Collana “gli ori di Conversano n.3”
Una commissione devozionale del notaio Francesco Giuliani senior (Conversano 1574 – c. 1655)
Francesco Saverio Iatta
«Con le mani ignude pre[n]de il foco in prese[n]za d’un prete ultramon[tano] et sana uno c’haveva la mano stroppiata» così recita la didascalica che è stata tracciata (tutta in lettere maiuscole) in calce a un dipinto ad affresco (che insiste su di una lunetta del chiostro del convento dei Paolotti di Conversano 1) al cui centro campeggia un francescano che ha il viso incorniciato da una barba bianca. Ai lati del frate francescano l’ignoto frescante pugliese che ha realizzato l’affresco pone un testimone e colui che è stato appena miracolato. I due sono raffigurati come compresi dall’atmosfera in cui li proietta l’azione miracolosa che compie il frate; frate che, posto al centro della
narrazione, domina, par quasi contro la sua stessa volontà, la rappresentazione. Infatti sulla sinistra del frate francescano, inginocchiato le mani raccolte sul petto in atto di ammirata devozione, è raffigurato un altro frate. Sulla destra, un ginocchio poggiato per terra e le mani volte al cielo, è ritratto, invece, un distinto signore sul viso del quale si nota una barba ben curata che sfoggia un pizzetto tagliato secondo la moda francese 2 e non sfugge poi affatto, a chi guarda la pittura ad affresco, che sul viso del gentiluomo inginocchiato è visibilmente disegnato uno stupore riconoscente. Il frate francescano, con la spontaneità che pare essere lo stigma della
sua generosa semplicità, compie un gesto che è, pur nella sua scarna essenzialità, non di meno circonfuso da un’aura che sottolinea il prodigio che ha appena compiuto. Infatti il frate francescano è ritratto mentre con le mani nude raccoglie, da un braciere che è posto innanzi ai suoi piedi, una “face di pietade e d'amore più che fervente” e la pone ancor fiammeggiante innanzi al volto del gentiluomo che sino a poco prima aveva impetrato, disperato, una grazia … e il miracolo, per intercessione dell’ardente fede di chi lo propizia, si compie.
Sicché il gentiluomo che «c’haveva la mano stroppiata» vien guarito dal frate francescano come puntualmente sottolinea la chiarificatrice didascalia che è stata posta in calce all’affresco per commentare l’episodio che è stato visivamente narrato con il dipinto. Se si distoglie, per un attimo, lo sguardo dall’insieme che è stato rappresentato nella pittura ad affresco e quindi si fissa attentamente il viso del frate francescano, che ha appena compiuto il miracolo, ci si avvede che il frate è ritratto con il capo circondato da una minuscola aureola e, per ciò, non lo si può non individuare che con san Francesco da Paola che compie uno dei suoi tanto celebrati miracoli per cui è stato famoso men-
tre era in vita sicché, ancor oggi, è ricordato, nelle agiografie che ne tratteggiano i momenti più salienti della sua esemplare esistenza, tra i maggiori santi taumaturghi che annovera la chiesa cattolica. Il dipinto ad affresco (tratteggiato in maniera semplice quanto primitivamente ingenua dal nostro ignoto frescante pugliese) che narra il miracolo che ha appena compiuto san Francesco da Paola è una delle storie, di cui è protagonista il fondatore dell’ordine dei Paolotti, che incoronano le lunette del chiostro del convento dei Paolotti di Conversano. Un chiostro (lo si tenga ben a mente) che vanta il non comune pregio di conservare un intero, significativamente numeroso ciclo di affreschi che narrano altrettante vicende di cui è stato, notoriamente, protagonista
san Francesco da Paola e che nel chiostro del convento dei Paolotti conversanesi sono accompagnate dalla riproduzione, anch’essa ad affresco, dei maggiori Santi e Beati dell’Ordine dei Paolotti, che sono ritratti in altrettanti medaglioni riportati nei pennacchi del chiostro. Dell’originario ciclo di affreschi che si son salvati dall’ingiuria del tempo e dall’incuria degli uomini, sono ora visibili ben più di sedici dipinti ad affresco che insistono in altrettante lunette che il recente restauro conservativo ha riportato alla luce, perché un tempo ‘nascoste’ sotto uno spesso strato di scialbo d’intonaco. Purtroppo solo una parte della decorazione e quindi poi anche solo una parte delle storie di san Francesco da Paola e degli stessi medaglioni
