Seat Con Voi 7

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a n n o I I - n°7 \ m a r zo - a p r i l e 2 0 07 - p rez zo d i cope r t i n a 3,0 0 €

Dalla merce al brand

\Storie di successo

Innovazione e tradizione Ora Elettrica

Traslochiamo la vostra tranquillità Abitare Subito Traslochi

Esperti di risorse umane Lavoropiù

Progettare ed arredare in ottica di marketing Ekip

\Comunicazione e Marketing

Quando il cliente non è il consumatore Il trade ha acquisito un forte potere contrattuale nei confronti della produzione...

\Fare Impresa

\Settori

Fare affari con PagineGialle Annunci on line www.annunci.paginegialle.it è una finestra virtuale unica, semplice e immediata...

Abbigliamento: la crisi è alle spalle? Il settore è in netta ripresa e conferma anche nel 2006 la sua forte vocazione verso i mercati internazionali...


\Primo Piano

Dalla merce al brand La marca non identifica solo le caratteristiche distintive di un prodotto o di un servizio rispetto a quelle dei concorrenti ma è anche e soprattutto un legame che si instaura con il consumatore che ne è fidelizzato

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Rapporto sui consumi e sui consumatori italiani

Comitato Scientifico

Prof. Massimo Bergami

Docente Organizzazione Aziendale Università degli Studi di Bologna Consigliere Delegato ALMA Graduate School

Dott. Aldo Bonomi

Sociologo, Direttore A.Aster

Web 2.0 \Comunicazione e Marketing

Seat Corporate University

Il recente Rapporto Istat evidenzia come sono ripartiti i consumi delle famiglie italiane e quali sono i trend in atto

Un nuovo modello di Rete, basato sull’apporto dell’intelligenza collettiva e la partecipazione degli utenti

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Quando il cliente non è il consumatore Il trade ha acquisito un forte potere contrattuale nei confronti della produzione e ha sviluppato proprie strategie di marketing

Prof. Mario Calderini

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Docente Strategia e Innovazione Politecnico di Torino

Dott. Pierluigi Celli

Direttore Generale LUISS Guido Carli

Ten. Gen. Giuseppe Cucchi Segretario Generale Censis

Dott. Corrado Ruffini

Director McKinsey & Company

Prof. Severino Salvemini

Docente Organizzazione Aziendale Università Bocconi di Milano

Prof. Gian Luigi Vaccarino

Docente Economia Università di Torino

Presenza a titolo personale

Sale la febbre del navigatore satellitare \Tendenze

fax 011.435.2607 e-mail: corporate.university@seat.it www.seat.it/seatcorporateuniversity

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Il periodo natalizio ha registrato un’autentica esplosione della domanda dei sistemi di navigazione satellitare per auto. In Europa, nel 2006 ne sono stati venduti circa otto milioni di pezzi

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Alla lunga esperienza nel campo dell’orologeria industriale e alla presenza ininterrotta del proprio marchio sul mercato Ora Elettrica ha saputo coniugare la capacità di innovare

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\Storie di Successo

Traslochiamo la vostra tranquillità Grande cura per gli oggetti e per gli ambienti: è questa la formula del successo di Abitare Subito Traslochi

Esperti di risorse umane Nonostante la concorrenza delle grandi multinazionali, Lavoropiù S.p.A. si è ritagliata uno spazio importante nel mercato

Progettare ed arredare in ottica marketing Dall’analisi spazio-funzionale del locale alla consegna del negozio allestito chiavi in mano

Fare affari con PagineGialle Annunci on line

\Fare impresa

www.annunci.paginegialle.it è una finestra virtuale unica, semplice e immediata, per la compravendita di beni

Ancora oggi il livello medio di alfabetizzazione informatica da parte degli addetti ai lavori d’ufficio è ben lontano dall’essere ottimale

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Privacy: istruzioni per l’uso I consumatori sono sempre più attenti al modo e alle finalità per le quali sono raccolti e trattati i loro dati personali

Il settore è in netta ripresa e conferma anche nel 2006 la sua forte vocazione verso i mercati internazionali

\Settori

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Aumentare la produttività utilizzando meglio il computer

Abbigliamento: la crisi è alle spalle?

\Formazione

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Sommario

Innovazione e tradizione

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L’industria orafa, un’eccellenza del Made in Italy Un giro d’affari di sei miliardi di euro. Al primo posto in Europa e al terzo nel mondo nella trasformazione dell’oro. Al primo posto nel mercato mondiale della gioielleria

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Il contributo della comunicazione d’impresa al successo di vendita Comunicare è una necessità per tutte le imprese e per gli operatori economici

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La nuova sede di SEAT Pagine Gialle

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\ Primo Piano

La marca fidelizza i consumatori

I vantaggi competitivi per le imprese

La brand awareness e la brand image

Verso i lovemark?

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\ Primo Piano

Dalla merce al brand La marca non identifica solo le caratteristiche distintive di un prodotto o di un servizio rispetto a quelle dei concorrenti ma è anche e soprattutto un legame che si instaura con il consumatore che ne è fidelizzato. Un’entità immateriale che ha riscontro nella realtà dei consumi di tutti i giorni. Per questi motivi è un importante asset e un vantaggio competitivo per le imprese. Ecco come nasce, come si afferma e come si consolida una marca


Il termine brand, marca, deriva dall’antico nordico brandr – bruciare – e fa riferimento all’operazione di marchiatura ancora oggi in uso presso i proprietari di bestiame per contrassegnare i loro capi. Per l’American Marketing Association (AMA) una marca è una denominazione, un simbolo, un disegno che ha lo scopo di identificare i beni e i servizi di un produttore, differenziandoli da quelli dalla concorrenza. In Italia, ancora alla fine degli anni ’50, i beni di consumo, in particolare gli alimentari, erano per lo più commodity, venduti a peso e di solito sfusi, senza una confezione che ne evidenziasse il produttore. Negli anni seguenti, con un processo relativamente rapido, gli scaffali dei negozi si sono popolati di marche. Alla

generica richiesta al dettagliante di “un sapone, o mezzo chilo di pasta” i clienti iniziarono rapidamente ad aggiungere o a sostituire il nome proprio di ciò che desideravano acquistare. In un famoso Carosello, trasmesso per parecchi anni, questo processo di sostituzione diventava il leit motiv della comunicazione: a un avventore che ordinava un brandy si affiancava un secondo che invece richiedeva con piglio sicuro uno Stock 84, ottenendo un’ammirata risposta del barista “il signore sì che se ne intende!”. Anche un recente spot tv si fonda su un meccanismo analogo, sottolineando la differenza tra il comperare un anonimo prosciutto crudo e scegliere, invece, un prosciutto di marca. Sono passati 50 anni, ma la necessità di costruire marche non è certo meno sentita oggi di allora. La marca esiste nella mente dei consumatori Costruire una marca significa creare un processo nella mente del consumatore volto ad indirizzare le proprie scelte di acquisto verso un determinato prodotto o

servizio. La marca è, quindi, per il legame che si instaura con il consumatore, una fonte di creazione di valore per l’azienda. Il luogo in cui nasce e si consolida una marca è la mente dei consumatori sulla quale le aziende influiscono attraverso sia attività di marketing sia costante innovazione del prodotto. Creare una marca significa non solo sviluppare un’identità per il prodotto, ma anche posizionarlo rendendone evidenti le caratteristiche distintive rispetto a quelle dei prodotti concorrenti ed esplicitando in modo chiaro e convincente la reason why per cui è meritevole di essere scelto. La marca pur essendo un’entità immateriale è tuttavia percepita come radicata nella realtà, strettamente legata alle percezioni e alle preferenze dei consumatori. Il brand gioca un ruolo importante ogni volta che un acquirente deve scegliere tra più prodotti concorrenti. Il branding, infatti, si fonda sul presupposto che i consumatori percepiscano le differenze esistenti all’interno di una certa categoria di prodotto. Molte delle semplici merci di una volta,

Foto: © Corbis

La creazione di un Brand forte: le fasi di costruzione

Fonte: Università La Sapienza, Roma

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\ Primo Piano

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nel tempo, sono diventate prodotti di marca in modi diversi, ma in tutti i casi il successo è stato determinato dall’aver persuaso i consumatori della differenza distintiva di un determinato prodotto tra quelli appartenenti alla medesima categoria merceologica. E di aver creare tra essi e il consumatore un legame di affinità e di fiducia. Sotto questo profilo la marca è agli occhi del consumatore anche garanzia di elevate performance qualitative del prodotto. Le funzioni della marca I brand svolgono per i consumatori, una pluralità di funzioni: rendono riconoscibile la fonte o il creatore di un prodotto, al quale è possibile rivolgere i propri reclami, e, consentono di approfondire la conoscenza delle caratteristiche dei singoli prodotti identificando, tra tutti, quelli in grado di soddisfare al meglio i propri bisogni. Di conseguenza, in un mercato saturo di offerte, i brand accelerano e semplificano le decisioni d’acquisto. Un consumatore fidelizzato ad una determinata marca, non investirà tempo e risorse nella ricerca di nuovi prodotti, ma si rivolgerà direttamente a quella marca. Se la fiducia riposta non è tradita da performance insoddisfacenti del prodotto, si attiva un circuito virtuoso. Tra il consumatore e la marca si instaura un rapporto di reciprocità: il consumatore offre la propria fiducia, la marca si impegna a mantenere le promesse fatte. Le caratteristiche dei prodotti di marca non sono sempre di natura esclusivamente funzionale. I brand talvolta assumono valenze simboliche attraverso le quali il consumatore mira ad affermare l’immagine che ha o che vorrebbe avere di se stesso. Avviene, quando i brand si identificano con gli stili di consumo

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\ Primo Piano

Il valore aggiunto che fa la differenza Secondo il guru del marketing Philip Kotler, un prodotto è tutto ciò che può essere offerto sul mercato in quanto rispondente ad un determinato bisogno o desiderio. Sotto questo profilo, un prodotto può essere un bene fisico, un servizio, un punto di vendita, un luogo o anche un’idea. Kotler definisce una gerarchia di cinque livelli di un prodotto: • core benefit, individua il bisogno fondamentale di un consumatore • generic product, rappresenta il prodotto nella sua versione basilare, dove sono determinati gli attributi indispensabili al suo funzionamento • expected product, definisce un prodotto con una una serie di attributi che gli acquirenti normalmente si aspettano di trovare in un prodotto di un particolare genere • augmented product, il prodotto presenta ulteriori benefici che lo distinguono da quello dalla concorrenza • potential product, contraddistingue un prodotto in grado di trasformarsi nel tempo, a seguito della introduzione di sviluppi tecnologici e di cambiamenti nei bisogni dei consumatori. Seguendo la gerarchia di Kotler, in molti mercati la concorrenza inizia a manifestarsi a livello di augmented product, vale a dire, quando i prodotti iniziano ad avere caratteristiche differenzianti. Della stessa idea è un altro studioso di marketing, Ted Levitt, per il quale la nuova concorrenza non riguarda ciò che le aziende producono, ma ciò che aggiungono ai prodotti attraverso il packaging, i servizi, la pubblicità. Questo valore aggiunto differenziale trasforma un prodotto generico in un prodotto di marca e può derivare da caratteristiche razionali e tangibili oppure simboliche ed emotive, correlate a ciò che la marca rappresenta.

e attraverso gli stili di consumo gli individui affermano in modo distintivo la propria identità rispetto agli altri. I brand consentono, infine, di ridurre i rischi connessi agli atti di acquisto: in assenza di esperienze di acquisto di un determinato bene, acquistare una marca consolidata significa comunque garantirsi qualità anche se spesso

ciò può comportare una maggiore spesa. Il vantaggio competitivo della marca Altrettanto importanti sono le funzioni che le marche svolgono per le aziende. Sono una tutela giuridica delle caratteristiche di unicità del prodotto. Il brand, infatti, può


essere protetto attraverso la registrazione di marchi commerciali, mentre i processi produttivi sono tutelati dai brevetti. Questi diritti di proprietà intellettuale assicurano alle aziende la possibilità di investire con sicurezza nel brand e di raccoglierne nel tempo i benefici. La fedeltà dei consumatori alla marca garantisce alle aziende costanza nei volumi di vendita e crea barriere all’ingresso nel mercato ai concorrenti. I brand sono, dunque, potenti strumenti per conservare un vantaggio competitivo. Sono, inoltre, rilevanti asset da vendere ad altre aziende per procurarsi la liquidità necessaria per intraprendere nuove scelte strategiche o percorsi imprenditoriali. La forza e la vulnerabilità della marca Esistono marche che hanno dimostrato una stupefacente capacità di mantenere per decenni la propria notorietà e leadership di mercato, come ad esempio, le pellicole Kodak o i pneumatici Goodyear,

i rasoi Gillette o la Coca Cola. Molti altri brand, invece, si sono avviati ad un progressivo declino, e in alcuni casi sono addirittura scomparsi. Altre marche, ancora, hanno vista seriamente minacciata la loro posizione sul mercato. Se in alcuni casi le difficoltà sono riconducibili a cause esterne, come l’introduzione di nuove tecnologie che hanno radicalmente mutato il modo con il quale i consumatori erano abituati a soddisfare un bisogno, in altri casi le difficoltà sono attribuibili all’incapacità della azienda di monitorare i cambiamenti del mercato ed a adeguarvi rapidamente la propria offerta. Ogni brand, per quanto forte possa essere o essere stato, è costantemente esposto ai rischi del mercato. Gestire nel tempo un brand con successo, non a caso, richiede un approccio metodologico di carattere professionale. La Customer-based brand equity Che cosa rende forte un brand?

Il modello della Customer-based brand equity fornisce un approccio analitico al valore del brand e alle modalità con cui costruirlo, misurarlo e gestirlo nel tempo. Il modello affronta il valore del brand dal punto di vista del consumatore, sia esso un individuo o un’organizzazione, partendo dal presupposto che per avere successo sul mercato è fondamentale capire i bisogni dei consumatori e ideare prodotti e programmi di marketing in grado di soddisfarli. Il potere di una marca risiede in ciò che i consumatori hanno appreso sulla marca stessa, attraverso esperienza dirette o indirette. È a ciò che le strategie di marketing mirano: ottenere che i consumatori, attraverso queste esperienze, associno la marca a idee, sensazioni e immagini che l’impresa crea per ottenere una differenziazione competitiva. La Customer-based brand equity misura l’effetto differenziale che la conoscenza della marca esercita sulla risposta del consumatore.

Il valore dei primi 15 brand mondiali 2006 (milioni di $) Brand

Paese di orgine

Settore

Valore del brand

Variazione nel valore del brand

1

Coca-Cola

USA

Bevande

67.000

-1%

2

Microsoft

USA

Software

59.926

-5%

3

IBM

USA

Servizi informatici

56.201

5%

4

GE

USA

Diversificato

48.907

4%

5

Intel

USA

Hardware

32.319

-9%

6

Nokia

Finlandia

Telecomunicazioni

30.131

14%

7

Toyota

Giappone

Auto

27.941

12%

8

Disney

USA

Media /Intrattenimento

27.848

5%

9

McDonald’s

USA

Ristorazione

27.501

6%

10

Mercedes

Germania

Auto

21.795

9%

11

City Bank

USA

Servizi finanziari

21.458

7%

12

Marlboro

USA

Tabacco

21.350

1%

13

Hewlett-Packard

USA

Hardware

20.458

8%

14

American Express

USA

Servizi finanziari

19.641

6%

15

BMW

Germania

Auto

19.617

15%

Fonte: Interbrand

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\ Primo Piano

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L’immagine del brand

Fonte: Università La Sapienza, Roma

Quando il consumatore identifica il brand e reagisce positivamente le strategie di marketing risultano essere efficaci. All’opposto, si registra un esito negativo se l’attività di marketing di un brand determina nei consumatori una reazione meno positiva o uguale a quella suscitata da un prodotto anonimo. Il valore del brand, dunque, si fonda sulle reazioni dei consumatori. In assenza di una differenza nei comportamenti e nelle reazioni, il prodotto di marca è classificato al pari di un semplice bene. Brand awarness, la consapevolezza del brand sempre e ovunque Esiste un modello in psicologia chiamato modello della memoria associativa, secondo il quale la memoria consiste in una rete di nodi e legami connettivi. I nodi rappresentano le informazioni immagazzinate e i legami rappresentano la forza delle associazioni fra queste informazioni. Coerentemente con questo modello, la conoscenza di un brand nella mente del consumatore è rappresentata come la presenza nella memoria di un nodo, il brand stesso, e di molteplici associazioni ad esso collegate. La conoscenza

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\ Primo Piano

del brand si può, infatti, caratterizzare attraverso due componenti: la consapevolezza e l’immagine del brand. La consapevolezza della marca, o brand awarness, è legata alla forza del nodo del brand nella memoria, che si riflette nella capacità dei consumatori di identificare la marca in condizioni diverse. La creazione di consapevolezza del brand è un passaggio necessario, ma non sempre sufficiente nella costruzione del suo valore. Spesso entrano in gioco altri fattori, come l’immagine della marca, o brand image. La brand image, le associazioni della marca nella mente dei consumatori La brand image si realizza attraverso la creazione nella memoria dei consumatori di associazioni forti, positive, gratificanti, univocamente legate alla sua conoscenza. Questo processo fa leva su due fattori che sono in grado di legare le associazioni mentali di un individuo ad un’informazione presente nella memoria: la rilevanza dell’informazione per l’individuo e la coerenza con cui essa è presentata nel tempo. Le strategie di marketing operano su entrambi questi fronti: comunicando costantemente nuove informazioni o sensazioni stimolano nella mente il ricordo del brand, ne accrescono la conoscenza e provocano nuove associazioni. Quanto più pro-

fondamente nella mente del consumatore emergerà il ricordo del brand e lo porrà in relazione a ciò che ne conosce, tanto più forti saranno, quindi, le associazioni che ne deriveranno. Dal brand al lovemark? Se è vero che i brand negli anni hanno assunto un’importanza sempre maggiore, è anche vero che gestire un brand è oggi molto complesso. Uno degli aspetti più critici è la relazione con i consumatori, diventati sempre più attenti e mitridatizzati nei confronti delle strategie di marketing messe in atto dalle aziende. Cresce l’attenzione verso i comportamenti delle imprese e gli individui sono sempre più informati. Predominano atteggiamenti di insofferenza e stanchezza verso strategie percepite come troppo invasive e più aumenta la pressione pubblicitaria, più aumenta la resistenza dei consumatori. Alcuni esperti ritengono che sia cambiato ciò che i consumatori chiedono ai prodotti. E’ diventata dominante l’idea che le imprese dovrebbero superare il concetto di brand per creare trustmark e lovemark, ossia nomi o simboli che riescano a stabilire un legame emotivo tra l’impresa da un lato e i desideri del consumatore dall’altro


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\ Comunicazione e Marketing

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\ Comunicazione e Marketing 10

Rapporto sui consumi e sui consumatori italiani Il recente Rapporto Istat evidenzia come sono ripartiti i consumi delle famiglie italiane e quali sono i trend in atto. Uno spaccato delle tante realtĂ del nostro Paese utile alle imprese per comprendere le dinamiche che stanno alla base delle scelte di consumo delle famiglie italiane

\ Comunicazione e Marketing


Foto: © Corbis

L’analisi dei consumi e dell’evoluzione del consumatore non può prescindere da due fenomeni che hanno caratterizzato il recente passato. Da un lato ciò che Giampaolo Fabris ha definito la “società dell’ossimoro, fondata sulla mass customization”, dall’altro la maggiore attenzione al prezzo che ha interessato tutte le fasce di reddito della popolazione e che ha spinto i consumatori verso i discount, internet e gli outlet. Questo nomadismo del consumatore non è un fenomeno nuovo, ma va, tuttavia, assumendo un peso crescente, soprattutto nelle fasce sociali con minor disponibilità di reddito, con ricadute tanto sulle modalità di consumo, quanto sul peso relativo dei canali distributivi. Consumi fermi Nel suo ultimo consuntivo disponibile (2005), Istat evidenzia che la spesa media mensile per famiglia è pari, a valori correnti, a 2.398 euro per mese, con un aumento di circa 17 euro rispetto all’anno precedente (+0,7%). Depurata dagli effetti inflazionistici (+1,9%) la capacità di spesa della famiglia italiana presenta, quindi, una contrazione reale. L’analisi per le tre macroaree del nostro Paese, evidenzia che, mentre i livelli di spesa per generi alimentari e bevande sono sostanzialmente equivalenti (454 euro mensili al Nord, 467 euro al Centro e 452 euro al Sud), nei consumi non-food si rilevano sostanziali differenze. Nel Nord le spese non-food raggiungono i 2.235 euro mensili contro i 2.239 dell’anno precedente, con un incremento nelle spese per la sanità e una diminuzione di quelle per istruzione, abbigliamento e calzature, mobili, elettrodomestici e servizi per la casa. Il Centro è, invece, in controtendenza, facendo

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Spesa media mensile delle famiglie per ripartizione geografica Anni 2003-2005 (valori in euo)

Fonte: ISTAT

registrare una crescita del nonfood da 1.937 a 2.011 euro, a causa di aumenti delle spese destinate all’abitazione, ai combustibili e all’energia, a fronte di decrementi nelle spese per l’istruzione. Il Mezzogiorno mostra una sostanziale stabilità, ma su valori decisamente più bassi: 1.461 nel 2005 contro i 1.458 euro del 2004. La struttura dei consumi La spesa per generi alimentari e bevande rappresenta, in media, il 19% della spesa mensile delle famiglie. L’acquisto di carne ha, al suo interno, il maggior peso percentuale: ne rappresenta il 4,3% e risulta sempre più orientata all’acquisto di vitellone, manzo e salumi. Si mantengono stabili anche le quote di spesa destinate alla salute, 92 euro per anno, al netto dei contributi del Servizio Sanitario Nazionale, e alle telecomunicazioni, 50 euro l’anno. Continua a decrescere, al contrario, la quota di spesa destinata all’abbigliamento e calzature, che si attesta al 6,3% - era il 6,6% nel 2004 - per una spesa media di 152 euro al mese. In calo anche l’incidenza delle spese per tempo libero, cul-

tura e giochi (111 euro al mese), per istruzione (25 euro) e per arredamenti, elettrodomestici e servizi per la casa (147 euro). In aumento, invece, il peso delle spese per gli “altri beni e servizi”, tra cui le vacanze, che assorbono l’11,1% della spesa totale (266 euro mensili) e quelle relative ai trasporti e all’abitazione. L’abitazione in particolare, costituisce la voce di spesa maggiore per le famiglie: circa 619 euro al mese, corrispondenti al 25,8% della spesa totale. Includendo nel calcolo anche le utenze domestiche, l’abitazione incide, mediamente, per quasi un terzo sul budget familiare. Caratteristiche dei nuclei familiare e livelli di spesa La tipologia, e non solo la quantità, dei consumi è fortemente legata alle caratteristiche delle famiglie e al numero dei suoi componenti. In linea generale si osserva che anche per la famiglia vale il principio dell’economia di scala, per cui, all’aumentare del numero dei componenti, la spesa complessiva cresce in misura proporzionalmente inferiore. A titolo di esem-

\ Comunicazione e Marketing

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I consumi delle famiglie per capitoli di spesa dal 1970 al 2004

Fonte: Elaborazione ufficio studi ANCC-COOP su dati ISTAT

pio, la spesa media mensile di una famiglia composta da un solo individuo corrisponde a circa due terzi di quella di una coppia, mentre la spesa media mensile di una famiglia con quattro componenti equivale a 3.072 euro contro i 1.571 euro delle famiglie composte da un solo individuo. Da segnalare un apparente paradosso: superata questa soglia, le famiglie composte da cinque o più persone spendono meno, in valore assoluto, di

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\ Comunicazione e Marketing

quelle di quattro. Due le ragioni: la prima, le famiglie più numerose risiedono prevalentemente nel Mezzogiorno, ove i consumi sono più contenuti, la seconda, si tratta di famiglie caratterizzate da un livello di povertà decisamente più elevato rispetto a quelle con un minor numero di componenti. Anche il sesso del capofamiglia determina variazioni sui livelli di spesa. Le famiglie ove domina una figura femminile spendono meno (1.917

euro) rispetto a quelle in cui domina una maschile (2.597 euro). Questo divario, che tuttavia tende a ridursi nel tempo, trova spiegazione nel fatto che le famiglie con capofamiglia maschile sono costituite per lo più da coppie con o senza figli, mentre quelle a conduzione femminile sono prevalentemente composte da famiglie monogenitore o da persone anziane sole.


