Collana “opuscula n.3”
Una femina che sapesse fare qualche magaria ò sale incantato
Francesco Saverio Iatta
Una femina che sapesse fare qualche magaria ò sale incantato
“Interrogatorio di Primiano Guarnieri, davanti all'arciprete di Rutigliano a proposito di «una femina, che sapesse fare qualche magaria ò sale incantato»1. È con questo icastico ma esaustivo promemoria che il notaio 2, incaricato di stilare i verbali delle sedute del processo volto ad acquisire testimonianze circa le attività sospette di «una femina, che sapesse fare qualche magaria ò sale incantato», riassume il contenuto del dossier, attualmente costituito dalle due sole ‘carte’ (da poco regestate 3 e che, oggi, sono custoditi presso l’Archivio Diocesano di Conversano 4) che un tempo, molto probabilmente, dovevano far parte di un ben più nutrito incartamento che doveva conservare gli esiti degli accertamenti svolti, nel corso del XVIII, per accertare se nella diocesi di Conversano, vi fosse «una femina, che sapesse fare qualche magaria ò sale incantato». Premesso, ad ogni buon conto, che “masciara 5” significa “strega” 6. Soggiunto che “magarìa 7” è un’opera di magia che ha il fine di ottenere un vantaggio o di provocare un maleficio. E che, quindi, la “magarìa” può consistere nell’operare una “fattura” o un incantesimo o un rito magico, va, per ciò, tenuto
presente (per decrittare correttamente le due ‘carte’ di cui abbiamo poco prima trascritto il loro promemoria) che, nel corso del XVII secolo ed quindi ancora nei primi del Settecento, è, per almeno tre volte 8, documentato che la caccia alle «streghe» (o di chi praticava le ‘arti magiche’) continua nella diocesi di Conversano 9. La caccia alle streghe continua anche se, molto probabilmente, non ha quasi più le orripilanti caratteristiche che, nei secoli precedenti, le connotava in altre parti d’Italia 10. Per non dire nel resto dell’Europa riformata e controriformata 11. Quanto abbiamo appena fatto rilevare si può sostenere in quanto la caccia alle “streghe”, nella diocesi di Conversano nel corso del Seicento e i primi anni del XVIII secolo, pare (se si tengono presenti i documenti che son giunti sino a noi dopo il tremendo naufragio dispersivo che hanno subito nel corso dei secoli 12) non terminare con i roghi “purificatori” che avevano, invece, caratterizzato la caccia alle streghe in Italia e quindi poi in tutta l’Europa nei precedenti secoli. Pur tuttavia le «masciare»13 (per dirla nella parlata conversanese 14), come chiunque altro si dedicasse alla pratica delle ‘arti magiche’, correva il rischio, tutt’altro che ipotetico, di venire, nella maggior parte dei casi, punito quanto meno esemplarmente. Purtroppo dopo esse-
re stato torturato e quindi aver confessato i reati di «magaria» che aveva commesso. Reati che venivano estorti durante gli interrogatori che, abitualmente, erano inframmezzati da una serie di raffinate torture (in una ‘lettera’ datata 27 giugno 1582 indirizzata al cardinale Sirleto, prefetto della Vaticana, si rileva che ben quattro “masciare” erano state “tormentate 15”: cioè torturate su preciso ordine dell’inquisitore incaricato di dirimere i casi a lui affidati dal presule della diocesi di Conversano del tempo: Francesco Maria Sforza). Torture che venivano, ovviamente, inflitte con il precipuo intento di ottenere la ‘verità’.
Per questo le curie inquisitoriali (anche più permissive, e tra queste vi è, molto probabilmente, anche la “Vescoval Corte della Città di Conversano 16”, che intendevano offrire alla meditazione dei fedeli casi di “magaria” puniti esemplarmente e che quindi fossero di esemplare ammonimento alla comunità diocesana) condannavano le “masciare 17, e/o chi ammetteva di essere cultore di ‘arti magiche’, a diversi tipi di pene tra cui il più draconiano pare essere l’esilio dalla città che aveva lor dato i natali. Di fatto quindi chi era cultore di ‘arti magiche’ veniva sradicato, brutalmente, dal contesto socio-economico che lo aveva sino a poco prima alimentato. Anche se le «masciare», a volte, molto probabilmente, assolvevano pure ad una funzione consolatoria e/o rassicurante. Non per nulla le “masciare” si dichiaravano depositarie, da generazioni, di sortilegi (che ritenevano avessero reali effetti ‘magici’) per far superare una serie di più o meno fastidiosissimi inconvenienti. Per questo le «masciare» si ritenevano in grado di far guarire dal ‘malocchio’ quanto da un torcicollo, oppure venivano consultate per interpretare un sogno ricorrente e/o fastidioso 18. Era poi credenza, particolarmente diffusa, che le «masciare» (e chi praticava le arti magiche) facessero addirittura patti col diavolo. Credenze che ci proiettano in quell’atmosfera, non certo idillica, che ca-
ratterizza specificamente gli anni in cui la “Vescoval Corte della Città di Conversano” riesce adoperarsi per reprimere ogni forma di magia in quanto ritenuta una delle forme di miscredenza che doveva essere estirpata come la peggiore gramigna. Anche se non solo coloro che appartenevano, per censo e cultura, al popolino minuto non temevano affatto le “masciare” e, quindi, avevano anche in non modesta considerazione le stesse «masciare e, tra questi ultimi, non mancavano, di certo, anche i sacerdoti del basso clero. Ma quanto (forse di ben più rilevante e al contempo anche significativamente ancor più interessante: sul piano meramente storico) ci fa constatare e/o, quanto meno, ci fa intravedere (sia pure disvelandocelo tra le righe e quindi, di fatto, in filigrana) le due ‘carte’ (oggi custodite presso l’Archivio Diocesano di Conversano) che riportano la deposizione che aveva reso, all’arciprete di Rutigliano, il sacerdote don Primiano Guarnieri, interrogato, molto probabilmente, per conto della “Vescoval Corte della Città di Conversano”, per far luce su un’indagine voluta dalla curia della diocesi conversanese che era tutta volta a tentare di stabilire se vi fosse nella diocesi “Una femina che sapesse fare qualche magaria ò sale incantato”?
Riteniamo che queste due carte ci facciano prendere atto (anzitutto fornendoci alcuni dati oltremodo significativi perché di fatto che,
obiettivi) ancora
nei
primi anni del 700, nella
diocesi
di
Conversano (retta in quel frangente dal presule Filippo Meda 19) le autorità ecclesiastiche della Curia conversanese dovevano prendere atto, sia pure con un briciolo di sconsolato smarrimento, che nella diocesi, nonostante i ripetuti inani sforzi compiuti (molto probabilmente in passato) vi era, forse anche contro ogni aspettativa, ancora “femina sapesse fare qualche magaria”. Che questa ‘femina’ poi aveva poi inoltre una non modesta influenza sin anche sullo stesso basso clero oltre che tra il popolino. E
che, per questo motivo, le indagini messe in essere dalla curia vescovile intendevano far accertare se vi fosse «femina che sapesse fare qualche magaria ò sale incantato». E quindi quale fondata efficacia sociale avesse la sua presenza in seno alla diocesi conversanese. Dalla testimonianza acquisita 20 si ricava che, molto probabilmente, tra i primi, a credere proprio alle virtù straordinarie se non proprio magiche delle ‘masciare’ vi era, molto probabilmente, un gruppo forse ben folto di sacerdoti, sia pure appartenenti al cosiddetto basso clero. Che, per questo stesso motivo, non se ne poteva dedurre che questi sacerdoti erano poi anche poco e quindi poi anche male istruiti sin anche per esperire correttamente il loro magistero. E che quindi questi sacerdoti erano, in maniera forse proprio indiscutibile, anche altrettanto mal provvisti di quei mezzi, prettamente culturali, che sarebbero loro risultati precipuamente atti a renderli refrattari all’ammaliante fascino delle credenze magiche ch’erano specificamente proprie di gran parte del popolino minuto. Popolino di cui, per altro, i sacerdoti che appartenevano al cosiddetto basso clero non ne erano che parte integrante. In quanto questi ultimi, sul piano meramente socio-culturale, li rappresentavano oltre che nei pregi sin anche nei loro non pochi difetti. E, per ciò,
questo stesso gruppo di sacerdoti che credevano nelle arti magiche di una ‘masciara’ non rappresentavano, purtroppo, che la punta di un iceberg. Un iceberg che si doveva rieducare facendo un buon utilizzo dei risultati che si dovevano ricavare dalle indagini in corso che dovevano, per ciò, essere condotte con quelle cautele che suggeriva proprio il perdurante, negativo fenomeno che s’intendeva neutralizzare, se non estirpare proprio sin dalle radici.