dedicati ai Santi e ai Beati dell’Ordine, un tempo ritratti su tutti e quattro i lati del bel chiostro del convento dei Paolotti conversanesi, si son salvati anche se un tempo decoravano l’intera sequenza delle lunette disposte lungo il perimetro del chiostro. Gli affreschi del chiostro del convento dei Paolotti, come l’annesso convento e quindi poi la stessa chiesa dei Paolotti divengono quindi come l’inoppugnabile testimonianza di quanto antica e sentita sia stata la considerazione e quindi l’ammirazione in cui erano tenuti i Paolotti a Conversano. Non si dimentichi, in proposito, che il santo nativo di Paola ebbe, anche tra i conversanesi, non pochi suoi fedeli. Si deve, come è noto, per
l’appunto ad un donazione effettuata, il 17 marzo del 1619 3, dall’abate conversanese Giulio Cesare Tarsia (cugino del padre di Paolo Antonio Tarsia noto per aver scritto gli “Historiarum cupersanensium libri tres” 4) se i Paolotti poterono insediarsi nell’agro di Conversano. L’abate Tarsia, infatti, aveva donato, ai Paolotti due camerette vicine a una chiesa (la chiesetta suburbana di S. Angelo 5) con cucina e un piccolo cortile che aveva due pozzi 6, il che permise ai Paolotti conversanesi d’insediarsi quasi di fronte al castello dei conti conversanesi lasciando la chiesetta suburbana in cui avevano potuto stabilire la prima sede del loro insediamento in Conversano. Ironia della sorte, dei Tarsia nel chiostro del convento dei Paolotti non
si è salvato, perché irreparabilmente cancellato dal tempo, l’affresco che, molto probabilmente, dovevano aver commissionato al frescante e/o ai frescanti che avevano portato a termine i dipinti ad affresco del chiostro e che di certo insisteva su una delle lunette. Infatti non è stato possibile recuperare, nonostante gli accorgimenti posti in essere dai tecnici che hanno curato il restauro conservativo degli affreschi che insistevano su tutti e quattro i lati del chiostro, il dipinto ad affresco commissionato dai Tarsia se non che il solo stemma del loro casato; accidente che è testimoniato dal dato che là dove doveva, molto probabilmente, nel corso del XVII secolo, insistere l’affresco che i Tarsia avevano commissionato: è tornato alla luce solo il loro stemma nobiliare.
L’attenzione che abbiamo sin qui dedicato al dipinto ad affresco che celebra l’episodio in cui san Francesco da Paola “Con le mani ignude pre[n]de il foco in prese[n]za d’un prete ultramon[tano] et sana uno c’haveva la mano stroppiata” vien inoltre catturata anche da un altro dato che si rivela, ben presto, non poi affatto del tutto secondario. Sulla sinistra di chi guarda il dipinto quasi in calce allo stesso è riprodotto (parzialmente leggibile per il pessimo stato di conservazione che il restauro conservativo cui è stato sottoposto non è riuscito che solo in parte a migliorare) quel che rimane di uno stemma e/o arma nobiliare che, a sua volta, è sormontato da un rettangolo, quasi appena abbozzato, che per altro spinge i suoi lati maggiori più in lungo che non invece in largo.
In questa sorta di riquadro (che nelle intenzioni del frescante, molto probabilmente, doveva avere la funzione di un cartiglio: sia pur solo arcaicamente accennato) è riportata una scritta che appena la si intravede se la si tenta di decrittare leggendola dal piano di calpestio del chiostro. La prima preoccupazione dalla quale si è quindi immediatamente catturati è quella di chieder lumi su di chi sia lo stemma che si intravede e quanto poi appena si intravede all’interno del rozzo cartiglio ch’è disegnato, in maniera quasi appena accennata, alla sua sommità. Ebbene, grazie alla provvidenziale, signorile cortesia di Angelo Fanelli, Direttore dell’Archivio Diocesano di Conversano, si ha modo di apprendere che nel cartiglio sono riportate le seguenti, sibilline, indicazioni: “N. Fran. Julia / nus senior”.
Questa preziosa anche se in parte ancora sibillina indicazione permette comunque di stabilire con certezza che il dipinto che si ha innanzi agli occhi si deve ad una commissione del “N. Fran. Julia / nus senior”. La committenza è, infatti, testimoniata, proprio dall’iscrizione che abbiamo appena riportato e che si rinviene nel ‘cartiglio’ ch’è posto al di sopra dello scudo stemmario che si intravede sul dipinto ad affresco che si ha dinnanzi agli occhi. Nel quale si legge l’inequivocabile indicazione: “N. Fran. Julia / nus senior” (dove il “nus” terminale di Julianus e il successivo “senior”, che lo segue, sono stati riportati, sempre in lettere maiuscole come tutto il resto dell’iscrizione, al di sotto di “N. Fran. Julia / nus senior”.
