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Foto Caritas Internationalis - Spedizione in abbonamento postale 45% articolo 2, comma 20/B, legge 662/96, Milano

LA STORIA

FUORI DAL CARCERE: QUALE FUTURO PER I “RAGAZZI CATTIVI”?

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strada

GIANRICO CAROFIGLIO I DIECI COMANDAMENTI RACCONTATI DA GRANDI SCRITTORI

www.scarpdetenis.it maggio 2015 anno 20 numero 191

Dividere per moltiplicare LA PRESENZA DI CARITAS A EXPO 2015 TESTIMONIANZA E DENUNCIA CONTRO TUTTE LE SITUAZIONI DI SPRECO, SFRUTTAMENTO E MALNUTRIZIONE


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EDITORIALE

Quei migranti pesano sulle nostre coscienze

LA PROVOCAZIONE

La lotta per combattere la fame nel mondo passa anche da Expo

di Michel Roy [ segr. generale Caritas Internationalis]

di Stefano Lampertico [

@StefanoLamp ]

Ora è arrivato il tempo, per l’Europa, di risposte efficaci e incisive. La triste contabilità dei morti nel Canale di Sicilia si aggiorna giorno dopo giorno. Mentre stiamo per andare in stampa leggiamo (e siamo colpiti e indignati) dell’ennesima tragedia che scuote le nostra coscienze. Centinaia di corpi inghiottiti dal mare, donne, bambini, uomini in fuga da guerre, carestie che perdono la vita su barconi carichi di disumanità. E allora – come Scarp ha già avuto modo di dire in altre occasioni – è tempo per l’Europa di pensare a una grande azione di solidarietà e responsabilità: un’operazione Mare Nostrum di livello europeo, come chiedono da tempo decine di associazioni –Caritas in testa – per far sì che il Mediterraneo non sia solo un pezzo di frontiera da presidiare ma un tratto di mare da trasformare in presidio umanitario. In grado di accogliere queste umanità disperate in fuga dai propri Paesi. E di fronte a flussi che – lo dicono i dati degli utlimi mesi – sono in aumento, l’urgenza e l’incisività delle rispo-

ste dell’Europa diventa urgenza e risposta concreta a mesi di indifferenza o di azioni che il tempo ha mostrato come inefficaci. Ragazzi cattivi In questo numero del giornale parliamo di Expo. Con una lente diversa da quella “commerciale”. Con la lente Caritas. Vi spieghiamo e raccontiamo la presenza di Caritas – e di Scarp – all’interno della grande esposizione universale. Lo facciamo partendo dal commento efficace, in questa pagina, del segretario generale di Caritas Internationalis Michel Roy, che bene mette in relazione la funzione pedagogica di Caritas con la battaglia per l’accesso al cibo e il diritto all’alimentazione. E in questo senso, Expo 2015, diventa occasione importante e irrinunciabile. All’interno del giornale, come sempre, vi raccontiamo alcune storie particolari. A cominciare da quelle dei “ragazzi cattivi”, entrati giovanissimi in carcere e usciti – altrettanto giovani – in cerca di riscatto e ripartenza. O come la storia di Maria Luisa, e della sua vita meravigliosa, nonostante la Sla. Perché a Scarp, e lo sapete bene, piacciono le storie di chi, pur nella fragilità o con storie difficili alle spalle, ama la vita. Così com’è.

È arrivato il tempo per l’Europa di dare segnali efficaci per interrompere la spirale di morti nel canale di Sicilia e per dare risposte a chi scappa da guerra, povertà e carestia

contatti Per commenti, idee, opinioni e proposte: mail scarp@coopoltre.it facebook scarp de tenis twitter @scarpdetenis www.scarpdetenis.it

Il futuro dell’alimentazione rappresenta una delle sfide più serie per l’umanità. Per citare papa Francesco, «la fame è la tragica condizione nella quale vivono ancora milioni di affamati e malnutriti, tra i quali moltissimi bambini: questo è uno scandalo in un’epoca in cui la globalizzazione permette di conoscere le situazioni di bisogno nel mondo e di moltiplicare gli scambi e i rapporti umani». Caritas, ispirandosi al Vangelo, riconosce quindi la centralità dell’essere umano e della sua dignità e s’impegna a educare alla solidarietà. Da questa missione pedagogica Caritas fa discendere la lotta alla povertà, l’azione culturale e pastorale di cura della persona e della comunità in cui si colloca, l’azione politica di advocacy presso le istituzioni nazionali e internazionali. L’accesso al cibo e il diritto all’alimentazione per tutti sono la prima e più profonda preoccupazione attorno alla quale abbiamo lanciato la campagna mondiale “Una sola famiglia umana, cibo per tutti” nel dicembre 2013 per riflettere su come continuare a sradicare la piaga della fame nel mondo entro il 2025. Risolvere il problema della fame non è una questione di beneficenza, ma di giustizia per garantire a tutti un’alimentazione adeguata. Come indicato dal Comitato sui diritti economici, sociali e culturali dell’Onu, l’alimentazione si può definire adeguata solo «quando ogni uomo, donna e bambino, da solo o in comunità con altri, dispone in qualsiasi momento dell’accesso fisico ed economico ad un’alimentazione adeguata o ai mezzi per procurarsela». Il cammino è lungo, Expo può essere un’occasione per compiere un passo verso questo traguardo. maggio 2015 Scarp de’ tenis

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SOMMARIO

Foto Caritas Internationalis - Spedizione in abbonamento postale 45% articolo 2, comma 20/B, legge 662/96, Milano

LA STORIA

FUORI DAL CARCERE: QUALE FUTURO PER I “RAGAZZI CATTIVI”?

GIANRICO CAROFIGLIO I DIECI COMANDAMENTI RACCONTATI DA GRANDI SCRITTORI

strada le della

Il mensi

www.scarpdetenis.it maggio 2015 anno 20 numero 191

Dividere per moltiplicare LA PRESENZA DI CARITAS A EXPO 2015 TESTIMONIANZA E DENUNCIA CONTRO TUTTE LE SITUAZIONI DI SPRECO, SFRUTTAMENTO E MALNUTRIZIONE

L’edicola, il pane e il numero speciale di Scarp de’ tenis per Expo Tanto abbiamo scritto sulla presenza di Caritas in Expo. Anche in questo numero un ampio dossier sul tema Dividere per moltiplicare, ovvero il cuore della comunicazione Caritas per la grande esposizione universale. E in qualche maniera

anche Scarp sarà protagonista a Expo 2015, con un agile numero speciale di otto pagine che sarà distribuito a tutti coloro che visiteranno l’edicola Caritas. Ma non solo. Come forse saprete all’interno dell’edicola sarà esposta l'installazione Energia, datata 1973, dell'artista Wolf Vostell. Una Cadillac, simbolo di un consumismo sconsiderato, cinta di pane avvolto in un giornale, bisogno primario, correttivo e medicamento per ricostruire l'equilibrio interiore. Ebbene. Sarà proprio una copia speciale di Scarp de’ tenis

ad avvolgere i pani che fanno parte dell’installazione del grande artista tedesco. Scarp così, per una volta, si trasforma in opera d’arte. Un bel segno per un giornale come il nostro che si innerva nelle storie di strada. E che, come Vostell interpretava il giornale, in certa misura diventa bisogno primario e medicamento – con la “lente correttiva” dell’occasione di reddito – per molte esistenze ai margini. Vi aspettiamo all’edicola Caritas, all’interno di Expo, nei pressi del Padiglione Zero. Sarete i benvenuti!

E allora gli zingari guardarono il mare e restettero muti perché niente da dover capire, niente da stare a parlare, niente da stare a

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rubriche

servizi

PAG.7 (IN)VISIBILI di Paolo Lambruschi PAG.9 IL TAGLIO di Piero Colaprico PAG.11 PIANI BASSI di Paolo Brivio PAG.12 LA FOTO di Phillip Gibbs PAG.14 PENNE PER SCARP di Gianrico Carofiglio PAG.20 LE DRITTE DI YAMADA di Yamada PAG.21 VISIONI di Sandro Patè PAG.51 POESIE PAG.53 VOCI DALL’AMERICA di Damiano Beltrami PAG.65 SCIENZE di Federico Baglioni PAG.66 IL VENDITORE DEL MESE

PAG.21 LA STRIP Il ritorno di Paputsi PAG.22 L’INTERVISTA Dodi Battaglia: «Mia moglie, i Pooh e Tommy Emmanuel» PAG.24 COPERTINA Caritas a Expo: nuriamo il pianeta PAG.32 MILANO Dopo il carcere, quale futuro per i ragazzi cattivi? PAG.36 SUD Bimbi oncologici, in vacanza con il sorriso PAG.38 LA STORIA Vivere con la Sla, la vita meravigliosa di Maria Luisa PAG.41 VICENZA Il Vicenza Calcio in campo contro la povertà PAG.42 TORINO “Materiali di ScARto”, arte per tutti PAG.44 GENOVA Prossimità, un festival per dare voce PAG.47 VENEZIA Carta di Sant’Erasmo, il manifesto dei senza dimora PAG.48 RIMINI Farmaci on line, benvenuti nel far west PAG.54 VENTUNO Il mantra della flessibilità e le regole del lavoro PAG.61 CALEIDOSCOPIO Incontri, laboratori, autobiografie PAG.62 NAPOLI Mimmo, Vito e Raffaele, seminaristi in redazione PAG.63 SALERNO La primavera di Fabian e Anabela PAG.64 COMO Biblioteca, un luogo accogliente per gli homeless

Redazione di strada e giornalistica via degli Olivetani 3, 20123 Milano tel. 02.67.47.90.17 fax 02.67.38.91.12 scarp@coopoltre.it

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Scarp de’ tenis maggio 2015

Direttore responsabile Stefano Lampertico Redazione Ettore Sutti, Francesco Chiavarini, Paolo Brivio

Segretaria di redazione Sabrina Montanarella Responsabile commerciale Max Montecorboli

Redazione di strada Roberto Guaglianone, Antonio Mininni, Lorenzo De Angelis, Alessandro Pezzoni

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da

lla stra sile de

Il men

aforisma di Merafina Nel deserto L’unica cosa che mi fa compagnia è la mia ombra

www.scarpdetenis.it febbraio anno 19 numero 188

Cos’è

é subito intesero che lì non c'era niente, a parlare c'era solo da stare, fermarsi e ascoltare Gli zingari - Enzo Jannacci

Scarp de’ tenis è un giornale di strada noprofit nato da un’idea di Pietro Greppi e da un paio di scarpe. È un’impresa sociale che dà voce e opportunità di reinserimento a persone senza dimora o emarginate. È un’occasione di lavoro e un progetto di comunicazione.

Dove vanno i vostri 3,50 euro Vendere il giornale significa lavorare, non fare accattonaggio. Il venditore trattiene una quota sul prezzo di copertina. Contributi e ritenute fiscali li prende in carico l’editore. Quanto resta è destinato a progetti di solidarietà.

Per contattarci

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TOP 15

Città per numero di visitatori 1 2 3 4

34 Foto Philip Gibbs, Cristian Dossena, Osvaldo Gago Disegni Sergio Gerasi, Giampaolo Zecca, Alessandro Mazzetti, Gianfranco Florio, Luca Usai

dati 2015, fonte: Euromonitor international

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Honk Kong Singapore Bangkok Londra Parigi Macao New York Shenzhen Kuala Lumpur Antalya Istanbul Dubai Seul Roma Milano

Progetto grafico Francesco Camagna Sito web Roberto Monevi Editore Oltre Soc. Coop. via S. Bernardino 4, 20122 Milano Presidente Luciano Gualzetti

Direzione e redazione centrale - Milano Cooperativa Oltre, via degli Olivetani 3 tel. 02.67479017 scarp@coopoltre.it Redazione Torino Casamangrovia, corso Novara 77, tel. 011.2475608 scarptorino@gmail.com Redazione Genova Fondazione Auxilium, via Bozzano 12 tel. 010.5299528/544 comunicazione@fondazioneauxilium.it Redazione Verona Il Samaritano, via dell’Artigianato 21 tel. 045.8250384 segreteria@ilsamaritanovr.it Redazione Vicenza Caritas Vicenza, Contrà Torretti 38 tel. 0444.304986 scarp@caritas.vicenza.it Redazione Venezia Caritas Venezia, Santa Croce 495/a tel. 041.5289888 info@caritasveneziana.it Redazione Rimini Settimanale Il Ponte, via Cairoli 69 tel 0541.780666 rimini@scarpdetenis.net Redazione Firenze Il Samaritano, via Baracca 150/e tel. 055.3438680 samaritano@caritasfirenze.it Redazione Napoli Cooperativa sociale La Locomotiva Via Pietro Trinchera n. 7 scarp@lalocomotivaonlus.org Redazione Salerno Caritas Salerno, Via Bastioni 4 tel.089 226000 caritas@diocesisalerno.it

Registrazione Tribunale di Milano n. 177 del 16 marzo 1996 Stampa Tiber via della Volta 179, 24124 Brescia

Consentita la riproduzione di testi, e foto citando la fonte. Arretrati al doppio prezzo di copertina. Questo numero è in vendita dal 3 al 30maggio 2015 maggio 2015 Scarp de’ tenis

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(IN)VISIBILI

I profughi ci usano per quel che siamo: un molo nel Mediteranneo Anche gli africani si informano, sanno che abbiamo politici che strillano di Paolo Lambruschi all’invasione appena vedono Il centro di accoglienza del Brennero è pieno di i barconi arrivare profughi. È la spia che gli invi- nel canale di Sicilia sibili sbarcati dai gommoni e dai e italiani vigliacchi barconi stanno attraversando l’ex Belpaese per andare in Euro- che protetti pa. Da quando l’hanno aperto a dall’anonimato metà dicembre sono passate dei social 1750 persone, in soli quattro giorni tra il 19 e il 22 aprile ne era- inneggiano no passati 450. Ragionevole pen- ai naufragi

sare che ora siano a quota 2000.

Chi sono? Perlopiù africani del Sahel e del Corno che vogliono raggiungere la Germania, se sfuggiranno

alle pattuglie della polizia di frontiera austriaca che vogliono respingerli in Italia, terra di primo approdo e che quindi, per l’assurdo regolamento di Dublino diventa la loro prigione. Anche se poi ci sono altri accessi per questa strana fortezza Europa che non vuole accogliere i disperati, ma poi è costretta a farlo per non perdere la faccia. Qui non ne ne restano molti, crica un terzo degli arrivi. E il Brennero è la

spia della situazione che stiamo vivendo. Anche gli

africani si informano, sanno che abbiamo politici che strillano all’invasione appena vedono i

scheda

Paolo Lambruschi è nato a Milano nel 1966. Lavora ad Avvenire, come capo degli interni, dopo essere stato per tanti anni inviato. Ha diretto Scarp de’ tenis e il mensile di finanza etica Valori. Nel 2011 ha vinto il prestigioso premio giornalistico “Premiolino” per le inchieste sul traffico di esseri umani nel Sinai.

barconi arrivare nel Canale di Sicilia e italiani vigliacchi che protetti dall’anonimato di Facebook o di qualche social network inneggiano ai naufragi perché così «ce ne sono 700 in meno da mantenere». Soffermiamoci un attimo, non sottovalutiamoli anche se sono la versione 3.0 dei nazisti dell’Illinois così ben delineati nell’immortale Blues Brothers.

Stiano tranquilli, le famiglie con bambini, i ragazzi e le ragazze in fuga da guerre e persecuzioni in Africa e nel Medio Oriente ci usano solo per quello che siamo diventati, un gigantesco molo nel Mediterraneo.

È il frutto di decenni di politica all’altezza di tali menti e cuori, non contiamo più molto. Chissà se queste teste e questi cuori vuoti, disposti a uno scivolamento inarrestabile verso il basso pur di avere un “mi piace”, si ricordano che noi italiani – anche e soprattutto i loro antenati – siamo andati dalle loro parti circa ottant’anni fa a “portare la civiltà” cantando Faccetta nera sarai romana. Immagino di no, sarebbe chiedere troppo.

Per fortuna che poi leggi di tre senza dimora (tutti nordafricani) che una sera su un treno dalle parti di Piacenza hanno fermato uno stupratore (anch’egli maghre-

data dai nostrani nazisti dell’Illinois 3.0: 1) avevo ragione, i treni italiani sono pieni di senza dimora; 2) avevo ragione, quelli dei barconi sono tutti stupratori; 3) avevo ragione, vedi quanta gente viaggia senza pagare il biglietto.

A me viene da pensare invece che su un treno italiano di sera ci vogliono tre persone che non hanno nulla da perdere, tre invisibili per vedere fermato un criminale. Chissà gli altri passeggeri da che parte avevano voltato la testa. Per fortuna poi leggi che 160 ragazzi faranno sei mesi di servizio civile all’Expo con la Caritas e altre organizzazioni e altri sei al servizio dei poveri. E che nel 2017 dovrebbero esser pronti bandi per 100 mila giovani all’anno per dedicarsi al servizio della comunità. Vuol dire che il grande albero piantato 45 anni fa dall’obiezione di coscienza e 70 anni prima dai partigiani che ci hanno dato la libertà sta ancora dando frutti, Vuol dire che

parole desuete come solidarietà e partecipazione verranno tramandate. Alla faccia dei vari nazisti dell’Illinois, sconfitti dalla storia, questo tornerà ad essere il Belpaese.

bino) che aveva appena violentato una ragazza. Immagino l’interpretazione di questa notizia maggio 2015 Scarp de’ tenis

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IL TAGLIO

Fino a prova contraria siamo (e restiamo) expo ottimisti Qualcuno ricorda i 500 milioni di euro buttati via per rendere degno di un faraone metafisico il ricevimento dei potenti della terra nel G8 nella bellissima punta della Maddalena? E lo

di Piero Colaprico

scandalo della ricostruzione del terremoto dell’Aquila, con gli imprenditori che ridono nella notte sulle sciagure altrui e la cricca già pronta ad appoggiarli? Il Mose? Il Mose sembra già preistoria, lassù nella laguna veneta, molti hanno patteggiato, puf, lo scandalo è scomparso con la rapidità del mago Silvan. Ora, come se non fossimo in quest’Italia, e cioè l’Italia che dopo Tangentopoli ha creato pochissime leggi per abbattere la corruzione e l’evasione fiscale,

molti smemorati si dedicano alla crocefissione dell’Expo. E, attenzione, nessuno

sta dicendo che ogni soldo speso sia stato speso nel modo migliore, né che i tempi di costruzione siano stati perfetti, ma proviamo

scheda

Piero Colaprico (Putignano 1957), giornalista e scrittore, vive a Milano dal 1976. È inviato speciale di Repubblica, si occupa di giustizia e di cronaca nera. Ha scritto alcuni romanzi, tra cui Trilogia della città di M. (2004), vincitore del Premio Scerbanenco. Una penna tagliente. Come questa rubrica che cura per Scarp.

a far capire ai più pessimisti, e a chi va cercando scandali per il gusto di sfasciare, perché almeno sinora Expo, rispetto alle pagine nere della Maddalena, del terremoto abruzzese, del Mose, è una pagina bianca. Punto primo. I faccendieri sono stati abbattuti dalla procura di Milano. Due per-

sonaggi già comparsi negli anni Novanta nelle inchieste Mani pulite, e cioè l’ex democristiano Gianstefano Frigerio e l’ex comunista Primo Greganti, d’accordo con un ex socialista, s’erano messi tutti insieme per pilotare gli appalti. L’antimafia coordinata da Ilda Boccassini li ha beccati, la condanna c’è già stata. Come lo-

na, rassegniamoci). Punto terzo. Il governo, ve-

Pensiero da laico: se il cibo è comunicazione un Dio che t’invita a cena forse vuole dirti che non di solo chef vive l’uomo

ro, alcuni manager legati alla Regione e all’Expo hanno incontrato i detective. Lo stesso è capitato all’ingegner Acerbo, apprezzato da destra e da sinistra: out. Adesso? Adesso chi si muove per “rubare” non crede di avere coperture, né dalla politica, né dalla magistratura. Punto secondo. La prefettu-

ra ha lanciato una specie di “modello Milano” dei controlli dentro i cantieri: e nu-

merose imprese con gangster nel consigli d’amministrazione, o nel capitale, o nella forza lavoro, sono state estromesse. Se sono soldi dello Stato, lo Stato sceglie con chi lavorare e con chi no. Il principio, durissimo, è passato al vaglio dei tribunali amministrativi. Le “interdittive”, così si chiamano, hanno superato quota settanta. Gli esperti dell’anticrimine ipotizzano che l’Expo sia Mafia free (qui parlano tutti all’america-

dendo e prevedendo scandali legati alla corruzione, ha creato un’Autorità (Anac) e l’ha affidata al magistrato Romano Cantone: gli appalti,

i nuovi appalti, sono stati passati ai raggi X. Tutto ciò, rispetto al passato, com’è? Positivo, o negativo? Senza contare che per Expo sono accreditati – così si dice – 30 mila giornalisti, che potranno farsi ciascuno la sua idea, condividerla con i rispettivi capiredattori e direttori, elaborare infine ciascuno una visione di Expo. Dell’Expo

di Milano. Potranno, potremo parlare, dire la nostra.

Che cosa resterà delle parole di chi su Expo ha soprattutto gettato fango, disprezzo, “monnezza”, con poche verifiche e analisi giornalistiche, nessuno può prevederlo. Siamo agli inizi. Ma tra sei mesi ognuno di quei 30 mila accreditati non tacerà. Magari si occuperà di Expo parlando da una prospettiva piccolissima, oppure volando altissimo, sulla fame nel mondo e su come abbattere l’eccesso di differenze tra i popoli del pianeta terra. Sarà interessan-

te leggere, tradurre, confrontare.

Da laici, in fondo, si può ricordare che quel “beati gli invitati alla Cena del Signore” non sta solo alla base della cristianità: se il ci-

bo è comunicazione, un Dio che t’invita a cena forse vuole dirti che non di solo chef vive l’uomo. Che l’Expo non è Disneyland. Che il giornalismo non prevede obbligatoriamente lo sfascio di quanto – ricordate i tre punti – si fatica a costruire, in un’Italia come la nostra, dove si auto-assolvono in maggio 2015 Scarp de’ tenis

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FRATELLI DI SAN FRANCESCO S D’ASSISI

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“Il vero potere è il servizio. Biisogna custodire la gente, aver cura di ogni persona, con amore, m specialmente de ei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più ù fragili e che spesso ssono nella periferia del nostro cuore.” Papa Francesco

La Fondazione Fra atelli di San Francesco d’Asssisi Onlus, offre accoglienza e assistenza alle persone in stato di bisogno e ugp|c"Þuuc"fkoqtc."cfwnvk."cp|kcpk"g"okpqtk."rtqowqxgpfqpg"nc"nqtq"fkipkv 0 In un anno abbiamo offer to un letto ad oltre 4.160 persone, distribuito oltre 1 milione di pasti, offer to accoglienza a 311 minor ori, assistito 7.110 anziani, offer to 43.350 visite mediche, incontratto con l’wpkv " oqdkng" pqvvwtpc" 450537" rgtuqpg, 5450772" ugtxk|k" fk" fqeeg" g" iwctfctqdc ed offer to corsi di italiano, di infforrmatica, rmatica orientamento al lavoro, assistenza legale e previdenziale, suppor to psicologico e sociologico.

