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Emancipazione Individuale e Benessere del Mondo: Alcune Riflessioni Swami Atmashraddhananda

EMANCIPAZIONE INDIVIDUALE E BENESSERE DEL MONDO

Alcune Riflessioni

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Swami Atmashraddhananda

Per un essere umano, ci sono quattro Purushartha (obiettivi della vita). I primi due sono Kama e Artha. Il terzo Purushartha è Dharma che conduce a Moksha, il Purushartha finale e lo scopo della vita umana. Che cos’è questo Moksha Purushartha? Significa che possiamo liberarci dei nostri stessi desideri e nel processo scoprire o riscoprire la vera fonte della felicità, la vera fonte dell’esistenza eterna che è presente in ognuno di noi. È molto interessante ricordare che la vera sorgente della felicità, la vera fonte dell’esistenza eterna, ciò che stiamo cercando attraverso tutto in questa vita, è effettivamente presente proprio dentro di noi.

PER ME È UN’OCCASIONE meravigliosa condividere alcune riflessioni sull’argomento Atmanomokshartham

Jagathitayacha (emancipazione individuale e benessere del mondo). Quando, nel 1897,

Swami Vivekananda fondò la Missione

Ramakrishna, le diede questo ideale.

Ma esso non è solo limitato alla Missione

Ramakrishna o al Monastero Ramakrishna, oppure a quello che generalmente chiamiamo Movimento Ramakrishna. È un ideale che è di grande importanza per tutti in questo mondo, perché rappresenta ciò che, alla fine, un uomo, o gli esseri umani in generale, vogliono nella vita.

Il Desiderio di Esistere è alla Base dell’Uomo

Per cominciare, l’uomo vuole la felicità; vuole pace e sicurezza. Quando egli inizia il viaggio della vita, lo fa con una peculiarità molto ordinaria: inizia solo cercando la felicità. Questo si chiama Kama. L’uomo vuole soddisfare i suoi desideri, poiché, in tal modo, ottiene la felicità. Quindi,

vuole soddisfare ogni suo desiderio e ciò è fondamentale alla vita. Questo gli fa pensare all’istinto primitivo che lo fa vivere. Rappresenta anche il nostro desiderio non solo di felicità, ma anche di sicurezza e protezione, per il semplice fatto di vivere. Se così non fosse, la persona che non ha questo sarebbe in una posizione di grande pericolo. Quindi Kama, il desiderio, è essenziale per l’uomo. Esso esiste.

Ma questa è una peculiarità molto elementare con cui iniziamo la nostra vita e scopriamo che, per soddisfare i desideri, abbiamo bisogno anche di Artha, con cui generalmente intendiamo denaro o ricchezza. Ma Artha può essere tutto ciò che rappresenta una risorsa per la realizzazione dei nostri desideri. Quindi, iniziamo il nostro viaggio con la caratteristica grossolana di realizzazione dei desideri, aiutati dalle nostre risorse. Questo insieme, Kama e Artha, è chiamato Pravritti Marga (sentiero della mondanità). Ma anche per seguire questo, devono esserci alcune regole da rispettare. A dire il vero, quando una persona sta cercando di soddisfare i propri desideri e ha determinate risorse per soddisfarli, noi diciamo che vuole raggiungere il successo nella vita. Vuole avere successo sotto forma di fama, potere e denaro, e tutto ciò che si considera successo mondano. Questi, insieme, cercano di creare nella persona un intenso desiderio di continuare la vita.