Quindi dalle modeste informazioni che si possono trarre dalle due ‘carte’ che abbiamo a disposizione si può dedurre, purtroppo, quasi unicamente che Tilla Tonna, sorella di Domenica Clinca alias Abbate Cesare (nonostante passasse per essere «una femina che sapesse fare qualche magaria») non era null’altro che forse null’altro che un’abile truffatrice di paese. Una truffatrice di cui fa le spese uno sprovveduto quanto malaccorto questuante, il nostro «don Primiano Guarnieri». Ma si tenga inoltre presente, sempre in proposito, che «don Primiano Guarnieri», pur essendo un sacerdote, e cioè una persona mediamente colta per i tempi, non aveva saputo, comunque, resistere all’intrigante e sia pur non certo ortodosso suggerimento che gli aveva fornito (contravvenendo agli stessi dettami della religione di cui doveva essere un retto testimone) il canonico Vitantonio Tanzarella che, per l’appunto, aveva consigliato a «don Primiano Guarnieri» di recarsi a Casamassima dove la nostra Tilla Tonna si diceva sapesse approntare «qualche magaria ò sale incantato» grazie alle arti magiche di cui si sosteneva fosse depositaria e di cui «don Primiano Guarnieri», sembra, avesse assoluta necessità.
Le
due
‘carte’ cui ci siano sin qui riferiti
con-
tengono, purtroppo, solo la trascrizione di una unica deposizione, ma non, sfortunatamente, l’intero incartamento che non poteva non contenere, molto probabilmente, tutta un’altra serie di altre deposizioni finendo così con il costituire un ben più corposo dossier che non quello, singolarmente magro, che è giunto sino a noi. Ben più corposo (sosteniamo) perché non poteva non essersi, man mano, andato costituendo in seguito al progredire delle indagini esperite dagli inquisitori della “Vescoval Corte della Città di Conversano” che erano volte a stabilire, per l’appunto, se in Conversano ci fosse “Una femmina che sapesse fare qualche magaria ò sale incantato”. Per questo precipuo motivo le due ‘carte’ che ci sono giunte per stabilire se in Conversano ci fosse “Una femmina che sapesse fare qualche magaria” non ci possono documentare quali siano state le soluzioni
che gli inquisitori hanno preso e quinto poi in proposito hanno prospettato a Filippo Meda, vescovo della diocesi del tempo, per tentare di fargli sradicare la mala pianta delle «masciare» o di chi, ancora ai primi del 700, si spacciava per uno che poteva essere in grado di compiere delle «magarie». E ciò poteva grazie, naturalmente, ai segreti ‘magici’ di cui si riteneva privilegiato depositario. Il resoconto dell’interrogatorio a cui è stato sottoposto il malaccorto «don Primiano Guarnieri», ci permette, in compenso, di intravedere, sia pure almeno in parte (e quindi di fatto quasi in controluce), il contesto socio-culturale che fa da fondale alla vicenda in cui incappa il nostro «don Primiano Guarnieri». Fondale sul cui scena si dipana, in sostanza, non solo una storia di ordinaria credulità (che era, per altro, il portato di una cultura approssimativa, sostanzialmente popolare ma che si perpetrava, quasi immutata, purtroppo da tempi immemorabili nei suoi tratti più distintivi e quindi meno moderni) ma anche chi, in sostanza erano; come pensavano; come concepivano il mondo: uomini e donne che vivevano nella comunità conversanese all’inizio del XVII secolo (anche se le due ‘carte’ che esaminiamo ce ne fanno intravedere solo il loro sfumato profilo).
Le due carte che abbuiamo sin quei esaminato ci permettono, quindi, di intravedere un modo di vivere e quindi di avere una visione del mondo che è comune anche ad un altro caso, purtroppo gravido di risvolti tragicomici se non a volte sin anche grotteschi, come quelli in cui incappa, forse pur suo malgrado, «don Primiano Guarnieri» in quanto la vicenda in cui incappa ha un negativo finale. Questa volta, però, per nostra fortuna quasi minuziosamente documentato 21. Ci riferiamo a quanto è accaduto, ancora una volta, ad un altro sacerdote di Conversano. Un sacerdote che pur era ritenuto “di buona vita, fama et condittioni, come anche di buoni costumi 22”, come, per altro, si premura di attestare, alla “Vescoval Corte della Città di Conversano”, l’arciprete Giovanni Donato Colombo della cattedrale di Conversano: il 17 marzo del 1686 23. Ebbene nonostante questi precedenti, per altro ben auguranti per il suo futuro sacerdotale, don Bartolomeo Coletta viene accusato (perché trovato in possesso di un gruzzoletto di formule ‘magiche’ e quindi di una intera bibliotechina di trattatelli di magia) di aver praticato rituali magici e poi di esserne un incallito cultore. E per questo ‘delitto’ quindi finire prima
arrestato, rinchiuso nelle carceri vescovili, processato e quindi condannato 24.
Un caso quello appena accennato, comunque non affatto del tutto eccezionale. Infatti gli tien da presso bordone un altro e ben pregnante altro caso che rinviene le sue radici culturalpopolari ancora in Conversano. Ci riferiamo ai contenuti di un manoscritto, di recente rinvenuto, che sul suo primo foglio riporta, in bella evidenza, questo singolare titolo quanto mai indicativo: Libro di secreti veri 25. La “segretezza [cui allude il titolo dato al manoscritto] s’imponeva per sottrarsi al controllo delle autorità ecclesiastiche, perché i segreti [cui allude e quindi contiene il Libro di secreti veri] non erano di certo dissociabili dalla magia 26”. L’autore, un certo Niccolaus Sciorsci 27pretendeva di essere addirittura in grado di ricostruire la verginità ad una fanciulla sol che ci si fosse attenuti ai seguenti «secreti veri». “Per far che divenghi vergine chi non è: “«Si mette le straccie alla vulva bagnate d’acqua d’alume di rocca, o succo di radiche d’olmo, ed è fatto»” 28. E che, inoltre, riteneva di essere anche in grado di accertare la verginità di una fanciulla, senza però far effettuare, da una esperta levatrice, alcuna ispezione in loco 29. In quanto “Per conoscere se una donna è vergine: «Metti al forno sasso frasso e mortella e ridotta in polvere menala in petto, che se sarà tale: li scapperà l’orina» 30.
Insomma, il caso in cui vien implicato il sacerdote don Bartolomeo Coletta, pare quindi aver rinvenuto, anche nella diocesi conversanese (perché il fenomeno, ovviamente, non era solo pugliese e neppure solo meridionale 31) del terreno particolarmente fertile. Infatti sembra quasi essere stato preparato da quanto già accadeva nella diocesi conversanese di cui faceva parte, a tutti gli effetti, il sacerdote don Bartolomeo Coletta, in quanto «secreti veri», «masciare» e «magarie» risultano, di fatto, essere concrete ineludibili realtà con cui dover fare debitamente i conti se si aveva la ventura di vivere nella diocesi conversanese. Realtà che non era certo facile cambiare se non con interventi mirati e non quindi dettati da interventi accomodanti. Sicché si può sostenere che il popolino minuto di Conversano (in singolare compagnia di chi si adoperava per assicurargli un posto in paradiso) viveva in un microcosmo che era sostanzialmente nutrito di tradizioni socio-culturali arcaiche di cui pur tuttavia subiscono, non di meno, il fascino intrigante anche non pochi membri del basso clero. Basso clero che le gerarchie ecclesiastiche del tempo tenteranno di far rinsavire colpendo esemplarmente i reprobi. Reprobi, il più delle volte, colti con le mani nel sacco dai funzionari della “Vescoval Corte della Città di Conversano 32”.