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Co onto Corrente CC CP n. 27431279, intestato a Fonda azione Fratelli di San France esco d’’Assisi Onlus

Fond dazione e Associazione - Onlus Via della d Moscova, 9 - 20121 Milano - Tel. 02 625459 info@ @fratellisanfrancesco.it - www.fratellisa anfrancesco.it

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Ringraziamo:


PIANI BASSI

Pietanze in vetrina, troppi Adrian nel retrobottega

di Paolo Brivio

scheda

Paolo Brivio, 48 anni, si è appassionato ai giornali ai tempi dell’università. E ha coniugato questa passione-professione con l’esplorazione dei “piani bassi” della nostra società. Direttore di Scarp dal 2005 al 2014, oggi fa il sindaco: pro tempore, perché rimane “giornalista sociale” in servizio permanente effettivo

«La busta paga di Adrian è un’agendina in pelle marrone, con fitte e sgrammaticate annotazioni a penna. Nella colonna a sinistra, dal lunedì alla domenica compresa, le giornate lavorative. In quella a destra, gli acquisti effettuati dal proprietario del fondo presso cui Adrian lavora in nero, e che vengono sottratti al salario. La paga è 25 euro al giorno, mezza giornata 12 euro e 50 centesimi. Non 13: 12 e 50. È un tipo preciso, il datore di lavoro di Adrian: il 6 novembre sottrae dal compenso il pane, il 7 novembre 15 euro di ricarica telefonica, il 12 novembre ancora pane e medicinali. (…) Adrian vive da segregato presso l’azienda per cui lavora, e da cui non esce quasi mai. Oltre all’impegno in serra, svolge il ruolo di custode, incarico che non risulta in nessuna colonna di dare e avere. È un tipo preciso, il datore di lavoro di Adrian. Ma solo quando conviene a lui». Lunga introduzione, ma è per dare l’idea. L’idea di cosa accade nei campi italiani. Dove lavorano (stima Cgil) dalle 70 alle 100 mila persone straniere. Stagionali. Perlopiù irregolari. Perlopiù sfruttate. Se non schiavizzate. L’esercito non risulta Ai piani nobili della mediasfera in cui è avvolta l’intera nostra esistenza, si posizionano in queste settimane i contenuti e i protagonisti di Expo Milano 2015. Ogni media, classico o social che sia, esplora segreti e riverbera meraviglie di un’esposi-

zione universale chiamata a chiarire come si potrà, nel ventunesimo secolo, “Nutrire il pianeta”, liberando “Energia per la vita”. All’Expo ci siamo arrivati all’italiana: col fiatone, dopo una rocambolesca gimcana tra ritardi, errori progettuali, promesse tradite, corruzioni annunciate e mantenute. Adesso peraltro è bene che dell’Esposizione si faccia tesoro: non solo perché un grande paese (forse lo siamo ancora) deve saper gestire grandi eventi. Ma anche perché il tema è trop-

po importante perché venga

Nelle campagne italiane, quasi centomila braccianti stagionali. Molti stranieri. Irregolari. Sfruttati. Schiavizzati. Si apre l’Expo delle eccellenze alimentari: l’Italia apparecchia per il mondo. Ma la nostra agricoltura mostra inquietanti angoli bui

tradotto e banalizzato in una sorta di Masterchef globale, vetrina planetaria di pietanze smaltate, in cui il cibo è materia di piacere genuflesso alle mode e di consumo dettato dalle imprese multinazionali, anziché diritto umano fondamentale. Come anzitutto dovrebbe essere e purtroppo continua a non essere, per centinaia di milioni di esseri umani. E così, mentre ci sediamo alla tavola del mondo,

non dimentichiamo i piani bassi. Frequentati dai tanti Lazzaro che il cibo lo vedono a briciole, col binocolo. E non nascondiamoci gli angoli bui, a cominciare da quelli che infestano il cortile di casa, il retrobottega rurale del Belpaese dalle tante – e giustamente celebrate – eccellenze alimentari. I piani bui, dove seminano e raccolgono schiavi sfiancati: mica un pugno di persone. Il numero

di questi braccianti ci dovrebbe far raccapricciare. I

fatti violenti tra gli aranceti di Rosarno, cinque anni fa, aprirono squarci di verità. Ma l’esercito degli sfruttati resta nell’ombra. Non risulta (alla politica, a chi decide l’economia). Non risulta. Come Adrian e il suo lavoro. Storia rac-

colta da Presidio, progetto Caritas in dieci territori italiani, da

Saluzzo a Ragusa, contro lo sfruttamento in agricoltura. Abbiamo apparecchiato un’Expo, per nutrire e ingolosire il mondo: ma c’è una legione di Adrian nel sottoscala della cucina. Non possiamo esserne fieri. maggio 2015 Scarp de’ tenis

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Caritas in Italia

28 mila

1.300.000

Dati estratti da una ricerca del 2013

Volontari

Interventi di aiuto

12 Scarp de’ tenis maggio 2015


LA FOTO

di Phillip Gibbs

scheda

Donne: sviluppo in ogni campo È il tema della mostra fotografica promossa da Caritas che sarà esposta per i sei mesi di Expo all’esterno dell’edicola Caritas.

Nella foto di Phillip Gibbs (Caritas Aotearoa, Nuova Zelanda) Laxmi Salma istruisce un gruppo di donne, in Nepal, sui temi legati alla coltivazione della terra

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Interventi di orientamento

Persone e famiglie aiutate

In molte parti del mondo le donne hanno un accesso più difficile, rispetto agli uomini, a risorse come il credito, l’istruzione e la terra, sebbene siano le principali produttrici di cibo a livello mondiale. Se riuscissimo a cancellare questa discriminazione , non avremmo migliaia di persone a rischio fame.

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Gianrico Carofiglio, non dire falsa testimonianza

Divieto di mentire

di Gianrico Carofiglio

Abbiamo chiesto a dieci grandi scrittori un racconto per ogni comandamento. Sul prossimo numero Non avrai altro Dio all’infuori di me di Domenico Starnone

scheda

Gianrico Carofiglio (Bari, 1961) è stato a lungo un pubblico ministero, specializzato in indagini sulla criminalità organizzata. Nel 2007 viene nominato consulente della commissione parlamentare antimafia e dal 2008 al 2013 è senatore della Repubblica. Esordisce nella narrativa nel 2002 con Testimone inconsapevole. Tra le altre opere di narrativa e saggistica: Il passato è una terra straniera, Né qui né altrove, Il silenzio dell'onda, Cacciatori nelle tenebre, Il paradosso del poliziotto, Non esiste saggezza, L'arte del dubbio, Il bordo vertiginoso delle cose, La casa nel bosco (scritto con il fratello Francesco), Una mutevole verità, La regola dell'equilibrio.

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Chi meglio di Gianrico Carofiglio, ex magistrato, poteva dare il suo contributo in merito al comandamento Non dire falsa testimonianza. Ed infatti l’autore e l’editore Rizzoli ci hanno gentilmente concesso di pubblicare una parte di un capitolo del romanzo di Carofiglio Il bordo vertiginoso delle cose dove il settimo comandamento è ampiamente trattato. Il libro, pubblicato nel 2013 da Rizzoli e riproposto nell’edizione Vintage nel 2014, ha come protagonista Enrico, personaggio dolorosamente umano, che ripercorre e rilegge il suo vissuto di adolescente , le amicizie, le paure e gli insegnamenti con gli occhi e la consapevolezza dell’adulto.

*** «La parola etica nasce con Aristotele ma i temi etici esistono nella cultura greca da molto prima. Discussioni di tipo morale sono presenti nei poemi omerici, nella tragedia e diventano apertamente filosofiche proprio con i sofisti. Prima di loro la questione del giusto e dell’ingiusto veniva risolta in modo semplice. Giusto era quello che stabilivano le leggi dello Stato dettate dagli dèi, ingiusti i comportamenti che si ponevano in contrasto con quelle leggi. I sofisti però, attraverso un’indagine che oggi definiremmo sociologica, mettono a confronto le varie leggi dei diversi Stati e scoprono che spesso ciò che è giusto per uno Stato non lo è per un altro e viceversa». Ci diede il tempo di elaborare il concetto e poi continuò. «Se le leggi fossero dettate dagli dèi dovrebbero essere identiche per tutti. Siccome non è così, possiamo concludere che leggi e morale dipendono dall’ambente in cui vengono elaborate e in sostanza sono un prodotto della società, della cultura, dell’economia e non verità assolute e

rivelate dagli dèi, chiunque essi siano. Prendiamo una regola sulla quale dovremmo essere tutti d’accordo, in astratto: il divieto di mentire. Si tratta di una regola dal valore assoluto? È inderogabile, o a certe condizioni è consentito, se non moralmente obbligatorio, non dire la verità? » Si alzarono più voci, in una polifonia di opinioni, commenti, esclamazioni. Colsi un movimento di Salvatore, forse solo un’espressione, come se anche lui fosse stato sul punto di dire qualcosa e poi avesse rinunciato. «È credibile qualcuno che affermi di dire sempre la verità? E soprattutto è desiderabile un comportamento del genere, ammesso che esista? Chiedetevi quante bugie avete detto negli ultimi giorni, o anche soltanto nelle ultime ore “ questo lo disse guardandomi negli occhi” e domandatevi quali di queste bugie fossero una violazione della legge morale che vieta la menzogna, quali fossero innocue, quali fossero moralmente obbligatorie». «Come fa una bugia a essere moralmente obbligatoria?» chiese qualcuno. «Immaginiamo una situazione. Siamo nel 1944, in territori occupati dai nazisti. Una famiglia ebra in fuga dai rastrellamenti bussa alla porta della vostra casa di campagna e vi chiede rifugio. Voi li fate entrare, date loro da mangiare, li sistemate in cantina o nella mansarda o dove vi pare. Poco dopo qualcuno bussa di nuovo alla porta. Questa volta si tratta della pattuglia di militari delle ss, il loro capo vi chiede se abbiate visto ebrei in fuga e se ne sia qualcuno da voi, ammonendovi sul fatto che bisogna dire la verità a ufficiali delle ss nell’esercizio delle loro funzioni. Cosa fate?» Ci fu una cacofonia di voci ma tutte dicevano, come è ovvio, la stessa cosa anche se in modi di-


PENNE PER SCARP

Se le leggi fossero dettate dagli dèi dovrebbero essere identiche per tutti

lemma. Se diciamo la verità condanniamo a morte gli ebrei- per non dire del rischio cui esponiamo noi stessi. Se mentiamo, violiamo il precetto di dire sempre la verità. Come si esce da questo dilemma?» Il brusio diventò quasi un rumore di piccola folla. In molti erano in procinto di parlare per provare a rispondere a quella domanda. «Bisogna vedere quali sono gli interessi concreti in gioco, bisogna vedere qual è il più importante. Se un’azione astrattamente immorale come mentire serve a salvare delle vite umane, allora diventa morale in concreto» dissi parlando veloce, per evitare che qualcuno potesse arrivare prima di me. Celeste accennò un sorriso, in bilico fra ammirazione e ironia. Mi parve che tutti gli altri scomparissero, che le altre voci sfumassero e che in quell’aula, uno di fronte all’altra, fossimo rimasti solo lei e io. Non potrò mai dimenticare la sua faccia, e mi veniva da piangere per quanto era bella e se in quel momento mi avessero chiesto di esprimere un desiderio avrei detto che volevo passare tutta la vita con lei. «Molto bene, Vallesi, vedo che l’incidente stradale non ha danneggiato la tua capacità di ragionamento. È così» aggiunse tornando a rivolgersi alla classe, «le scelte etiche si fanno in base a regole generali, che peraltro possono variare da società a società, e operando una comparazione in concreto degli interessi in gioco. Il metodo - e lo spirito - di ragionamento che ci consente di fare un’affermazione del genere nasce con i sofisti ed è questo il motivo per cui oggi li studiamo e non dovremmo dimenticarli». Illustrazione di Giampaolo Zecca

versi. Nessuno avrebbe rivelato ai nazisti di aver accolto ebrei. «Bene, direi che su questo punto siamo tutti d’accordo. Non diciamo la verità ai nazisti e così salviamo – o cerchiamo di salvare – gli ebrei che ci hanno chiesto aiuto e si sono affidati a noi. Ma come la mettiamo con l’obbligo di dire la verità? Un grande filosofo che studierete in terza liceo, Kant, sosteneva che mentire non è mai lecito e che la menzogna - ogni menzogna - è un’ingiustizia contro i diritti dell’umanità intera. In questo caso ci troviamo di fronte a un di-

© 2013 RCS Libri S.p.A., Milano maggio 2015 Scarp de’ tenis

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IN BREVE

europa 2015 Anno europeo per lo sviluppo

di Enrico Panero Il 2015 è un anno speciale per lo sviluppo. È l’anno in cui si sarebbero dovuti raggiungere gli obiettivi del Millennio concordati nel 2000 dall’Onu e in cui, invece, la comunità internazionale dovrà accordarsi sul futuro quadro globale per l’eliminazione della povertà e lo sviluppo sostenibile. E lo sviluppo è anche il tema dell’Anno europeo, iniziativa attraverso la quale fin dal 1983 l’Unione Europea si propone di «sensibilizzare a certe tematiche, favorire il dibattito e cambiare gli atteggiamenti». Per la prima volta, nel 2015 l’Anno europeo è dedicato all’azione esterna e al ruolo dell’Ue nel mondo. Nato da una proposta della rete europea Concord, che rappresenta circa 1.800 Ong di cooperazione allo sviluppo, l’Anno europeo 2015 intende coinvolgere i cittadini, specie i giovani, nel dibattito sul tema “Il nostro mondo, la nostra dignità, il nostro futuro”, organizzando in tutta l’Ue una serie di attività promosse anche nei social media che seguono un calendario tematico: ad esempio, maggio è dedicato a “pace e sicurezza”, giugno a “crescita sostenibile e lavori dignitosi”, ottobre alla “sicurezza alimentare”. Ciò che è importante, sottolineano i promotori della rete Concord, è che l’Anno europeo 2015 non sia centrato solo sull’aiuto fornito dall’UE (primo donatore mondiale), ma anche sulle scelte di vita di ognuno, «per promuovere tra i cittadini in Europa e nei Paesi in via di sviluppo un senso di comune responsabilità, solidarietà e opportunità in un mondo sempre più interdipendente». info: europa.eu/eyd2015/it

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A Gangi il primo percorso sensoriale per non vedenti Gangi è uno dei borghi più belli d’Italia, in provincia di Palermo, sulle Madonie. Qui è stato realizzato il primo percorso sensoriale siciliano per non vedenti attraverso un sistema di audio-guide

ti che da persone non vedenti, è disponibile in tre lingue: italiano, inglese e spagnolo. Inoltre all’interno dell’ufficio turistico e del museo di palazzo Sgadari sono stati collocati due “totem” informativi compresi di audio-guida multimediale con duecento foto per chi ha difficoltà a fare il percorso a piedi. Ogni monumento di Gangi ha la descrizione in braille.

interattive. Sono 50 i punti di interesse turistico da visitare grazie a venti audio-guide ad attivazione automatica GPS e infrarossi. Il sistema, che potrà essere utilizzato sia da ipoveden-

Info comune.gangi.pa.it

street art Anche in Italia arrivano i tour per conoscere l’arte di strada Gli Street art tour, sull’esempio delle metropoli americane ed europee, sono da poco approdati in Italia. Un’occasione per conoscere la street art da punti di vista diversi: il focus infatti, oltre al valore dell'opera, punta a far risaltare la legalità, la salvaguardia degli spazi pubblici e il concetto di arte fruibile gratuitamente da tutti. E dopo Milano anche Napoli, Torino, Bologna, Roma, Palermo e Genova. Il Napoli Paint Stories, il tour turistico fra murales, stencil, slogan e poster di artisti internazionali e non, come Banksy, C215, Zilda, Miedo, Cyop & Kaf eAlice Pasquini. A Torino l’avventura dello Street art tour è nata un anno fa con l'obiettivo di raccontare l’evoluzione delle opere di strada e la storia degli artisti che le hanno realizzate. Ma qualcun altro ha optato per la bicicletta: a Palermo, Bologna e Gaeta si organizzano giornate dedicate ad ammirare i graffiti sparsi nelle città. E a Bologna il tour dei murales si può fare anche in autonomia, grazie alla mappa BolognastreetartMAP.

on

off

Milano è la prima città d'Italia a ricevere l'investitura di Città del Libro dal network nazionale che mette insieme le principali esperienze di promozione della cultura del libro, esistenti nel Paese. Da marzo a ottobre 2015 si stanno svolgendo in città diverse manifestazioni legate al libro. A maggio è la volta di Bibliopride: la quinta giornata nazionale delle biblioteche. La scelta della città di Milano nell’anno in cui si svolge l’Expo vuole sottolineare l’aspetto internazionale della manifestazione che già nelle precedenti edizioni ha raccolto l’adesione della rete degli Istituti Italiani di Cultura all’estero. Il Bibliopride sarà un grande evento collettivo, che dal 23 maggio al 6 giugno, oltre che a Milano sarà esteso in tutta Italia, vedrà centinaia di biblioteche dar vita a un ricco calendario di incontri, aperture straordinarie, visite guidate e seminari sulle nuove sfide che le biblioteche si trovano ad affrontare. Il testimonial del Bibliopride 2015 sarà Daniel Pennac.

Il lato B dei nativi digitali è rappresentato dai 452 mila giovani mai su Internet, secondo una ricerca Ipsos-Save The Children. Da un lato i perennemente online che si danno in pasto a WhatsApp senza tutelare la propria privacy e senza conoscere i rischi che ciò comporta, dall'altro i “disconnessi”: 452 mila adolescenti residenti in Italia che non hanno mai avuto accesso ad Internet (11,5%). La presenza di adolescenti disconnessi è maggiore nelle famiglie che dichiarano di vivere in condizioni economiche insufficienti (22,7%) o con risorse scarse (14,2%). Disconnessi da Internet, ma anche da altre opportunità educative e culturali: tra coloro che non hanno mai usato Internet sono 269 mila i ragazzi che non hanno letto neppure un libro.

Un testimonal per festeggiare l'orgoglio delle biblioteche

Fra i nativi digitali sono ancora troppi a restare indietro


[ pagine a cura di Daniela Palumbo ]

I viaggi con l’impronta ecologica

Due mostre, apre a Milano il Museo delle Culture Nasce, dopo 12 anni di rinvii, il Mudec, il museo delle culture a Milano. Subito due appuntamenti importanti. Il primo è con l’Africa. La terra degli spiriti è una mostra monumentale dedicata all’arte africana dal Medioevo a oggi. La seconda mostra, Mondi a Milano, racconta come la città di Milano abbia accolto e divulgato al grande pubblico le diverse culture

Nasce un nuovo sito dedicato alle vacanze ecofriendly: Ecobnb, il portale dedicato ai viaggi rispettosi dell'ambiente e delle comunità locali che li abitano. Cliccando su Ecobnb.com si può prenotare una casa sull'albero o un antico borgo trasformato in albergo diffuso dove la vita scorre al ritmo della natura. Ci sono proposte di itinerari di viaggio lenti, come ad esempio il trekking con gli asini per chi ha bambini, ma si possono anche scoprire modalità alternative di soggiorno: diventare contadino per un giorno e ricevere ospitalità gratuita in fattoria, o avere info su come ridurre l'impronta ecologica in vacanza. Lo spirito con cui nasce Ecobnb è quello di contribuire a proteggere l'ambiente. Info ecobnb.com

non europee nel corso dei suoi più importanti eventi espositivi. Info www.mudec.it

mi riguarda Scarp de’ tenis protagonista a Vicenza

pillole homeless Clochard come guide turistiche anche a Praga Anche a Praga i clochard hanno imparato a fare le guide turistiche. La domenica mattina è il momento ideale per fare una passeggiata nei dintorni di Prosek e avere una vista romantica di tutta Praga in compagnia di un senzatetto che di mestiere fa la guida turistica. Ad oggi sono nove i clochard di Praga che fanno parte del progetto “Pragulic”. Ognuno di loro ha creato un tour, prenotabile on line, in base alla propria sensibilità e alle esperienze vissute. Il progetto Pragulic offre anche prospettive turistiche diversificate per i turisti più curiosi e audaci: ad esempio, si possono vivere 24 ore come un senzatetto, oppure per i più piccoli c'è un gioco chiamato Prague Homeless Challenge che ha la finalità di sensibilizzare i bambini sulle difficoltà quotidiane che incontra chi è costretto a vivere in strada. Info www.pragulic.cz

Il Festival Biblico di Vicenza quest’anno ha come tema: Custodire il creato, coltivare l’Umano. Domenica, 31 maggio, in piazza dei Signori, sarà coinvolta la redazione vicentina di Scarp de’ tenis in un progetto di dialogo tra i popoli. Sul palco alle 17 ci sarà l’intervento di Scarp de’ tenis con il reading: Dal Libro dell’Esodo – natura amica, natura ostile – storie di uomini in fuga. La compagnia di Vicenza, guidata dalla regista Manuela Frontoni, racconterà i viaggi dei migranti attraverso il mare, i deserti, le montagne, ma anche attraverso i lavori precari nelle piantagioni dell’Italia e il difficile dialogo nei paesini veneti. Sul palco anche un gruppo di giovani della parrocchia del Cuore Immacolato per arricchire il racconto di suoni e rumori. Alle 18 chiuderà l’evento il concerto del coro Elikia, formato da persone provenienti dai più lontani angoli della terra, dal Congo all’Ecuador e dalla Cina all’Italia. Il coro stesso è una sperimentazione d’integrazione multietnica e i testi dei canti sono proposti in differenti lingue e dialetti. info www.festivalbiblico.it

Lezioni su cultura e commercio di prossimità Un mercato super non è un supermercato: è il titolo di un'iniziativa che il Politecnico di Milano sta portando avanti con l'associazione Dynamoscopio, nell'ambito di un percorso di rigenerazione territoriale attraverso la cultura e il commercio di prossimità. Una serie di lezioni aperte sull'importanza del commercio di prossimità come elisir di rigenerazione territoriale. Sede delle lezioni: il mercato comunale di Lorenteggio, alla periferia della città. Venerdì 29 Maggio 2015, alle ore 15 “Mercati coperti come nuove centralità di quartiere: casi a confronto” con la presentazione di alcuni dei casi di successo di rigenerazione di strutture commerciali coperte in Italia e all’estero, a partire dal lavoro di ricerca degli studenti del Politecnico. Il 19 giugno l'incontro su “Mercati coperti: quale ruolo e quali prospettive?” concluderà la rassegna. Info Facebook: polisocial

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Un particolare della copertina di Fattore H- Slalom di un disabile nella nostra società, il libro di Tyrone Nigretti, edito da Rizzoli

IN BREVE

Abbiamo le prove le donne si raccontano Abbiamo le prove è un sito italiano di non fiction curato da Violetta Bellocchio. Nel 2014 ha vinto il MIA (Macchianera Italian Award) come miglior sito letterario. Una storia vera, una donna alla volta: questo il motto del sito che ha la caratteristica di pubblicare racconti nonfiction ma storie vere, testimonianze in confezione racconto, storie successe alle donne che hanno voglia di raccontarle. Per capire il punto di vista del mondo con gli occhi di una donna. Vengono pubblicati tre testi inediti a settimana. Nel diario si può leggere il bel racconto, fra gli altri, di Paola Malaspina, della redazione di Scarp di Genova. Info www.abbiamoleprove.com

Chi va lento guadagna in qualità di vita Per una settimana proviamo a vivere a ritmi più umani. È quanto propongono dall'associazione L'Arte del Vivere con Lentezza Onlus che annuncia la nona edizione della Giornata Mondiale della Lentezza. Un evento che si prefigge di entrare nel calendario delle nostre abitudini per provare ad ascoltare il ritmo del tempo e ritrovare un modo di vivere più a dimensione umana. Dal 7 al 13 giugno 2015 l'associazione propone piccole azioni che tutti possono mettere in atto per provocare nel tempo dei cambiamenti nella nostra mentalità e nel nostro modo di vivere. L'invito è di creare - con la famiglia, gli amici, i colleghi - un piccologrande evento all'insegna del movimento lento e comunicare l'idea sui social in modo da creare un passaparola digitale. Info www.vivereconlentezza.it

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TRE DOMANDE

La bellezza della vita, compreso il fattore H di Daniela Palumbo

H come handicap. Tyrone Nigretti se lo porta dietro da quando è nato in un ospedale milanese da una madre alcolizzata e tossicodipendente che sperava di uscire dalla droga grazie all’amore di un figlio.