Anziani e giovani La dinamica demografica, come è ampiamente noto, evidenzia un progressivo invecchiamento della popolazione italiana con un effetto potenzialmente recessivo sull’andamento dei consumi. Le famiglie di anziani, infatti, mostrano livelli di spesa decisamente più bassi di quelli delle famiglie di un giovane o un adulto: i single e le coppie con capifamiglia di età inferiore ai 65 anni spendono, mensilmente, circa un terzo in più delle famiglie con lo stesso numero di componenti al cui capo vi è un ultra sessantaquattrenne. Inoltre le spese degli anziani si concentrano sui beni giudicati essenziali: un anziano solo, ad esempio, destina il 45,4% della sua spesa mensile all’abitazione e alle utenze domestiche. Nel caso di una coppia di anziani, questa incidenza scende al 38,3%. Segue all’abitazione, il comparto alimentare che pesa per oltre il 20%. Quasi speculare è invece la composizione del budget di famiglie single e giovani senza figli, ove è molto ridotta la quota di spesa per i generi alimentari e bevande,

meno del 15%, a tutto vantaggio delle spese in arredamento, elettrodomestici e servizi per la casa, il 6,9% per i single e l’8,5% per le coppie. Per i single, in particolare, spostamenti e comunicazioni rappresentano una spesa consistente, che sfiora il 20%: oltre un punto percentuale in più di quella delle coppie con figli e quasi tre volte rispetto a quella degli anziani per i quali questa voce rappresentano solo il 6,9% del budget famigliare. Anche la voce di spesa “altri beni e servizi “ che include, tra le altre, la spesa per pasti e consumazioni fuori casa e per vacanze è ai massimi livelli tra i giovani, soli o in coppia, che vi destinano rispettivamente il 15% e il 16,7% della spesa totale. Le dinamiche in atto In assenza di dati Istat per il 2006, le dinamiche di consumo dei primi nove mesi del 2006 sono rilevabili dall’indagine Censis-Confcommercio. Da essa non emergono, tuttavia, sostanziali differenze rispetto a quelle registrate nei dodici mesi precedenti. A fronte di circa il 60% delle famiglie che dichiara

consumi stabili, il 15% afferma di aver ridotto in misura tangibile le proprie spese. Questa percentuale aumenta tra i monogenitori con figli (23%) e le coppie con più di un figlio (18%) collocate, in particolare, ai livelli di reddito familiare più basso. Percentuali significative di famiglie che dichiarano tagli dei consumi, sebbene più contenuti rispetto alle precedenti, sono presenti anche tra i nuclei familiari con un reddito medio (14,3%) o medio-alto (13,1%). Sul versante opposto, solo poco più del 20% delle famiglie italiane ha incrementato i propri livelli di spesa. All’interno di questi si trovano sia coloro che hanno una maggiore propensione al consumo dovuta a maggiori possibilità economiche, sia coloro che, rientrando nelle fasce di reddito medio e medio-basso, sono forzatamente costrette ad aumentare le proprie uscite a causa di incrementi nelle spese primarie. Analizzando i consumi su base geografica, infine, si rileva che sia il Nord Ovest sia il Mezzogiorno evidenziano una maggior propensione ad incrementare i consumi. Il dato relativo al Mezzogiorno, che

Andamento dei consumi

Fonte: CENSIS - CONFCOMMERCIO

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\ Comunicazione e Marketing

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Comportamenti d’acquisto delle famiglie

Fonte: AC Nielsen

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può apparire in contraddizione per il minor reddito medio dell’area, è spiegabile con un aumento delle tensioni inflazionistiche locali, dovuta in particolare, alla struttura distributiva che è meno competitiva rispetto alle altre aree del Paese, e con il più basso livello di partenza della spesa, grazie alla quale anche movimenti contenuti al rialzo divengono percentualmente rilevanti. In sintesi, da questa rilevazione sembra emergere un’Italia a due velocità. Da un lato chi, disponendo di livelli di reddito alti o medio-alti, mostra una certa stabilità di consumo, conseguente probabilmente a una saturazione dei suoi bisogni, dall’altro la crescita nei consumi soprattutto da parte di famiglie con redditi contenuti costrette forzatamente a maggiori spese. Esigenze che per essere soddisfatte devono essere continuamente mediate con la quantità di reddito disponibile, che è sostanzialmente stabile.

a torto o ragione, costituiscono per esse un miglioramento qualitativo della propria vita, rivolgendosi, per gli altri acquisti, ai canali e prodotti low cost. La ricerca Censis evidenzia, infatti, che oltre la metà (55%) delle famiglie si reca regolarmente presso un hard discount o presso un mercato rionale e che incrementa il numero di coloro che hanno ridotto il budget di spesa alimentare per poter incrementare le spese destinate al “divertimento” in senso lato. In molti casi, quindi, la scoperta o la riscoperta dei punti di vendita che offrono il miglior rapporto tra qualità e prezzo, o anche il miglior “primo prezzo”, non è frutto della sola necessità di risparmiare per compensare l’incremento delle spese primarie, ma bensì la conseguenza di una riallocazione delle priorità di spesa che premia nuove categorie di prodotti, come ad esempio l’elettronica di consumo, le attività per il wellness e il tempo libero.

La rivincita del low cost Molte famiglie, in presenza di redditi stabili, finanziano l’acquisto di prodotti e servizi voluttuari, che,

Un futuro ancora incerto Il Rapporto Coop 2006 presenta uno scenario poco ottimistico anche per gli anni futuri. Secondo il

\ Comunicazione e Marketing

Rapporto, infatti, solo nel 2008 il reddito medio delle famiglie tornerà ad eguagliare, in termini di potere reale d’acquisto, il suo massimo storico, raggiunto nell’ormai lontano 1991. A fronte di questa ripresa persisteranno, tuttavia, i trend negativi in atto: l’incremento nelle spese obbligate che eroderà nuovamente il potere d’acquisto delle famiglie, il trend demografico che ridurrà il reddito disponibile di un numero crescente di nuclei famigliari, la parcellizzazione in unità famigliari di dimensioni sempre minori che farà crescere la quota di budget destinata alle spese essenziali. Né il previsto aumento della popolazione immigrata, a causa delle loro differenti abitudini di acquisto e stili di vita e, spesso, della più limitata capacità di spesa, potrà compensare la tanto attesa ripresa.


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\ Comunicazione e Marketing

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\ Comunicazione e Marketing

Web 2.0 Un nuovo modello di Rete, basato sull’apporto dell’intelligenza collettiva e la partecipazione degli utenti, che supera quello tradizionale fondato sulla sola fruizione da parte degli utenti dei contenuti immessi in Rete. La trasformazione degli utenti da soli spettatori a protagonisti attivi dei contenuti e delle relazioni, è destinata a cambiare inevitabilmente, nel tempo, le strategie di marketing delle imprese

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\ Comunicazione e Marketing


Foto: © Corbis

conseguenze negative hanno richiesto anni per essere riassorbite dal mercato. Il tutto mentre i più visionari tra i guru della Rete considerano il Web 2.0 quasi superato e iniziano a dipingere scenari in cui il protagonista sarà il Web 3.0, i cui lineamenti sono ancora, peraltro, del tutto sconosciuti.

Partecipazione e tecnologia: questi i due cardini sui quali si articola la nuova internet, il Web 2.0, di cui tanti parlano e progettano, ma che nei fatti si sta sviluppando in modo ancora più anarchico di quanto avvenne per la Rete di prima generazione. Paradosso del Web 2.0 è che se da un lato molti scommettono sul suo successo e sul suo prossimo succedere all’attuale architettura del Web, dall’altro va ancora risolta la questione, non indifferente, di dove e come reperire le risorse finanziarie per sostenerne lo sviluppo ed evitare la ripetizione della prima bolla di internet, le cui

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Un po’ di storia Il mondo del Web 2.0, invece, sta già premendo alle porte. La fortunata definizione di Web 2.0 è attribuita a Tim O’Really, Ceo dell’omonima media company, che nel 2004, smaltiti gli effetti dello scoppio della bolla e constatato che internet, nonostante i fallimenti a catena di tante dot.com, continuava a crescere, concluse che si era trattato non di una crisi del sistema Web, bensì di una crisi di crescita. In sostanza, una concezione tecnologica della Rete alla quale se ne era sostituita lentamente un’altra: niente di più che un ennesimo esempio della distruzione creativa teorizzata da Schumpeter. In questa trasformazione non sono mancati sommovimenti e ricadute anche drammatici, ma la maggior parte dei cambiamenti si è determinata quasi inavvertitamente, nata più dalle spinte provenienti dagli stessi utenti, che da scelte operate in alto. Il punto di arrivo di queste trasformazioni, apparentemente caotiche, fu definito da O’Reilly una “business revolution” originata da un profondo ripensamento della piattaforma operativa di internet, e, al contempo dal tentativo di comprenderne le nuove regole per conquistarvi il successo. La regola principale di questo nuovo approccio si fonda sulla realizzazione di “applicazioni che tanto più migliorano se stesse quante più perso-

ne le usano”. Non a caso, questo approccio, fu poi sintetizzato nella celebre espressione “imbrigliare l’intelligenza collettiva”. Che cos’è il Web 2.0 Da questa definizione si comprende come il Web 2.0 comporti innovazioni tanto di carattere concettuale, di progettazione e di utilizzo della Rete, quanto di carattere tecnologico. La novità concettuale è costituita dal crollo del muro che virtualmente separava chi forniva le informazioni immesse nella Rete da chi si limitava passivamente a leggerle e a farne uso. Web 1.0 è, infatti, ancora in larga parte costruito su una dinamica unidirezionale, paragonabile, per alcuni versi, quella dei media classici come la televisione e la radio, dove vi è un’emittente che trasmette e uno spettatore che assiste allo spettacolo. La possibilità di intervenire per l’utente è limitata alle funzioni del telecomando: cambiare canale o spegnere l’apparecchio. Nel Web 2.0, invece, ogni utente del web è allo stesso tempo spettatore e broadcaster. Riceve le informazioni, ma può anche integrarle, commentarle e ridistribuirle a sua volta, aggiungendovi il suo contributo. Oppure può creare informazioni, testi, foto, filmati, ecc, ex-novo, che una volta immessi in Rete potranno divenire, a loro volta, materiale di elaborazione per altri. In questo spazio senza gerarchie, ognuno, se vuole, può essere attore dell’arricchimento dell’universo on line, parte attiva di un sistema in continua auto-organizzazione. Se nel ’700 Adam Smith, per primo, definì la mano invisibile del mercato come elemento non deterministico che avrebbe prov-

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veduto inconsapevolmente a far conseguire il migliore equilibrio a vantaggio della collettività, un nuovo Adam Smith del Terzo Millennio potrà definire il Web 2.0 come un motore in grado di dar vita a un mondo dotato di una logica propria nel quale si fondono gli apporti più diversi a vantaggio di una crescita dell’insieme.

foto e video, diventando veri e propri diari virtuali e spaccati di vita condivisa. A testimoniare il successo dei blog basta il censimento fatto dal motore di ricerca Technocrati, che a novembre 2006 ne ha contati oltre 60 milioni con una crescita, negli ultimi due anni, di 175mila nuovi al giorno.

Gli strumenti del Web 2.0 Se partecipazione è la parola chiave del nuovo internet, a renderla possibile è una serie di strumenti e applicazioni che semplificano l’immissione in Rete di ciascun contributo, rendendolo possibile non solo ad esperti di informatica, ma praticamente a chiunque. Questa democratizzazione del web riposa, quindi, su alcuni caposaldi tecnologici come il blog, i wiki, il podcast, i RSS feed e il social software.

• Wiki indica, invece, quei web site, tra quali il più noto è Wikipedia, nei quali è possibile per l’utente aggiungere o modificarne il contenuto, che diviene così un’opera collettiva e in continua trasformazione. Un’opzione non priva di rischi, perché spesso non prevede un controllo a priori delle modifiche introdotte, ma che proprio per questo motivo rappresenta l’epitome più significativa del nuovo modo di intendere il Web come un universo aperto.

• Il blog rappresenta, forse, il primo tentativo di successo di mettere online esperienze e riflessioni personali, rendendole pubbliche e aperte ai commenti degli altri. Con il tempo i blog hanno aggiunto al testo

• Podcast indica il contenuto mediatico di un file audio o video che è distribuito attraverso internet per essere poi riprodotto e fruito su un computer o su un lettore multimediale portatile come l’iPod. I contenuti possono essere Web 2.0 autoprodotGoogle AdSense ti dai singoli Flickr utenti o realizBitTorrent zati da televieMule sioni e radio Wikipedia che registrano in podcasting blogging le loro trasmissearch engine optimization sioni. La vera cost per click rivoluzione web services del podcast participation è l’aver spezwikis zato il vincolo tagging (“folksonomy”) della contemsyndication poraneità: io

I paradigmi della trasformazione Web 1.0 DoubleClick Ofoto Akamai mp3.com Britannica Online personal websites domain name speculation page views screen scraping publishing content management systems directories (taxonomy) stickiness Fonte: O’Reilly – MediaLive International

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trasmetto e tu ascolti. In questo modo ogni utente del web può crearsi il proprio palinsesto scaricandosi sul Pc i programmi e i contenuti di suo interesse, senza essere legato agli orari delle varie emittenti. Poiché i podcast sono generalmente dotati di RSS feed lo scarico avviene in maniera automatica, rendendone ancora più agevole la fruizione. • RSS feed è l’acronimo di Really Simple Syndacation: una modalità semplice di distribuire le notizie. L’RSS feed di un sito contiene il sommario delle informazioni che vi sono contenute. L’utente di internet non dovrà far altro che installare un programma di aggregazione dei contenuti, in genere gratuito, in grado di leggere il feed e indicare quali sono gli argomenti o i siti di suo interesse. L’aggregatore provvederà a importate i contenuti prescelti visualizzandoli, sempre aggiornati, sullo schermo del computer dell’utente. • Social software, infine, è il nome collettivo di quegli applicativi che semplificano alle persone la comunicazione interpersonale, lo scambio di informazioni personali o di gruppo bypassando il sistema basato sulla tradizionale posta elettronica, che comporta un impiego di tempo ben più gravoso. L’equivalente del social software in ambito lavorativo è il collaborative software, studiato per favore il lavoro d’équipe indipendentemente da limitazioni geografiche o temporali. Il Web 2.0 per le imprese Web 2.0 non è un fenomeno


Foto: © Corbis

esclusivamente riservato agli utenti: già oggi e ancor più nel prossimo futuro anche le imprese vi ci si dovranno confrontare se vorranno continuare ad usare internet come strumento di business. Testimonianza recente di questo trend sono, ad esempio, l’acquisizione, costata a Google 1,65 miliardi di dollari, di YouTube, il web site più usato per condividere e scambiare filmati o quella di My-space, per 600 milioni di dollari, da parte della News Corporation di Rupert Mardoch. Ma, al di là delle grandi acquisizioni, come il Web 2.0 è destinato entrare in maniera diretta nelle strategie operative e di comunicazione delle imprese? La nuova parola folksonomy, forgiata recentemente, definisce un nuovo modo di categorizzare e ricercare informazioni, che si affianca a quella dei tradizionali motori di ricerca e delle directory. Con la folk-

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sonomy, ogni volta che un utente inserisce un’informazione in Rete, l’informazione è abbinata ad una o più parole chiave, tags, atte a descriverla. È sulla base di queste tags che gli strumenti del Web 2.0 effettuano le loro ricerche. Con il diffondersi del Web 2.0 le imprese dovranno sempre più fare i conti con le folksonomy, oltre che con l’ormai tradizionale search engine marketing. Si tratta, per le imprese, di un cambiamento di strategia molto più profondo di quanto possa apparire in superficie: comporta, infatti, doversi relazionarsi con utenti protagonisti e proprietari del mezzo, selettivi nelle loro scelte, attraverso una comunicazione bidirezionale che li convinca a farsi scegliere nello stabilire un rapporto con loro. A differenza, infatti, del Web 1.0 ove l’utente è ricercato attraverso operazioni di marketing tradizionali, come ad esem-

pio le campagne di e-mail marketing, per essere poi condotto sul sito dell’impresa, o è l’utente stesso a ricercare il sito dell’impresa, nel Web 2.0 sono le informazioni, scelte a monte dal consumatore, a spostarsi e a raggiungerlo automaticamente. In sostanza si profila uno scenario nel quale gli utenti tenderanno a navigare meno alla ricerca di informazioni o saranno meno ricettivi nel ricevere quelle che non avranno autonomamente scelte a monte. In questo contesto sarà vincente la qualità della relazione che l’impresa sarà in grado di instaurare per convincere il consumatore a scaricare i propri RSS e come il rapporto si svilupperà. Sarà quindi necessario ripensare le strategie sin qui adottate. In un futuro non immediato, ma che in internet è molto più rapido dell’offline

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Quando il cliente non è il consumatore

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Il trade ha acquisito un forte potere contrattuale nei confronti della produzione e ha sviluppato proprie strategie di marketing. Da canale passivo attraverso il quale la produzione raggiungeva il consumatore finale si è trasformato, infatti, a tutti gli effetti, in cliente della produzione. Il trade marketing, alla stregua del marketing tradizionale, ha quindi l’obiettivo di soddisfare, gestire ed incentivare questo nuovo cliente

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Se il marketing, secondo la definizione di Philip Kotler, è un processo sociale e manageriale diretto a soddisfare bisogni ed esigenze attraverso processi di creazione e scambio di prodotto e valori, il trade marketing ne rappresenta una declinazione nella quale il processo non è rivolto al consumatore finale, ma ad un intermediario della catena di distribuzione. A differenza di chi opera sul consumatore finale e deve tener conto di una molteplicità di variabili, a prima vista, il compito del trade marketer sembra facilitato dalla coincidenza tra gli obiettivi del produttore e del distributore: vendere e realizzare profitti. Ma ciò è in buona parte solo apparenza. In realtà il rapporto si sviluppa su diversi livelli, in cui sono presenti tanto una competizione commerciale, quanto veri e propri conflitti di interesse. Gli elementi di potenziale contrasto tra produttori e distributori sono, infatti, numerosi e vanno, ad esempio, dal riparto della marginalità tra i vari stadi della catena del valore, sino alla concorrenza tra distributori per assicurarsi, alle migliori condizioni, i prodotti o i servizi che garantiscono margini più elevati, o, tra i produttori, la competizione per occupare quegli spazi nei canali dei distributori che sono in grado di conseguire le migliori performance di vendita.


Le fasi di implementazione del trade marketing

Foto: © Corbis

Gli investimenti al trade Si spiega quindi, facilmente il peso crescente che, di pari passo con le trasformazioni dei canali distributivi, il trade marketing ha assunto all’interno delle strategie e dei modelli di business delle imprese produttrici. Difficile, tuttavia, quantificare gli investimenti che le aziende destinano questa attività. In un recente convegno del POPAI Italia - Point of Purchase Advertising International, www.popai.it - è stato affermato che per ogni euro speso in pubblicità classica, ne sono stati destinati tre alla distribuzione. Considerando che questo rapporto fa riferimento alle aree food e grocery, dove le insegne della distribuzione hanno il più alto potere contrattuale, la proporzione di 3:1 va certamente ridimensionata. Ma anche dimezzandola si arriva a volumi di investimento superiori ai 12 miliardi di euro l’anno. Più importanza al canale L’affermarsi del trade marketing è, quindi, legato direttamente alle trasformazioni avvenute nella distribuzione, che da soggetto passivo - semplice canale attraverso il quale passavano beni e prodotti - è divenuta soggetto attivo, con proprie strategie di marketing, capacità di investimento e, non di rado, politiche di insegna che sono di fatto vere e proprie politiche di marca. Questa trasformazione ha comportato per il produttore un sostanziale mutamento nella relazione con la distribuzione: il produttore, infatti, non si limita più a vendere attraverso un canale distributivo, bensì deve, prima di tutto, vendere al canale distributivo. In altre parole, sell-in e sell-out hanno assunto pari importanza. Le cause di tutto ciò sono essen-

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Fonte: “Da vendite a trade marketing, a cura di Silvio Vicari, Università Bocconi Editore, Repubblica, Il Sole 24 Ore.” Per gentile concessione dell’autore e dell’editore

zialmente due, entrambe riconducibili alle dinamiche evolutive dei canali. Innanzitutto il fenomeno della progressiva concentrazione delle imprese distributrici, che si è tradotta in un forte aumento del loro potere contrattuale. Invece di una miriade polverizzata di rivenditori indipendenti, divisi fra loro e facilmente sostituibili, le imprese devono ora confrontarsi con pochi grandi operatori, che, controllando lo spazio sugli scaffali dei punti vendita, hanno in qualche modo in mano le chiavi di accesso al mercato consumer. Già alla fine degli anni ’90, ad esempio, in Gran Bretagna, le prime cinque insegne della GDO sviluppavano l’80% del fatturato totale nazionale del food. Le concentrazioni hanno, inoltre,

alimentato una maggiore competizione tra le imprese della grande distribuzione che sfruttano il loro potere d’acquisto per spuntare dai produttori condizioni più favorevoli rispetto a quelle dei concorrenti. Questo potere contrattuale si è poi ulteriormente rafforzato con la nascita delle centrali d’acquisto, che trattano per conto di diverse insegne distributive, e quindi delle supercentrali, che raggruppano gli atti d’acquisto di più centrali. Progettare il trade marketing Per essere efficaci le attività di trade marketing necessitano, all’interno dell’azienda, di funzioni specializzate ad essa dedicate. E’ poi possibile scomporre l’attività di trade marketing in quattro principali fasi:

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• Analisi preliminare - la cui funzione è essenzialmente quella di classificare e segmentare la clientela intermedia alla quale si indirizzeranno le azioni di marketing • Pianificazione strategica - nella quale, a seconda del canale si stabiliscono obiettivi e modalità per conseguirli • Gestione operativa della campagna - nella quale si definiscono gli strumenti da utilizzare e si realizzano le azioni di trade marketing • Valutazione finale e controllo destinata a raffrontare i risultati ottenuti con gli obiettivi prefissati, identificando gli eventuali fattori critici che ne hanno ostacolato il pieno raggiungimento.

segmentazione. In altri termini, è necessario prima conoscere gli interlocutori commerciali e le loro principali caratteristiche, per poi raggrupparli in segmenti il più possibile omogenei. Ognuno di questi gruppi diventa così un target, verso il quale è possibile indirizzare attività di trade marketing mirate alle sue esigenze, al suo posizionamento e alla sua potenzialità, utilizzando di volta in volta le leve del marketing mix considerate più efficaci. Tra queste le più frequentemente utilizzate dalle aziende sono: • le condizioni di vendita • l’assortimento e l’innovazione di prodotto • le promozioni al trade • le attività sul punto vendita

Le tecniche di trade marketing Come il consumer marketing, anche quello rivolto al trade prevede una fase preliminare di profilazione della clientela e la sua

Le condizioni contrattuali L’offerta delle migliori condizioni contrattuali è probabilmente la più antica tra le leve di trade marketing. La sua efficacia è tuttavia re-

centemente diminuita, non certo perché l’aspetto economico sia diventato secondario, ma perchè, al contrario, è talmente cruciale da divenire quasi una pre-condizione. Non vi è trattativa commerciale tra produttore e distributore che prescinde dalla proposta di sconti di vario genere. Gli sconti incondizionati rappresentano quasi sempre la base, cui si sommano ulteriori sconti legati al raggiungimento di volumi di acquisto o di vendita, all’ampliamento del numero di referenze presenti nell’assortimento del distributore, ed altre condizioni pattuite di volta in volta. In aggiunta agli sconti sono spesso negoziati contributi di marketing per iniziative speciali o a copertura di costi di allestimenti particolari del punto vendita. La somma degli sconti e degli incentivi raggiunge, spesso, livelli tali da non consentire ulteriori rilanci, pena l’azzeramento della marginalità per il produttore, per cui le

Relazione tra consumer marketing e trade marketing

Fonte: “Da vendite a trade marketing, a cura di Silvio Vicari, Università Bocconi Editore, Repubblica, Il Sole 24 Ore.” Per gentile concessione dell’autore e dell’editore

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condizioni contrattuali dei diversi produttori tendono ad uniformarsi, azzerando sostanzialmente, il valore distintivo della offerta di un produttore rispetto agli altri.

sul prodotto può diventare un’attività di trade marketing è la realizzazione di package dedicati e di formati speciali, sviluppati dal produttore su richiesta del trade.

