Speciale intervista Papa Francesco

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Foto: Frank Dries / Straatnieuws Insp - Spedizione in abbonamento postale 45% articolo 2, comma 20/B, legge 662/96, Milano

LA MOSTRA

LE CANZONI DI JANNACCI AL CASTELLO SFORZESCO DI MILANO

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www.scarpdetenis.it dicembre 2015 gennaio 2016 anno 20 numero 197

INTER ESCLUVISTA SIVA

Papa Francesco “Vorrei un mondo senza poveri” «UN CREDENTE NON PUÒ PARLARE DELLA POVERTÀ O DEI SENZATETTO E POI VIVERE DA FARAONE». IL PAPA DEL CAMBIAMENTO E DEL RINNOVAMENTO SI RACCONTA AI GIORNALI DI STRADA DI TUTTO IL MONDO


Papa Francesco «Dobbiamolottare per un mondo senza povertà »

Max Rossi / Reuters

L’INTERVISTA

Jorge Mario Bergoglio, il primo Papa a chiamarsi Francesco, è considerato il Papa del cambiamento e del rinnovamento della Chiesa

testo di Stijn Fens e Jan-Willem Wits

«Un credente non può parlare della povertà o dei senzatetto e poi vivere da faraone». L’intervista a Papa Francesco raccolta da Straatnieuws, in esclusiva per i giornali di strada di tutto il mondo È ancora presto quando ci presentiamo al portone di servizio del Vaticano, a sinistra della Basilica di San Pietro. Le guardie svizzere sono al corrente del nostro arrivo e ci fanno passare.

Dobbiamo andare alla Casa Santa Marta, perché lì abita Papa Francesco.

scheda In queste pagine l’intervista esclusiva a Papa Francesco che Scarp de’ tenis pubblica, insieme ai giornali di strada di tutto il mondo aderenti alla rete Insp. L’intervista è stata raccolta dal giornale di strada olandese Straatnieuws nel corso di un incontro in Vaticano di fine ottobre.

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Casa Santa Marta probabilmente è l’hotel a tre stelle più particolare del mondo. Un grande edificio bianco dove pernottano cardinali e vescovi che svolgono il loro servizio in Vaticano o vi si trovano di passaggio e che è anche la dimora dei cardinali durante il conclave. Anche qui sanno del nostro arrivo. Due signore alla reception, come in ogni albergo, gentilmente ci indicano una porta laterale. La stanza dell’incontro è già stata preparata. Uno spazio abbastanza grande con una scrivania, un sofà, alcuni tavoli e sedie, questo è il luogo di ricevimento infrasetti-

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manale del Papa. Poi, inizia l’attesa. Marc, il venditore di Straatnieuws, è il più tranquillo di tutti e aspetta, seduto sulla sedia, ciò che verrà. Di colpo si presenta il fotografo ufficiale. «Sta arrivando il Papa», ci bisbiglia. E prima che ce ne rendiamo conto entra nella stanza: Papa Francesco, il capo spirituale di più di un miliardo di cattolici. Porta con sé una grande busta bianca. «Mettetevi seduti, amici – dice con un gesto gentile della mano –, che piacere avervi qui».

Visto da vicino dà l’impressione di un uomo calmo e amichevole, ma allo stesso tempo energico e preciso. Una volta seduti si scusa per il fatto di non parlare l’olandese. Glielo perdoniamo subito.

re in cui è cresciuto? Che immagini le vengono in mente pensando alle strade della sua infanzia? Da quando avevo un anno fino al momento in cui sono entrato in seminario, ho vissuto nella stessa via. Era un quartiere semplice di Buenos Aires, tutte case basse. C’era una piazzetta, dove noi giocavamo a calcio. Mi ricordo che scappavo da casa e andavo a giocare con i ragazzi dopo la scuola. Mio papà lavorava in una fabbrica che era distante cento metri. Era ragioniere e i nonni abitavano a pochi metri da noi. Mi ricordo anche i nomi delle persone, che poi, da sacerdote, ho rivisto e incontrato per i sacramenti o per l’ultimo conforto. Questi sono i miei ricordi spontanei. Lei giocava anche a calcio?

