Camminiamo Insieme Pasqua 2017

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CAMMINIAMO INSIEME Bollettino della Parrocchia dei Santi Bassiano e Fereolo - Lodi Pasqua 2017 - n. 409 pro manuscripto

Buona Pasqua!


Il triduo del Signore crocefisso, sepolto e risorto

Pasqua, il passagg di don Elia Croce - parroco

Il Triduo Pasquale che celebreremo tra qualche giorno, a partire dal Giovedì Santo 13 aprile, fino alla Domenica di Pasqua 16 aprile, è il cuore o centro dell’Anno Liturgico. Qui noi celebriamo e riviviamo il mistero della nostra salvezza nella Passione, Morte e Risurrezione del Signore. Un profondo legame unisce il Triduo Pasquale all’Eucarestia: • anzitutto perché Gesù l’ha istituita proprio nell’ultima cena, anticipando quello che di lì a poco sarebbe avvenuto: il dono di tutto se stesso nella morte redentrice sulla croce e nella vittoria sulla morte con la sua risurrezione; • poi perché l’Eucarestia è sempre celebrazione della Pasqua di Gesù; essa infatti è il “modo” sacramentale di ricevere e gustare i frutti, i benefici della Pasqua, anche oggi, a distanza di duemila anni.

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“In memoria di me …” significa proprio questo. La Messa non è il ricordo di un avvenimento, ma è la sua attualizzazione, la possibilità di esserne partecipi, di rivivere ciò che storicamente è già avvenuto. Fare “questo in memoria …” di Lui non significa soltanto ricordarci di Gesù, bensì essere direttamente partecipi del suo mistero di salvezza che è anche per noi, per ciascuno di noi, attraverso l’Eucarestia. In prossimità della Pasqua, preziosa occasione per “fare questo in memoria …” di Lui, vorrei sottolineare, molto semplicemente e concretamente alcuni atteggiamenti e raccomandazioni; lo faccio, da parroco, con il cuore del pastore e del padre.

Fare Pasqua … E’ un’espressione che si usava più frequentemente in passato: “fare Pasqua” significava essersi accostati alla Confessione e Comunione Eucaristica. Mi sembra, anche oggi, un’espressione significativa, nella sua concretezza: “fare Pasqua …”. La Pasqua “si fa …”, si opera, si vive come un avvenimento, come un fatto che accade e che “ci accade”: a noi, proprio a noi,


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come un autentico passaggio (Pasqua significa proprio passaggio …). Nei segni sacramentali del Perdono e della Comunione noi facciamo Pasqua nella nostra esistenza, cioè possiamo operare quel passaggio da morte a vita, possiamo entrare nella novità di vita che il Cristo Risorto ha desiderato anche per ciascuno di noi.

Esserci … La presenza di tutti i cristiani a celebrare la Pasqua del Signore nei tre giorni santi è dunque fondamentale, non per “fare numero”, ma per sentirci comunità riunita nel suo nome, attorno

al Signore, e per condividere la fede nell’unico Signore Gesù Cristo, nel momento più importante per la fede dei credenti. “Esserci”: non mi sembra un’indicazione scontata, vista la tendenza, proprio nei giorni del triduo Pasquale, ad organizzare viaggi o vacanze. Senza nulla togliere alla legittimità e necessità di momenti di questo tipo per la vita personale e famigliare, mi permetto di indicare, nei limiti del possibile, di celebrare la Pasqua nella propria comunità cristiana di appartenenza: non è indifferente. In questo caso il proverbio “ … Pasqua con chi vuoi …” non deve indurci a equivoci:

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La Settimana Santa o Grande Settimana: proposte di spir Domenica 9 aprile

Domenica delle Palme e della Passione del Signore - Ore 10.30: ritrovo in Piazza Omegna; benedizione degli Ulivi; processione verso il cortile dell’Oratorio; solenne celebrazione Eucaristica. In caso di pioggia la celebrazione si tiene nella Chiesa del Sacro Cuore a Robadello. E’ sospesa la Messa delle 11.30 a San Fereolo. - Le altre celebrazioni: ore 8.00 a San Fereolo; ore 9.00 al Sacro Cuore; ore 18.00 a San Fereolo.

Giovedì 13 aprile

Giovedì Santo

- Ore 8.30, a San Fereolo: Celebrazione dell’Ufficio di Letture e Lodi Mattutine - Ore 9.30, in Cattedrale: Santa Messa del Crisma - Ore 18.00, in San Fereolo: Santa Messa in “Coena Domini” - Ore 21.00, al Sacro Cuore: Santa Messa in “Coena Domini” e Adorazione Eucaristica fino alle 23.30

Venerdì 14 aprile

Venerdì Santo

- Ore 8.30, a San Fereolo: Celebrazione dell’Ufficio di Letture e Lodi Mattutine - Ore 15.00, a San Fereolo: Azione Liturgica del Venerdì Santo - Ore 20.45: Via Crucis per le vie del Quartiere con partenza dal parcheggio di via Marchi; percorso per via Marchi, via Tavazzi Catenago, via Tortini; attraversamento pedonale verso il parcheggio di via Leonardo da Vinci; via Leonardo da Vinci; attraversamento viale Pavia; via Raffaello. Conclusione nel cortile dell’Oratorio.

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Sabato 15 aprile

Sabato Santo

- Ore 8.30, a San Fereolo: Celebrazione dell’Ufficio di Letture e Lodi Mattutine - Ore 22.00 al Sacro Cuore: Solenne Veglia Pasquale

Domenica 16 aprile

Domenica di Pasqua nella Resurrezione del Signore - Ore 8.00 Santa Messa a San Fereolo - Ore 9.00 Santa Messa al Sacro Cuore - Ore 10.30 Santa Messa solenne della Comunità, al Sacro Cuore - Ore 11.30 Santa Messa a San Fereolo - Ore 18.00 Santa Messa a San Fereolo

Lunedì 17 aprile

Lunedì “dell’Angelo” - Ore 8.00 Santa Messa a San Fereolo - Ore 10.30 Santa Messa al Sacro Cuore - Ore 11.30 Santa Messa a San Fereolo - Ore 18.00 Santa Messa a San Fereolo

Le Confessioni nella Settimana Santa - Sabato 1 e domenica 2 aprile: nei limiti del possibile durante le S. Messe un sacerdote sarà disponibile per le confessioni. - Sabato 8 aprile, ore 16.00 - 17.45 a San Fereolo (don Elia) - Sabato 8 aprile, ore 15.30 - 16.45 al Sacro Cuore (don Marco)


ritualità e preghiera - Lunedì 10 aprile, ore 9.00 - 10.30 a San Fereolo (don Marco) - Martedì 11 aprile, ore 9.00 - 10.30 a San Fereolo (don Marco) - Martedì 11 aprile, ore 16.30 a San Fereolo: per tutti i ragazzi - Mercoledì 12 aprile, ore 9.30 -11.00 a San Fereolo: confessioni per tutti (don Marco, don Angelo) - Mercoledì 12 aprile, ore 19.00 a San Fereolo: confessioni adolescenti - Mercoledì 12 aprile, ore 21.00 a San Fereolo: confessioni giovani e adulti - Sabato 15 aprile, ore 9.30 - 12.00 San Fereolo: confessioni per tutti (don Elia, don Roberto, don Angelo, don Marco) - Sabato 15 aprile, ore 15.00 - 18.30 San Fereolo: confessioni per tutti (don Elia, don Roberto, don Angelo) Sabato 15 aprile, ore 15.00 - 19.00 al Sacro Cuore: confessioni per tutti (don Marco)

celebrare la Pasqua con la nostra e nella nostra parrocchia è segno di fede che si esprime anche nel sentimento dell’affetto e della vicinanza, di legami autentici, di relazioni profonde.

Vivere l’Eucarestia Se la partecipazione all’Eucarestia non trova riscontro nella quotidianità della nostra esistenza, c’è da chiedersi se davvero l’abbiamo celebrata. Vivere l’Eucarestia, vivere la Pasqua significa maturare in noi la consapevolezza di alcuni significati importanti, ai quali essa gradualmente ci educa: • non sentirci soli ma parte di una “compagnia”: perché sentiamo in noi la presenza del Signore che cammina con noi ed è presente in noi e perché ci sentiamo parte viva di una comunità, la chiesa, radunata nel nome del Signore. Significa sentirsi parte di una “comunione” che ha il suo punto di partenza dalla comunione eucaristica per esprimersi poi nella fraternità delle relazioni. • maturare il senso del dono: l’Eucarestia, espressione massima del dono di Gesù nel sacrificio della croce ci educa alla logica del dono, a fare dono di noi stessi per gli altri, ad entrare nella logica del servizio, sull’esempio del Maestro. • vivere in rendimento di grazie: l’Eucarestia, rendimento di grazie al Padre, ci educa a vivere con uno sguardo grato sull’esistenza personale, sul mondo, sulla storia, riconoscendo che tutto è dono ricevuto: celebrare l’Eucarestia significa dire ogni volta il nostro grazie al Signore per tutti i benefici ricevuti imparando ad affrontare la vita non nell’ottica della rivendicazione ma dell’accoglienza.

Auguri! Con particolare affetto, con la vicinanza della preghiera, noi sacerdoti vi auguriamo di poter “fare autenticamente Pasqua” nella celebrazione dei sacramenti, nell’incontro con la comunità dei credenti.

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Pellegrinaggio virtuale al cenacolo di Gerusalemme di Mons. Angelo Pavesi

In occasione della prossima Settimana Santa andiamo virtualmente in pellegrinaggio alla “stanza superiore” … nel Cenacolo a Gerusalemme. Salendo alla città santa facciamo risuonare nel cuore le parole che gli ebrei e gli antichi pellegrini cantavano cammin facendo: “Quale gioia quando mi dissero: andiamo alla casa del Signore! Già sono fermi i nostri piedi alle tue porte, Gerusalemme! E’ là che salgono le tribù, le tribù del Signore, per lodare il nome del Signore”. (salmo 122). Gerusalemme è la città santa per le tre grandi religioni monoteistiche: ebrei, mussulmani e cristiani. Per questi ultimi Gerusalemme è la città santa per eccellenza, nella quale si è compiuta, con la morte e risurrezione di Gesù, la “nuova ed eterna alleanza” tra Dio e l’umanità. L’attuale basilica crociata del Santo Sepolcro, che racchiude il calvario e la tomba vuota, è il punto centrale per tutti i credenti.

La stanza al piano superiore Nel nostro “pellegrinaggio” ci portiamo al Sion cristiano dove troviamo il Santo Cenacolo. Sala superiore della casa dove la famiglia normalmente cenava. Una sala come tante altre, prima

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che Gesù la scegliesse per celebrare l’ultima Pasqua con i suoi apostoli. Gli chiesero i dodici: “Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?”. Rispose: “Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua, seguitelo, e là dove entrerà dite al padrone di casa: il Maestro dice : dov’è la mia stanza perché vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, con i tappeti, già pronta, là preparate per noi”. (Mc 14, 13-15).