I Desideri Illimitati Provocano il Ciclo di Nascita e Morte

Arriva tuttavia un momento in cui la persona scopre l’insufficienza del sentiero del desiderio. Questo è il momento in cui diciamo che gli esseri umani sono cresciuti, sono diventati “colti”; sono cioè progrediti nella loro vita interiore. I progressi nella vita interiore fanno capir loro che una persona non è solo il corpo. Non abbiamo solo uno Sthula Sarira (corpo grossolano); abbiamo anche un Sukshma Sarira (corpo sottile) e, anche al di là del Sukshma Sarira, c’è il Karana Sarira (corpo causale). Al di là del corpo causale c’è il vero Sé, la Divinità presente in noi. Perché il Sé “indossa” questi sé diversi, come siamo soliti dire noi, il Karana Sarira, il Sukshma Sarira e lo Sthula Sarira? Perché l’uomo indossa questi corpi? Si dice, che sia a causa di un potere misterioso chiamato Maya (illusione) o Avidya (ignoranza). Ciò crea, in qualche modo, una sensazione di limitazione del Sé infinito che è, di per sé, pienamente realizzato e pieno di gioia intrinseca. Lo chiamiamo senso di “ignoranza”, non ignoranza in senso reale, ma una sorta di conoscenza parziale della realtà e parziale ignoranza della realtà. L’ignoranza qui significa che conosco parzialmente la mia divinità e in parte non la conosco. Quando si forma questa miscela, allora l’individuo prende ciò che chiamiamo nascita. Quando esso nasce, ha tutti questi corpi che lo compongono. Quindi ha il Karana Sarira, il Karana originale o la causa del corpo causale, che dà origine al Sukshma Sarira, il tipo di Antahkarana (organo interno) o tipo di corpo sottile che indossa per soddisfare certi desideri, e che si manifesta nella forma dello Sthula Sarira, o corpo che abbiamo, che consiste di vari Indriya (organi di senso) e varie facoltà della nostra personalità.

Tutto ciò parte da un passato misterioso, di cui non abbiamo idea. Ma questo è vero; abbiamo questo Sthula Sarira. Nasciamo come piccoli bambini, diveniamo adolescenti, poi giovani e infine abbiamo gli anni del declino. Decadiamo e c indebolisce, diventiamo vecchi e abbandoniamo il corpo. È un ciclo generale che ogni essere vivente subisce. Non solo gli esseri umani, ma tutti gli esseri viventi sono sottoposti a questo ciclo di nascita e morte. E quando una persona muore, non è che sia effettivamente morta. È il corpo a morire. È il suo Sthula

Sarira, che consiste in ciò che vediamo l’uno nell’altro come corpi che hanno un’altezza, una carnagione particolare e alcune caratteristiche corporee. Quindi, quando una persona muore, la somma totale di tutti questi muore, ma non il Sukshma Sarira. Il corpo sottile ha ancora desideri da soddisfare; quindi va alla ricerca di un altro corpo. Cerca un altro posto dove può trovare quelle circostanze, quelle condizioni in cui può soddisfare i suoi desideri, compiere ciò che sente che manca. E poi l’uomo nasce ancora e ancora. In questo modo, continua a soddisfare i suoi desideri, a esaudire ciò che ritiene meriti di essere ottenuto nella vita. E nel processo, parlando in generale, accumula nuovi desideri. Questa è la natura della mente. Continua a generare nuove idee e nuovi desideri. Quindi, quando un uomo cerca di soddisfare i propri desideri, genera nuovi desideri, e questo processo continua, ed egli rinasce ripetutamente. Adi Sankara dice:

Punarapi Jananam Punarapi Maranam,

Punarapi Janani Jathare Sayanam,

Iha Samsare Bahu Dustare,

Kripayapare Pahi Murare. (O Signore! Sono coinvolto in questo ciclo di nascita e morte, e ogni volta vivo l’angoscia di rimanere nel grembo materno. È molto difficile attraversare quest’oceano della vita terrena. Ti prego, fammelo attraversare e concedimi la liberazione.)

Punarapi Jananam - ancora una volta nasci, perché il Sé interiore non muore con la morte del corpo. Con il corpo causale e il corpo sottile, continua a cercare la felicità all’esterno. Va alla ricerca di diversi generi di felicità, in modi differenti, in svariati luoghi e situazioni. È alla ricerca di felicità, pace, sicurezza, tranquillità e cose del genere. E questo è chiamato ‘ciclo di nascita e morte’.

Il Dharma Conduce a Moksha Una persona spirituale diventerà più altruista; la sua attenzione, concentrata sul suo piccolo sé, si sposterà, ed essa si identificherà sempre più con gli altri perché il vero Sé dentro di noi non è multiplo; è singolo. La coscienza che è presente in tutti noi, la Divinità che è presente in tutti noi, non è multipla; è singola. Il Sé che è in me è anche il Sé negli altri. Quindi, naturalmente, quando una persona cresce spiritualmente, diventa sempre più altruista e si premura del benessere altrui.