Si tenga presente, in proposito, che la diocesi di Conversano ancora ai primi del XVII secolo non era stata ancora in grado di creare un seminario: nonostante i padri conciliari ne avessero caldeggiato vivamente l’istituzione da più di un secolo 33. Le due ‘carte’, oggi custodite presso l’Archivio diocesano di Conversano, non ci permettono, purtroppo, neppure di ricostruire la reale consistenza numerica delle “masciare” che avrebbero svolto (forse anche indisturbate) la loro professione, con più di una singolare funzione socio-culturale nel corso del XVII secolo. Queste stesse due misere carte quindi non ci permettono nemmeno, per altro, di stabilire quale reale incidenza ebbe l’influenza delle “masciare” all’interno di quel microcosmo che costituiva la comunità conversanese. Per questo stesso specifico motivo non siamo neppure in grado di valutare come (e se) abbiano potuto condizionare, nel bene come nel male, le comunità in cui le “masciare” si diffusero e/o affermarono. E se vi potettero quindi svolgere le funzioni che erano loro abituali (è sin troppo facile imaginare) con la complice connivenza, più o meno tacita, proprio delle classi sociali più abbienti presso cui, forse, finirono con il godere di una sia pur non sotterranea influenza.
La stessa quasi insignificante messe di fonti che abbiamo la possibilità di interrogare a proposito della presenza delle “masciare” nella diocesi conversanese ci permette infatti, quasi solo, di subodorare (purtroppo con una pressoché trascurabile approssimazione) quali specifiche mansioni, i maggiorenti di Conversano, abbiano permesso di svolgere alle nostre “mascia-
re”, in seno alle comunità che afferivano alla diocesi conversanese, Le poco consolanti constatazioni che abbiamo appena segnalato ci pare quindi legittimare l’ipotesi che le fonti (che riguardano la presenza nella diocesi di Conversano di “masciare” e/o di coloro che erano dediti abitualmente alle arti magiche) ci permettono di registrare soltanto la presenza di una parte (ma di una parte, molto probabilmente, davvero modesta) delle “masciare” che operarono in Conversano nel corso del XVII secolo. Di conseguenza i magri incartamenti che son giunti sino a noi non ci permettono neppure di quantificare il genere delle ‘imprese’ che forse le “masciare” conversanesi eran solite compiere, probabilmente anche, a man salva. Questa nostra ultima ipotesi ci pare confortata da almeno alcuni incontestabili dati.
Non è, infatti, del tutto improbabile che (gli stessi presuli
investiti
dell’incarico di amministrare la diocesi conversanese, quando erano tenuti a segnalare i casi in cui avevano ravvisato episodi che non si potevano non ascrivere all’opera di una “masciara”, nelle loro ‘relationes ad limina’ 34) siano stati ben più che reticenti nel segnalarli alle loro autorità centrali. È, a nostro avviso, infatti più che emblematica, in proposito, la condotta a cui si attiene il vescovo Francesco Maria Sforza (Monopoli 1541- Conversano 1604 35). Anche se poi non è affatto semplice stabilire se la condotta che adotta lo stesso presule è dettata da semplice prudenza o da calcolata, diplomatica negligenza.
Il nostro Francesco Maria Sforza, infatti, invece che segnalare alle autorità della curia romana (come per altro era suo preciso dovere) che nella diocesi, di cui era il titolare, vi erano delle “masciare”, non lo segnala mai nelle sue “relationes ad limina”. E, per ciò, non ne ha lasciato alcuna traccia in questi documenti ufficiali che pur era tassativamente tenuto a redigere, periodicamente e con la massima cura. Infatti nelle quattro “relationes ad limina” che il presule F. M. Sforza invia a Roma (rispettivamente nel 1588 36, poi nel 1592 37, quindi nel 1595 38 e poi ancora nel 1604 39) il presule della diocesi conversanese segnala mai, tra i problemi che deve affrontare e quindi tentare di risolve ogni santo giorno, la presenza di “masciare” nella diocesi che deve, con previdente saggezza, saper amministrare con autorevole buon senso. Ma se il presule della diocesi conversanese non segnala, la presenza delle “masciare” nella diocesi di Conversano nelle sue “relationes ad limina”, pur tuttavia ha avuto modo, più volte, non solo di individuare diverse “masciare” nella sua diocesi quanto sin anche di averle fatte torturate 40, come era per altro prassi, quando nei ‘fori ecclesiastici’ si svolgevano gli interrogatori che erano volti ad accertare l’esistenza di un ‘delitto’ che
poteva essere addebitabile all’imputato per il quale era stato istruito il processo in cui era stato implicato.
Se F. M. Sforza non tiene, però, al corrente le competenti superiori autorità del preoccupante fenomeno che, suo malgrado, ha dovuto accertarne l’esistenza, pur tuttavia, poi non riesce affatto a sottrarsi all’impulso, che non dovette non avvertire quasi irrefrenabile, di confessarne la presenza nella sua diocesi, senza alcuna sorta di reticenza, in una lettera privata 41 indirizzata al cardinale Guglielmo Sirleto 42. Si può quindi, in proposito, subodorare che a questo escamotage il nostro F. M. Sforza vi sia stato quasi costretto. Vi sia stato quasi costretto forse proprio suo malgrado e perché, molto probabilmente, la presenza delle “masciare” nella sua diocesi gli doveva aver causato un tormento interiore che non gli era riuscito affatto di controllare. Come non gli era, per altro, riuscito di controllare lo stesso fenomeno della presenza delle “masciare” che, almeno in cuor suo, aveva, quanto meno in un primo tempo, per lo meno auspicato. Questo senso di frustrante impotenza, quindi, il nostro F. M. Sforza non si poteva solo permetterlo di registrarlo tra se e sé forse perché non poteva neppure nascondersi il senso d’impotenza che aveva dovuto avvertire quando aveva tentato di controllare lo sconcertante fenomeno di cui aveva dovuto prendere atto con un non certo rassicurante sconcerto.
Infatti, forse anche perché pressato dagli eventi negativi che, suo malgrado, non gli era riuscito di stroncare, il vescovo di Conversano avverte, come impellente, il bisogno quasi di certificare, ma solo in privato, l’esistenza delle “masciare” nella sua diocesi. Si può, quindi, in proposito subodorare che F. M. Sforza unicamente grazie ad una lettera privata riesca a confessare (quasi fosse una rivelazione finalmente liberatoria) che in Conversano allignavano (praticamente quasi ineliminabili) ben più di una “masciara”. In privato, ma solo in privato, quindi Francesco Maria Sforza indirizza una lettera al cardinale Guglielmo Sirleto nella quale chiede, espressamente, al porporato suo protettore, suggerimenti sul da fare. Chiede quindi suggerimenti proprio per aver constatato l’inanità dei suoi deludenti sforzi.
Giunti a questo punto bisogna forse fornire qualche precisazione. Il cardinale Sirleto (prefetto della Vaticana 43) ha agli occhi del nostro F. M. Sforza il singolare merito di aver caldeggiato, con efficacia, la sua nomina a presule della diocesi conversanese 44. E, quindi, F. M. Sforza si sente quasi in dovere di confessare, solo e quasi unicamente, al cardinale Sirleto, porporato di romana chiesa, che nella sua diocesi ha individuato ben quattro “masciare�. Il nostro F. M. Sforza quindi si rivolge, forse unicamente, al prefetto della Vaticana in quanto quest’ultimo non poteva non avere sinceramente a cuore la soluzione degli angosciosi affanni morali che tormentavano, inconsolato, il suo protetto.
Nella lettera indirizzata al cardinale Sirleto, infatti, il nostro Francesco Maria Sforza non può celare che «Visitando questa mia chiesa di Conversano ho scoverto un morbo che per molti anni ha consumato questo mio gregge, al che provvedendo come conviensi con l’aiuto del Signore e favore dell’Ill[ustrissi]mo Signor Conte di Conversano, ho trovato quattro donne “magare”, oltre degli altri aspetti, quali en loro diabolici malefici hanno infettato tutto quasi questo popolo ed hanno fatto impazzir et morir degli uomini, de quali, tormentate 45, due hanno confessato haversi date molti anni sono a due spiriti … e l’uno e l’altro si fa chiamare Altiero, quale persuadendo alla sua perversione della fede, l’ha ridotta a biastemar il vero Iddio, et l’altro si fa chiamare Cervo. Le altre due, per molti tormenti 46 sì le son dati, non v’è stato possibile farle confessare; per ogni banda vo cercando estirpar tal mal, ma come che il caso è sì importante ho voluto scriverne a Vostra Signoria Illustrissima, come a sua creatura, con supplica si degni consultarmi e comandarmi come intorno a tal fatto m’ho da portar … Di Conversano, a dì 27 giugno 1582 di Vostra Signoria Illustrissima e Reverendisima umile et affezionatissimomo servitore il Vescovo di Conversano»47.