Gli avvenimenti successivi Lì il Signore celebrò la prima Eucarestia, nel


contesto della cena Pasquale ebraica che ricordava l’antica liberazione dalla schiavitù d’Egitto. Sotto i segni del pane e del vino Gesù, in modo incruento, anticipò il sacrificio cruento del giorno dopo, dove il suo corpo sarebbe stato “dato in sacrificio” e il suo sangue “versato”. (Mt. 26, 2629). Lì Gesù consacrò gli Apostoli primi sacerdoti. (Lc 22.20). Lì Gesù lavò i piedi ai Dodici lasciando il comando dell’amore fraterno: “Amatevi come io vi ho amato”. (Lc 13, 1-20). Lì Gesù pregò per l’unità dei credenti: “Tutti siano uno perché il mondo creda che il Padre mi ha mandato”. (Gv 17,21). Lì Gesù risorto la sera di Pasqua apparve ai discepoli dando loro lo Spirito Santo come forza per il perdono dei peccati: “Ricevete lo Spirito Santo: a chi rimetterete i peccati saranno rimessi”. (Gv 20, 22-23). Lì il Risorto appare ancora ai dodici otto giorni dopo e dice loro: “Beati quelli che pur non avendo visto, crederanno”. (Gv 20,28). Lì Pietro scelse Mattia al posto di Giuda che si

era impiccato. (Atti 1, 21-26). Lì Maria e gli apostoli celebrarono la prima “novena di preghiera” dopo l’Ascensione, in attesa dello Spirito Santo. (Atti 1,12-14). Lì avvenne la discesa dello Spirito Santo cinquanta giorni dopo la Pasqua nel giorno di Pentecoste. (Atti 2,1-13). Gli apostoli “furono tutti pieni di Spirito Santo”. Pietro uscì sulla pubblica piazza di Gerusalemme, fece la prima predica, e di colpo tremila persone chiesero il Battesimo. (Atti 2, 14-41). Lì fu celebrato il primo Concilio di Gerusalemme nel 50 d.C.

Un luogo ricco anche di molta storia Già in età apostolica il luogo fu oggetto di culto e i primi cristiani che si stabilirono sul Sion vi costruirono una chiesetta, che sfuggì prima alla distruzione di Tito (70 d.C.) e poi a quella di Adriano (135 d.C.). Nel IV secolo vi fu costruita accanto una basilica bizantina chiamata “Santa Sion”. Distrutta dai Persiani nel 614, fu parzialmente ricostruita dal Patriarca Modesto. I Crociati nel XII secolo sul luogo della “Santa Sion”, costruirono una grande chiesa chiamandola: “Madre di tutte le chiese”. Questa andò lentamente in rovina per l’incuria del tempo. Nel 1333 i Reali di Napoli acquistarono dal Sultano d’Egitto il luogo e lo affidarono ai Francescani, i quali restaurarono il Cenacolo in stile gotico, e così è rimasto fino ad oggi. Nel 1551 i Francescani furono ingiustamente cacciati dai mussulmani a motivo della supposta tomba di Davide che si trova sotto il Cenacolo. Da allora il piano inferiore fu trasformato in

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moschea. La medesima sorte è toccata nel 1928 al piano superiore o Cenacolo. Nel 1948 tutto l’edificio del Cenacolo fu occupato da Israele che trasformò la sala inferiore con la tomba di Davide in un luogo di culto nazionale, mentre la sala superiore rimane purtroppo trascurata nelle sue strutture. A questa vi si accede mediante una scala da poco rifatta e ricavata da una finestra. Di fronte all’entrata vi è la scala, ora chiusa, che metteva in comunicazione con la sala inferiore. Dalla parte opposta, la scala, anch’essa chiusa, che conduceva alla Cappella della Discesa dello Spirito Santo. Lungo la parete sud c’è il mihrab, costruito dai mussulmani per pregare orientati alla Mecca. L’unico segno cristiano del Cenacolo lo si trova in un capitello crociato. In esso è rappresentato un pellicano: uccello che per nutrire i suoi piccoli si scava dentro il proprio petto fino a consumarsi. Immagine presente sulle porticine dei tabernacoli delle nostre chiese e sui paramenti sacri dei sacerdoti, segno di Cristo che si consuma fino a dare tutto di sé. A tutt’oggi il Cenacolo è aperto ai pellegrini e ai devoti, ma è proibita qualsiasi celebrazione. Solo San Giovanni Paolo II ebbe il privilegio di celebrare la Santa Messa il 23 marzo 2000.

Quella sera e le altre sere Il Maestro è riunito con i suoi discepoli nell’intimità del Cenacolo. Mentre si avvicina il momento della Passione, il cuore di Cristo, circondato da coloro che ama, si riempie d’amore. Aveva desiderato ardentemente che arrivasse quella Pasqua, la più importante delle feste annuali di Israele, nella quale si riviveva la liberazione dalla schiavitù d’Egitto, Festa che era unita a un’altra celebrazione, quella degli azzimi, il ricordo dei pani senza lievito che il popolo dovette prendere durante la sua fuga precipitosa dal paese del Nilo. Il tutto si ricordava con una cena che era memoria del passato e annuncio di altre liberazioni, presenti e future. Celebrando la cena Pasquale, Gesù ha dato alla Pasqua ebraica il suo significato definitivo: era la nuova Pasqua, il suo passaggio da questo mondo al Padre, attraverso la sua morte e risurrezione, anticipata in quel banchetto.

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Nell’intimità del Cenacolo, Gesù fece qualcosa di sorprendente: preso un pane rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio corpo che è dato per voi. Fate questo in mia memoria”. Queste parole esprimono una radicale novità di questa cena rispetto alle precedenti. Quando passò ai suoi il pane azzimo non diede loro pane, ma una realtà diversa: distribuiva se stesso! Non dà più pane terreno, ma la comunione con se stesso. E nel momento in cui istituì l’Eucarestia donò agli Apostoli il potere di celebrarla per mezzo del sacerdozio. Anche con il calice Gesù fece qualcosa di singolare. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi”. Davanti a questo mistero ci diciamo: “Che cosa poteva fare di più Gesù, per noi?”. Davvero nell’Eucarestia ci mostra un amore che va fino all’estremo, un amore che non conosce misura”. Al termine della sua giornata il Maestro aveva riassunto in quel gesto tutta la sua storia, tutta la sua vita donata. Non aveva offerto qualcosa, ma se stesso. Commosso davanti alle “pecore senza pastore” aveva insegnato molte cose spezzando il pane della Parola. A chi aveva fame di perdono aveva offerto i segni della tenerezza di Dio. A Gerico nessuno immaginava che Zaccheo avesse fame. Entrò nella sua casa e lo saziò di amore e giustizia. Sulla mensa eucaristica, in ogni celebrazione, Gesù ripresenta, nel segno del pane, tutta la sua vita e chiede di essere mangiato. Nel mondo gli uomini “si mangiano”: ha successo chi si dimostra più forte. Gesù invece si è fatto “mangiare”. Sull’altare, il pane eucaristico è una proposta di vita: mangiarlo significa unirsi a Gesù, accettare di divenire con lui pane e offrirsi in alimento a chiunque abbia fame.

Conclusione Il nostro pellegrinaggio virtuale è finito: ora usciamo dal Cenacolo … ora usciamo dalla celebrazione eucaristica e andiamo nel mondo per saziare l’uomo che ha ancora fame d’Amore, fame di Dio. Buon viaggio e Buona Pasqua!


L’arte di celebrare di don Anselmo Morandi

Parto da una constatazione che può sembrare ovvia, ma voi mi insegnate che spesso le cose ovvie proprio perché ritenute ovvie o si trascurano o si dimenticano facilmente. Alla domanda che cos’è la liturgia? Potremmo dare un certo numero di risposte tutte corrette a partire da diversi punti di vista (teologico… biblico… antropologico… dal magistero). Ma ce n’è una che più di ogni altra riesce ad essere il più possibile esaustiva… almeno come punto di partenza di un discorso mirato sulla liturgia. Tale risposta è: la liturgia è una celebrazione. Se noi prendiamo il fenomeno (l’oggetto) in sé – la liturgia – essa appare appunto come una celebrazione. Se dovessi chiedervi: che cosa ho

davanti a me quando partecipo ad una liturgia? Che cos’è dal punto di vista del fenomeno una liturgia? La risposta inequivocabile è: la liturgia non appare anzitutto come un momento di annuncio, né di insegnamento, né propriamente una preghiera, ma una celebrazione. Se questo è vero, allora quando affrontiamo il mondo della liturgia la prima cosa da fare è chiedersi: che cosa è una celebrazione?... E ancora: perché l’uomo, il cristiano celebra? Che cosa celebra? Come celebra? Ai nostri giorni le parole “celebrare”, “celebrazione” fanno parte di un linguaggio condiviso. Vengono utilizzate tanto in ambito sportivo

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quanto in contesti politico-sociali… Tuttavia trovano il loro pieno significato in ambito religioso. Ora il celebrare è un’attività umana specifica che è stata ed è tutt’ora oggetto di molti studi (di carattere antropologico e teologico). Tali studi hanno condotto ad evidenziare alcune caratteristiche tipiche del “celebrare”. Li riassumo: 1) Il celebrare è un’attività che è legata alla vita e più specificamente ad un evento storico della vita dei popoli o delle persone. Si può celebrare qualcuno: colui che per esempio si è laureato; una persona che compie gli anni. Si può celebrare un avvenimento importante per un popolo: per es. una ricorrenza storica (la festa della repubblica il 2 giugno). Celebrare è dunque onorare, glorificare, ma anche ripetere, annunciare. Soprattutto il celebrare è quell’azione che consente di sottrarre un evento al puro accadere per attribuirgli un significato. Un evento non solo “è” ma “significa” qualcosa. Facciamo l’esempio della celebrazione della Pasqua. La celebrazione della Pasqua ebraica sottrae l’evento del passaggio del Mar Rosso al puro accadere, la celebrazione dell’ultima cena sottrae la morte in croce di Gesù al puro accadere e lo proietta nel futuro. 2) Il celebrare rimanda all’atto del “fare festa”. L’uomo ha bisogno di feste, o meglio di far festa. L’uomo cerca di superare il quotidiano della vita con un momento in cui esprime l’aspirazione più profonda a “qualcos’altro”, in cui dà voce agli interrogativi su ciò che oltrepassa e sfugge alla sua comprensione (homo faber – homo ludicus). La festa fa accedere l’uomo ad un altrove promesso, sognato: la festa esprime l’aspirazione più profonda dell’uomo. In una parola, celebrando e dunque facendo festa l’uomo diventa in qualche modo signore del tempo. La celebrazione cristiana ha un po’ di tutto questo: noi, in un determinato giorno, ci riuniamo numerosi, in un dato luogo. Questo riunirsi avviene per un motivo: Gesù Cristo e la sua Pasqua. Nelle celebrazioni cri-

