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Bhagavatha Vahini Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
attiva qualsiasi “contenitore”, o Upadhi, dando origine a molteplici avvenimenti. Il saggio vede soltanto la corrente continua che alimenta qualsiasi attività, mentre l’ignorante vede ogni cosa come distinta. Dio apprezza la consapevolezza dell’unità alla base di ogni azione, mentre non apprezza che ci sia un solo tipo di attività, che non sarebbe adeguato alle diverse necessità. I frutti delle azioni (karma) riguardano soltanto coloro che si identificano con il corpo fisico e non coloro che sanno di essere l’indistruttibile Atma (anima, forza interiore che muove ogni cosa).
Ripeto ancora una volta che le Incarnazioni di Dio sono infinite. Egli è disceso in innumerevoli occasioni. Alcune volte manifesta soltanto una parte della Sua gloria, altre volte tutto il Suo splendore; alcune volte discende con uno scopo specifico, altre per trasformare il tempo di un’intera era e lo spazio di un intero continente.
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Il Bhagavata elabora la storia dell’ultima di queste manifestazioni. Il suo tema è costituito dalla recita inscenata dall’Avatar e dalle vicende riguardanti i Bhakta che vengono attirati verso di Lui. Ascoltarlo favorisce la realizzazione di Dio. Molti saggi hanno lodato il Bhagavata e ne hanno testimoniato l’efficacia, contribuendo a preservarlo per i posteri.
In genere, l’uomo è naturalmente attratto dagli oggetti dei sensi perché è vittima dei propri istinti. Questi ultimi nascono insieme col corpo e non come risultato di un processo di apprendimento. Il neonato cerca istintivamente il seno materno per bere il latte e il vitello si attacca alle mammelle della mucca senza aver bisogno di alcun insegnamento. Invece, per camminare e parlare il fanciullo deve essere istruito e deve esercitarsi, poiché queste non sono azioni automatiche, bensì stimolate dalla società e dall’imitazione degli altri.
Anche per soddisfare in modo appropriato i piaceri dei sensi è necessario l’apprendimento, dal momento che la ricerca sregolata di tali piaceri produce ira, odio, invidia, cattiveria e presunzione. Per mantenere i sensi sulla retta via e sotto controllo sono essenziali alcune buone discipline, come Japa (ripetizione del Nome di Dio), Dhyana (meditazione), Upavasa (digiuni), Sandhyavandana (adorazione all’alba e al tramonto) ecc. Eppure, per quanto si raccomandino e lodino queste pratiche, le persone non sviluppano una predilezione per esse. Questo perché il desiderio dei piaceri sensoriali ha messo radici profonde nel cuore dell’uomo. Se si chiede a qualcuno di compiere atti spiritualmente benefici, egli non avverte alcuna spinta interiore. Non bisogna, però, cedere allo scoraggiamento: finché non sorge tale desiderio, le discipline devono essere seguite scrupolosamente. La piacevolezza nel farle è il risultato della pratica; nessuno può averla fin dall’inizio. La pratica regolare creerà l’interesse.
Il neonato non conosce il gusto del latte. Bevendolo ogni giorno, svilupperà per esso un attaccamento così profondo che protesterà quando il latte verrà sostituito dal riso. Ma la madre non si scoraggerà e lo convincerà ad assaggiare piccole quantità di riso ogni giorno finché comincerà a piacergli ed egli abbandonerà il latte. Inizialmente il latte era il suo cibo naturale; con la pratica lo diventerà il riso, e sarà così naturale per lui che, se gli verrà a mancare anche solo per un giorno, sarà scontento.
Similmente, sebbene i piaceri dei sensi siano inizialmente ‘naturali’, attraverso la pratica, l’allenamento e l’ascolto delle raccomandazioni dei saggi si raggiunge gradualmente il piacere più elevato e duraturo che deriva dalla narrazione delle glorie del Signore e dal loro ricordo. Da allora in poi non si può più stare lontani da quell’atmosfera un solo istante, e si prova la sensazione che non esista nulla di più dolce dell’ascolto dello splendore di Dio. Non si prova più nessuna attrazione per coloro che conversano di ciò che riguarda i sensi e i loro oggetti e si viene attratti dalla compagnia di coloro che sono lieti di lodare Dio.