Assortimento e innovazione di prodotto Spesso l’offerta di prodotti da parte delle aziende supera il numero di referenze presenti sul trade, al punto che la gestione delle referenze è uno dei compiti più delicati del distributore, che deve bilanciare la scarsità delle proprie risorse - gli spazi di vendita ed espositivi e quelli destinati al magazzinaggio - con la necessità di offrire ai consumatori un ampio ventaglio di scelte. In questa situazione di sovrabbondanza, verrebbe da chiedersi quale sia l’incentivo, per il trade, per referenziare nuovi prodotti. La risposta sta nel fatto che ogni prodotto ha un ciclo di vita. Nasce, cresce, si afferma sul mercato, poi declina e, se non si interviene, rischia di sparire. Il distributore deve quindi costantemente mantenere vivo ed attrattivo il proprio assortimento, eliminando i prodotti meno redditizi e introducendo novità che possano, in tempi brevi, riscuotere un significativo gradimento da parte dei consumatori. Poiché l’introduzione di nuove referenze porta con sé margini di rischio, il loro mantenimento è un ambito nel quale, spesso, sono studiate azioni di trade marketing in partnership tra canale e produttore. Una volta che il prodotto è presente in assortimento la partnership prosegue con il fine di monitorarne i risultati ed eventualmente di adeguare le caratteristiche del prodotto alle aspettative dei consumatori, così da rafforzarne l’appetibilità. Un altro ambito in cui l’intervento

Le promozioni al trade Così come le promozioni al consumo, anche quelle al trade prevedono l’offerta di un beneficio in cambio di un comportamento del distributore atteso dal produttore: si tratta generalmente di aumenti di sell-in o di sell-out, realizzati inducendo il trade a spingere la vendita di un determinato prodotto a scapito di quelli concorrenti. I vantaggi possono essere certi, legati al raggiungimento di obiettivi o affidati al caso, come nei concorsi con estrazione a sorte. Un caso a sé, a metà strada tra le consumer e le trade promotion, è quello dei cosiddetti tagli di prezzo e delle offerte del tipo 3x2: queste promozioni stimolano gli acquisti dei consumatori finali e sono spesso finanziate per la quasi totalità dalle aziende produttrici. Il rivenditore gode, quindi, di un sensibile aumento delle vendite a fronte di un costo nullo o molto ridotto.

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Il ruolo del punto vendita Le attività svolte sul punto vendita sono definite di in-store marketing, e sono realizzate anche in autonomia dal rivenditore. Quando però è l’azienda produttrice a farsene carico assumono una valenza di trade marketing, in quanto rappresentano un’opportunità per il canale di avvalersi delle risorse dei propri fornitori per generare traffico o aumentare le vendite. Le principali attività di in- store sono il merchandising e le animazioni. Il merchandising, in senso stretto, attiene alla gestione dello spazio espositivo riservato a un de-

terminato prodotto. Può prendere in considerazione sia i parametri quantitativi, valutando i metri di lineare espositivo o la superficie utilizzata, sia i parametri qualitativi, ad esempio la visibilità e l’accessibilità degli spazi stessi. A questa interpretazione basica del merchandising si associa anche un’interpretazione più estensiva, che arriva fino alla realizzazione di espositori e corner brandizzati all’interno del punto vendita. Un altro modo di fare merchandising, per le aziende produttrici, è quello di inviare propri merchandiser presso i rivenditori, allo scopo di curare la gestione dell’assortimento espositivo. Le animazioni sono soggette a una varietà interpretativa ancora maggiore nelle loro modalità di realizzazione. Denominatore comune è il coinvolgimento del consumatore per avvicinarlo al prodotto, creare curiosità e stimolarne l’acquisto. In altri termini, per generare nel consumatore la brand experience che è ormai considerata la chiave di volta su cui si regge l’intera costruzione del rapporto tra l’acquirente e la marca. Le animazioni spaziano dalle più tradizionali, come la presenza di totem e corner presidiati da hostess addette alle dimostrazioni, all’offerta di assaggi, alla distribuzione di brochure e confezioni omaggio, alle più innovative come le feste a tema, la presenza di testimonial, le aperture straordinarie finalizzate, fino all’out-of-store event, cioè a manifestazioni organizzate all’esterno del punto vendita, in particolare nei parcheggi dei centri commerciali, che, come nelle vecchie feste di piazza, abbinano i momenti ludici e di svago con i contenuti commerciali e promozionali

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\Tendenze

Sale la febbre del navigatore satellitare Il periodo natalizio ha registrato un’autentica esplosione della domanda dei sistemi di navigazione satellitare per auto. In Europa, nel 2006 ne sono stati venduti circa otto milioni di pezzi. Un aumento superiore al 100% rispetto all’anno precedente, ma la diffusione di questi prodotti è considerata appena all’inizio. Ma come funzionano e chi sono gli utenti?

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\ Tendenze


Una ricerca di mercato realizzata dalla società statunitense ABI Research nello scorso mese di settembre prevede che, a fronte dei 40 milioni di dispositivi per la navigazione satellitare distribuiti nel 2005 in tutto il mondo, nel 2011 il mercato di questi prodotti supererà i 300 milioni di unità. Per sommi capi, tutti sanno che cos’è un navigatore satellitare: un apparecchio che elabora i segnali ricevuti dai satelliti per tracciare un percorso da seguire per arrivare alla destinazione desiderata. Ma, certamente, è meno nota al comune utente la sofisticata tecnologia che governa il loro funzionamento.

cisione, poiché il Dipartimento della Difesa USA aveva introdotto volutamente una degradazione della precisione per l’utilizzo civile. Il margine di imprecisione dovuto a questa degradazione si aggirava cui 100 metri, un valore ritenuto accettabile per la maggioranza degli utilizzi navali, ma troppo elevato per le autovetture in quanto, in particolare, all’interno dei centri urbani poteva determinare un errore nel percorso di parecchie vie. Fu la cancellazione di questa limitazione artificiosa, imposta dalla Presidenza Clinton, a spalancare le porte ai precursori degli attuali sistemi di navigazione per autovettura. Il margine d’errore passò, infatti, a 10 metri, permettendo quindi rilevazioni sufficientemente accurate per l’utilizzo terrestre. La precisione venne in seguito ulteriormente aumentata, sia mettendo i ricevitori in grado di processare più di tre segnali satellitari, sia adottando nuove tecnologie radio a supporto del Gps. Negli Stati Uniti si introdusse il Differential Gps, DGPS, basato su stazioni radio di terra che trasmettono in modulazione di frequenza (Fm) o di ampiezza (Am) un segnale di riferimento fisso e molto preciso, che si propaga in aree molto ampie e che, combinato con quello prove-

I satelliti che ci guidano Quasi tutti i sistemi di navigazione oggi in commercio utilizzano i segnali del sistema NAVSTAR, Navigation Satellite with Time And Ranging, meglio noto come Gps, Global Positioning System, nato più di 25 anni fa - il primo satellite fu messo in orbita nel 1978- su iniziativa del Dipartimento della Difesa USA per scopi prettamente militari. Solo in seguito questo sistema fu messo a disposizione anche delle applicazioni civili, tra cui la navigazione marittima, dove ebbe immediatamente larga diffusione, e quella applicata al traffico terrestre. Il Gps si compoOltre al sistema Gps, esistono altre due costellazioni di satelliti utilizzabili per il ne di una costellazione di geoposizionamento e la navigazione: una già attiva da tempo, l’altra in corso di 24 satelliti in orbita circolacostruzione. re intorno alla Terra ad una quota di oltre 20.000 Km. La prima è la russa Glonass, Global Navigation Satellite System, eredità della

Foto: © Corbis

Le altre costellazioni satellitari

I satelliti Gps trasmettono i segnali per il rilevamento su due diverse frequenze, L1 e L2, ciascuna con tre codici di modulazione. Su ogni portante è trasmesso il codice C/A, coarse acquisition, utilizzato per una localizzazione approssimativa del ricevitore Gps e il codice criptato P, precision, mentre il terzo contiene i dati di sistema e le temporizzazioni. Fino al 1° maggio 2000, solo i militari USA e alcuni soggetti autorizzati potevano decodificare il codice di pre-

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Unione Sovietica. Nata anch’essa per scopi militari, come contraltare del NAVSTAR a stelle e strisce, è poi stata aperta ad utilizzi civili. Benché poco diffusi, sono disponibili ricevitori che utilizzano i segnali Glonass in alternativa o in affiancamento a quelli Gps. Il lancio del primo satellite Glonass risale al 12 ottobre 1982 e la costellazione fu completata nel periodo di massima efficienza con 24 satelliti nel 1997. Negli anni successivi a causa della grave situazione economica in Russia, l’intera costellazione non fu più mantenuta attiva. Ma nel 2002 con il migliorare della situazione economica è stato dato il via al programma di rilancio di questo sistema satellitare, che prevede 18 satelliti entro il 2007 e 24 entro il 2010. La seconda costellazione, in costruzione, è Galileo, frutto di un’iniziativa dell’Unione Europea. A regime, sarà formata da 30 satelliti, che emetteranno una serie di segnali di elevatissima qualità, offrendo, su scala mondiale, servizi di posizionamento e timing di alta precisione destinati ad applicazioni civili. Il lancio del primo satellite sperimentale Galileo ha avuto luogo 28 dicembre 2005, quello del secondo satellite è previsto per quest’anno. I primi quattro satelliti della costellazione operativa saranno lanciati nel 2008, mentre i servizi di posizionamento saranno offerti sul mercato a partire dal 2011.

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\Tendenze

niente dal Gps, consente una precisione del rilevamento nell’ordine del metro. Maggiori informazioni a bordo La soluzione adottata in Europa per implementare il Tmc, il Traffic Message Channel, si basa sulla radio che attinge notizie sullo stato del traffico da diverse fonti ritrasmettendole in tempo reale ai sistemi di navigazione a bordo delle auto, in base alla loro posizione geografica. Una serie di sensori posti lungo vie di grande percorrenza analizza il flusso di autoveicoli per rilevare eventuali rallentamenti. Altre notizie sul traffico, provenienti dalle autorità pubbliche, dai corpi di polizia e dagli enti gestori di strade e autostrade completano il quadro dell’acquisizione dati, che giungono senza ritardi temporali alle emittenti radiofoniche. Qui sono codificati in modo digitale, selezionati in base al tratto di strada e alla direzione di marcia e trasmesse, unitamente al normale segnale Rds, Radio Data System, a tutti i ricevitori Gps equipaggiati con decodificatore Tmc. Questi sono così in grado di avvisare il guidatore di eventuali problemi di traffico e di calcolare un percorso alternativo tenendo presenti una serie di variabili tra le quali la velocità di marcia, l’entità della coda da evitare, la distanza da percorrere per aggirare l’ostacolo. Cartografia e display Se il segnale satellitare è indispensabile per la localizzazione, egualmente essenziali sono altre due componenti del sistema: la cartografia elettronica e il display. La cartografia elettronica delle diverse nazioni del mon-

do è realizzata da poche società specializzate - tra le più famose vi sono TeleAtlas e Navtec - che poi le forniscono ai produttori degli apparati. Generalmente residente su un supporto di memoria esterno, CD, DVD, memory card, la cartografia può essere facilmente aggiornata o sostituita dallo stesso utilizzatore, acquistando dal produttore dell’apparato gli upgrade o le nazioni di suo interesse. La cartografia, tuttavia, non è solo una mappa elettronica. Non meno importanti, infatti, per un utilizzo ottimale del navigatore, sono le informazioni a esso associate relative ai cosiddetti POI, Point of Interest. Sotto questa definizione si raggruppano le categorie più svariate: dalle informazioni più semplici, come la localizzazione dei distributori di carburante, dei bancomat, delle stazioni e degli aeroporti, fino a veri e propri database di ristoranti, alberghi, musei, ma anche di attività commerciali o indirizzi come nel navigatore di SEAT Pagine Gialle. La completezza dei database dei POI è, infatti, un elemento discriminante nel valore, anche economico, dell’intero sistema di navigazione. Molto vari sono anche i display adottati dai diversi modelli. Il display rappresenta l’interfaccia uomo-macchina ed è pertanto uno dei fattori decisivi al momento della scelta. Le dimensioni spaziano generalmente dai 3 ai 9 pollici. Il display è in molti casi anche il mezzo con cui si immettono le informazioni necessarie alla gestione del sistema, ad esempio la destinazione del viaggio. I touch screen, più pratici, stanno, infatti, imponendosi sul mercato, mentre i comandi a pulsante o rotella sono ormai utilizzati solo dai navigatori più economici.

Gli automobilisti europei secondo le abitudini d’uso della vettura

Fonte: ViaMichelin

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Tre tipologie di navigatori Gli ormai numerosissimi modelli di navigatori satellitari disponibili sul mercato si possono sostanzialmente raggruppare in tre principali tipologie: sistemi a installazione fissa, portatili, applicati ad un palmare od uno smartphone. I primi ad apparire sul mercato sono stati i modelli ad installazione fissa: inseriti nel cruscotto delle autovetture, abbinano sempre più spesso la funzioni di navigazione con quelle di radio/sistema HiFi e anche di riproduttore DVD. Sono penalizzati da un prezzo più elevato, ma offrono un completa integrazione con l’elettronica di bordo, display di maggiori dimensioni, spesso a scomparsa, e


Il NAV di SEAT Pagine Gialle: il navigatore di nuova generazione Competitivo nel prezzo e nelle prestazioni il NAV di SEAT Pagine Gialle unisce le funzioni di un sofisticato navigatore ai 23 milioni di POI del data base di PagineGialle e PagineBianche e consente all’utente di ricercare un nome, un indirizzo o un numero di telefonico o un esercizio commerciale in mobilità e di essere guidato sino alla sua destinazione. Frutto di una partnership con Gate5 AG, recentemente acquisita da Nokia, PagineGialle NAV è il primo navigatore al mondo ad includere il data base completo delle PagineGialle e delle PagineBianche di un intero Paese consentendo, quindi, all’utente non solo di essere guidato verso una destinazione da lui indicata, ma anche di ricercare un indirizzo o un nominativo in mobilità e di esservi condotto. Il progetto ha specifiche all’avanguardia sia per quanto riguarda le caratteristiche tecniche (dimensioni 147x88x27, schermo 4’’ 16:9 antiriflesso a 480x272 pixel), sia hardware (un HW memory estesa, un ricevitore SiRF Star III, connettività TMC e Bluetooth®) sia software per le numerose applicazioni a cui si presta grazie ai 4 giga di capacità della memory card. Il PagineGialle NAV, oltre alle usuali funzioni di navigazione, consente all’utente, in particolare, di: • ricercare la destinazione dei 23 milioni di persone ed aziende presenti nelle PagineGialle e PagineBianche utilizzando più chiavi di ricerca (anagrafica, ragione sociale, tipo di attività, professione, prodotto, marchio) sia in prossimità di un indirizzo sia rispetto alla posizione GPS • accedere alla scheda informativa delle attività e delle offerte degli inserzionisti SEAT ricercati attraverso i data base SEAT, identificando quindi il fornitore in grado di soddisfare il proprio bisogno prima esservi condotto dal navigatore • ricercare una destinazione al massimo dettaglio in Italia, Austria, Svizzera, Francia e Germania, oltre alle principali strade di collegamento che offrono accesso alle città più importanti nel resto d’Europa • disporre della localizzazione di 137.000 POI in Italia e 100.000 in Europa (dai distributori di benzina sino alle varie tipologie di ristoranti secondo la classificazione di PagineGialle) • creare percorsi con destinazioni multiple secondo sette diverse modalità di navigazione (vettura veloce e lenta, bicicletta, motocicletta, motorino, bus e pedonale), escludere i percorsi indesiderati, impostare destinazioni preferite ed effettuare simulazioni di percorso prima di attivare la funzione di navigazione

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\Tendenze

• ricevere informazioni sul traffico e modificare conseguentemente il percorso • rilevare la propria velocità media di percorrenza, rilevazione utile, in particolare, nelle tratte gestite dai sistemi di controllo della velocità tutor • effettuare telefonate in vivavoce con il proprio cellulare • ospitare file mp3, video e immagini PagineGialle NAV è infine un dispositivo aperto ad aggiornamenti di nuove funzionalità. E’, infatti, possibile, accedendo al sito www.nav.paginegialle.it registrare il prodotto per la garanzia, scaricare i periodici aggiornamenti dei database di PagineGialle e PagineBianche, usufruire degli aggiornamenti di software di navigazione e delle applicazioni multimediali, partecipare al forum. Attraverso un apposito numero verde dedicato è, inoltre, fornita assistenza all’utente per eventuali problemi con l’hardware e il software. Il prezzo di vendita di PagineGialle NAV è di soli 379 € IVA inclusa ed è acquistabile presso le principali catene di prodotti di elettronica di consumo (Mediaword, Saturn, UniEuro…) nonché nei negozi al retail.

Per acquisti da parte dei clienti SEAT o per maggiori informazioni contattare il proprio agente http://pgnav.paginegialle.it

un’estetica più curata. I sistemi portatili, invece, sono i protagonisti del recente boom di vendite. Di prezzo aggressivo, semplici da usare, nei modelli di alta gamma offrono interessanti funzioni aggiuntive, come il vivavoce per il cellulare e funzioni dedicate all’intrattenimento (filmati, musica e foto). La terza categoria di navigatori utilizza come hardware un computer palmare, di solito con sistema operativo Windows Mobile o Palm, oppure uno smartphone, cioè un telefono cellulare intelligente dotato dei sistemi operativi Symbian e Windows Mobile Phone. A fronte del vantaggio del tutto- in -uno e di poter portare il navigatore sempre con sé, i computer palmari e gli smartphone sono penalizzati dal fatto di usare hardware non espressamente concepiti per la navigazione: ad esempio i display sono piuttosto piccoli e la capacità di elaborazione, specie negli smartphone, può risultare limitata allungando così i tempi di calcolo del percorso.

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\ Tendenze

Il futuro dei navigatori La ricerca di ABI Research tenta di tracciare uno scenario evolutivo dell’andamento delle preferenze degli utilizzatori, mettendo a confronto modelli fissi e portatili. Già da qualche anno il primato delle vendite è saldamente in mano ai sistemi portatili. Sui 40 milioni di pezzi venduti nel 2005, i sistemi di navigazione montati a bordo del veicolo rappresentano, secondo ABI Research, il 26% del totale dei pezzi venduti e il 34% dei ricavi complessivi. Nel 2011 la loro incidenza si ridurrà ancora: si prevede che rappresentavano solo il 16% del mercato totale, generando tuttavia il 29% delle vendite a valore. Una parte importante nella diffusione sarà, invece, dovuta all’adozione dei servizi di navigazione satellitare da parte degli utilizzatori di smartphone. Con questo trend, il primato nella crescita, che fino a oggi ha interessato soprattutto il Nord America e parti dell’Asia, passerà all’Europa, patria del Gsm e della telefonia cellulare, in termini di penetrazione.


Non solo in automobile...

Chi utilizza i car sat? L’introduzione di contenuti tecnologici I sistemi Gps non si usano solo in macchina. Ma in questo caso non ci riferiamo sempre maggiori nelagli altri loro impieghi canonici, dalle navi agli aeroplani, bensì ad applicazioni che le autovetture, di cui hanno probabilmente nell’originalità il loro pregio maggiore. Anche se forse, in un il navigatore è solo futuro non lontano, non stupiranno più nessuno. l’esempio più evidenIl primo esempio sono le scarpe dotate di un ricevitore satellitare. Progettate e te, determina nuovi prodotte da un’azienda di Miami, in Florida, le Quantum Satellite Technology modi di utilizzare l’auShoes sono in realtà un’intera collezione di calzature, da uomo e da donna, che tomobile e permette permettono a chi le indossa di ottenere una precisa geolocalizzazione, ovunque di classificare i guici si trovi su tutta la superficie del globo. Basta solo premere un pulsante nascosto datori in base a criteri sotto il plantare. Peccando magari per eccessivo ottimismo, l’azienda produttrice diversi da quelli tradiha dichiarato che queste scarpe saranno disponibili sul mercato statunitense già zionalmente usati in nella primavera di quest’anno, al prezzo di 325 dollari al paio. passato. Una ricerca commisIl secondo prodotto è tecnologicamente ancora più complesso, in quanto si tratta di sionata da ViaMicheun collare per cani che integra un ricevitore Gps e un modulo Gsm. Il Dog Tracking lin propone appunto Collar, questo è il suo nome, deriva dagli strumenti usati da etologi e naturalisti per una nuova classificamonitorare a distanza gli spostamenti di animali selvatici: lupi, aquile, orsi. Già zione degli automocommercializzato in Europa a un prezzo che si aggira sugli 800 euro, permette bilisti europei, evidi rintracciare il proprio cane con una telefonata. Nel caso l’animale si smarrisca, denziando tra i diversi infatti, il proprietario dovrà solo telefonare al numero della sim card inserita nel cluster quelli più promodulo Gsm del collare. Questo attiverà il ricevitore Gps, che elaborerà i dati pensi ad adottare ed a satellitari per stabilire la posizione del cane. Posizione che poi il modulo Gsm usare il navigatore satrasmetterà via sms al cellulare del proprietario, con una precisione nell’ordine di tellitare a bordo della una decina di metri, rendendo così possibile il recupero dell’animale. propria auto. Sono stati presi in esame gli automobilisti di un beneficio immediato dall’adozione di un navigatore cinque stati europei: Italia, Spagna, Francia, Inghilterra è quello degli Stress Mobile (il 18%): soprattutto done Germania. Tra tutti, sono gli italiani ad usare con magne, giovani e cittadine. Complessivamente non grandi giore frequenza la vettura per lavoro: il 61%, contro una viaggiatrici in macchina, il loro rapporto con la vettura media europea del 48%. è conflittuale: perdono in auto più tempo degli altri, conI guidatori europei si mostrano molto recettivi nei considerano complessi i nuovi itinerari, devono chiedere fronti delle tecnologie. Il 70% usa Internet per preparare spesso informazioni sulle strade ad un passante o telei propri itinerari e per la cartografia quando si sposta per fonare per farsi guidare. Sovente rinunciano a spostarsi turismo, ed anche il navigatore satellitare ha ormai fatto in auto per non arrivare in ritardo o per non perdersi. breccia: il 63% ne ha sentito parlare e li usa o li ha usati, Vi è poi il gruppo dei grandi utilizzatori dell’auto, gli Heamentre il 68% afferma che fanno addirittura riscoprire il vy Mobile (il 22%), generalmente uomini di età superiopiacere di guidare. re ai 35 anni che vivono in piccoli centri. L’utilizzo delDei quattro tipi di guidatori identificati dalla ricerca, i l’auto per loro è quasi obbligatorio, sul lavoro come nel più propensi all’uso dei navigatori sono gli Easy Mobitempo libero, e sono i più critici sulla segnaletica e sugli le , che rappresentano il 30% del campione: soprattutitinerari urbani complessi. Talora rinunciano a usare to uomini tra i 35 e i 49 anni, con una scolarità elevata l’auto per timore di ritardi. e residenti in centri di medie dimensioni, fanno un uso Infine i Casual Mobile: un 30% di automobilisti occasiorazionale dell’auto, soprattutto per lavoro. Desiderano nali, facenti parte soprattutto della popolazione non attiavere informazioni sulle condizioni della circolazione e va, che abita nei grandi centri urbani e che tende a usare la maggior parte di loro utilizza già un sistema di navigasempre meno l’auto. La scarsa dimestichezza con i perzione Gps. L’uso della tecnologia consente loro di essecorsi automobilistici ne fa i naturali candidati per l’adore più produttivi e meglio informati. zione di un car navigator Un secondo gruppo di utenti potenziali, che trarrebbe

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\ Tendenze

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\ Storie di Successo

Innovazione e tradizione Alla lunga esperienza nel campo dell’orologeria industriale e alla presenza ininterrotta del proprio marchio sul mercato, Ora Elettrica ha saputo coniugare la capacità di innovare, allargando, negli anni, sia le proprie competenze tecnologiche, sia gli ambiti di applicazione. Oggi il suo know how spazia dai semplici sistemi di raccolta dati ai complessi sistemi integrati di sicurezza e controllo

VENDITA - LOCAZIONE (noleggio con manutenzione) - ASSISTENZA Sistemi di rilevazione delle presenze e controllo accessi a badge magnetici, infrarossi, di prossimità anche WIRELESS Sistemi di informazione al pubblico Orologi timbra cartellino per il personale Orologi automatici timbratori di ora e data - Orologi guardiani notturni Orologi analogici e digitali anche con calendario da interni ed esterni Orologi stradali, pubblicitari e da torre Orologi pilota e centrali orarie con sincronizzazione via radio (DCF) e via satellite (GPS) Registratori cronologici di eventi, pannelli informativi, impianti TVCC.

