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Purificate il Mondo con il Sankirtan Discorso di Bhagavan del 3 marzo 1992
meccanica. Il sentimento, la melodia e il ritmo sono essenziali per un canto corretto.
Ricordare il Nome costituisce la panacea. Il Nome cantato come una canzone allieta immensamente il cuore. Molti pandit recitano i Nomi in versi, ma non sperimentano l’anelito intenso espresso nelle quartine. Alcuni attori sanno pronunciare le parole in modo forte e chiaro, ma non con profondità di sentimento. I Nomi cantati melodiosamente coinvolgono il cuore dei cantori e degli ascoltatori; anche i non credenti e gli agnostici annuiscono in segno di apprezzamento nell’ascoltare la musica devozionale.
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Un canto melodioso fa vibrare le corde del cuore
Alcuni che prendono parte ai bhajan non muovono le labbra. Possono dire di cantare mentalmente, ma questo non è corretto. Se avete sentimenti devozionali, dovreste esprimerli con la lingua unendovi al canto del bhajan che soltanto in questo caso si può chiamare Sankirtan o cantare all’unisono con gli altri. Dovete cantare i Nomi a voce alta, a gran voce, affinché il canto si senta fin dove la voce può arrivare; soltanto allora il Divino risponderà pienamente e spanderà la Sua grazia. Nessuno corre in aiuto di uno che annega se il suo grido è flebile; soltanto se egli grida forte, al massimo della voce, le sue invocazioni vengono udite e gli altri corrono a salvarlo. Sankirtan significa cantare con abbandono e fervore.
Tutti dovrebbero comprendere che le membra e gli organi del corpo sono stati dati all’essere umano affinché li usi per scopi sacri: la lingua per pronunciare il Nome del Signore, le mani per l’adorazione, i piedi per andare al tempio e così via. Questi organi non devono essere usati per scopi frivoli e profani. Le persone devono purificare la mente e contemplare Dio santificando ogni organo di senso.
Il solo mezzo per purificare il mondo inquinato
Incarnazioni dell’Amore Divino!
Descrivere la dolcezza e la sacralità del Nome del Signore è impossibile. L’intensità della devozione con cui cantate il Nome otterrà dei benefìci proporzionali e vi darà gioia. Tutti dovrebbero sforzarsi di cantare i Nomi all’unisono. Oggi i cinque elementi del mondo, cioè lo spazio, l’aria, il fuoco, l’acqua e la terra, sono tutti inquinati; non si possono trovare dell’acqua o dell’aria pure. I suoni che udite sono inquinati, la terra è inquinata. L’era di Kali è diventata l’era di kalmasha (dell’impurità). Il canto dei Nomi del Signore è l’unico mezzo utile a ripulire tutto.
Oggi, le persone passano la maggior parte del tempo a guardare la TV: ci sorprende che i bambini nati in questo ambiente siano prodotti della TV? Essi si comportano come attori sin dall’infanzia, fanno continuamente delle bravate e i genitori sono i soli ad averne colpa. Nei tempi antichi, le donne incinte solevano ascoltare le storie di Prahlada, di Satyavan e di altri personaggi nobili: i bambini nel ventre ne erano influenzati.
Il canto del Nome Divino purifica l’atmosfera
La recitazione dei Nomi del Signore aiuta a purificare l’atmosfera che assorbe le onde di suoni sacri. Il potere delle onde sonore è evidente da come le onde radio si trasmettono e si ricevono a grandi distanze. L’atmosfera che è stata inquinata dai suoni impuri può essere purificata con il canto del Nome Divino. - Dal Discorso Divino di Bhagavan
tenuto nell’Auditorium Purnachandra il 3 marzo 1992
LE MIE ESPERIENZE CON BHAGAVAN SRI SATHYA SAI BABA*
Dottoressa Goteti Saraswati
IL GIORNO SUCCESSIVO, MENTRE stavamo per salire sugli autobus e andare a Badri, Swami ci fece sedere sul grande prato vicino al bungalow del Governatore e ci disse che cosa avremmo dovuto fare. “Guardate, il fiume Gange scorre lì vicino. Svegliatevi presto la mattina, e non preoccupatevi del freddo. Fate un bagno, e lasciate tutti i vostri peccati nel Gange. Abbandonate tutte le cattive qualità. Emergetene puri.”
Questo è ciò che disse Swami. Seguendo le Sue parole, ci svegliammo presto.
Sapete quant’era forte la corrente? Era fortissima. Dovemmo afferrarci a degli appigli e in qualche modo fare il bagno e uscire. Fu ciò che facemmo.
Come Swami Salvò una Mucca
Il giorno dopo, vi andammo in autobus.
Potemmo vedere alcuni autobus caduti nella gola sottostante. Guardando in basso, riuscivamo a vedere galleggiare nell’acqua le ruote degli autobus precipitati. Erano scene davvero spaventose, ma Swami era con noi.
Dobbiamo imparare le lezioni che Swami ci ha insegnato riguardo alla purezza. “Se volete qualcosa, chiedete”, ha sempre detto. Che cosa avremmo dovuto chiederGli? Volevamo solo starGli vicino: per noi, era unico. Durante il viaggio vedevamo alte colline e, su una di esse, un giorno, scorgemmo una mucca che pascolava. Swami camminava, e anche noi stavamo camminando con Lui. Mentre le passavamo accanto, la mucca cadde dall’alto. Io dissi: “Oh, Swami! Quella mucca è caduta!” e pensai che fosse alla fine mentre si contorceva a terra. Invece, esse poi si alzò e se ne andò. Swami disse: “È passata davanti
Le persone al seguito di Bhagavan a Badrinath.
agli occhi di Swami. Che cosa pensate che le sarebbe capitato?”