Indicazioni che, una volta ricostruite e liberate dalle loro abbreviazioni, si devono leggere: “N[otarius] Fran[ciscus] Iulia / nus senior” informazione che, correttamente decodificata, a sua volta si deve tradurre come segue: [lo ha fatto fare il] Notaio Francesco Giuliani senior 7. Dal che ne discende che l’affresco si deve anche considerare un documento (allo stesso tempo singolare quanto significativo) che dimostra (in maniera patentemente concreta) quanto e come il notaio Giuliani senior avvertisse il bisogno di estrinsecare, anche pubblicamente, la comunione di intenti scio-religiosi che lo legava (non solo idealmente quanto concretamente) alle sorti della comunità dei Paolotti conversanesi. Co-
munità che da non molto si era insediata, anche con non poca fortuna, nella sua nuova, ma ben più ampia ed accogliente sede 8 posta appena fuori della cinta muraria che difendeva la città di Conversano. E, per ciò, aveva la sua nuova sede proprio dirimpetto al castello dei conti Acquaviava d’Aragona 9. La commissione del Giuliani, di natura indubbiamente devozionale, si deve presumere sia stata affida a un ignoto, modesto frescante pugliese proprio forse perché il dipinto ad affresco non riporta, in proposito, alcuna indicazione che ne provi il contrario. Poi perché la sua realizzazione è molto più simile a un primitivo, anche se al contempo eloquente ex voto che non a una raffinata opera d’arte. Pur se va soggiunto (rimarcandolo)
che quella del Giuliani è una commissione devozionale che s’intona perfettamente alla severa visione del mondo che hanno fatto propria i Paolotti e che, non è forse inutile sottolineare, appartengono ad un ordine di frati mendicanti. La commissione devozionale cui abbiamo fatto sin qui riferimento, pur se è indubbiamente modesta, per altro fa rilevare quanto il ‘notaio regolare’ del cenobio benedettino conversanese 10 avvertisse come la comunanza di intenti che lo legava, in maniera non affatto estrinseca, alla comunità dei Paolotti conversanesi, fosse indubbiamente non solo sincera quanto rimarcabile. Si avverte infatti, riflettendo sulle ragioni che possono aver determina-
to la commissione del dipinto, che la commissione deve, molto probabilmente, ascriversi a una predilezione (del Giuliani per la weltanschauung che caratterizza l’accettazione degli accidenti del mondo da parte della comunità dei Paolotti) che deve esser maturata nel notaio conversanese molto probabilmente perché condivideva la filosofia che presiedeva al dettato delle regole cui si attenevano i Paolotti (che non è forse un caso prediligevano essere indicati come i Minimi 11) e perché (è anche lecito) subodorare che il notaio avvertisse in queste regole riflesso anche il suo non affatto esteriore sentire religioso 12. Predilezione e/o vincoli 13 che, ad ogni modo, si rivelano essere sia di natura fraternamente affettiva quanto prettamente devozionale e che per
ciò legavano il più noto dei notai Giuliani alla comunità dei Paolotti conversanesi più di quanto non si era potuto provare prima d’ora (anche se in passato queste predilezioni e/o vincoli si erano forse più intuiti ma che non documentati). Pur se faceva da spia a questo sentito, quasi fraterno legame (che si rivela essere ben più che non una semplice manifestazione devozionale verso i Paolotti) la disposizione testamentaria, affidata al rogito stilato dal notaio Francesco Giuliani junior, con la quale il “solenne notaro, l’antesignano degli «antiquari» conversanesi“ 14 stabiliva che intendeva essere seppellito nella chiesa del convento dei Paolotti 15. Segnale, anche quest’ultimo, che il dipinto ad affresco da poco rivenuto alla luce (grazie al restauro conservativo cui sono stati sottoposti il ci-