Le nostre interviste iniziano sempre con una domanda. Lei, Santo Padre, cosa ricorda della strada e del quartie-

Sì. Era forte? No. A Buenos Aires, quelli che gio-


cavano a calcio come me, li chiamavano pata dura. Che vuol dire avere due gambe sinistre. Tante volte giocavo come portiere. Com’è nato il suo impegno per i poveri? Mi vengono in mente tanti momenti del passato. Ricordo una signora che veniva a casa nostra tre volte alla settimana per aiutare la mia mamma. Per esempio aiutava in lavanderia. Aveva due figli. Erano italiani, venivano dalla Sicilia e avevano vissuto la guerra. Erano molto poveri, ma tanto buoni. Di quella donna ho sempre mantenuto il ricordo. La sua povertà mi colpiva. Noi non eravamo ricchi, ma arrivavamo alla fine del mese. Non avevamo una macchina, non facevamo le vacanze. Ma a loro mancava il necessario e mia mamma le dava qualcosa. L’ho rincontrata quando già ero arcivescovo di Buenos Aires, aveva 90 anni. E l’ho accompagnata fino alla morte, avvenuta all’età di 93 an-

ni. Un giorno lei mi ha dato una medaglia del Sacro Cuore di Gesù che porto ancora oggi con me. Questa medaglia mi fa tanto bene. Vuole vederla? (Con un po’ di fatica, il Papa tira fuori la medaglia, completamente scolorita, dopo che è stata portata per così tanti anni). Così penso a lei ogni giorno e a quanto ha sofferto per la povertà. E penso a tutti gli altri che hanno sofferto. La porto e la prego. Qual è il messaggio della Chiesa per i senzatetto? Che cosa significa la solidarietà cristiana per loro in concreto? Ritengo siano due le cose importanti. Gesù è venuto al mondo senzatetto e si è fatto povero. La Chiesa vuole abbracciare tutti e dire che è un diritto avere un tetto sopra la testa. Nei movimenti popolari (in America latina, ndr) si lavora con tre ‘t’ : trabajo (lavoro), techo (casa) e tierra (terra). Per la chiesa ogni persona ha diritto a

queste tre ‘t’.

A Buenos Aires quelli che giocavano a calcio come me li chiamavano pata dura. Che vuol dire avere due gambe sinistre. Ma tante volte giocavo come portiere

Lei chiede spesso attenzione per i poveri e per i profughi. Non teme che in questo modo si possa generare una forma di stanchezza nei media e nella società in generale? A tutti noi viene la tentazione – quando si affronta un tema difficile – di dire: “Ma, finiamola: questa cosa stufa troppo”. La stanchezza esiste, ma non mi fa paura. Devo continuare a parlare della verità e di come stanno le cose. È suo dovere? Si, è mio dovere. Lo sento dentro di me. Non è un comandamento, ma come persone tutti dovremmo farlo. Non teme che la sua difesa della solidarietà e dell’aiuto per i senzatetto e dei poveri in generale possa essere sfruttata politicamente? Cosa deve dire la Chiesa per esdicembre 2015-gennaio 2016 Scarp de’ tenis

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Lei crede che finora nel suo pontificato c’è stato un cambiamento di prospettiva, per esempio nella politica? Non saprei cosa dire. Non lo so. So che alcuni hanno detto che io ero comunista. Ma è una categoria un po’ antiquata (ride). Forse oggi si usano altre parole per dire questo… Marxista, socialista… Hanno detto tutto questo. I senzatetto hanno dei problemi finanziari, ma coltivano la propria libertà. Il Papa non ha nessun bisogno ma8

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teriale, ma è considerato da alcuni come un prigioniero in Vaticano. Non sente mai il desiderio di mettersi nei panni di un senzatetto? Mi ricordo il libro di Mark Twain Il principe e il povero: quando uno può mangiare tutti i giorni, ha da vestirsi, un letto per dormire, una scrivania per lavorare e ha anche degli amici, allora non gli manca niente. Ma questo principe di Mark Twain vive in una gabbia d’oro.