Via Filanda, 12 - 20010 S. PIETRO ALL’OLMO Frazione di CORNAREDO (MI) Tel. 02 93563306 (r.a.) - Fax 02 93560033 www.ora-elettrica.com - e-mail: info@ora-elettrica.com

L’inserzione nei volumi di SEAT PagineGialle carta

Gli strumenti della comunicazione • PagineGialle carta: presenza in diversi formati nelle edizioni delle regioni in cui sono ubicate le sedi • PagineGialle on-line: presenza nella categoria “Orologi di controllo e sistemi di rilevazione presenze” • Stampa periodica: pagine tabellari e redazionali su mezzi specializzati di settore e delle ferrovie • Sito aziendale internet: presenza del catalogo prodotti e schede informative • Catalogo dei prodotti: in formato cartaceo e in internet

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Ora Elettrica opera da sempre nel campo dell’orologeria industriale. L’attività dell’azienda comprende la progettazione, l’installazione, la locazione e la manutenzione di centrali orarie radio-sincronizzate, centrali orarie computerizzate dotate di sistemi di tele-diagnostica, orologi per uso interno ed esterno, tra cui in particolare quelli stradali, le soluzioni per la gestione e pianificazione del personale, il rilevamento delle presenze, la gestione della produzione ed il controllo accessi con lo scambiando continuo dei dati con le altre applicazioni aziendali ed in particolare con i sistemi di gestione aziendale SAP-R/3, sistemi teleindicatori per la visualizzazione di svariate informazioni, come ora e temperatura, prezzi carburanti, messaggi variabili ed altri dati, data recorder e crash recorder, software per il trattamento dei dati, sistemi TVCC per il controllo anti-intrusione e per il monitoraggio dei passaggi a livello, monitor TFT/LCD ed al plasma, sistemi digitali TVCC per il monitoraggio del traffico stradale e sistemi di trasmissione di immagini video a distanza. “Una particolarità che ci ha da subito contraddistinto” spiega Francesco Triglia, dirigente di Ora Elettrica “è che siamo stati i primi in Italia ad introdurre il concetto di lo-


cazione in materia dei sistemi di rilevamento presenze, formula da subito molto apprezzata dai clienti che affittano i sistemi con una spesa mensile che garantisce loro anche l’assistenza tecnica”. I clienti di Ora Elettrica sono vari e vanno dalle piccole realtà con pochi dipendenti a grandi aziende come Ansaldo, le Asl, gli ospedali, i Comuni. Tra questi, merita di essere citato il Comune di Milano per il quale Ora Elettrica ha installato e mantiene in efficienza i 1400 orologi di tutto il territorio cittadino. “Il concetto di orologeria industriale comprende tutto ciò che ha a che fare con il tempo ed ha implicazioni di carattere industriale e professionale. Contempla, in particolare, tutte quelle situazioni nelle quali è necessaria una informazione oraria coerente. È il caso dei percorsi ferroviari, in quanto l’ora di partenza di un treno deve essere sincronizzata in tutte le stazioni che esso toccherà nel suo tragitto, e deve quindi essere condivisa da quanti sono preposti ai servizi connessi, dal capotreno ai macchinisti”. Partendo da queste considerazioni, negli anni ‘80 Ora Elettrica ha proposto alle Ferrovie dello Stato un progetto su scala nazionale che, una volta realizzato, ha garantito, e tuttora garantisce, la sincronizzazione oraria su tutte le tratte e nelle stazioni più importanti. Alle Ferrovie dello Stato si sono aggiunte, con gli anni, anche altre ferrovie come le Ferrovie Nord, la Ferrovia Circumvesuviana e alcune metropolitane, tra cui quella di Napoli e la linea 3 a Milano”. Oggi il settore dei trasporti è una delle aree di

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Un fiore all’occhiello: l’impianto degli orologi del Comune di Milano Ora Elettrica, Società Anonima Orologi Elettrici, è stata fondata nel 1920 e si è trasformata in società per azioni nel 1949. Da allora, è presente ininterrottamente sul mercato nel campo dell’orologeria industriale. Ha iniziato la propria attività distribuendo in Italia sistemi per il rilevamento delle presenze di fabbricazione tedesca. In seguito, ha affiancato a questi marchi anche una propria attività di produzione, di assemblaggio, verifica e collaudo di orologi analogici e digitali, sia industriali sia per usi esterni. Nel 1926, la società ha stretto un accordo con il Comune di Milano per l’installazione di alcuni orologi cittadini. “Da allora le convenzioni si sono ininterrottamente rinnovate ed oggi nel Comune di Milano sono presenti ben 1400 orologi di nostra installazione, che lo rendono una delle città europee dotate del maggior numero di orologi”. Con il tempo, si sono perfezionate anche le tecnologie: inizialmente esisteva una centrale oraria di alta precisione in zona Duomo, dalla quale partivano i cavi che arrivavano alle diverse sub-centrali che, a loro volta, controllavano i vari gruppi di orologi. Con il crescere del numero degli orologi diveniva sempre più dispendioso mantenere il sistema in efficienza. Finché, a metà degli anni ’70, Ora Elettrica introdusse, per prima in Italia, sistemi radio sincronizzati: apparati che ricevevano via etere un segnale radio con le informazioni necessarie per gestire gli orologi in modo automatico. Oggi, tutti gli orologi sono indipendenti l’uno dall’altro e, quindi, più facilmente gestibili. I cavi sono stati rimossi, ad eccezione di quelli necessari per l’illuminazione degli apparecchi. Recentemente, inoltre, Ora Elettrica ha anche avviato sperimentazioni che si avvalgono di sistemi satellitari. “Credo che il sistema degli orologi cittadini sia uno dei fiori all’occhiello di Milano. E l’abitudine dei milanesi ad utilizzare gli orologi pubblici è tale che, quando per motivi di manutenzione un orologio è momentaneamente disinstallato, immediatamente qualche cittadino ci telefona lamentandosi che il suo orologio è stato rimosso. E’, infatti, possibile, attraverso il numero verde 800 129038 segnalare disguidi, atti vandalici ed eventuali disservizi, in presenza dei quali noi interveniamo prontamente”. E’ degli anni ’80, l’introduzione della tecnologia di sincronizzazione oraria anche presso le Ferrovie dello Stato, delle quali, a distanza di 25 anni, Ora Elettrica è ancora fornitrice. Nel corso degli anni l’azienda ha, poi, ampliato il proprio ambito di azione. Oltre alla sede nei pressi di Cornaredo, a nord-ovest di Milano, Ora Elettrica ha aperto due filiali, a Roma e Bologna, ed è presente in tutta Italia con una rete di rivenditori ed agenti. Il fatturato di Ora Elettrica si attesta, oggi, attorno ai 3 milioni di euro e conta su una struttura di 25 addetti.

Ora Elettrica Spa Via Filanda 12 San Pietro all’Olmo -20010 Cornaredo (Milano) tel: 02 93563308 fax: 02 93560033 email: info@ora-elettrica.com www.ora-elettrica.com

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maggiore attività dell’azienda e rappresenta poco meno di un terzo del fatturato. “L’orologio può essere considerato come l’antesignano del concetto di informazione al pubblico. Partendo da questa idea abbiamo allargato il nostro campo di azione arrivando ad elaborare sistemi più ampi di informazione, anche avvalendoci di pannelli al plasma, attraverso i quali sono veicolati contenuti di vario genere, sia di natura istituzionale sia pubblicitaria. Un esempio per tutti. Un anno e mezzo fa abbiamo realizzato per la Provincia del Verbano Cusio Ossola, un sistema di informazione al pubblico per i centri di impiego: da una sede centrale, gli operatori possono gestire le informazioni visualizzate nei vari centri della provincia, da Verbania a Omegna, a Domodossola”. Questi impianti sono un autentico mezzo di comunicazione e possono veicolare a rotazione notizie di pubblica utilità e messaggi promozionali. Ora Elettrica sta, infatti, elaborando alcuni progetti da sottoporre all’ufficio prepo-

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sto all’arredo urbano del Comune di Milano. Con gli anni, l’azienda ha ampliato il ventaglio delle proprie attività. “Da qualche tempo e in modo sempre più rilevante, ci stiamo spostando verso l’area della Security & Control, applicando la nostra esperienza ai sistemi di sicurezza anti-intrusione, anti-incendio, e di controllo dei fumi. Tutto ciò che necessita di essere controllato nell’ambito di una struttura industriale affinché non vi siano interventi indesiderati dall’esterno, rientra nelle nostre competenze. Non dimentichiamo che quando si parla di orologeria industriale si intendono sistemi di raccolta dati oltre che di rilevazione delle presenze. Da qui ai sistemi di protezione e controllo il passo è breve. Per quanto riguarda la nostra comunicazione, siamo piuttosto tradizionalisti: da sempre utilizziamo le PagineGialle carta, non solo nelle regioni in cui abbiamo agenti e filiali ma, a rotazione, anche nelle aree in cui siamo meno presenti. A secondo dei casi, pianifichiamo piccoli formati o mezze pagine. A ciò si aggiungono PagineGialle on-line e il nostro sito internet, che è stato recentemente ristrutturato e sta acquisendo un’importanza crescente: vi abbiamo pubblicato anche il catalogo prodotti, con esaurienti schede relative a tutti i settori della nostra attività. Ci avvaliamo, inoltre, di riviste settoriali specializzate e talvolta siamo presenti su annuari come quello dell’API, Associazione delle Piccole Imprese, o su testate rivolte al mondo delle ferrovie, attraverso le quali abbiamo modo di presentare ai manager del settore idee e progetti nuovi”. La comunicazione per Ora Elettrica ha un ruolo centrale in quanto il mercato in cui opera è molto competitivo, soprattutto nel settore

dei sistemi per il rilevamento delle presenze. “Mentre fino agli anni ‘70 gli apparati di rilevazione delle presenze avevano una forte componente meccanica e la componente elettrica ed elettronica era marginale, per cui la precisione era dettata dalla qualità dei materiali e dalla capacità di mantenerli in efficienza, con l’evoluzione tecnologica le modalità di raccolta dati si sono ridotte ad un sistema elettronico dotato di un software in grado di acquisire le informazioni e di gestirle e di un sistema per trasmetterle da un luogo all’altro. Il sistema si è, quindi sostanzialmente impoverito e ha determinato un allargamento dell’offerta.”. In questo contesto fortemente competitivo, Ora Elettrica gode di una posizione consolidata, in particolare nel segmento delle piccole e medie aziende per le quali l’azienda è in grado di progettare soluzioni ad hoc. “La nostra presenza in questo segmento di mercato non ci preclude la possibilità di seguire anche aziende più grandi e complesse. Siamo stati, infatti, ad esempio, per molto tempo fornitori di Telecom”. I punti di forza di Ora Elettrica rispetto ai concorrenti sono riconducibili, da un lato, alla lunga esperienza e alla presenza ininterrotta sul mercato e, dall’altro, alla capacità di introdurre innovazioni. In sintesi: tradizione e innovazione. “Abbiamo un nome forte e conosciuto che è sinonimo di garanzia per la clientela. A questo si aggiunge un costante impegno nel campo della ricerca tecnologica, che ci pone al passo delle più moderne soluzioni. Siamo presenti, ad esempio, nel campo degli accessi con le più avanzate tecniche biometriche, come la raccolta delle impronte digitali e altri sistemi sofisticati”


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Traslochiamo la vostra tranquillità \ Storie di Successo

Grande cura per gli oggetti e per gli ambienti: è questa la formula del successo di Abitare Subito Traslochi, che garantisce ai propri clienti professionalità, competenza e cortesia. E i clienti ripagano con il passaparola che ha contribuito significativamente alla crescita del business dell’azienda

Inserzione nei volumi di SEAT PagineGialle

Gli strumenti della comunicazione • PagineGialle carta: fino a 4 pagine nelle città in cui l’azienda è presente • PagineGialle on-line: presenza nella categoria “traslochi” • Sito aziendale internet: con possibilità di richiedere il preventivo on line • Below the line: depliant e materiale informativo • Passaparola: da parte dei propri clienti • Convenzioni con società immobiliari

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\ Storie di Successo

Una crescita molto veloce: in tre anni Abitare Subito Traslochi si è ritagliata un posto importante nel mercato dei traslochi, acquisendo un’immagine di qualità, affidabilità e competenza. L’attività nasce all’interno di Dynamic Service Group, che riunisce un pool di aziende operanti nei settori della logistica e dell’industria, per rispondere alle esigenze di Job Intesa che gestendo la terziarizzazione di alcune attività di aziende clienti, prima tra tutte La Rinascente, si occupa anche di traslochi e sgomberi di magazzini. L’azienda, infatti, è stata avviata soprattutto in funzione della dismissione dei magazzini UPIM e dei traslochi delle merci nelle nuove sedi. In seguito, Abitare Subito Traslochi ha iniziato a proporre i propri servizi anche al pubblico ed oggi l’80% della sua attività è svolta per privati cittadini. “Il nostro principale punto di forza è la qualità del servizio” spiega


Giorgio Bassini, Presidente del Consiglio di Amministrazione di Dynamic Service Group e Amministratore Delegato di Job Intesa. “L’attenzione e la cura con cui Abitare Subito Traslochi risponde alle esigenze dei clienti è alla base dello sviluppo della nostra attività, che di anno in anno raddoppia. La conferma di questo apprezzamento da parte dei clienti è evidente nel passaparola: è, infatti, in costante aumento il numero di clienti che si rivolge a noi perché indirizzato da chi ha già avuto modo di avvalersi dei nostri servizi”. La filosofia aziendale che ispira Abitare Subito Traslochi non si basa sui prezzi, bensì sulla focalizzazione alle esigenze dei clienti e sui più alti livelli di servizio. I mobili e gli oggetti da traslocare non sono considerati semplicemente merce da spostare da un luogo all’altro, ma come effetti cui dedicare molta cura, la stessa che ciascuno vorrebbe fosse riservata ai propri beni. L’azienda, che effettua circa 100 - 150 traslochi al mese, dispone di un parco mezzi tecnologicamente all’avanguardia, studiato per risolvere ogni esigenza del cliente, anche in situazioni che possono apparire irrisolvibili. Per raggiungere i piani più alti, ad esempio, dispone di piattaforme aeree che consentono di arrivare fino a 56 metri di altezza e di autoscale che toccano i 42 metri. Per trasportare e ricollocare apparecchiature scientifiche e archivi, o per spostare beni particolari come pianoforti, opere d’arte e casseforti, l’azienda ha a disposizione mezzi specifici adatti allo scopo. Inoltre, tutti i furgoni adibiti a contenere mobili, suppellettili ed effetti personali sono imbottiti, per evitare qualsiasi danno. Anche le attività di imballo sono oggetto di particolare attenzione: per le suppellettili delicate è usata

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Un Gruppo, cinque società Dynamic Service Group è una società a responsabilità limitata che controlla un gruppo di altre imprese: Job Intesa spa, Intesa Italia srl, Abitare Subito Traslochi, Abitare Subito Building, ALI. Job Intesa, con un fatturato di circa 20 milioni di euro, è il core business di Dynamic Service Group, che ne detiene circa il 97% del capitale sociale. Lavorando all’interno delle aziende, ma in totale autonomia, la società si occupa della terziarizzazione di rami di azienda, per lo più inerenti ad attività accessorie e di fine linea come il confezionamento, l’imballaggio, la gestione del magazzino. Job Intesa ha inoltre acquisito il 95% della società Y2K, circa 13 milioni di euro di fatturato, che si occupa di logistica ed è specializzata, lavorando in outsourcing, nella gestione dei magazzini e delle spedizioni. Abitare Subito Traslochi, partecipata dal Gruppo all’85%, è nata qualche anno fa come marchio di Dynamic Service per la gestione dei traslochi. Dal 2006 è una società a sè stante. Abitare Subito Building, di cui Dynamic Service Group possiede il 97%, è una piccola impresa di costruzioni. È nata tre anni fa in sinergia con Abitare Subito Traslochi, per gestire la ristrutturazione di magazzini sgomberati. Attualmente sta realizzando una trentina di appartamenti a Lonate, in provincia di Brescia e prossimamente ne costruirà altri sei a Garbagnate Milanese. ALI, Autolavaggi Italiani, è una piccola catena che al momento possiede tre impianti di autolavaggio a gettone, aperti giorno e notte. Intesa Italia ha due rami di azienda distinti. Il primo opera nella distribuzione di prodotti per la pulizia dell’argento. La società distribuisce marchi molto noti, come Hagerty, attraverso il canale tradizionale costituito da gioiellerie, argenterie, oreficerie. Il secondo ramo d’azienda si occupa di distributori automatici di bevande calde e fredde, food e non food. L’attività, attualmente in crescita, ha oggi all’attivo circa un centinaio di macchine distributrici.

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la spugna, poltrone e divani sono avvolti in fogli di cellophane, mobili e quadri sono protetti con strati di millebolle e i cartoni adoperati sono rigidamente monouso. Oltre a ciò, sui pavimenti in parquet o in altro materiale delicato sono stese passatoie e coperture antigraffio, ed il personale indossa, su richiesta del cliente, sovrascarpe protettive per le zone di passaggio. Lo standard qualitativo dei servizi è assicurato da un team di professionisti scelti ed assunti dopo una rigida selezione: dai tecnici incaricati del sopralluogo ai capi squadra, dai falegnami ai montatori, dagli imballatori agli addetti preposti alla pulizia dei beni traslocati. “I nostri operatori sono preparati ad affrontare sia gli aspetti pratici sia psicologici del trasloco. In fase di sopralluogo e di preventivo, forniamo al cliente anche un vademecum su ciò che occorre fare quando si trasloca: dalle indicazioni pratiche come la chiusura del rubinetto centralizzato dell’ac-

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qua e del gas, all’elenco dei referenti a cui è necessario comunicare il cambio di indirizzo, ai consigli per chi possiede animali, e quant’altro”. Inoltre, sono forniti materiali e istruzioni per l’imballaggio degli oggetti da traslocare, nel caso in cui il cliente desideri provvedervi di persona. Tra i servizi offerti vi è anche l’opportunità di disporre di magazzini climatizzati e coperti da assicurazione, dove, in caso di necessità, è possibile lasciare in custodia mobili e oggetti. Ma non solo, Abitare Subito Traslochi offre addirittura la possibilità di mettere in vendita on-line suppellettili e pezzi di arredo di cui non si ha più bisogno. “La nostra crescita è dovuta anche ai considerevoli investimenti che abbiamo effettuato in pubblicità che sono indispensabili per accrescere la brand awareness. Abbiamo investito in modo consistente in SEAT PagineGialle carta, pianificando fino a quattro pagine sui volumi delle città in cui siamo presenti. Utilizziamo anche PagineGialle on-line che si sta rivelando un canale di grande potenzialità. Siamo, infine, presenti su diversi motori di ricerca che rinviano al nostro sito internet, dove è possibile reperire ogni informazione utile, compreso il preventivo on-line dei servizi richiesti, a cui il potenziale cliente accede attraverso una sorta di gioco”. Il messaggio veicolato dagli annunci di Abitare Subito Traslochi è riassunto nello slogan: “Traslochiamo

la vostra tranquillità”. “Il trasloco è un evento che crea ansia: una recente ricerca lo pone al terzo posto nella classifica delle maggiori cause di stress, dopo il decesso di un familiare e il divorzio. Per questo, abbiamo scelto un messaggio rassicurante per chi si affida alle nostre cure. E questo è stato, per noi, vincente”. Oltre a ciò, la società ha siglato alcune convenzioni con agenzie immobiliari che si occupano di vendere e comprare case. “Sponsorizziamo gli opuscoli di offerte immobiliari che sono distribuiti sul territorio ed abbiamo creato una sorta di carta di credito, la Traslocard, che offre un trattamento di favore al cliente che compra casa e deve effettuare un trasloco: sconti dal 10% al 20%, un servizio di finanziamento a tasso agevolato, e una serie di contatti privilegiati con idraulici, elettricisti, muratori, imbianchini e altri servizi di pronto intervento”. Oggi Abitare Subito Traslochi si avvale di una serie di operatori che le permettono di essere presente su tutto il territorio nazionale e, all’occorrenza, di effettuare consegne internazionali. “La centrale operativa che attraverso un numero verde gestisce e assegna i lavori ha sede a Saronno. Il nostro bacino di utenza principale è focalizzato a Milano, Como e Varese, aree in cui intendiamo sviluppare una presenza ancora più capillare. Per questo stiamo aprendo la nostra prima filiale a Legnano, ed abbiamo in progetto l’avvio, nell’arco di uno o due anni, di altre agenzie. Tutto ciò si inserisce nel contesto di un progetto più ampio che si propone di creare un network nazionale, grazie ad accordi con altri imprenditori e all’acquisizione di realtà piccole e medie già esistenti sul mercato, condividendo con loro la stessa filosofia e la stessa immagine”..