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stiane ci si riunisce in nome di Gesù e si celebra Gesù Cristo. Più precisamente celebriamo l’alleanza che Dio stringe oggi con il suo popolo, facendo memoria di un avvenimento del passato: la Pasqua. Per questo la celebrazione cristiana è una festa, è la festa della perenne alleanza tra Dio e l’uomo sancita dalla passione-morte e risurrezione di Cristo (e qui noi abbiamo risposto alle domande: “perché si celebra?” e “che cosa si celebra?”) 3) Il celebrare implica il concorso di più persone: non si può celebrare da soli. L’etimologia della parola “celebrare” rimanda al latino celebrare che significa “riunire molte persone”. Indica in senso proprio l’atto di visitare spesso in folla un dato luogo, di andare numerosi in un determinato posto. In questa prospettiva, la riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II ha sottolineato che nella liturgia è l’Assemblea il soggetto celebrante principale. 4) Il celebrare richiede un cerimoniale, cioè un programma con certe regole trasmesse e accolte, che deve essere attuato fedelmente (es. senza la cerimonia di apertura i giochi olimpici sarebbero semplicemente dei campionati…..) 5) Il celebrare implica una messa in scena: per questo occorre uno spazio organizzato, in cui gli elementi orientano le persone, attribuiscono dei posti a sedere, occorre stabilire dei ruoli… dei tempi… ecc… ecc… 6) Il celebrare, e dunque la liturgia non è propriamente dell’ordine del logos, ma dell’ergon. E nel suo essere azione la liturgia coinvolge l’uomo nella sua totalità. Per questo giustamen-


te un grande liturgista, uno dei massimi esperti del Movimento liturgico, R.Guardini affermava: “Ciò che opera nell’azione liturgica, che prega, offre e agisce non è «l’anima», non l’interiorità, bensì «l’uomo»: è l’uomo intero che esercita l’attività liturgica. L’anima, sì certamente, ma solo in quanto essa vivifica il corpo. L’interiorità, sì certamente, ma solo in quanto si manifesta nel corpo”. In altri termini, la liturgia non si pone anzitutto sul registro del sapere concettuale, ma su quello della corporeità, del vedere, dell’ascoltare, del gustare, del muoversi, del toccare, ecc. Scrive il liturgista Giorgio Bonaccorso: “Se non si tocca, ma anche se non si sente, se non si vede, e non si assapora, non c’è liturgia come culto di Dio”. Si dice, a ragione, che la liturgia è un “incontro”: incontro tra una persona e Dio, tra una persona e le altre persone. Ora, l’incontro non avviene mai a livello solo mentale, ma sempre attraverso la mediazione del corpo; il corpo è sempre coinvolto in una comunicazione interpersonale. E’ nel proprio corpo e attraverso di esso che una persona percepisce il reale, quel reale che è sia la realtà mondana che ci circonda, sia la presenza di Dio che, non per nulla, nella liturgia è detta “reale”. In altre parole il celebrare implica l’uso di segni, o meglio di simboli, …. per essere ancora più precisi vive del linguaggio simbolico.

Il linguaggio della liturgia Si tratta di un linguaggio che più che descrivere evoca, più che esprimere rivela, più che rispondere ai criteri dell’utilità-produttività –

anche in termini pastorali – risponde a quelli della gratuità-significatività. Ancora Guardini afferma: “Nella liturgia il credente incontra un mondo ricco di segni e di immagini dense di contenuto: movimenti, azioni, oggetti, luoghi e tempi significativi…siamo al cuore di ciò che è liturgia” (Guardini). Ci domandiamo: cos’è il simbolo? Cosa significa agire simbolico? Quando si dice “simbolo” si pensa per lo più a cose, a oggetti. Ora di per sé gli oggetti sono neutri o sono utili a qualcosa. Siamo noi che, introducendoli in un determinato contesto, li investiamo di un significato simbolico. Facciamo un esempio: la falce. Tra le mani del falciatore essa serve per falciare, è dunque associata al lavoro. Tra le mani di un scheletro su di un quadro, essa simboleggia la morte che recide i fili dell’esistenza. Il contesto cambia il significato dell’oggetto. Nella liturgia il libro, la croce sono oggetti che parlano di per sé: sono parte integrante del contesto liturgico. Ma se si porta un oggetto che non fa abitualmente parte dell’azione liturgica, per es. una pietra, questa pietra può essere semplice pretesto per un discorso. E’ il momento in cui la si prende, il modo di prenderla, di portarla, di presentarla, il luogo in cui viene deposta che le conferisce un significato diverso da quello che le dà per es. il muratore. Ma facciamo un passo ulteriore. Più che insieme di simboli, la liturgia è un’azione simbolica. Ogni celebrazione, inclusa quella cristiana, fa propri molti gesti della vita quotidiana, quali il camminare, il sedersi, il parlare, il mangiare ecc.., ma li trasfigura, per così dire, dando loro, al di là della loro funzione abituale utilitaria, un supplemento di senso. Ad esempio: la processione d’ingresso non ha la mera funzione di spostamento dalla sacrestia al presbiterio ma ha una funzione simbolica, in quanto esprime il cammino del popolo di Dio venuto da diverse parti per radunarsi attorno al suo Signore. Così il mangiare: il pasto eucaristico è un pasto simbolico, non utilitaristico. Il pane che mangiamo non è fatto per saziare la fame del corpo ma per fare memoria di colui che ha dato la propria vita e ci invita ad essere come lui cibo per gli altri. “Le azioni simboliche non producono, ma danno

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senso, rimandando a quegli eventi superiori alle nostre capacità” (G. Bonaccorso). Fatto questo discorso ci chiediamo: come è possibile celebrare bene? Per celebrare bene (oggi si dice per celebrare con arte …) la prima attenzione da avere è costituita dalla conoscenza dei Libri liturgici, e in particolare delle loro Premesse. La celebrazione potrebbe essere paragonata all’interpretazione di un’opera musicale. All’inizio c’è una partitura. Essa non è ancora musica, ma solo un insieme di segni su un foglio. Sarà musica solo nel momento in cui i musicisti la suoneranno. Lo stesso avviene, fatte le debite proporzioni, con la liturgia. Essa è contenuta nei libri ufficiali della Chiesa, ma non è ancora liturgia finché un’assemblea non la celebra. Conoscere i Libri liturgici: ecco il primo compito. E questo non per cadere in un mero rubricismo e cerimonialismo, ma per assumere la struttura rituale di un’azione liturgica, che è la premessa indispensabile per favorire un’autentica partecipazione alla celebrazione (per vivere l’integralità dell’esperienza liturgica). Un secondo modo molto concreto per celebrare bene è seguire quella che un noto liturgista francese chiama “la legge fondamentale della liturgia”: “La legge fondamentale della liturgia non è dire quello che si fa, ma fare quel che si

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dice”. Se non si entra in questa “logica” difficilmente sarà possibile valorizzare il linguaggio del corpo nella liturgia, poiché continuerà a prevalere l’idea che per poter celebrare è sufficiente conoscere il contenuto di una celebrazione (operazione puramente mentale) senza preoccuparsi della sua pratica realizzazione. In questa prospettiva maestro insuperato rimane Romano Guardini con i suoi testi, in particolare Formazione liturgica. Lo spirito della liturgia e I santi segni. Per accorgersi di quanto questo sia vero basta riascoltare la pagina in cui egli parla “del segno della croce”: “Quando fai il segno della croce, fallo bene. Non così affrettato, rattrappito, tale che nessuno capisca cosa debba significare. No, un segno della croce giusto, cioè lento, ampio, dalla fronte al petto, da una spalla all’altra. Senti come esso ti abbraccia tutto? Raccogliti dunque bene; raccogli in questo segno tutti i tuoi pensieri e tutto l’animo tuo, mentre esso si dispiega dalla fronte al petto, da una spalla all’altra. Allora tu lo senti: ti avvolge tutto, corpo ed anima, ti raccoglie, ti consacra, ti santifica...”. La cura del celebrare si traduce, infine, nella convinta valorizzazione del “linguaggio non verbale”. Per linguaggio non verbale si intende tutte quelle forme di comunicazione nelle quali il canale di trasmissione non è vocale-uditivo. Nella liturgia, accanto al linguaggio verbale che pure ha una grande rilevanza, esiste una pluralità di linguaggi non verbali. Li elenco rapidamente: il codice verbale, o parola in atto, in tutta la sua gamma dei suoi impieghi: lettura, invocazione, acclamazione, orazione, parola performativa. Il codice sonoro: silenzio, il tono della voce, le pause, le esclamazioni, il canto e la musica. Il codice prossemico: la vicinanza e l’orientazione dei luoghi e delle persone, in quanto elementi che indicano il modo di stare uno di fronte


all’altro. Il codice cinesico: movimenti del soggetto celebrante, incedere, inchinarsi, inginocchiarsi. Il codice iconico, o funzione rappresentativa degli oggetti che contribuiscono a realizzare una determinata relazione comunicativa. Il codice ottico: segnali luminosi, colori Il codice tattile, o interazione simbolica con le persone e le cose Il codice olfattivo, o capacità degli odori di trasmettere emozioni e messaggi sulla base di standard culturali. Il codice gustativo, ossia il valore che il mangiare e il bere possono avere sotto il profilo di un’azione che in modo più o meno esplicito coinvolge il gusto. Tutti questi codici mettono in atto la corporeità dell’uomo per rendere possibile l’esperienza indicibile del mistero di Cristo.

Alla luce di quanto detto capiamo un’affermazione del card. Ratzinger: “La liturgia non è uno show, uno spettacolo che abbisogni di registi geniali e di attori di talento. La liturgia non vive di sorprese simpatiche, di trovate accattivanti, ma di ripetizioni solenni…”. La dimensione autentica entro cui si colloca la liturgia è quella rivelativa, non rappresentativa. La riforma liturgica voluta dal Vaticano II ha inteso ridare eloquenza ai gesti rituali essenziali che, per tanti motivi, nel corso degli anni si era sbiadito a causa del “gesticolare” della Chiesa. Al n. 34 della Sacrosantum Concilium troviamo così scritto: “I riti splendano per nobile semplicità; siano trasparenti per il fatto della loro brevità e senza inutili ripetizioni; siano adatti alla capacità di comprensione dei fedeli né abbiano bisogno di molte spiegazioni”. I riti custodiscono l’alterità di Dio. I riti ci ricordano che la salvezza è sempre dono mai conquista. Io posso conoscere a memoria la Bibbia ma senza il Battesimo (cioè un rito) non sono cristiano. Si è fatti cristiani, non ci si fa cristiani. Tutta la storia biblica è segnata da questo linguaggio. E’ questo il linguaggio di Gesù quando ha parlato in parabole, ha imposto il fango sugli occhi del cieco nato, quando ha toccato le orecchie e la bocca al sordomuto. E la Chiesa nella liturgia fa la stessa cosa: la liturgia vive di gesti e segni simbolici: l’altare, le vesti sacre, l’incensazione…Tutto nella liturgia orienta all’incontro con Dio; nella liturgia non si celebra la nostra vita, ma si celebra il mistero dell’incontro tra noi e Dio.

Conclusione Una delle definizioni più belle di liturgia che recentemente ho trovato è senza dubbio quella che appartiene a F. Cassingena-Trévedy. Egli così definisce la liturgia: “La liturgia è un bel gesto di Cristo che coordina a sé i nostri gesti”. La liturgia è un bel gesto di Cristo a servizio del quale stanno i nostri gesti e davanti al quale essi, per così dire, si ritirano. Far trasparire Cristo nel nostro presiedere, nel nostro cantare, nel nostro leggere, nel nostro muoverci: ecco cosa è in ultima analisi la celebrazione liturgica.

