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La displasia dell’anca nel cane secondo la medicina tradizionale

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4. Casi clinici

4. Casi clinici

SOMMARIO

1. Introduzione............................................................................................4 2. La displasia dell’anca nel cane secondo la medicina occidentale. . . . . .6

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2.1. Definizione..........................................................................................................6 2.2. Cause predisponenti............................................................................................7 2.3. Sintomi, visita ortopedica ed indagini diagnostiche...........................................9 2.4. Trattamento chirurgico......................................................................................10 2.5. Trattamento farmacologico...............................................................................13 2.6. Trattamenti fisioterapici....................................................................................15

3. La displasia dell’anca nel cane secondo la medicina tradizionale cinese..........................................................................................................18

3.1. Sindrome Bi.......................................................................................................20 3.2. Meridiani coinvolti............................................................................................25 3.3. Tecniche di trattamento del dolore osteoarticolare...........................................26 3.4. Punti per il trattamento dell’articolazione dell’anca.........................................30 3.5. Gold beads implants..........................................................................................36 4. Casi clinici.............................................................................................38 5. Conclusioni............................................................................................50 6. Bibliografia...........................................................................................51

1. Introduzione

L’obiettivo di questa tesi è di dimostrare l’efficacia terapeutica dell’utilizzo di alcuni punti di agopuntura nel trattamento dell’osteoartrosi della displasia d’anca nel cane. La medicina tradizionale cinese è una medicina energetica e prevede una valutazione energetica globale del paziente prima del trattamento con aghi. Di conseguenza nella pratica clinica vengono utilizzati sia dei punti specifici per la patologia sia degli agopunti in relazione alla condizione energetica del paziente. Essendo una medicina energetica, nella filosofia e nella medicina cinese il corpo e la mente sono intese come un vortice di Qi (energia) in continuo movimento. L’ideogramma cinese del Qi rappresenta al contempo qualcosa di etereo, immateriale e materiale:

Il Qi è un’energia che si manifesta sia a livello fisico che spirituale. È presente nel nostro organismo in continuo movimento, il suo flusso interessa tutti gli organi del corpo, tutte le cavità e tutte le articolazioni. Quando il libero fluire del Qi è interrotto o ostacolato, esso circolerà in maniera alterata: si creeranno vari gradi di condensazione, aggregazione e ostruzione del flusso dell’energia. Il blocco energetico o la disarmonica circolazione energetica sarà il presupposto per la comparsa del dolore e lo sviluppo delle Sindromi Ostruttive Dolorose (Sindromi Bi). Il dolore è quindi un segnale che l’organismo esprime in risposta ad una alterata circolazione energetica e ad una patologica distribuzione della stessa nel corpo. Il dolore, in base al tipo di alterazione energetica, potrà variare per intensità e qualità: un dolore da pieno

sarà acuto, superficiale e evocabile con la pressione, mentre un dolore da vuoto avrà un andamento cronico, sarà più profondo e migliorerà con la pressione e con l’applicazione del calore. Le cause di malattia secondo la medicina cinese sono distinte in esterne (fattori climatici), interne (aspetti emozionali), ed altre (traumi, parassiti, eccessivo lavoro o eccessiva attività). La medicina cinese si basa molto sul concetto dell’equilibrio come chiave per la salute: troppo lavoro, troppa attività fisica, situazioni emozionali non equilibrate, dieta non regolata possono essere tutte cause di un’alterazione dell’equilibrio energetico di un soggetto. Ma non esiste uno stile di vita preconfigurato entro cui ogni individuo deve porsi per poter mantenere il proprio equilibrio, al contrario questo è soggettivo e dipende anche dall’aspetto caratteriale e dalla costituzione di una persona. Le medicine olistiche e l’agopuntura contribuiscono in maniera multimodale al trattamento dell’osteoartrosi coxo-femorale causata dalla displasia dell’anca nel cane. Il vantaggio terapeutico dell’agopuntura risiede non solo nei suoi effetti clinici (miorilassanti, antidolorifici, antinfiammatori, antispastici e immunomodulanti) ma anche nell’essere un trattamento privo di effetti collaterali che invece sono una costante nel solo trattamento farmacologico. Inoltre, una volta trovato un equilibrio terapeutico nella sintomatologia acuta, attraverso la pianificazione delle sedute ad intervalli regolabili sul paziente si può agire anche nella prevenzione delle recidive e nel dilatare la somministrazione di farmaci allopatici. Gli aghi utilizzati sono di dimensioni: 0,25x13mm e 0,26x25mm.

