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Lavatoio - Montescudo
e Lavadur
Lavatoio di Montescudo
Se per le donne era il lavatoio dove lavare panni e vestiti, ma anche per incontrarsi e scambiarsi informazioni, notizie e piccoli grandi segreti, per i ragazzi della zona era invece la loro piscina estiva. Questa duplice funzione del “bottaccio” di Montescudo è ancora molto famosa tra gli abitanti del luogo, che ricordano con affetto sia l’uso tradizionale di questo manufatto, sia quello più giocoso e meno “regolare”. Si narra che d’estate, infatti, i ragazzi sfruttassero la vasca come una vera e propria piscina, tanto che a qualcuno venne perfino in mente di posizionare un cartello all’ingresso dalla strada con le indicazioni. Ovviamente il cartello fu prontamente rimosso dalle autorità locali, ma il fatto resta, soprattutto nelle chiacchiere tra i residenti. Il lavatoio è protetto da un muro di contenimento in ciottoli, ha un’unica grande vasca con bordi inclinati e sul fianco sinistro è presente una piccola vasca in pietra rettangolare. Più fantasiosa, ma sicuramente anch’essa con un fondo di verità, è la leggenda sulle proprietà curative dell’acqua che zampillava dalla fonte sotterranea del lavatoio. Sono diversi, infatti, i racconti su persone comuni e personaggi famosi della comunità che amavano rifornirsi di queste acque per berle e curare alcune specifiche patologie.
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Bottaccio di Santa Maria del Piano
Difficile immaginare che sotto la strada principale che collega la frazione di Santa Maria del Piano al territorio marchigiano, sia stato costruito nel passato un manufatto importante come il “bottaccio”, il nome con cui gli abitanti della zona sono soliti chiamarlo. Ma esiste ancora oggi e lo si può scoprire percorrendo via Molino Genga, la continuazione di via Sant’Apollinare che costeggia il fianco sinistro dell’omonima Chiesa settecentesca, ovviamente continuando nel tratto non carrabile, fino a sotto la strada. Il “bottaccio” è ubicato infatti a metà strada tra il nucleo storico del borgo e una vecchia casa padronale, un tempo di proprietà della Curia, che si dice fosse la più antica di Santa Maria, oggi purtroppo abbandonata a una fine meno gloriosa. Tutta quest’area era chiamata in dialetto “podere d’la Curia” e comprendeva sia l’immobile che il lavatoio, il cui utilizzo fu concesso dall’allora parroco di Marazzano agli abitanti di Santa Maria del Piano probabilmente durante l’Ottocento. A poca distanza scorre il fiume Conca e sull’argine restano sparute tracce del molino Genga, da cui la strada prende il nome. Il “bottaccio” è una grande vasca a cui le donne che dovevano lavare i panni accedevano scendendo alcuni gradini, oggi per evitare cadute accidentali l’accesso invece è protetto da un muretto e da una recinzione. Quello che si vede, è però solo una parte del vecchio lavatoio, perché sotto alla terra che li ha coperti ci sono ancora i piani inclinati su cui lavare la biancheria. Nell’acqua trasparente del “bottaccio” non si lavano più i panni, ma oggi nuotano tranquilli alcuni pesci rossi che lo hanno trasformato nel loro acquario personale. A qualche metro di distanza è presente il vecchio pozzo, dove c’è la sorgente d’acqua disponibile tutto l’anno.