovedì, ore 20.30: Rosario e S. Messa nel cortile dell’Oratorio con i vari gruppi dei ragazzi.
y Il lunedì, mercoledì e venerdì, ore 21.00: preghiera del Rosario in chiesa parrocchiale.
y Lunedì 22 maggio, ore 20.30: Rosario e S. Messa presso la floricoltura Oldani, nella memoria di Santa Rita.
y Mercoledì 24 maggio, ore 21.00: Processione cittadina all’Ausiliatrice.
y Mercoledì 31 maggio, ore 20.30: Rosario e S. Messa di chiusura presso la Madonnina di via Raffaello.
Nei mesi di febbraio e marzo i sacerdoti hanno visitato le famiglie di via Cosway, via Tortini, via Leonardo, via Giotto, via Sforza, via Parini, via Manzoni, via Fatebenefratelli, via Bergognone, via Spelta, via Locatelli, via Griffini, viale dei Platani. Ringraziamo tutte le famiglie per la cordiale accoglienza che ci hanno riservato. Nel mese di maggio sarebbe nostra intenzione passare per la benedizione delle famiglie in viale Pavia.
y Venerdì 9 giugno, ore 8.30, a San Fereolo: S. Messa di apertura e adorazione eucaristica fino alle ore 11.45. Nel
pomeriggio: adorazione eucaristica dalle 15.30 fino a sera. Alle ore 21.00: celebrazione dei Vespri e benedizione eucaristica.
y Sabato 10 giugno, ore 8.30, a San Fereolo: S. Messa e adorazione eucaristica fino alle ore 11.45.
y Domenica 11 giugno, ore 16.30, a San Fereolo: adorazione eucaristica. Alle ore 17.30 celebrazione dei Vespri e benedizione eucaristica. Alle ore 20.30: S. Messa e Processione cittadina del “Corpus Domini”.
Venerdì 16 giugno si celebra la Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, cui è dedicata la nostra bella chiesa di Robadello. Terremo un’unica solenne celebrazione alle ore 8.30, nella chiesa del Sacro Cuore.
Messe festive: nelle domeniche di luglio e agosto sarà sospesa la Messa delle ore 18.00 a San Fereolo.
Messe feriali: da lunedì 19 giugno fino a venerdì 25 agosto compreso la Messa feriale delle ore 18.00 a San Fereolo sarà sospesa.
Riprenderà regolarmente con lunedì 28 agosto.
Dopo una lunga pausa, dovuta alla pandemia, sono riprese le attività dell’Associa-
zione Adulti e Pensionati. Come sempre, si alternano momenti di preghiera a momenti di convivialità.
Molti sono gli incontri culturali con relatori che, volontariamente e in modo del tutto gratuito, prestano la loro opera a favore della nostra parrocchia. Tra di essi ci sono anche personalità note nel Lodigiano, quali Ferruccio Pallavera e Angelo Stroppa, Stefano Taravella e Marina Arensi (foto sopra).
Ma possiamo dire che quest’anno tutti i nostri “maestri” ci hanno regalato emozioni e insegnamenti preziosi. Per non parlare del bellissimo racconto della vita del beato Carlo Acutis, fattoci da don Elia: ci ha veramente toccato nel profondo.
Più invecchio, più mi rendo conto di quali siano i valori che dobbiamo coltivare, per stare bene con noi stessi e con gli altri:
y mantenere la voglia di imparare qualcosa di nuovo: ci apre la mente e ci aiuta a conservare la lucidità del pensiero;
y fare festa insieme, conoscere gente: ci aiuta a non sentirci più soli;
y pregare insieme: ci facilita il contatto con Dio e l’unione con Lui. Arricchisce la nostra spiritualità e il sentirci tutti
fratelli.
Nel suo piccolo, la nostra associazione ci dà la possibilità di accostarci a questi valori e ci invita a trasmetterli a chi vive accanto a noi.
Dopo la Santa Pasqua, avremo ancora un momento di festa e il pellegrinaggio, in cui potremo ritrovarci insieme.
Siamo aperti a tutti coloro che desiderano vivere più da vicino la realtà parrocchiale; con la preghiera, con l’apprendimento culturale e con l’acquisizione di nuovi amici e per condividere momenti di serenità e di
Ticket: una strada fatta di storie
È questo il titolo del nuovo progetto che io e altri giovani della parrocchia abbiamo deciso di intraprendere. Si tratta di un podcast in cui ci proponiamo di raccontare storie di vita che possano essere di ispirazione o anche solo aprirci gli occhi su realtà diverse dalla nostra. Il titolo nasce proprio da questa idea: ogni episodio ci darà un biglietto di ingresso ad una storia.
La prima puntata uscirà nelle prossime settimane su YouTube e Spotify. Non possiamo ancora svelarvi molto ma siete tutti invitati a ritirare un ticket e immergervi nel nostro salotto per conoscere le storie che abbiamo da raccontarvi.
Colgo l’occasione per ringraziare chi, insieme a me, ha partecipato alla creazione di questo progetto: in primis Don
crescita spirituale.
(Marinella Molinari)
L’estate sembra ancora lontana ma arriva in fretta e, con le vacanze, tornano le esperienze estive in Oratorio, prima fra tutte il Grest. In attesa del tema, che sarà presentato a fine marzo agli animatori, sta per partire la macchina organizzativa.
Intanto segnaliamo le date: da lunedì 12 giugno a venerdì 30 giugno.
Preparatevi! Vi aspettiamo!