Ma il bambino nascerà cinque mesi e mezzo dopo, troppo presto: due settimane dopo ha un ictus che lo farà restare per sempre sulla sedia a rotelle. Vent’anni dopo Tyrone scrive un libro sulla sua storia, un diario disincantato ma pieno di speranza e della forza della vita. A rendergli la vita più facile, oltre alla grinta che si ritrova, il rap. Poesie di strada dal cuore rabbioso e ironico che lo fanno sentire a casa. La scrittura è il suo modo preferito per interagire con il mondo esterno. Da qui il libro: Fattore H,edito da Rizzoli. L’altra passione, il rap, lo vede lavorare come critico musicale (la sua pagina fb è Fattore H). Il fattore H rende diversi? Il problema non è la diversità in sé ma il senso di

colpa che si prova. Molte famiglie, magari più semplici, chiedono a Dio di guarire i propri figli disabili, per alleviare le sofferenze. Questa preghiera è vissuta dalla persona disabile con senso di colpa perché ti resta il dubbio di essere inadeguato. Il fattore H non si può eliminare, non si deve. Con la disabilità bisogna imparare a conviverci per non ritrovarsi con l’handicap del senso di colpa. Quando capisci che non è una colpa, il fattore H può fortificarti. Rabbia e tenerezza emergono dal libro. Cosa prevale oggi? Ho sempre amato la vita, ho sempre provato tenerezza per quel bambino che a cinque anni era costretto ad assistere ai litigi dei genitori e che si sentiva in colpa di essere nato. Mi fa male ora pensare a quanti Tyrone potrebbero esserci, a quanti vorrebbero qualcuno che li prendesse per mano e gli dicesse che va tutto bene. Il rap come ti ha aiutato? Il rap mi ha fatto capire che è giusto permettersi di essere fragili e che, anzi, è una grande dimostrazione di forza e coraggio.

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LA STRIP

Ogni mese su Scarp c’è il fantastico mondo di Paputsi

Scheda Torna Paputsi. E torna in questa pagina nella strip a sfondo romantico insieme alla sua vanitosa fidanzata Kenka. E il fantastico mondo di Paputsi comincia ad allargare i propri orizzonti. Nella strip, ideata da Davide Barzi e disegnata da Gianfranco Florio e Luca Usai, e in esclusiva per Scarp de’ tenis, conoscerete tanti nuovi personaggi con i quali familiarizzare. E avvicine-

rete i temi di Scarp con l’arma dell’ironia e del sorriso. Perchè Paputsi

Una striscia mensile. Paputsi, storpiatura di Papoútsi (“scarpa” in greco), la scarpa da tennis, è il personaggio principale. Nel fantastico mondo di Paputsi, su questo numero incontriamo e conosciamo Kenka, la scarpina vanitosa fidanzata del protagonista. Potete seguire Paputsi, con tante altre belle sorprese, anche sulla pagina facebook dedicata.

è proprio questo. È la scarpa da tennis trasandata ma non sporca, vissuta ma non vecchia, carismatica ma non arrogante. Paputsi ci prova sempre. Proprio come i personaggi e le storie reali che su Scarp leggete ogni mese.

Abbiamo aperto anche una pagina facebook dedicata a Paputsi, che vi invitiamo a visitare. E vi pre-

sentiamo infine, in questa pagina una tavola preparatoria che dimostra quanto lavoro ci sia dietro alla realizzazione e all’umanizzazione di un personaggio come Paputsi. Continuate a seguirci. Ogni me-

se in questo spazio dedicato torna il fantastico mondo di Paputsi.

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LE DRITTE DI YAMADA

Camminare, tra le parole, a New York negli anni ‘50

Vagavo in libreria tra i titoli di “letteratura di viaggio”, quando ho trovato un piccolo Adelphi di 53 pagine, diviso in modo urbanistico e “americano” in tre “isolati”: a mia (lucida) insaputa, l’inconscio aveva già deciso che m’interessava. Il primo blocco – una brevissima premessa –è assemblato dalle parole della redazione del New Yorker, tra le cui firme l’autore ha pubblicato dal 1938 alla fine della sua vita, nel 1996. Il secondo isolato è “il libro”: nelle intenzioni, il primo capitolo di un memoirche l’autore voleva assolutamente scrivere. Doveva parlare della sua conoscenza quasi paranoide di New York, e di lui, giornalista e scrittore. «A qualunque ora del giorno e della notte posso visualizzare con gran dovizia di dettagli ciò che accade da un capo all’altro della città, in decine di strade, alcune ben conosciute, altre sconosciute». Questo l’inizio dell’intento,che porta la data del 1964. Come molti dei suoi scritti di quegli anni, avrà il destino di non giungere mai a forma finita. Il terzo blocco è uno scritto di Matteo Codignola, traduttore (La Versione di Barney e Follia nel suo palmarès) e scrittore: è lui che compie il prodigio e accende le luci su Joseph Mitchell, «l’incarnazione pura e semplice di un certo tipo di giornalismo americano» e autore di Una Vita per Strada, librino infine estratto dallo scaffale perché venisse a casa con me. «Quello che amo davvero è giron-

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Quello che amo davvero è gironzolare senza meta per la città, camminare giorno e notte per le strade. È più di un piacere – è un’aberrazione

il libro Una vita per strada di Joseph Mitchell

Il 23 maggio 2015 mons. Romero sarà proclamato santo. Fu assassinato a El Salvador il 24 marzo 1980 mentre celebrava messa. Prete scomodo sempre dalla parte degli ultimi. La Emi pubblica due libri: Romero, martire di Cristo e degli oppressi, scritto dal teologo gesuita Jon Sobrino, e La Chiesa non può stare zitta. Jon Sobrino Romero, martire di Cristo e degli oppressi EMI, 17 euro Oscar A. Romero La Chiesa non può stare zitta. Scritti inediti 1977-1980 EMI, 13 euro

La Repubblica dei selfie La scalata all’Italia di Matteo Renzi vista da chi conosce bene la politica italiana. Marco Damilano, inviato di politica dell'Espresso, racconta in sequenza la fine della Repubblica dei buoni maestri, i padri della Costituente, i quali hanno lasciato il posto ai figli: la meglio gioventù della tv a colori. Marco Damilano La Repubblica del selfie. Rizzoli, 18.50 euro

Io sono Adila

[ a cura di Daniela Palumbo ]

di Yamada

zolare senza meta per la città, camminare giorno e notte per le strade. È più di un piacere – è un’aberrazione». Leggo e vedo la soggettiva di Mitchell, la sua naturalezza nell’arrivare – elegante nel completo Brooks Brothers– davanti alla sede del New Yorker a Manhattan dove ha il suo monastico ufficio, e decidere di non entrare, andare oltre e poi mettere ancora un passo davanti all’altro, ininterrotti fino al Bronx Terminal Market o una diroccata panchina sul lungofiume di Brooklyn. «Non mi è mai molto difficile inventare una scusa che giustifichi il mio comportamento. Una giornata insolitamente tetra e nuvolosa è una scusa valida quanto una giornata insolitamente mite e primaverile». Tutto quello che Mitchell registra nelle retine durante i suoi “due passi” lo lascerò eventualmente alla vostra lettura. Camminereste nella New York degli anni ’40-’50 in cui «si aggiravano ancora i magnifici fantasmi cui Mitchell chiede un’ultima posa»: «visionari, freak puri e semplici, allenatori di scarafaggi da corsa». Questi ritratti, mentalmente perfezionati dal Nostro nel suo compulsivo e quotidiano camminare, andranno a comporre il suo capolavoro del 1959, The Bottom of the Heart, “straordinaria elegia per una città sul punto di non esistere più”. Non riesco a chiudere senza immaginare dei caffè serviti a un tavolo del Carnegie Delicatessen Restaurant. Così composto: Joseph Mitchell, Matteo Codignola, Danny Rose, Jonathan Safran Foer e Sempé. Pochi i gradi di separazione, tra loro.

Monsignor Romero, santo degli oppressi

Un albo illustrato (da Anna Forlati) per raccontare la storia di Malala Yousafzai, la giovane pachistana premio Nobel per la Pace. L'albo racconta di Adila, una bambina pachistana che vive nello Swat, la terra di Malala, e rischia di dover interrompere gli studi. Fulvia degl'Innocenti Io sono Adila Ed. Settenove, 15 euro


Dopo aver chiesto asilo politico a Islanda e Hong Kong, Edward Snowden vive ora in Russia, uno dei pochi Paesi ad aver offerto un permesso di soggiorno temporaneo.

VISIONI

La Corrispondenza di Tornatore Il nuovo film di Giuseppe Tornatore è La corrispondenza, storia di una ragazza prigioniera di ossessioni e sensi di colpa per una ferita mai rimarginata: si sente responsabile della scomparsa del suo amore. Ne basterà uno nuovo a salvarla? In autunno

Citizenfour Ecco il Grande Fratello

La corrispondenza regia di Giuseppe Tornatore

mente butti giù la porta per catturarlo.

La più grande violazione della privacy mai commessa. Questa, in estrema sintesi, la storia al centro di Citizenfour, il documentario che dopo aver vinto un Oscar arriva anche nelle sale italiane. La frase di lancio vale già il prezzo del biglietto: «Dovrai ripeterti che no, non è solo un film». Laura Poitras, professione filmmaker, un giorno comincia a ricevere delle strane e-mail. Chi le manda, si capisce sin dai primi minuti, ha qualcosa da denunciare e non vuole essere intercettato per nessun motivo. Dall’altra parte

del cavo, infatti, c’è Edward Snowden, che quando accetta l’incontro con la brava documentarista, si rivela per quello che è: un 29enne dall’aspetto vagamente allucinato con il suo un carico di paranoie. Ha paura che il telefono della stanza d’hotel in cui si è rifugiato a Hong Kong possa registrare, anche se a cornetta alzata, e si assicura che sia sostituita al più presto la memory card del portatile del giornalista del Guardian chiamato a raccogliere la sua storia. Poi ascolta tutti i rumori d’ambiente e si aspetta che qualcuno, da un momento all’altro, inevitabil-

Macchina da presa verso Edward Snowden, tecnico informatico maniaco dei computer, che con i suoi racconti mette in guardia dall’uso della mail, dei navigatori satellitari, di Facebook, WhatsApp, telefoni cellulari, chat...

il film Citizenfour documentario di Laura Pointras con Edward Snowden, Julian Assange, Glenn Greenwald, Ewen MacAskill

Concepito come una lunga e ininterrotta intervista, Citizenfour testimonia la decisione di Snowden di rendere noti gli aspetti più inquietanti della sua collaborazione per un’azienda informatica cliente della Nsa, National Security Agency, e per la Cia e

Una storia vera, la strada e poi la Ronda La Ronda della Carità festeggia l’anniversario del proprio Centro diurno con il film Let's go, storia, vera, di Luca Musella, fotografo che dopo aver raggiunto l'apice vedrà naufragare carriera e matrimonio. Tornerà a Milano per cercare lavoro e finirà in strada.

getta così una luce sinistra sul modo che gli Stati Uniti hanno scelto per organizzare la lotta al terrorismo dopo l’11 settembre 2001. Edward Snowden e lo scoop giornalistico legato alle sue rivelazioni spiegano esattamente che cosa sono i celeberrimi big data, citati sino ad oggi per lo più da film e serie tv. Uno sguardo ai com-

Let’s go regia di Antonietta De Lillo

plessi e intricati documenti raccolti da Snowden e si svela il poderoso sistema di gestione dei dati che passa dal monitoraggio delle comunicazioni informatiche al tracciamento gps, dall’utilizzo dei droni all’intrusione nei conti correnti e arriva fino al Patriot Act, la legge federale che facilita il lavoro di sorveglianza degli organi di polizia statunitensi a danno della privacy di cittadini americani e non. Con lo zampino di Steven Soderbergh, ecco Citizenfour, la storia del più incredibile sistema di sorveglianza di massa mai concepito dall’uomo.

L'Italia, una prigione a cielo aperto

[ a cura di Daniela Palumbo ]

di Sandro Paté

La storia di Rahell, ragazzo in fuga dalla guerra. Dal Medio Oriente all’Europa senza visti né passaporto, per congiungersi alla famiglia in Svezia. Ma quando sbarca in Italia, Rahell scopre che il regolamento di Dublino impone ai rifugiati di risiedere nel primo paese d’ingresso nell’Ue. Terra di transito regia di Paolo Martino maggio 2015 Scarp de’ tenis

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Dodi Battaglia e Tommy Emmanuel insieme sul palcoscenico. Il loro recente lavoro si intitola Dove è finita la musica

Dodi Battaglia «Mia moglie, i Pooh e Tommy Emmanuel» di Andrea Pedrinelli foto di Cristian Dossena

Il chitarrista dei Pooh ci parla del recente lavoro con il grande chitarrista australiano. Ma non solo. Si apre sulla malattia della moglie e ci racconta qualche segreto dei Pooh 22 Scarp de’ tenis maggio 2015

Due eccellenze che si uniscono. Non si può definire in altro modo, l’incontro artistico – per un album appena uscito e un tour previsto per luglio – fra Dodi Battaglia e Tommy Emmanuel. Da una parte un’icona della nostra canzone pop più nobile, il Dodi Batta-

glia voce compositore e chitarrista dei Pooh, ma an-

che (a detta di molti) il miglior chitarrista in assoluto d’Italia, con collaborazioni che vanno da Vasco Rossi a Mia Martini, da Gino Paoli ad Al Di Meola. Dall’altra un signore australiano, Tommy Emmanuel, considerato il migliore al mondo nel cosiddetto fingerstyle, un modo di suonare la sei corde con il pollice della mano destra a segnare tempo e bassi e le altre dita dedita alla melodia;


L’INTERVISTA un modo creato da Chet Atkins, uno dei padri della musica moderna, che proprio ad Emmanuel e a soli altri sei nel mondo (non c’è neppure Mark Knopfler, il leader dei Dire Straits!) ha conferito il Certified Guitar Player, onorificenza per il contributo all’evoluzione del chitarrismo. Dal-

Dov’è andata la musica nasce dall’unione tra mediterraneo e country, pop-rock e gipsy, fra canzoni e strumentali, fra melodia l’unione fra i due, fra medi- e radici musicali anglofone terraneo e country, pop-rock e gipsy, melodia e radici musicali anglofone, fra canzoni e strumentali, nasce un disco molto bello,

Dov’è andata la musica, che Dodi Battaglia presenterà a Milano l’8 maggio al BQ de Nott di via Bussola 9 all’interno degli incontri con gli artisti intitolati “Dentro la musica” (ore 21, guest la cantante jazz Claudia Cantisani, info e prenotazioni al numero 02 89452015). In questa intervista a due voci, tanta musica ma non solo: anche l’insegnamento, i valori, l’impegno dentro e fuori le canzoni e le chitarre. Come nasce la vostra amicizia? TOMMY – Ci siamo incontrati in Veneto nel 1999, e Dodi mi chiese di fare un tour come supporto ai Pooh. Fu una grandissima opportunità per me, che mi fece scoprire grande musica e ottimi professionisti. Da allora era rimasta in sospeso l’idea di un disco. DODI – E proprio la pausa dei Pooh di questi due anni ci ha permesso di realizzarlo, un po’ in Italia un po’ da lui che ora vive a Nashville. Per me è il migliore al mondo, è un onore suonarci insieme. Cosa vi siete dati l’un l’altro? TOMMY – Vedi, funziona sempre allo stesso modo. Ascolti, e impari. L’importante è mettersi a disposizione, e dare il proprio meglio. Da ogni incontro si migliora.

DODI – Lui è di una umiltà incredibile, e fin dall’inizio ho capito che avrebbe sposato l’idea di non puntare a virtuosismi o nicchie di specialisti, ma di parlare alla gente. Quando mi portò una musica di un suo amico che poi è diventata canzone, compresi che si sarebbe calato nel pop senza paura di sporcarsi le mani, come solo i grandi fanno. E siamo partiti per raggiungere chiunque. Da Tommy fra l’altro si impara a suonare stando tutt’uno con le note, te stesso e il pubblico. Un approccio alto che mi sta dando molto.

Perché Tommy non canta, nel disco? TOMMY – Per umiltà. Non so bene l’italiano, non sarebbe stato rispettoso. Canterò nella versione inglese del Cd e in tour, anche cose come Amici x sempre dei Pooh che mi hanno colpito. E perché Dodi si è messo a scrivere testi di canzoni, compresa una sullo stalking? DODI – Valerio Negrini, lo storico paroliere dei Pooh, se n’è andato. E fra l’altro il disco è per lui, come lo strumentale che lo chiude. Dopo Valerio solo io posso parlare di me, o perlomeno provarci. Ci provo. La canzone cui ti riferisci, Tu resti qui, è un brano che volevo fortemente scrivere perché provo molta rabbia verso chi si approfitta della purezza delle donne. E’ un pezzo sanamente incazzato perché penso non si possa più minimizzare, certe cose succedono troppo spesso.

scheda Mentre esce nei negozi il disco di Dodi, è nelle librerie anche un volume scritto da sua moglie Paola Toeschi (sopra - foto Petrosino), con Elena Graziosi, per Piemme. A Paola nel 2010 fu diagnosticato un tumore al cervello: all’epoca era madre di una bambina di cinque anni, e il male sembrava quasi imbattibile. Invece Paola ce l’ha fatta, e nel libro vuole condividere la propria esperienza e la fede con cui l’ha vissuta. Perché, come scrive nelle prime pagine di Più forte del male, «non c’è nulla da nascondere. Questo libro spero possa servire a capire che c’è un modo costruttivo di affrontare la malattia, che ci sono regole per stare meglio. Invece il male va affrontato per combatterlo. La fede invece l’ho raccontata perché cancella la paura della morte, ed è una cosa meravigliosa se si considera che ovviamente in parte la mia battaglia continua». Più forte del male è veramente un’ottima testimonianza, senza giri di parole, dolorosa e scomoda come l’esperienza vissuta da Paola. AP

Suonate da quando eravate bambini. La musica per voi è terapia, aiuto, sostegno? TOMMY – La musica è la mia vita e la chitarra la mia voce. A volte sono emozionato, quando la guardo: è una piccola scatola, in fondo, però possiede una magia che ti cambia tutto. DODI – Anche per me è l’unica costante, un modo di essere. Quando mia moglie si è ammalata gravemente è stata un rifugio, per me ma credo anche per lei, quando ascoltava le mie cose in ospedale mentre ero in giro con i Pooh. E… Dov’è andata la musica? Vi piace quella degli Mp3, degli streaming, dei talent? TOMMY – In casa la ascolto al computer, in viaggio sulla radio. Non al telefono. Non concepisco la musica in certi formati: il vinile è cultura, è rispetto per l’arte. DODI – Io penso che se ci fosse un nuovo Hendrix uscirebbe anche dai talent. E oggi ci sono più opportunità, molti ragazzi hanno grande tecnica. Però la musica non va da nessuna parte senza armonia e dialogo, quindi non può vivere solo nei computer. Entrambi tenete clinic, campus… Cosa insegnate ai giovani? TOMMY – Cerco di portarli sul palco, a provarsi davanti al pubblico. Vedi, quando avevo dieci anni scrissi proprio a Chet Atkins dall’Australia. E lui mi rispose! Aveva trovato tempo per un bimbo… Ecco, cerco di restituire ad altri la fortuna avuta. DODI – Non mi piace il concetto di insegnare. Racconto la mia esperienza, la mia fortuna, e ricordo solo di avere passione e lavorare. Se hai il fuoco dentro, ce la puoi fare. È successo a me, può succedere anche a un ragazzo di oggi.

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COPERTINA

Una delle intense foto di “Donne: sviluppo in ogni campo” mostra fotografica promossa da Caritas che sarà esposta per i sei mesi di Expo all’esterno dell’edicola Caritas a Expo 2015

Foto: Lionel Charrier - M.Y.O.P.

Nutriamo La presenza di Caritas a Expo Milano 2015 intende ribadire la centralità dell’essere umano come attore dei processi di nutrizione e alimentazione. Questo perché la fame è la tragica condizione in cui sono costretti a vivere milioni di persone a fronte dello spreco delle eccedenze alimentari nel cosiddetto primo mondo. Una presenza di testimonianza, dunque, ma anche di denuncia contro tutte le situazioni di spreco e di sfruttamento.

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il pianeta

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COPERTINA

Così si presenterà l’edicola Caritas sul decumano. A destra, in alto, l’installazione “Energia” di Wolf Vostell e la teca che sono parte del percorso “dalla conoscenza alla partecipazione” . In basso la pianta di Expo

di Ettore Sutti

scheda

Caritas ad Expo Milano 2015 expo.caritasambrosiana.it expoblogcaritas.com www.caritasinternationalis.org www.caritas.it www.caritasambrosiana.it

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Quello dello spreco, delle eccedenze di produzione alimentare e del conseguente in-utilizzo è uno dei temi con i quali bisogna fare i conti se si vuole affrontare in modo serio la questione della fame che ancora colpisce centinaia di milioni di esseri umani. «Per noi “Nutrire il Pianeta, Energia per la vita” – spiega Michel Roy, segretario generale di Caritas Internationalis –, significa rimettere al centro l’essere umano nella sua globalità come attore dei processi di nutrizione e alimentazione. Per citare un passaggio del discorso di papa Francesco per la Giornata Mondiale dell’Alimentazione del 16 maggio 2013, “la fame è la tragica condizione nella quale vivono ancora milioni di affamati e

malnutriti, tra i quali moltissimi bambini: questo è uno scandalo in un’epoca in cui la globalizzazione permette di conoscere le situazioni di bisogno nel mondo e di moltiplicare gli scambi e i rapporti umani”. Dio ha affidato la custodia della terra e la preservazione dei suoi frutti a tutti gli esseri umani, gratuitamente, e il nostro compito come Caritas è di farci carico di questo “mandato” denunciando le situazioni in cui non tutti possono godere dell’abbondanza dei frutti del Creato. Quando ci accingiamo a scoprire o riscoprire Caritas e gli obiettivi di questa sua presenza in Expo, vorrei che tutti tenessero sempre a mente che dietro ai suoi aspetti più tecnici e dietro ai numeri, c’è sempre il volto di una persona in situazione di bisogno, che per noi rimanda alla persona di Gesù.

Parola d’ordine: condividere Il padiglione della Caritas ad Expo Milano 2015, che si svilupperà su circa 800 metri quadri e ribattezzato l’Edicola, è collocato lungo l’arteria principale del sito espositivo, il decumano. Lo spazio, pensato dallo studio di architettura Piuarch, e realizzato insieme a Caritas Internationalis e Caritas Italiana è un luogo interattivo ed esperienziale situato all’inizio del decumano per promuovere a livello universale un messaggio ‘ponte’ tra la missione dell’organizzazione - portare aiuto, assistenza e sostegno ai poveri, promuovendo la pace e la giustizia sociale nel mondo - e il tema dell’Esposizione.

All’interno dello spazio dell’edicola si snoda un percorso definito “dalla conoscenza alla partecipazione”:


EVENTI

Incontri e tavole rotonde per lasciare un segno in Expo Ecco la lunga serie di eventi che caratterizzeranno la presenza di Caritas dentro Expo Milano 2015. Aggiornamenti in tempo reale e approfondimenti sugli eventi al sito expo@caritasambrosiana.it 9 maggio – Inaugurazione spazio Caritas, l’edicola che porta il titolo “Dividere per Moltiplicare - Spezzare il Pane”.

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19 maggio – Caritas Day: “Una sola famiglia umana, cibo per tutti” Conferenza mondiale di Caritas nonchè evento inaugurale di Caritas in Expo. Previsto anche l’intervento del presidente uscente di Caritas Internationalis, cardinal Oscar Rodríguez Maradiaga, e la consegna di uno studio di Caritas sulla sicurezza alimentare a una rappresentazione delle Nazioni Unite. Nel pomeriggio le Caritas di tutti i continenti presenteranno i loro progetti più significativi e le buone prassi nel mondo.

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4 giugno – I migranti e il cibo: dallo sfruttamento lavorativo all’imprenditoria etnica: Presentazione dei contenuti del XXIV Rapporto Nazionale Immigrazione/Migrantes. Pane e vino: contributo della mobilità italiana all’alimentazione mondiale: Presentate e discusse due pubblicazioni: il “Rapporto Italiani nel mondo 2014” e il volume “Nel solco degli emigranti: i vitigni italiani alla conquista del mondo”. 13 giugno – Nutrire il pianeta? Per un’alimentazione giusta, sostenibile, conviviale: Momento conclusivo del progetto “Nutrire il pianeta?” promosso per Expo Milano 2015. Saranno presentati i lavori realizzati su tre filoni tematici: Diritto al cibo, cibo e diritti; cibo, ambiente e stili di vita e cibo, culture e religioni. 2 luglio – Cibo, terra e lavoro: i migranti economici nel Mediterraneo Convegno per riflettere sui temi delle migrazioni economiche nell’area del Mediterraneo nella dinamica del “doppio sfruttamento”: lavoratori privati per ragioni ambientali della possibilità di sfruttare la propria terra che migrano per ritrovarsi sfruttati nella terra altrui. Durante l’evento sarà presentato il Rapporto Presidio di Caritas Italiana sul tema dello sfruttamento lavorativo in agricoltura.

un’esperienza interattiva e multimediale sul significato profondo del tema divisa in cinque tappe, attraverso le quali il visitatore ascolta, vede, partecipa, si emoziona, comprende che la divisione-condivisione è un’opportunità possibile e auspicabile per cambiare e far cambiare. Le tappe del percorso LA CONOSCENZA - Nella prima tappa Caritas accoglie e si presenta, in modo immediato racconta oltre 60 anni di vicinanza agli ultimi, il suo approccio all’ascolto e all’azione: questo è il momento della conoscenza. L’EMOZIONE – L’installazione “Energia” del 1973, dell’artista Wolf Vostell, vede una Cadillac, simbolo di un consumismo sconsiderato, cinta di pane avvolto in giornali, biso-

11 settembre – Cibo di guerra. Nutrire il pianeta oltre i paradossi Presentazione della quinta ricerca sui “conflitti dimenticati”.