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Un nuovo organo al Sacro Cuore di Alessandro Beltrami

Nella chiesa del Sacro Cuore sta per arrivare, in tempo per la Pasqua, un nuovo organo. Il precedente, che ha servito la chiesa di Robadello per lungo tempo (i bene informati lo ricordano almeno dagli anni Ottanta) era ormai inutilizzabile. Riparato più volte e funzionante ormai da qualche anno solo in modo parziale, ha registrato l’ennesimo grave guasto. Si è resa pertanto improrogabile la sostituzione con un nuovo

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strumento elettronico: una spesa importante, ma ritenuta necessaria per la qualità della liturgia. La nostra parrocchia per ora non può permettersi un nuovo organo a canne. Forse un giorno verrà il tempo propizio. La tecnologia ha consentito ai nuovi strumenti elettronici di avvicinarsi sempre più al modello (che resta, purtroppo o per fortuna, irraggiungibile…). La scelta è caduta su un organo Viscount – un’azienda italiana tra le più importanti a livello internazionale – a due tastiere, con un sistema di generazione dei suoni di ultima generazione. Uno strumento sufficientemente potente e versatile che consente tanto il sostegno del canto dell’assemblea e l’accompagnamento del coro quanto l’esecuzione di un repertorio organistico ampio, che va da Bach e il barocco fino alla contemporaneità, come anche la pratica dell’improvvisazione. Come testimoniano molti dipinti con angeli musicanti impegnati nel celebrare la liturgia celeste, la Chiesa cattolica nella sua storia ha sempre adottato all’interno della liturgia una molteplicità di strumenti: non solo fiati e archi, fino a costituire vere e proprie orchestre, ma anche strumenti come l’arciliuto e la tiorba per accompagnare il canto solista. In molti casi erano gli stessi strumenti che venivano impiegati


Note di ... “bilancio” Il nuovo organo comporterà per la parrocchia un onere finanziario complessivo di euro 5.700, comprensivo di iva, trasporto e collaudo. Il piano del pagamento prevede tre tranche: alla consegna euro 2.850; quindi tre rate: a fine aprile, fine maggio e fine giugno, ciascuna di euro 950. Adotta … un “tasto” Per questo proponiamo alle famiglie e a tutte le persone che desiderano contribuire di “adottare un tasto …” nella formula che può essere più confacente: • ordinario: euro 20 • sostenitore: euro 50 • benefattore: euro 100 Oppure uno “sponsor …” Se qualche azienda, istituto bancario, esercizio commerciale o altri volessero sostenere l’acquisto del nuovo organo con una sponsorizzazione particolare, ne saremmo veramente grati. Ma anche nel ricordo di un defunto. Sapendo che il suffragio dei defunti può avvenire anche attraverso un’opera di carità, è possibile contribuire all’acquisto del nuovo organo, nella memoria di una persona cara, come opera di suffragio. Grazie! A tutti comunque il grazie per l’attenzione che, ne siamo certi, non verrà a mancare. Come scriveva il Manzoni: “La c’è, la Provvidenza!”.

in ambito profano, non c’è mai stata una vera specificità sotto questo aspetto, ma si curava che il loro uso fosse diversificato per evitare sovrapposizioni e possibili confusioni nei fedeli. Solo l’organo è però una presenza costante nei secoli. E lo è fin dagli inizi, al punto che la sua storia si è a lungo identificata con il suo uso religioso. L’organo non ha un solo suono. Ne ha tanti (sono i “registri”), che si stratificano, si intrecciano, si fondono, si screziano. Per gli antichi il cosmo era composto da sfere concentriche che ruotando e frizionando tra loro generavano una musica sublime. Era l’harmonia mundi. Questa si fondeva con il canto degli angeli nella lode eterna di Dio. Nell’organo, in cui con un solo tasto siamo in grado di far risuonare insieme note gravi e acute in timbri molteplici, vedevano rispecchiata e condensata l’unità e l’armonia del cosmo. Così la Messa, celebrata in canto, la liturgia diventava se possibile ancora di più specchio della liturgia celeste. Non è solo una cosa del passato. Anche il Vaticano II, nella costituzione Sacrosanctum Concilium che ha configurato la riforma della liturgia, ha ribadito come “nella Chiesa latina si abbia in grande onore l’organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti” (SC 120). Pochi strumenti hanno la potenza di un organo. Quando suona con il ripieno, o addirittura con tutti i registri, noi percepiamo con il nostro corpo la dimensione fisica, apparentemente invece così impalpabile, del suono. Lo stesso accade quando, attraverso combinazioni di registri, riesce a suscitare una dolcezza quasi dolorosa. L’organo fa vibrare lo spazio e i nostri corpi. Nessuno strumento è in grado allo stesso modo di farci entrare, attraverso l’esperienza della bellezza, nel mistero. Per questo l’organo, quando è suonato bene e con coscienza di servizio, non si limita ad accompagnare ma partecipa con le voci alla liturgia così come – per così dire – da “solista” è in grado di rendere percepibile ai fedeli la qualità “diversa” del tempo e dello spazio della celebrazione.

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I Santi dell’Eucarestia

François-Xavier Nguyên Van Thuân Il Cardinale François Xavier Nguyên Van Thuân, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, è nato il 17 aprile 1928 a Huê (Viêt Nam). Discendeva da una famiglia che può annoverare numerosi martiri: nel 1885 tutti gli abitanti del villaggio di sua madre furono bruciati nella chiesa parrocchiale, eccetto suo nonno, che in quel tempo studiava in Malesia. I suoi antenati paterni sono stati vittime di molte persecuzioni, dal 1698 al 1885. Il suo bisnonno paterno, insieme con gli altri familiari, era stato forzatamente assegnato ad una famiglia non cristiana in modo che perdesse la fede. E raccontava questa vicenda al giovane François Xavier. Gli narrava che ogni giorno, all’età di 15 anni, faceva a piedi 30 chilometri per portare a suo padre, in prigione perché cristiano, un po’ di riso e un po’ di sale. Sua nonna, ogni sera, dopo le preghiere della famiglia, recitava ancora il rosario per i sacerdoti. Non sapeva né leggere né scrivere. Sua mamma Elisabeth lo ha educato cristianamente fin da quando era in fasce. Ogni sera gli insegnava le storie della Bibbia e gli raccontava le testimo-

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nianze dei martiri, specialmente dei suoi antenati. Gli parlava tanto di santa Teresina di Gesù Bambino. Quando il figlio venne arrestato, la mamma continuava a pregare perché lui restasse sempre fedele alla Chiesa, pronto a compiere la volontà di Dio, perdonando i suoi aguzzini. È stato ordinato sacerdote l’11 giugno 1953. Ha compiuto gli studi a Roma, laureandosi in Diritto Canonico nel 1959. Dopo aver conseguito la laurea a Roma, è tornato in Viêt Nam come professore e poi rettore del seminario, vicario generale e Vescovo di Nha Trang (eletto il 13 aprile 1967 e consacrato il 24 giugno successivo). Il suo impegno a Nha Trang è stato molto intenso. I seminaristi maggiori sono passati da 42 a 147 in 8 anni. Quelli minori da 200 a 500. Inoltre si è dedicato a rafforzare la presenza dei laici, dei giovani, dei consigli pastorali. È stato poi nominato da Papa Paolo VI Arcivescovo titolare di Vadesi e Coadiutore di Saigon (Thành-Phô Chi Minh, Hôchiminh Ville) il 24 aprile 1975. Il suo motto episcopale è: «Gaudium et spes». Il suo programma pastorale è quindi: «La Chiesa nel mondo contemporaneo».


Dopo pochi mesi, però, con l’avvento del regime comunista è stato arrestato e messo in carcere. Ha vissuto in prigione per tredici anni, fino al 21 novembre 1988, senza giudizio né sentenza, trascorrendo nove anni in isolamento. Quando i comunisti sono arrivati a Saigon lo hanno immediatamente accusato del fatto che la sua nomina ad Arcivescovo era frutto di un «complotto tra il Vaticano e gli imperialisti». Dopo tre mesi di tensioni è stato chiamato nel Palazzo presidenziale, il «Palazzo dell’indipendenza», per essere arrestato. Erano le ore 14 del 15 agosto 1975, Solennità dell’Assunta. Aveva solo la tonaca e il rosario in tasca. Non si è mai fatto sopraffare dalla rassegnazione. Anzi, ha cercato di vivere la prigionia «colmandola di amore», come racconta. Già nel mese di ottobre ha iniziato a scrivere una serie di messaggi alla comunità cristiana. Quang, un bambino di 7 anni, gli procurava di nascosto i fogli di carta e poi portava i messaggi a casa in modo che i suoi fratelli e le sue sorelle potesse ricopiare quei testi e diffonderli. Ecco come è nato il libro intitolato: «Il cammino della speranza». Lo stesso è accaduto nel 1980, nella residenza obbligatoria a Giangxà, nel Viêt Nam del Nord, quando ha scritto, sempre di notte e in segreto il suo secondo libro: «Il cammino della speranza alla luce della Parola di Dio e del Concilio Vaticano II» e poi il terzo: «I pellegrini del cammino della speranza». In catene è stato ricondotto nel territorio della sua prima Diocesi, a Nha Trang. Il carcere non era lontano dal vescovado e per lui è stata un’esperienza drammatica. Ha vissuto momenti durissimi come il viaggio su una nave con 1500 prigionieri affamati e disperati. Quindi nel campo di rieducazione di Vinh-Quang, sulle montagne, con altri 250 prigionieri. Poi il lungo isolamento, durato ben nove anni. C’erano solo due guardie. In carcere non ha potuto portare con sé la Bibbia. Allora ha raccolto tutti i pezzetti di carta che ha trovato e ha realizzato una minuscola agenda sulla quale ha riportato più di 300 frasi del Vangelo. Questo Vangelo è stato il suo vademecum quotidiano, il suo scrigno prezioso al quale attingere forza. La celebrazione dell’Eucaristia è stato il momento centrale delle sue giornate. Ha celebrato la Santa Messa sul palmo della sua mano, con tre gocce

di vino ed una goccia d’acqua. Quando è stato arrestato gli venne permesso di scrivere una lettera per chiedere ai parenti le cose più necessarie. Domandò allora un po’ di vino come medicina contro il mal di stomaco. I fedeli compresero il significato vero della richiesta e gli mandarono subito una bottiglietta con il vino della Messa e con l’etichetta: «medicina contro il mal di stomaco». Per conservare il Santissimo ha usato perfino la carta dei pacchetti di sigarette. In carcere è riuscito anche a creare delle piccole comunità cristiane che si ritrovavano per pregare insieme e soprattutto per la celebrazione dell’Eucaristia. La notte, quando è stato possibile, ha organizzato turni di adorazione davanti all’Eucaristia. Era in isolamento ad Hanoi quando una signora della polizia gli ha portato un piccolo pesce che lui avrebbe dovuto cucinare. Il pesce era avvolto in due pagine dell’«Osservatore Romano». Quando arrivava ad Hanoi per posta, il giornale veniva requisito e poi venduto al mercato come carta. E quelle due pagine erano state usate per incartare il pesce per Mons. Van Thuân. Senza farsi notare egli ha lavato bene quei due fogli e li ha fatti asciugare al sole, conservandoli quasi come una reliquia. Nell’isolamento della prigione, quelle due pagine era un segno di comunione con Pietro. Durante l’isolamento era solito dire la Santa Messa intorno alle 3 del pomeriggio, l’ora di Gesù agonizzante sulla Croce. Essendo solo, cantava la Messa in latino, in francese e in vietnamita. Cantava anche gli inni ecclesiastici ed eucaristici come il Te Deum, il Pange Lingua, il Veni Creator Spiritus. Il suo atteggiamento di amore ha profondamente colpito le guardie. Tanto che i capi della polizia gli hanno chiesto di insegnare agli agenti le lingue. Così i suoi carcerieri sono divenuti anche suoi scolari. Sulle montagne di Vinh Phù, nella prigione di Vinh Quang, ha chiesto ad una guardia il permesso di tagliare un pezzetto di legno a forma di croce. E lui lo ha accontentato. In un’altra prigione ha chiesto alla guardia un pezzo di filo elettrico. Temendo che volesse suicidarsi, l’agente si è spaventato. Mons. Van Thuân gli ha spiegato che voleva fare una catenella per portare la sua croce. Dopo tre giorni la guardia ha procurato anche un paio di pinze ed insieme