2. La displasia dell’anca nel cane secondo la medicina occidentale

2.1. Definizione

La displasia dell’anca è una patologia ortopedica progressiva, cronica, multifattoriale, non traumatica dell’età dell’accrescimento che colpisce l’articolazione coxofemorale sempre in modo bilaterale anche se con grado diverso. I cani di taglia grande e gigante sono maggiormente predisposti a sviluppare la patologia anche se le alterazioni displasiche sono riscontrabili anche in soggetti di taglia medio piccola. Essendo una patologia multifattoriale è stata dimostrata una trasmissione genetica della patologia, ma concorrono allo sviluppo della displasia anche cause ambientali e traumatiche. Nello sviluppo dell’articolazione coxofemorale la testa del femore e la cavità acetabolare si trovano in un intimo rapporto; la crescita delle due parti è sincrona e dipende dalla congruenza delle due superfici articolari, dalla loro lubrificazione e dalle forze biomeccaniche che si generano. Qualsiasi perturbazione su questo equilibrio biomeccanico può determinare uno sviluppo articolare non fisiologico con comparsa di displasia. Nel cane l’articolazione coxo-femorale alla nascita è generalmente normale. Il periodo critico per la malattia inizia alla nascita e continua fino all’età di circa sei mesi; in questo periodo i tessuti articolari e peri-articolari sono immaturi e plasmabili e quindi qualsiasi insulto esterno può condizionare lo sviluppo della patologia. L’incongruenza articolare può derivare da una malformazione a carico dell’acetabolo (displasia acetabolare), della testa e del collo femore (displasia femorale) o da una combinazione delle due, oltre che da un’eccessiva lassità articolare.

I pazienti affetti da displasia dell’anca sviluppano una mancata congruenza articolare tra i profili della testa del femore e della cavità acetabolare dell’anca; a causa dell’instabilità con il tempo si sviluppa l’erosione e l’usura delle cartilagini articolari, lassità legamentosa, ipotrofia muscolare da mancato utilizzo e nel tempo si può arrivare alla sublussazione/lussazione della testa del femore dalla cavità acetabolare. La patologia è caratterizzata da una progressività delle lesioni che permette di definire quattro fasi di malattia: nella prima fase si sviluppa la lassità dell’articolazione coxo-femorale con instabilità della stessa; nella seconda fase si instaura la degenerazione dei capi e delle cartilagini articolari; in terza fase il quadro si complica con deformità ossee; nella quarta ed ultima fase si sviluppa il processo osteoartrosico definitivo. A causa della predisposizione genetica alla patologia, durante la valutazione ortopedica di un paziente viene richiesto anche il grado di displasia dei genitori. Infatti la valutazione del grado di displasia dell’anca viene eseguita da un medico veterinario autorizzato dalla centrale di lettura dell’FSA o Ce.Le.Ma.Sche., il quale una volta eseguite le radiografie in sedazione nei vari posizionamenti standard, le invia alla centrale di lettura insieme al Pedigree di razza. Qui saranno valutate con un punteggio che va da A (esente da displasia) ad E (grave displasia dell’anca). Animali nati da genitori esenti da patologia, molto difficilmente potranno svilupparla nel corso della loro vita. Al contrario animali con displasia grave dovrebbero essere non ammessi alla riproduzione.

2.2. Cause predisponenti

Come già accennato precedentemente, la displasia dell’anca è una patologia multifattoriale: le cause sono genetiche, ambientali e nutrizionali.

