attiva qualsiasi “contenitore”, o Upadhi, dando origine a molteplici avvenimenti. Il saggio vede soltanto la corrente continua che alimenta qualsiasi attività, mentre l’ignorante vede ogni cosa come distinta. Dio apprezza la consapevolezza dell’unità alla base di ogni azione, mentre non apprezza che ci sia un solo tipo di attività, che non sarebbe adeguato alle diverse necessità. I frutti delle azioni (karma) riguardano soltanto coloro che si identificano con il corpo fisico e non coloro che sanno di essere l’indistruttibile Atma (anima, forza interiore che muove ogni cosa). Ripeto ancora una volta che le Incarnazioni di Dio sono infinite. Egli è disceso in innumerevoli occasioni. Alcune volte manifesta soltanto una parte della Sua gloria, altre volte tutto il Suo splendore; alcune volte discende con uno scopo specifico, altre per trasformare il tempo di un’intera era e lo spazio di un intero continente. Il Bhagavata elabora la storia dell’ultima di queste manifestazioni. Il suo tema è costituito dalla recita inscenata dall’Avatar e dalle vicende riguardanti i Bhakta che vengono attirati verso di Lui. Ascoltarlo favorisce la realizzazione di Dio. Molti saggi hanno lodato il Bhagavata e ne hanno testimoniato l’efficacia, contribuendo a preservarlo per i posteri. In genere, l’uomo è naturalmente attratto dagli oggetti dei sensi perché è vittima dei propri istinti. Questi ultimi nascono insieme col corpo e non come risultato di un processo di apprendimento. Il neonato cerca istintivamente il seno materno per bere il latte e il vitello si attacca alle mammelle della mucca senza aver bisogno di alcun insegnamento. Invece, per camminare e parlare il fanciullo deve essere istruito e deve esercitarsi, poiché queste non sono azioni automatiche, bensì stimolate dalla società e dall’imitazione degli altri. Anche per soddisfare in modo appropriato i piaceri dei sensi è necessario l’apprendimento, dal momento che la ricerca sregolata di tali piaceri produce ira, odio, invidia, cattiveria e
10 Febbraio 2021
presunzione. Per mantenere i sensi sulla retta via e sotto controllo sono essenziali alcune buone discipline, come Japa (ripetizione del Nome di Dio), Dhyana (meditazione), Upavasa (digiuni), Sandhyavandana (adorazione all’alba e al tramonto) ecc. Eppure, per quanto si raccomandino e lodino queste pratiche, le persone non sviluppano una predilezione per esse. Questo perché il desiderio dei piaceri sensoriali ha messo radici profonde nel cuore dell’uomo. Se si chiede a qualcuno di compiere atti spiritualmente benefici, egli non avverte alcuna spinta interiore. Non bisogna, però, cedere allo scoraggiamento: finché non sorge tale desiderio, le discipline devono essere seguite scrupolosamente. La piacevolezza nel farle è il risultato della pratica; nessuno può averla fin dall’inizio. La pratica regolare creerà l’interesse. Il neonato non conosce il gusto del latte. Bevendolo ogni giorno, svilupperà per esso un attaccamento così profondo che protesterà quando il latte verrà sostituito dal riso. Ma la madre non si scoraggerà e lo convincerà ad assaggiare piccole quantità di riso ogni giorno finché comincerà a piacergli ed egli abbandonerà il latte. Inizialmente il latte era il suo cibo naturale; con la pratica lo diventerà il riso, e sarà così naturale per lui che, se gli verrà a mancare anche solo per un giorno, sarà scontento. Similmente, sebbene i piaceri dei sensi siano inizialmente ‘naturali’, attraverso la pratica, l’allenamento e l’ascolto delle raccomandazioni dei saggi si raggiunge gradualmente il piacere più elevato e duraturo che deriva dalla narrazione delle glorie del Signore e dal loro ricordo. Da allora in poi non si può più stare lontani da quell’atmosfera un solo istante, e si prova la sensazione che non esista nulla di più dolce dell’ascolto dello splendore di Dio. Non si prova più nessuna attrazione per coloro che conversano di ciò che riguarda i sensi e i loro oggetti e si viene attratti dalla compagnia di coloro che sono lieti di lodare Dio. Eterno Auriga