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hanno forgiato una catena. Quella croce e quella catena porterà sempre con sé, al collo, anche da cardinale. È stato liberato il 21 novembre 1988, Festa della Presentazione di Maria al Tempio. Mentre preparava il pranzo venne chiamato e portato in auto in un palazzo per incontrare il Ministro dell’Interno, cioè della polizia. Il Ministro gli ha chiesto se aveva un desiderio. Mons. Van Thuân ha risposto che voleva essere liberato subito: «Sono stato in prigione abbastanza a lungo, sotto tre Pontificati: Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. E inoltre sotto quattro segretari generali del partito comunista sovietico: Breznev, Andropov, Cernenko e Gorbaciov!». Una volta liberato, a Ginevra, nel 1992, è stato nominato membro della Commissione Cattolica Internazionale per le Migrazioni. Il 24 novembre 1994, con la nomina da Arcivescovo Coadiutore di Thành-Phô Chi Minh (Saigon), è stato nominato Vice Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Il 24 giugno 1998 è diventato Presidente dello stesso Pontificio Consiglio. Ha predicato gli Esercizi spirituali quaresimali a Giovanni Paolo II e alla Curia Romana nell’anno 2000. «Nel primo anno del terzo millennio un vietnamita predicherà gli esercizi spirituali alla Curia Romana» gli disse Giovanni Paolo II il 15 dicembre 1999. Guardandolo intensamente il Papa gli chiese: «Lei ha in mente un tema?». «Santo Padre, cado dalle nuvole, sono sorpreso. Forse potrei parlare della speranza» rispose Van Thuân. E il Papa: «Porti la sua testimonianza!». Gli Esercizi spirituali per la Quaresima iniziarono il 12 marzo, nella Cappella Redemptoris Mater, e si chiusero il 18 marzo 2000. Esattamente quel giorno di 24 anni prima egli veniva prelevato dalla residenza coatta di Cay-vong per essere sottoposto al duro isolamento nella prigione di PhuKhanh. A conclusione degli Esercizi il Papa disse: «Ringrazio il carissimo Mons. François Xavier Nguyên Van Thuân il

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quale con semplicità ed ispirato afflato spirituale ci ha guidati nell’approfondimento della nostra vocazione di testimoni della speranza evangelica all’inizio del terzo millennio. Testimone egli stesso della croce nei lunghi anni di carcerazione in Viêt Nam, ci ha raccontato frequentemente fatti ed episodi della sua sofferta prigionia, rafforzandoci così nella consolante certezza che quando tutto crolla attorno a noi e forse anche dentro di noi, Cristo resta indefettibile nostro sostegno». Va ricordato che in Viêt Nam ha ricoperto l’incarico di Presidente della Commissione Episcopale per le Comunicazioni Sociali (1967-1970) e quello di Presidente per lo Sviluppo (1971-1975). A Roma gli è stato affidato il compito di Consultore del Pontificio Consiglio per i Laici (1971-1978). Ha pubblicato vari libri. Tra questi, come già detto, «Il cammino della speranza (in dodici lingue); «I pellegrini del cammino della speranza» (in spagnolo, francese e vietnamita); «Il cammino della speranza alla luce della Parola di Dio e del Concilio Vaticano II» (in italiano, vietnamita e francese); «Preghiere di speranza» (in vietnamita, francese e italiano); «Cinque pani e due pesci» (in dodici lingue); «La speranza non delude» (in italiano); «Testimoni della speranza - Esercizi spirituali tenuti alla presenza di Giovanni Paolo II» (in sei lingue). Da Papa Giovanni Paolo II è stato creato e pubblicato Cardinale nel Concistoro del 21 febbraio 2001. Il Cardinale François Xavier Nguyên Van Thuân è deceduto il 16 settembre 2002 dopo una lunga malattia.


La giornata per la vita 2017 di Gianluca Tiranti

Ormai è tradizione! La celebrazione incentrata sul più bel dono che Dio ci ha fatto, la benedizione delle neo-mamme e di quelle che stanno per diventarlo, la vendita delle primule, i battesimi e… la pioggia, che anche quest’ anno non è mancata!... Questa è stata la cornice della 23a Giornata per la Vita, che abbiamo vissuto il 5 febbraio, in particolar modo nella nostra chiesa del Sacro Cuore. Tutti gli anni, infatti, da quel lontano 1978, quando entrò in vigore in Italia la legge 194/78 sull’ interruzione volontaria della gravidanza (aborto non si dice, suona male, n.d.r.), la Chiesa Cattolica ha deciso di far sentire la sua voce a difesa dell’ essere più “indifeso”, quel povero bambino che è chiamato alla vita, ma che a volte è rifiutato dai suoi stessi genitori. I numeri sono sempre molto alti: in Italia circa 100.000 bambini ogni anno non vedono la luce perché abortiti in ospedale, senza contare le stragi operate dalle recenti pillole abortive (Norlevo, RU 486, ecc. ecc.), che purtroppo stanno riportando il fenomeno alla clandestinità. “La vita è un dono: vivila!” è solo una delle tante esortazioni che Santa Teresa di Calcutta scrisse nel suo inno alla vita, lei che pronunciò quel memorabile discorso all’ ONU nel 1979, quando

ricevette il Premio Nobel per la Pace. E chi, più di lei, potrebbe testimoniare questo entusiasmo? Lei che ha sorriso e si è chinata sugli ultimi del mondo, ridonando loro speranza anche nel più buio della disperazione umana? E proprio alle parole di Madre Teresa si è ispirata quest’ anno la CEI per diffondere il messaggio della 39° Giornata per la Vita. In conclusione, ricordiamo che per qualunque situazione di difficoltà che possa insorgere durante una gravidanza, esistono sul nostro territorio ben 3 CAV (Centri di Aiuto alla Vita), coordinati dal Movimento per la Vita Lodigiano: Lodi, Codogno e Casalpusterlengo. A loro ci si può rivolgere anche per donare generi di prima necessità o un po’ del proprio tempo libero per fare volontariato; perché le parole servono a poco se non c’è anche una mano tesa, dietro a un sorriso…

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Ragazzi consapevoli in rete di Fabrizio Messina

Il 29 gennaio ed il 4 marzo scorsi si sono tenuti due interessanti incontri formativi per i genitori sull’attualissimo tema dei social e del mondo virtuale; il primo tenuto dallo psicologo dottor Claudio Boienti; il secondo ad opera di personale della Questura di Lodi. L’iniziativa è stata promossa in collaborazione tra Parrocchia e Istituto Scolastico Lodi III. Ciao, chi sei? Sono tuo figlio. Ma no, che dici? Il mio Leo è di là in cameretta. Sì è vero, ma anche io sono Leo… il Leo digitale! A molti sembrerà un estratto della commedia dell’assurdo, invece è la realtà che noi genitori faremmo bene a comprendere, accettare e controllare al più presto. Il mestiere di genitori non si insegna. Questa è una grande verità della nostra esistenza, ma almeno abbiamo sempre potuto contare sull’esempio di chi, prima di noi, ha dovuto fronteggiare le stesse problematiche. Tutto ciò adesso non basta. Lo scenario è drasticamente e velocemente cambiato. Siamo chiamati ad un rapido upgrade del sistema operativo, deve nascere l’era dei Genitori 2.0. E’ questa la bruciante consapevolezza emersa dai due recenti incontri organizzati dall’Istituto Comprensivo Lodi III e dalla nostra Parrocchia

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sull’attualissimo tema dell’interazione dei ragazzi con le nuove tecnologie, i social e la rete. La nostra generazione è approdata, solo in età matura e consapevole, nell’era di Facebook e WhatsApp. Prima di ciò, ha potuto vivere e scoprire una realtà differente, con ritmi più naturali e una comunicazione diretta a tu per tu, meno mediatica. I nostri ragazzi, invece, sin dai primi istanti di vita vengono catapultati, loro malgrado, in un universo multimediale e condividono con quelli della loro generazione una familiarità quasi nativa con il mondo digitale. Stenterete a crederci ma il merito o la colpa del loro ingresso in questo mondo, come in quello fisico e reale, sono tutto nostri. Ebbene sì, noi genitori mettiamo al mondo un bambino reale e quasi istantaneamente mettiamo al mondo il suo gemello virtuale. Chi di noi non ha mai pensato di inviare una foto del proprio cucciolo neonato alla zia lontana o all’amico fidato oltreoceano? Oppure, che dire di chi per proclamare la nascita del proprio erede, lo presenta al mondo creandogli un profilo Facebook? Queste sembrano delle tracce inconsistenti e di poco peso all’atto in cui le si lascia, ma potrebbero pesare come macigni nel futuro del nostro ragazzo. L’inserimento dei propri dati, dei propri commenti, delle proprie foto in rete costrui-


sce una memoria storica della persona che non scompare anche quando il soggetto lo vorrebbe. Accanto al piccolo Leo che accudiamo orgogliosamente entro le mura domestiche dandogli tutte le attenzioni che un genitore deve dare, cresce dunque un altro figlio, sempre nostro, che si esprime in un mondo virtuale. Si parla di digital body, io virtuale. Cosa sappiamo noi di questo figlio? L’onestà intellettuale, che ferisce non poco il nostro orgoglio genitoriale, ci deve fare ammettere che non ne sappiamo nulla. Molto conosciamo del nostro figlio reale e poco o nulla di come sta crescendo il suo gemello virtuale. Ciò risulta ancora più inquietante se si considera che saranno proprio i nostri figli reali a nutrire e modellare, sin dai primi anni di vita, il loro alter ego virtuale. Come lo fanno? Come si muovono in rete? Il cyberspazio è molto più insidioso dello spazio reale. E’ un mondo dove è semplice e consueto modificare la propria identità sociale potendo decidere liberamente cosa raccontare di se stessi. Allo stesso tempo i commenti degli “amici” possono alterare facilmente il modo in cui gli altri percepiscono la nostra identità. Di qui i problemi di reputazione con i tragici effetti che la cronaca porta alla ribalta. La rete non distingue tra legami forti (amici veri) e legami deboli (conoscenti). Si è tutti amici e agli amici tutto è concesso, tutto è confidato. Si perde la capacità di distinguere persone e contesti con il rischio concreto di esporsi oltre ogni limite. I ragazzi, nella loro età più vulnerabile, quando sono alla ricerca di conferme e bramosi di essere accettati dal gruppo, sono molto attratti dal virtuale dove tutte queste esigenze e le complessità emotive correlate, vengono aggirate da un semplice “mi piace” o un finto profilo. Non bisogna demonizzare le nuove tecnologie, ne abbiamo un grande bisogno e possono rendere la nostra vita migliore, ma sono anche uno strumento enormemente rischioso in mano a mani inesperte e non consapevoli. Provate a pensare alle nuove tecnologie come ad un’automobile potente, scattante e veloce: la lascereste guidare al vostro bambino di tredici