La predisposizione genetica a sviluppare la patologia è frutto dell’azione di un elevato numero di geni: tra questi alcuni hanno un’influenza molto bassa sull’espressione fenotipica mentre altri sono in grado anche da soli di determinare un’alterazione organica significativa. Oltre alla presenza di geni specifici, lo sviluppo dell’artrosi coxo-femorale è influenzata anche della conformazione corporea delle diverse razze canine. Infatti, da diversi studi si è evinto che i cani con minore incidenza della patologia sono quelli con una conformazione corporea più simile al cane ancestrale: taglia media o piccola, muscolatura ben sviluppata, conformazione slanciata e ridotta velocità di crescita. Infatti queste caratteristiche sono in grado di influire sulle forze che agiscono sull’articolazione e che possono alterare la biomeccanica articolare. Oltre al fattore genetico la patologia riconosce anche cause ambientali come l’attività fisica inadeguata ed eccessiva, l’elevata velocità di crescita, il peso elevato, le alterazioni della postura, i traumi articolari, le malformazioni, cause carenziali/nutrizionali. L’eccessivo peso corporeo e l’elevata velocità di crescita, unitamente ad una alimentazione non corretta, sono degli importanti fattori di rischio perché impongono ai tessuti articolari immaturi delle forze in grado di deformarli. Un’attività fisica intensa e non controllata allo stesso modo determina delle sollecitazioni meccaniche pericolose; al contrario invece un esercizio fisico moderato ha un effetto protettivo perché stimola il corretto trofismo della cartilagine articolare e garantisce un buon tono muscolare utile per dare stabilità articolare. In ultimo anche soggetti non geneticamente predisposti alla patologia se subiscono traumi articolari e ossei o danni muscolari, possono sviluppare delle alterazioni dell’articolazione coxo-femorale indistinguibili fenotipicamente dalla displasia articolare genetica.

2.3. Sintomi, visita ortopedica ed indagini diagnostiche

La patologia si manifesta nel paziente con zoppia di varia entità in base alla gravità del quadro anatomico, riluttanza al movimento e al gioco, ipotrofia muscolare, alterazioni dell’andatura, dolore all’estensione e al movimento degli arti posteriori. Ogni animale appartenente ad una razza predisposta o che manifesta sintomi clinici come quelli riportati dovrebbe essere sottoposto ad una visita ortopedica specialistica durante la quale verrà valutato l’assetto dell’animale in stazione quadrupedale, l’andatura durante l’esame motorio, la risposta alle manipolazioni con il paziente cosciente, test ortopedici in sedazione, studio radiografico ufficiale con paziente sedato. Con il paziente in stazione si esamina: profilo laterale in cui si può notare un appiombo con i piedi sotto di sé per atrofia muscolare e groppa abbassata; profilo caudale in cui invece si osserva l’allargamento o restringimento della base d’appoggio, con anche squadrate per sublussazione delle teste dei femori. Durante l’esame motorio con l’andatura al passo si osserva zoppia di vario grado con accorciamento del passo, mentre al trotto la zoppia diventa più lieve; si riscontra inoltre difficoltà a salire e scendere le scale con andatura a coniglio, difficoltà ad alzarsi. La visita ortopedica prosegue con i test clinici con il paziente da sveglio che comprendono: test del sollevamento sugli arti posteriori, test di estensione dell’anca, test di abduzione e rotazione esterna, test di sublussazione dell’anca, valutazione palpatoria delle masse muscolari. Con il paziente in anestesia vengono invece effettuati il test dell’Ortolani, il test di Barlow, il test di Bardens, valutazione degli angoli di riduzione e sublussazione.

Lo studio radiografico ufficiale prevede l’esecuzione di almeno quattro proiezioni con l’animale sedato: proiezione ventro-dorsale standard ad arti estesi, proiezione ventro-dorsale in distrazione, proiezione DAR (Dorsal Acetabular Rim), proiezione a rana. Nei soggetti in accrescimento è ritenuta facoltativa la proiezione in latero-laterale mentre è richiesta in caso di soggetti adulti o anziani. Per poter emettere una diagnosi precoce, la medicina occidentale consiglia in tutte le razze predisposte allo sviluppo della patologia (Alano, Pastore tedesco, Labrador Retriever, Golden Retriever, Mastino Napoletano, Rottweiler, Cane Corso, Pastore Maremmano, Dobermann, Dogue De Bordeaux, Boxer, Bulldog Inglese, Cocker Spaniel Inglese, Border Collie, Bovaro del Bernese, Terranova, etc.) un esame radiografico specialistico in sedazione tra i 4 e i 6 mesi di età: essendo infatti una patologia della fase di accrescimento, già in questa fase della vita del paziente potranno essere presenti iniziali alterazioni dei rapporti dei margini articolari.