clo di affreschi che insistono sulle lunette e i pennacchi del chiostro del convento dei Paolotti) testimonia, serenamente, quasi per intero. Volendo, per altro sottolineare un altro dato particolarmente significativo che caratterizza la presenza del Giuliani nel suo borgo natio. Insomma, come la fitta rete delle relazioni che ha saputo tessere nel corso della sua esistenza è di fatto la sua più naturale ricchezza. Non per nulla il Giuliani ha investito parte non modesta della sua esistenza a mantenere e quindi poi pure ad accrescere un prestigio sociale che è costituito essenzialmente di rapporti, per l’appunto, eminentemente sociali (con Ferdinando Ughelli 16, con il padre Bonaventura Vera Croce di Martina Franca 17, con le badesse di san Benedetto di cui è stato il ‘no-
taio regolare 18’, con l’episcopato e il clero cittadino 19) e quindi il Giuliani lascia un’eredità, ai suoi più intimi congiunti come ai suoi stessi concittadini (di ieri e ancora di più a quelli di oggi) che è costituita essenzialmente da risorse prettamente immateriali (ma non per questo meno preziose che si fosse trattato di un lascito di migliaia di monete d’oro) come, per l’appunto risultano essere: il frammento della prima storia di Conversano che mai prima sia stata realizzata; la trascrizione nel ‘Registrum scripturarum’ di molte pergamene già possedute dalle badesse del cenobio benedettino di Conversano (tra cui alcune delle quali non ci sono giunti neppure gli originali) e la redazione di centinaia di rogiti notarili cui sono affidate le volontà dei conversanesi del XVII secolo e dai quali
si può, proficuamente, trarre una messe preziosa di notizie sulla stessa microstoria del nostro borgo in quanto, come è noto, i notai nei loro ‘strumenti’ registravano avvenimenti pubblici e privati, fatti economici e di costume, presenze e ruoli istituzionali civili e religiosi che, ora si possono ricostruire, ricorrendo, per l’appunto alle ‘carte’ che hanno vergato nel corso di decenni. francoiatta@tiscali.it 1
Per le vicende che hanno interessato il primo insediamento dei Paolotti a Conversano quindi la loro definitiva ma più decorosa sistemazione quasi nel centro abitato di Conversano, cfr. N. Barbone Pugliese, La chiesa e il convento dei Minimi a Conversano, Parte Prima in N. Bar-
bone Pugliese – V. Pugliese, La chiesa e il convento dei Minimi a Conversano, Centro conversanese ricerche di storia e arte, Capone, Cavallino 1985, pp.9-42. 2 “Pizzo o, più comunemente, pizzetto, è la modalità di radere la barba lasciandola crescere sul mento. Il pizzo assume diverse fogge e differenti lunghezze e, spesso, è accompagnato da baffi più o meno folti. Il pizzo, inizialmente, era una barba piena tagliata a punta sul mento. In seguito, divenne la sola barba sul mento. Famosa divenne la barba alla Henri Quatre, portata dal re Enrico quarto di Francia, molto di moda nel XVII secolo. Si tratta di un pizzo a punta accompagnato da baffi. cfr. Wikipedia.it alla voce ”pizzo”. Quanto abbiamo riportato ci permette di stabilire che, molto probabilmente, il miracolo di cui è narrata la vicen-
da nell’affresco di cui trattiamo, si può forse riferire ad un miracolo compiuto da san Francesco da Paola quando questi viveva in Francia. 3 Cfr. Archivio di Stato di Bari, A. Polacchio, Conversano a. 1619, cc.41r-43v il cui testo, trascritto dall’orinale, è riportato da N. Barbone Pugliese in La chiesa e il convento dei Minimi a Conversano, Parte Prima in N. Barbone Pugliese – V. Pugliese, La chiesa e il convento dei Minimi a Conversano, Centro conversanese ricerche di storia e arte, Capone, Cavallino 1985, pp30-32. . 4 Cfr. P.A. Tarsia, Historiarum cupersanensium libri tres, Mantua Carpethanorum (Madrid) 1649. 5 Nel periodo immediatamente post-tridentino, i gesuiti fecero del culto dell’angelo custode un elemento centrale, accanto alla devozione mariana, della loro strategia missionaria impostata e quindi sviluppata nel