Dio ha affidato la custodia della terra e la preservazione dei suoi frutti a tutti gli esseri umani. Il nostro compito è di farci carico di questo “mandato” denunciando le situazioni in cui non tutti possono godere dell’abbondanza dei frutti del Creato

Una sola famiglia umana, cibo per tutti: è compito nostro: È la declinazione italiana della campagna “Food for All” inaugurata da Papa Francesco nel dicembre 2013. Informazioni, sensibilizzazione e proposte per analizzare e contrastare la povertà alimentare e i meccanismi che la determinano. 12 settembre – Nutrire il pianeta si può: oltre i paradossi del cibo Tavola rotonda per presentare e analizzare idee e buone prassi per superare le contraddizioni legate alla produzione, al commercio e allo spreco di cibo. 24 settembre – Non solo guerra. Il caso dei rifugiati ambientali: disastri naturali e landgrabbing alla base delle migrazioni forzate Presentazione del rapporto sull’accoglienza e sulla protezione internazionale dei rifugiati ambientali: popolazioni costrette a migrazioni forzate causate dai disastri naturali che nel mondo fanno saltare le economie di sussistenza legate alla terra. 4 ottobre – Con-Dividere per Moltiplicare. Famiglie e stili di vita Un convegno per mettersi in ascolto delle famiglie, delle scelte di accoglienza e condivisione che sperimentano nella quotidianità, del racconto di pratiche di incontro e scambio che concorrono a costruire “una sola famiglia umana”. 17 ottobre – Diritto al cibo: interventi di prossimità e azioni di advocacy Presentazione del rapporto sulla povertà alimentare a Milano, in Italia e in Europa. febbraio 2015 Scarp de’ tenis

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COPERTINA gno primario, correttivo e medicamento per ricostruire l’equilibrio interiore. L’umanesimo di Vostell lancia un messaggio politico e sociale di valenza planetaria. LA VISIONE – La terza tappa è il momento della visione Caritas. In uno spazio buio, intimo, raccolto si illuminano e si spengono parole legate all’accumulo e ai bisogni primari, alla giustizia e ai conflitti.

Il mercatino dell’usato della RiMaflow. A destra i lavori per il Refettorio ambrosiano

LA CONDIVISIONE – Torniamo alla luce nella quarta tappa, il momento della speranza e della condivisione, qui, nella sala alle spalle dell’opera di Vostell si da voce a tutte le volte che "Dividere per moltiplicare" acquista un’evidenza. LA PARTECIPAZIONE – L’ospite è invitato a lasciare un breve videomessaggio che racconti una sua esperienza di condivisione. Nasce così un collage di racconti in tutte le lingue del mondo, un vettore di cambiamento carico di un’energia speciale, quella che nasce dall’amore e dalla carità umana che chiunque, se lo sceglie, può testimoniare.

RiMaflow, il lavoro che nasce dal riciclo di Stefania Culurgioni

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La fabbrica è chiusa, ha smesso di respirare. È come pensare ad un’enorme creatura vivente che ingloba materie prime, le lavora nel suo ventre e le risputa come nuove, che adesso non c’è più. L’hanno ammazzata dopo una gloriosa vita di quasi mezzo secolo e adesso resta lì, una carcassa sventrata di mura in mezzo a decine di fabbriche e capannoni. Si sono portati via tutto: i macchinari all’estero, gli impianti elettrici i ladri. Che peccato. È un tale peccato, che venti operai provano a rianimarla. E a furia di soffiarci dentro vita, il cuore ricomincia pian piano a battere. Si chiamava Maflow e fino al 2012 è stata una grande multinazio-

nale. Si trova a Trezzano sul Naviglio, alle porte di Milano, e per decenni ha visto centinaia di lavoratori produrre impianti e componenti ad alta tecnologia per automobili. Poi sono cominciati i passaggi di proprietà e alla fine, dopo una serie di controverse vicende finanziarie, è stata chiusa. La storia potrebbe finire qui, invece è appena cominciata. Contro ogni previsione, contro ogni buonsenso, un gruppo di operai se l’è andata a riprendere: «Visto che il lavoro non si trova, e visto che questo posto è abbandonato, ce lo inventiamo noi». Autogestione per rinascere La creatura è diventata RiMaflow. È una forma di vita nuova, un ibrido che nessuno si sarebbe mai imma-


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Adesioni ufficiali ad Expo 2015

Organizzazioni internazionali (Onu, Cern e Ue)

Padiglioni Self-Built (+13 rispetto al record cinese di Shanghai)

Organizzazioni tra cui Caritas, Oxfam, WWF e Save the Children

Paesi partecipanti, con il coinvolgimento del 94% della popolazione mondiale

IL SEGNO

Ecco il Refettorio ambrosiano, mensa stellata dedicata ai poveri Si chiama Refettorio Ambrosiano ed è uno dei progetti principali che la Diocesi di Milano, insieme alla Caritas Ambrosiana, promuove in occasione di Expo 2015. Un refettorio, cioè qualcosa più di una semplice mensa: un luogo dove una comunità condivide i pasti, la quotidianità, un pezzo di vita. Ambrosiano, perché lo spirito che anima l’iniziativa è quello caratteristico della solidarietà ambrosiana, della “Milano con il cuore in mano”. L’idea è nata da un’intuizione dello chef stellato Massimo

Bottura e dal designer Davide Rampello, che hanno pensato di creare una mensa speciale - con 90 posti riservati alle persone senza dimora e i nuovi poveri che popolano la città - e di portarne ai fornelli i più famosi chef del mondo, che per un mese durante il periodo dell’Esposizione Universale di Milano cucineranno i loro piatti recuperando gli scarti e gli avanzi delle cucine dei vari padiglioni. Solidarietà, diritto al cibo, lotta allo spreco dunque alle radici del progetto, ma non solo. Perché se il cibo è nutrimento per il corpo, l’uomo ha bisogno anche di nutrire lo spirito. E allora il Refettorio sarà anche luogo di arte e bellezza: avrà sede infatti nel vecchio teatro della parrocchia di San Martino in Greco, quartiere che racconta ancora la storia di una Milano fatta di vecchi borghi periferici, ma già molto metropoli moderna dove le povertà si scontrano con le differenze di lingua e cultura. Il teatro è stato oggetto di un restauro a cura del Politecnico di Milano, il salone verrà allestito con dodici grandi tavoli pensati dai più importanti designer italiani e troveranno spazio anche opere d’arte appositamente realizzate e donate da alcune grandi firme. Ma non è tutto. Il Refettorio Ambrosiano sarà anche il segno che la Diocesi e la Caritas ambrosiona vogliono lasciare in eredità alla città di Milano nel dopo Expo. Caritas infatti garantirà la continuità del progetto, inserendolo nella rete di servizi alle persone disagiate che già è attiva in città: non ci sarà solo la distribuzione di un pasto caldo, ma anche la possibilità di ripartire: con l’accompagnamento a trovare un lavoro e a rimettersi in piedi con dignità.

LA STORIA

ginato. Non si può dire che gli operai ci facciano proprio uno stipendio, ma qualcosa comincia a muoversi. Che cosa? Michele Morini ha 45 anni, vive da poco a Gorgonzola in provincia di Milano e ogni mattina viene in fabbrica a timbrare il cartellino. È una forma di autogestione che si sono dati i venti operai, che si sono costituiti nell’associazione Occupy Maflow, in modo da rimborsarsi le spese di benzina.

«Siamo rimasti noi, da soli, con 4 capannoni: 17 mila metri quadrati al coperto, 14 mila metri quadrati all’esterno – spiega – e ci siamo reinventati. Abbiamo creato un labo-

ratorio di riparazioni: aggiustiamo lavatrici, elettrodomestici, televisori, computer, stampanti. Lo fac-

ciamo a prezzi competitivi. A volte facciamo degli scambi: rimettiamo a nuovo computer rotti e li doniamo alle scuole o alle associazioni e in cambio riceviamo una donazione». Ecco che il lavoro ricomincia a girare. I muri della ex Maflow sono di proprietà di un grande istituto bancario che, finora, non ha avuto nulla da ridire sull’occupazione degli operai. Loro hanno saputo riportarli in vita in maniera piuttosto originale. Il magazzino B è diventata la sede di un mercatino permanente: ci sono quasi cento bancarelle di robivecchi e chincaglierie dove si trova di tutto. Gli espositori pagano alla RiMaflowuna piccola cifra e ogni sabato alzano i lenzuoli dai loro bancali. È un mondo di colori.

info RiMaflow Via Boccaccio 1 Trezzano sul Naviglio (MI) Uffici 02 91637966 Contatti 392 5374350 Mail info@rimaflow.it Mercatino 334 2047681 giovedì o domenica dalle ore 14 alle 16. Sala prove musicali Elvio 338 2000917 Claudio 338 2166568 Facebook OccupyMaflow Twitter RiMAFLOWit DONAZIONI Iban IT93S0501801600000000158008 Associazione Occupy Maflow Causale: Donazione

Spazi a disposizione Una piccola stanza era una volta il cuore della creatura. Le grande case automobilistiche, quando gli affari funzionavano bene, ci portavano i loro prototipi di automobili e lì dentro, in quell’antro insonorizzato, si facevano le prove di rumore e vibrazione. Oggi è diventata una sala prove che viene data in affitto, a prezzi stracciati, alle band locali. È proprio vero, ogni cuore ha il suo ritmo. Gli uffici dove gli ingegneri progettavano nuovi modi per far passare l’aria condizionata nelle macchine che guidiamo ogni giorno oggi sono diventati uffici di co-working: ci sono artisti, un consulente finanziario, appassionati di modellismo. Una cooperativa della Caritas pomaggio 2015 Scarp de’ tenis

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COPERTINA trebbe presto trasferirsi dentro alla fabbrica per proseguire il suo lavoro di recupero di bancali. Nel magazzino A due ragazzi hanno preso in subaffitto una sala e ci hanno fatto una palestra. In una stanza è stata creata una biblioteca per tutti. In un’altra sala i venti operai si sono inventati il RiMoncello e la RiPassata, che poi rivendono dentro il gruppo Gas. Nella palazzina del custode sono ospitati due profughi con la mediazione della parrocchia della città.

Foto di gruppo “condivisa” per i componenti della comunità di famiglie di Mezzago.

Crediamo nel riciclo «Perché ci siamo inventati tutte queste cose? – dice Michele – perché questo spazio ha delle grandi possibilità. Perché condividerlo significa moltiplicare le occasioni. E parlo di lavoro, di socialità, ma anche di riciclo e redistribuzione. Non è vero che il lavoro c’è solo se ripartono i consumi dei nuovi prodotti. Il lavoro lo crei anche dal riciclo di quelli esistenti, che fai tornare a nuova vita: questo è quello in cui crediamo».

Condividere e accogliere, per prendersi cura di tutti di Stefania Culurgioni

Sei famiglie di Mezzago (Mi) hanno fondato una comunità in cui si divide tutto. Anche gioie e fatiche 30 Scarp de’ tenis maggio 2015

Hanno 80 finestre e nessuna persiana. Se ci passi di fianco, vedi dentro casa. Quando prendono lo stipendio, ciascuno per il lavoro che fa, lo mettono in un conto comune. Alla fine del mese si scambiano un assegno in bianco, ognuno prende dalla cassa quello che gli serve. I bambini entrano ed escono dagli appartamenti di tutti, ci si prende cura gli uni degli altri. Follia? No, condivisione.

ha ospitato persone che vivevano un momento di urgenza abitativa. Francesco Sala ha 39 anni, quattro figli biologici, uno in affido. Fa l’educatore di ragazzini di terza media inviati dai servizi sociali, proprio come sua moglie, casi difficili insomma, e questo forse gli ha insegnato ad ascoltare, a valutare le posizioni di tutti, ad avere pazienza. Ingredienti che per vivere bene l’esperienza comunitaria bisogna saper coltivare.

È la scelta che hanno fatto sei famiglie di Mezzago che in una vecchia e disabitata canonica della parrocchia (le prime quattro) e in una villa di campagna donata da un ricco milanese (le altre due) hanno fondato una comunità dove vivono tutte insieme. A dire il vero fanno anche di più: qualcuno ha preso dei minori in affido, e nelle stanze vuote

Una famiglia aperta «Il modello – racconta – è quello di una famiglia che non è chiusa nel suo appartamento, con le sbarre alle finestre e la porta blindata bensì di una famiglia che si fida, che lascia la porta aperta, che è in ascolto, che è disponibile, chiara e trasparente. La scelta della condivisione diventa culturale e politica: ragioniamo sul-


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I ragazzi in servizio civile che prestareano la loro opera dentro l’edicola di Caritas

i volontari Caritas che si alterneranno durante Expo

I delegati della Caritas del mondo presenti il 18 maggio

PROGETTO

Don Massimo e la comunità: accogliere minori gioia faticosa

In alto una foto dell’Emporio di Caritas Ambrosiana a Cesano Boscone. Qui a fianco la piantina dell’edicola Caritas ad Expo

LA COMUNITÀ

la crescita reciproca e sul bene comune». La canonica ristrutturata sta nel centro del paesino, proprio accanto alla chiesa. È la loro casa, diventa la casa di tutti. Entrano ed escono parrocchiani, si fa comunità. Qualcuno fa anche delle critiche, dice che Francesco e gli altri sono stati “comodi”, si sono fatti dare la casa dalla parrocchia, ma sono voci che scalfiscono poco. In verità, erano sei famiglie già sistemate, non avevano problemi economici, la scelta comunitaria corrisponde ad una scelta di vita e di valori.

«Nessuno di noi si conosceva prima – continua Francesco – ma conoscevamo bene i principi di Comunità e Famiglia a cui ci siamo ispirati. L’idea è di vivere in relazione, di dividere e moltiplicare». Per esempio i soldi: sembra incredibile, ma fun-

ziona. A fine mese gli stipendi sono versati nella cassa comune, il presidente di turno, l’unico che ha accesso al conto, firma sei assegni in bianco. Ciascun nucleo si fa i conti in casa, da solo, e riscuote la sua cifra. I soldi sono di tutti «Quando ricevo la paga e la verso nel conto comunr perchè i miei soldi non sono più miei ma di tutti – spiega Francesco –. La sfida, l’impegno, la fatica, sta nel fatto che ciascuno ragiona sull’essenzialità dei sui sogni, restando sobrio ma anche affermando ciò che gli serve. Ci si fida, ma questa fiducia può nascere e resiste solo se si condividono e si coltivano bene le relazioni». Le famiglie hanno messo in comune anche due macchine e una moto. Si aiutano nella gestione dei figli. Ogni settimana si ritrovano per

parlare di un tema diverso, non è un confronto bensì un ascolto reciproco: si parla dell’attesa, della fiducia, della fatica del lavorare, della fatica dentro la coppia, della relazione con gli altri, dei figli. L’accoglienza, l’apertura, la condivisione, la sobrietà sono i valori che cementificano il legame tra le famiglie e permettono al progetto di andare avanti. Si vive insieme, pur avendo ognuno la propria casa, ma ci si accoglie. La piccola comunità, sostenuta dalla parrocchia dell’Assunta di Mezzago (che è una delle quattro della Comunità Pastorale Maria Maddalena di Bellusco), sta lavorando all’allargamento del suo progetto: ci sono altri quattro appartamenti adesso da ristrutturare, due monolocali e due bilocali, che serviranno per aiutare nuclei familiari in difficoltà abitativa. È una scommessa e un sogno da rincorrere.

Il concetto è semplice: se dividi quello che hai moltiplichi quello che ottieni. A Cesano Boscone don Massimo Mapelli ha avviato un emporio alimentare grazie alle donazioni dei supermercati. Pasta, zucchero, olio, farina, passata, detersivi costano pochissimo. Possono comprarli, grazie ad una tessera, le famiglie bisognose mandate dai centri di ascolto della Caritas. Tra loro ci sono anche molti operai della ex Maflow. Dal 2005 don Massimo ha aperto anche una comunità: prima stava a Cascina Triulza, nel bel mezzo del cantiere Expo, adesso si è trasferita a Zinasco Vecchio, a sud di Pavia. Dentro ci vive lui, una famiglia e venticinque minori non accompagnati. Hanno dai 13 ai 18 anni, vengono da Egitto, Marocco, Albania, Kosovo e sono arrivati da soli. Molti sono figli di famiglie rom dei campi nomadi di Milano. “Dividere per moltiplicare significa questo: condividi gli spazi, moltiplichi le possibilità – dice don Massimo -. Certo, ti ritrovi a dare molto e spesso devi fare delle rinunce ma lo stile di vita che adotti ti riempie, dà un senso alle cose. Aprirsi all’altro, avere a che fare con persone di cultura e religione diversa, è difficile. Ma farlo ti consente, come diceva il Cardinal Martini, di vedere il mondo con gli occhi di chi sta all’ultimo posto, di immaginarlo dal punto di vista di chi fa più fatica e quindi di migliorarlo».

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MILANO

Dopo il carcere: quale futuro per i ragazzi cattivi? di Daniela Palumbo

Don Claudio Burgio opera nel carcere minorile Beccaria di Milano. Ha fondato Kayros, comunità che accoglie i ragazzi in uscita e offre speranza 32 Scarp de’ tenis maggio 2015

Un giorno, un prete cosiddetto “di frontiera”, che lavora con gli ultimi della strada, padre Alex Zanotelli, disse in un convegno: «I poveri non sono buoni. Anzi, sono cattivi, perché non hanno scelta. E nella nostra società, dove aumentano le differenze sociali, lo diventeranno sempre di più». Ecco, in Ragazzi Cattivi (edito da Giunti, a cura di don Claudio Burgio, con la collaborazione di Domenico Zingaro) il tema è proprio questo: la precarietà materiale – che diventa anche valoriale – delle famiglie, la povertà, una casa che non sempre c'è, un lavoro che manca, una vita passata in strada conoscendo di quest'ultima solo il peggio. In certi ambienti nasci e cresci pensando che la normalità sia il crimine. Quando guardi fuori dai tuoi confini noti solo il luccichio in lon-


Una bella foto di don Claudio Burgio in mezzo ai suoi “ragazzi cattivi”. Nella foto a lato alcuni ospiti della comunità di accoglienza per minori e adolescenti Kayros fondata dal sacerdote

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istituti penali per minorenni in Italia (Ministero della Giustizia)

ingressi negli istituti penali per minorenni (anno 2012)

minori presenti in media in istituti per minorenni (anno 2012)

tananza: iPhone, iPad, brand costosi ed esclusivi. Quando pensi che non puoi averli ti senti nessuno. Possedere – quando la miseria ti circonda – diventa il valore sacro della vita. La meta. Sì, sono ragazzi cattivi i protagonisti, o lo sono stati. Forse lo saranno ancora, chissà. Ma a noi che viviamo dall'altra parte, che abbiamo casa e lavoro, il calore di una famiglia e, soprattutto, la speranza di un futuro in cui riconoscerci, viene voglia di sospendere il giudizio. E se fossero solo rimasti indietro? Ti viene voglia di restituirgli almeno la speranza.

Sono tutti ragazzi cattivi o lo sono stati. Forse lo saranno ancora, chissà. Il giudizio di noi che abbiamo casa e lavoro, il calore di una famiglia e la speranza di un futuro, viene voglia di sospenderlo. Ti viene voglia di restituirgli almeno la speranza.

Donare speranza È quello che fa don Claudio Burgio, cresciuto alla scuola di un certo don Gino Rigoldi. Preti come loro cercano di restituire speranza. Ad Antonino, a Chilenito, a Massimiliano, ad Anas, a Daniele, David, Jaysi: i ragazzi che si sono raccontati nel libro. E a tutti quelli che la strada gli mette di fronte.

Don Claudio è di Milano, anno 1969. Nel 2006 diventa collaboratore di don Gino Rigoldi, cappellano nel carcere minorile Beccaria, a Milano. Nel 2000 ha fondato (e tuttora è il presidente) dell'associazione Kayros, comunità di accoglienza per minori e adolescenti.

«Attualmente in Kairos – dice don Claudio – sono 55, ma 22 sono fuori dalla retta del Ministero, però non vogliamo farli uscire, perché ancora non hanno un lavoro». Sono ragazzi dai 17 ai 24 anni. Molti

hanno famiglia, ma la metà sono stranieri, seconde generazioni o ragazzi fuggiti dai loro Paesi, spesso senza una famiglia alle spalle. La maggioranza arrivano in Kayros con “la messa alla prova”: «Quando un minorenne delinque, il giudice minorile prima di fargli il processo e mandarlo in carcere, gli dà un’opportunità. Con la “messa alla prova” il processo penale è sospeso, può durare da uno a

tre anni. Finito il periodo, se il ragazzo ha seguito le regole, il processo non si fa e il ragazzo mantiene la fedina penale pulita. Molti ce la fanno, altri cadono, delinquono di nuovo, a volte scappano dalle comunità». Un luogo famigliare Don Burgio non vuole giudicare i metodi altrui, però quando i ragazzi gli raccontano che entrati in una comunità sono stati perquisiti come dalla polizia, e che per punizione se non pulivano bene il bagno c’erano le flessioni: «Allora stanno meglio al Beccaria – sbotta –. Questi ragazzi hanno bisogno di fiducia. Sono fragili e ribelli. Cerchiamo di costruire un rapporto umano me-

LA STORIA

Antonino, nato nel posto sbagliato «Cosa sogno? Un lavoro e una famiglia» Antonino adesso ha 21 anni. È il primo a raccontarsi dentro Ragazzi Cattivi. Antonino scrive di come la sua storia ce l'abbia scritta sulla pelle. Tatuaggi. Ha iniziato a 14 anni: si è fatto incidere la A di Antonino. Come a ricordare al mondo che lui esiste. L'ultimo tatuaggio racconta la sua Palermo: «Le prime scorribande nel quartiere, il sogno di diventare qualcuno, il desiderio disperato di lasciare un ricordo, un segno». Adesso Antonino è in Kayros, vive lì da qualche anno. Dopo la messa alla prova finita positivamente ha avuto il coraggio di tenere duro a voler cambiare. Una borsa lavoro e poi dopo tanti colloqui, un lavoro in un bar. A lui piace. «Però ha due difetti il mio lavoro – racconta a Scarp – è in nero e dura tre giorni a settimana». Il bar ha cambiato gestione e i clienti sono di meno. La padrona nuova ha tenuto Antonino ma gli ha detto subito che non poteva metterlo in regola, anche se prima o poi lo farà. Lui lo spera. E resiste. Anche se i soldi sono pochi per affittarsi una casa, anche solo una stanza, e vivere in autonomia. È questo che pesa. «Io un sogno ce l'ho – ci dice triste – ma non dovrebbe essere un sogno. Dovrebbe essere una cosa normale, che avviene e basta, per un ragazzo di 21 anni. Sogno di lavorare e riuscire a raccogliere qualche soldo in più e farmi una famiglia, una moglie e dei figli. Però mi arrabbio quando penso che è un sogno che chissà se potrò mai realizzare». Antonino ha tanti amici fuori da Kayros ma comincia a fare fatica a stare con loro: «Gli voglio bene, sono il mio mondo. Ma queste cose non gliele posso dire perché ti prendono per scemo. Lavorare, pensare al futuro... Per loro è assurdo. Finché si ride e si cazzeggia va bene, ma non riesco a parlarci sinceramente, eppure mi piacerebbe, ma non capirebbero. È difficile dire al mondo di cui hai fatto parte che vuoi cambiare». maggio 2015 Scarp de’ tenis

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MILANO diato sì, anche dalle regole, ma non solo. Molti educatori pensano che bisogna solo contenerli con durezza. E che differenza c’è con il carcere? Le regole devono esserci ma dentro un percorso di riconoscimento reciproco della persona nella sua interezza, è un percorso lungo dove il ragazzo si deve sentire responsabile di una scelta che deve compiere per la sua vita. Altrimenti che messa alla prova è?». In Kayros si segue il metodo della narrazione. Da qui il libro. «Raccontarsi è fondamentale per loro. Quando arrivano qui hanno un livello di coscienza del reato commesso, pari a zero. Sono cresciuti pensando che il crimine sia una specie di riscatto. La normalità. La narrazione di sé li aiuta a prendere coscienza, a riconoscersi, a scoprire altri valori e altri sogni. Cominciano a riflettere, a pensare a cosa sono e cosa vorrebbero diventare. Dalla presa di coscienza di se stessi può nascere il cambiamento».