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\ Storie di Successo

Nonostante la concorrenza delle grandi multinazionali, Lavoropiù S.p.A. si è ritagliata uno spazio importante nel mercato delle società di somministrazione di lavoro grazie alla sua esperienza e alla sua presenza capillare sul territorio, qualità che le consentono di soddisfare con rapidità le richieste dei clienti e di porre grande attenzione alle esigenze e alle caratteristiche professionali ed umane dei candidati

L’inserzione nei volumi di SEAT PagineGialle

Gli strumenti della comunicazione • PagineGialle carta: inserzioni sui volumi relativi alle città in cui sono presenti le agenzie • PagineGialle on-line: presenza nella categoria “ricerca e selezione del personale” • Stampa locale e free press: annunci di vario formato • Sito aziendale internet • Passaparola e Volantinaggio

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\ Storie di Successo

Ricercare un lavoro, da un lato, e ricercare personale, dall’altro, sono esigenze speculari che necessitano di trovare un momento di incontro. Questa è la mission di Lavoropiù S.p.A., società di somministrazione di lavoro, finalizzata al reperimento di personale e al suo collocamento. In altre parole, la società assume lavoratori, a tempo determinato e indeterminato e li impiega per un periodo che corrisponde a quello dell’assunzione presso le proprie aziende clienti. “Naturalmente, i lavoratori godono di un trattamento contributivo regolare, nel rispetto delle leggi ed in linea con quello riservato ai dipendenti diretti delle stesse aziende” spiega l’ingegner Tomaso Freddi, presidente di Lavoropiù S.p.A. “L’unica differenza è che questi lavoratori sono a nostro libro paga. Noi, quindi, fatturiamo alle aziende nostre clienti i costi del personale assunto per


conto loro, con l’aggiunta di un fee a titolo di compenso per la nostra attività”. Nella maggior parte dei casi, l’assunzione è a tempo determinato ed il periodo lavorativo varia da una settimana a due anni. “La legge pone molto chiaramente l’obbligo, per le società fornitrici di lavoro come la nostra, di non opporsi in alcun modo all’eventuale assunzione del lavoratore da parte dell’azienda. Ciò accade nel 25% dei casi. Noi costituiamo, quindi, un importante ponte verso situazioni lavorative stabili: i lavoratori trovano in noi la possibilità di un primo impiego o di un ricollocamento, e le aziende, grazie ai nostri servizi, hanno modo di conoscere e di valutare il dipendente prima di assumerlo”. Le aziende che si avvalgono dell’attività di Lavoropiù S.p.A. sono numerose e diversificate ed operano nel settore privato come in quello pubblico: il 50% circa sono società industriali, il resto attività commerciali, società di servizi e, in misura minore, la Pubblica Amministrazione. Per questo motivo, i dipendenti di Lavoropiù S.p.A. si dividono equamente tra operai ed addetti al lavoro impiegatizio. Attualmente, la maggioranza degli aspiranti candidati è composta da lavoratori non diplomati, extracomunitari con regolare permesso di soggiorno, personale al primo impiego e persone che hanno già avuto esperienze di lavoro interinale presso altre agenzie. Circa il 30% sono laureati, mentre sono relativamente pochi i diplomati, perché questa fascia di lavoratori trova impiego più facilmente. Soddisfare il cliente, per Lavoropiù S.p.A., comporta la capacità di fornire personale perfettamente idoneo alle aspettative dei clienti, nei tempi più brevi. E per essere in grado di fare fronte anche ad esi-

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A fianco delle aziende nella gestione del personale Lavoropiù Spa è stata fondata nel 1997 da una decina di soci che vantavano già una lunga esperienza nel campo della selezione, formazione e gestione del personale. “Nel momento in cui è stata approvata la riforma Biagi, che, per la prima volta, consentiva e regolamentava il lavoro interinale in Italia, abbiamo deciso di sfruttare il nostro know how maturato nell’ambito delle risorse umane, in una nuova impresa. È nata così Lavoropiù S.p.A., società senza soci di maggioranza, in cui ciascun socio opera in una diversa regione italiana, mettendo in comune forze e capitali. La missione: affiancare le aziende facendosi carico del loro personale”. La sede centrale, che attualmente è a Firenze ma che presto sarà trasferita a Bologna, coordina una cinquantina di filiali distribuite nelle regioni dell’Italia settentrionale e centrale, con una maggiore presenza in Emilia Romagna, Marche, Umbria, Veneto, Toscana e Lombardia, con una penetrazione più consistente nelle aree in cui l’industria ed il commercio organizzato sono più attivi, come nei comuni dell’hinterland piuttosto che nelle grandi città. “La nostra attività consiste per il 95% nella somministrazione di lavoro a tempo determinato, ma vi sono anche situazioni nelle quali assumiamo a tempo indeterminato: si tratta di personale che collabora con noi da anni e che siamo in grado di impiegare facilmente in quanto ha maturato un’esperienza ampia ed articolata. Attualmente abbiamo 4mila lavoratori a libro paga, collocati presso le aziende clienti e gestiamo una cinquantina di contratti di lavoro diversi. Sebbene il costo del lavoratore per l’azienda sia superiore rispetto a quello assunto direttamente, noi offriamo un servizio articolato e complesso: forniamo personale accuratamente selezionato, in tempi brevi, con una formazione di base e ci facciamo carico di tutti gli oneri burocratici ed amministrativi, compreso il rischio di malattia, in quanto fatturiamo al cliente le sole ore lavorate dai nostri dipendenti”. Gli obiettivi attuali sono di crescita: “Con un fatturato che nel 2006 ha superato i 77 milioni di euro, oggi è nostra intenzione arrivare a coprire in maniera capillare le regioni in cui già operiamo e di espandere l’attività nel resto del Paese”.

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Esempio di campagna pubblicitaria di Lavoropiù per le feste natalizie 2006

genze improvvise, è indispensabile disporre di banche dati complete dei curriculum vitae dei candidati. “Ci caratterizziamo proprio grazie alla nostra capacità di rispondere alle richieste dei clienti nell’arco di uno o, al massimo, due giorni”. Per il reclutamento del personale sono utilizzate metodologie di ricerca molto efficaci, che si avvalgono del cellulare e di internet, e che prevedono anche una ricerca sul campo nei luoghi di maggiore aggregazione giovanile, come le discoteche. Ciò avviene, in particolare, in regioni come l’Emilia Romagna, la Lombardia, il Veneto, la Toscana, le Marche e l’Umbria, dove il reperimento di mano d’opera anche non qualificata, come magazzinieri, montatori, impiegati amministrativi di primo impiego, è più difficile e la domanda è superiore all’offerta. Mediamente, Lavoropiù S.p.A. riesce a soddisfare il 60% delle richieste delle aziende. Sul fronte della comunicazione, l’azienda ha un duplice target di riferimento: i potenziali candidati e le società alla ricerca di personale. Per i primi, il passaparola si è dimo-

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strato uno strumento molto importante. Al passaparola si aggiungono i volantini, la stampa locale, la free press e ad internet, mezzo attraverso il quale molti lavoratori inviano i loro dati, prima di un colloquio personale. Per raggiungere le aziende clienti, a tutti questi mezzi, si aggiunge una capillare attività di contatto diretto. “Fin dall’inizio, i mezzi SEAT sono stati per noi uno strumento di comunicazione fondamentale, tanto che tutte le nostre agenzie sono presenti sulle PagineGialle, sia cartacee sia online: le sedi regionali comunicano le loro esigenze alla sede centrale che si interfaccia direttamente con SEAT, in modo da avere un interlocutore unico e una immagine coordinata”. La comunicazione di Lavoropiù S.p.A. punta sulla qualità del servizio, sui tempi rapidi con i quali sono evase le richieste dei clienti, sull’attenzione alle caratteristiche dei lavoratori. “Per il 2007 abbiamo un progetto che ci vedrà ancora più attivi nella comunicazione. Vogliamo, in particolare, investire sul nostro sito internet, che è stato ideato da uno dei nostri soci”. L’idea attorno alla quale si sviluppa il sito prende spunto dal concetto dell’albero delle risorse: dal tronco si dipartono tanti rami che, a loro volta, si ramificano ulteriormente. Questa immagine riassume bene l’organizzazione di Lavoropiù S.p.A., strutturata con un nucleo centrale che gestisce le dieci sedi regionali, dalle quali dipendono le agenzie dislocate sul territorio. “Questa struttura, oltre a rappresentare un vantaggio competitivo nei confronti della concorrenza, rende più efficiente il nostro lavoro, che è molto decentrato: la maggiore vicinanza ai clienti ci consente, infatti, di recepire le loro richieste e di evaderle rapidamen-

te. Ma non solo: oltre ad essere molto ramificate, le nostre agenzie dispongono di maggiore autonomia e quindi di personale dotato di maggiore senso di responsabilità, con retribuzioni correlate ai risultati”. Lavoropiù S.p.A. pone anche la massima attenzione alla selezione e alla preparazione dei candidati: la loro idoneità a svolgere un lavoro non è legata solo alla loro qualifica professionale, ma anche alle loro doti personali. Per questo motivo, la selezione dei candidati avviene anche attraverso ad una serie di interviste. “I nostri colloqui sono approfonditi e sono condotti da psicologi che hanno seguito appositi corsi di formazione”. Ai dipendenti di Lavoropiù S.p.A. è anche fornita una preparazione di base, molto gradita dalle aziende. Il settore in cui opera Lavoropiù S.p.A. è molto competitivo: sono, infatti, circa ottanta le società oggi attive sul mercato. “Noi siamo una realtà medio piccola, tra le prime a capitale interamente italiano, che occupa un discreto market-share nel panorama attuale delle agenzia del lavoro. Il forte sviluppo registrato negli ultimi anni (negli ultimi due anni il fatturato è più che raddoppiato) consente di prevedere un inserimento ancora più significativo della Lavoropiù S.p.A. tra le principali agenzie del lavoro del Paese. I nostri concorrenti principali sono multinazionali già attive da anni all’estero in questo settore e giunte in Italia in seguito all’inserimento del pacchetto Treu ed alla successiva approvazione della legge Biagi. I nostri principali punti di forza sono, tuttavia, la presenza radicata sul territorio, la qualità dei nostri servizi e i prezzi che sono in grado di soddisfare, in particolare, le esigenze della piccola e media impresa”


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Progettare ed arredare in ottica marketing Dall’analisi spaziofunzionale del locale alla consegna del negozio allestito chiavi in mano: è questo il cuore dell’attività di Ekip, società romana che opera nel mercato dell’arredamento. La forza di Ekip risiede nella capacità di integrare e coordinare molteplici competenze e nell’affrontare e risolvere le esigenze del cliente in un’ottica di marketing e commerciale

L’inserzione nei media di SEAT PagineGialle

Gli strumenti della comunicazione • PagineGialle carta: presenza sulla edizione di Roma • PagineGialle on-line: presenza nella categoria “Arredamento negozi e supermercati” • Sito aziendale internet: intende diventare il punto di riferimento per il settore • Passaparola: tra chi ha già usufruito dei servizi dell’azienda

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L’allestimento di un locale è il risultato di una serie di attività che non si esauriscono con la fornitura dell’arredo, ma richiedono un’articolata gamma di competenze che vanno dallo studio del contesto alle necessità funzionali e di immagine, all’ottimizzazione dei tempi di messa in opera e dei costi. Ciò è tanto più importante se si tratta di locali ad uso commerciale, per i quali è indispensabile tenere conto anche della tipologia del prodotto o del servizio offerto. Solo in questo modo l’allestimento del negozio potrà, infatti, essere funzionale al lavoro dei commessi e all’allocazione strategica dei prodotti. Di tutto ciò si fa carico Ekip, realtà che si occupa di consulenza, progettazione, produzione e commercializzazione di elementi di arredo e di allestimento di negozi e abitazioni. “La nostra azienda si posiziona in


modo distintivo sul mercato” spiega Stefano Belisari, titolare di Ekip “in quanto difficilmente le imprese che operano nel nostro settore possono vantare un’attività produttiva che parte da un’analisi di marketing di tipo commerciale e strategico: generalmente i nostri concorrenti producono o rivendono mobili, oppure realizzano progetti estetici per i negozi subappaltandone l’esecuzione. In realtà, i servizi necessari a chi deve ristrutturare un’attività commerciale sono molteplici, dalla consulenza finanziaria, all’assistenza pre e post vendita, alla fornitura degli arredamenti ed al loro montaggio. Noi gestiamo la ristrutturazione chiavi in mano dei locali, coordinando i vari fornitori, pianificando gli interventi, svolgendo una progettazione esecutiva computerizzata di ogni opera. Tutto ciò con una organizzazione ferrea ed una grande professionalità, per garantire l’assoluto rispetto dei tempi di consegna”. Ekip si posiziona in maniera pressoché unica sul mercato grazie alla capacità di integrare tutte le competenze necessarie. Un considerevole vantaggio per il cliente che usufruisce di un unico interlocutore che si fa carico di tutte le problematiche commerciali, estetiche, funzionali e tecniche, evitandogli l’onere di rivolgersi ad una molteplicità di referenti. Le esperienze maturate pongono l’azienda in con-

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Dall’allestimento dei negozi all’arredamento di abitazioni e uffici Ekip nasce nel 1990, a cura di Stefano Belisari, all’interno di una fabbrica di arredamenti per negozi fondata negli anni ‘60, già punto di riferimento per Roma e provincia. Successivamente si afferma in maniera autonoma nel settore dell’arredamento per negozi. Dalla specializzazione originaria in ambito non food, Ekip inizia ad occuparsi anche di negozi alimentari, meno esposti alle fluttuazioni congiunturali del mercato. Non solo, sebbene la progettazione e l’arredamento di negozi continui ad essere l’ambito principale di business, con gli anni Ekip diversifica la sua attività, che oggi comprende anche la ristrutturazione di appartamenti ed uffici e la commercializzazione di importanti marchi di arredamento. “Il motivo che ci ha spinto ad operare questa diversificazione” afferma Stefano Belisari “è la necessità di far fronte alle stagionalità e ai momenti di crisi cui sono soggetti i negozi, mentre il mercato dell’arredamento per abitazioni private ed uffici risente meno di queste variazioni. Entrando in ambiti contigui rispetto alla nostra vocazione primaria, abbiamo applicato anche a questi nuovi settori di attività l’esperienza, la tecnica e il rigore organizzativo che sono indispensabili nell’allestimento dei negozi”. E ciò si è rivelato essere un notevole vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti. Il modo di procedere di Ekip è molto articolato. Innanzitutto è effettuata un’analisi progettuale: i tecnici di Ekip si recano sul posto, analizzano le esigenze del cliente e studiano la vivibilità dell’ambiente in senso ergonomico e funzionale. Segue un’attività di tipo consulenziale da parte di un esperto che, sulla base dei dati raccolti, progetta una soluzione ad hoc, non dimenticando che ogni elemento non ha semplicemente un fine estetico ma deve essere finalizzato al conseguimento degli obiettivi del negozio: vendere di più minimizzando i costi. “Se il negozio non è funzionale, anche il reddito ne è intaccato, perché realizza minori vendite con maggiori costi di gestione. Per questo, noi offriamo una consulenza di marketing, una valutazione tecnico-costruttiva volta all’ottimizzazione del budget, una proposta di collocazione dei prodotti in funzione dell’assortimento, lo studio dell’immagine, la progettazione illuminotecnica, la progettazione tridimensionale dell’ambiente che permette al negoziante di vedere il locale finito prima della sua realizzazione, lo studio di materiali colori e design e addirittura il montaggio di una animazione video”. La scelta di caratterizzare in chiave consulenziale e strategica la propria attività è conseguente alla formazione culturale e professionale di Stefano Belisari, che essendo laureato in economia e commercio è quindi dotato di una visione marketing oriented di cui sono spesso privi i concorrenti, siano essi mobilieri o architetti. “A ciò si aggiunge una mentalità sempre volta alla ricerca del nuovo, con serietà e professionalità. E questo, in un contesto sociale in cui spesso regna l’improvvisazione, si rivela vincente”.

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dizione di fornire i propri servizi a tutte le tipologie di esercizio, dalla farmacia alla gioielleria, al bar. Ogni settore, infatti, ha le proprie funzionalità, normative di legge e consuetudini che si apprendono solo lavorando a contatto con i clienti, ascoltandoli ed interpretandone le esigenze. I clienti di Ekip hanno necessità molto diversificate: l’azienda, a seconda dei casi, propone soluzioni mirate, realizzando i mobili ex novo o ricorrendo a prodotti già esistenti sul mercato o, ancora, studiando un’idonea integrazione di pezzi componibili ed elementi su misura. “Il fatto di disporre di questo ventaglio di conoscenze e di soluzioni si traduce in un vantaggio strategico in quanto ci permette di garantire ai clienti la più ampia possibilità di scelta. Per un risultato ottimale, puntuale e personalizzato. Investiamo moltissimo in comunicazione su SEAT PagineGialle” prosegue Stefano Belisari “, sia nei volumi carta sia nell’on-line. Oltre a questo, abbiamo un sito internet che vogliamo sviluppare ulteriormente: l’obiettivo è di trasformarlo in un vero e proprio punto di riferi-

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mento per il settore, arricchendolo delle immagini dei prodotti componibili e dei mobili su misura realizzati da noi e delle immagini dei locali commerciali nostri clienti, prima e dopo il nostro intervento”. Il sito, che sarà promosso su motori di ricerca e sulle riviste di settore, intende diventare il punto di riferimento per il settore e offrire una panoramica vastissima di ciò che esiste e di ciò che può essere realizzato. Al momento Ekip non investe in altri mezzi di comunicazione e ciò per precisi motivi. “Molti operatori del settore distribuiscono volantini con i quali offrono preventivi

gratuiti: poiché la fase che dedichiamo alla progettazione è molto impegnativa, evadere richieste di preventivi gratuiti sarebbe troppo dispendioso e ci sottrarrebbe tempo e risorse che preferiamo riservare ai clienti. Anche le inserzioni su testate di settore o la partecipazione a fiere non ci è di alcuna utilità: non operiamo in un mercato specifico, bensì abbiamo un’attività molto diversificata che si rivolge a tipologie di clienti altrettanto diversificate”. Ekip, invece, si avvale del passaparola, soprattutto per quanto riguarda l’attività rivolta all’allestimento di uffici e di locali ad uso abitativo, che sono aree di business in continua espansione. E la sua ottima reputazione è fonte di nuove opportunità di lavoro. “Gli obiettivi futuri sono sicuramente di crescita, non solo quantitativa ma anche e soprattutto qualitativa. Oggi il mercato tende a rincorrere il prezzo più basso; noi non operiamo in questa ottica. Non siamo semplicemente dei venditori, siamo prima di tutto consulenti e ricerchiamo la soluzione ottimale per i clienti, in relazione alle loro esigenze e compatibilmente con la loro disponibilità di budget. Perseguendo sempre il miglior rapporto prezzo-qualità”



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Fare affari con PagineGialle Annunci on line www.annunci.paginegialle.it è una finestra virtuale unica, semplice e immediata, per la compravendita di beni e servizi grazie alla quale, da oggi, su tutto il territorio nazionale, sarà più facile acquistare e vendere auto, moto e case, partecipare alle aste immobiliari, comprare e vendere beni di altro genere, dal collezionismo al tempo libero

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SEAT Pagine Gialle lancia www.annunci.paginegialle.it, il nuovo motore di relazione tra chi vende ed acquista. PagineGialle Annunci nasce grazie anche alle collaborazioni con partner leader nei diversi settori di riferimento. Il motore di ricerca è organizzato in tre categorie principali: • Automotive • Immobiliare • Compro e Vendo

Foto: © Corbis

Nel settore Automotive, sono state siglate partnership con AutoScout24, il più grande mercato internet in Italia ed in Europa per la compravendita di auto con oltre 110 mila auto in offerta in ogni istante in Italia, Moto.it il primo portale dedicato alla compravendita di moto, motorini, scooter per gli appassionati delle due ruote e Bakeca.it, il sito nato nelle città universitarie che raccoglie gli annunci di qualsiasi categoria. Oltre ai contenuti tradizionali delle inserzioni, SEAT offrirà ai propri utenti anche straordinari servizi ad alto valore aggiunto come Autocheck, realizzato da Experian e veicolato anche da 89.24.24 Pronto PagineGialle, in grado di fornire un report dettagliato sulla storia di uno specifico veicolo, primo esempio di come ciascun sito di annunci sarà arricchito da servizi che contribuiranno in modo significativo a completare l’esperienza d’acquisto dell’utente. Nel settore Immobiliare, grazie alla collaborazione con due partner primari del comparto, Casaclick, di proprietà del Gruppo Pirelli RE e Immobilmente, il più completo e innovativo motore di ricerca su internet di immobili residenziali, commerciali e di prestigio, sarà possibile cercare case in vendita, in affitto e in costruzione, far valu-

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tare il proprio immobile e persino trovare stanze per gli studenti fuori casa. A completamento degli annunci sono previste informazioni aggiornate su mutui e finanziamenti delle migliori banche e istituti di credito. Attraverso Asteimmobili.it e Portaleaste.it, i portali nazionali delle vendite giudiziarie a servizio dei cittadini e Asnodim, l’Associazione Notariato romano dismissioni immobiliari, finalizzata alle attività notarili delle dismissioni del patrimonio degli enti pubblici, i navigatori potranno accedere facilmente a tutte le informazioni sulle aste giudiziarie della propria città ottenendo dettagli sugli immobili, visionando le planimetrie, articolando la ricerca per prezzo, data, regione, tribunale. Attraverso le funzionalità già disponibili su www.visual.paginegialle.it gli utenti, avranno anche la possibilità di vedere la zona prescelta valutando l’immobile nella sua forma reale e visitando virtualmente i dintorni sino a passeggiare per le vie circostanti. Questo servizio sarà anche arricchito da informazioni di carattere economico e socio-demografico sull’area di interesse in modo da guidare il compratore verso un acquisto consapevole ed ampiamente documentato. Compro e Vendo, è, infine, una sezione generalista per annunci sull’abbigliamento, il collezionismo, i gioielli, l’elettronica, l’informatica, i libri, la musica, il cinema, la salute e la bellezza, lo sport e il tempo libero e l’ufficio Per maggiori informazioni rivolgersi al proprio agente SEAT

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Aumentare la produttività utilizzando meglio il computer Ancora oggi il livello medio di alfabetizzazione informatica da parte degli addetti ai lavori d’ufficio è ben lontano dall’essere ottimale. Ciò è fonte di elevati costi e di inefficienze per le aziende. E’ possibile, tuttavia, ottenere un rilevante recupero di produttività investendo in formazione. Ma per ottenere risultati concreti è necessario adottare metodologie e strumenti all’avanguardia

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Come aumentare velocemente la produttività del proprio personale? Le aziende, dal canto loro, sono in costante ricerca di modi e di opportunità per migliorare la produttività del proprio personale. E mentre è possibile, facilmente, misurare il rendimento del personale che opera nei reparti produttivi ed individuare le leve sulle quali agire per migliorarlo, più complessa risulta la misurazione della produttività degli addetti ai lavori d’ufficio. Inoltre, lavorare comporta, sempre più, mansioni legate alla gestione delle informazioni. Per questo motivo l’organizzazione e la produttività del lavoro d’ufficio è al centro di una forte attenzione sia da parte delle imprese che operano nel mercato dell’informatica sia da parte del management delle imprese. Il lavoro d’ufficio, in particolare, richiede, infatti, nella maggior parte dei casi, l’utilizzo del personal computer e di programmi ap-

plicativi. Il loro uso si può schematicamente dividere in: • programmi di produttività personale, che sono finalizzati a migliorare l’efficienza dell’addetto nell’uso di strumenti come ad esempio i fogli di calcolo, la videoscrittura, le e-mail, ed altri. • sistemi informativi aziendali, come i sistemi gestionali e di contabilità, i sistemi di CRM. La chiave per aumentare la produttività risiede principalmente, quindi, nella capacità di incrementare la velocità, la sicurezza e la competenza con le quali sono utilizzati questi strumenti. Tema noto alle grandi aziende, che si trovano gravate da alti costi legati all’assistenza interna (help desk) sull’utilizzo dei computer, soprattutto, quando il personale interno non è più tanto giovane e

Foto: © Corbis

Nel nostro Paese il computer è ancora oggi uno strumento di difficile utilizzo per molte persone che hanno pochissima familiarità con il mondo dell’informatica e di internet. Questa situazione è ancora più preoccupante se si confrontano i dati italiani con quelli degli altri paesi europei: in Italia mediamente il 59% della popolazione non possiede una conoscenza nemmeno di base del computer, contro una media europea del 37%. E anche i più giovani, che si affacciano al mondo del lavoro, non sono immuni da questo fenomeno. Questa mancanza di conoscenza si traduce, oltre che nella perdita di opportunità di crescita e di formazione personale, anche in elevati, e spesso occulti, costi per le aziende.