Mezzogiorno d’Italia, cfr. M. Rosa, Religione e società nel Mezzogiorno tra cinque e seicento, collana Temi e problemi Bari 1976, p.257. Non per nulla la letteratura gesuitica del tempo è anche ricca di esortazioni all’angelo custode, si cfr, in particolare, I. Iparaguirre S.J., Répertoire de spiritualità ignatienne. De la mort de S. Ignace a celle du P. Acquaviva (1556-1615), Roma 1961, p.49. Non è quindi del tutto improbabile che l’abate Giulio Cesare Tarsia, che imporrà, nell’atto di donazione effettuato in favore dei Paolotti, alla comunità francescana conversanse di porre sull’altare maggiore della chiesa del convento la statua di sant’Angelo (cfr. Archivio di Stato di Bari, A. Polacchio, Conversano a. 1619, cc.41r-43v) non sia stato del tutto insensibile al culto dell’Angelo custode che era stato un elemento centrale della strategia missionaria dei gesuiti. Per notizie sulla chiesetta suburbana di S. Angelo si cfr. la
scheda curata da V. L’Abbate e A. Fanizzi in Le chiesette rurali nel territori odi Conversano. Note storiche, Storia e cultura in Terra di Bari. Studi e ricerche, Fondazione Biagio Accolti Gil Cassa Rurale ed artigiana a cura dell’Amministrazione Comunale di Conversano pubblicazione del Museo civico, Conversano 1983, p.27. 6 Cfr. Archivio di Stato di Bari, notaio Angelo Polacchio, Conversano 1619, c.41r-41v. 7 Per Giuliani Francesco senior, notaio [Conversano (BA) 1574 – 1655], cfr. A. Fanizzi, Chi era (il notaio Francesco Giuliani seniore), in l’altroFax quotidiano, 23 settembre 2004; F. Iatta, Una strada per il notaio Giuliani, in l’altroFAX quotidiano, a. II, n. 162, del 23 settembre 2004, p. 4; Id., L’attività del notaio Francesco Giuliani, in l’altroFAX quotidiano, a. II, n. 163, del 24 settembre 2004, p. 6; A.
Fanizzi, Le Historie di Notar Francesco Giuliani, in Historie edite e inedite di Conversano, collana ‘ crescamus n. 4’, Arti Grafiche Scisci, Conversano 2006, pp. 13-15; F. Iatta, L’antica via “Strada Porta Giuliani”. Un importante tassello ci aiuta a ricostruire la storia della toponomastica conversanese, in FAX, a. XV, del 10 luglio 2010, p.25; Id., Sulle tracce di un enigma seicentesco. Un giallo dal passato che coinvolge un cardinale, un abate e il notaio conversanese Giuliani sr, in FAX, a. XV, del 26 giugno 2010, p. 30; Id., Chi ha scritto la prima storia della città? in Fax, edizione Conversano, a. XV, n.33, del 28 Agosto 2010, p.19; Id., Sulle tracce di un notaio di Antico regime. Francesco Giuliani (1574 – 1644), in FAX, a. XV, n. 34, del 2 settembre 2010, p.28 (prima puntata); Id., Francesco Giuliani un notaio operoso. Seconda ed ultima parte dell’indagine su un notaio di antico regime, in
FAX, a. XV, n. 35, dell’11 settembre 2010, p.26; Id., Una strada dedicata al ‘clan’ Giuliani, in FAX, a. XV, del 13 novembre 2010, p.28; F. Giuliani, padre della storia della città, in FAX, a. XV, 27 novembre 2010, p.32; Id., L’«Alfabetum Procollorum» torna in città, in Fax, a. XVI, n.7, del 19/02/2011, p.24; Id, Un componimento del notaio Giuliani (prima puntata), in FAX, a. XVI, del 16 aprile 2011, p.32; Id., Rinvenuti i versi del notaio Giuliani da Gianfranco Scrimieri mentre ricostruiva gli Annali tipografici dello stampatore borgognone Pietro Micheli (seconda puntata), in FAX, a. XVI, del 30 aprile 2011, p. 22; Id., Le relazioni sociali del notaio Giuliani. Rinvenuto, quasi per caso, un componimento laudativo da parte del cultore di storia locale Antonio Fanizzi (terza puntata), in Fax, a. XVI, del 7/05/2011, p.24; Id., Giuliani, rinvenuto un scritto. Il testo del componimento dell’illustre notaio in