Questo è il segno distintivo dei buoni. I Sadhaka (aspiranti spirituali) e i devoti del Signore devono essere giudicati in base a questo e non dall’abbigliamento o dall’aspetto esteriore. Se un individuo si accompagna ad altri che indulgono in conversazioni e attività basate sui sensi, egli si mette fuori gioco. Trascorrete il vostro tempo in compagnia dei buoni, impegnandovi in attività meritevoli. Evitate di mescolarvi con chi non è buono, di interessarvi alle sue attività e di ascoltare i suoi discorsi. Solo coloro che si comportano in questo modo meritano di essere chiamati Bhagavata, o uomini di Dio.
Leggere e gioire delle storie che narrano la gloria di Krishna, in un luogo sacro, in un tempio o una sala di preghiera, nel romitaggio di qualche santo o saggio, oppure in compagnia di persone virtuose e buone, è fonte di grande gioia e ispirazione, tanto da far dimenticare tutto il resto. In alternativa, si può mettersi al servizio di uomini pii, ascoltando il racconto delle glorie di Dio dalla loro voce. Provare attrazione per questo tipo di cose è il risultato di meriti e sforzi accumulati nel corso della propria vita. Grazie a questi meriti si viene ricompensati con la buona compagnia. All’inizio è sufficiente ascoltare; col tempo questi racconti faranno nascere nell’aspirante interesse per Dio, per la Sua natura e le Sue caratteristiche ed egli cercherà e troverà da solo il proprio sentiero verso la realizzazione.
Anziché leggere da soli, è preferibile ascoltare il racconto da una persona saggia, meglio se in compagnia, magari seguendo con il testo. È ottima cosa ascoltare insieme con molti altri fervidi aspiranti. Se la persona che racconta è la stessa che ha vissuto il brivido dell’esperienza, è una grande fortuna, perché produce i risultati migliori. Infatti, la luce risplenderà sul suo viso, i suoi occhi verseranno lacrime di gioia nel contemplare la gloria del Signore e le persone, ascoltandolo, coglieranno quell’ispirazione e proveranno la stessa gioia. Chi si trova con persone che piangono, facilmente vedrà sgorgare le lacrime anche dai propri occhi. Quando un bimbo sorride, anche tutti quelli intorno a lui sorrideranno all’unisono. Allo stesso modo le parole di chi è saturo di devozione per Dio riempiranno di devozione anche il cuore di chi le ascolta. Il beneficio che si riceve dalla compagnia dei grandi è incommensurabile.
Attraverso l’ascolto, un cuore ampio viene ripulito e illuminato di luce purissima. Oltre a essere colmo di fragrante dolcezza, il desiderio di ascoltare le glorie di Dio è un valido disinfettante per lo sgradevole odore dei piaceri sensoriali. L’ascolto purificherà il cuore, grazie alla spinta che indurrà a svolgere buone azioni.
Un cuore così purificato è l’altare, o tabernacolo, più appropriato. In quel giardino profumato il Signore stabilirà la Sua dimora e in quel preciso istante accadrà un altro evento: il gruppo dei sei vizi che aveva infestato quel luogo se ne andrà senza nemmeno un addio.
Quando i vizi se ne saranno andati, anche le tendenze malvagie e gli atteggiamenti volgari che di tali vizi si nutrono leveranno le tende e spariranno senza lasciare recapito! A quel punto l’uomo si illuminerà del suo innato splendore di Verità e Amore (Satya e Prema), si impegnerà senza impedimenti a realizzare se stesso e alla fine riuscirà a fondersi con l’Universale e l’Eterno. Si libererà delle spire dell’ignoranza, o Maya, la sua mente si dissolverà e gli sarà rivelato il segreto così a lungo celato. Egli scoprirà così la sua Divinità (Madhavatva).