Santo Padre, Marc vuole invitarla a mangiare una pizza con noi. Che ne pensa? Mi piacerebbe, ma non riusciremmo a farlo. Perché nel momento in cui esco mi si avvicina molta gente. Quando sono stato a cambiare le lenti dei miei occhiali in città, erano le sette di sera, non c’era molta gente in strada. Mi hanno portato dall’ottico, sono uscito dalla macchina, una donna mi ha visto e ha gridato: “Ecco il Papa”. Io ero nel negozio e fuori c’erano tante persone... Le manca il contatto con la gente? Non mi manca perché la gente viene da me. Ogni mercoledì c’è l’Udienza Generale, qualche volta vado nelle parrocchie: sono in contatto con la gente. Per esempio ieri (26 ottobre, ndr) sono venuti più di cinquemila rom e sinti nell’Aula Paolo VI.

Il suo omonimo San Francesco scelse la povertà radicale e vendette anche il suo evangeliario. In quanto Papa, e vescovo di Roma, si sente mai pressato a vendere i tesori della Chiesa? Questa è una domanda facile. Non sono i tesori della Chiesa, ma sono i tesori dell’umanità. Per esempio, se io domani dicessi che la Pietà di Michelangelo sia messa all’asta, questo non si può fare, perché non è proprietà della Chiesa. È in una chiesa, ma è dell’umanità. Questo vale per tutti i tesori della Chiesa. Abbiamo cominciato a vendere alcune cose che mi sono state regalate. E i proventi della vendita vanno a monsignore Konrad Krajewski, che è il mio elemosiniere. Ad esempio sono state vendute delle automobili e il ricavato è stato donato ai poveri. Se ci sono cose che si possono vendere, si vendono.

Due giorni dopo essere stato eletto Papa sono andato a prendere possesso dell’appartamento papale nel palazzo Apostolico. Non è lussuoso, ma è largo, grande. Mi è sembrato un imbuto al rovescio. Grande ma con una porta piccola

Si rende conto che la ricchezza della Chiesa può creare questo tipo di aspettative? Se facciamo un inventario dei beni della Chiesa, si pensa: la Chiesa è molto ricca. I beni immobili sono molti, ma li usiamo per mantenere le strutture ecclesiastiche e per finanziare tantissime opere che si realizzano nei Paesi più poveri come ospedali e scuole. Ieri, per esempio, ho chiesto di inviare in Congo 50 mila euro per costruire tre scuole. L’educazione è una cosa importante. Ho fatto questa richiesta all’amministrazione competente e i soldi sono stati inviati. Alla fine anche Marc fa alcune domande. Vuole sapere, tra l’altro, se il Papa già da piccolo sognava di diventare Papa. Il Santo Padre risponde con un risoluto “No”. Vi faccio una confidenza. Quando ero piccolo non c’erano tanti negozi. C’era il mercato dove si trovava il macellaio, il fruttivendolo eccetera. Io ci andavo con la mamma e la nonna per fare la spe-

Frank Dries, Straatnieuws / INSP

Si sente libero qui in Vaticano? Due giorni dopo essere stato eletto Papa sono andato a prendere possesso dell’appartamento papale nel Palazzo Apostolico. Non è un appartamento lussuoso. Ma è largo, è grande… mi è sembrato un imbuto al rovescio, cioè grande ma con una porta piccola. Questo significa essere isolato. Ho pensato: “Non posso vivere qui perché mi farebbe male”. All’inizio sembrava una cosa strana, ma ho chiesto di restare a Santa Marta. E questo mi fa bene perché mi sento libero. Mangio nella sala da pranzo dove mangiano tutti. E quando sono in anticipo mangio con i dipendenti. Incontro gente, la saluto e questo fa sì che la gabbia d’oro non sia tanto una gabbia. Ma mi manca la strada.

Si vede che le piace fare il giro della piazza durante l’Udienza Generale… È vero. Sì, è vero.