2.4. Trattamento chirurgico

La terapia per la displasia d’anca può essere farmacologica, chirurgica o conservativa. La soluzione terapeutica più adatta ad ogni paziente viene scelta in base al quadro clinico e radiografico, all’età dell’animale, alla compliance e disponibilità economica del proprietario. Nei soggetti giovani si può intervenire chirurgicamente per bloccare lo sviluppo dell’artrosi, mentre nei pazienti anziani sarà possibile rallentarlo oppure eseguire chirurgie palliative per ridurre il grado di dolore. In ogni caso alla terapia chirurgica si può associare un trattamento farmacologico antidolorifico. La terapia chirurgica viene suddivisa in precoce e tardiva a seconda dell’età del paziente al momento della visita. La prima viene proposta ai pazienti

giovani dopo che sono stati sottoposti alle radiografie preventive, se da queste si evidenzia una forte predisposizione allo sviluppo della patologia. La terapia chirurgica tardiva è invece riservata ai pazienti ormai adulti e quindi con un grado di displasia più avanzato. Gli interventi chirurgici sono classificati in: preventivi (mirano a ripristinare la corretta biomeccanica dell’articolazione evitando lo sviluppo e la progressione di danni articolari irreversibili; sono proposti a pazienti giovani), sostitutivi (per pazienti adulti in cui l’articolazione coxo-femorale viene soppiantata da una struttura protesica), palliativi (per soggetti adulti allo scopo di ridurre il dolore osteoarticolare e garantire una migliore qualità di vita). Di seguito i trattamenti chirurgici proposti dalla medicina occidentale:

o Sinfisiodesi pubica: è un intervento preventivo. Attraverso l’utilizzo di un laser viene effettuata la chiusura prematura per cauterizzazione della fisi di accrescimento pubica; questo induce una modifica nell’inclinazione del sacro verso l’alto, con conseguente copertura a tetto sulle teste dei femori evitandone la lussazione. Questo trattamento va eseguito in pazienti entro i quattro mesi di vita e permette una modifica di solo 15° di copertura;

o Duplice osteotomia pelvica: è un intervento chirurgico preventivo che mira a modificare l’assetto osseo del bacino annullando la tendenza dell’anca a sublussarsi, e quindi limita lo sviluppo di artrosi. Si provoca una duplice osteotomia, una a livello del pube ed una a livello dell’ileo; nella seconda parte dell’intervento i monconi ossei vengono ruotati ventralmente per annullare la tendenza della testa del femore a fuoriuscire dell’acetabolo. A questo punto viene inserita una placca appositamente progettata, per fissare il bacino nella posizione

desiderata. Questo intervento viene effettuato in pazienti tra i cinque e i nove mesi di età;

o Triplice osteotomia pelvica: precursore del precedente trattamento chirurgico in confronto al quale questo è maggiormente invasivo e demolitivo. Verranno praticate due osteotomie e una ostectomia del pube per correggere le forze che tendono a far lussare le teste dei femori. Per poter effettuare questo tipo di intervento non deve essersi sviluppata ancora artrosi e non deve esserci la lussazione delle teste dei femori. Sono riportate il 75% di complicanze;

o Ostectomia della testa e collo del femore: è una chirurgia palliativa che viene adoperata soprattutto nei cani di piccola e media taglia, fino ad un massimo di 15 kg di peso vivo. Si effettua la resezione della testa e del collo del femore, in maniera mono o bilaterale a seconda del caso, fino ad arrivare al piccolo trocantere;

o Protesi totale d’anca: è una chirurgia sostitutiva che consente di recuperare la funzionalità dell’arto eliminando il dolore. L’intervento viene proposto ad animali che abbiano completato lo sviluppo corporeo, affetti da una grave sublussazione d’anca e coxartrosi. In passato venivano utilizzate protesi cementate, mentre ad oggi si preferiscono gli impianti non cementati. L’intervento prevede la rimozione della testa del femore e l’inserimento di una coppa nella cavità acetabolare. Quest’ultima subisce una fresatura per adattarsi alle dimensioni della coppa stessa. Infine viene inserito uno stelo nel canale midollare del femore e questo si collega alla coppa;

o Chirurgie muscolari: fanno parte dei trattamenti chirurgici palliativi.