La natura dell’uomo è Prema, Amore. Egli non può sopravvivere neppure un istante senza l’Amore, che è il respiro stesso della sua vita. Quando nel cuore scompaiono i sei vizi ai quali l’uomo era rimasto attaccato così a lungo, l’Amore resta l’unico occupante. Tuttavia, l’Amore deve trovare un oggetto, un amato: non può stare solo. Quindi si dirige verso il Divino Fanciullo dalla pelle blu scuro, l’affascinante pastorello di mucche che è la
Purezza Personificata, l’Incarnazione del servizio, del sacrificio, dell’altruismo e che ha preso dimora in quell’altare purificato. Non vi è ormai alcuna possibilità di sviluppare altro attaccamento. Così, passo dopo passo, l’amore per Madhava diventa sempre più profondo, più puro e più altruistico finché alla fine non rimane altro pensiero, e l’individuale si fonde nell’Universale.
Quando Vaasudeva (Dio) entra nel cuore dell’uomo, vasudeva (il dio della ricchezza) non vi trova più spazio. In altre parole, quando il cuore è abitato dal dio denaro, Vasudeva, o Krishna, non può trovarvi posto.
Qualunque tentativo di farli coabitare nel proprio cuore è destinato a fallire. Il buio e la luce non possono trovarsi contemporaneamente nello stesso posto, né procedere insieme. Dhanam (ricchezza) e Daivam (Dio) non sono due ideali compatibili; se si cerca il primo, non si può ottenere il secondo. Se l’uomo li ricerca entrambi, ciò che troverà non sarà né l’uno né l’altro, ma solo dayyam (il demonio).
Per un uomo è degno di stima comportarsi come essere umano, è encomiabile comportarsi come il Dio che realmente è, mentre è davvero deprecabile comportarsi come un demone o un animale. L’essere umano nacque molte volte come minerale, e morì minerale. Poi si elevò ad albero. Ebbe numerose nascite e morti come albero e dopo questo processo fu promosso allo stato di animale, per poi raggiungere l’attuale condizione di essere umano. La scala evolutiva degli esseri viventi è stata riconosciuta sia dalla scienza sia dall’esperienza spirituale. Oggi, purtroppo, egli nasce uomo e muore uomo, ma sarebbe una vergogna ben peggiore se scivolasse, ricadendo nello stato di animale o di brutale orco. Gli è dovuta la lode solo se ascende allo stato divino. Questo è il vero compimento del suo destino.
Evitate, dunque, il contatto con i vizi e sviluppate attaccamento alle virtù. Tramutate il vostro cuore in un altare per il Signore. Distruggete sul nascere tutti i germogli e i virgulti dei desideri, e allora vedrete il vostro Manasa Sarovaram (il lago della vostra intima Coscienza) trasformarsi in uno Kshirasagara (l’oceano di latte sulla cui superficie il Signore giace disteso sopra un serpente). Il vostro vero Sé, come il Cigno Celeste (Hamsa), si delizierà nelle tranquille acque di quel lago, così trasformato.
Chi può trovare dove iniziano le incessanti onde dell’oceano? È un compito impossibile. Se qualcuno decidesse di farlo, dovrebbe considerare, come prima, l’onda da cui parte il suo calcolo e, come ultima, quella con cui lo termina. Dunque, c’è un inizio e una fine del conteggio, ma non del processo, di cui è impossibile visualizzare l’inizio e la fine in quella sconfinata e illimitata estensione. La gloria di Dio è questo oceano senza confini; quando qualcuno inizia a descriverla, quel momento segna l’inizio per lui e, quando egli termina la sua descrizione, quella è la fine del processo, ma solo per ciò che riguarda quell’individuo. In realtà, la gloria di Dio è al di là del tempo e dello spazio. Solo piccole menti limitate potrebbero affermare che la gloria di Dio ha un inizio e una fine. Di fatto, il palcoscenico sul quale Egli recita (i Suoi lila) non conosce confini.