Dopo la lettera inviata da Francesco Maria Sforza al cardinale Sirleto 48 (lettera che, si badi bene, è stata stilata nel corso del 1582 49) si devono addirittura attendere i primi anni del XVIII secolo per poter aver la prova documentata che nella diocesi di Conversano vi è, addirittura, un sacerdote che pratica le arti magiche.
In proposito, quindi, si è quasi autorizzati a sostenere (per più di una buona ragione, anche se non vi è alcuna
documentazione
che lo comprovi) che la mancanza di fonti relative alla presenza di “masciare” e/o stregoni, nella diocesi di Conversano, è, molto probabilmente, unicamente da addebitare ad una sorta di terribile quanto incontrollabile maremoto 50 che ha, brutalmente, investito l’archivio che custodiva i verbali dei processi istruiti contro le “masciare”
che aveva individuato F. M. Sforza. E che questo stesso incontrollabile quanto purtroppo usuale cataclisma ha poi anche fatto disperdere, in mille rivoli, le filze dei mille e mille documenti che ha investito rendendoli, per ciò, quasi oramai irrintracciabili. E che, per ciò, lo stesso maremoto ha provveduto, forse anche in maniera singolarmente provvidenziale, a celare indiscreti retroscena e/o sin anche colpevoli negligenze di cui (molto probabilmente) si son forse resi colpevoli alcuni distratti archivisti che hanno avuto l’incarico di custodire la documentazione che era stata loro affidata. Il silenzio dei documenti a cui abbiamo poco prima accennato è, infatti, interrotto (per più versi quindi inspiegabilmente) solo nel corso dei primi del Settecento. Vien, infatti, quasi brutalmente interrotto (forse non certo per un caso) per opera (lo si tenga bene a mente!) di un presule nato nell’Italia settentrionale: Filippo Meda. Il Meda, infatti, fa istruire un processo contro don Bartolomeo Coletta, perché (pur ritenuto “di buona vita, fama et condittioni, come anche di buoni costumi 51” come, per altro tiene a specificare, su espressa sollecitazione del ‘foro ecclesiastico’ conversanese, l’arciprete pro tempore della cattedrale di Conversano, don Giovanni Donato Colombo il 17 marzo del 1686 52) nell’abitazione del sacerdote residente in Con-
versano è stata rinvenuta addirittura una piccola, ma ben fornita, bibliotechina che custodiva una serie di manualetti precipuamente dedicati ad introdurre alle ‘arti magiche’.
Nell’archivio diocesano di Conversano si sono, infatti, forse fortunosamente (?) conservati i verbali del processo che viene intentato dal settentrionale Filippo Meda 53, vescovo di Conversano dal 1701 al 1733 54, che pare sia quindi il primo che non si trattenga forse neppure un attimo prima di far imbastire (ad accettare per buono quanto ci documentano le filze custodite attualmente presso l’Archivio Diocesano di Conversano) ad imbastire (molto probabilmente con non modesto rammarico) il primo vero e proprio processo per magia che si sia celebrato nel ‘foro ecclesiastico’ di Conversano agli inizi del XVIII secolo. Questa volta addirittura avverso un sacerdote residente in Conversano 55. Don Bartolomeo Coletta vien, infatti, accusato di aver praticato rituali magici 56 (dallo stesso don Bartolomeo poi ammessi 57 durante un interrogatorio a cui vien sottoposto) e, per questo ‘delitto’, processato dal ‘foro ecclesiastico’ conversanese, come prevedevano i privilegi di cui godevano i religiosi, viene dai giudici dello stesso foro esemplarmente condannato all’esilio 58. Un caso, quello appena accennato, che ha, poi, un altro suo pregnante riscontro (quasi una sua ideale, tutt’altro che simbolica quanto emblematica appendice) in un manoscritto di recen-
te venuto alla luce e cui abbiamo già, in precedenza, accennato come, per l’appunto, meritava. Ci riferiamo, come si sarà già intuito, al manoscritto che sul suo frontespizio riporta l’emblematico quanto singolare titolo di Libro di secreti veri 59. “Segreti” che, purtroppo, non sono affatto dissociabili dalla magia in quanto questi “segreti” dovevano
essere
sottratti,
sopra
tutto,
alla
attenzione
dell’autorità ecclesiastica. Anche perché questi “segreti veri” erano depositari privilegiati di pratiche che non potevano non essere considerate che ‘magiche’ 60. In particolare agli occhiuti dei funzionari del ‘foro ecclesiastico’ della diocesi conversanese. O, quanto meno, gli stessi ‘segreti’ contenuti nel Libro di secreti veri non si potevano non considerare che depositari di una ‘sapienza’ medico-popolare che ha, pur tuttavia, notevoli affinità con le pratiche magiche che, in gran parte, era stato pur per gran parte patrimonio eminentemente socio-culturale delle ‘masciare’.
Il Libro di secreti veri è di fatto un vero e proprio ‘ricettario’ (che riporta sul suo frontespizio la data “Annus Domini1791” 61), che (come abbiamo già più volte rammentato) si propone (sia pur contro le stesse non recondite intenzioni del suo compilatore) di tramandare quelli che l’autore, un certo Niccolaus Sciorsi 62, ritiene essere ‘i secreti veri’ di cui si ritiene il privilegiato depositario. E che il nostro Niccolaus Sciorsi ritiene opportuno dovessero essere trascritti in un manualetto di pronta consultazione. Manualetto che proprio perché risultava particolarmente funzionale al suo specifico utilizzo
doveva
essere tenuto ben celato, in maniera particolare, per lo meno a quella parte del clero che s’era rivelata specificamente ligia nell’attenersi alle direttive che venivano dalla Curia romana. Raccomandazioni che, come è noto, ripetutamente sollecitava-
no i responsabili periferici della chiesa di Roma, a far rispettare l’ortodossia. E, quindi, a perseguire, anche in maniera draconiana, ogni caso che aveva la sia pur modesta parvenza di una manifestazione di magia e quindi aveva la sua bella implicita patente d’eresia. Infatti, come è ben noto, tutto si poteva perdonare ad un sacerdote, in specie nel corso del XVII secolo, ma non d’essere accusato d’eresia. Eresia che venne quindi perseguitata con ogni mezzo. In specie con la tortura che veniva praticata durante gli interrogatori una volta che il colpevole veniva rinviato a processo. Sicché solo chi sapeva stoicamente resistere alla pena della corda, che venivano somministrati abitualmente durante gli interrogatori, veniva ritenuto non colpevole 63. Non colpevole, si badi bene, sol per non aveva ammesso i suoi ‘delitti’. Fatto che non deve gran che meravigliare in quanto ‘Dei delitti e delle pene’ di Cesare Beccaria non era stato ancora concepito. E la tortura, nel corso degli interrogatori giudiziari (anche in quelli tenuti nei ‘fori ecclesiastici’), era ritenuta indispensabile per accertare la verità. Anche se la verità che se ne ricavava, di fatto, spesso veniva solo estorta grazie al cosiddetto tormento della fune. Tortura che fu in uso sin quasi alle soglie dell’800. Che procurava strappi ai muscoli e la slogatura
delle braccia all'altezza dell'articolazione delle spalle 64. A meno che non si fosse soccorsi da una costituzione particolarmente robusta. Che, se non attutiva i dolori procurati dai tratti di corda, pur tuttavia colui che era sottoposto tormento della fune non solo non doveva accusare strappi ai muscoli e slogature alle braccia all'altezza dell'articolazione delle spalle quanto, in grazia proprio della sua robusta costituzione, spesse volte, poteva, sin anche, aver salva la sua stessa vita. francoiatta@tiscali.it
1
Cfr. ADC. Conversano, Acta criminalia, cc. 2. [sec. XVIII]. “Don Primiano afferma che una volta il canonico Vitantonio Tanzarella gli aveva suggerito di rivolgersi a Domenica Clinca, alias Abbate Cesare e andare a Casamassima dove la sorella di quest’ultima, di nome Tilla Tonna, «sà fare detto sale». In effetti la donna gli consegnò un poco di sale incantato, un poco di cera benedetta e un palmo di carbone. Tornato a casa, tuttavia, don Primano si accorse che nel «moccaturo» il sale non c'era. Non gli restò altro da fare che getvolume secondo, L’archivio della curia vescovile. Inventario dei fondi di Conversano. Monasteri e conventi, Centro ricerche di storia ed arte, Congedo, Galatina 2006, p.137, nota n.5, Carte Conversano. Acta criminalia n.46. Interrogatorio di Primiano Guarnieri, davanti all'arciprete di Rutigliano, a proposito di «una femina che sapesse fare qualche magaria ò sale incantato», Sec. XVIII). Per «moccaturo» cfr. L’Enciclopedia italiana on-line, www.treccani.it che recita:”