Percentuale di popolazione nei paesi EU25 senza computer skill di base, 2005

Fonte: Eurostat e-society nel 2005

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Perdite di tempo nell’utilizzo del computer

Fonte: AICA-SDA Bocconi

quando le attività da svolgere sono complesse. Conferma questa tesi, anche lo studio “Il costo dell’Ignoranza nella Società dell’Informazione”, svolta da AICA – Associazione Italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico - in collaborazione con SDA- Bocconi, che, nel 2003, ha rilevato che un utente medio perde 171 minuti la settimana per uso improprio del computer. Uno spreco di tempo che si traduce, su base annua, per un’azienda di 10 dipendenti, in costi per circa 23.000 euro. Lo stesso studio permette anche di capire le cause di questa perdita di produttività: in Italia l’incidenza degli addetti che ha ricevuto almeno un minimo di formazione sulla materia non supera il 18%, contro il 28% medio dei paesi europei. La formazione pare essere, ad oggi, l’unica soluzione: del resto chi può dire di conoscere veramente e di sapere usare fino in fondo

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le potenzialità offerte dai normali programmi applicativi? La logica del prova e riprova funziona, ma quanto tempo fa perdere? Certo, le persone che lo usano, ormai da anni, sono bravissime e precisissime, ma cosa accade quando le aziende devono inserire nuovo personale, o quando il sistema si espande e altri utenti hanno accesso agli strumenti informatici? Una metodologia di intervento Le tradizionali metodologie di formazione sull’utilizzo dei sistemi informativi prevedono sessioni d’aula indistinte e manuali cartacei o libri da consultare. L’esperienza insegna che questo approccio funziona poco: alti costi di formazione, molto tempo perso con risultati che difficilmente migliorano. Per essere realmente efficace in questo ambito, infatti, la formazione deve essere il più possibile pratica e personalizzata. Le più innovative metodologie di formazione prevedono un approccio differente, che si basa su due

concetti essenziali: • la modularità, per coprire tutto l’ampio spettro delle esigenze aziendali, incluso quelle più specifiche • la scalabilità, per adattarsi al meglio alle caratteristiche della popolazione aziendale. Il metodo prevede le sei seguenti fasi: • definizione del profilo di competenze richiesto. Per ogni figura professionale si definisce, per ogni strumento informatico che utilizza, quale debba essere il livello di padronanza richiesto; • assessment delle competenze iniziali: si verifica mediante dei test il livello attuale di competenza per ogni persona; • pianificazione del percorso formativo: sulla base dei risultati della fase di assessment,

La metodologia di intervento


si può identificare un percorso formativo individuale teso a minimizzare la spesa richiesta e a massimizzare l’apprendimento dei singoli, partendo per ognuno dal livello adeguato; • formazione: la formazione può avvenire in vari modi, tramite la classica lezione in aula o mediante strumenti di formazione a distanza(e-learning), utili soprattutto per gli utenti più avanzati; • training: la formazione teorica è affiancata dall’allenamento pratico, utilizzando gli strumenti reali; • valutazione: alla fine del percorso è importante svolgere un ulteriore assessment delle competenze individuali per verificare l’effettiva efficacia del piano di formazione per predisporre nuovi eventuali interventi formativi.

Il metodo Kplace per il miglioramento delle competenze informatiche Kplace è una suite di prodotti e soluzioni specificatamente pensati per il training in ambito informatico. Il sistema Kplace, disponibile in versione client server e in versione web, offre un ricco set di funzionalità per coprire tutte le fasi del processo, dall’assessment alla verifica finale, utilizzando avanzate simulazioni degli applicativi reali. WebScience (www.webscience.it) offre inoltre servizi di supporto in grado di portare all’interno di ogni azienda soluzioni complete e customizzate in base alle esigenze specifiche. Il metodo Kplace e la suite di prodotti ad esso associata nasce sulla base della pluriennale esperienza di WebScience, maturata nella realizzazione di ATLAS, il sistema automatico utilizzato per erogare in Italia la Patente Europea del computer (ECDL), oggi attivo su più di 2.000 Centri d’esame.

Il processo completo può essere supportato da sistemi informativi in grado di: • gestire l’avanzamento del processo per ogni persona, eventualmente integrandosi con esistenti sistemi di back-office; • far sperimentare agli utenti, in condizioni controllate, il funzionamento degli applicativi reali, mediante tutorial e test composti da simulazioni interattive degli applicativi reali; • supportare la fase di forma-

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zione, eventualmente integrandosi con sistemi di e-learning già presenti. Grazie, inoltre, all’utilizzo di un sistema informativo è possibile inserire gradualmente la metodologia in azienda, partendo da gruppi ristretti di persone e competenze per poi estenderla nel tempo. E’

possibile ad esempio partire dagli applicativi più critici, come ad esempio il sistema gestionale, per estendersi poi agli strumenti di produttività individuale come l’MS Excel o le e-mail, per terminare sugli applicativi più complessi come un sistema di CRM.

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LE CERTIFICAZIONI ECDL Per verificare il grado di padronanza degli utenti sull’utilizzo del computer esistono degli standard a valenza internazionale, che attestano tramite delle certificazioni teorico-pratiche il livello di competenza dell’utente. In Italia la più diffusa certificazione riguardante l’utilizzo del computer è l’ECDL (Patente Europea del Computer), promossa da AICA (Associazione Italiana per l’Informatica ed il Calcolo Automatico) e composta da 7 moduli (concetti teorici di base, uso del computer e dei files, elaborazione testi, foglio elettronico, basi di dati, strumenti di presentazione, reti informatiche). Altre certificazioni della famglia ECDL sono l’e-Citizen, per utenti alle prime armi con il computer, e l’EUCIP, per i professionisti dell’informatica.

Foto: © Corbis

I benefici riscontrati I risultati per un’impresa che adotta questa metodologia sono molteplici: • recupero di efficienza del personale impiegato in lavori d’ufficio • diminuzione dei costi di assistenza interna • diffusione di una cultura della formazione continua e dell’innovazione • diffusione di sistemi di misurazione oggettiva delle capacità individuali.

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Compito del management è decidere a che livello spingere e formalizzare la valutazione delle competenze del personale: se limitarla ad un’autovalutazione, se utilizzarla per colloqui di inserimento o per valutazioni sistematiche, magari legate agli incentivi individuali. Per qualsiasi azienda, grande o piccola che sia, a fronte dei molti costi nascosti causati da un improprio utilizzo degli strumenti informatici esistono, quindi, notevoli opportunità di recupero di efficienza investendo sulla formazione

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del proprio personale con metodologie e soluzioni, che ottimizzano il processo di formazione e di misurazione dei risultati, e garantiscono il conseguimento degli obiettivi prefissati. Marco Mazzucco Partner WS WebScience S.r.l. via Bernina 41 20158 Milano www.webscience.it


Privacy: istruzioni per l’uso

Conoscere i propri clienti, attivi o potenziali che siano, è una necessità per qualsiasi azienda che operi in un mercato competitivo. La conoscenza del cliente è, infatti, alla base di quasi tutte le strategie di impresa, dallo sviluppo di nuovi prodotti alla progettazione di offerte commerciali, dalla definizione di piani di marketing alla scelta dei canali distributivi. Sia in ambito B2B, sia, e soprattutto, in quello B2C, il lavoro di identificazione, segmentazione e profilazione dei target diviene sempre più complesso man mano che aumenta il numero di parametri presi in considerazione per conoscere meglio a chi l’azienda sta parlando, o, vorrebbe parlare. Si profilano i target sulla base dell’età, del reddito, del titolo scolastico. Ma anche in funzione delle abitudini di acquisto, della composizione del nucleo familiare, degli hobby e degli sport praticati, del possesso di automobili, cellulari o computer: la varietà di informazioni utili è praticamente infinita. La loro raccolta, archivia-

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I consumatori sono sempre più attenti al modo e alle finalità per le quali sono raccolti e trattati i loro dati personali. Rispettare la privacy è un dovere severamente regolamentato dalla legge, ma, anche un’opportunità per le aziende per migliorare la propria immagine. Ma come conciliare, quindi, la necessità di conoscere i propri clienti con questi vincoli?

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zione e categorizzazione si scontra però, con intensità crescente in questi ultimi anni, con la difesa della sfera individuale delle persone e delle imprese. Quello alla riservatezza, infatti, è un diritto inalienabile di ogni soggetto fisico e giuridico. È per questo che il legislatore ha ritenuto opportuno disciplinare questa materia con la Legge sulla Privacy: il Decreto Legislativo del 30 giugno 2003, n. 196, entrato in vigore il 1° gennaio 2004. Il decreto accoglie in sé anche la Legge 675 del 1996 e i successivi decreti, ordinamenti e codici deontologici, oltre alla direttiva comunitaria in materia di riservatezza dei dati.

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I diritti protetti dalla legge Ma come si può contemperare il diritto alla privacy con le esigenze di raccogliere informazioni sui consumatori? In primo luogo occorre fare chiarezza sul significato di alcuni termini. Quando si parla di dati personali si intendono informazioni riferite a individui identificabili, la cui identità è o può divenire nota: le generalità, la fotografia, il numero telefonico o di fax, l’indirizzo fisico o informatico, la qualifica, il numero di codice fiscale o di partita Iva, ed altri dati similari. Sono invece detti dati sensibili le informazioni inerenti l’origine razziale o etnica, il credo religioso o filosofico, le opinioni politiche, le condizioni di salute fisiche o mentali, le preferenze sessuali, l’adesione a sindacati o associazioni, e così via. Il Decreto prevede che il soggetto, al momento della raccolta dei dati personali, sia chiaramente informato sulle finalità del trattamento dei propri dati, l’identità dei soggetti che potrebbero venirne a conoscenza, l’identità del titolare, del responsabile e degli incaricati del trattamento, cioè, ri-

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spettivamente, dell’identità di chi detiene i dati e ne ha stabilito le finalità e le modalità di gestione, di chi è preposto al loro trattamento e di chi è destinato a farne uso. Quest’ultima informazione è di grande importanza per superare la ritrosia dei singoli a comunicare a terzi dati e notizie che li riguardano. Ogni individuo ha in tutti i casi il diritto di ottenere l’aggiornamento, la rettifica e la cancellazione dei propri dati utilizzati a fini pubblicitari, di ricerca di mercato, di vendita diretta, e quant’altro. La responsabilità del trattamento dei dati personali Una volta raccolto il dato nelle forme e con le modalità consentite dal disposto legislativo, per l’azienda, o per chi è da essa incaricato della costruzione della base dati, inizia un’altra fase, non meno critica, in quanto anch’essa strettamente disciplinata dalla legge, e per la quale l’azienda ha una responsabilità diretta, rispondendo in prima persona per le infrazioni alle norma e per la divulgazione non autorizzata delle informazioni in suo possesso. Allo scopo di evitare utilizzi illeciti, l’azienda è pertanto tenuta ad attivare procedure standard che, nel rispetto di quanto prescritto nella legge, garantiscono la protezione dei dati raccolti. Il Decreto, infatti, prevede che tutti coloro, persone fisiche o aziende, che, per la loro mansione, trattano dati personali, sono obbligati ad adottare le misure di sicurezza preventive, volte a minimizzare le probabilità di perdita di dati, a inibire l’accesso a soggetti non autorizzati, nonché a bloccare ogni utilizzo estraneo alle finalità prestabilite. Tali misure, che in caso di strumenti non elettronici si limitano sostanzialmente alla designazione scritta degli incaricati del

trattamento e delle procedure per la custodia dei documenti in archivio, diventano un po’ più complesse in caso di utilizzo di strumenti digitali. Chi accede al trattamento deve superare due controlli di verifica, che prevedono, tra l’altro, la combinazione di una user-id associata ad una parola chiave e di una password di almeno otto caratteri, da cambiare ogni sei mesi. Anche gli strumenti elettronici a protezione dei dati devono essere aggiornati semestralmente; una volta all’anno deve essere effettuata una verifica preventiva, e, settimanalmente occorre provvedere al salvataggio dei dati. Devono, infine, essere messe in atto tutte le misure volte ad assicurare che, durante il trattamento, lo strumento elettronico non si trovi mai incustodito. Questi elementi di attenzione divengono più stringenti, quando si parla di dati sensibili, per loro natura più delicati e riservati. Nel caso non vi sia ausilio di mezzi elettronici, oltre alle misure già indicate per i dati personali comuni, è necessario che l’accesso agli archivi contenenti i dati sensibili sia mantenuto sotto controllo e che le persone ammesse dopo l’orario di chiusura siano identificare e registrate. Se si ricorre all’utilizzo di mezzi elettronici, le misure minime da adottare, oltre a quelle già stabilite per i dati personali comuni, prevedono che la parola chiave sia cambiata ogni tre mesi e che annualmente sia redatto un Documento Programmatico sulla Sicurezza, contenente informazioni quali l’elenco dei trattamenti di dati attuati, la distribuzione dei compiti e delle responsabilità, l’analisi dei rischi a cui i dati sono potenzialmente sottoposti, le misure adottate a riguardo, i criteri di ripristino della disponibilità dei dati, la pianificazione di momenti formativi e la


disamina dei trattamenti affidati a soggetti esterni. Lavorare con il dato sensibile La gestione dei dati necessita, da parte del soggetto, di un consenso che, nel caso di dati sensibili, deve essere obbligatoriamente scritto. Per i dati comuni è invece ammesso il consenso mediante Opt-In, in cui l’interessato autorizza l’utilizzo dei dati con modalità chiare - e consultabili in caso di contestazioni - al momento stesso

in cui lo rilascia. Per essere valido, il consenso deve essere richiesto dall’azienda prima della raccolta dei dati e dopo aver fornito all’interessato ogni informazione utile in merito al loro utilizzo e trattamento, comprese le conseguenze di un eventuale rifiuto. La procedura di Opt-In non è tuttavia esente da problematiche, specie per il cosiddetto Single Opt-In, in cui il consenso è rilasciato al momento dell’inserimento dei dati all’interno di un modulo. Quando ciò è effettua-

to on-line non è possibile verificare la veridicità né l’esattezza dei dati immessi, e soprattutto se chi digita è davvero il titolare, ad esempio, dell’indirizzo mail immesso. A ciò pone rimedio il Double Opt-In in cui all’inserimento iniziale dei dati segue l’invio di una mail contenente un link da cliccare per confermare la volontà dell’interessato. Se questa conferma non arriva nei tempi previsti, generalmente entro 48 ore, le informazioni relative a quel soggetto sono cancellate.

Non si parla con gli sconosciuti Non dar retta alle persone che non conosci – è la tradizionale raccomandazione che ogni mamma fa ai suoi figli. Ma ha una sua validità anche quando si parla di ottenere informazioni. Se la raccolta di dati personali e comportamentali dei consumatori da parte delle aziende è ormai una prassi consolidata, l’adesione ed il consenso al trattamento dei propri dati è tutt’altro che scontata e varia in funzione di una serie di parametri: le modalità di raccolta, la tipologia di messaggio che accompagna l’attività di raccolta, il target di riferimento, le motivazioni e l’eventuale incentivo riservato agli aderenti. Oltre a ciò, risultano sempre più determinanti l’identità e l’immagine dell’azienda che promuove la raccolta di informazioni. Una società che vanta un vissuto positivo nella percezione dei consumatori e degli utenti vede raddoppiare le probabilità che gli intervistati le rilascino i propri dati personali. È quanto emerge da una recente ricerca quantitativa commissionata da Assocomunicazione ad Astra Ricerche e realizzata per mezzo di 2030 interviste face to face a un campione rappresentativo della popolazione italiana. L’indagine ha focalizzato l’attenzione sulla propensione degli italiani a fornire informazioni personali alle aziende, attraverso gli strumenti del marketing relazionale: direct marketing, promotion e digital marketing. I risultati hanno dimostrato che, mediamente, il 68-69% degli intervistati è disposto a dare informazioni circa il titolo di studio conseguito e la propria professione ed il 67% è disponibile a rilasciare commenti e giudizi su prodotti e servizi. Tendenzialmente, decresce, invece, il numero di individui disposti a comunicare dati personali come le proprie generalità (61,7%), l’età (66,6%), l’indirizzo (59%). A questo riguardo è, però, interessante analizzare il dato parziale: ad una qualsiasi azienda solo il 17,7% e il 19,4% renderebbe, rispettivamente, note le proprie generalità ed il proprio indirizzo di abitazione o di ufficio, ma ben il 44% ed il 48,6% sarebbe disponibile a farlo nei confronti di società considerate meritevoli di fiducia. L’indagine evidenzia, inoltre, che una percentuale, variabile tra il 42,7%, il 45,4% ed il 49,6%, si dichiara contrario a rilasciare, rispettivamente, il proprio recapito telefonico, l’e-mail e il numero di cellulare, contro il 47,7%, 25,5% e 39,7% che si manifesta disponibile a rendere note tali informazioni. Di questi ultimi, però, il 38,4%, il 20,9% ed il 34,1% si lascerebbero convincere dall’identità dell’azienda titolare della raccolta e del trattamento dati, garante di riservatezza e correttezza. Infine, il dato che mediamente gli italiani sono più restii a dichiarare è quello relativo al proprio reddito mensile: il 66,7% degli intervistati non è propenso in alcun caso a renderlo noto.

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\ Fare Impresa

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In ogni caso, anche in presenza di consenso esplicito, i dati rimangono di esclusiva proprietà dell’interessato. L’azienda che li ha archiviati ha solo il diritto di utilizzarli limitatamente ai fini dichiarati al momento della raccolta. Né solleva da questi obblighi di diligenza il fatto che un’azienda non gestisca direttamente la raccolta, ma acquisti liste, recapiti e informazioni all’esterno: è comunque suo compito verificare che i dati siano stati raccolti secondo legge e dispongano ciascuno del relativo consenso al trattamento.

Foto: © Corbis

I processi operativi aziendali necessari per poter lavorare con dati personali, prevedono innanzitutto che ogni singolo incaricato possa accedere solo ai dati relativi alle proprie specifiche mansioni. I responsabili del personale, pertanto, ogni volta che è assunto un nuovo soggetto, devono determinare i suoi ambiti di trattamento e comunicarli subito all’amministratore di sistema che autorizza e mantiene monitorati gli accessi. È fatto obbligo alle aziende anche

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\ Fare Impresa

di provvedere alla formazione del personale preposto al trattamento dei dati, in materia di privacy. Il titolare del data base deve proteggere i dati anche dalla semplice lettura da parte di terzi, in quanto chi legge un’informazione potrebbe farne un uso scorretto. Per questo motivo, l’azienda è tenuta a stringere accordi di riservatezza anche con il personale che, come gli addetti alla manutenzione di hardware o software o come i responsabili delle pulizie, possano venire a contatto con le informazioni sottoposte alla legge sulla privacy. Un altro aspetto che merita menzione è il caso di società collegate a realtà internazionali extracomunitarie: in questi casi il trasferimento dei dati ha conseguenze giuridiche, pertanto è necessario fare ricorso ad idonei contratti di trasmissione transfrontaliera dei dati. Sebbene in diversa misura, sia i titolari, sia i responsabili di mansioni gestionali, sia gli incaricati che trat-

tano materialmente i dati hanno specifiche responsabilità. Inutile dire che la maggior parte di queste grava sui primi. Le sanzioni a fronte di eventuali inadempienze sono di vario tipo, sia di carattere amministrativo, sia penale e civile. Privacy & Corporate Image La tutela della privacy e la gestione e protezione dei dati sensibili contribuiscono in maniera significativa all’immagine dell’azienda, in quanto il concetto di riservatezza è ormai percepito come un valore prioritario da tutti i cittadini. Una recente ricerca Unisys, la Unisys Trusted Enterprise Index, condotta in collaborazione con il Ponemon Institute, istituto specializzato in ricerche sulla privacy, evidenzia l’aumento della consapevolezza da parte delle aziende dell’importanza di questi temi, ma, contemporaneamente, rimarca l’esistenza di alcune lacune. Sebbene crescano gli investimenti finalizzati a misure di sicurezza, quasi un terzo degli intervistati considera non ancora ottimali le capacità di gestione dei dati sensibili. E’, quindi, indispensabile investire in modo adeguato perché, se è vero che la solidità finanziaria, la protezione della proprietà intellettuale e le pratiche di marketing responsabile sono riconosciute tra gli elementi che più contribuiscono alla creazione dell’immagine dell’azienda presso i consumatori, è altrettanto vero che le carenze nella tutela della privacy e nella gestione dei dati compromettono la fiducia nei suoi confronti, con evidenti ripercussioni sull’immagine e sul business


Alla moda serve una guida.

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\ Settori

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Abbigliamento: la crisi è alle spalle?