anni? Salireste a bordo con lui alla guida? La risposta semplice, naturale ed ovvia è NO. Questo è il grande sforzo che si richiede ai “Genitori 2.0”: mettersi consapevolmente alla guida di quel bolide per insegnare ai propri figli come governarlo al meglio senza incorrere in comportamenti pericolosi per se stessi e per gli altri. Solo chi ha sviluppato uno spirito critico ha la maturità per cogliere quelle insidie che lo sguardo ingenuo dei ragazzi potrebbe sottovalutare. Non dobbiamo avere paura di dire un sano no. Non dobbiamo abbassare la guardia; bisogna realizzare un grande progetto educativo passando anche attraverso lo scontro. Il valore di un NO argomentato è incommensurabile. Noi genitori abbiamo il diritto, ma soprattutto il dovere di esprimere il nostro no, di educare i nostri figli ad un utilizzo appropriato di questi strumenti. Sappiamo bene che la nostra vita quotidiana è permeata da queste tecnologie e il loro uso protratto è quanto mai realistico ed accettato. Quello da cui dobbiamo fuggire è la dipendenza. Rivendichiamo il sano diritto di crescere liberi di dimenticarci il cellulare a casa. E’ difficile, soprattutto se consideriamo che noi genitori ed educatori siamo i primi coinvolti e stravolti da questo meccanismo, ma possiamo e dobbiamo farcela! Incominciamo all’interno delle mura domestiche a dire no alle dipendenze tecnologiche, riscopriamo il valore e il piacere di un dialogo concreto ed aperto, disintossichiamoci da questa iperconnettività ma soprattutto non sottovalutiamo o minimizziamo i rischi che i nostri ragazzi corrono quando restano imbambolati per ore davanti a smartphone o internet. Sono consapevole del sapore anacronistico, quasi alieno, che accompagna le mie parole, rischio in cui incorre chi naviga contro corrente. Se questo atteggiamento diventasse virale, e sempre più famiglie condividessero e perseguissero lo stesso obiettivo, l’accettazione di questo modello educativo, da parte dei ragazzi e di noi stessi, risulterebbe più facile e più terrestre di quanto si possa pensare e, forse, la corrente potrebbe cambiare al punto tale da poter essere finalmente orgogliosi anche del nostro figlio digitale. Benvenuto Leo digitale!

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Un’esperienza teatrale con i migranti

C’era una volta un re di Raffaella Bianchi

Una moglie non amata dal marito, un re triste perché non aveva figli, alcune donne invidiose che cercano di eliminare il frutto della vita. Tocca temi universali, la storia “C’era una volta un re”, che giovedì 26 gennaio è stata rappresentata al teatro dell’oratorio di San Fereolo. Attori, musicisti, cantanti sono state le persone migranti che in questo momento sono ospitate dalle parrocchie e dalle comunità del Lodigiano coordinate dalla Caritas diocesana. I Paesi di origine di queste persone sono Gambia, Guinea Conakry, Guinea Bissau, Ghana, Costa d’Avorio, Mali, Burkina Faso, Nigeria, Camerun, Sudan, Marocco, Pakistan, Bangladesh. Quelli dove abitano ora – e da dove per lo spettacolo sono arrivati sacerdoti, volontari, amici sono invece Maleo, Codogno, Casalpusterlengo, Sant’Angelo, San Fiorano, Cornegliano, Massalengo e Lodi città. Questi migranti sono uomini e donne, ragazzi e ragazze, che dal lunedì al giovedì dalle 9 alle 12 frequentano la scuola di lingua italiana organizzata da Caritas lodigiana e ospitata dall’oratorio di San Lorenzo, in via Biancardi. Ogni giovedì dal mese di ottobre 2016, all’inter-

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no della scuola, si è tentato un laboratorio di lingua italiana con apprendimento dei termini e delle frasi, abbinati ad immagini e gesti. Così queste persone hanno imparato parole e costruzioni della lingua collegati ad una storia. Una storia nigeriana, scelta dalle insegnanti quasi come un esperimento. Il grande passo è venuto pian piano, non previsto inizialmente, con la trasposizione del racconto in canovaccio teatrale. E qui si inserisce la generosità di San Fereolo.


E’ stato infatti fondamentale passare dalle aule al teatro, perché le persone coinvolte potessero abbinare le espressioni imparate alle espressioni del corpo, del viso, allo spostamento di singoli e gruppi sulla scena. Non tutti fra loro erano stati a teatro, qualcuno non è mai stato nemmeno a scuola nel Paese di origine. Coordinarsi all’interno di un coro, entrare e uscire dalla scena in modo ordinato, rispettare semplici regole perché tutti possano trovare il proprio spazio, può apparire scontato. Ma in questo caso è stato un grande avvenimento, anche tenendo conto che queste persone parlano lingue madri tutte diverse tra loro: alcuni hanno imparato a scuola l’inglese, come chi viene dal Ghana o dalla Nigeria, o il francese, come chi viene dalla Costa d’Avorio o dal Mali; ma tutti conservano anche le lingue locali, comprese le diverse inflessioni dell’arabo o delle migliaia di dialetti dell’Africa. L’italiano è stato così lo strumento per comprendersi anche fra loro, che oltretutto non si conoscevano in precedenza. Sotto la regia di Magda Emmanuele, una delle insegnanti, in collaborazione con Giulia Brè, sempre insegnante, Rosanna Pellicani volontaria ed esperta di teatro, grazie a Ester Piana, alle volontarie baby sitter e a tanti altri, lo spettacolo piano piano ha preso forma. E grazie alla parrocchia di San Fereolo è stato possibile fare le prove ogni mattina sul palco del teatro dell’o-

ratorio, avere a disposizione anche un ambiente per i bimbi piccoli e infine presentare un vero e proprio spettacolo, che pur semplice, è per noi davvero un passo importante. La storia prevede anche dei piccoli brani composti per l’occasione in lingue diverse ed eseguite con chitarra, bongo e voci. Cercare abiti e oggetti di scena, prepararli e adattarli, ha permesso di riflettere sulle tradizioni che queste persone si portano nel cuore ma che al momento hanno lasciato. E insieme all’aspetto recitativo e musicale ha comunque smosso la parte affettiva ed emozionale che a scuola, nei primi mesi, tra i verbi e la conversazione, poteva apparire più sopita. La sera del 26 abbiamo avuto il piacere di incontrare un pubblico di amici, composto di grandi ma anche di bambini, e siamo stati contenti che in tanti ci abbiano regalato del tempo per assistere a quanto avevamo preparato. Personalmente vorrei ringraziare don Elia per avermi dato la possibilità di raccontare questa esperienza attraverso il giornalino della parrocchia di San Fereolo. E questo mi permette, anche a nome delle altre due insegnanti, di dire grazie a lui, a don Roberto (che ci hanno preparato gli ambienti e ci hanno seguiti), e grazie alla comunità che ha aperto le porte a questo esperimento importante per la scuola e per ciascuno di coloro che vi ha preso parte.

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I nostri adolescenti a Siena Nel week-end tra il 6 e l’8 di Gennaio 2017, noi ragazzi della parrocchia dei Santi Bassiano e Fereolo, siamo partiti, accompagnati da Don Roberto, per un’esperienza di svago e di crescita in territorio toscano. Il programma di viaggio prevedeva alcune tappe in città particolarmente ricche di storia come Siena, ma anche in località più piccole quali Volterra. Questa è stata la prima tappa della nostra avventura, dove abbiamo visitato il centro storico insieme ad una guida, che ci ha aiutato a ripercorrere la storia delle comunità cristiane locali. Tra i luoghi visitati, ad esempio, ricordiamo i resti delle terme, la porta della città e l’antica prigione etrusca. Il giorno successivo siamo partiti di buonora per recarci a Siena. Qui abbiamo potuto apprezzare la sua bellezza, visitare il battistero, la cattedrale, la chiesa di Santa Caterina,

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dove abbiamo anche celebrato la messa. Il nostro viaggio, però, non ha avuto solo un fine turistico, bensì è stata un’occasione per stare tutti insieme e riflettere su alcune tematiche nuove, attraverso la testimonianza di fede delle monache dell’eremo di Lecceto, caratteristico monastero costruito anche dalle stesse sorelle e da sempre luogo di preghiera e crescita interiore. La loro riflessione sul rapporto personale con Dio ha contribuito ad arricchire ulteriormente la nostra esperienza che, seppur con alti e bassi, si è dimostrata una grande opportunità per stare insieme nel momento della preghiera e non solo, che ci ha fatto tornare a casa con il sorriso e vogliosi di riprenderla al più presto.


Epifania … per i più piccoli Lo scorso 6 gennaio, Festa dell’Epifania, dopo la preghiera di Benedizione per i bambini, puntuali, con le loro scope, si sono presentate due “vere Befane”, per la gioia dei più piccoli, distribuendo caramelle, dolcetti e soprattutto sorrisi. Le ringraziamo e le aspettiamo il prossimo anno!

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I nostri ragazzi protagonisti della “Raccolta Alimentare” Il 26 febbraio 2017, la domenica di Carnevale alcuni ragazzi del gruppo della catechesi di seconda media e delle superiori del nostro oratorio si sono recati al centro commerciale MyLodi per svolgere un’attività di volontariato a favore della Caritas. I nostri ragazzi hanno lavorato per due ore, dalle 11 alle 13 aiutati dalle catechiste. Sparsi in tutta l’area del centro commerciale, hanno chiesto a moltissime persone di aiutare le persone in difficoltà, che non possono permettersi un pasto, non offrendo denaro ma comprando dei generi alimentari a lunga conservazione. I clienti del centro commerciale che venivano fermati venivano forniti di un volantino con elencati tutti i prodotti che si potevano acquistare e di un sacchetto dentro il quale avrebbero inserito i loro acquisti.

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Molte persone conoscevano già questa iniziativa e quasi tutte queste hanno deciso di continuare a farla riportando dei grossi sacchetti. Altre persone invece non conoscevano questo progetto e quando è stato spiegato loro dai ragazzi in che cosa consisteva, sono state molto affascinate dal fine di questa iniziativa. I nostri ragazzi della seconda media e superiori sono stati bravissimi nel loro compito, e loro, insieme a tutti i ragazzi di Lodi sono riusciti a raccogliere 8.000 kg di alimenti a lunga conservazione. Questa esperienza è stata sicuramente divertente, ma anche istruttiva, perché ha insegnato ai ragazzi che non sempre bisogna fare qualcosa per avere una ricompensa ma anche solo per aiutare qualcuno.


“Esercizi” .... spirituali Dal 17 al 19 marzo i ragazzi di seconda media hanno partecipato agli esercizi diocesani proposti dall’Azione Cattolica, insieme ai ragazzi di altre parrocchie della diocesi. A Pontenure, presso la casa della diocesi di Piacenza “La Bellotta”, hanno potuto vivere un’esperienza particolare di ascolto della Parola di Dio e di preghiera a misura di ragazzo unita a vari momenti di attività, di svago e di gioco.

A guidare questa esperienza una riflessione presa dai testi dei Salmi, scoprendo che queste antiche preghiere ci aiutano ad affrontare tante situazioni che incontriamo anche nella nostra vita di tutti i giorni, a scoprirci perdonati, ricchi di tanti doni, e amati da Dio. Tre giorni molto belli dove i ragazzi hanno coltivato anche delle nuove amicizie e rinsaldato quella più importante: l’amicizia con Gesù!