Quadrato di tela o di carta usato per soffiarsi il naso che in Liguria si indica come Mantile, in Toscana Pezzola, in Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata e Sicilia si dice, invece «moccaturo»”. 2 “Gli atti del processo venivano registrati minuziosamente da un notaio e l’inquisito (di cui si presumeva non l’innocenza, ma colpevolezza, proprio perché la mala fama precedeva l’azione del giudice) doveva prestare il giuramento di dire la verità all’atto di essere interrogato e sottoporsi alla quaestio rigorosa: la tortura… Sulla carta il tormento doveva durare un tempo ragionevole, e poteva anche essere applicato in caput proprium (cioè al reo per ottenere la sua propria confessione) o per conto d’altri ( si poteva torturare un testimone di status sociale non privilegiato per avere prove contro l’inquisito, o lo stesso imputato per incriminare i suoi socii, ovvero complici).” cfr. V. Lavenia, Processo in Dizionario storico dell’Inquisizione, op. cit., vol. III, p.1258, II colonna 3 Cfr., Carte Conversano. Acta criminalia n. 3 in Fonti per la storia di Conversano, volume secondo, L’archivio della curia vescovile. Inventario dei fondi di Conversano, op. cit., p. 137. 4 Cfr., Conversano. Acta criminalia, 03, nuova schedatura di A. Caprio e C.A.M. Guarnieri, www. Archivio diocesano di Conversano. Cogliamo l’occasione per ringraziare, anche pubblicamente, Angelo Fanelli, attuale responsabile dell’Archivio Diocesano di Conversano, per la serie di cortesie di cui ci ha fatto oggetto nel corso delle ricerche che abbiamo esperito presso il citato Archivio. 5 “Colei che opera la «mascia». Veniva chiamata anche, senza particolare differenza, «strega» o «fattochiara»”, cfr. P. Lo-
caputo, Glossario in Le masciare. Storie di streghe dai verbali inediti di un processo del 1582, collana ‘ Edilnorba’, Scisci, Conversano 1997, p.154. Lo stesso Locaputo registra anche “masciére”, cfr. P. Locaputo, Dizionario della parlata Conversanese, collana ‘La Puglia nei documenti n.20’, Levante, Bari 2010, p.271, I colonna. 6 “Stréga (ant. e dial. striga) sf. Nell’immaginario popolare (che ebbe poi riscontro nella legislazione civile ed ecclesiastica anche con processi e condanne al rogo durati sino al Settecento) personaggio femminile ritenuto in grado di atti di magia, fatture, incantesimi o anche di trasformarsi in animale in virtù di facoltà e poteri soprannaturali derivanti da presunti e misteriosi rapporti con gli spiriti infernali o con forze demoniache”, cfr. S. Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, vol. XX, SQUI-TOG, UTET, Torino 2000, p.324, III colonna. 7 “Lo stesso che «mascia», da «maga» nel significato di strega”, cfr., P. Locaputo, Glossario in Le masciare, op. cit. p.154. “«Mascia»: operazione di carattere magico, volgarmente anche «fattura», «incanto». Deriva dalla corruzione dialettale del termine «magia»”, cfr., P. Locaputo, Glossario in Le masciare, op. cit., p. .154. 8 Cfr. F.S. Jatta, F. M. Sforza, vescovo di Conversano, e le ‘masciare’; Ibidem, Una ‘masciara’ nella Conversano del Seicento e A, Fanelli, Cronache d’amore e magia a Conversano nel primo Settecento, collana ‘crescamus n. 14’, Noci 2010. I primi due contributi, nella loro stesura definitiva, dopo essere apparsi, senza note, su Fax Edizione di Conversano, sono riportati nella Prima e quindi nella Seconda parte di questo contributo.
9
La regestazione delle ‘carte’ dell’Archivio diocesano di Conversano è ora on line, per cui cfr., www.Archivio Diocesano di Conversano. Invece su supporto cartaceo, la stessa regestazione, si può consultare su AA.VV., Fonti per la storia di Conversano, vol. II, L’Archivio della curia vescovile. Inventario dei Fondi Conversano, Monasteri e Conventi, a cura di C. Guarnieri e A. Caprio, Galatina 2006. 10 Cfr. A. Del Col, L’inquisizione in Italia dal XII al XXI secolo, collana ‘Osar storia’, Mondadori, Milano 2006; G. Berti, Storia della stregoneria. Origini, credenze, persecuzioni e rinascita nel mondo contemporaneo, collana ‘Oscar storia’. Mondadori, Milano 2010; G. Mazza, Streghe, guaritori, istigatori. Casi di inquisizione diocesana in Età Moderna, presentazione di A. Prosperi, collana ‘Studi storici Carocci n.146’, Carocci, Roma 2009; AA.VV., L’inquisizione romana. Metodologia delle fonti e storia istituzionale, Atti del seminario internazionale Montereale Valcellina 23 24 settembre 199, Circolo culturale Menocchio Montereale Vecellina, Edizioni Università di Trieste Centro di ricerca sull’inquisizione, collana ‘Inquisizione e società. Quaderni n. 1’, a c. di A. Del Col e G. Paolin, Grafiche di Tielle, Sequals (Pn) 2000. 11 Cfr., E. Brambilla, La giustizia intollerate. Inquisizione e tribunali confessionali in Europa (secoli IV-XVIII), collana ‘Università /725 Studi storici’, Carocci, Roma 2006². 12 In proposito si cfr. Dell’attendibilità dei dati rilevabili dagli ‘Acta criminalia’ dell’ADC, contributo riportato in ‘Appendice’. 13 Nelle varie regioni d'Italia il sostantivo varia molto a seconda della zona. Per ciò si possono rivenire le seguenti varianti:
“Masca o Maggia in Piemonte; Stria o Bàsura in Liguria; Borde in Toscana; Strìa, Maggia in Lombardia, Emilia, Trentino, Friuli-Venezia Giulia; Cogas, Stria, Brúscias o Maghiargia in Sardegna; Strìa/Striga/Strigo in Veneto; Janara nel Sannio e in Irpinia; Mavara in Sicilia; Magara in Calabria e Basilicata; Masciáre o Chivàrze a Taranto e provincia; Macàra nel Salento; Stiara nella Grecìa Salentina e Stroll'ca in Umbria”, cfr. Wikipedia, l’enciclopedia libera, alla voce strega. 14 Per il dizionario della parlata conversanese si cfr. P. Locaputo, Dizionario della parlata Conversanese, op.cit.. Per una recensione del contributo appena citato ci permettiamo di rinviare alla nostra recensione per cui cfr. F. Iatta, Il dizionario della parlata conversanese, in FAX, a. XV, del 4 dicembre 2010, p.32. 15 Cfr. Archivio Segreto Vaticano, Vaticano Latino n. 6194, f. 468 cito da L. Russo, Muzio Sforza poeta monopolitano tra Rinascenza e Controriforma (1542-1597), Puglia Grafica Sud, Bari 1985, p.21-22. L’espressione appena citata è in una lettera del vescovo di Conversano, Francesco Maria Sforza indirizzata al cardinale Sirleto, datata 27 giugno 1582. 16 Cfr. ADC, Acta criminalia, busta 4/1, fascic. 18, ff.1.r-51r 17 Masciara, colei che opera la mascia. Veniva chiamata anche, senza particolare differenza, strega o fattocchiara, cfr. P. Locaputo, Glossario in Le masciare, op. cit., p.154. “Mascia, operazione di carattere magico, volgarmente anche detta fattura, incanto. Deriva dalla corruzione dialettale del termine magia”, cfr. Id. Glossario, in op. cit., p.154. “Fattocchiara, fattucchiera, donna che pratica la mascia (o fattu-
ra, dal latino medievale fatucula)”, cfr., Id., Glossario, op. cit. p.153. 18 Insomma, sostenere che le «masciare» assolvessero anche ad una funzione socialmente utile è forse non del tutto corretto, ma non si deve, però, ritenere che, col sostenere questa ipotesi, si sia, in non pochi casi, proprio lontani dal vero. 19 Cfr. A. Fanelli, Conversano in Cronotassi iconografia e araldica dell’episcopato pugliese, progetto di ricerca finanziato dalla Regione Puglia, Assessorato alla cultura realizzato dalla Unione regionale dei centri di ricerche storiche ed artistiche archeologiche e speleologiche di Puglia, Levante Bari, 1986, p.164. Contrariamente a quanto è comunemente riportato nei repertori, il Meda è nato a Conza, cittadina attualmente in provincia di Cuneo, e non a Milano, cfr. F. Iatta, Monsignor Meda in un giudizio di Croce. Un importante tassello che aiuta a ricostruire la storia della diocesi conversanese, in FAX, a. XV, del 3 luglio 2010, p. 27. 20 Cfr. ADC. Carte Conversano. Acta criminalia n.46. Interrogatorio di Primiano Guarnieri, davanti all'arciprete di Rutigliano a proposito di «una femina, che sapesse fare qualche magaria20 ò sale incantato»; carte numero 2. [sec.XVIII] 1700. Documento parzialmente deteriorato. 21 Cfr. A. Fanelli, Cronache d’amore e di magia a Conversano nel primo 700, collana ‘crescamus n. 14’, Conversano 2011. 22 Cfr., ADC, Conversano. Sacre ordinazioni, busta 26/5, fascio 13, fascic. 214 f.3r. 23 Cfr., ADC, Conversano. Sacre ordinazioni, busta 26/5, fascio 13, fasci. 214, f.3r, cito da A. Fanelli, Cronache d’amore e magia, op. cit., p.7, nota n.6.