\ Settori

Il settore è in netta ripresa e conferma anche nel 2006 la sua forte vocazione verso i mercati internazionali. Dopo la recessione degli anni 2002 – 2005 le imprese dell’abbigliamento stanno attuando, infatti, politiche di investimento e di aggregazione che ne rilanciano la competitività internazionale

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\ Settori


L’industria italiana della moda in cifre

Foto: © Corbis

Il settore dell’abbigliamento realizza il 58% del fatturato (tessile, vestiario, pelle, pelletteria, calzature in milioni di €) complessivo del comparto tes2006 2007 2004 2005 (provvisorio) (provvisorio) sile- abbigliamento il cui giro d’affari nel 2005 è stato di cirFatturato totale delle imprese 66.067 63.754 67.580 69.945 ca 52 miliardi di euro. CaratteVariazione % -2,9% -3,5% +6,0% +3,5% rizzato da un’alta incidenza di mano d’opera, l’industria delExport 39.053 39.055 40.575 41.823 l’abbigliamento è costituita da Variazione % +0,3% +0,0% +3,9% +3,1% oltre 45 mila imprese nelle quali Import 20.565 22.066 24.714 26.938 sono impiegati quasi 341 mila addetti. Ciascuna impresa ocVariazione % +2,4% +7,3% +12,0% +9,0% cupa mediamente 7,5 addetti, Saldo con l’estero 18.488 16.989 15.861 17.885 contro la media di 8,5 del comparto, e realizza un fatturato di Fonte: SMI-ATI 1,15 milioni di euro, a fonte degli 0,85 milioni medi del comparA partire dal 2002 lo sviluppo dei L’export to, a conferma del maggior valore canali commerciali, i processi di L’industria del tessile- moda italiaaggiunto della confezione rispetto integrazione verticale e, più in gena è uno dei settori maggiormente alla produzione di filati e tessuti. nerale, i mutamenti strutturali inorientati all’esportazione dell’intetervenuti sul mercato mondiale, ra struttura produttiva del nostro La filiera del hanno favorito una crescita delPaese. Nel 2005 oltre il 50% del tessile - abbigliamento l’abbigliamento che ha raggiunto fatturato complessivo è stato reaUn’ulteriore conferma del maggior il 57,9% dell’intero giro d’affari del lizzato dall’export. L’Italia ha acpeso della confezione rispetto ai comparto tessile-abbigliamento. quisito un ruolo di primo piano nel settori a valle della filiera, la filatura Conseguenza anche della fase mercato globale del settore: nel e la tessitura, viene dall’analisi dei congiunturale negativa che ha ca2004, a livello mondiale, il 7,6% relativi andamenti. Fino al 2001, ratterizzato il quadriennio 2002dell’export tessile ed il 7,2% di infatti, il giro d’affari di entrambi i 2005, che ha visto le vendite del quello dell’abbigliamento-moda settori era sostanzialmente stabitessile ridursi ad un ritmo superioprovenivano dal nostro Paese. La le, con il 47% realizzato dal tessile re al 6% annuo, mentre quelle delquota dell’Italia nell’export mone il 53% dall’abbigliamento-moda. l’abbigliamento del 2% annuo. diale fra il 2000 ed il 2004, inoltre, pur in arretramento rispetto ai picchi raggiunti negli anni ’90, è leggermente aumentata, sia in ambito tessile (0,5 pun(milioni di € correnti) ti) sia in abbigliamento-moda (0,3 punti). Nella UE l’Italia 2002 2003 2004 2005 rappresenta, infine, il Paese Fatturato 4.206 4.136 4.094 4.110 con i maggiori volumi in ambito Variazione % -1,7 -1,0 0,4 tessile- moda: oltre un quarto Valore della produzione 3.845 3.742 3.663 3.448 del fatturato UE, il 36,3% delle Variazione % -2,7 -2,1 -5,9 imprese ed il 23,6% degli addetti comunitari fanno capo al Esportazioni 2.423 2.357 2.349 2.502 Made in Italy. Variazione % -2,7 -0,3 6,5 Malgrado questa posizione Importazioni 1.571 1.521 1.584 1.751 di tutto rilievo, il saldo positivo Variazione % -3,2 4,1 10,5 della bilancia dei pagamenSaldo commerciale 852 836 765 751 ti del settore tende a ridursi a Consumi nazionali 5.367 5.280 5.327 5.375 causa non tanto della contrazione delle esportazioni, che Variazione % -1,6 0,9 0,9

L’industria italiana del vestiario esterno maschile (2002-2005)

Fonte: Stime SMI-ATI su dati ISTAT e Sita Ricerca

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L’industria italiana del vestiario esterno femminile (2002-2005) (milioni di € correnti)

2002 Fatturato

6.295 Variazione %

Valore della produzione

5.926 Variazione %

Esportazioni

3.534 Variazione %

Importazioni

1.119 Variazione %

2003

2004

2005

5.832

5.896

5.979

-7,4

1,1

1,4

5.494

5.395

5.181

-7,3

-1,8

-4,0

3.329

3.361

3.597

-5,8

0,9

7,0

1.275

1.306

1.510

13,9

2,4

15,6

Saldo commerciale

2.415

2.055

2.055

2.087

Consumi nazionali

6.209

6.044

6.145

6.228

-2,7

1,7

1,3

Variazione % Fonte: SMI-ATI su dati ISTAT e Sita Ricerca

anzi crescono per tutte le tipologie di prodotto, con l’eccezione dell’abbigliamento in maglia, quanto dell’aumento dell’import che mostra tassi di incremento quattro volte superiori a quelli dell’export in particolare nei prodotti di fascia più bassa. I consumi interni Il settore si articola in tre macroaree, uomo, donna e bambino/junior. L’abbigliamento maschile ha chiuso il 2005, ultimo anno di cui si hanno a disposizione i consuntivi, con un modesto aumento a valore (+0,9%), in presenza di un lieve cedimento, dell’ordine dell’1%, nei volumi. Al suo interno cresce il peso dell’abbigliamento informale, che rappresenta il 52,3% dei consumi in valore e il 68% dei capi acquistati. Giacconi e pantaloni, compresi jeans, sono risultati in testa alla classifica degli articoli di vestiario preferiti. In calo, invece, l’abbigliamento classico maschile, che costituisce il 42% dei consumi totali a valore e il 27% di quelli a quantità. Unica, parziale eccezione: le giacche, le cui vendite si mantengono stabili. Una

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probabile maggiore attenzione al prezzo da parte dei consumatori, durante la stagione autunno/inverno 2005/2006, ha inoltre concorso a contenere la dinamica dei prezzi, la cui crescita si è mantenuta al di sotto dell’1%. Leggermente superiore la crescita (+1,4%) dell’abbigliamento femminile che ha ottenuto, per il secondo anno consecutivo, risultati superiori a quelli che hanno caratterizzato il tessile- moda nel suo insieme. Con circa 6 miliardi di euro di ricavi, pari a circa il 32% del fatturato complessivo dell’industria dell’abbigliamento e all’11,5% del giro d’affari complessivo del tessile- moda, l’abbigliamento femminile si conferma uno degli elementi portanti del comparto nazionale. Di segno ancora negativo, invece, il bilancio produttivo (-4%) in un comparto che, rispetto al 2002, ha visto ridursi la produzione del 12,5%. E’, infatti, evidente in questo settore la tendenza delle imprese a spostare la produzione verso le fasce alte del mercato, puntando ad aumentare il prezzo medio di vendita a scapito dei volumi. Anche nella don-

na sono i capi classici a soffrire la maggiore contrazione nelle vendite, mentre guadagna spazio il casual/sportswear. Situazione, quest’ultima, analoga a quella che si ritrova nell’abbigliamento junior, che ha chiuso il 2005 con un fatturato stabile (+0,1%), poco al di sotto della soglia dei 2,5 miliardi di euro. Le imprese di questo settore si caratterizzano per la loro capacità di innovare e per la loro specializzazione, in conseguenza della quale si registra una graduale tendenza a ridurre le fasce d’età coperte dall’abbigliamento junior: le imprese si rivolgono a bambini, ambosessi, di età non superiore agli 11/12 anni. Al di sopra di questo limite la clientela junior si indirizza verso l’abbigliamento per teen-ager. Il 2006 in ripresa Archiviato il 2005 sulla base di una sostanziale tenuta, i dati provvisori relativi al 2006 mostrano, soprattutto nel secondo semestre, segnali di netta ripresa. I dati resi noti dalla Camera Nazionale della Moda, infatti, sebbene relativi al comparto allargato (che include anche tessile, pelle, pelletteria e calzature), mostrano per il 2006 una crescita stimata nel 6% e una previsione per l’anno in corso del + 3,5%. Secondo le analisi della Camera della Moda è stata la generale ripresa nella fiducia delle famiglie ad innestare da giugno/ luglio la dinamica favorevole nei consumi. Le ricadute positive in termini di fatturato, specialmente sull’industria dell’abbigliamento, sono state molto rapide, tant’è che i mesi finali del 2006 hanno visto tassi di crescita a due cifre del giro d’af-


Le griffe Made in Italy tornano a splendere Buoni i bilanci del primo semestre 2006 delle griffe italiane della moda e del lusso. Considerando le prime 20 aziende per fatturato, i risultati delle nostre imprese, con una crescita del 15% del fatturato, sono migliori di quelle estere (+12,8%). E’ quanto emerge da un’analisi sulle informazioni preliminari di bilancio, realizzata su dati resi pubblici dal quotidiano La Repubblica nell’inserto Affari & Finanza. Bulgari ha registrato nel primo semestre un fatturato, a cambi comparabili, di 447,8 milioni in rialzo del 15% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Ancora più sostenuto il progresso nei profitti netti, che hanno raggiunto quota 44,4 milioni di euro, con un aumento del 53,3%. Tod’s, il gruppo di Diego Della Valle, ha raggiunto ricavi per 273,3 milioni (+15,4%). Hugo Boss ha trainato i conti di Valentino, che ha archiviato sei mesi in forte crescita sia sul fronte del fatturato sia su quello degli utili. Tra gennaio e giugno i ricavi consolidati sono cresciuti del 13,8% sullo stesso periodo dell’anno precedente, salendo a 925 milioni di euro. Un andamento ancora più sostenuto è stato registrato negli utili netti, che hanno evidenziato una crescita del 31% rispetto ai 46,3 milioni. Marzotto, per fine anno, stima un incremento della redditività rispetto al 2005 anche se nei primi sei mesi dell’anno l’obiettivo non era stato ancora raggiunto. In compenso, il fatturato netto ha evidenziato un aumento del 5,4% pari a 154,8 milioni, mentre l’utile operativo è quasi raddoppiato a quota a 8,6 milioni. E ancora, Mariella Burani ha segnato un risultato ante imposte di 64,1 milioni. In forte rialzo anche i profitti operativi saliti a 75,2 milioni dai 15,2 milioni del primo semestre 2005 per effetto principalmente dei proventi dell’Ipo di Antichi Pellettieri. I conti di IT Holding sono tornati in nero. A fronte di una perdita per 11 milioni di euro registrata nei primi sei mesi dell’anno scorso, i primi sei mesi del 2006 hanno visto un ritorno all’utile per 1 milione di euro. Un risultato ottenuto anche grazie all’andamento brillante delle vendite (+16% a 367 milioni) che, a loro volta, hanno beneficiato dei buoni risultati del marchio Ferrè e degli accessori.

fari. Più lenta, invece, la risalita di questo trend lungo l’intera filiera, anche se gradualmente i comparti della filatura e della tessitura ne stanno positivamente risentendo. Dinamiche e criticità del settore Nonostante il quadro complessivamente positivo dell’ultimo anno, l’industria dell’abbigliamento risente ancora della forte recessione, iniziata nella seconda metà del 2001, che ha prodotto pesanti conseguenze su aziende e addetti. Fra il 2001 ed il 2005, il tessile- moda italiano ha visto scomparire oltre 12 mila aziende, per complessivi 85 mila addetti. Il comparto tessile ha perso il 19% dei propri addetti, mentre l’abbigliamento ha subito la maggiore emorragia di imprese, che sono calate del 17,3%. Il processo di ristrutturazione del com-

parto ha subito un’evidente accelerazione negli anni 2004-05, in concomitanza con la fase di massima recessione. Circa la metà degli esuberi e il 62% delle aziende

cessate nell’intero quinquennio si sono concentrati, infatti, nel biennio 2004-2005. Lasciatisi alle spalle questa fase negativa, l’industria dell’abbiglia-

L’industria italiana dell’abbigliamento Junior (2002-2005) (milioni di € correnti) 2002 Fatturato

2.495 Variazione %

Valore della produzione

2.039 Variazione %

Esportazioni

584 Variazione %

Importazioni

848 Variazione %

2003

2004

2005

2.538

2.489

2.492

1,7

-1,9

0,1

2.075

2.009

1.968

1,7

-3,2

-2,0

586

600

608

0,3

2,4

1,4

830

954

1.030

-2,1

15,0

8,0

Saldo commerciale

-264

-244

-354

-422

Consumi nazionali

4.413

4.450

4.549

4.662

0,8

2,2

2,5

Variazione % Fonte: Stime SMI-ATI su dati ISTAT e Sita Ricerca

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Andamento % dei prodotti del comparto tessile- moda 2005 su 2004 mento mostra ora la decisa intenzione di sfruttare appieno la dinamica favorevole in atto per affrontare con rinnovata energia un mercato ormai globale. Un primo segnale in questo senso arriva dalla crescita degli investimenti. Un’indagine realizzata dal Centro Studi SMI-ATI su un campione di 167 aziende, che sviluppano un fatturato complessivo di 4,7 miliardi di euro, pari quindi al 9% delle vendite settoriali, evidenza un’incidenza dell’ordine del 4% degli investimenti sul fatturato. Tra le aree di investimento con i maggiori incrementi vi sono l’innovazione tecnologica (+28,4%) e il rafforzamento della rete commerciale/ distributiva (+29,2%). Anche l’attività di rinnovo degli impianti ha mostrato una decisa accelerazione (+19,7%) e superiore al 10% è risultato l’incremento delle risorse destinate alla ricerca di base e alla registrazione di brevetti e marchi.

Fonte: SMI-ATI

Foto: © Corbis

Un’ulteriore area sotto esame da parte del settore è frammentazione della struttura produttiva, frammentazione che costituisce un’area critica per il sistema delle imprese. Accordi di commercializzazione e raggruppamenti di impresa non formalizzati sono le modalità adottate per superare, in modo particolare, i limiti connessi alle ridotte dimensioni aziendali, che condizionano la capacità di sostenere gli investimenti necessari per crescere in competitività e di operare con efficacia sui mercati esteri

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L’industria orafa, un’eccellenza del Made in Italy

Foto: © Corbis

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Un giro d’affari di sei miliardi di euro. Al primo posto in Europa e al terzo nel mondo nella trasformazione dell’oro. Al primo posto nel mercato mondiale della gioielleria. Al quarto posto, per attivo, nella bilancia commerciale italiana. Bastano questi pochi dati per evidenziare l’importanza del comparto orafo nel nostro Paese. Un comparto che, nonostante la crescente concorrenza dei paesi emergenti, è un’eccellenza del Made in Italy sui mercati internazionali

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La dinamica del comparto Il sistema produttivo del comparto orafo è composto da circa 10.000 imprese, prevalentemente di piccole dimensioni - 342 imprese industriali e 9.690 imprese artigianali secondo i dati ICE/ISTATorganizzate in pochi distretti industriali. L’industria orafa, essendo il nostro Paese privo di materie prime, è sostanzialmente un’industria di trasformazione, che importa dall’estero la quasi totalità dei materiali da lavorare ed esporta la maggior parte della sua produzione. Il primato del comparto orafo italiano si riassume in poche ma significative cifre: in Italia si trasforma il 69% dell’oro fino lavorato in Europa e il 16% di tutto quello trasformato nel mondo, per 25 milioni di pezzi di oreficeria e gioielleria. Caratteristica di questo comparto è la concentrazione geografica: in sole tre regioni, Piemonte, Toscana e Veneto, hanno sede il 73% delle unità produttive, l’88% degli occupati e si genera l’87% dell’export. Proprio in Piemonte, in Veneto e in Toscana si trovano, infatti, i tre

Il comparto in cifre (milioni di €) 2003

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\ Settori

2005

Produzione

5.500

5.850

6.000

Esportazioni

3.855

3.916

3.991

Importazioni

788

905

984

2.433

2.839

2.993

Mercato interno apparente

Fonte: elaborazioni su dati delle Associazioni di Categoria, ISTAT, ISAE

macro-distretti industriali di Valenza Po, Vicenza e Arezzo, ai quali si aggiungono le aggregazioni geografiche di Milano e di Napoli, con Marcianise in primo piano. Il distretto di Valenza Po, secondo il rapporto pubblicato dall’Istat nel 2005, conta 1.350 aziende orafe e 8.000 occupati per un giro d’affari di circa 1,4 miliardi di euro, di cui un quarto destinato all’esportazione. Sostanzialmente equivalente a quello di Valenza Po, il numero di imprese del distretto vicentino, con un numero di occupati leggermente maggiore, circa 9.000, e un fatturato oscillante sugli 1,8 miliardi di euro. Arezzo conta, invece, 1400 imprese e 10.000 occupati, per un fattu-

Quote di esportazione per distretti “allargati” (Primo semestre 2006) In % sul totale

Fonte: elaborazione ASI su dati ISTAT

2004

rato di 2,4 miliardi di euro. Di minori dimensioni il distretto di Marcianise-Torre del Greco, detto anche Tarì: 130.000 metri quadrati di superficie tra Napoli e Salerno, 350 imprese e 2.500 occupati. La produzione Il comparto ha avuto negli ultimi anni un andamento contrastato. Tra il 1980 ed il 2000, la produzione orafa si è più che quadruplicata sino a raggiungere i 7,5 miliardi di euro nel 2000. Nei tre anni successivi si è assistito a significative contrazioni nella produzione, - 6,1% nel 2001, - 8% nel 2002, - 17,1% nel 2003, cui ha fatto seguito una lenta ripresa sino ai 6 miliardi di euro del 2005. Ripresa che è stata sostenuta per circa due terzi dalle esportazioni. Nel 2005 sono state, infatti, trasformate quasi 500 tonnellate di oro. I dati disponibili relativi all’argento si fermano al 2004: 1200 le tonnellate lavorate, un quantitativo sufficiente a mantenere l’Italia, anche in quest’ambito, al vertice nella classifica mondiale. Tra le ragioni che spiegano il successo dell’oreficeria Made in Italy, oltre alla tradizione plurisecolare che risale al mondo etrusco-romano e agli artigiani della Serenissima, vi è la necessità di servire un mercato interno particolarmente raffinato ed esigente. Non a caso,


infatti, agli Italiani spetta il primato mondiale degli acquisti pro-capite di gioielli. Per rispondere a questa domanda, le imprese italiane sono all’avanguardia sia per qualità e design del prodotto, sia per innovazione tecnologica nei processi produttivi. Il mercato interno Nel 2005 i consumi interni di prodotti di gioielleria e affini hanno raggiunto i 3 miliardi di euro, soddisfatti per poco meno di un terzo dalle importazioni, con un incremento di circa 500 milioni di euro rispetto al 2003. Un segnale importante di ripresa che si scontra tuttavia con alcuni trend che frenano le abitudini e le motivazioni di acquisto di gioielli da parte degli italiani: un diverso mix nei consumi, dovuto all’affermarsi di prodotti e servizi nuovi, come i viaggi, i prodotti a tecnologia digitale, la telefonia mobile, cui si accompagna una generalizzata penalizzazione dei consumi considerati più voluttuari. Tra questi ultimi si collocano anche le spese per l’acquisto di gioielli di fascia e prezzo medio, mentre non ne risentono quelli di alto valore che vengono considerati una componente del patrimonio familiare o i cui acquisti sono effettuati da fasce sociali sulle quali il rallentamento dell’economia degli ultimi anni ha avuto effetti limitati o nulli. Un altro fattore che incide in modo tangibile sugli acquisti di prodotti orafi tradizionali è la concorrenza crescente della bigiotteria fashion di lusso, in via di graduale diffusione anche grazie alla notorietà delle griffe che la propongono. L’export Analizzando i dati relativi all’import-export dell’ultimo triennio appare evidente che il trend delle

esportazioni, pur mantenendosi positivo, si va stabilizzando su tassi di crescita ridotti. Anche il 2006, iniziatosi sotto auspici molto promettenti, con l’andare dei mesi ha evidenziato una tendenza al rallentamento: dal +25,8% del primo trimestre, al +14,1% dei primi cinque mesi dell’anno sino al 4,85% a fine ottobre. La crescente perdita di slancio che le vendite all’estero di oreficeria hanno presentato dalla primavera in poi, ha portato il comparto, secondo le stime effettuate da ASI, ad allinearsi alla dinamica complessiva delle esportazioni italiane. Inoltre, nonostante la crescita degli ultimi due anni, l’export è ancora inferiore di circa un quarto rispetto ai livelli massimi raggiunti nel 2000 e le prospettive del mercato internazionale non paiono essere particolarmente brillanti. Secondo le rilevazioni del World Gold Council, infatti, i consumi di oreficeria nel mondo hanno se-

gnato nel primo semestre del 2006 un netto calo in quantità. Il secondo trimestre del 2006, in particolare, ha fatto registrare una perdita del 24% rispetto al corrispondente trimestre dell’anno precedente. In una situazione nella quale la diminuzione dei consumi è generalizzata, nel trimestre in oggetto, contrazioni particolarmente negative si sono avute in Asia, India e Hong Kong, e in Medio Oriente, Emirati Arabi, Arabia Saudita e Turchia. Questa situazione spiega la sostanziale tenuta dell’export italiano, che trova i suoi maggiori mercati di sbocco in Gran Bretagna, Francia e soprattutto negli Stati Uniti. Guardando infine alla struttura produttiva interna, si rileva che i poli produttivi di Vicenza e di Arezzo, rispettivamente con il 35,9% ed il 30,8% sul totale, rimangono in testa alla graduatoria dell’export. A questi segue Valenza Po con il 13,7%.

Esportazioni di oreficeria e argenteria principali 10 Paesi di destinazione (primi 6 mesi in milioni di €) 2005

2006

Variazione % 2006/05

In % sul totale

Stati Uniti

413,88

413,71

0,0

19,6

Emirati Arabi

201,99

209,00

3,5

9,9

Svizzera

179,05

199,32

11,3

9,5

Francia

114,63

148,33

29,4

7,0

Hong Kong

92,33

90,63

-1,8

4,3

Regno Unito

75,19

90,30

20,1

4,3

Spagna

73,12

81,53

11,5

3,9

Cina

58,19

76,60

31,6

3,6

Turchia

57,32

70,67

23,3

3,4

Germania

58,88

53,61

-9,0

2,5

Altri paesi

609,46

672,43

10,3

32

1.934,04

2.106,13

8,9

100,0

Paesi

Totale

Fonte: Banca dati Fiera di Vicenza; elaborazioni su dati ISTAT

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\ Settori

65


Principali canali di acquisto di oreficeria in Italia

(in % sul totale) primo sem.

Oreficeria Negozio bigiotteria Centro commerciale Vendita porta a porta Grandi magazzini Mercati Laboratori Altri Totale Fonte: elaborazione Databank su dati Nielsen

66

\ Settori

gli atout vincenti dell’oreficeria italiana nel mondo, insieme all’agilità e alla flessibilità tipica di un tessuto produttivo fatto di piccole e medie imprese, capaci di adattarsi con rapidità al mutamento del gusto e della domanda. Nonostante questi vantaggi competitivi, il sistema orafo mostra anche un volto preoccupato, conscio dei pericoli che minacciano le sue posizioni storicamente acquisite. Dal confronto dei risultati italiani con quelli dei maggiori concorrenti mondiali, ad esempio, si rileva che l’industria italiana non è stata in grado di sfruttare appieno la ri2006 presa avvenuta negli anni scorsi sui mercati internazionali. Le motivazioni sono sostanzialmente 70 due. Da un lato, la cresci12 ta della domanda è avve7 nuta in aree, soprattutto extra europee, dove le 3 imprese italiane sono 3 meno presenti. Dall’altro la struttura dell’offer1 ta italiana vede prevale1 re prodotti, come quelli a costo contenuto, nei qua3 li è maggiore la pressio100 ne competitiva dei Paesi

Foto: © Corbis

Vantaggi competitivi e criticità Il design e la capacità creativa degli artigiani sono i fattori competitivi su cui punta la nostra industria orafa. Infatti, non esistendo un fattore di vantaggio o di competitività basato sul prezzo originario della materia prima, la competitività del prodotto italiano si fonda unicamente sul valore aggiunto della manifattura. Qualità dei gioielli, design esclusivo, innovazione di prodotto e di processo rimangono

emergenti e dove è quindi più difficile reggere la guerra del prezzo con i nuovi produttori. Vi sono anche condizionamenti esterni al comparto da non sottovalutare. Secondo la Federorafi, (www.federorafi.it) l’organizzazione di categoria aderente a Confindustria, alla produzione italiana è di fatto precluso l’accesso a mercati che rappresentano oltre il 60% del consumo mondiale, a causa della presenza di dazi e di altre barriere all’ingresso non tariffarie. Questi vincoli rendono sempre meno concorrenziale il prodotto Made in Italy, che è soggetto a forme di concorrenza asimmetrica. Sempre secondo Federorafi per superare questa impasse, oltre a riequilibrare le condizioni di mercato su una base di reciprocità tra i vari Paesi, è necessario un impegno per la promozione e la difesa dei marchi e della denominazione di origine, in modo da contrastare il fenomeno del falso Made in Italy che, specie sui mercati asiatici, erode quote di mercato alle industrie italiane


Il successo di una squadra è tutto nella formazione.

Investire nella formazione è importante. Tutto quello che un leader di mercato come SEAT Pagine Gialle ha impiegato nel formare le proprie persone è oggi disponibile anche per voi. Seat Corporate University: la scuola di SEAT Pagine Gialle che mette 80 anni di esperienza e competenza al servizio della Piccola e Media Impresa.