LA STORIA

Jaysi che ce la sta mettendo tutta, nonostate un’infanzia di violenza Jaysi sta terminando la messa alla prova nella comunità di Kayros con un po' di problemi dovuti ai suoi trascorsi che hanno lasciato cicatrici più profonde di altri ragazzi. Nel libro di don Burgio la storia di Jaysi spicca per la violenza e la brutalità che si porta dentro. Colombia: Jaysi aveva undici anni e stava giocando a pallone insieme agli amici quando è comparso un uomo e gli ha detto di tenere le mani aperte. «Non si può rifiutare quando ti danno un ordine dalle mie parti – racconta Jaysi –. Nelle mie mani si è materializzata una pistola. Mi avevano scelto per far parte del cartello della droga, devi essere pronto a tutto quando diventi un loro uomo». Lo addestrano e gli sparano addosso per abituarlo a non aver paura degli scontri a fuoco. L'iniziazione di Jaysi al suo destino è iniziata così. «Una sera sono venuti dalla nonna, io vivevo con lei perché mio padre e mia madre erano andati via quando ero piccolissimo. Le hanno detto che le avrebbero passato un mensile e in cambio lei non doveva più pensare a me». Lui aveva 14 anni. La nonna lo ha messo su un aereo per l'Italia e lo ha spedito dal padre che viveva a Brescia. Ma per lui era tardi. Ha cominciato a delinquere. Scappato di casa ha girato mezzo mondo e alla fine in Italia è stato arrestato. Adesso ha 20 anni ma è come se ne avesse molti di più. Non riesce a stare dentro le regole perché gli hanno insegnato che l'unico modo giusto per vivere, è infrangerle.

Finché c’è pizza c’è speranza: dare futuro con il cibo di Laura Guerra

Il locale è nato per offrire a ragazzi che hanno conosciuto il carcere o la strada una seconda opportunità e per garantire cibo buono a basso prezzo 34 Scarp de’ tenis maggio 2015

A vederla da fuori sembra una pizzeria come tutte le altre. Ma entrando ti accorgi che la Pizzeria dell’impossibile è molto di più. Si trova a via De Blasiis vicino al dormitorio comunale di Napoli e nasce per offrire a ragazzi che hanno conosciuto il carcere o la strada una seconda opportunità. La pizzeria è stata creata da Antonio Franco, che ha deciso di riempire di contenuto una frase scritta su un muro del carcere minorile di Nisida: “Fa’ che la tua presenza qui non sia inutile”. Scosso da queste parole, ha dato vita all’associazione Scugnizzi. «Per noi le due parole chiave sono dignità e finalità – spiega –: noi non siamo un ente formativo ma da qui escono aspiranti pizzaioli e fornai ai quali diamo uno strumento per potersi guadagna-

re da vivere onestamente». I ragazzi, con la collaborazione di un maestro pizzaiolo, imparano tutti i segreti di una buona pizza, che viene servita ai più bisognosi. All’inizio la pizzeria era aperta tre giorni a settimana, poi si è aggiunto un quarto giorno in cui in pizzeria ci sono i ragazzi del carcere di Airola, perché sono aumentate le esigenze di pasti caldi. Un dato per tutti: nel 2014 so-


LA STORIA

Daniele finito nel carcere dei grandi: «Ora ho capito»

Tre ospiti della comunità con ill libro “Ragazzi cattivi” che racconta le storie di alcuni di loro. Qui sotto la “Pizzeria dell’impossibile”

NAPOLI

no state sfornate 14 mila margherite. Un successo. Le richieste sono aumentate, anche perché la pizza è buona e sono ormai tantissime le persone in stato di necessità che sono diventati clienti abituali. Il locale che ospita la pizzeria è garantito in comodato d’uso dal comune di Napoli ed è stato completamente ristrutturato da Fratelli La Bufala che si fa carico anche delle spese di gestione. A fornire gli ingredienti ci pensano alcune grandi aziende del settore alimentare della Campania. Da qualche tempo è stato attivato anche un corso di pasticceria e sono già cinque i ragazzi che lo frequentano con entusiamo. Pizzeria dell’impossibile sta rendendo possibile quello che ai più sembrava impossibile: tirare fuori da ragazzi di strada il talento che è in loro e dare da mangiare a chi non riesce a garantirsi un pasto decente.

LA STORIA

Massimiliano che lotta e lavora: «È dura, tanti vogliono fregarti» Massimiliano ha 19 anni e tanta rabbia. Perché lui ha scelto di cambiare, come ha scritto in Ragazzi Cattivi, ma: «È difficile, nessuno ti aiuta oltre don Claudio. Anzi, ho fatto esperienza di come nel mondo del lavoro in tanti cercano di sfruttarti e fregarti. Sto cercando un lavoro che mi permetta di essere indipendente e farmi una famiglia, non voglio la luna, solo questo, mi basterebbe. Ma sembra impossibile. Se potessi me ne andrei, lo dico a malincuore perché amo l'Italia. Io sono di Pavia, ho tanti amici e voglio bene alla mia famiglia. Ma tanto qui non c'è futuro. Ma anche per andare via devi avere un capitale». Cerca una speranza, la chiede con rabbia perché non sa dove cercarla. O meglio, l'ha cercata ma ha trovato ben altro. Come ora che lavora per il cognato che ha un ristorante, ma questo lo paga poco e lo fa lavorare 12 ore al giorno. Oppure come quando ha risposto all'annuncio come magazziniere e si è ritrovato a fare un corso di formazione su come fregare le persone e fargli sottoscrivere polizze inesistenti. «Se continua così, mi troverò in mezzo alla strada una volta che don Claudio non potrà più tenermi. Ma io non farò le file per avere un panino o fare una doccia. Farò quello che so fare. Delinquere». Adesso Massimiliano sta meditando di andarsene dal ristorante. «Mio cognato dice che prima di dare un lavoro serio a me deve pagare tutti i debiti. Ma non è giusto sfruttare così le persone. I parenti? Spesso meglio gli estranei, se sono amici sinceri».

Daniele non c'entra niente con il libro. Ma anche lui è un ragazzo cattivo. Mentre era in prova da don Burgio, ha commesso un reato ed è finito a San Vittore perché intanto era diventato maggiorenne. Ha 23 anni. È di Quarto Oggiaro e come ci è tornato lo hanno convinto a commettere un reato. Non è fiero di quel passo falso. «Non volevo farlo, ma alla fine mi sono ritrovato dentro. Colpa mia, non ci sono dubbi. Adesso basta però, a San Vittore non ci voglio tornare. È brutto essere lì dentro, c'è molta differenza con il Beccaria. Al Beccaria ti aiutano, cercano di darti un'opportunità, di formarti per un lavoro, ci sono possibilità di riscatto. Ma quando finisci nel carcere per adulti è finita. Lì nessuno ti vede. Dalle guardie ai compagni di cella non devi aspettarti niente di buono. E non ci sono possibilità di cambiamento». Daniele da don Burgio ha ripreso a studiare. «Voglio prendere il diploma e mi piacerebbe andare all'Università e lavorare nel campo sociosanitario, infermiere, educatore, assistente sociale. Chi meglio di me potrebbe aiutare uno come me? Vorrei recuperare il tempo che ho perso, anzi che ho impiegato malissimo, e pensare a un futuro vero. Non so se ce la farò, ma lo voglio più di ogni cosa. Però ho anche paura di sbattere contro la realtà, e ritrovarmi dentro la vita di prima: sono ancora fragile».

maggio 2015 Scarp de’ tenis

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Bimbi oncologici: in vacanza con il sorriso di Stefania Marino

Si chiama “Vacanza del Sorriso” l’iniziativa che ogni anno porta nel Cilento oltre 200 famiglie di bambini affetti da patologie onco-ematologiche provenienti da tutta Italia. Settimana di feste, gite, giochi, gelati e colori. Per regalare emozioni uniche 36 Scarp de’ tenis maggio 2015

Si chiama la “Vacanza del sorriso” e non è un libro di favole. Sono giorni colorati, di sole e di mare, di gelati e aquiloni, costruiti su misura per bambini speciali in un posto speciale che è l’area del parco del Cilento, degli Alburni e del Vallo di Diano. È qui che arrivano da ogni parte d’Italia i bambini “speciali”, quelli che ogni giorno devono lottare contro le terribili patologie onco-ematologiche: cuccioli e combattenti, bamboline e guerriere. Giuseppe Damiani, presidente dell’associazione “Cilento Verde Blu”, quando incontra i suoi piccoli amici gli porge il pollice. Vietato stringere la mano. È il saluto ufficiale della “Vacanza del Sorriso” che altro non è se non una straordinaria esperienza di ospitalità che coniuga solidarietà, promozione del territorio con il coinvolgimento di enti, associazioni, operatori economici e sociali, privati cittadini. È un territorio intero che si muove: sono circa 400 i partner che fanno parte della macchina organizzativa che in un anno riesce a calendarizzare in cinque mesi ben 4 sessioni di vacanza oltre all’ospitalità nelle case del sorriso, riuscendo a far arrivare circa 200 famiglie. La segreteria della “Vacanza del


SUD sole e del calore umano del Cilento. La seconda sessione è prevista dal 6 al 14 giugno. Si chiama “Classica” e farà vedere ai piccoli ospiti le meraviglie della Grotta Azzurra di Palinuro, il borgo medioevale di Castellabate, il Museo del mare di Pioppi, e poi giochi, merende e gelati.

A sinistra uno degli spettacoli organizzati durante le settimane di vacanza. Qui sopra una piccola ospite in una dimostrazione antincedio.

La condivisione del dolore non genera altro dolore. Ognuno ha il proprio ed è talmente grande che non ammette moltiplicazioni. Genera invece un’energia, una consapevolezza maggiore della propria storia e del proprio cammino. Genera forza e nel caso della “Vacanza del Sorriso” genera anche emozioni uniche

Sorriso” dialoga con gli ospedali pediatrici oncologici di tutta Italia e con le onlus che supportano i genitori costretti ad affrontare la malattia dei propri figli. Sono loro i canali attraverso cui padri e madri di bambini post ospedalizzati entrano in contatto con lo staff dell’organizzazione. Tutto pronto per il 2015 Giuseppe Damiani insieme ad Alessandra Magliocca stanno scaldando i motori per affrontare la prima sessione di vacanza denominata “Magica” in programma dal 2 al 9 maggio. In agenda per 25 bambini e per le loro famiglie c’è la visita all’area archeologica di Paestum, alle Grotte di Gastelcivita, la regata in barca a vela ad Agropoli. Il modello della “Vacanza del Sorriso” si basa sull’offerta di beni dai partner. Ci sono gli operatori turistici, ormai parte integrante del sistema, che mettono a disposizione della famiglia una camera del proprio albergo; c’è chi offre il gelato, chi la pizza, chi i giocattoli. C’è l’ente che fornisce il pulmino per gli spostamenti e la pro loco che organizza la festa in piazza.

L’obiettivo è quello di regalare a bambini e famiglie, spesso destabilizzate dalla malattia, momenti di relax, di favorire la socializzazione, di mettere in relazione persone che condividono le stesse problematiche. Una condivisione che dà forza e coraggio perché quando dopo una settimana si torna a casa lo si fa sentendosi meno soli. Sono tanti i bambini nei reparti pediatrici oncologici. Damiani lavora per dare la possibilità a quante più famiglie possibile – specialmente a quelle con difficoltà economiche – di poter godere del

Ci vuole tanta forza per gestire la “Vacanza del Sorriso”. Forza emotiva per affrontare situazioni delicate, emergenze sanitarie, incontri e a volte, a distanza di tempo, distacchi. Giuseppe tanta forza l’ha trovata in una manina che per una settimana non voleva lasciare la sua. Una manina vivace affettuosa che un giorno ha smesso di muoversi. È stato quel vuoto e il ricordo del sorriso disarmante accanto al mare del Cilento la molla che ha fatto scattare in lui il desiderio di veder sorridere i bambini, specialmente quelli colpiti dalla malattia e dalla sofferenza. Una settimana di emozioni La terza sessione fissata nella prima settimana di luglio, chiamata “Di-

nAmica” si svolgerà nel Vallo di Diano: a Padula per ammirare la Certosa di San Lorenzo, a Sala Consilina per la visita alla Caserma dei Vigili del Fuoco, ma anche a Teggiano, Sassano, San Rufo, Polla, Montesano sulla Marcellana dove si concentreranno attività didattiche, culturali, la scoperta della flora e della fauna. E infine ultima sessione, quella mitica, dal 5 al 12 settembre sparsa tra il Cilento e il Golfo di Policastro toccando rinomate località balnerari come Marina di Camerota, Scario, Pisciotta, Sapri ma anche i borghi dell’entroterra come Morigerati e Caselle in Pittari. Sul sito della Vacanza del Sorriso, c’è uno spazio dove grandi e piccini possono lasciare un segno. Laura e Luciano così hanno scritto: «La condivisione del dolore non genera altro dolore. Ognuno ha il proprio ed è talmente grande che non ammette moltiplicazioni. Genera invece un’energia, una consapevolezza maggiore della propria storia e del proprio cammino. Genera forza e nel caso della “Vacanza del Sorriso” genera emozioni uniche».

L’INIZIATIVA

Coinvolto anche il mondo del teatro, sognando la “Grande casa del sorriso” Per sostenere le spese delle trasferte delle famiglie nel Cilento e nel Vallo di Diano, Giuseppe Damiani nel 2014 ha deciso di coinvolgere nella “Vacanza del Sorriso” anche il mondo della cultura. E così ha ideato la rassegna del Teatro del Sorriso. Ha chiamato a raccolta le compagnie teatrali del territorio del Parco chiedendogli di organizzare spettacoli teatrali per raccogliere fondi destinati ai rimborsi delle spese di viaggio dei beneficiari della vacanza. In 29 hanno risposto all’appello mettendo in scena per tutto l’anno decine di spettacoli. Nella progettazione futura c’è la “Grande Casa del Sorriso”, una casa diffusa su tutto il territorio, costituita dalla disponibilità ricettiva di hotel, b&b, appartamenti, villaggi. «Il nostro intento è di lavorare per far diventare il Cilento e il Parco Nazionale la casa dei sogni, del divertimento e dell’amicizia aperta a tutti quei bambini, ragazzi e famiglie che, costretti ad affrontare difficili problematiche di salute, ne avranno bisogno e ne faranno richiesta». Nell’agenda futura anche l’allargamento delle sessioni, con la Magnifica, l’Atletica, l’Artistica. La solidarietà continua. maggio 2015 Scarp de’ tenis

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A fianco Maria Luisa durante la sua in visita a Roma da papa Francesco. Nel riquadro sotto la copertina de La regina delle nevi, scritto con gli occhi

La vita meravigliosa di Maria Luisa di Simona Brambilla

Colpita dalla Sla nel 2009 Maria Luisa non può muoversi, né mangiare né bere. Ma nonostante tutto è un vulcano di idee: ha scritto un libro con gli occhi e non ha abbandonato la sua passione per la cucina sperimentando nuove ricette 38 Scarp de’ tenis maggio 2015

«Il mio corpo è imprigionato, i miei arti immobilizzati, la mia deglutizione interrotta. Non posso né mangiare né bere, se non attraverso un tubicino collegato al mio stomaco. Anche il respiro non è più il mio, attraverso la tracheotomia la via respiratoria non è più quella naturale. La terribile malattia che mi ha colpito si chiama Sclerosi laterale amiotrofica (Sla). È estenuante, senza pietà e, ad oggi, mi ha completamente trasformata, lasciandomi solo gli occhi per comunicare. Sì, caro Francesco, scrivo con gli occhi, che rappresentano le mie mani grazie ai progressi della tecnologia. Ma anche la mia mente è viva e volteggia tra i miei mille ricordi, sogna, pensa, scruta, restituendomi una percezione profonda di ogni cosa, seppur minima che sia». Con queste parole lo scorso anno, Maria Luisa Rizzi si è rivolta al Santo Padre in una lettera che è contenuta nel capitolo 19 del libro La regina delle nevi, volume che lei stessa ha scritto con gli occhi, i suoi unici mezzi per comunicare, dopo che nel 2009 è stata colpita dalla Sla.


LA STORIA

Grazie al sostegno della sua famiglia Luisa è riuscita ad incontrare lo scorso anno papa Francesco e a dargli forza e coraggio. Sì, lei ha incoraggiato il Santo Padre a non mollare. Nonostante tutte le difficoltà che è costretta ad affrontare, Maria Luisa infatti non si abbatte e ogni giorno lotta per suo figlio, Lorenzo, per suo marito, Davide, e per fare in modo che la ricerca per le malattie rare non si fermi. Non solo, si dedica anche alla sua grande passione: la cucina.

Nel suo libro Maria Luisa racconta come è cambiata la sua vita: «La mia testa vorrebbe fare tante cose: viaggiare, uscire, mangiare in compagnia degli amici, seguire di più mio figlio nelle sue attività. Tutte quella cose che la malattia mi ha portato via. Ma per fortuna sono circondata da tanto amore

Voglia di vita “normale” «Maria Luisa è una donna molto forte, un vulcano in eruzione – spiega il marito Davide –. Sperimenta sempre nuove ricette. Ovviamente non le prepara lei fisicamente, ma dirige i lavori con il suo comunicatore visivo, si occupa anche di fare la spesa via internet per procurarsi gli ingredienti da utilizzare, tutto per deliziarci con nuovi sapori, anche se lei non potrà mai assaggiarli». Luisa come tutte le mamme, è attenta e premurosa nei riguardi di Lorenzo, che oggi ha 17 anni. «Si

cerca di essere una famiglia normale – continua Davide –, anche se in realtà la nostra normalità è stata stravolta da questa “bastarda”, così lei definisce la malattia, perché anche le piccole cose che si davano per scontate, come uscire con gli amici, fare la spesa o cenare tutti insieme, ora non lo sono più». NeLa regina delle nevi, libro edito da Fondazione Don Carlo Gnocchi, Maria Luisa racconta come è cambiata la sua vita da quando è stata colpita dalla Sla: «La mia testa vorrebbe fare ancora tante cose: viaggiare, uscire, mangiare in compagnia degli amici, seguire di più mio figlio nelle sue attività. Insomma fa-

re tutte quelle piccole e semplici cose come abbracciare, parlare, cucinare – cosa che io ho sempre amato e amo fare – che ora mi sono impossibili, perché la malattia mi ha portato via tutto. Ma sono circondata da tanto amore, anche se a volte, quando vedi il buio, si diventa egoisti. La mia famiglia, i miei familiari, i miei amici mi stanno sempre vicino». Il titolo del libro di Maria Luisa, “La regina delle nevi”, prende spunto da un vestito di carnevale che lei da piccola adorava e ripercorre i più bei momenti della sua vita. Luisa scrive della sua famiglia, della sua infanzia passata a Barletta, dei suoi nonni, dei pranzi di Natale e delle gite fatte da bambina, come quella a Roma del 1979. Più fondi alla ricerca «Luisa ha voluto scrivere uno

spaccato di vita felice come stimolo per altri malati a non abbandonarsi ai pensieri negativi, ma a tenere sempre vivo il ricordo del proprio vissuto. Ha voluto mandare un messaggio e una lezione di vita importante a tutti noi, ovvero che si può continuare a vivere e creare anche nelle difficoltà più estreme». Luisa ha deciso che il ricavato di questo libro fosse devoluto alla ricerca per le malattie rare, cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica su un argomento ancora troppo poco discusso e su cui gli investimenti sono limitati. «Le case farmaceutiche – conclude Davide –, non hanno interesse ad investire nella ricerca in questo campo vistà l’esiguità del numero dei malati». Ma Luisa non si dà per vinta.

LA SCHEDA

Fondazione Don Carlo Gnocchi, un punto di riferimento importante Maria Luisa è stata ricoverata a lungo nel Nucleo specialistico dedicato all’assistenza di pazienti affetti da malattie neurodegenerative dell’Istituto “Palazzolo” di Milano della Fondazione Don Gnocchi. Assistita da un team multidisciplinare, guidato dal dottor Paolo Banfi, è stata seguita nelle varie fasi delicate del suo percorso riabilitativo. Nel libro “La regina delle nevi” l’introduzione è affidata proprio al dottor Banfi, mentre la prefazione è stata scritta da monsignor Angelo Bazzari, presidente della Fondazione. L’Istituto “Palazzolo” è uno dei centri della grande famiglia dell’Opera fondata oltre sessant’anni fa da don Carlo Gnocchi, oggi beato. Attraverso la presenza di 28 Centri diffusi in nove regioni d’Italia, con oltre 30 ambulatori territoriali e 3.602 posti letto, la Fondazione Don Gnocchi offre un’ampia gamma di servizi orientati verso specifiche patologie e bisogni. Dalle malattie respiratorie croniche alle cure palliative per malati terminali fino alle malattie neuromuscolari, gravi cerebrolesioni acquisite, disabilità progressive dell’età evolutiva e adulta, malattie neurologiche dell’età geriatrica, Alzheimer, Parkinson, sclerosi multipla e Sla. maggio 2015 Scarp de’ tenis

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VICENZA

I calciatori del Vicenza Calcio mentre firmano le sedie biancorosse che saranno messe all’asta in favore dell’albergo cittadino

Vicenza Calcio in campo contro la povertà di Ivano Frare

scheda I calciatori della prima squadra biancorossa hanno autografato 13 vecchie sedie di legno restaurate e ricolorate con i colori del Vicenza calcio dagli ospiti dell’albergo cittadino sotto la supervisione di un insegnante di tecniche di restauro e pittura. Le sedute sono state esposte all’area ospitalità Casa Vicenza, adiacente la Tribuna Centrale dello stadio cittadino. Saranno oggetto di vendita benefica in ricordo di una straordinaria stagione calcistica. I proventi saranno devoluti a favore dell’Albergo cittadino per senza dimora.

Vicenza, mattina del 25 marzo. Fuori piove, purtroppo. Nonostante questo però sento che la giornata porterà qualcosa di buono, e questo pensiero gira per la mia testa mentre pedalo sotto la pioggia, verso lo stadio di Vicenza, il Menti, per l’incontro organizzato tra la prima squadra del Vicenza Calcio e una rappresentanza dell’Albergo cittadino, il dormitorio pubblico del Comune. Per presentare il Vicenza basta dire che è una società storica con vent’anni di serie A alle spalle, vincitrice della Coppa Italia e squadra d’esordio di campioni come Paolo Rossi e Roberto Baggio. Quest’anno il Vicenza è terzo in classifica della Serie B e i tifosi della città berica hanno ricominciato a sognare le glorie passate. L’incontro tra due realtà tanto

I calciatori della squadra berica si sono resi protagonisti di un importante momento di solidarietà e condivisione

diverse rientra in un progetto della squadra di calcio che ha deciso di impegnarsi per conoscere situazioni di difficoltà presenti nel territorio. La mattinata di oggi è dedicata al laboratorio chiamato “L’Albergo del riciclo”, e dove le persone ospiti del Cittadino disegnano e danno vita a sedie ristrutturate e ripensate creativamente. Oggi campeggia in bella mostra uno stock di 13 sedie con i colori del Lanerossi Vicenza, il bianco e il rosso. Poi, dopo che i giocatori le avranno autografate una a una le sedie verranno messe all’asta, al termine della partita Vicenza-Carpi. Tutto il ricavato verrà reinvestito nel progetto stesso, l’Albergo del Rinnovo. Campioni con un cuore I giocatori del Vicenza arrivano alla chetichella. La cosa fa piacere, qualcuno aveva il dubbio che si sarebbero presentati in formazione e in posa per l’evento. Si dovrà ricredere anche chi pensava a una semplice presenza “fisica”: i ragazzi sono partecipi, seguono le spiegazioni e cercano di capire questa realtà che è presente nella loro città.