Poi un giorno, quel giorno benedetto, quando l’anima si risveglia dall’ignoranza, l’individuo comincia a pensare: “Adesso fatemi trovare qualcosa di più. Io non sono solo questo corpo e questa mente; fatemi pensare a qualcosa di più elevato.” È l’inizio del Dharma, l’inizio di una vita superiore. La serie dei valori inizia a manifestarsi in lui e con ciò egli continua a vivere la vita, ma con sempre maggiore virtù. Quindi, il Dharma crea nell’uomo l’ulteriore sentimento di ciò che può fare di bene per la comunità. Comincia a pensare: “Che io restituisca quello che ho ottenuto dalla società, dalle persone intorno a me. Non dovrei essere solo un ricevente, ma anche un donatore.” In effetti, chi dona è molto più fortunato di chi riceve. Swami Vivekananda, nelle sue lezioni sul Karma Yoga, dice che non è il ricevente a dover dire “grazie”, ma è il donatore a doverlo dire perché ha l’opportunità di servire. Il donatore arriva

alla seguente comprensione: ho potuto fare qualcosa per te, e in tal modo sono stato in grado di acquisire nuovi samskara più puri, quelli che sono chiamati i nostri Punya Karma (atti meritori), e quindi sono grato di aver ricevuto l’opportunità di ottenere ciò!

Per un essere umano, ci sono quattro Purushartha (obiettivi della vita). I primi due sono Kama e Artha. Il terzo Purushartha è Dharma che conduce a Moksha, il Purushartha finale e scopo della vita umana. Che cos’è questo Moksha Purushartha? Significa che possiamo liberarci dei nostri stessi desideri e, nel processo, scoprire o riscoprire la vera fonte della felicità, la vera fonte dell’esistenza eterna che è presente in ognuno di noi. È molto interessante ricordare che, la vera sorgente della felicità, la vera fonte dell’esistenza eterna, ciò che stiamo cercando attraverso tutto in questa vita, è effettivamente presente proprio dentro di noi.

Una persona che sta cercando Moksha è un Moksharthi e questo Moksharthi è alla ricerca di quei mezzi che lo renderanno libero dai legami. Ancora una volta questi legami non sono esterni, ma interni. Così egli inizia il suo viaggio, inizia a pensare, è risvegliato, ed è come se iniziasse a cercare i mezzi giusti per superare i suoi legami interiori. Dove sono i legami interiori? Sono da qualche parte dietro i nostri occhi o dietro la nostra pelle, oppure sono dietro a una qualche parte del corpo? Secondo le nostre Scritture e secondo i grandi saggi e i mistici questi legami sono tutti nella mente. Manah Eva Manushyanam Karanam Bandhamokshayo (la mente è causa della schiavitù e della liberazione dell’uomo). Un uomo è legato dalla sua mente e da essa viene liberato. La mente significa pensieri. Noi tutti diciamo ‘la mia mente è buona’, ‘la mia mente è felice’, ‘la mia mente è depressa’. Essa è lo strumento nelle mani di qualcosa che è diverso dalla mente. In sanscrito chiamiamo questa mente ‘Antahkarana’.

Dove Si Trovano i nostri Legami?

L’Antahkarana ha quattro parti. La prima si chiama Chitta. Chitta significa ‘memoria’. Nel momento in cui vedo qualcosa, c’è un ricordo di ciò: ‘Achchha (oh, sì), ho visto questo prima o no?’ Vedo un amico o una persona: ‘L’ho visto prima o no?’ Oppure vedo un frutto e mi chiedo: ‘È una mela o un mango?’ Dato che ho un ricordo originale di qualcosa, è per questo che sto facendo questo confronto. Quindi, c’è un ricordo conservato dentro di noi e questo ricordo è la somma totale di tutte le esperienze che abbiamo avuto attraverso varie nascite, non solo di questa nascita. È come la scatola nera di un aereo. Esso ha una scatola nera che registra tutto ciò che accade nel viaggio. Ogni volta che si verifica un incidente o un problema con un aereo, cercano la scatola nera. Qualcosa del genere è Chitta negli esseri umani, ma non è un qualcosa di grossolano. È qualcosa di molto sottile.

Nel momento in cui ricevo qualcosa o incontro qualcuno, prima vedo se riesco a riconoscere la cosa o la persona. ‘È quella la persona che conosco?’ ‘È un nuovo oggetto quello che vedo?’ E poi comincio a pensarci. Quel pensiero si chiama Sankalpa-Vikalpa. Ad esempio, qualcuno vi informa che c’è un Satsang e dite: “Oh, Satsang! Satsang significa questo; devo andare là e sedermi. Là c’è una bella lezione o c’è un Kirtan.” Si ha un ricordo di ciò che è Satsanga. Quindi decidete se andare o no. In sanscrito, questo pensiero di andare o non andare è chiamato Manas. Generalmente, traduciamo Manas come ‘mente’, ma è la capacità di pensare a Sankalpa e Vikalpa: “Oh, dovrei andare o no, dovrei decidere di andare o non andare.”