una rara pubblicazione del 600 (quarta ed ultima puntata), in FAX, a. XVI, del 14 maggio 2011, p. 28; Id., Lo scrivano del notaio Giuliani senior (prima puntata), in FAX, a. XVI, del 1 ottobre 2011, p.26; Id., Giuseppe Longo: lo scrivano del ‘600 (seconda puntata), in FAX, a. XVI, dell’8 ottobre 2011, p. 24; Id. Il primo protocollo del notaio Giuliani (prima puntata), in FAX, a. XVI, del 19 novembre 2011, p.26; Id, L’antenato dell’odierno timbro notarile (seconda puntata), in FAX, a. XVI, del 26 novembre 2011, p.28; Id., Giuliani, notaio particolarmente devoto (terza puntata), in Fax, a. XVI, del 10 dicembre 2011, p.38; Id., Il signum tabellionis del Giuliani senior (quarta puntata), in FAX, a. XVI, del 17 dicembre 2011,p.32; Id., I rapporti di parentela tra i Giuliani sr e jr (quinta puntata), in FAX, a. XVI, del 24 dicembre 2011,p. 26; Id.,Gli anni di notariato del Giuliani senior (sesta puntata), in FAX,
a. XVI, del 31 dicembre 2012,p.26; La funzione dei protocolli notarili (settima puntata), in FAX, a. XVII, del 7 gennaio 2012,p.22; Id., I problematici inizi del notaio Giuliani (ottava puntata), in FAX, a. XVII, del 14 gennaio 2012, p.22; Id., La condizione sociale del notaio nel ‘600 (nona puntata), in FAX, a. XVII, del 21 gennaio 2012,p.24; Id., Lo status scio-economico del Giuliani sr (decima ed ultima puntata), in FAX, a. XVII, del 28 gennaio 2012,p.24; Id., Il ciclo di affreschi nel chiostro dei Paolotti (seconda puntata), in FAX, a. XVIII, del 20 aprile 2013, p. 25; Id, Una committenza del notaio Giuliani (terza puntata), in FAX, a. XVIII, del 18 maggio 2013, p.32; Id, Il legame tra il notaio Giuliani e i Paolotti (quarta puntata), in FAX, a. XVIII, del 15/06/2013, p. 24;Id., La rete dei rapporti del notaio Giuliani (quinta ed ultima puntata), in FAX, a. XVIII, del 22 giugno 2013, p. 23.
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Cfr. N. Barbone Pugliese - V. Pugliese, La chiesa e il convento dei Minimi a Conversano, Centro conversanese ricerche di storia e arte, Capone, Cavallino 1985. 9 Questa nuova, quasi strategica sistemazione dei Paolotti è ben visibile nella veduta prospettiva “acquarellata” che ha realizzato il ‘vedutista’ Francesco Cassiano de Silva intorno ai primi anni del Settecento. Veduta prospettica cui ci riferiamo è stata rinvenuta, di recente, nel l’album manoscritto conservato presso la Österreichische Nationalbibliothek di Vienna. Questa veduta prospettica acquerellata (che fa da pandant e quindi si somma alla ben più nota veduta prospettiva ‘ a volo d’uccello’, eseguita su commissione del tipografo-editore Michele Luigi Mutio,per illustrare il testo del Regno di Napoli in prospettiva redatto dall’abate G.B. Pacichelli della città di Conversano) è oggi riportata nel
volume di Immagini di Napoli e del Regno. Le raccolte di F. Cassiano de Silva, Amirante-Pessolano,ESI, Napoli 2005 a p.147. 10 Cfr. M. Lanera, Fonti per la storia di Castellana. Fascicolo primo. Dal 901 al 1117. Sezione prima. Documenti Italgrafica Sud, Bari 1975, p.11, nota n. 5. 11 L'Ordine dei Minimi (in latino Ordo Minimorum) è un istituto religioso maschile di diritto pontificio e i frati di questo ordine mendicante, detti anche paolotti, pospongono al loro nome la sigla O.M., cfr. www.Wikipedia al lemma. 12 È appena il caso di rammentare che anche il Giuliani, come gran parte dei notai di antico regime, era particolarmente religioso “I notai di età moderna erano senza dubbio persone assai devote: nel tempo libero, fra un rogito e l’altro, nelle lunghe serate d’inverno o taluni oziosi
pomeriggi estivi, essi si compiacevano di affidare ai loro protocolli espressioni, in prosa o in versi, dei loro profondi sentimenti religiosi”, cfr. V. Naymo, Vita quotidiana, tempo libero, cultura e devozione in Notai e notariato, op. cit., p.83. Alcuni esempi relativi al mondo devozionale dei notai pugliesi possono ritrovarsi in F. Gaudioso, Pietà religiosa e testamenti nel Mezzogiorno. Formule pie e committenza nei testamenti salentini (secoli XVII-XIX), Napoli 1984, pp.12-13. “Fac age scribam de numine possim. Tu rege virgo animum. Tu rege Virgo manun” così scriveva all’inizio del protocollo di ogni anno, il giovane notaio Giuseppe prologo (1734-1738) … A Castelvetere, il notaio Ilario Faletti (1773-1807), scriveva sul frontespizio del protocollo del 1789: “Dirige me Domine in veritate tua et non in avarizia, anno 1793; Bonitatem, disciplinam et scientiam doce me domine, an-