Il racconto dei suoi Giochi è soltanto nettare: non ha altri componenti, né altro sapore o contenuto. Tutti possono bere a sazietà, da qualsiasi punto di quell’oceano d’ambrosia. La stessa dolcezza esiste ovunque, in ogni particella, e non c’è nulla che possa alterarne la dolcezza.
L’amore di Dio e l’amore per Dio sono entrambi eternamente dolci e puri, in qualunque modo li accogliate o li otteniate. Questo amore è sacro e ispiratore. Lo zucchero è dolce sia che venga mangiato di giorno o di notte, poiché la notte o il giorno riguardano solo chi lo assapora, non certo lo zucchero. Lo zucchero mantiene sempre le stesse caratteristiche.
Effulgenza della Gloria Divina
Amore in Azione
N. Kasturi
IÈ un’esperienza esaltante viaggiare con Bhagavan Sri Sathya Sai Baba. Sri Kasturi, che ha avuto questo privilegio numerose volte, racconta le sue esperienze nel suo libro “Loving God”.
OGNI VOLTA CHE RIESCO A garantirmi la possibilità di andare in macchina subito dietro l’auto di Bhagavan, sono sopraffatto dalla gioia. Quando ci sono molti veicoli al suo seguito, Bhagavan stabilisce l’ordine in cui devono seguirLo e assegna addirittura i posti a ogni singolo membro del gruppo all’interno delle vetture. Dalla posizione vantaggiosa dell’auto rispetto alla macchina di Bhagavan, posso scorgere il gruppo di volti che si illuminano di gioia e sbocciano come mazzi di fiori alla vista della Forma Divina. Quasi sempre Baba saluta con la mano coloro che si fermano lungo il ciglio della strada, in attesa di quel momento esaltante atteso da anni. Sulle strade tortuose che si inerpicano faticosamente su e giù per le colline, alle pendici dell’Himalaya, nella catena delle Blu Mountain, sul massiccio dell’Annamalai e le alture di Kodaikanal, ho visto semplici villici e robusti tribali, là chiamati da ‘chissà chi’, prostrarsi sull’asfalto o il cemento per toccare con la fronte il suolo consacrato dal contatto delle ruote dell’auto che trasportava l’Avatar. Baba ha annunciato che, in questo tempo, l’Avatar si è assunto il ruolo di Maestro di Verità (Sathya Bodhaka). Sebbene l’Incarnazione Avatarica di Rama avesse principalmente lo scopo di liberare il mondo dalle orde demoniache, Baba, nel Suo Ramakatha Rasavahini, ha rivelato che Rama, nelle assemblee con i cittadini, era regolarmente impegnato in discorsi sulla moralità e la spiritualità. La storia di Krishna, come viene raccontata nel Bhagavata Purana, contiene solo due esempi del Suo ruolo di Maestro: una volta con Arjuna come Suo interlocutore, e poi con Uddhava. Baba, però, era acclamato come un Guru anche quando muoveva i primi passi e balbettava solo poche parole. Egli ha dichiarato di essere venuto ora in forma umana per salvare le orde demoniache del Treta Yuga (che avevano pregato Rama per avere la redenzione), ora incarnate e viventi sulla terra. Il modus operandi per salvarli dalla perdizione è, come Egli ha detto,
“Darshan, Sparshan e Sambhashan”, ossia consapevolezza della Sua presenza, ricezione dell’impatto della Sua Divinità e assimilazione e attuazione dei Suoi Insegnamenti. Pertanto, Baba è sempre in azione, in tutte le terre, in tutti i settori dell’umanità. È venuto perché il mondo oggi ha bisogno di un Maestro armato d’Amore e Potere Divino che lo salvi dagli orrendi disastri provocati da un amore ristretto e da una pulsione omicida. A Trivandrum (Thiruvananthapuram), una volta Egli soggiornò a casa di un Preside in pensione, suocero di uno dei devoti. Quando il dottor B. Ramakrishna