24
Cfr., A. Fanelli, Cronache d’amore e magia a Conversano, op. cit. 25 Cfr., A. Fanelli, Libro di secreti veri: un ricettario conversanese del Settecento, quaderni ‘crescamus n.5’, Scisci, Conversano 2010. 26 Cfr. A. Fanelli, Libro di secreti veri, op. cit., p.5. 27 Cfr. A. Fanelli, Libro di secreti veri, op. cit., p.15. 28 Cfr., A. Fanelli, Libro di secreti veri, op. cit., p.39 29 Cfr., A. Fanelli, Libro di secreti veri, op. cit., p.39. 30 Cfr., A. Fanelli, Libro di secreti veri, op. cit., p.43. 31 Cfr. Margaret A. Murray, Il Dio delle Streghe, AstrolabioUbaldini, Roma, 1972; Margaret A. Murray, Le streghe nell'Europa occidentale, Garzanti (su lic. Tattilo), Milano, 1978; Giovanni Romeo, Inquisitori, esorcisti e streghe nell'Italia della Controriforma, Sansoni, Firenze 2003; Brian P. Levack, La caccia alle streghe in Europa agli inizi dell'età moderna, Laterza Roma-Bari 2003; Michela Zucca, Donne delinquenti - Storie di streghe, eretiche, ribelli, rivoltose, tarantolate, Edizioni Simone, Napoli, 2004; Lorenzo Lorenzi, La strega: viaggio nell'iconografia di maghe, malefiche e fattucchiere, Centro Di, Firenze, 2005; Luisa Muraro, La signora del gioco - la caccia alle streghe interpretata dalle sue vittime, Baldini Castoldi Dalai, 2006; G. Botti, Sulle vie della salute. Da speziale a farmacista-imprenditore lungo Ottocento a Napoli, il Mulino, Bologna 2008; A. Porretti, Le ricette delle streghe. Magia, alchimia, erboristeria in protocolli notarili del XVI secolo, prefazione di M. Santandrea, Fefè editore, Roma 2009; Giordano Berti, Storia della Stregoneria, Mondadori, Milano 2010; A. Musi, La disciplina del corpo. Le arti mediche e paramediche nel Mez-
zogiorno moderno, collana ‘strumenti e ricerche’, A. Guida, Napoli 2011; D. Weber, Sanare e maleficiare. Guaritrici, streghe e medicina a Modena nel XVI secolo, collana ‘Studi storici Carocci n.168’, Carocci, Roma 2011 e O. Simplicio, La stregoneria e il mondo magico religioso, in Storia d’Europa e del Mediterraneo, vol. XI, Culture, religioni, saperi, Salerno, Roma 2011. 32 Cfr. ADC, Acta criminalia, busta 4/1, fascic. 18, ff.1.r-51r cito da A. Fanelli, Cronache d’amore e di magia, op. cit., p.19. 33 Cfr. A. Fanelli, Per una storia dei Seminario vescovile di Conversano. 1. Dal concilio di Trento alla fine dei Seicento s.i.l., Dicembre 1995. 34 Per l’esperienza storica dell’istituto delle ‘relaziones ad limina’ cfr. F. Ricciardi Celsi, Le relaziones ad limina. Aspetti della esperienza si un istituto canonistico, collana ‘Facoltà di giurisprudenza LUMSA Sezione ricerca n. 8’, G. Giappichelli, Torino 2005, 35 F. M. Sforza è stato presule della diocesi conversanese dal 1579 al 1604 e, cioè, per ben venticinque anni, cfr. A. Fanelli, Conversano [Cupersanen(sis) o Conversanen(sis)] in Cronotassi iconografia e araldica dell’episcopato pugliese, progetto di ricerca finanziato dalla Regione Puglia, Assessorato alla cultura realizzato dalla Unione regionale dei centri di ricerche storiche ed artistiche archeologiche e speleologiche di Puglia, Levante Bari, 1986, p. 164. 36 “1588”, cfr. A. Fanelli, 3.2. Introduzione in Conversano tra il 1588 e il 1604 nei manoscritti dell’Archivio segreto vaticano, collana ‘crescamus n.1’, Scisci, Conversano 2003. Per
il testo della relazione ad limina cui si accenna nel testo cfr., Ibidem, Conversano tra il 1588 e il 1604, op. cit., pp.35-40. 37 “1592”, cfr. A. Fanelli, 3.3. Introduzione in Conversano tra il 1588 e il 1604, op. cit. . Per il testo della relazione ad limina cui si accenna nel testo cfr., Ibidem, Conversano tra il 1588 e il 1604, op. cit., pp.40-44.Per la traduzione dello stesso testo originariamente redatto in latino cfr. Ibidem, Conversano tra il 1588 e il 1604, op. cit., pp.45-49. 38 “1595”, cfr. A. Fanelli, 3.3 Introduzione in Conversano tra il 1588 e il 1604, op. cit., Per il testo della relazione ad limina cui si accenna nel testo cfr., Ibidem, Conversano tra il 1588 e il 1604, op. cit., pp.49-53. 39 “1604”, cfr. A. Fanelli, 3.4. Introduzione in Conversano tra il 1588 e il 1604, op. cit.. Per il testo della relazione ad limina cui si accenna nel testo cfr., Ibidem, Conversano tra il 1588 e il 1604, op. cit., pp.53-58. Per la traduzione del testo redatto originariamente redatto in latino cfr. Ibidem, Conversano tra il 1588 e il 1604, op. cit., pp.58-62. 40 “trovato quattro donne “magare”, oltre degli altri aspetti, quali en loro diabolici malefici hanno infettato tutto quasi questo popolo ed hanno fatto impazzir et morir degli uomini, de quali, tormentate40, due hanno confessato haversi date molti anni sono a due spiriti … e l’uno e l’altro si fa chiamare Altiero, quale persuadendo alla sua perversione della fede, l’ha ridotta a biastemar il vero Iddio, et l’altro si fa chiamare Cervo. Le altre due, per molti tormenti sì le son dati, non v’è stato possibile farle confessare”, cfr. Archivio Segreto Vaticano, codice Vaticano Latino n. 6194, f.468. 41 Cfr. Archivio Segreto Vaticano, codice Vaticano Latino n. 6194, f.468.