L’Albergo cittadino è radicato a Vicenza da parecchi anni e possiamo dire che ha salvato la vita a parecchie persone, compreso colui che scrive. Quando sei in strada, e il tuo fisico è ko, un letto caldo e un pasto ti permettono di sopravvivere e sono l’unico trampolino per tornare a vivere. Se chi, come questi atleti, è più fortunato si attiva si può sperare che nascano buone collaborazioni e momenti positivi, come quello di questa mattina. All’incontro era presente anche l’assessore al sociale Isabella Sala e a lei dobbiamo anche la possibilità di parlare della mia esperienza come collaboratore e venditore di Scarp de’ tenis. È un attimo e la sala si popola di pagine Scarp che vengono sfogliate con attenzione. Insomma questi ragazzi stamattina stupiscono e sorprendono: li conoscevo solo per le partite e per le interviste legate al mondo del calcio. È bello constatare che non vivono solo di quel mondo, ma si interessano a quello che li circonda nella quotidianità della città dove abitano. Da tifoso non posso che dire: «Grazie ragazzi per quello che fate in campo, grazie per la mattinata di oggi e, come qualcuno ha scritto sulle splendide sedie bianco rosse, “Love Lane Love”».

maggio 2015 Scarp de’ tenis

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“Materiali di ScARto”, arte per tutti di Vito Sciacca e Cristina Cellamare

Nato per caso dall’intuizione di don Giampaolo il laboratorio creativo per persone senza dimora nella chiesa di Gesù Buon Pastore di Torino ha generato “Canonica d’Arte” esposizione-mercato il cui ricavato contribuisce al reddito degi artisti 42 Scarp de’ tenis maggio 2015

Talvolta le cose accadono quasi casualmente. L’incontro tra il cappellano di un ospedale e una persona senza dimora che vi staziona per trovare tregua dal freddo non è certo una cosa infrequente, nei rigidi inverni torinesi; ma nel novembre di due anni fa accadde qualcosa d’inaspettato. «Fui colpito – racconta don Giampaolo Pauletto, collaboratore parrocchiale della chiesa torinese di Gesù Buon Pastore – soprattutto dal fatto che molte persone trascorrevano l’intera giornata nella sala d’aspetto dell’ospedale: una delle situazioni più noiose che riesca ad immaginare. Spesso mi fermavo con loro a parlare, ed un giorno uno di loro mi chiese se, giusto per passare il tempo, poteva allestire il presepio. Fui ben felice di raccogliere la proposta: realizzammo così un presepe costruito interamente con materiali di recupero. Successivamente Gerlando, questo è il suo nome, si offrì di restaurare degli ex-voto che da anni erano affissi su di una parete della cap-


TORINO quartiere in gravi difficoltà economiche, a un contributo Caritas e a uno stanziamento per lavoro accessorio, i tre artisti dispongono oggi di un reddito, oltre che alla consapevolezza di avere ritrovato una collocazione sociale.

A sinistra lo spazio espositivo la “Canonica dell’arte”. Qui sopra don Giampaolo Pauletto (secondo da sinistra) insieme a tre artisti di “ScARto”

info Per informazioni Canonica dell’arte, via monte Vodice 11, Giampaolo Pauletto tel. 331 7997880

pella, e in quell’occasione dimostrò una manualità non comune». L’entusiasmo di questa persona, e la sua voglia di fare sono contagiosi; in breve tempo prende forma un altro progetto più ambizioso: la realizzazione degli arredi della cappella dell’ospedale. Fu soltanto un inizio: ben presto altre due persone senza dimora decisero di unirsi al progetto e, procuratisi alcuni attrezzi essenziali, iniziarono a cercare lavori da svolgere. «Il punto di svolta fu costituito – ricorda don Giampaolo – dalla realizzazione di un crocifisso per la chiesa di S. Andrea a Bra, una cittadina sita in provincia di Cuneo: si trattava di un’opera in legno che, al di là delle nostre previsioni, piacque molto. Forse fu allora che ci rendemmo conto di stare producendo arte. Seguirono un portacero per la parrocchia del Buon Pastore, ed alcune sculture vennero acquistate da privati». Un laboratorio in parrocchia Da quel momento il gruppo acquisì una sua connotazione precisa: contemporaneamente all’allestimento di un laboratorio all’interno della parrocchia denominato “Materiali di ScARTo”, don Pauletto coinvolse alcuni professionisti – un falegname, un verniciatore e un’esperta in sculture su legno – che fornirono preziosi suggerimenti tecnici ed ebbe inizio una serie di produzioni, due delle quali esposte alla scorsa edizione di “Paratissima”, manifestazione d’arte

contemporanea cui partecipano, oltre ad artisti affermati, creativi emergenti che non sono ancora entrati nel circuito ufficiale.

A metà marzo si è poi svolta l’inaugurazione di “Canonica dell’Arte”, spazio espositivo permanente all’interno della chiesa: si è trat-

tato di un vernissage cui hanno partecipato numerosi visitatori, che ha permesso agli artisti di fornire una presentazione sinottica della propria produzione: sculture realizzate in legno e stoffa, tutti materiali rigorosamente di recupero. Grazie alle vendite, e di questo don Pauletto ne è orgoglioso, con cui è stato anche possibile attivare un intervento di sostegno economico a favore di un residente del

L’arte mi ha fatto ritrovare «Avevo perso il mio lavoro di muratore due anni fa – racconta Gerlando –, poi gli eventi erano precipitati: casa, amicizie. Tutto perduto. Vivevo per strada, ogni tanto facevo piccoli lavoretti, tanto per passare il tempo guadagnando qualche soldo per le mie spese, ma non era una vita: la cosa peggiore era sentirmi senza scopo, un giorno dopo l’altro, proprio io che non sono mai stato capace di rimanere con le mani in mano. Questa cosa mi ha cambiato la vita: qui ho ritrovato una motivazione, un reddito e un punto di riferimento. Ho ritrovato la passione che avevo da giovane quando praticavo modellismo navale; mi è sempre piaciuto lavorare con le mani; è una sensazione meravigliosa trasformare materiali di scarto in qualcosa di bello». Esattamente come lui ed i suoi compagni d’avventura, che da “vite di scarto” hanno saputo trasformarsi in creatori di bellezza.

LA SCHEDA

Ostensione Sacra Sindone: posti letto del piano invernale fino al 30 giugno L’ostensione della Sindone, prevista a Torino dal 19 aprile al 24 giugno, avrà una “ricaduta” positiva sulle persone senza dimora: dall’assessorato alle Politiche Sociali del Comune è stata infatti resa nota la decisione di prolungare l’incremento di posti disponibili per il piano invernale, che da anni viene attivato a Torino nella stagione fredda. Quest’anno, invece, l’incremento di posti letto si protrarrà fino al 30 giugno, rendendo disponibili circa 100 posti oltre a quelli normalmente fruibili nel corso dell’anno. Anche le attività del centro diurno femminile di Via Ghedini proseguiranno per altri due mesi, così come anche il potenziamento dell’unità educativa di strada. Informazioni: Servizio adulti in difficoltà Comune di Torino, 011-4431510 maggio 2015 Scarp de’ tenis

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Il ghetto di Genova ospiterà dal 5 al 7 giugno 2015 la “Biennale della Prossimità”. A destra il logo della manifestazione

Prossimità, un festival per dare voce di Paola Malaspina

Il luogo dell’incontro ha già un che di suggestivo: siamo nel ghetto di Genova, la zona del centro storico a forma di quadrilatero irregolare tra via del Campo, via Lomellini e Piazza della Nunziata, interessata da circa dieci anni da interventi di riqualificazione volti a creare servizi pubblici e centri di aggregazione, oltre che iniziative di recupero del patrimonio artistico ed edilizio.

Dal 5 al 7 giugno Genova ospiterà la Biennale della Prossimità, evento dedicato a iniziative di inclusione sociale e cittadinanza attiva. Dopo il rinvio dello scorso ottobre, causa alluvione, si riparte pieni di aspettative e di spunti di riflessione

Un luogo emblematico, di quello che è lo spirito della “prossimità” e l’impostazione che anima questa biennale: la presenza sul campo, il supporto alle esigenze che le persone manifestano rispetto al loro vivere sociale in un determinato contesto geografico e momento storico, ma anche l’idea di fare rete, mettere a sistema risorse, proposte, idee. Persino la “Locanda” dove Alessandra Grasso, del comitato organizzatore della Biennale, mi invita a pranzo, è una prima concreta prova dei risultati che si possono raggiungere con quest’approccio. Proprio nel vico omonimo, dedica-

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GENOVA

to alla nobile famiglia Adorno, che nel “secolo d’oro” del dogato genovese aveva qui la sua residenza, la Locanda nasce come uno spazio di ristorazione aperto a tutti, a pranzo e a cena, con menù ligure a prezzi contenuti: alla base, vi è un progetto di ristorazione sociale del Consorzio Agorà per l’inserimento lavorativo di persone provenienti da situazioni di disagio. Utilizzando in parte fondi del contratto di quartiere per la riqualificazione, la Locanda vuole contribuire anche alla valorizzazione storica del quartiere del Ghetto in sinergia con le reti sociali del quartiere.

info Rete nazionale per la Prossimità La rete nazionale per la Prossimità è promossa da Consorzio Nazionale Idee In Rete, ISNet – Spesa Utile, Fondazione Ebbene, Social Club Torino, Social Club Genova, e Consorzio Emmanuel – Emporio solidale Lecce. Queste organizzazioni hanno firmato nel giugno 2013 un protocollo di intesa in cui si impegnano a collaborare per potenziare la propria azione e per promuovere insieme la cultura della prossimità.

Prossimità e riqualificazione «È proprio questo lo spirito della prossimità – spiega Alessandra – laddove le esigenze materiali, culturali, sociali di una comunità faticano a essere seguite con costanza ed efficacia dalle istituzioni, l’intervento può essere realizzato in sinergia con forze provenienti dal basso, cioè con risorse messe a sistema da quelle stesse persone che manifestano le problematiche e le esigenze del loro contesto». L’idea è semplice, ma decisiva è l’esperienza concreta che si sta vivendo in diverse realtà, dalle piccole comunità rurali o montane, ai quartieri e alle varie forme di aggregazione urbana, offrono una testimonianza in questo senso. «Siamo aperti a tutti – dice Alessandra – ci interessa qualunque contributo nell’ottica della prossimità, dell’inclusione sociale e della cittadinanza attiva, nei diversi ambiti in cui si può manifestare: inserimento lavorativo, rigenerazione degli spazi urbani e abitativi, produzione sociale e consumo responsabile, educazione, integrazione e socialità. Nasciamo come una realtà di sistema, composta da molti soggetti differenti, senza troppi vincoli di entrata e di uscita, a partire da un consorzio di secondo livello, cioè un grande consorzio di consorzi, al quale si sono aggregati molti soggetti, da realtà territoriali differenti». Senza conta-

re che anche la comunicazione e la promozione si svolgono sempre in un’ottica di rete, attraverso un gruppo aperto “Comunica-biennale” che si arricchisce ogni giorno di nuovi contributi.

Ma perché pensare proprio a un evento di ampio respiro e complessità organizzativa, come una biennale di tre giorni? «Tutto nasce dall’idea di iniziare a fare il punto su quello che stavamo costruendo e, al contempo, offrire alla città una prova di quello che si può riuscire a realizzare. L’idea, inoltre, è quella di offrire piccoli spazi, ma a tutti: cioè, microfono aperto, dieci minuti a ciascuno e la possibilità di esprimere idee e proposte».

Si riparte dal post alluvione La Biennale, in programma dal 5 al 7 giugno, parte con tutti gli ingre-

dienti giusti per offrire alla città un contributo concreto e di successo. Parte (quasi) per la seconda volta, perché l’iniziativa era in realtà programmata per lo scorso ottobre, quando i danni dell’alluvione e l’allerta cittadina misero in ginocchio la città e costrinsero al rinvio. «Uno stimolo per partire ancora più positivo – racconta Gianfranco Marocchi, anche lui tra gli organizzatori della Biennale –. Tanti sono i soggetti, cooperative, consorzi, comitati di quartiere, associazioni che si sono iscritti, tanti quelli che possono iscriversi. Lo spirito della Biennale è quello di riuscire a raggiungere persone fuori dal contesto del “terzo settore”. Il bello è poter aggregare in uno stesso luogo realtà diverse, mettendo insieme cantastorie dal Sud Italia e gruppi sportivi che aggregano persone disabili con danza e movimento».

SCHEDA

Tante le organizzazioni coinvolte per far crescere il senso di comunità La Biennale della Prossimità è promossa dalla Rete Nazionale per la Prossimità, network di organizzazioni che condividono l’obiettivo di combinare interventi di prossimità con la promozione di una riflessione pubblica su questi temi. Queste organizzazioni condividono alcuni elementi: evitare che il bisogno sia inquadrato e costretto in categorie burocratiche, far coincidere la risposta al bisogno con la promozione di cittadinanza attiva e del protagonismo delle persone e dei territori e associare il concreto agire quotidiano con il rilancio delle proposte culturali e politiche. Il Consorzio Nazionale Idee in Rete raccoglie consorzi di cooperative sociali che operano in tutta Italia. Conta oggi oltre 30 soci in 15 regioni italiane, cui fanno riferimento circa 450 cooperative sociali, per i quali mette a sistema opportunità e capacità su ambiti di attività con contenuti innovativi. I Social Club Genova e Torino sono due associazioni che mettono insieme cooperative sociali e associazioni con lo scopo di migliorare la qualità della vita dei loro lavoratori accrescendone il potere d’acquisto, favorendo l’accesso all’abitazione, diffondendo il microcredito, realizzando i gruppi d’acquisto e promuovendo attività per il tempo libero. Èbbene è una fondazione che agisce attraverso centri di prossimità. Mette a disposizione un numero verde nazionale gratuito e offre servizi alimentari, socio-sanitari-educativi, di tutela legale, di patronato e Caf e di accompagnamento lavorativo. maggio 2015 Scarp de’ tenis

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Osvaldo Gago

VENEZIA

Carta di Sant’Erasmo, proposte concrete dai senza dimora di Michele Trabucco

La Carta di sant’Erasmo nasce da una sincera e semplice esperienza di condivisione e vicinanza di un parroco della periferia di Mestre, che ha voluto e saputo ascoltare i senza dimora che ogni domenica si recano nella sua parrocchia per una colazione, di cibo e di relazioni umane. Eccone alcuni stralci.

info Caritas Veneziana Santa Croce 495/a Venezia Tel 0415289888 Fax 0415205933 info@caritasveneziana.it

*** Scrittura collettiva iniziata il 3 novembre 2014 da Veliko, Claudio, Anna, Stefano e un’ altra trentina di persone. La Carta è aperta ad ogni contributo.

È tempo di ascoltarci Le persone senza casa vogliono essere riconosciute come persone e basta, perché spesso sembra loro di essere invisibili a chiunque. Vorrebbero trovare un punto di incontro tra le persone che appartengono a realtà diverse. Vorrebbero proporre a tutti di conoscerli per quello che realmente sono e non per come appaiono a chi li vede per strada. Per diminuire la paura e diffidenza della gente loro per primi si impegnano a correggere alcuni comportamenti sbagliati.

È tempo di ascoltare Ci siamo dedicati alla lettura comunitaria del discorso che papa Francesco ha rivolto ai movimenti che lottano contro le ingiustizie in tutto il mondo, il 28 ottobre 2014.

È tempo di guardare Dobbiamo guardare sul lato opposto della strada: “La casa e il lavoro, quello per cui voi lottate, sono diritti sacri. Esigere ciò non è affatto strano, è la dottrina sociale della Chiesa”.

Da un’esperienza di condivisione di un parrocco della periferia di Mestre è nata un’interessante “carta di intenti”

È tempo di proposte concrete Sembra che nel comune di Venezia ci siano circa 1.300 alloggi vuoti. Chiediamo conto di questo partecipando il 5 novembre ad un

incontro a Ca' Farsetti. Ci piacerebbe che ci fosse anche in Italia una forma di sussidio che sostenga la ricerca di lavoro, per vivere più dignitosamente. In altri Paesi è stato introdotto il “Reddito di inclusione sociale”. Anche in Italia è stata fatta la proposta alle istituzioni (www.redditoinclusione.it ) È importante che tutti possano partecipare alle decisioni sugli impegni concreti da assumere: le persone senza casa vogliono in prima persona partecipare alle proposte che le riguardano e prendersi le loro responsabilità. Propongono di fare lavori socialmente utili come giardinaggio e cura dei parchi della città. Contributi al dibattito Docce – Se sei ordinato e pulito non ti chiedono subito i documenti. Casa e lavoro – L'esigenza di una casa e di un lavoro stanno sopra di tutto. Strategia della gradualità – La modalità potrebbe essere quella di cercare di ottenere delle cose gradualmente: un dormitorio in più, stanze grandi dove incontrarsi; un luogo dove riposarsi, scaldarsi, e poter leggere un libro; un posto, in parte anche autogestito, permetterebbe di garantire dignità. Una struttura pubblica non darà mai un ambiente a persone singole. Ci vogliono delle strutture che si assumono la responsabilità della gestione. Opinione pubblica – Bisogna creare una contro-informazione. Noi non siamo accettati dal sistema perché in Italia non c’è tolleranza. Visto che l’opinione pubblica ha una immagine distorta dei senza dimora bisogna cercare di dare una immagine diversa. Anche coinvolgendo persone ai vari momenti in cui ci troviamo. Affidabilità – Bisogna avanzare richieste precise, ad esempio l’aumento delle strutture, ma dobbiamo essere in grado di assumerci anche un parte dei doveri. Dobbiamo metterci la faccia, facendoci anche carico di garantire serietà e affidabilità. maggio 2015 Scarp de’ tenis

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Farmaci on line: benvenuti nel far west di Angela De Rubeis

Sul web oggi è possibile comprare ogni tipo di farmaco, anche quelli per cui è necessaria la prescizione medica. In libertà. Basta pagare. Viaggio di Scarp tra chi promette di curare ogni tipo di male. Anche quelli che non esistono 48 Scarp de’ tenis maggio 2015

All’inizio è stata una semplice percezione, l’idea che curarsi attraverso gli strumenti offerti dal web fosse una semplice moda, oppure un’azione preliminare per essere preparati prima di presentarsi davanti a un medico. Ma la realtà ha superato la fantasia. Il web ha sostituito il medico? I numeri parlano chiaro e raccontano una storia piuttosto preoccupante. Ancora più preoccupante se si pensa che non solo ci si può informare su sintomi e possibili cure, confrontarsi con forum di persone che soffrono degli stessi mali, ma si può anche accedere al mercato dei farmaci. E non stiamo parlando di semplici farmaci da banco (come prevede la legge italiana) ma anche farmaci che necessiterebbero di una ricetta medica, come psicofarmaci che si possono acquistare in flaconi oppure in singole pillole su siti stranieri. Da un recente studio realizzato per capire che cosa la gente ricerca attraverso il più famoso e diffuso motore di ricerca del mondo (Google) è emerso che una ricerca su venti ha come soggetto un sintomo oppure il nome di una malattia. Si tratta di numeri spropositati se si


RIMINI blog delle esperienze degli altri può virare verso l’autodiagnosi e l’autocura. Un buco nel quale non cadono solamente gli ipocondriaci ma anche le persone “normali” che entrando in confidenza con il web si fidano del mezzo, come si fidano di un’amica alla quale chiedono la ricetta per “ammazzare” la fettina di pollo, appunto.

Qui sopra l’ordine fatto on line del Mellarin, farmaco che contiene Tioridazina, farmaco che cambia le azioni di sostanze chimiche nel cervello

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pensa che ogni hanno vengono realizzate milioni di ricerche. Nel 2014, inoltre, il network PriceWaterhouseCoopers nel condurre uno studio che ha coinvolto 10 paesi (presentato al Forum annuale organizzato dalla Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere italiane) ha rilevato che il 59% dei pazienti ricorre a internet per raccogliere informazioni su malattie, cure e trattamenti, saltando la visita dal medico. Viene a mancare il contatto con la figura tradizionale di medico che sfuma tra i bit dell’Adsl. A dir la verità in questo momento la chiave con la quale vengono lette queste informazioni è quella di cercare di capire se e in che modo si può utilizzare internet. L’idea che l’e-medicina possa conquistare pezzi crescenti di realtà sposta l’orizzonte verso il costruttivo utilizzo del mezzo, per divulgare informazioni e comportamenti. Una giungla pericolosa Il problema è capire se siamo ancora in tempo. Come spesso accade, con il web, mentre i luminari studiano il da farsi, la base si muove a modo suo, lungo direttrici non sempre specchiate e alla fine i luminari ci arrivano tardi e solo per mettervi una pezza, mentre tutt’intorno è la giungla. Sulla medicina, sulle cure, sulle malattie, sui malati questa giungla è assai più pericolosa e non è necessario spiegare il perché. Hai una fettina di pollo e non sai come cucinarla? La ricetta su internet va benissimo. Ma se hai un mal di testa e vuoi cercare di capire i motivi, la cosa diventa più pericolosa. La “ricetta” degli utenti, i consigli, i racconti nei

Curarsi attraverso internet, il cercare on line - più o meno ossessivamente - sintomi sui propri mali. Ci possiamo cadere tutti? Andrea

Fantini, medico psichiatra, ci spiega che «tutti possiamo caderci. Sta prendendo piede e riguarda non solo il fare ricerche. Il discrimine, infatti, si gioca anche sulla qualità delle informazioni. Infatti su internet si possono trovare anche informazioni poco attendibili, che arrivano da fonti non accreditate. Si possono correre dei seri rischi».

A detta del dottor Fantini capita spesso che «i pazienti arrivino già con la diagnosi, o comunque dopo aver raccolto informazioni sui loro casi. Non è sempre facile affrontare l’idea che si sono fatti. Molte volte cercano delle conferme delle loro idee piuttosto che informazioni corrette». Intanto, per metterci una pezza, Google ha pensato bene di inserire un box (a destra) nella pagina del risultato della ricerca dove vengono date informazioni sulla salute che sono stati scritti oppure verificati da veri medici, in carne ed ossa. Google si vuole forse sostituire ad un medico curante? Sarà, di certo Google non si potrà rendere conto se i sintomi individuati sono dovuti a reali stati di malattia oppure a fattori psicosomatici, non avrà una cartella clinica, non conoscerà la storia clinica del paziente. Che il web si rassegni, non può sostituirsi a tutto.