La terza parte della mente è Buddhi. Buddhi significa facoltà decisionale

dell’Antahkarana. Buddhi dice: “Sì, alzati e vai. È giusto per te.” A volte, possiamo prendere una decisione sbagliata, ma Buddhi è Nischyatmika (decisivo). È una determinazione, è una risoluzione. Ecco perché preghiamo tutti: “O Signore, illumina il mio Buddhi.” Nel Gayatri Mantra, abbiamo questa famosa preghiera: Dhiyo Yo Na Prachodayat. Dhi significa ‘Buddhi, intelletto’. Che il mio intelletto sia risvegliato! Possa io essere in grado di prendere la decisione giusta! Che il mio intelletto sia ispirato dalle idee giuste! Possa essere ispirato a prendere il giusto e più elevato sentiero della vita!

Anche Buddhi è catturato da un altro fattore chiamato Ahamkara (ego). Ahamkara dice: “Sì, l’ho fatto, mi sono alzato, ho parlato, ho sollevato, ho corso, eccetera eccetera.” Ma Buddhi, attraverso i pensieri e gli atti puri, può liberarsi dalle grinfie dell’egoismo e agire saggiamente.

Quindi, c’è Chitta, Manas, Buddhi e Ahamkara. Questi sono i quattro luoghi; specialmente il Chitta, dove sono presenti tutti i nostri legami interiori. Stiamo cercando in che modo infrangere questi legami, come possiamo raggiungere uno stadio in cui liberarci del fatto stesso di rinascere continuamente. Piuttosto, se dovessimo rinascere, dovremmo nascere solo per servire e aiutare gli altri, ma non per le nostre esperienze personali di felicità e successo, perché la felicità e il successo che sperimentiamo sono, in fin dei conti, limitati nella loro portata. Possiamo, però, servire gli altri, essere di grande aiuto agli altri, così da procurarci una soddisfazione interiore. Una persona potrebbe nascere a tale scopo; diversamente, cerca “Mukti”, vuole liberarsi.

La Via della Liberazione

Ora come si raggiunge questa Mukti? Prima di tutto, qual è la schiavitù? Stiamo parlando dell’Atmanomokshartham Jagathitayacha. Che cosa si dovrebbe dunque fare per la propria Moksha, per l’emancipazione, per la libertà, diciamo, per la propria crescita spirituale? Prima di tutto, che cos’è lo spirituale e che cos’è la crescita, e che cosa dobbiamo fare per la crescita spirituale? Per prima cosa, facciamo chiarezza sul fatto che il termine “spirituale” significa “ciò che è collegato allo spirito infinito dentro di noi”, “la divinità presente in tutti noi”, “l’Atman presente in tutti noi”. Swami Vivekananda lo ha detto molto bene. Egli ha affermato: “Ogni anima è potenzialmente divina. L’obiettivo è manifestare questa divinità controllando la natura, esterna e interna.” Questo è tutto ciò che s’intende per religione. Per controllare la nostra natura interiore la mente deve essere sottoposta a un addestramento e a un controllo adeguati. Solo allora possiamo raggiungere la nostra libertà interiore. Questo controllo, questa disciplina interiore, è chiamato ‘spiritualità’.

La disciplina interiore è spesso aiutata da condizioni e fattori esterni. Ad esempio, tutti voi siete seduti qui; è un posto bellissimo dove non c’è nessun disturbo per ciò che vi state proponendo di fare. Siete qui e desiderate ascoltare e arricchirvi. Quindi queste sono condizioni esterne e, per la nostra crescita interiore, sono necessarie per lungo tempo. Dobbiamo renderci sufficientemente saldi per cercare la crescita interiore. Quindi, in questo senso, le condizioni esterne sono estremamente necessarie. Esse svolgono un ruolo vitale nella crescita della spiritualità. E la prova della crescita spirituale è l’altruismo. Più una persona cresce spiritualmente, più diventa altruista. L’altruismo è la prova della crescita spirituale. Quando parliamo di crescita spirituale, non è solo il lato mistico

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