42
43
44
45
Per la biografia del cardinale Guglielmo Sirleto, cfr., Rocco Ritorto, voce Guglielmo Sirleto in La Riviera http://www.larivieraonline.com/il-cardinaleguglielmosirleto; Sirlèto Guglielmo in Enciclopedie on line treccani, www.treccani.it e Guglielmo Sirleto in Wikipedia, www.wikipedia.org/wiki/Guglielmo_Sirleto. Per il peso, determinante, che ebbe lo stesso cardinale nello sponsorizzare la nomina a presule della diocesi conversanese di Francesco Maria Sforza, cfr., I. Nuovo, Muzio Sforza in Puglia Neolatina. Un itinerario del Rinascimento tra autori e testi, a c. di F. Tateo M. de Nichilo e P. Sisto, Regione Puglia Assessorato alla cultura e al turismo- Dipartimento di Italianistica dell’Università di Bari, Cacucci, Bari 1994, p.315. Cfr., L. Russo, Muzio Sforza poeta monopolitano tra Rinscenza e Controriforma (1542-1597), Società di Storia Patria per la Puglia, collana ‘Studi e ricerche n.6, Puglia Grafica Sud, Bari 1985, p.21. Per il peso, determinante, che ebbe il cardinale Sirleto nello sponsorizzare la nomina a presule della diocesi conversanese di Francesco Maria Sforza, cfr. L. Russo, Muzio Sforza poeta monopolitano, op. cit., p.21. “Mezzi e sistemi di tortura variavano in relazione alle consuetudini locali: nel corso del 17° e 18° secolo si tese a disciplinare anche quelli secondo le varie normative statali. I più comuni erano i 'tratti di corda' (l'inquisito, con le mani legate dietro la schiena, veniva sollevato più volte in aria per mezzo d'un sistema di carrucole e poi lasciato cadere); il 'cavalletto' (un ordigno sul quale si stiravano le membra del torturato); il 'fuoco' (si ungevano i piedi del torturato per avvicinarli poi a una fonte di calore); la 'stanghetta' (un siste-
ma di contenzione che comprimeva polsi e caviglie); le 'cannette' (si stringevano con appositi strumenti le dita giunte del tormentato); la 'veglia' (s'impediva al torturato, legato a un sedile, di addormentarsi per un periodo che poteva arrivare a quasi due giorni); la 'bacchetta', uno staffile che si poteva usare anche nei confronti dei minorenni, non però prima del nono anno d'etĂ . Il testimone che avesse resistito al dolore senza ritrattare era considerato veridico; l'imputato che vi avesse resistito senza confessare era dichiarato innocente. I notai erano chiamati a registrare con precisione carattere e durata dei singoli tipi di tortura; dopo di essa, si chiedeva all'imputato confesso di confermare la sua confessione, nel qual caso si parlava di confessione spontanea. Ăˆ indebito il carico che talora si fa ai tribunali inquisitoriali di aver usato sistematicamente la tortura: in ciò, essi non facevano che seguire la pratica giuridica dell'epoca e avvalersi di infrastrutture poste a loro disposizione dai tribunali laici; e vi sono testimonianze numerose d'una forte resistenza degli inquisitori a servirsi dell'extrema ratio, la tortura, cui si ricorreva di solito soltanto dopo aver provato altre vie, quali, anzitutto, la prigione 'stretta' che prevedeva digiuno e privazione del sonno. Molti trattati inquisitoriali citavano, facendolo proprio, il duro giudizio di Ulpiano sui limiti della tortura. Il domenicano frate Eliseo Marini, nel suo Sacro arsenale (1631), sosteneva che la 'rigorosa disamina' - la tortura - dovesse essere applicata solo se le altre prove fossero del tutto insufficienti, e massima l'incertezza; e ammoniva che si procedesse con prudenza, si mostrassero all'imputato gli strumenti di tortura prima di usarli, gli si proponesse ripetutamente di pensare a quel che faceva, s'interrompesse piĂš
volte il procedimento per dargli modo di riflettere. La costrizione della volontà risulta insomma chiara, ma l'arbitrio dei giudici e la durezza del tormento si riducevano e si disciplinavano per quanto era possibile” cfr. F. Cardini, Storia della tortura giudiziaria in Universo del corpo, Treccani, Roma 2000, www.treccani.it 46 La sottolineatura è nostra. 47 Cfr., Archivio Segreto Vaticano, codice Vaticano Latino n. 6194, f.468. 48 Per essenziali notizie biografiche sul Sirleto cfr., voce Sirlèto, Guglielmo in Enciclopedie on line Treccani, www.treccani.it, quindi L. Russo, Muzio Sforza, op. cit., p. 9 e segg. ma, soprattutto, cfr. voce Guglielmo Sirleto in “Wikipedia, l'enciclopedia libera”, cfr.www.Wikipedia.it. 49 Cfr. Archivio Segreto Vaticano, codice Vaticano Latino n. 6194, f.468 50 “Nella cittadina pugliese [Bitonto] c’era la consuetudine di asportare i processi [intentati nei confronti dei sacerdoti accusati di delitti] dall’archivio nei periodi di sede vacante. Essa fu stigmatizzata nel sinodo del 1682: vedi Constitutiones sinodales bituntiae… Romae, typis Christofori Dragondelli, 1682, titolo XVI, p. 309 … Vanno nella stessa direzione i dati relativi a … Conversano (nel sito web della diocesi)”, cfr., M. Mancino – G. Romeo, Clero criminale. L’onore della Chiesa e i delitti degli ecclesiastici nell’Italia della Controriforma, collana ‘Quaderni Laterza n.192’, Laterza, Bari 2013, p.191, nota n.30. La sottolineatura è nostra. 51 Cfr. A. Fanelli, Cronache d’amore e magia a Conversano nel primo Settecento, collana ‘crescamus n. 14’, Noci 2010, p.7.