LA SCHEDA

Ordinare farmaci on line: facile, veloce e quasi senza rischi La legge è chiara ed è stata da poco ritoccata per cercare di mettere un po’ di ordine nella selva del web. Un decreto che risale al marzo 2014 ha stabilito che le farmacie possono vendere on line farmaci da banco, quelli che non necessitano della prescrizione medica. Un bel paletto al quale se ne aggiunge un altro: infatti solo le farmacie accreditate potranno vendere su internet. Una norma che punta alla tutela del paziente e che cerca di limitare i danni. Ma la realtà è un’ altra. On line i farmaci si possono comprare, basta rivolgersi ad un sito straniero ed eccoci davanti ad antidepressivi, antitumorali, antibiotici e farmaci per disturbi mentali. Appena un anno fa da pillathand.com (che nel frattempo è sparito dal web) ho avuto accesso alla sezione “disordini mentali” e la possibilità di comprare il Mellarin che contiene la Tioridazina, un principio impiegato per trattare disturbi psicotici come la schizofrenia e che cambia le azioni di sostanze chimiche nel cervello. Si “aggiunge al carrello” il Mellarin (0,34 centesimi a pillola) e si sceglie tra le pasticche da 10, 25, 50, e 100 mg, prezzi diversi e confezioni da 30 a 360 pillole. Individuato il flacone più idoneo si procede con l’acquisto. Informazioni richieste: dati anagrafici, dati per la spedizione, la possibilità di inserire coupon di sconto (pubblicati random nel sito) e poi le informazioni bancarie, inserire i dati della carta di credito e via. È fatta. Il Mellarin è mio. Basta cercare buy drugs su internet per accedere a siti che nascono e muoiono molto velocemente per effetto delle segnalazioni e successive denunce. maggio 2015 Scarp de’ tenis

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aforismi

POESIE

di Emanuele Merafina

Italia Lo stivale si è ammalato non ci sono più dottori nè soldi L’amore è Due cerniere lampo che si trovano in salita

Gnam Gnam Fa male mangiare tanto. Fa male soffrire la fame. Fa bene mangiare di tutto, poco e spesso, senza pasticciare. Il cibo è un bene prezioso che, se ben usato, ci mantiene in salute e ci rende forti. Ma chi mangia troppo lo fa perché non sta bene. Lo fa per dimenticare. Perché il cibo da spossatezza e, come una droga, fa dimenticare il presente Silvia Giavarotti

Bambino Corri bambino, cerca e trova la tua mamma In mezzo a questa guerra dove hai perso tutto. Corri bambino, cerca e trova la tua mamma In mezzo a questi uomini che giocano con le armi A fare i soldatini Federica Tescaro

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Credo in te

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Volto di donna L’amore, croce e delizia, gioia di stelle nel firmamento o in profondi abissi uno smarrimento. È fuoco eterno o un abbagliante lampo è umano e disumano materia di saggi e poeti è la bellezza nel volto di una donna. L’amore è il mio tormento ed io non posso far nulla, se non farmi trovare al prossimo appuntamento. È bello e ha un dolce buon gusto il sorriso ma strepitoso è cogliere l'anima in occhi di lacrime intrisi. Mino Beltrami

Varese Una luce gioviale risplende su Varese all’incanto dei suoi sette colli. Al vagito di un bimbo che viene alla luce in un argomento solidale alla libertà. Alla fantasia di un cuore segreto che racconta tante storie davanti all’incanto del lago. E la meraviglia di giardini e ville stupende che avvolgono una città infreddolita da sospiri fino lassù il Sacro Monte. Dove la via della montagna racconta la storia di Gesù fino all’angolo più oscuro. Dove anche i saggi hanno paura nel buio della notte avvolta da tanta incertezza. Fra le mille stelle di un sogno plausibile alla gioia di un miracolo che è Varese.

Credo in te amore mio, credo nel tuo sorriso segno di gioia per il mio cuore. Credo nel tuo sguardo, luce riflessa del tuo cuore. Credo nella tua mano, che tiene stretta la mia. Credo nel tuo abbraccio, approdo sicuro nel tuo cuore. L’idea di un giovane volontario Credo nella tua parola, espressione limpida del tuo amore. della Ronda della carità di Milano: Credo in te, amore mio, così, semplicemente.

Armando Marchesi una App contro lo spreco alimentare Gaetano “Toni” Grieco maggio 2015 Scarp de’ tenis

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POESIE

Sognare

Sognare dovrebbe essere proibito, perché quando ti svegli è ormai tutto svanito. Si sogna forse per casualità, ma quando ahimè, ti desti sei già nella realtà e la realtà, ditemi se sbaglio, il più delle volte è solo un grosso abbaglio. Mirella

Non più Chi sei? Chi sono? Non più tu, né io. Profili crocifissi di dolore. Schegge pungenti di un passato trascorso solo date, smarrito da lui abilmente obnubilato. Le apologie misogine del crudele maestro sedimentano anni di paure. Tu, schiavo inconsapevole dell’eterno padrone, taci e rinunci a me e a te stesso Aida Odoardi

Arrivederci Ezio, Mr armonica Sei volato Ezio, Mr. Armonica là ove, tu, umil’animo, sì come semplice di cuore, potrai ogni dì recitare poesie tue. Esse furono ritratti appassionati, diapositive amate della realtà più vera, che osservavi con la pace nella mente e nel cuore. Altra faccia della gioia; altra faccia della pace, che “Lui” sempre augurò. “Lui” in essi doni ci ammaestrò; ci insegnò umiltà, sì che dolcezza. “Lui” ci volle “fanciulli sempre”; ci disse “grandi”, qualor “piccoli” divenuti. L’idea di un giovane volontario Tu, ti facesti “tal piccolo”, sì come volle della Rondaildella carità dicuiMilano: Rabbì d’Israele, or hai tanto da narrare. Nino Randazzo una App contro lo spreco alimentare

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VOCI DALL’AMERICA

Dalla strada fino ad Harvard, la nuova vita dell’ex sergente Alicia Tuta da ginnastica e cappellino, slanciata e aspetto atletico, Alicia Watkins sembra una fanatica del fitness pronta all’ennesimo allenamento in palestra. Ma quando comincia a parlare emerge una storia diversa. Vive in di Damiano Beltrami

scheda Damiano Beltrami, nato a Genova. Classe 1982. Reporter. Negli Stati Uniti dal 2008 con una borsa Fulbright. I suoi articoli e i suoi video sono apparsi su testate americane e italiane, tra cui il New York Times, l’Huffington Post e il magazine mensile del Sole-24Ore IL. Nel tempo libero ama camminare nei boschi.

una macchina che affitta a 10 dollari al giorno, la sua cucina è una cassetta di cartone con del cibo in scatola che tiene nel bagagliaio, e quando deve usare il bagno è costretta a sfoderare il suo miglior sorriso con il barista o il portiere d’albergo di turno. Alicia Watkins è un ex sergente dell’aviazione americana, ha operato in Iraq e in Afghanistan. Ha rischiato la vita per la libertà degli altri, è sopravvissuta agli attacchi dell’11 settembre (al tempo lavorava al Pentagono, anch’esso colpito) e ha visto diversi colleghi morire. Ma quel che l’ha spaventata di più è stato tornare alla vita civile e ritrovarsi senza una casa. Il sussidio è solo un argine Il sussidio di disoccupazione, 700 dollari mensili, serve solo ad arginare i debiti, l’unica soluzione abitativa è quell’auto. Per la verità a un certo punto Watkins ottiene un monolocale popolare, ma lo cede a un’amica disoccupata, senza marito e con tre figli piccoli. «Sarebbe stato diverso se non avessi visto i bambini, ma così ho preferito che la stanza la prendessero loro. Come si poteva dire di no?». La famiglia afroamericana di Watkins non sa nulla della sua situazione. Lei si isola e non vuole vedere

nessuno. Continua però a prendersi cura di sé: corre regolarmente, presenta il curriculum a varie imprese e ottiene colloqui. Il suo segreto, però, resta tale. Fino a quando lo confida in diretta televisiva a tutta l’America, all’Oprah Winfrey Show.

A inizio 2012 Alicia ha ricevuto una lettera: mittente Harvard University. Oggi Alicia vive nel campus del famoso ateneo, a Cambridge, in Massachusetts. E se tutto va per il verso giusto, si dovrebbe laureare nel 2017. L’auto in cui teneva lo scatolame e in cui sopravviveva è molto lontana.

Alicia Watkins con la maglietta di Harvard

Una nuova vita Era il 2010. Dopo la famosa intervista, Watkins è andata ad abitare a casa di un’amica. Anche se il periodo più buio era forse alle spalle, non era ancora in grado di lavorare. Soffriva di disturbi post traumatici da stress, un insieme di forti sofferenze psicologiche provocate da situazioni dolorose e particolarmente stressanti. Era tormentata da flashback di corpi esplosi, da strade con bombe pronte a saltare in aria, e dai colpi di mortaio, che sentiva riecheggiare nella mente al supermercato, in palestra, in salotto. Nonostante questo, Alicia, nella nuova casa ha trovato un po’ di serenità, e ha deciso di tornare a studiare. Ha mandato domande a diversi college e atteso la loro decisione.

All’inizio del 2012 ha ricevuto una lettera. L’indirizzo del mittente diceva Harvard University. Oggi Alicia vive nel campus del famoso ateneo, a Cambridge, in Massachusetts. E se tutto va per il ver-

so giusto, si dovrebbe laureare nel 2017. I fondi per pagare la salatissima retta sono arrivati in parte dall’esercito che, tramite una legge nota come G.I. Bill paga una quota delle spese universitarie agli ex soldati che vogliono conseguire una laurea, e a altre borse di studio collegate all’università. Quell’auto in cui teneva lo scatolame e in cui sopravviveva è molto lontana. maggio 2015 Scarp de’ tenis

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VENTUNO

Il mantra della flessibilità e le regole del lavoro Riforme su riforme non hanno dato risposta, almeno in termini economici, al tema della precarietà e della disoccupazione. Tutte le scelte assunte da Governi paiono andare in un’unica direzione: aiutare le imprese di Andrea Barolini

scheda

Ventuno come il secolo nel quale viviamo, come l’agenda per il buon vivere, come l’articolo della Costituzione sulla libertà di espressione. Ventuno è la nostra idea di economia. Con qualche proposta per agire contro l’ingiustizia e l’esclusione sociale nelle scelte di ogni giorno.

«Da oggi in poi cercare e dare lavoro in Italia è più facile. Il lavoro interinale è uno strumento modernissimo: si calcola che le agenzie abbiano già 200 mila nomi da poter avviare al lavoro. Significa aprire le porte delle fabbriche a chi non ha mai visto una busta paga». Era il 1997, e a parlare era l’allora ministro del Lavoro Tiziano Treu (primo governo Prodi), subito dopo l’approvazione dell’omonimo «pacchetto», considerato da molti come il primo passo verso la flessibilizzazione del mondo del lavoro in Italia. Con esso, si istituiva per la prima volta il lavoro interinale (precedentemente vietato da una legge del 1960, la numero 1369). Quindici anni dopo, nel 2012, un altro ministro del Lavoro, Elsa Fornero, scatenava un putiferio di polemiche invitando i giovani a «non essere troppo choosy (schizzinosi, ndr)» nella scelta di un impiego. Tra i due, altri passaggi

hanno incrementato il tas-

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so di flessibilità del lavoro italiano: su tutti, la riforma del contratto a tempo determinato del 2001, e la legge Maroni del 2003. Riassumendo, negli ultimi due decenni sono nati i co.co.co., i co.pro. e decine di altri contratti diversi da quello «tradizionale».

Sulla stessa falsariga, oggi il governo Renzi punta a incentivare le aziende ad assumere con fortissimi aiuti per i primi tre anni: una ma-

novra che potrà essere giudicata perciò solo sul medio-lungo periodo, quando si vedrà se le aziende, superato il periodo agevolato, decideranno di tenere i lavoratori o se preferiranno licenziarli, pagando una penale, e ricominciare daccapo (vale la pena di ricordare che anche per i co.co.co. esisteva la regola per cui, dopo 36 mesi, l’azienda avrebbe dovuto vedersi obbligata ad assumere...). Un mondo di precari Governi di centrodestra e centrosinistra, insomma, hanno assunto posizioni con sfumature certa-

mente diverse, ma che comunque hanno puntato decisamente nella medesima direzione: quella dell’andare «incontro alle imprese». Facendo leva, di fatto, sulle tutele dei lavoratori, sulle tipologie di contratti applicabili e sui livelli dei salari. Tutto ciò senza due

ingredienti fondamentali: un forte dinamismo economico e un sistema di regole che «seguisse» le riforme. Il primo, infatti, è indispensabile se si sceglie un mercato del lavoro flessibile: se non c’è «ricambio» di lavoro, ovvero la possibilità di trovare in breve un’alternativa ad un impiego perduto, di quella che nel Nord Europa chiamano flexicurity (crasi tra le parole flessibilità e sicurezza), resta solo la prima parte. Il sistema di regole, invece, avrebbe dovuto adattare la società alle nuove tipologie di lavoro. Un esempio per tutti: se si creano milioni di lavoratori a tempo determinato, occorre consentire loro di poter ottenere un accesso al credito bancario, ad esempio per poter acquistare un


Secondo gli studiosi è dagli anni ottanta che l’idea unica è quella di pensare al lavoro come a una variabile che impedisce la crescita. Ma si fossero mantenuti i posti di lavoro sarebbe stato più semplice rispondere alla recessione?

immobile. Tutto questo, invece, non è avvenuto. E, in pochi anni, anche il lessico è cambiato: la parola flessibilità ha lasciato spazio ad un altro termine, che ben riassume la vita sociale di milioni di lavoratori (soprattutto giovani): precarietà. Ciò nonostante, il

mantra della flessibilità come ricetta per rilanciare l’occupazione non è stato mai messo seriamente in discussione.

Contratti, mille tipologie Ma al di là delle parole, proviamo a valutare in termini economici i risultati reali delle scelte assunte dei governi dagli anni Novanta ad oggi. Per quantificare il grado di flessibilizzazione del mondo del lavoro, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) calcola ormai da anni un indice, chiamato Epl (Employment Protection Legislation). Si tratta di un dato che prende in considerazione numerosi fattori: tipologia dei contratti, tutele, modalità di assunzione e di licenziamento. Ebbene, secondo le cifre

In questi anni è cambiato il lessico. La flessibilità ha lasciato spazio alla precarietà, parola che ben riassume la vita sociale di milioni di lavoratori in Italia

riportate sul Word Economic Outlook 2010 del Fondo monetario internazionale, il dato per l’Italia è passato dal 3,57 del 1990 all’1,89 del 2008. Un calo enorme, ben oltre il 40%, che fa del nostro Paese uno di quelli che hanno flessibilizzato maggiormente il sistema negli ultimi decenni. E in termini di nuovi posti di lavoro? Ebbene, tra il 2002 ed il 2008 le Unità di lavoro equivalenti (Ula, somma delle posizioni lavorative a tempo pieno e dei part-time, trasformati in unità equivalenti a tempo pieno) sono aumentate di 797 mila unità. Solo 113 mila posti di lavoro all’anno in più, e per di più in fase non di crisi. Tanto è bastato, però, per far gridare vittoria ai promotori delle riforme, che hanno interpretato il dato come la dimostrazione della bontà della tesi della precarizzazione come volano. Eppure, scavando tra i dati, occorre ricordare che nello stesso periodo 2002-2008, con due sanatorie, sono state regolarizzati poco meno di 250 mila migranti.

Le ULA relative, andrebbero perciò sottratte dal totale, se si vogliono utilizzare dati realmente comparabili tra loro. E le protezioni sociali? Ciò, appunto, fino al 2008, dunque in una fase precedente alla crisi. E dopo? In un lavoro per il sito «Sbilanciamoci!», gli economisti Giuliano Battiston e Matteo Lucchese ricordano come l’Organizzazione Internazionale per il Lavoro abbia spiegato che fra il 2008 e il 2012 la maggior parte delle economie europee abbia riformato ulteriormente la propria disciplina del lavoro, rilassando ancor di più le regole e abbassando spesso le protezioni sociali (ciò è avvenuto in 19 Paesi sui 27 dell’Unione europea). «Il sistema non ha funzionato – osserva Claudio Gnesutta, già professore di Economia Politica all’università La Sapienza di Roma – ma per loro non è stato sufficiente: hanno scelto di insistere ulteriormente. È dagli anni ottanta

che l’idea unica è quella di maggio 2015 Scarp de’ tenis

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VENTUNO

pensare al lavoro come una variabile che impedisce la crescita. Al contrario, se si fosse

Secondo uno studio del Cnel, anche immaginando una ripresa economica folgorante il tasso di disoccupazione tornerebbe ai livelli pre-crisi solo nel 2020

mantenuto un certo grado di protezione, si sarebbe stabilizzata la domanda, ed evitati gli scarti di reddito e consumo nel periodo di crisi. Il che avrebbe costituito un fattore anticiclico». In altre parole, mantenendo i posti di lavoro, si sarebbe potuto far fronte in modo migliore alla recessione. La valanga di contratti precari ha aumentato infatti fortemente l’impatto della crisi sul lavoro: licenziare collaboratori occasionali, co.co.co., co.pro., interinali, a tempo determinato, apprendisti o stagisti è ovviamente stato molto facile. Il caso degli Usa post crisi ’29 In questo senso, un dato antico ci può venire in aiuto per compren-

Tra disoccupati e scoraggiati in Italia siamo a 5 milioni

È questa la fotografia attuale della disoccupazione nel Paese, al di là delle cifre ufficiali. Il confronto con la Spagna 56 Scarp de’ tenis maggio 2015

dere meglio le cose: negli anni immediatamente successivi all’esplosione della crisi del ’29, negli Stati Uniti il numero di persone senza lavoro crebbe enormemente. Si passò dai 2 milioni di disoccupati del 1929, a 4 milioni nel 1930, e a 8 milioni nel 1931. Gli Usa sono, notoriamente, un Paese che non impone troppe tutele sul lavoro e, soprattutto, 90 anni fa, erano state scritte ancora poche righe del diritto del lavoro moderno. Similmente, oggi abbiamo

perso 1,5 milioni di posti dal 2008 ad oggi. Tanto che, secondo il Cnel (Consiglio nazionale per l’economia e il lavoro), anche immaginando una ripresa economica folgorante, ed una conseguente crescita dell’occupazione dell’1,1% ogni 12 mesi, solamente nel 2020 il tasso di disoccupazione tornerebbe a livelli pre-crisi.

«La fotografia attuale della disoccupazione in Italia va ben al di là dei 3 milioni di disoccupati che vengono registrati in modo ufficiale dalle statistiche – spiega Claudio Gnesutta, già docente universitario di Economia politica –. Dovremmo aggiungere a pieno titolo anche i 2 milioni di cittadini che sono talmente scoraggiati da non cercarlo neppure, un lavoro. La mia preoccupazione è che queste persone non siano condannate solo per altri due o tre anni, in attesa che l’economia riparta. Ma per venti o venticinque anni. Perché ciò che abbiamo creato è una società di inoccupati e precari.

Questi ultimi sono più di 12 milioni: vuol dire che il futuro sarà caratterizzato da nuove povertà, disuguaglianze crescenti e lotte interne». Il quadro, nefasto, è dettato in effetti dai numeri. La flessibilità

ha prodotto non soltanto relativamente pochi nuovi posti di lavoro, ma ha peggiorato in modo oggettivo la qualità complessiva dello stesso. Basti pensare – ha spiegato l’economista Andrea Fumagalli sul sito specializzato economiaepolitica.it – che in Italia, oggi,

«nella fascia di età compresa tra i 15 ed i 24 anni, la quota di occupati precari è ormai pari al 52,9% del totale». Dobbiamo poi tenere conto

dei part time involontari (circa 2,5 milioni di lavoratori), nonché degli inattivi. 3,4 milioni di persone,


Andamento dell’indice Epl (Employment Protection Index) - Ocse 2008

4,10

1,50

1,95

1,87

1,17 0,85

Fonte: World Economic Outlook 2010, Fmi

2,73 1,89

3,49 2,98

Spagna

2,73

Portogallo

0

2,12

Paesi Bassi

0,50

Belgio

1,00

2,40

3,15

Italia

2,18

1,50

Grecia

2,00

3,82

3,57

3,50

3,17

3,15

Germania

2,50

Danimarca

3,00

Media Paesi Ocse

3,50

Svezia

1990

4,00

LA SCHEDA

inoltre, risultano working poors, cioè persone che, per quanto siano formalmente occupate, non guadagnano abbastanza da poter vivere in modo dignitoso. E il 65% dei nuovi contratti stipulati ogni anno risulta a tempo determinato. Di questi, il 46% è firmato per una durata inferiore ad un mese! «Non di rado – prosegue Gnesutta – parliamo di un Paese come la Spagna, sottolineando come lì la disoccupazione sia alle stelle, attorno al 25%, mentre da noi, ufficialmente, abbiamo circa il 13%. Ma la differenza è che gli spagnoli si registrano sistematicamente presso gli uffici del lavoro, perché così possono ottenere i sussidi di disoccupazione. Da noi questi ultimi sono limitati, e dunque moltissime persone non “manifestano” la loro condizione. E, dunque, risultano escluse dalle statistiche. Altrimenti la verità è che i nostri

tassi non sarebbero troppo lontani da quelli iberici». Occorre dunque cambiamento culturale: «Per decenni abbiamo subito una potente pressione. Il pensiero conservatore ha investito le università, le accademie, i media, i giornalisti, gli economisti. Oggi quasi tutti ragionano secondo il medesimo schema culturale. E

verso i fatti che smentiscono le loro teorie, contrappongono una forma di censura giustificatoria. Le idee al-

tre sono bollate come fantasie. Sono abbastanza anziano da poter dire che mai come oggi la riflessione sul futuro è stata così scarsa», conclude l’economista.

maggio 2015 Scarp de’ tenis

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VENTUNO

Microcredito Ci sono novità nella norma di Generoso Simeone

Il Ministero dell’economia traccia un nuovo quadro per l’erogazione di prestiti per progetti sociali. E per il non profit si aprono orizzonti diversi. Non senza qualche criticità 58 Scarp de’ tenis maggio 2015

Anche soggetti non profit potranno erogare prestiti sociali. Lo ha stabilito il Governo con un decreto entrato in vigore nel dicembre dello scorso anno. D’ora in avanti, quindi, associazioni con personalità giuridica, fondazioni, società di mutuo soccorso e cooperative onlus potranno fare microcredito. Potranno cioè prestare soldi direttamente e senza più il tramite delle banche. Una novità importante per un settore, quello del finanziamento di piccoli importi a persone che non trovano accesso al credito, che nel 2013

ha visto concedere circa 10 mila prestiti per un ammontare complessivo di 76 milioni di euro. Il decreto ha stabi-

lito anche un parametro per il costo del credito. Si deve prendere a riferimento il tasso medio rilevato da Banca d’Italia e moltiplicarlo


Le nuove norme sul microcredito stabiliscono due tipologie di destinatari: imprenditori, da una parte, e soggetti fragili dall’altra

COMMENTO

Paolo Frison di Caritas Vicenza: «Un passo nella giusta direzione ma si poteva fare molto di più e con più coraggio» Si poteva fare di più. Ma quanto fatto va bene. È questo il giudizio di Paolo Frison, coordinatore del progetto Strade, promosso dalla Caritas Vicenza per finalizzare iniziative di microcredito. «Il passo fatto va nella direzione giusta – dice – perché facilitare l'erogazione di microcredito consentirà di aiutare più persone e imprese. Spiace constatare, invece, che questo stesso passo non è poi così coraggioso come si poteva auspicare». La delusione di un addetto ai lavori come Paolo Frison riguarda l'ambito dei servizi a supporto dei prestiti che la legge lascia sguarnito. «I decreti attuativi – sostiene – specificano le attività che devono integrare il microcredito. Ma si tratta sempre di servizi finanziari. La nostra esperienza decennale ci insegna che questo tipo di aiuto a volte non è sufficiente. Soprattutto quando a ottenere un prestito sono persone fisiche. La legge, infatti, non considera di inserire questi soggetti deboli in una rete sociale di supporto che possa accompagnare il progetto di uscita dalla situazione di crisi. Ad esempio attivando dei corsi di formazione. Ecco, nella legge questi meccanismi virtuosi non ci sono. Mentre le nostre realtà che da anni fanno microcredito si sono dotati di strumenti di sostegno e di natura relazionale. Anzi, per noi questi aumentano le possibilità di buona riuscita del progetto». La Caritas diocesana di Vicenza ha iniziato l'attività di microcredito nel 2006 erogando finora oltre 1.200 prestiti per circa 2,5 milioni di finanziamenti. Il tasso di restituzione è dell'87%. «Anche nel caso di prestiti a imprese – conclude Frison – non può bastare solo la finanza. Noi, ad esempio, abbiamo fatto un accordo con l'Ordine dei commercialisti di Vicenza che ci aiuta a fare consulenze ai piccoli imprenditori che ottengono i prestiti di microcredito».

golamentare disegnato dal ministero dell’economia ha stabilito che possono esistere due diverse tipologie di microcredito. La prima è destinata a finanziare attività imprenditoriali, la seconda è a sostegno di persone fisiche in condizioni di fragilità sociale. I prestiti finalizzati all’avvio o all’esercizio di un lavoro autonomo o di microimpresa potranno ammontare a un massimo di 25 mila euro. Invece la somma erogabile a beneficio dell’inclusione sociale di soggetti in difficoltà è pari a 10 mila euro. In questo caso, il prestito non prevede la prestazione di una garanzia reale e deve essere af-

fiancato da servizi ausiliari di bilancio famigliare. Con l’apertura alle realtà non profit, lo scenario di chi eroga i prestiti molto probabilmente è destinato a cambiare. Attualmente, infatti, le iniziative di microcredito vengono attivate in una forma che vede coinvolti più

soggetti che operano insieme sullo stesso progetto.

numeri

enti religiosi, del terzo settore, delle associazioni e delle fondazioni sia bancarie che non, è di circa un terzo. Un dato destinato appunto a salire grazie alle nuove regole del microcredito. Perché ora chi ad esempio lavora nell’assistenza agli anziani, nel recupero dei minori o nell’integrazione dei migranti potrà dare direttamente – e in proprio – risposte pronte e adeguate laddove fosse necessario intervenire per superare un disagio di natura finanziaria.