Frank Dries, Straatnieuws / INSP

sere influente e allo stesso tempo rimanere fuori dagli schieramenti politici? Ci sono situazioni che possono portare a commettere errori. Vorrei sottolineare due forti tentazioni. La Chiesa deve parlare con la verità e la testimonianza: la testimonianza della povertà. Se un credente parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone, questo non si può fare. Questa è la prima tentazione. L’altra tentazione è quella di fare accordi con i governi. Si possono fare accordi, ma devono essere accordi chiari e trasparenti. Per esempio: noi gestiamo questo palazzo, ma i conti sono tutti controllati, per evitare la corruzione. Perché c’è sempre la tentazione della corruzione nella vita pubblica. Sia politica, sia religiosa. Ricordo che una volta, con dolore, ho visto – quando l’Argentina sotto il regime dei militari è entrata in guerra con la Gran Bretagna per le Isole Malvine – che la gente donava delle cose e ho visto tante persone, anche cattolici, incaricati di distribuirle, che le portavano a casa. C’è sempre il pericolo della corruzione. Anni fa ho chiesto a un ministro argentino, un uomo onesto, capace di lasciare il proprio incarico perché non poteva andare d’accordo con alcune cose poco chiare: «Quando inviate aiuti – siano cibo, vestiti o soldi – ai poveri e agli indigenti, di quello che inviate, quanto arriva loro?». Mi ha risposto: il 35 per cento. Significa che il 65 per cento si perde. È la corruzione: un pezzo per me, un altro pezzo per me.


L’INTERVISTA

sa. Ero piccolino, avevo quattro anni. E una volta mi hanno domandato: «Cosa ti piacerebbe fare da grande?». Ho risposto: «Il macellaio».

tima è come una bolla di sapone.

Per molti fino al 13 marzo 2013 lei era uno sconosciuto. Poi da un momento all’altro, è diventato famoso in tutto il mondo. Come ha vissuto quest’esperienza? È successo e non me l’aspettavo. Ma non ho perso la serenità. E questo è una grazia di Dio. Non penso tanto al fatto che sono famoso. Dico a me stesso: “Adesso ho un posto importante, ma tra dieci anni nessuno si ricorderà più di me” (ride). Sai, ci sono due tipi di fama: la fama dei ‘grandi’ che hanno fatto grandi cose, come Madame Curie, e la fama dei vanitosi. Ma quest’ul-

Sì.

Così, lei dice “adesso sono qua e devo dare il meglio” e continuerà questo lavoro fino a quando ne sarà in grado? Santo Padre, si può immaginare un mondo senza poveri? Vorrei un mondo senza poveri. Noi dovremmo lottare per questo. Ma sono un credente e so che il peccato è sempre dentro di noi. E la cupidigia umana c’è sempre. La mancanza di solidarietà e l’egoismo creano povertà. Per questo mi sembra un po’ difficile immaginare un mondo senza poveri. Pensate ai bambini sfruttati nel lavoro, o a quelli vittime degli abusi sessuali, o ai bambini uccisi per il traffico degli organi. Ucci-

Dovremmo lottare per un mondo senza poveri. Ma sono un credente e so che il peccato è sempre dentro di noi. E la cupidigia umana c’è sempre. Mancanza di solidarietà e egoismo creano la povertà

dere i bambini per questo è cupidigia. Non so se ce la faremo a costruire un mondo senza poveri, perché il peccato c’è sempre e porta egoismo. Ma dobbiamo lottare, sempre, sempre. *** Abbiamo finito. Ringraziamo il Papa per l’intervista. Anche lui ci ringrazia e dice che il colloquio gli è piaciuto molto. Poi prende la busta bianca che per tutto il tempo è rimasta accanto a lui sul sofà ed estrae per ognuno di noi un rosario. Vengono scattate delle foto e poi Papa Francesco si congeda. Tranquillo e rilassato com’è arrivato, ora esce dalla porta. Pronto per il prossimo appuntamento. Courtesy of INSP News Service www.INSP.ngo/Straatnieuws dicembre 2015-gennaio 2016 Scarp de’ tenis

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