52 53
Cfr. A. Fanelli, Cronache d’amore e magia, op.cit., p.7. Filippo Meda è nato Canzo (oggi provincia di Como), contrariamente a quanto sostiene Croce, il 14 ottobre del 1665. Era di famiglia nobile, prima di essere inviato ad amministrare la diocesi di Conversano era stato nominato protonotario apostolico e si era addottorato in diritto civile e canonico, cfr. Cronotassi iconografia e araldica dell’episcopato pugliese, progetto di ricerca finanziato dalla Regione Puglia, Assessorato alla cultura realizzato dalla Unione regionale dei centri di ricerche storiche ed artistiche archeologiche e speleologiche di Puglia, Levante Bari, 1986, p.164. Prese possesso, della diocesi assegnatagli, il 6 luglio 1701 e la resse sino al 18 luglio del 1733 anno in cui decedette in Conversano, località nella quale è stato sepolto, cfr. Cronotassi iconografia e araldica dell’episcopato pugliese, op. cit. p.164. Il Meda ha dato alle stampe: Segreti spirituali, morali e misti, non meno curiosi, che utili, i quali ognuno gia sa, contuttocio ansiosamente gli va cercando ... Divota eutrapelia di monsignor Filippo Meda ... In Napoli : nella stamperia di Felice Mosca, 1729-1732, voll. 6. ; 2: Segreto 2. Non essere al certo tanti gl'ippocriti come si dice; ne probabilmente tanti ... luce candida per discernergli, divota eutrapelia di monsignor Filippo Meda milanese, vescovo di Conversano; 3: Segreto 3. Per conoscere se siasi, o no fatta una buona confessione sagramentale: divota eutrapelia di monsignor Filippo Meda milanese, vescovo di Conversano, ...; 4: Segreto 4. per andare al paradiso in carozza: divina eutrapelia di monsignor Filippo Meda milanese, vescovo di Conversano, consacrata al dolcissimo spirito del glorioso S. Francesco di Sales 1.; 5: Segreto 5. per iscuoprire se taluno ami
Dio sopra ogni cosa, e'l prossimo suo come se stesso: senza di che non vi e speranza positiva di eterna salute ... e 6: Segreto 6. Per indurre ogn'uno a volentieri, ed esattamente osservare il precetto della santa quaresima, ... Divota eutrapelia di monsignor Filippo Meda milanese, vescovo di Conversano, ...; Discorsi teologici e predicabili intorno alla vicinanza del Giudizio universale. Opera di monsignor Filippo Meda da Milano, vescovo di Conversano ..., In Napoli : nella stamperia di Felice Mosca, 1724; L' incontinente senza scusa, ovvero Difese del divino precetto intorno la purità, modi facili per acquistarla, e conservarla. Opera di monsignor Filippo Meda milanese, vescovo di Conversano, divisa in 20. colloquj famigliari, In Napoli : nella stamperia di Felice Mosca, 1728. Tutti i testi editi dal Meda sono, oggi, custoditi presso la Biblioteca del Seminario vescovile di Conversano, la cui collocazione è, tutt’ora, provvisoria.Filippo Meda si è conquistato, un posto di riguardo, negli annali della storia della diocesi conversanese per essere finalmente riuscito, dopo non pochi tentativi frustrati anche per mere ragioni economiche, a fondare il Seminario vescovile (1703) della sua diocesi (cfr. A. Fanelli, Per una storia dei Seminario vescovile di Conversano. 1. Dal concilio di Trento alla fine dei Seicento, s.i.l., Dicembre 1995, p. 33) e poi perché, nello stesso anno, si è poi pure felicemente adoperato per far sorgere la Biblioteca dello stesso seminario oggi intitolata a ‘D. Morea’ (cfr.www.archiviodiocesano). Sul Meda si cfr. F. Ughelli, Italia sacra sive De Episcopis Italiae, et insularum adjacentium, rebusque ab iis praeclare gestis, deducta serie ad nostram usque aetatem. Opus singulare provinciis 20. distinctum. Tomus septimus. Complectens Metropolita-
nas, earumque suffraganeas Ecclesias, quae in Lucaniae seu Basilicatae, & Apuliae tum Dauniae, cum Peucetiae Regni Neapolitani praeclaris provinciis continentur, Venetiis: apud Sebastianum Coleti 1721, colonna 718-720; P. Gioja, Conferenze istoriche sulla origine e sui progressi del Comune di Noci in Terra di Bari, in cui si associa la biografia dei Conti di Conversano Acquaviva d’Aragona, terza edizione, introduzione di C. F. Ruppi, a cura dell’Amministrazione del Comune di Noci, Laterza, Bari 1973, Conferenza V, pp.128-129; Memorie storiche della città di Conversano /scritte da/Giuseppe Antonio Di tarsia Morisco / primicerio della cattedrale di Conversano / che si pubblicano per cura dei signori / Sacerdote. Luca Antonio e Raffaele di Giambattista / zio e nipote Tarsia Morisco / sotto la direzione e con note dell’architetto / Sante Simone / direttore degli scavi e monumenti di antichità e regio delegato scolastico / di Conversano, Tipografia di Benedetto Favia, Conversano 1881, p. 130-132; G. Bolognini, Storia di Conversano dai tempi più remoti al 1865 corredata di documenti e di tavole genealogiche, Tipografia editrice Canfora & C., Bari 1935, pp.194-196; Dizionario ecclesiastico, Volume 2, a cura di A. Mercati, A. Pelzer, A. M. Bozzone, 1953, p. 913; nell’Enciclopedia cattolica, ad vocem, Volume 10, 1954, p. 402; poi cenni sono ancora in A. Acerbi – M.Marcocchi, Ricerche sulla Chiesa di Milano nel Settecento, Vita e pensiero, Milano 1988, p. 46. L’ultimo consistente contributo, ma su un aspetto particolare dell’attività del presule Filippo Meda, se non andiamo errati, è dovuto a Rosanna Bianco, per cui cfr. Filippo Meda, Vescovo committente. Cultura artistica a
Conversano nel primo Settecento, in "Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia", XXXVII-XXXVIII, 1994-1995, Bari 1995, pp. 331- 339. In precedenza si erano interessati di Filippo Meda, e il Croce li cita, l’Argelati, per cui cfr, Filippo Argelati, Bibliotheca scriptorum mediolanensium: seu Acta, et elogia virorum omnigena eruditione illustrium, qui in metropoli Insubriae, oppidisque circumjacentibus orti sunt; additis literariis monumentis post eorumdem obitum relictis, aut ab aliis memoriae traditis, vol. II, 1906 e, quindi, Filippo Meda, omonino del Nostro, noto avvocato e uomo politico, per cui cfr. Filippo Meda, Un vescovo milanese nella Puglia ai principi del secolo XVII, Milano 1920, estratto dalla Scuola Cattolica. 54 “6 luglio 1701 -18 luglio 1733”, cfr. A. Fanelli, Conversano [Coupersanen(sis) o Conversanen(sis)], in Cronotassi iconografia e araldica dell’episcopato pugliese, progetto di ricerca finanziato dalla Regione Puglia, Assessorato alla cultura realizzato dalla Unione regionale dei centri di ricerche storiche ed artistiche archeologiche e speleologiche di Puglia, Levante Bari, 1986, p.162. 55 Cfr. A. Fanelli, Cronache d’amore e magia a Conversano nel primo Settecento, collana ‘crescamus n. 14’, Noci 2010. 56 Cfr. ADC, Conversano. Acta criminalia, busta 4/1, fasc.18, f. 36r documento trascritto da A. Fanelli in Cronache d’amore e magia, op.cit., p.77 da cui rilevo il dato archivistico. 57 Cfr. ADC, Conversano. Acta criminalia, busta 4/1, fasc.18, f.24r documento trascritto da A. Fanelli, in op.cit., p.77. 58 Cfr. ADC, Conversano. Acta criminalia, busta 4/1, fasc.18, f.36r, documento trascritto da A. Fanelli, in op.cit., p.78. 59 Cfr., A. Fanelli, Libro di secreti veri, op.cit.
60
Cfr. A. Fanelli, Libro di secreti veri, op. cit., p.5. Cfr. A. Fanelli, Libro di secreti veri, op. cit., p.15. 62 Cfr. A. Fanelli, Libro di secreti veri, op. cit., p.15. 63 Solo la robusta costituzione fisica, come è noto, permette a Niccolò Machiavelli di aver salve le braccia, le spalle e di conseguenza anche la vita: dopo aver subito, per ben sei volte, la pena della corda e/o il cosiddetto tormento della fune (cfr. L. Villari. Machiavelli. Un italiano del Rinascimento, collana Oscar Saggi, Mondadori, Milano 2013, p.129). L’episodio avviene nel febbraio del 1513 quando venne “sottoposto al tormento della fune”, (cfr. G. Inglese, Cronologia. Machiavelli e i suoi tempi in Per Machiavelli. L’arte dello stato, la cognizione delle storie, collana ‘Frecce n. 30’, Carocci, Roma 2007², p.215). Machiavelli era sospettato, a torto, di aver fatto parte di una congiura che intendeva abbattere i Medici. “Cercarono allora di strappargli una confessione con la tortura. Gli legarono le mani dietro la schiena, lo sollevarono con una carrucola fissata al soffitto poi lo lasciarono cadere di colpo fin quasi a terra. Gli danno sei strappi, ma non dice nulla che lo possa compromettere. Nei procedimenti penali dell’epoca la confessione era considerata la regina delle prove, anche se ottenuta con la tortura. Senza confessione, i giudici non potevano avere certezza della colpevolezza”, (cfr. M. Viroli, Il sorriso di Niccolò. Storia di Machiavelli, collana ‘Storia e Società’, Bari, Laterza 1998, p. 136).” Se l’ex segretario venne liberato … fu grazie alla elezione di Leone X e alla conseguente amnistia” (cfr. G. Maria Babuto, Machiavelli, collana ‘Profili nuova serie n.57, Salerno, Roma 2013, p.117) “forse ad personam”, (cfr. L. Villari, Machiavelli, op. cit., p.129). 61
64
“Questo supplizio fu usato anche nell'interrogatorio del borgomastro di Bamberga Johannes Junius, accusato di stregoneria nel 1628. Gli furono dati otto tratti di corda: dopo una settimana, sebbene privatamente si dichiarasse innocente, scelse di confessare i delitti per cui era accusatoâ€?, cfr. Michael D. Bailey, Magia e superstizione in Europa dall'AntichitĂ ai nostri giorni, Torino, Lindau 2008, pp. 219-220.