Rao, Governatore dello Stato del Kerala, seppe che il viaggio di Baba avrebbe avuto una deviazione, Lo pregò di soggiornare alla successiva visita presso il Raj Bhavan stesso. Il Governatore dichiarò che il suo successo come avvocato, la sua sopravvivenza dopo la rivolta patriottica contro l’autocrazia del Nizam di Hyderabad, la sua elezione a Primo Ministro della liberata Hyderabad e la sua nomina a Governatore del Kerala erano tutti dovuti all’abbondante grazia di Bhagavan. Baba tornò presto nel Kerala e, questa volta, rimase al palazzo del Governatore. A Raja Reddy e a me fu consentito di restare con Lui, mentre il resto del gruppo rimase ospite di quel preside. Fu lui a trasmettere la notizia al Capo dello Stato dell’imminente visita di Baba, giacché, dopo che Baba era partito da casa sua per il Tamil Nadu, il preside era stato invitato dal dottor Ramakrishna Rao a supervisionare gli studi dei suoi figli e, naturalmente, non era stato in grado di tenere per sé gli eventi che avevano trasformato la sua casa in un paradiso!
In questa occasione, Baba aveva accettato di fare un Discorso in un’assemblea pubblica presieduta dal Governatore. Al Raj Bhavan, per il solo fatto di esser sceso dalla macchina, io divenni non solo il centro dell’attenzione, ma oggetto di vera preoccupazione perché, da qualche parte lungo la strada proveniente da Palghat (Palakkad), avevo perso la voce. Se cercavo di far capire la mia afonia a chi esprimeva comprensione o ai medici che si raccoglievo attorno a me, riuscivo a fare solo sgradevoli smorfie. Dato che rischiavo di perdere la possibilità di tradurre il Messaggio Divino in programma per il pomeriggio successivo, seguivo scupolosamente ogni prescrizione, nella speranza di riacquisire la voce, grazie a una cura o attraverso l’effetto combinato di più cure, come impacchi, gargarismi, irrigazioni, deglutizioni, gorgoglii, sciacqui, espettorazioni, emissione di suoni: esplorai tutte le strade. Tuttavia, tutto ciò che le mie corde vocali riuscivano a emettere, persino con tutta la buona volontà e convinzione, era un roco gemito. Baba entrò nella mia stanza, mentre Raja Reddy mi stava consolando e asciugando le lacrime prodotte dai miei lamenti, e disse: “Smettila con queste sciocchezze. Vai a letto!” La mattina seguente mi trovai nella stessa patetica situazione. Il Governatore non voleva agire da solo nel trovare qualcuno che mi sostituisse. Ogni volta che incontravo il dottor Rao, gesticolavo freneticamente e rassicuravo me stesso pensando che con Baba tutto sarebbe andato per il meglio. Il pomeriggio arrivò, tuttavia, troppo presto. La limousine del Governatore si fermò e fui invitato a salirvi. La sala traboccava di volti in trepida attesa. Baba andò a sedersi sulla sedia posta al centro del palco decorato e il Governatore Lo seguì, Gli rese omaggio e pronunciò frasi scelte con cura. I miei amici ipotizzarono che, dato che ero infortunato, Baba avrebbe potuto sorprenderli parlando in malayalam. Invece si alzò e mi fece segno di mettermi davanti all’altro microfono. Non appena arrivò in fondo alle prime frasi in telugu, io udii la mia voce esprimere un messaggio chiaro e sonoro in un malayalam anche più autentico e appropriato di quanto avrei mai potuto immaginare. Persino la mia voce suonava strana alle mie orecchie: aveva un nuovo suono argentino che pervase la sala. Quando Baba proseguì verso Capo Comorin (Kanyakumari), vidi il diamante che ornava il naso della statua che si trovava in