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no 1794; Gressus meo dirige Domine secundum eloquim tuum, anno 1795; Iustus ut palma flore bit, anno 1796”, cfr. Sezione Archivio di Stato di Locri, Fondo notarile, etc. cito da V. Naymo, Vita quotidiana, op. cit. p.83. A conferma del legame che teneva idealmente uniti, in una medesima condivisa comunità d’intenti, il notaio Giuliani senior e la comunità dei Paolotti conversanesi, quest’ultimo (o forse i suoi più diretti discendenti su precisa indicazione del notaio) ha lasciato in eredità al guardiano pro tempore del convento le schede (e cioè l’insieme dei volumi in cui erano raccolte ordinatamente anno per anno la produzione degli atti) che aveva diligentemente compilato nel corso dei suoi ottanta anni di notariato nelle ‘piazze’ di Conversano e Monopoli. Schede che, prima di confluire nell’Archivio Diocesano di Conversa-
no, erano per l’appunto state custodite (dove poi sono state rinvenute) presso l’archivio del convento di San Francesco da Paola (cfr. Inventario. II. Fondo monasteri e conventi di Conversano. Monastero di s. Benedetto, in Fonti per la storia di Conversano. Volume secondo. L’Archivio della curia vescovile. Inventario dei Fondi Conversano, Monasteri e Conventi, a cura di C. Guarnieri e A. Caprio, collana ‘Biblioteca di cultura pugliese diretta da M. Congedo serie seconda n. 171’, Congedo 2007, p.153). Il caso non deve che sol in parte meravigliare. Infatti, com’è noto, i rogiti notarili venivano riutilizzati, anche dopo lungo tempo, per comprovare vendite e acquisti. Per questo precipuo motivo essere il legittimo proprietario dei rogiti di un notaio permetteva al loro possessore, che poteva essere anche un privato, di poter esigere, da chi richiedeva la copia autenticata di un ‘istrumento’,
una giusta remunerazione (“Quando muore un notaro devono gli eredi del notaro morto depositare in potere di altro pubblico e fedele notaro tutte le scritture e i protocolli fra lo termine di [testo illeggibile] mesi della morte di quello, precedente inventario, e deve il notaro conservatore dare alli eredi stesi la metà dell’emolumento, così ordinando la prammatica «11ͣ de notariis», che proibisce sotto pena di falsità, invalidità ed altre, che li notari faccino estrazione di fedi ed autentiche scritture de protocolli, o di altri istrumenti de notari morti, o assenti, de quali stiano li originali in potere di altre persone, che non siano notari, ma solko possano autenticare quelle che stanno in potere o si conservino da essi medesimi. Ordina la prammatica decima quinta che li notari debbano registrare per extensum ne loro protocolli tutti li contratti che da essi si stipularono ancorché le minute formate per li con-
tratti medesimi siano postillate, e firmate dalle parti contraenti” (cfr. G. Dragonetti, notaio, Appunti sul notariato e sulla stipula dei contratti, manoscritto conservato presso l’Archivio di Stato di Lecce, Sez. Not., Formulari notarili, App. n.10, carte non numerate. Citiamo dalla trascrizione che ne ha offerto il Gaudioso per cui cfr. F. Gaudioso, Appendice documentaria in Domanda religiosa e mediazione notarile nel Mezzogiorno moderno, Galatina 1999, p. 266 - 284. “I registri degli atti del notaio apostolico de Monte … furono … in seguito consegnati al Miglietta che ne diveniva, in tal modo, il notaio conservatore, con la facoltà, concessagli dalle prammatiche del 20 ottobre 1639 e del 24 gennaio 1647, di rilasciare copie autentiche dagli originali in suo possesso ogni qual volta che ne fosse richiesto, «iusta tamen salario mediante», corrispondendo agli eredi del notaio defunto la metà