Tutte queste sono lezioni per noi. Lo sguardo di Swami dovrebbe essere su di noi: allora non potrà accaderci nulla. Che cosa pensate possa accadere se si è davanti agli occhi di Swami?
Dio Viene in Molte Forme per Proteggere i Suoi Devoti
Swami stava dando disposizioni individuali, elencando i nomi ad alta voce: “Queste persone entreranno nei palanchini, il tal dei tali andrà a cavallo e dite agli altri di andare a piedi.” Egli Stesso pensò a una sistemazione per tutti. Aveva assegnato un mezzo di trasporto a ciascuno. Tirai fuori un po’ di scuse e decisi di non andare a cavallo, ma avevo paura di dirGlielo. Mi avrebbe rimproverato di nuovo? Quindi, rimasi zitta. Il cavallo fu assegnato alla figlia di Seetharamaiah. Egli organizzò dunque per tutti e partimmo. Burgula Ramakrishna Rao aveva un gruppo in viaggio
con sé composto dalla sua famiglia. Presero un caffè e dei biscotti e poi procedettero. Lungo la strada, per tre o quattro volte, egli disse: “Swami non sarebbe contento. Per favore, salite sul cavallo.” Ci diceva questo con molta gentilezza. “Nessun problema, signore”, rispondevo. Quando lo vedevo, egli mi diceva di salire sul cavallo. I cavalli ci furono quindi assegnati e camminarono con noi.
Il sentiero di montagna era piuttosto ripido, e percorrerlo era difficile. Ansimavamo, camminando con un bastone per sostenerci. Mentre andavamo avanti, ci venne sete, ma né la mia compagna di viaggio né io avevamo dell’acqua. C’erano alcune sorgenti di montagna. Bevendo, calmavamo la sete per un po’, ma dopo qualche tempo eravamo daccapo. Così, ci fermammo vicino a un chiosco del tè e chiedemmo al proprietario: “Può darci dell’acqua potabile?” “Non posso darvi l’acqua; se volete, posso darvi del tè”, disse l’uomo. Quando ribadimmo che volevamo acqua e non tè, rispose che non ce l’avrebbe data. Che cosa potevamo fare? Né lei né io volevamo del tè. Ripartimmo e salimmo ancora per qualche metro. Lungo il ripido sentiero con i bastoni in mano, ci imbattemmo in una donna Garhwali (gruppo etnolinguistico della regione del Garhwal, nello Stato indiano settentrionale dell’Uttarakhand, nell’Himalaya – ndt), di corporatura robusta, alta, con una bella carnagione, che aveva un recipiente sopra l’altro, come fanno nel Rajasthan. Stava scendendo e io le chiesi: “C’è acqua più su?” “No, non troverete acqua se salite.” “Siamo assetate.” “Avete sete? Sedetevi, vi verserò dell’acqua”, disse. Quando chiedemmo il recipiente, non ce lo dette. Disse: “Sedetevi, la verserò io.” Allora, mi sedetti e, accanto a me, c’era la mia intrepida compagna. Le disse: “Siedi anche tu, Seetha!” La donna versò a entrambe dell’acqua in bocca e così potemmo bere e ci saziammo. Non c’era acqua da nessuna parte sopra di noi, nemmeno un rivolo. Dopo un po’, quella donna scomparve. Se soffriamo, Dio in un modo o nell’altro ci proteggerà. Salimmo con grande fatica. Dopo aver scalato per un po’, Seetha disse: “Non riesco più a camminare: salirò su quel cavallo.” “Sali! D’altronde, il cavallo è proprio accanto a te.” L’aiutai a salire. Il mio cavallo stava ancora camminando dietro di me. Proseguimmo e fummo alloggiati in un edificio scolastico.
Dopo il bagno, mi sdraiai e sprofondai nel sonno. Tutti gli altri membri del gruppo erano anch’essi in quel luogo. Mattina e sera, ovunque fosse Swami, Gli offrivano l’Arati. Tutto ciò mi irritava. Che cosa significava tutto questo? Cantare, fare Namaskar, senza metodo e regole. Cantavano in quel modo e io ero coricata. Sentivo il canto da lontano, ma avevo sonno. Mentre mi stavo addormentando, vicino a me udii: “Poverina! È determinata: lei ha quello spirito. Ha scalato la montagna. Poverina! Adesso è stanca e dorme.” Sentii queste parole pronunciate da una voce familiare. Mi alzai immediatamente e lì, in piedi, vidi Swami che stava apprezzando i miei sforzi nell’arrampicarmi. Fu bello! Mi alzai e feci Namaskar.
Vicino a Badrinath, c’è un posto chiamato Brahma Kapal. È un piccolo luogo sotto un ghiacciaio. Swami invitò tutti a sedersi lì e a officiare dei riti per i propri antenati. Tutti gli uomini fecero le offerte cerimoniali che erano state eseguite lì nel tempio. Swami le fece fare a tutti gli uomini, mentre a noi disse: “Non è necessario che voi donne lo facciate; lo farò Io.” Il Gange passa là sotto con il nome di Alakananda. La strada è alquanto più in alto. Egli venne giù e chiese anche a noi di scendere. Scendemmo e ci mettemmo in fila sui gradini. Swami prese un vassoio per le offerte cerimoniali e raccolse dell’acqua dal Gange. Domandò poi se qualcuno avesse dei semi di sesamo. Chi potrebbe portare con sé dei semi di sesamo? Non appena Swami pronunciò quelle parole, vedemmo dei semi di sesamo galleggiare sull’acqua. Agitando la mano, Egli creò un grosso mucchio di