Sono interventi sul muscolo pettineo (miectomia, tenectomia, miotonia, tenotomia) che mirano ad allentare la tensione muscolare sull’articolazione dell’anca, limitando quindi il dolore. Non è un intervento risolutivo in quanto i pazienti dopo alcuni mesi dalla chirurgia ritornano ad avere dolore.

2.5. Trattamento farmacologico

Il trattamento farmacologico prevede la somministrazione di farmaci antinfiammatori non steroidei o steroidei, antidolorifici, condroprotettori ed altri integratori alimentari. Il trattamento farmacologico può essere di supporto a quello chirurgico oppure essere utilizzato in maniera esclusiva o ancora affiancando percorsi fisioterapici riabilitativi. La somministrazione di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) ha lo scopo di ridurre il grado di infiammazione articolare e di gestire il dolore nel paziente. I trattamenti possono essere effettuati in maniera ciclica, ma la somministrazione non può avvenire in maniera continuativa per lunghi periodi. Gli effetti collaterali nella somministrazione di questi farmaci prevedono gastralgia, risentimento epatico e renale, enteriti e gastroduodeniti. Possono essere somministrati anche cortisonici negli stadi avanzati di artrosi coxale, con una posologia a scalare nei giorni e con una durata di trattamento ridotta a causa degli effetti collaterali sistemici sul lungo periodo. I farmaci antidolorifici oppioidi vengono utilizzati con somministrazioni ogni 8-12 h per via orale o iniettiva; questi possono essere utilizzati in associazione o come terapia successiva all’uso degli antinfiammatori non steroidei. Questi

farmaci non hanno effetti collaterali gravi, ma non riducono il grado di infiammazione presente a livello articolare. Come integratori possono essere utilizzati acidi grassi a lunga e a corta catena (Ω3 e Ω6). Questi hanno un elevato potere antiossidante e, riducendo lo stress ossidativo cellulare, garantiscono un’attività metabolica ottimale dei condrociti. Possono infatti essere utilizzate in tutte le patologie infiammatorie, croniche, degenerative. La somministrazione degli Ω3 e Ω6 avviene per via orale sotto forma di capsule od oli e possono essere somministrati per lunghi periodi anche in maniera continuativa in qualsiasi fase della patologia. Sono utilizzati anche integratori a base di CBD (cannabinoidi) sempre per via orale a diluizioni standardizzate: è stato dimostrato una efficacia nella riduzione del dolore. Possono essere somministrati anche condroprotettori a base di condroitinsolfato e glucosamina; questi vengono utilizzati sia in fase preventiva nei pazienti appartenenti a razze predisposte a patologie ortopediche o comunque nei soggetti in rapido accrescimento. Possono essere utilizzati per tempi anche lunghi e sono di supporto in tutte le fasi della vita del paziente accompagnando anche i trattamenti chirurgici e gli altri protocolli farmacologici. In ultimo come integratore vengono somministrati anche degli estratti della cozza verde della Nuova Zelanda, la quale essendo ricca in glicosaminoglicani ha spiccata azione condroprotettiva. Inoltre la cozza verde contiene anche acidi grassi Ω3 con azione antinfiammatoria. Oltre a ciò è importante il controllo del peso corporeo e mantenere un buon tono muscolare, anche con l’ausilio della fisioterapia.

2.6. Trattamenti fisioterapici

La fisioterapia fa parte dei trattamenti conservativi, è indicata in pazienti di qualsiasi età con obiettivi differenti e utilizzando diverse metodiche. Può essere utilizzata nei soggetti in accrescimento con l’obiettivo principale di favorire uno sviluppo muscolare idoneo a contrastare la lassità e l’instabilità articolare a cui il paziente è predisposto. Può essere utilizzata ancora negli animali displasici con già evidenti modifiche articolari che provocano dolore e deficit funzionale, con l’obiettivo di ridurre il dolore, promuovere lo sviluppo muscolare, recuperare una discreta capacità di movimento articolare, contrastare le contratture o spasmi muscolari. La fisioterapia viene definita da Downer AH come “il trattamento di patologie o traumi mediante l’uso di forze di origine naturale, come il freddo, il caldo, il massaggio, l’acqua, l’esercizio terapeutico, la luce, l’elettricità, le forze meccaniche” e ha lo scopo di migliorare le condizioni fisiche del paziente garantendogli una migliore qualità di vita. Prevede un insieme di terapie manuali e strumentali, attive e passive di seguito elencate:

o Tecarterapia: è un trattamento elettromedicale con un’azione analgesica ed antinfiammatoria può essere utilizzata nell’acuto e nel cronico. L’apparecchio è costituito da un generatore di corrente alternata ad alta frequenza e bassa intensità a cui sono collegati due elettrodi, uno positivo e uno negativo, posizionati sulla cute dell’area da trattare. Questa corrente provoca nel tessuto un movimento alternato di attrazione e repulsione delle cariche elettriche con la produzione di calore; proprio quest’ultimo induce degli effetti biologici nei tessuti trattati come l’incremento del microcircolo, la vasodilatazione, la produzione di calore endogeno, aumento dell’apporto di ossigeno e nutrienti ai tessuti con effetto positivo sul loro metabolismo. Inoltre ha

un’azione sedativa sulle fibre nervose sensitive, favorisce la formazione del tessuto di granulazione e promuove il rilassamento muscolare. La tecarterapia può essere utilizzata anche in pazienti con protesi d’anca perché non si provoca il surriscaldamento degli impianti chirurgici metallici;

o Tapis roulant in acqua: ha lo scopo di far lavorare e tonificare la componente muscolare senza gravare sull’articolazione coxo-femorale.

La regolazione dell’altezza dell’acqua determina la quantità di carico che viene sottratta alle articolazioni: impostando il livello dell’acqua sul grande trocantere del femore, il cane percepirà solo il 35% del suo peso durante il movimento. L’utilizzo dell’underwater treadmill è da preferire al nuoto nei pazienti displasici perché in questo modo vengono stimolati i movimenti di estensione articolare, che al contrario sono molto limitati nel nuoto;

o Laser terapia: agisce bene sul dolore osteoarticolare. Consiste nell’applicare un fascio di luce laser, ossia radiazioni elettromagnetiche, con una lunghezza d’onda tale da determinare un trasferimento energetico ai tessuti su cui viene applicato. La risposta biochimica dei tessuti sollecitati provoca vasodilatazione, aumento del drenaggio linfatico e attivazione del microcircolo, favorisce il trofismo del tessuto cartilagineo e con il riscaldamento tissutale determina un’azione analgesica. La sorgente laser deve essere applicata direttamente sulla zona da trattare previa rasatura e disinfezione dell’area cutanea. Nei casi di sintomatologia acuta le sedute terapeutiche devono essere ravvicinate, al contrario nei casi cronici possono essere più distanziate;

o Ozonoterapia: consiste nell’iniettare in modo localizzato l’ozono, in via peri- o intra-articolare. Questo ha un elevato potere antinfiammatorio e può essere utilizzato in associazione con altri trattamenti fisioterapici;

o Termoterapia superficiale: riscaldare o raffreddare una zona corporea mediante l’uso di impacchi freddi o caldi. L’applicazione del freddo provoca vasocostrizione, riduzione dell’edema tissutale, diminuzione dell’irrorazione sanguigna, riduzione del metabolismo tissutale locale e azione analgesica. Il freddo viene applicato con impacchi locali o con immersione della parte in acqua fredda. Questo trattamento trova impiego nelle patologie croniche con riacutizzazione periodica.

L’applicazione del caldo è invece la forma più antica di fisioterapia conosciuta e provoca molti effetti benefici tissutali come l’aumento del microcircolo, aumento dell’ossigenazione tessutale, miorilassamento e diminuzione del dolore. Prevede l’applicazione di impacchi superficiali caldi che garantiscono una penetrazione del calore fino ad un paio di centimetri sotto la cute; se si vogliono sfruttare gli effetti del calore sui tessuti più profondi si possono utilizzare le metodiche strumentali, come il laser o la tecarterapia.

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