degli emolumenti percepiti (così stabilivano le prammatiche del 1639 e del 1647, cfr. L. Giustiniani, Nuova collezione di Prammatiche del Regno di Napoli, t. VIII, Napoli 1804, pp. 108-109)” cfr. F. Gaudioso, Un prete-notaio d’antico regime. I protocolli di Domenico Diego De Monte, notaio apostolico in Terra d’Otranto (1697-1732), Galatina 1991, p.14, “In seguito alle prammatiche sul notariato del 1605, 1639, 1647 e 1649 la custodia degli atti dei notai deceduti fu affidata ad un loro collega in attività. In caso di autenticazione di un rogito contenuto nei protocolli del defunto, l’ammontare della tariffa percepita dal notaio autenticatore doveva essere divisa a metà con i congiunti del collega deceduto … cfr. L. Giustiniani, Nuova collezione di prammatiche del Regno di Napoli, Napoli 1804, pp. 106-113. Tuttavia queste disposizioni non sempre furono applicate: ancora nel 1674 i notai che aves-
sero dovuto autenticare un atto di un loro collega defunto avrebbero dovuto recarsi a casa dei congiunti, cfr. Sezione di Archivio di Locri, Fondo notarile, b. 60, vol.471, f.7r, 8 aprile 1674”,cfr. V. Naymo, Autenticazione in Notai e notariato in Calabria in Età moderna, collana ‘Storia sociale e religiosa della Sicilia, del Mezzogiorno e dell’Europa mediterranea n.9’, Rubettino, Soveria Mannelli 2008, p.124, nota n.11. 14 Cfr. M. Lanera, Lettere della badessa. Conversano. La corrispondenza ordinaria del monastero di S. Benedetto (Sec. XVI), collana ‘Biblioteca di cultura pugliese diretta da Mario Congedo serie seconda n. 57’, patrocinata dal Centro conversanese ricerche di storia e arte di Conversano, Congedo, Galatina 1990, p. 142, nota n.1.
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Cfr. Archivio Diocesano di Conversano, Protocolli notarili n.135, a. 1646, 26 settembre, ff.31r-32r , cito da A. Fanelli - V. Castiglione Minischetti, Presentazione in Le carte del monastero di S. Benedetto nell’Archivio diocesano di Conversano, a cura di R. Colaleo e M. Lippolis, Introduzione di R. Colaleo e M. Lippolis, collana crescamus n.10 condiretta da A. Fanelli e V. Castiglione Minischetti, Arti Grafiche Scisci, Conversano 2008, p. 4. 16 Di cui diviene il ‘corrispondente’ per la ricostruzione della storia della diocesi conversanese, cfr. Iatta F., Sulle tracce di un enigma seicentesco. Un giallo dal passato che coinvolge un cardinale, un abate e il notaio conversanese Giuliani sr, in Fax, a. XV, del 26 giugno 2010, p. 30 e Francesco S. Jatta, Il contributo del notaio Francesco Giuliani se-
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nior [Conversano (BA) 1574 – 1655] all’Italia Sacra di Ferdinando Ughelli, Conversano 2013. Al quale dedica un componimento laudativo, cfr. F. Iatta, Un componimento del notaio Giuliani (prima puntata), in FAX, a. XVI, del 16 aprile 2011, p.32; Ibidem, Rinvenuti i versi del notaio Giuliani da Gianfranco Scrimieri mentre ricostruiva gli Annali tipografici dello stampatore borgognone Pietro Micheli (seconda puntata), in FAX, a. XVI, del 30 aprile 2011, p. 22; Ibidem, Le relazioni sociali del notaio Giuliani. Rinvenuto, quasi per caso, un componimento laudativo da parte del cultore di storia locale Antonio Fanizzi (terza puntata), in Fax, a. XVI, del 7/05/2011, p.24 e Ibidem, Giuliani, rinvenuto un scritto. Il testo del componimento dell’illustre notaio in una rara pub-
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blicazione del 600 (quarta ed ultima puntata), in FAX, a. XVI, del 14 maggio 2011, p. 28. E si deve, per l’appunto, a questa specifica mansione se Francesco Giuliani sr compila il “Registrum scripturarum”, cfr. F. Iatta, Il «Registrum scripturarum» del notaio F. Giuliani sr (in corso di pubblicazione). Cfr. A. Fanelli - V. Castiglione Minischetti, Presentazione in Le carte del monastero di S. Benedetto nell’Archivio diocesano di Conversano, a cura di R. Colaleo e M. Lippolis, Introduzione di R. Colaleo e M. Lippolis, collana crescamus n.10 condiretta da A. Fanelli e V. Castiglione Minischetti, Arti Grafiche Scisci, Conversano 2008, p.4.