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I 14enni in pellegrinaggio a Roma Con le facce ancora assonnate nel buio dell’alba di venerdì 10 marzo, con le valigie piene di tante attese siamo partiti per il nostro pellegrinaggio. Nonostante tre giorni siano pochi, sono bastati a creare delle amicizie insostituibili, grazie alle quali nemmeno le tante ore di viaggio ci hanno annoiato. Tra battute, risate e tanta, tanta musica siamo finalmente arrivati alla nostra meta. Roma ci aspettava con le sue grandi basiliche, i famosi monumenti e la sua storia che affascina sempre tutti. Ma sono stati anche tre giorni nei quali abbiamo scoperto i luoghi dove ha avuto origine la nostra fede cristiana: le tombe degli apostoli Paolo e Pietro insieme alle catacombe dei primi

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martiri cristiani. A farci compagnia, insieme a noi 14enni di San Fereolo, c’erano gli amici delle parrocchie di Santa Cabrini e San Gualtero con cui abbiamo potuto fare tante nuove amicizie. Il momento più intenso del nostro pellegrinaggio l’abbiamo vissuto domenica mattina 12 marzo con la Messa celebrata all’altare della Cattedra a San Pietro, dove abbiamo fatto la nostra professione di fede e, poi, l’angelus di Papa Francesco che, a sorpresa, ha salutato proprio noi, ragazzi della città di Lodi. Quello che ci resta nel cuore di questa avventura sono le nuove amicizie e la voglia di continuare a coltivare la nostra fede, che potremo incorniciare nei nostri ricordi più belli.


L’estate con noi Inizia la primavera e subito si ha voglia di estate! Ecco perché fin dal mese di marzo iniziamo a prepararci alle prossime esperienze estive per i nostri ragazzi.

Incontri per animatori del Grest Sono iniziati gli incontri di formazione per gli animatori del Grest. Grazie all’aiuto di alcune figure esperte in ambito educativo i nostri ragazzi delle superiori si stanno preparando a svolgere il loro servizio di animatori. I primi incontri in programma saranno in oratorio domenica 19 marzo e domenica 2 aprile alle ore 18.00. Seguiranno a maggio gli incontri specifici sul tema di quest’anno.

Campiscuola 2017 È già pronta l’esperienza estiva per i ragazzi dalla 5a elementare alla 3a media. Quest’anno dal 3 al 9 luglio 2017 saremo in Valle d’Aosta insieme ai ragazzi della parrocchia di Sant’Alberto. Anche questa esperienza ci permettiamo di incoraggiarla come proseguimento del cammino annuale dei nostri ragazzi. Costo dell’esperienza euro 310.00. Info e iscrizioni in oratorio entro il 15 maggio. A breve anche tutte le indicazioni per l’esperienza che proponiamo agli adolescenti intorno alla metà del mese di luglio.

Grest 2017 Il Grest 2017 avrà come titolo: “Detto, Fatto! - Meravigliose le tue opere” e ci porterà a scoprire la bellezza del creato e della natura. Inizierà lunedì 11 giugno per tre settimane fino a venerdì 30 giugno. Confidiamo che la scelta del Grest non sia solo una scelta funzionale alle famiglie, ma soprattutto la volontà di proseguire un cammino che è tutt’uno con la catechesi e le esperienze vissute dai ragazzi durante l’anno. Il tema del Grest di quest’anno ci porterà a vivere un’esperienza preziosa per riscoprirsi creature a cui è stato consegnato un mondo fatto con amore e a cui viene chiesto di amare allo stesso modo. Anche quest’anno prevediamo giochi, riflessioni sul tema, laboratori creativi e tante altre sorprese. Vi aspettiamo!

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Lo sport come gioco di Roberto Folletti

La “Carta dei Diritti dei Ragazzi allo Sport”, edita dalla commissione tempo libero dell’O.N.U., composta da specialisti dell’infanzia e dell’adolescenza, vede la luce a Ginevra nel 1992, promuove le finalità educative dello sport, sottolineando il rispetto dei diversi tempi di crescita e di apprendimento e la necessità di una multidisciplinarietà. La “Carta”, partendo dal fatto che nessun ragazzo descrive il suo impegno sportivo come “fare sport” ma solo e sempre “andare a giocare”, evidenzia, tra i suoi principi, quanto sia importante il punto di vista dei bambini contrapponendo

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divertimento e partecipazione a prestazione e ansia di vittoria, sviluppando nel contempo, capacità di confronto e cooperazione per la realizzazione di un progetto comune. Prerequisito essenziale perché lo sport sia educativo per i giovani è che resti un gioco cioè un’attività che miri al divertimento e ad una gratificazione individuale o di gruppo, condizione ormai scomparsa nello sport dei “grandi”, molte volte preso come esempio. Ciò che educa è la capacità di giocare con i propri compagni, con la propria fisicità nel rispetto delle regole. Il gioco è la metafora della


Il 5x1000 al GSO Il G.S.O. SAN FEREOLO è parte integrante della proposta educativa dell’oratorio. Quasi 50 volontari tra allenatori e dirigenti dedicano tempo e risorse a titolo interamente gratuito a sostegno di oltre 200 giovani del nostro quartiere. Aiutaci a sostenere le spese riguardanti lo svolgimento dell’attività come iscrizioni, manutenzione delle strutture, riscaldamento ed illuminazione. Nella tua prossima dichiarazione dei redditi (per persone fisiche, 730, C.U.) indica nel riquadro “SOSTEGNO ALLE ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE RICONOSCIUTE AI FINI SPORTIVI DAL CONI A NORMA DI LEGGE CHE SVOLGONO UNA RILEVANTE ATTIVITA’ DI INTERESSE SOCIALE” il codice fiscale della nostra società sportiva parrocchiale, G.S.O. SAN FEREOLO:

92503630151 E’ facile e soprattutto... è gratis! vita perché prima di tutto aiuta lo sviluppo della coscienza e della capacità della persona, poi simula la partecipazione alla vita sociale ed infine insegna a scoprire i propri limiti, la sofferenza, la sconfitta ed il piacere all’affermazione di sé. Il gioco non va considerato come sfogo, come intermezzo tra le cose utili, come riempitivo, ma piuttosto come autentico strumento per educare e trasmettere valori. Il gioco è una notevole forma di apprendimento attraverso il quale il ragazzo esprime la propria personalità e la propria affettività, le proprie abilità cognitive come intelligenza, volontà e creatività. Una battaglia assai più dura rispetto a qualche

tempo fa quando certi insegnamenti venivano assicurati in famiglia dai genitori ai figli già in tenera età. Oggi purtroppo, i ritmi frenetici della quotidianità, le tecnologie moderne (tablet, smartphone, playstation, ecc.), i social forum e le chat (Whatsapp, Facebook, Instagram, ecc.) portano all’isolamento famigliare sostituendosi a qualsiasi rapporto umano… appiattendolo o azzerandolo. Come in una famiglia, non per sostituirla o prevaricarla ma per esserne complementare, al fianco della scuola (altro caposaldo della formazione e dell’educazione) con la quale condividiamo l’interesse dei giovani, il G.S.O. San Fereolo, affronta queste grandi responsabilità con un continuo confronto tra dirigenti ed allenatori, fornisce il meglio ai propri atleti sulle orme della “Carta” trasferendo valori sportivi quali il fair play, il rispetto dei ruoli, delle attrezzature e del materiale, il non alzare la voce, l’importanza del saluto ad inizio e fine partita all’arbitro, ai compagni e agli avversari, e il non usare il facile turpiloquio. I ragazzi recepiscono questi messaggi, lontano da fonti di disturbo, nell’ambiente quasi famigliare degli allenamenti e delle partite, tornando ad assumere il libero arbitrio delle loro azioni grazie ai continui stimoli esterni dati da allenatori e dirigenti.

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LA VOSTRA GENEROSITA’ Tramite le pagine di “Camminiamo insieme” presentiamo schematicamente il bilancio della parrocchia relativo all’anno 2106, nel raffronto con l’anno 2015. Il bilancio, che è stato approvato dal Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici nella seduta del 28 febbraio scorso è stato regolarmente presentato, come da normativa, alla Curia diocesana, l’11 marzo scorso. La chiusura di bilancio con un saldo attivo di euro 40.834,54 è dovuta sostanzialmente al fatto che, tra il 2015 e 2016, al GSO San Fereolo, è stato liquidato il contributo del 5x1000 di quattro annate precedenti che ancora doveva riscuotere; tale cifra è stata versata dal GSO alla Parrocchia quale forma di contribuzione alle spese che la Parrocchia stessa sostiene per le utenze (Enel, Gas, Acqua …) delle strutture sportive di Robadello. E’ bene sapere che l’uscita annua di tali utenze supera la cifra complessiva di euro 20.000, contro l’entrata media annua del 5x1000 di euro 10.000 circa. Anche per questo motivo chiediamo di sostenere il più possibile la destinazione del 5x1000 al GSO San Fereolo, (troverete indicazione anche su questo numero del Bollettino) perché questo consentirebbe alla Parrocchia di abbattere notevolmente le uscite a favore del GSO.

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Situazione mutuo contratto con il Banco BPM Approfittiamo di questa pagina anche per un rapido aggiornamento circa il mutuo che la parrocchia ha contratto con il Banco BPM (ex BPL) per sostenere i costi della ristrutturazione della

Chiesa del Sacro Cuore, mutuo che avrà scadenza il 31 dicembre 2025. Il 31 marzo scorso abbiamo pagato la rata di euro 10.072,61; di uguale importo sarà la rata che scadrà il 30 giugno prossimo. Ad oggi (aprile 2017) la quota residua del mutuo ammonta ad euro 336.826,62.

Arriva l’8x1000! Anche quest’anno la nostra Caritas Parrocchiale ha ricevuto un contributo di 15.000 euro proveniente dai fondi della destinazione dell’8x1000 alla Chiesa Cattolica che vengono ridistribuiti alle diocesi italiane per le necessità caritative, di culto e per il sostentamento dei sacerdoti. Questo a conferma che la scelta di destinare l’8x1000 alla Chiesa Cattolica ha una ricaduta concreta sulle singole comunità cristiane, compresa la nostra Caritas, molto attiva e sempre bisognosa di fondi. Con l’arrivo della primavera puntualmente il Ministero delle Finanze ci informa della nostra posizione fiscale attraverso il modello CU. I lavoratori lo ricevono dalla propria azienda mentre i pensionati dal proprio Ente Previdenziale. Le nuove disposizioni in materia fiscale hanno esonerato dall’obbligo della denuncia dei redditi una grossa fascia di contribuenti. Ciò ha determinato un considerevole calo delle firme per la destinazione dell’8 per mille. Analogamente a quanto scritto sul Bollettino altre volte, giova ricordare che per la Chiesa Cattolica le entrate derivanti dall’8 per mille sono la forma di finanziamento più importante che permette la realizzazione di molteplici opere assistenziali a favore dei più poveri e degli emarginati in tutto il mondo. E’ proprio qui dove il nostro 8 per mille arriva attraverso le missioni ad alleviare le sofferenze, a curare i moribondi, a sfamare milioni di persone, a costruire ospedali, scuole,

pozzi di acqua potabile e a dare una speranza nel futuro a queste popolazioni. L’8 per mille è una di queste forme di solidarietà, fra l’altro non ci costa nulla in termini economici. Infatti lo Stato, dalle tasse ricevute dai contribuenti, deve rinunciare ad una piccola parte, l’8 per mille, per destinarla secondo la volontà dagli stessi manifestata. L’8 per mille non è una ulteriore tassa ma una parte delle tasse pagate nel 2016 sugli stipendi, sulle pensioni e sugli altri redditi. E’ doveroso sensibilizzare tutti i parrocchiani verso questo gesto di solidarietà chiedendo loro di apporre la firma per la destinazione dell’8 per mille a favore della Chiesa Cattolica all’atto della compilazione della denuncia dei redditi. Per chi non fosse tenuto alla denuncia, in particolare fra questi numerosi pensionati, l’invito è di presentarsi con il proprio modello CU presso la Caritas Parrocchiale nelle mattinate di mercoledì e venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 11.00, dove un incaricato provvederà a raccogliere le firme e in caso di necessità a fornire assistenza fiscale.