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Seat Corporate University 67 \ Settori


Il contributo della comunicazione d’impresa al successo di vendita \ Formazione

Comunicare è una necessità per tutte le imprese e per gli operatori economici. Ma comunicare in modo efficace, soprattutto in presenza di risorse scarse, è un processo complesso e richiede, quanto meno, conoscenze di base. Il corso di formazione di Seat Corporate university ha lo scopo di contribuire alla formazione di chi in azienda ha la responsabilità della comunicazione

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\ Formazione Seat Corporate University


Foto: © Corbis

Se si dovesse scegliere un tema riguardante un’impresa, su cui tutti potrebbero dire qualcosa, chi più, chi meno, questo tema sarebbe senz’altro la comunicazione d’impresa. Un po’ perché è di per sé un argomento stimolante, un po’ perché tutti siamo stuzzicati quotidianamente da messaggi pubblicitari e non passa ora del giorno senza che qualcuno tenti di comunicarci qualcosa attraverso i più svariati media. Tanti, tutti, infatti, parlano di comunicazione d’impresa ma pochi sanno veramente di cosa si sta parlando. Il corso di formazione di Seat Corporate University ha l’ambizione di colmare questo gap. E’ rivolto ai responsabili delle piccole e medie imprese che spesso hanno a disposizione risorse limitate e che devono, quindi, investire puntando ad ottenere il massimo ritorno dall’investimento. Il corso parte dalla definizione della strategia di marketing, ovvero da quali sono i clienti con cui un’impresa vuole fare affari, quale valore si vuole offrire, come, dove quando, cosa si chiede in cambio e con chi si pensa di essere in competizione. Il risultato della strategia di marketing è il posizionamento, vale a dire, come si è percepiti e riconosciuti dai clienti. Il collante tra la strategia di marketing e il posizionamento è dato dalla comunicazione. Un posizionamento debole o confuso può derivare o da una strategia di marketing non appropriata al prodotto, oppure da una comunicazione che fa poca presa. Molte imprese investono in comunicazione per incrementare la propria notorietà, per far sapere che ci siamo anche noi in modo da entrare nella rosa dei fornitori presi in considerazione dal clien-

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te. Ma questo è un obiettivo di minima. Aziende più ambiziose usano la comunicazione non solo per farsi conoscere, ma anche per influenzare i processi d’acquisto dei clienti stimolandoli a farsi scegliere. Per farlo evidenziano i propri

punti di forza e scelgono i mezzi e i messaggi più opportuni per accompagnare il cliente lungo tutto il percorso d’acquisto. Per alcune imprese, la comunicazione può addirittura diventare la fonte principale del valore offerto al clien-

Il programma del corso Il presidio del territorio

• Cosa possono fare i mezzi locali • A cosa stare attenti per ottimizzare gli investimenti • Qual è il livello di delega giusto nelle scelte locali Il presidio del canale • Accenni al Category Management e all’ECR ( Efficient Customer Response) Il piano di comunicazione • Quali priorità • Quale concentrazione di sforzi • Quale impatto temporale • Quali meccanismi di controllo Cosa può fare la comunicazione: il ruolo della comunicazione aziendale nel business • Cosa scambiano i consumatori/clienti all’azienda • Cosa occorre conoscere della teoria della comunicazione per fare le cose giuste Cosa si può comunicare e come • Quali forme sono più adeguate a seconda della posizione di mercato e delle situazioni temporanee: una mappa dei mezzi Le due forme più diffuse di comunicazione aziendale • I vantaggi ed i vincoli dell’advertising • I vantaggi ed i vincoli della promotion COSTO: 400 EURO PIÙ IVA 20% SEDI : MILANO E ROMA DURATA DEL CORSO : 2 GIORNI (8 ORE A GIORNATA 09,00-18,00) CODICE CORSO: SCU–01 Scuola di Comunicazione d’Impresa di SEAT Pagine Gialle, Seat Corporate University si propone ai clienti SEAT come scuola di eccellenza nella formazione del personale nelle aree delle tecniche di vendita e della consulenza della comunicazione di marketing e pubblicitaria Per informazioni Fax: 011 435 2607 E- mail: corporate.university@seat.it www.seat.it/seatcorporateuniversity

\ Formazione

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te, ma in questo caso si entra nel mondo della marca e della griffe dove i benefici funzionali diventano un prerequisito e i benefici simbolici ed emozionali sono l’essenza dell’offerta. Per passare da una comunica-

zione-notorietà alla creazione di una marca, la strada, sulla carta, è semplice. Ma è difficile e, a volte, rischioso percorrerla. Si parte dall’individuazione del proprio target per definire cosa si vuole ottenere (la risposta) per

poi delineare il cosa si vuole comunicare (tenendo conto di cosa dicono anche gli altri concorrenti), a quanti si vuole comunicare (copertura), con quali mezzi (scelta non semplice perché i mezzi hanno un loro posizionamento e pos-

PMI comunicare per crescere Dopo l’incontro di Roma si è tenuto a Milano nel novembre dello scorso anno un nuovo incontro tra SEAT Pagine Gialle, rappresentata dall’Amministratore Delegato Luca Majocchi, e numerosi clienti di SEAT titolari di piccole e medie imprese, negozi ed attività professionali, sul tema “PMI comunicare per crescere”. Nel corso dell’incontro sono state presentate le modalità di comunicazione più efficaci offerte, secondo le più recenti indagini, dai mezzi SEAT, carta e internet, come strumenti di sviluppo del business con riferimento al mondo B2B.

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\ Formazione Seat Corporate University


sono stravolgere o potenziare il messaggio che veicolano), come comunicare, dove, quando e con quale frequenza. Gli errori della comunicazione Grazie all’approccio interattivo tra gli stessi partecipanti e la docenza, il corso consente di far emergere gli errori più comuni e tipici commessi nella elaborazione di una strategia di comunicazione. Tra questi: • non sempre c’è chiarezza di marketing e di quale posizionamento si intende perseguire • si considera la comunicazione una leva perlopiù per informare e non per influenzare i processi d’acquisto • la comunicazione è considerata una leva da attivare a valle quando tutto è già stato deciso: prodotto, prezzo, distribuzione • sono scelti mezzi di comunicazione non coerenti con il processo d’acquisto dei clienti • si utilizzano mezzi di comunicazione in base ad una tradizione storica o, comunque, senza una visione integrata. Il corso di Seat Corporate university Il corso si propone di individuare le azioni di comunicazione utili a dare un impulso alle vendite aziendali. Durante il seminario si passano in rassegna tutte le leve delle comunicazione (advertising, promotion, sponsorizzazioni, pubbliche relazioni, direct marketing, …). La modalità utilizzata è basata su lezioni e discussioni ed in particolare sull’analisi delle strategie di comunicazione praticate dalle aziende

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Un corso per migliorare e crescere

A colloquio con Debora Colombo, impiegata presso Kopron, che ha recentemente partecipato al corso di formazione di Seat Corporate University “Il contributo della comunicazione d’impresa al successo di vendita”. Aveva già preso parte a momenti di formazione analoghi? Si, due lo scorso anno. Come descriverebbe quest’esperienza? Interessante e formativa. Ritiene che le cose apprese possano essere utili per il suo ruolo? Certamente. E’ un arricchimento ulteriore che al momento opportuno mi aiuterà nel gestire al meglio situazioni e problematiche complesse. C’è qualcosa che ha messo in atto dopo aver partecipato al corso e ne ha verificato l’efficacia? Sono temi sicuramente importanti, ma abbastanza difficili da mettere immediatamente in pratica. Comunque la nostra azienda, che è in continua espansione, utilizzerà anche questa esperienza per migliorare e crescere insieme ai propri clienti e fornitori. Come valuta questa iniziativa di Seat Corporate University? L’organizzazione è stata efficiente e gli argomenti interessanti, e diversamente da altre iniziative, è stato, anche, piacevole il contributo attivo nella discussione dei vari partecipanti, ciascuno con le proprie esperienze e realtà lavorative.

® SpA

Attiva nel settore della carpenteria metallica da oltre 55 anni e da 25 in quello della logistica industriale, Kopron Spa è attualmente la realtà produttiva leader nel mercato italiano ed internazionale con l’offerta di un servizio completo alla sua clientela. KOPRON spa Via 1° Maggio 20064 Gorgonzola (Milano) Telefono: 02 921521 Fax: 02 92152920 Email: kopron@kopron.it www.Kopron.it

partecipanti al seminario. La modalità interattiva, per la prima volta fatta di esercitazioni e workshop, consente un approccio efficace anche per le risorse che si avvicinano per la prima volta alla materia. Per i partecipanti più esperti, il corso è un’opportunità per riflettere sulle proprie conoscenze e convinzioni che saranno messe a confronto di un approccio sistematico al mondo della comunicazione A cura di Roberto Piazza Docente Seat Corporate university

\ Formazione

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I corsi di formazione di Seat Corporate University per i Clienti SEAT Il contributo della comunicazione d’impresa al successo di vendita

Il corso si propone di individuare le azioni di comunicazione utili a dare un impulso alle vendite aziendali. Si tratterà: la pubblicità e le promozioni, i basic di una campagna di comunicazione, le due forme più diffuse di comunicazione aziendale e l’eccellenza nella comunicazione. La modalità interattiva, per la prima volta fatta di esercitazioni e workshop, consente un approccio efficace anche per le risorse che si avvicinano alla materia. Costo: 400 € + IVA 20% Sede: Milano e Roma

Durata: 2 giorni (9.00-18.00) Codice Corso: SCU–01

Da supporto ad assistente: un nuovo ruolo per le risorse della segreteria

Il corso, attraverso un’analisi dei modelli di comportamento efficaci in rapporto al ruolo, intende sviluppare un atteggiamento positivo di calma e di empatia in funzione antistress e antifrustrazione, che consenta di mantenere elevata l’immagine di sè stessi dell’azienda anche nei momenti di difficoltà. Instaurare una comunicazione efficace e assertiva migliorando i rapporti fra pubblico-colleghi-superiori e riconoscere i fattori condizionanti e gli ostacoli del processo comunicativo verbale e non verbale. Costo: 270 € + IVA 20% Sede: Milano e Roma

Durata: 1 giorno (9.00-17.00) Codice Corso: SCU–03

Parlare in pubblico

Il corso è strutturato per trasferire ai partecipanti contributi mirati in termini di efficacia nel comunicare e presentarsi in pubblico. Tale capacità è infatti da coltivare e allenare perchè fattore critico di successo sia professionale, sia personale. Attraverso l’impostazione teorica, la sperimentazione, le riprese con la videocamera, il feed back, l’analisi dei punti forti e delle aree di miglioramento, i partecipanti verranno orientati verso un modo di parlare in pubblico (contatti con clienti, fornitori, riunioni, presentazioni, ecc.) più consapevole, più efficace, in grado di catturare e mantenere l’attenzione degli interlocutori, generando un ascolto empatico. Costo: 550 € + IVA 20% Sede: Milano e Roma

Durata: 2 giorni (9.00-17.00) Codice Corso: SCU–04

Negoziazione efficace

La capacità di interagire efficacemente, orientati sia ai risultati, sia al mantenimento positivo della relazione con l’altra parte, è una abilità relazionale che “fa la differenza” nei diversi ambiti professionali, nel rapporto con le figure esterne, clienti e fornitori, o interne, fra colleghi, fra capi e collaboratori, nei gruppi di progetto, ecc. Il corso ha l’obiettivo di aumentare nei partecipanti la consapevolezza del proprio stile negoziale, di approfondire gli elementi che concorrono ad una negoziazione efficace e di allenare, attraverso esercitazioni e simulazioni, ad una comunicazione assertiva che, a differenza di quella “aggressiva” e “passiva”, risulta coerente con un esito del negoziato positivo per entrambe le parti, in un’ottica di continuità e sostenibilità nel tempo. Costo: 550 € + IVA 20% Sede: Milano e Roma

Durata: 2 giorni (9.00-18.00) Codice Corso: SCU–06

I corsi possono essere tenuti anche in sedi diverse da quelle sopra indicate in funzione delle esigenze della clientela previo raggiungimento del numero minimo di partecipanti stabilito per ciascun corso di formazione. Seat Corporate University è inoltre in grado di strutturare interventi su misura e mirati secondo le necessità dei clienti.

Per informazioni sull’iscrizione ai corsi contattare: fax: 011 435.2607 e-mail: corporate.university@seat.it www.seat.it/seatcorporateuniversity

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Scheda d’iscrizione ai corsi di Seat Corporate University per i Clienti SEAT Titolo del corso:…...........…………………………………………………….………………………………………………….. Data Edizione: .....…………….… Sede: ............…………………………………………………..…….…….….…….……. N° di Iscrizioni: ...…...........………..........………Costo Complessivo: ..........…………………….…….…….…............ Nome e Cognome del/dei Partecipante/i:…………...............................................……………………………………… ………..…………………………………………………………………………………………………………………................. .......………………………………………………...........................…………………………………………………..………… ………………………......................…………………………………......................…………………………………............. Funzione aziendale:…………………............………………………………………………………………………………….. Fatturare a:…...........…....…………………………………………………………………………………………………........... Ragione Sociale:.......…........…………………………………………………………………………………………......……... Indirizzo:…….......….……………………………………………………………………………………………………………. Città:…….....……………......……………………………………………….........CAP: .....…....… Prov: ….………………….. P. IVA o codice fiscale: ..........….......…………………………………………………………………………………………. Per informazioni:…....….......…………………………………………………………………………………………………… Tel:…………………………............…………………………….......Fax: ..……………………………………………………… E-mail:……....…….......………………………………………………………………………………………………………. Data e Firma …….........……………………………………………………………

inviare la scheda al seguente indirizzo: Seat Corporate University - Via Saffi, 18 - 10138 - Torino o via fax al numero 011 435 2607

Modalità di iscrizione L’iscrizione si intende perfezionata al momento del ricevimento della presente scheda di iscrizione regolarmente compilata e sottoscritta in ogni sua parte, che dovrà pervenire almeno 30 giorni prima della data del corso. Inviare a: Seat Corporate University, via Aurelio Saffi 18, 10138 Torino, o anche via fax allo 011.435.2607 Condizioni di pagamento I pagamenti dovranno pervenire entro 15 giorni dalla data di inizio del corso in un’unica soluzione tramite bonifico bancario, a favore del seguente c/c intestato a Seat Pagine Gialle S.p.A: Beneficiario: Seat Pagine Gialle S.p.A Banca di Roma - Capitalia Via Alfieri, 8/10 10121 - Torino ABI: 03002 - CAB: 01015 - C/C: 65505657 - CIN: L Nella causale del bonifico che perverrà, è indispensabile che risulti ben visibile che si tratti di un versamento a favore di Seat Corporate University. Disdette Le iscrizioni possono essere annullate fino a 10 giorni prima della data di inizio del corso. In caso di mancata o tardiva disdetta la Seat Corporate University fatturerà l’intera quota. Annullamento del corso Seat Corporate University si riserva la possibilità di annullare o rinviare il corso nel caso in cui non si sia raggiunto il numero minimo di partecipanti stabilito in 5 unità entro 7 giorni dalla data di inizio del corso. Ogni variazione sarà tempestivamente segnalata alle aziende partecipanti e le eventuali quote già versate saranno rimborsate. Informativa Privacy Ai sensi dell’art. 13 del D.lgs 196/203, Vi informiamo che i dati sopraindicati, conferiti volontariamente nel comporre la presente iscrizione, verranno trattati in forma elettronica e nel rispetto della normativa citata dal titolare del trattamento Seat Corporate University s.c.a.r.l., per le finalità sotto indicate. I dati acquisiti tramite il presente modulo sono raccolti per le finalità connesse allo svolgimento del corso e trattati da persone incaricate del trattamento. I suddetti dati potranno essere utilizzati anche per informarVi dei nostri futuri eventi se esprimerete il Vostro consenso barrando l’apposita casella. Vi informiamo, inoltre che potete esercitare i diritti di cui agli art. 7 e seguenti del Codice in materia di protezione dei dati personali. Per esercitare tali diritti potrete rivolgerVi mediante comunicazione scritta a Seat Corporate University via Saffi 18 10138 Torino. Diamo il nostro consenso al trattamento dei dati conferiti per finalità informative sui Vostri futuri eventi Sì

No

Data e Firma …………………………………………………………………

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Nuova sede torinese per SEAT Pagine Gialle Presentato a Torino il progetto di nuova sede unica per la Società editrice multimediale delle PagineGialle In continuità con i profondi cambiamenti che in questi anni hanno caratterizzato SEAT Pagine Gialle, è stata scelta un nuova sede per l’azienda torinese. La nuova ubicazione si trova all’interno dell’area “Spina 3”, la più imponente opera di riqualificazione della vecchia zona industriale della città realizzata da Snos, società nata dalla collaborazione tra Finpiemonte e Impresa Rosso. Comune, Regione e Provincia hanno accolto con entusiasmo la scelta dell’azienda di riunire tutte le sedi di Torino in un unico grande complesso dotato di un centro di ricerca sull’evoluzione di internet. Il progetto, che si realizzerà nel 2008, è stato presentato alla conferenza stampa che si è svolta il 21 febbraio nel cantiere alla presenza del sindaco Sergio Chiamparino, di Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte, e Antonio Saitta, presidente della Provincia di Torino. Per la Snos ha partecipato l’amministratore delegato Alessandro Cocirio. “SEAT è un esempio di moderna “società della conoscenza”, nella quale le competenze e la creatività delle persone sono gli elementi centrali per competere ed offrire ai propri clienti servizi sempre più evoluti -dice Luca Majocchi, AD SEAT Pagine Gialle- “e Torino, essa stessa “città della conoscenza”, è il naturale e dinamico contenitore di questo processo che nella nostra azienda è da oltre 80 anni in continuo divenire”.

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L’Associazione Italiana Celiachia e 89.24.24 Pronto PagineGialle a servizio dei celiaci È attivo, grazie ad una partnership con l’Associazione Italiana Celiachia (AIC), il servizio dell’89.24.24 Pronto PagineGialle per offrire tutte le informazioni sui locali e i ristoranti monitorati che servono anche menù senza glutine in tutta Italia. Si tratta di oltre 1000 operatori a disposizione dei 60 mila celiaci presenti in Italia: agriturismo, alberghi, bar tavola calda, bed and breakfast, enoteche, gelaterie, osterie, paninoteche, pizzerie, pub, ristoranti, catering, trattorie e villaggi turistici in tutto il territorio nazionale. Con una semplice chiamata all’89.24.24 Pronto PagineGialle è possibile richiedere all’assistente personale tutte le indicazioni sui locali più vicini con menù senza glutine, complete di tutte le informazioni aggiuntive offerte dal servizio 89.24.24 Pronto PagineGialle: verifica del giorno di chiusura, indirizzo, numero di telefono, prezzo indicativo e, nel caso di strutture alberghiere, il numero di stelle e la disponibilità. Un sms con il numero e l’indirizzo richiesti ricorderà il luogo scelto ma sarà anche possibile farsi porre direttamente in contatto con la struttura dagli assistenti personali. “Questo accordo che AIC ha raggiunto con 89.24.24 Pronto PagineGialle - ha dichiarato Adriano Pucci, Presidente dell’Associazione Italiana Celiachia - rappresenta un ulteriore traguardo nell’ottica di facilitare e migliorare la qualità della vita dei celiaci per la quale AIC è impegnata dal 1979”.

Nasce il portale VISUAL UMBRIA

Il primo portale regionale dedicato al turismo e alla cultura che sfrutta l’innovativa piattaforma di PagineGialle Visual. SEAT Pagine Gialle, leader europeo nell’editoria telefonica multimediale, lancia in occasione di BIT 2007, in collaborazione con la Regione Umbria il primo portale Visual Umbria. L’iniziativa nasce dall’accordo tra SEAT Pagine Gialle e la Regione Umbria per la creazione di un portale regionale che consentirà di visualizzare tutti i contenuti che riguardano le informazioni di carattere turistico e culturale in modo georeferenziato, avvalendosi delle ortofoto satellitari dell’innovativa piattaforma tecnologica di PagineGialle Visual. Grazie all’integrazione tra il database del Sistema Informativo Regionale Turismo Ambiente Cultura (SIR TAC) della Regione Umbria e quello di SEAT Pagine Gialle, che vanta oltre 307 milioni di visite annuali sulle sue directories, sarà possibile ricercare facilmente (tramite icone, categorie, schede a fumetto, etc) tutte le categorie relative a: mangiare, dormire, musei, punti di interesse turistici (monumenti, ostelli, siti archeologici, ville storiche), svago (discoteche, pub, birrerie, locali notturni, sale giochi), impianti sportivi, uffici turistici e trasporti. Non mancherà anche un’importante sezione dedicata agli eventi, alle manifestazioni, agli spettacoli in corso. Il portale si rivolge ad un ampio pubblico: quello degli utenti istituzionali (Servizi Regionali e Turistici Associati, APT), degli operatori turistici (come le strutture ricettive…) e degli utenti finali (cittadini, turisti).

n°7 \ marzo - aprile 2007

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Con Voi

N°7\ marzo - aprile 2007

Nasce la partnership tra CNR e SEAT Pagine Gialle per lo sviluppo del progetto Virtual Rome Parte il più ambizioso progetto di ricostruzione in 3D della Roma Imperiale, realizzata grazie ai più recenti strumenti tecnologici a disposizione del Virtual Heritage Lab del Consiglio Nazionale delle Ricerche, alla nuovissima piattaforma web multimediale PagineGialle Visual di SEAT Pagine Gialle e alle ortofoto aeree e satellitari ad altissima risoluzione di Telespazio. L’iniziativa si fonda sull’acquisizione dei dati cartografici attuali utilizzando immagini aeree ortofotografiche, immagini satellitari e di Digital Elevation Model - DEM forniti da Telespazio, una società Finmeccanica/Alcatel - e sull’acquisizione e georeferenziazione di dati per la ricomposizione del paesaggio antico. Attraverso questa base informativa di riferimento per la descrizione e la visualizzazione del territorio, si procederà alla ricostruzione e modellazione tridimensionale dei principali monumenti delle aree della Via Appia e della Via Flaminia antica relative all’area di pertinenza dei Fori Imperiali. Si partirà con la modellazione tridimensionale del terreno e con la realizzazione degli edifici relativi alle aree archeologiche previste, completati con modelli 3D generati o forniti da SEAT Pagine Gialle. Il DEM sarà inoltre utilizzato per massimizzare la percezione realistica degli ambienti della Roma antica, ricostruendo l’ecosistema di età romana con un apposito software (3dGIS). Grazie alla straordinaria e innovativa piattaforma web di PagineGialle Visual (www.visual.paginegialle.it), sarà quindi possibile letteralmente passeggiare nella Roma antica, visitando i monumenti più famosi attraverso filmati, panorami virtuali tridimensionali e metadati. Maurizio Forte, Direttore Virtual Heritage Lab del CNR ha dichiarato che “il nuovo portale CNR- SEAT sarà il primo al mondo in grado di presentare il paesaggio archeologico in tre dimensioni, esplorabile nella sua evoluzione diacronica con un’elevatissima qualità scientifica e culturale dei dati”.

Pubblicato a Torino nel mese di febbraio 2007 Periodico bimestrale edito da SEAT Pagine Gialle Sede legale Milano, via Grosio 10/8 Sede secondaria Torino,via Aurelio Saffi18 infomagazine@seatconvoi.it www.convoimagazineseat.it www.seatconvoi.it Registrazione presso il Tribunale di Torino in data 27 febbraio 2006, numero 5946 Direttore Responsabile Roberto Franchini Responsabile Progetti Editoriali di SEAT Pagine Gialle Radames Trotta Coordinamento Editoriale Giancarlo Beck Giovanna Coggiola Giuseppe Fernicola Paolo Giuri Piero Sassi Realizzazione Editoriale QB Creative Solutions Milano, via Bronzino 41 Progetto Grafico WebScience s.r.l. Milano, via Bernina 41 Fotografie Corbis Italia s.r.l. Milano, via Lombardini 13 Stampa Stamperia Artistica Nazionale. S.p.A. Torino, Corso Siracusa 37 Pubblicità su Con Voi e copie arretrate Inviare una mail a infomagazine@seatconvoi.it consultare i siti www.convoimagazineseat.it www.seatconvoi.it o telefonare allo 011 4352140

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Si ringraziano l’Università Bocconi Editore, La Repubblica, Il Sole 24 Ore, Roberto Piazza e Marco Mazzucco di WebScience per i contributi forniti in questo numero


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