Roberto e Don Elia, che hanno messo a disposizione le risorse dell’oratorio, a Giacomo che sarà co-conduttore del podcast insieme a me e a Martina, Simone, Alessandra, Greta, Mario e Nicoló. Seguiteci sui nostri canali social Instagram e Facebook per rimanere aggiornati.
(Erik Fechino)Wow! Grazie allo Spirito
È il grido che ha riempito il Palacastellotti domenica 12 marzo. Ad accogliere più di 1500 cresimandi provenienti da tutte le parrocchie della diocesi un caldo pomeriggio primaverile, ma a scaldare gli animi dei cresimandi all’interno del palazzetto sono stati i canti, i balli e le animazioni che hanno riempito il divertente pomeriggio. Al centro l’incontro con il vescovo Maurizio che non si è tirato indietro partecipando attivamente alla festa e guidando in particolare un intenso momento di pre-
ghiera. Ecco nelle foto i nostri cresimandi presenti alla festa con i catechisti.
Riceviamo dal CAV, e pubblichiamo, una
mail di ringraziamento relativa alla vendita di primule in occasione della Giornata per la Vita, celebrata il 5 febbraio scorso. A nome del Movimento per la Vita Lodigiano desidero ringraziare tutta la comunità per il ge-
neroso contributo in occasione della quarantacinquesima edizione della Giornata per la Vita. Quest’anno la manifestazione è tornata a pieno regime e la risposta di tutti è stata oltre il prevedibile. Il Movimento per la Vita Lodigiano opera in gran parte per merito delle offerte di persone generose.
I 525 € che sono stati raccolti contribuiranno a far fronte alle spese organizzative e a pagare i beni di prima necessità, i farmaci e le visite mediche alle donne in gravidanza, alle mamme e ai loro neonati che si rivolgono al CAV.
Invito a indirizzarci specialmente le donne in difficoltà con una gravidanza ostacolata o non accettata proponendo loro di chiamare o mandare messaggi al numero 348-9828647. Nel ringraziare per la disponibilità formulo i miei più cordiali saluti anche a nome di tutti i volontari.
(Paolo Melacarne)A riprova che la scelta di destinare l’8xmille alla Chiesa Cattolica va a beneficio capillare di tanti progetti, anche delle singole parrocchie, comunichiamo che alla nostra parrocchia, quest’anno, sono stati destinati € 10.000 a sostegno dei lavori di rifacimento del Palasanfereolo ed € 15.000 a favore della Caritas Parrocchiale. Esprimiamo la nostra gratitudine per questa scelta e ci impegniamo a sostenere la scelta della destinazione dell’8xmille alla Chiesa Cattolica.
Nella dichiarazione dei redditi è possibile anche esprimere la scelta di destinare il 5xmille ad alcuni enti o associazioni tra cui quelle sportive. Anche il nostro GSO San Fereolo può essere tra i destinatari di questa scelta, che non costa nulla: vi chiede solo di apporre la vostra firma ed il codice fiscale dell’Associazione. In questo modo i fondi del 5xmille sono un ulteriore sostegno alla Parrocchia per il pagamento delle utenze del Palasanfereolo e delle strutture sportive di Robadello. Ecco il codice fiscale da riportare: 92503630151.
y MARCHESI PIETRO di anni 86
y PILIA ERMINIO di anni 65
y CORNETTI ANGELO di anni 60
y VERDELLI ELSA di anni 90
y BRAME’ ALDO di anni 88
y ALCESI OLIMPIO di anni 80
y POLIZZI GIOVANNI di anni 83
y SPANO’ GIOVANNA di anni 87
y PERUGIA STEFANO con SANFILIPPO GIADA TERESA MARIA
y ALISIGWG MUNACHINSO SOPHIA di Christopher Chokwundi e Ogonna Ifeoma
y LO VERSO GIORGIA di Marco e Abbiati Silvia
y OSMAJ KEVIN di Denis e Nelaj Ina
viale Pavia 41, Lodi - tel. 0371-30658
Per contattarci:
don Elia: tel. 0371-30658
don Roberto: tel. 0371-36345
Caritas parrocchiale: via della Marescalca 3 - tel. 0371-430885 e 346-1852553
Gruppo Sportivo Oratorio: via Salvemini 5 - tel. 0371-979388
Coordinatore Sportivo: Roberto Folletti tel. 339-1452918
e-mail: doneliacroce@libero.it
sito web: www.http://sanfereololodi.blogspot.it
e-mail Caritas Parrocchiale: caritassanfereolo@gmail.com
Gli orari delle S. Messe:
Feriali
San Fereolo: ore 8.30; ore 18.00
Sabato e prefestive
Sacro Cuore: ore 17.30
Festive
San Fereolo: ore 8.30; ore 18.00
Sacro Cuore: ore 10.00; ore 11.30
I servizi della Caritas parrocchiale:
Doposcuola in fase di programmazione
Distribuzione vestiti
martedì dalle ore 9.00 alle 11.00
Aiuto generi alimentari
una volta al mese
Centro d’ascolto
lunedì - mercoledì – venerdì dalle ore 9.00 alle 11.00
Servizio di consulenza per la dichiarazione dei redditi
giovedì dalle ore 9.00 alle ore 11.00
Ambulatorio medico Caritas
martedì dalle ore 16.30 alle ore 18.30
Le visite, riservate esclusivamente a pazienti privi dei documenti necessari per l’assistenza sanitaria, vanno prenotate presso la Caritas centrale, via Cavour, 31.