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VITA PARROCCHIALE

La celebrazione dei Sacramenti La Festa del Perdono, o Prima Confessione per i ragazzi di 3a elementare, si terrà domenica 9 aprile, (domenica delle Palme) alle ore 15.30, alla Chiesa del Sacro Cuore. Oltre ai bambini e ai loro parenti, tutti sono invitati a partecipare. La Santa Messa di Prima Comunione si terrà martedì 25 aprile alle ore 10.30, alla Chiesa del sacro Cuore. I cancelli esterni e la chiesa apriranno alle ore 9.30. Il Rito della Confermazione o Santa Cresima, sarà celebrato dal Vescovo Maurizio, domenica 14 maggio alle ore 17.30, alla chiesa del Sacro Cuore.

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Le prossime celebrazioni comunitarie dei Battesimi: domenica 23 aprile, ore 16.00; domenica 7 maggio, ore 16.00; domenica 11 giugno, ore 16.00. I genitori interessati contattino quanto prima il parroco.

Il mese di Maggio Anche quest’anno la preghiera del Mese di Maggio, molto sentita nella nostra parrocchia, sarà predisposta secondo lo schema ormai conosciuto: alle 20.30 la preghiera del Rosario, cui seguirà la celebrazione dell’Eucarestia Durante tutto il Mese di Maggio la Messa feriale delle 18.00 a San Fereolo è sospesa.


La solenne apertura del Mese di Maggio sarà Lunedì 1 maggio, alle ore 21.00, presso la zona artigianale. Il Vescovo Maurizio ci ha assicurato la sua presenza. Il martedì sarà sempre dedicato alla preghiera nelle cascine che daranno la disponibilità ad ospitarci; il giovedì, invece, sarà caratterizzato dalla preghiera in Oratorio animata dai gruppi dei ragazzi. Il calendario dettagliato sarà comunicato di settimana in settimana. La conclusione, il 31 maggio, con la solenne celebrazione alla Madonnina del Villaggio Oliva.

La chiusura dell’anno catechistico e pastorale Sabato 20 maggio terremo la chiusura ufficiale dell’anno pastorale, catechistico e sportivo: alle ore 18.00 celebrazione dell’Eucarestia nel cortile dell’Oratorio; seguirà cena fraterna condivisa e momento di festa insieme.

Le Giornate Eucaristiche o Quarantore In occasione della Festa del Corpus Domini terremo le Giornate Eucaristiche o Quarantore, prolungando la nostra preghiera di adorazione, soprattutto quest’anno dedicato all’Eucarestia.

Venerdì 16 giugno - Ore 8.30 Santa Messa di apertura. Esposizione dell’Eucarestia e adorazione prolungata per tutta la giornata - Ore 21.00 Celebrazione dei Vespri e riflessione Adorazione notturna.

Sabato 17 giugno - Ore 8.00 Lodi mattutine e riposizione - Ore 8.30 Santa Messa; esposizione dell’Eucarestia e adorazione prolungata per tutta la giornata - Ore 17.30 Benedizione eucaristica - Ore 18.00 Santa Messa

Domenica 18 giugno Solennità del Corpus Domini - Ore 16.30 Esposizione e adorazione - Ore 17.30 Vespri e benedizione - Ore 18.00 Santa Messa e chiusura delle Giornate Eucaristiche - Ore 20.30 Celebrazione cittadina del Corpus Domini.

Giovedì 22 giugno

La Festa del Sacro Cuore Quest’anno ricorre venerdì 23 giugno, ma noi anticiperemo la celebrazione alla vigilia, giovedì 22 giugno alle ore 21.00 con la Messa Solenne durante la quale i sacerdoti ricorderanno i loro anniversari di ordinazione sacerdotale.

Soggiorno estivo a Bellaria La Parrocchia propone anche per quest’anno la possibilità di un soggiorno a Bellaria, nella casa

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VITA PARROCCHIALE zione è necessario versare la caparra di euro 200. La quota a saldo da versare entro domenica 28 maggio. Le iscrizioni si ricevono nei giorni di: martedì e giovedì mattina, dalle ore 9.00 alle ore 11.00 e mercoledì pomeriggio dalle ore 16.00 alle 17.30.

“Innamorati” in parrocchia

per ferie San Bassiano. La proposta è rivolta ad adulti e anziani ma anche a famiglie con i bambini che lo desiderassero. La partenza è prevista domenica 25 giugno ore 6.30 da San Fereolo ed il rientro sabato 1 luglio in serata. La quota di partecipazione per gli adulti: euro 390 (sono previste agevolazioni per i bambini e ragazzi). La quota comprende viaggio in pullman GT, pensione completa dal pranzo del 25 giugno al pranzo del 1 luglio. Supplemento camera singola: euro 60. All’iscri-

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La festa di San Valentino, per tradizione patrono degli “innamorati”, è stata una bella occasione di incontro per i fidanzati prossimi al matrimonio nel corrente anno 2017 e per le coppie che hanno celebrato le nozze nell’anno 2016. L’appuntamento, cui hanno risposto in maniera entusiasta più di 20 coppie, si è tenuto domenica 19 febbraio con la celebrazione dell’Eucarestia alle 18.00, nella chiesa di San Fereolo; le famiglie della parrocchia hanno animato la celebrazione e fatto buona accoglienza alle coppie presenti. Prima di concludere la celebrazione il parroco ha fatto una preghiera di benedizione sui fidanzati e sulle coppie di sposi e ha lasciato loro un augurio, tramite un CD, che riportava una citazione di Amoris Laetitia, la lettera di papa Francesco sull’amore nel matrimonio: “Nel matrimonio è bene avere cura della gioia dell’amore. La gioia matrimoniale, che si può vivere anche in mezzo al dolore, implica accettare che il matrimonio è una necessaria combinazione di gioie e di fatiche, di tensioni e di riposo, di sofferenze e di liberazioni, di soddisfazioni e di ricerche, di fastidi e di piaceri, sempre nel cammino dell’amicizia, che spinge gli sposi a prendersi cura l’uno dell’altro: prestandosi un mutuo aiuto e servizio”. Terminata la celebrazione un aperitivo in oratorio è stato prezioso momento di incontro, di conoscenza, di gioiosa fraternità.


IL PERCORSO DELLA VITA BATTESIMI • •

• • • • • •

BEGHI ALESSANDRA di Francesco e Neminova Anna (foto 5 pag. seguente) OMORGUE SUCCESS OSAHUGUE RUT di Sunday e Osasu Favour Esohe ((foto 5 pag. seguente) CAMEDDA LORENZO di Alessandro e Arcelli Maria Regina (foto 1 pag. seguente) TORRIANI ELIA di Andrea e De Toro Francesca (foto 1 pag. seguente) VODNAR RARES FRANCISC di Feri e Vodnar Angelica Monica (foto 4 pag. seguente) POLIZZI ALISON ILARY di Maurizio e Verzani Chiara (foto 2 pag. seguente) BARSOTTI MARCO di Nicola e Probo Claudia (foto 2 pag. seguente) BUSOLLO DAVIDE di Carlo e De Sant’Anna Camila Maria (foto 3 pag. seguente)

DEFUNTI • • • • •

ROLIVA ALBERTO di anni 60 BERTOLI LUIGIA di anni 89 CENCIARINI ROSA di anni 58 ALBANESI ANGELA di anni 91 MALGUZZI ROMUALDO di anni 67

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • (le

LUPI PASINI ANNA MARIA di anni 72 PUGLIESE ROSA di anni 72 ANELLI FRANCESCO di anni 88 LANZA STEFANO di anni 86 ESPOSITO GIOVANNI di anni 62 ZANNONI GIOVANNI di anni 84 CAMPAGNOLI GIUSEPPINA di anni 91 PIZZAMIGLIO GIUSEPPINA di anni 92 DI NUNZIO MICHELE di anni 87 TRAVERSONI LUCIANO di anni 91 MARCHESI ELENA di anni 81 GHIDONI ROSA di anni 91 PASSERINI ADRIANA di anni 79 ORSINI GIUSEPPA di anni 89 CANNATA’ CONCETTA di anni 77 PASSERINI ANNA di anni 80 MANDER REMO di anni 80 BALOSSI AURELIO di anni 79 CARUSO MARIA di anni 94 FANTINI BATTISTA di anni 89 CAMPISI ELENA di anni 90 foto degli altri defunti sono a pagina 39)

MATRIMONI •

SCORLETTI ALBERTO con NICHETTI NICOL (foto sotto)

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IL PERCORSO DELLA VITA

1

3 5

Casiraghi Ismaele di anni 93

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Fanzin di an


ni Romeo nni 77

2 Aguggini Annunciata di anni 90

Ascolese Francesco di anni 83

Gibin Pasquina di anni 95

Mazzei Maria di anni 73

Montecchi Carlo di anni 79

Pavesi Angelo di anni 85

4

Rocchetta Giuseppe di anni 99

Vallini Angela di anni 91

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Parrocchia dei Santi Bassiano e Fereolo viale Pavia 41, Lodi ▪ tel. 0371-30658

per contattarci:

don Elia: tel. 0371-30658 don Roberto: tel. 0371-36345 don Marco: tel. 0371-438540 Caritas parrocchiale: via della Marescalca 3 ▪ tel. 0371-430885 Gruppo Sportivo Oratorio: via Salvemini 5 ▪ tel. 0371-31964 Coordinatore Sportivo: Roberto Folletti tel. 339-1452918 e-mail: doneliacroce@libero.it sito web: www.sanfereolo.it e-mail Caritas Parrocchiale: caritassanfereolo@gmail.com

i servizi della Caritas parrocchiale: Ambulatorio infermieristico

lunedì – mercoledì – venerdì dalle ore 9 alle 10

Doposcuola

martedì - giovedì dalle 17 alle 18,30 mercoledì - venerdì dalle 14,30 alle 16

Distribuzione vestiti

martedì – giovedì dalle ore 9 alle 11

Servizio anziani ammalati e infermi mercoledì – venerdì dalle ore 9 alle 11,30

Aiuto generi alimentari una volta al mese

Centro d’ascolto

Mercoledì – venerdì dalle ore 9 alle 11

Servizio pratiche A.C.L.I.

Secondo e quarto mercoledì del mese dalle 9,30 alle 11

Prenotazione esami e visite mediche

mercoledì dalle 9 alle 10 - venerdì dalle 9 alle 11 in copertina: Resurrezione di Piero della Francesca


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