23.500 fonte: Ente nazionale per il microcredito

Ora, per esempio, chi lavora nell’assistenza, nel recupero dei minori, nell’integrazione dei migranti, potrà dare direttamente risposte pronte per superare disagi di natura finanziaria

per un coefficiente pari a 0,4, che diviene la soglia da non superare. È poco per un’attività imprenditoriale, ma interessante per i soggetti non profit. Il nuovo quadro re-

le richieste di microcredito sottoposte a valutazione all’Ente nazionale

4.300 euro

L'importo medio erogato per prestiti sociali alle famiglie

10.000

i finanziamenti concessi, 6 mila dei quali serviti per spese sanitarie o legate all'istruzione o per emergenze

Nel 2013, la presenza rilevante in queste cordate di enti è stata quella degli istituti bancari con l’82,7% mentre, al secondo posto, si sono collocati gli enti pubblici con il 48,3%. La quota degli

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INCONTRI

LABORATORI

AUTOBIOGRAFIE

CALEIDOSCOPIO Yura e la sua tromba in azione per le vie di Milano. Appena può il trombettista Ucraino trova il modo di esibirsi e regalare la propria musica ai passanti. «La musica non ha confini» racconta.

Yura, trombettista che sogna un lavoro Yura è stato affascinato dal suono della tromba sin da piccolo. Ogni volta che c’erano gli ottoni in città lui seguiva il trombettista e lo ascoltava estasiato. Così a 9 anni i genitori lo iscrissero ad un corso di strumento. Finito il liceo realizza il suo sogno: si iscrive al conservatorio della sua città per diplomarsi in tromba. Riesce poi a entrare come musicista al teatro di Odessa, in Ucraina, sua città natale. Inizia così a girare i teatri di mezza Europa. Nel ’91 con la caduta dell’Urss il suo stipendio, che prima gli garantiva tutto, non basta nemmeno per mangiare. Si sposta in Francia suonando in qualche locale importante e poi in Italia. A Milano lavora con diverse cooperative anche se spera di tornar a vivere di musica così si è iscritto in Comune come artista di strada e, a fine giornata, prende il suo strumento e va al lavoro. Ma anche qui i problemi non mancano: un giorno mentre eseguiva l’Internazionale una turista, scoperto che è ucraino, ha chiamato la polizia per farlo smettere. Antonio Vanzillotta «La musica non ha confini – dice Yura –: è l’ ignoranza che ci mette gli uni contro gli altri». maggio 2015 Scarp de’ tenis

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NAPOLI

PAROLE

Una luce inattesa: ragazzi di oggi sacerdoti di domani

Mimmo, Vito e Raffaele la bellezza della vita tutta dedicata a Gesù Una bella esperienza, durata cinque incontri durante il periodo quaresimale, vissuta a Scarp. Sono stati con noi tre ragazzi che stanno frequentando il Seminario Maggiore di Napoli Ascalesi. Tre ragazzi: Mimmo 37 anni, Vito 24, Raffaele 25. Il primo incontro è di conoscenza reciproca, poi, durante gli al-

Una bella foto di Mimmo, Vito e Raffaele davanti al seminario Maggiore di Napoli.

PAROLE

tri, abbiamo cominciato ad intervistarli, a scoprire e, soprattutto a conoscere meglio la vita ecclesiastica, la fede dei giovani in seminario, come svolgono e vivono la propria vita, come passano la giornata e il cammino che stanno facendo per diventare parroci. Tantissime le domande fatte ma sono due le risposte che più mi hanno colpita. La prima è su come sia scattata la voglia di entrare in seminario. Mimmo ci ha risposto che la vocazione nasce dall’esperienza, ed è la vita che ci fa capire l’esperienza. Vito, invece, ha ricordato un episodio quando aveva solo cinque anni, andò dalla madre e le chiese come si fa a diventare prete. La mamma, per sdrammatizzare e per fargli capire la difficoltà, gli rispose che, per diventare prete, dovevano sapere tutte le lingue del mondo. Raffaele, invece, dopo un momento familiare drammatico si allontanò dalla vita parrocchiale ma poi è ritornato nella comunità. Tutti e tre ci hanno raccontato che quando hanno comunicato ai genitori l’intenzione di entrare in seminario, hanno dovuto ripetere tante volte le loro ragioni perché i genitori erano preoccupati, non riuscivano a capire perché proprio i loro figli, ragazzi come tutti gli altri, volessero fare una scelta tanto importante e definitiva. L’altra domanda era: «Cosa provi quando preghi?». La risposta è stata simile per tutti e tre: hanno raccontato che non è facile spiegare cosa si prova veramente ma è un qualcosa di speciale, un’esperienza interiore, naturale che fa parte dell’intimo, come se sentissero l’amore disceso da Dio, che li lega. Conoscere questi ragazzi mi ha arricchito tanto. Auguro loro di diventare quello che desiderano con tutto il cuore, mettendosi al servizio della popolazione di fedeli. Sono contenta di aver conosciuto voi, tre semplici seminaristi.

Prima dell’arrivo di papa Francesco a Napoli, noi di Scarp de’ tenis abbiamo avuto il piacere di accogliere tre seminaristi in redazione: Raffaele, Mimmo e Vito. Tre ragazzi simpaticissimi che hanno portato un po’ di spiritualità colorata in redazione. Dico colorata perché è stata un’intervista molto leggera e, tra una domanda e una risposta; si scherzava e si rideva. Sono stati incontri uno più interessante dell’altro. Penso che rispecchino la Chiesa di domani, diversa da come era prima, solo preghiera e dottrina, ma molto aperta a tanti cambiamenti nel mondo. Spero che Mimmo, Raffaele e Vito portino il Vangelo in modo più vivo e colorato a tanti. Grazie alle loro parole ho vissuto l’attesa di papa Francesco sotto un’altra luce.

Marianna Palma

Domenico Capuozzo

62 Scarp de’ tenis maggio 2015

Spiritualità colorata

La luce del mondo è Gesù, c’è un grande pastore che è il nostro papa Francesco, il cuore della chiesa sono i seminaristi. In tre sono venuti da noi per conoscerci, per guardare e toccare con mano la povertà. La sofferenza di ognuno di noi se la porteranno nei loro cuori. Vito, Mimmo e Raffaele ci hanno raccontato di come hanno conosciuto Gesù e tutti ci hanno detto che frequentavano l’oratorio da bambini. Crescendo, nel loro cuore, hanno scoperto l’amore di Gesù, quell’amore, quel modo incondizionato di darsi a Dio, di dare la propria vita a Gesù e alle persone. Ci hanno raccontato le loro mattinate: alla Facoltà di Teologia fino all’una, poi vanno a pranzo, si riposano e il pomeriggio pregano. La loro scelta di vita prevede studio e preghiera. Il 21 marzo, a Napoli è arrivato papa Francesco, a portare speranza e fede con il suo carisma, ha messo al primo posto Gesù e il popolo, così dicono i nostri amici seminaristi. «Non ha scelto di venire a mangiare da noi in Seminario, come hanno fatto gli altri Papi, ma ha scelto di mangiare con i carcerati e di stare in mezzo al popolo». Vito, Mimmo e Raffaele: voglio dirvi grazie per averci raccontato la vostra esperienza. Avete portato un po’ di luce a Scarp. Maria Esposito


È primavera a Salerno, anche per Fabian e Anabela

SALERNO incontro all’estate, c’è speranza: il tempo sarà sempre migliore».

Per lungo tempo hanno dormito, insieme, su una panchina del lungomare ammirando le stelle. Ora hanno una casetta tutta loro

Questa storia mi colpì tantissimo, fecendomi riflettere su cosa fosse importante nella vita. Mi colpì questo senso del “vivere alla giornata”, accettare i sacrifici che la vita comporta e apprezzarne la bellezza, in attesa di tempi migliori.

Dormo su una panchina del lungomare di Salerno, giro tutto il giorno in cerca di un lavoro per guadagnarmi da vivere e non lo trovo, la sera mi addormento nuovamente sul marmo duro della panchina. Eppure, non ci crederai, ma io sto bene. Perché tutte le sere mi addormento su quella panchina con mia moglie Anabela e, ora che è primavera, quando stiamo per chiudere gli occhi possiamo guardare il bellissimo cielo stellato. Ci addormentiamo abbracciati, contando le stelle invece delle solite pecore. Ora che è maggio, al mattino facciamo il bagno insieme al mare, al

La storia di Fabian e Anabela ha avuto un lieto fine: in estate lei trovò lavoro a Salerno come badante. Il lavoro durò solo due mesi, ma nel frattempo Fabian trovò lavoro come muratore. Così a settembre li rincontrai, e Fabian mi raccontò che ora avevano preso in affitto un minuscolo monolocale in città, che pagavano 200 euro al mese. Riuscivano a mangiare almeno a cena, a pranzo qualche volta andavano alla mensa dei poveri. Ma erano felicissimi. «Il nostro amore ci ha consentito di andare avanti e raggiungere questo grande traguardo». Ed io pensai che il loro amore davvero meritava tutto questo. Patrizio Fuoco

Primavera è, per la maggior parte delle persone, il periodo più sereno e gioioso. Rifiorisce la natura e anche l’umore. Soprattutto, la primavera porta con sé un cambiamento importante delle proprie abitudini: visto il bel tempo, il sole e la leggera brezza marina, le persone tendono a uscire molto di più. In realtà, per i senza dimora non cambia molto. Per strada vivevano prima, per strada continuano a stare. Nella nostra città li trovi sempre negli stessi posti: molti stanno alla stazione ferroviaria, dove trovano riparo sotto i cornicioni, altri li ritrovi sotto le barche in rimessaggio del porto turistico. Dalla primavera in poi, molti cominciano a dormire sul lungomare. Certo, è molto meglio vivere per strada quando è bel tempo, rispetto alla pioggia e al freddo invernale, ma di certo non si può dire che i senza dimora si godano la primavera. Basta poco per essere felici Basta però poco per rendere una persona felice. Voglio raccontare un episodio emblematico. Io ho la fortuna di vivere in una casa, seppur umile; c’è chi sta peggio di me. La scorsa primavera incontrai sul lungomare un uomo rumeno, di nome Fabian. Mi raccontò la sua vita a Salerno, dove era approdato da alcuni mesi. Mi colpì tantissimo. «Sai – racconta Fabian – io provengo da una famiglia povera e sono venuto in Italia in cerca di una vita migliore. Se tu, italiano, guardi a come io sono costretto a vivere adesso nella tua città, penserai che non ho una bella vita.

posto di lavarci in una doccia che non abbiamo. Poi ci salutiamo, e tutta la giornata cerchiamo lavoro ognuno per conto suo. Ti assicuro che la giornata non è pesante, se vissuta col pensiero di riabbracciarci la sera». La forza dell’amore Sembrerà strano, ma c’è una “specie” di felicità in tutto questo, anche con tanti problemi. «La felicità è il nostro amore, è il vedere che esso è più forte delle nostre difficoltà, del marmo duro della panchina e del vento umido e fastidioso che arriva verso le quattro di mattina presto. Ora andiamo

VICENZA

Una strana giornata insieme a Sergio, quando la vita riesce davvero a fare male Sono le otto del mattino e io mi sento strano, come se le cose mi danzassero intorno. La situazione mi porta a vedere diversamente la realtà e mi guardo attorno per capire cosa mi sta succedendo. Decido di vincere questo senso di malessere uscendo di casa, mi faccio forza, scendo le scale e comincio a gironzolare per la città. Arrivato nel viale davanti alla stazione mi viene voglia di scambiare quattro chiacchiere con qualcuno. E il mio sguardo incrocia quello di uno strano personaggio, malconcio e con lo zaino in spalla. Incuriosito mi avvicino, è Sergio, un vecchio amico. Anche lui mi riconosce e ci sediamo su una panchina per parlarci. Da più di un anno Sergio ha perso il lavoro e, di conseguenza, la casa perché non riusciva più a pagare il mutuo. La moglie lo ha lasciato per un altro uomo e si è portata via i due figli. Lo guardo con attenzione e ripenso ai vecchi tempi, quando giravamo la città di notte fino alle quattro del mattino. Anche allora non eravamo troppo messi bene, ma riuscivamo ugualmente a divertirci. Consiglio a Sergio di andare all’Albergo Cittadino, per trovare un posto dove dormire, ma lui non vuole, dice di preferire la libertà. Vorrei poterlo aiutare, ma anch’io non me la passo troppo bene. Ci guardiamo e vedo due lacrime spuntare dagli occhi di Sergio, poi ci abbracciamo e ci promettiamo di rivederci presto. Lo vedo incamminarsi verso Monte Berico e non posso fare a meno di ripensare a quando anch’io passavo le giornate in strada, con lo zaino in spalla e il vino nel cuore, come fosse il mio grande amore. Con molta calma me ne torno a casa, mi accompagna il ricordo brutto e bello di Sergio. Carlo Mantoan maggio 2015 Scarp de’ tenis

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CALEIDOSCOPIO

Rosa Il più superbo dei fiori esistenti, perfetto da vedere e da ammirare; ma le parole sono insufficienti se della Rosa si vuole parlare. Germogli che si aprono a mostrare teneri petali di un bianco splendore, o quel rosa, quel rosso che compare! Intenso, dolce, profumato fiore! E non c’è cosa più meravigliosa al mondo di quel fior chiamato rosa. Mary

Vocazione Chiamata, voce interiore conversare con Dio nel cuore per sentirsi bene e superare la vita esteriore. Vocazione nasce da un’esperienza di vita è vicina, matura dentro l’uomo concretamente. Antonio Zacco

Biblioteca, un luogo accogliente che piace ai senza dimora di Como di Salvatore Couchoud

Ai mugugni del gruppetto dei senza dimora “pivelli” di Como, quelli cioè che da poco tempo si sono aggiunti al popolo degli homeless, il vecchio Giovanni, dall’alto della sua ormai pluridecennale esperienza di strada, replica con un certo distacco che “la vita di strada è un’arte che non si improvvisa”. Nel senso che sapendo applicarle le debite contromisure e cogliendone le opportunità anche la condizione più disagiata può spalancare insospettati orizzonti. A patto ovviamente di conoscere le mille piccole strategie di quella che un tempo si definiva “arte di arrangiarsi”, e che a Giovanni è appunto valsa la conquista sul campo dei galloni di leader “carismatico” dei senza dimora. Però è vero che senza una conoscenza adeguata delle vie e dei luoghi della città la sofferenza del senza dimora risulta accresciuta, perché Como offre davvero pochissimo. Panchine ridotte al lumicino, spazi di aggregazione ancor più limitati, e soprattutto la totale assenza di bagni pubblici, se si eccettuano quelli della stazione ferroviaria Trenord. In altre parole, al senza dimora lariano non resta che l’unica alternativa del cen-

la ricetta di Alex Bocconcini di vitello alle spezie e mascarpone Prendete due bacche di ginepro e un chiodo di garofano e polverizzateli. Infarinate leggermente 600 gr di bocconcini di vitello e metteteli a cuocere in una casseruola con 2 spicchi di aglio interi, sfumateli con del vino bianco secco e cuoceteli lentamente, bagnandoli con del brodo di carne. Dovranno essere ben cotti. Prendete 100 gr di mascarpone, incorporate le spezie diluendo quanto basta con il brodo se la salsa dovesse risultare troppo spessa. Unite la salsa di mascarpone ai bocconcini e servite anche tiepido.

64 Scarp de’ tenis maggio 2015

tro diurno della Caritas per incontrare qualche volto amico e soddisfare qualche piccola impellenza fisiologica, il che non è il massimo per chi è già costretto a vivere un disagio fortemente psicologico ancor prima che economico e materiale. Bisogna però dire che a Como vi è da anni uno spazio pubblico accogliente per i senza dimora, tanto nei periodi del gelo invernale quanto nei momenti della calura estiva, ed è la biblioteca comunale di piazza Lucati. Sembrerà un paradosso, e forse lo è, ma è il posto di Como che piace di più a chi vive la strada, e il prolungato orario di apertura (dalle 9.30 alle 19 per sei giorni alla settimana) lo rende “rifugio” confortevole e gradito per almeno una ventina di homeless, ormai divenuti presenze abituali della struttura. Campeggia tra queste, e non avrebbe potuto essere diversamente, la figura corpulenta e serafica di Giovanni, che si divide tra la sala lettura e lo spazio-ristoro arredato con distributori di merendine e bevande, e che la direzione della biblioteca ha tacitamente –contravvenendo forse a più di un regolamento- destinato alla diurna frequentazione di uomini e donne in difficoltà, sistemandovi alcuni tavoli e sedie a volontà. Non sappiamo se sia o meno una notizia degna di nota, e nemmeno se sia una bella notizia. Quello che è certo è che ai senza dimora italiani e stranieri la biblioteca di Como piace.

Vento Soffia il vento Soffia ancora più forte con quel suo Quasi volesse parlare a noi e ascoltare Si fa sentire Ogni volta che viene Con tutta la sua forza! Ora non c’è più Se n’è andato piano piano Ma quando ritornerà Noi ascolteremo il suo parlare E magari gli risponderemo. Federica Tescaro


SCIENZE

Una foto con presunte scie chimiche: secondo alcuni sarebbero queste all’origine del misterioso morbo di Morgellons

Morbo di Morgellons, una malattia che non esiste di Federico Baglioni

scheda Federico Baglioni Biotecnologo, divulgatore e animatore scientifico, scrive sia su testate di settore (Le Scienze, Oggi Scienza), che su quelle generaliste (Today, Wired, Il Fatto Quotidiano). Ha fatto parte del programma RAI Nautilus ed è coordinatore nazionale del movimento culturale “Italia Unita Per La Scienza”, con il quale organizza eventi contro la disinformazione scientifica.

Poco tempo fa la cantautrice canadese Joni Mitchell aveva affermato di soffrire di una rara malattia della pelle, chiamata morbo di Morgellons. Secondo la sua descrizione, dal nulla sarebbero iniziate a crescere dalla sua pelle fibre di vario tipo, di natura assolutamente misteriosa. Un “killer lento” che non è riconosciuto dalla medicina. Per quale motivo per la scienza questa malattia non esiste ancora? Diciamo intanto che la malattia viene scoperta nel 2001 da un tecnico di laboratorio chiamato Mary Leitao, che si convince che il figlio produca fibre da lesioni della sua pelle. Trovando riscontro su internet, fonte di qualsiasi tipo di informazione vera o falsa che sia, riconosce apparentemente gli stessi

disturbi in un antichissimo testo di uno scienziato del 1600: il nome dato alla malattia era Morgellon. Sintomi misteriosi Dal 2002, complice la diffusione dell’allarme su internet, iniziano ad aumentare le persone che dicono di avere questa malattia e gli scienziati iniziano a indagare, facendo emergere alcuni dati importanti. Innanzitutto coloro che sostengono di soffrire di questa malattia tendono a fare autodiagnosi, in base a quanto trovano su internet, col forte rischio di trovare notizie non verificate. E nascono collegamenti con teorie del complotto, come quelle che vedono Governi e multinazionali attori principali nel diffondere tale morbo, tramite improbabili irrorazioni da aerei (le cosiddette scie chimiche ndr). Nel 2012 il center for Disease

Control and Prevention statunitense pubblica un articolo scientifico sulla rivista PLOSone dove non viene evidenziato alcun agente infettivo che potrebbe provocare tale malattia, né qualche causa ambientale. In compenso si scopre che le fibre, teoricamente prodotte dalla pelle, erano spesso di normale cellulosa. Dalle diagnosi

dei pazienti, inoltre, i medici hanno osservato che avevano piaghe dovute a forti esposizioni al sole o escoriazioni neurotiche, cioè tendenza a grattarsi molto frequentemente. Molti di queste persone erano affetti da disturbi psichiatrici e psicopatici e spesso consumatori di droghe che potrebbero alterare le loro percezioni. In altre parole è molto probabile che non esista una vera malattia del Morgellon, ma si tratti di una parassitosi illusoria, cioè una psicosi che porta le persone a credere di essere infestate da parassiti inesistenti. Problemi psichiatrici Dato che però queste persone hanno problemi reali (e soffrono), alcuni medici hanno proposto di utilizzare comunque il termine per creare un rapporto col paziente, che altrimenti tenderebbe a isolarsi, se considerato semplicemente “pazzo” o inventore di una malattia che non esiste. Un caso che deve far riflettere su quanto la nostra mente possa influenzare il nostro stato di salute e su quanto sia importanza valutare a livello scientifico ogni caso, per evitare di andare alla ricerca di cause totalmente fuorvianti.

maggio 2015 Scarp de’ tenis

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Le persone in stato di difficoltà a cui Scarp de’ tenis ha dato lavoro nel 2014 (venditori-disegnatori-collaboratori). In 20 anni di storia ha aiutato oltre 800 persone a ritrovare la propria dignità

IL VENDITORE DEL MESE

Una bella immagine di Nicola con la pettorina di Scarp. Grazie alla vendita del giornale ha ritrovato la fiducia in se stesso ed ora ha finalmente trovato un lavoro

Nicola «Con Scarp ho ritrovato la fiducia E anche la fede» di Elisa Rossignoli

info Nicola ha collaborato per alcuni mesi con Scarp a Verona, attraverso la cooperativa sociale Il Samaritano. Nella città scaligera Scarp de’ tenis è presente in 12 parrocchie, in 4 delle quali (S. Bernardino, Tempio Votivo, Ss. Angeli Custodi e Gesù Divino Lavoratore) ha un appuntamento fisso una volta al mese.

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VERONA

Nicola ha iniziato a vendere Scarp quando era ospite alla "Dimora del Samaritano", appartamento che accoglie persone nel passaggio verso l’autonomia. Quel periodo è stato per lui un momento di cambiamento non da poco. «Con l’aiuto degli operatori ho avuto modo di riflettere e vedere cose che prima non vedevo. Come la negatività che mi portavo dentro in seguito alle esperienze difficili vissute, la difficoltà a fidarmi e a condividere ciò che provavo. Ho imparato a vedere le relazioni in modo più positivo, e sono più disposto a condividere, sento la fiducia anche nelle mie stesse parole». Per Nicola l’esperienza come venditore di Scarp è stato un ulteriore momento per aprirsi. «Èstato bellissimo. Non avevo un lavoro e vendere Scarp, oltre a darmi un piccolo ma importante aiuto economico, mi permetteva di fare qualcosa di utile e mi portava in contatto con molte persone, mi faceva sentire proprio bene». La vendita nelle parrocchie lo ha riavvicinato ad un altro aspetto del-

la vita, la fede. «Una domenica, quella non me la potrò mai dimenticare, ho visto che a messa, accanto al banco dei genitori, c’era un bambino su una sedia a rotelle. Avrà avuto 4 anni, non di più. Mi sono commosso nel profondo, e mi sono ritrovato a pregare per lui, a rivolgermi a Dio. Anche questo mi sta cambiando. Ora apprezzo ogni giorno, anche nella fatica. Nulla è più scontato».

Nicola ha salutato un mese fa la Dimora ed il suo piccolo giardino in cui ha piantato tantissimi peperoncini per cucinare e prepare conserve. Ora vive in uno degli appartamenti del progetto Casa Solidale de Il Samaritano e ha concluso l’esperienza di venditore di Scarp perché finalmente ha un lavoro. Frequentando le parrocchie ha sentito il bisogno di tornare in contatto con i religiosi che lo avevano accolto in convitto negli anni della scuola. «Mi hanno chiesto se ho del tempo da dedicare all’orto della comunità. Ho risposto di sì, ovviamente, ma li ho avvertiti: pianterò peperoncini dappertutto».




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