Secolo d'Italia - 28 ottobre 2014

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MATTEOLI: «SMASCHEREREMO IL BLUFF DI RENZI. LA LEOPOLDA? UNO SHOW»

ANNO LXII N.249

Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76

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Annamaria Gravino La Leopolda? Altero Matteoli non ha dubbi: «La solita sceneggiata di Matteo Renzi. Ormai l’uomo ritiene di non avere avversari né all’interno del suo partito né negli altri partiti e va avanti con questa autocelebrazione quotidiana. I problemi del Paese, però, non li risolve». Senatore, quindi anche lei, come Silvio Berlusconi, ritiene che il premier sia un bluff?

Sì. Quando uno ha tutti i media dalla sua parte, ha una maggioranza in Parlamento che nessuno ha mai avuto, neanche Berlusconi nel 2008, ma non risolve un problema che sia uno, è un bluff. E anche tutta questa sicurezza che ostenta… è vero che è un’area minoritaria, ma c’è un pezzo del suo partito che minaccia di andarsene e poi ci sono stati i sindacati in piazza e lui non ha nemmeno

martedì 28/10/2014

per tornare al voto?

No, a questo non credo. Lui ha un’ampia maggioranza. Alla Camera è amplissima, al Senato con le diaspore si è rafforzata, non so se andando a votare potrebbe avere la stessa maggioranza. Per questo non credo che lui voglia andare alle urne.

preso contezza di cosa abbia signifi- sonaggio particolare, tutto quello che dice e che fa lo fa con gli stessi toni cato. che ha usato alla Leopolda nei conProprio alla luce della Leopolda, fronti degli oppositori interni. In Italia, diversi osservatori e anche alcuni in Europa, sulla scena internazionale esponenti della minoranza Pd ri- quelli sono i suoi toni. Per un altro tengono che Renzi auspichi la politico direi che, sì, vuole la scisscissione. Lei lo ritiene possibile? sione. Per lui dico che bisogna considerare l’uomo. Ragionando con una logica politica, dovrei dire di sì. Però bisogna tenere E crede alla tesi secondo cui il conto del fatto che Renzi è un per- premier cercherebbe l’incidente

Quindi, dietro certe “spigolosità” vi sarebbe solo un fatto caratteriale? È un giovane, che si è trovato a guidare il Paese senza essere eletto. Ritiene che tutto gli sia dovuto.

In questo atteggiamento non pesa la sensazione di non avere avversari, come diceva prima?

Pesa, certo. Ma se Forza Italia, fatta salva la collaborazione sulle riforme, prende con decisione il mestiere dell’opposizione le cose possono cambiare.

Il manifesto “lepenista” di Alemanno: 25 idee per rilanciare l’Italia

Redazione «Utilizzeremo questo Manifesto come base per ricostruire il tavolo programmatico del centrodestra e per rilanciare l’opposizione al governo Renzi». Così Gianni Alemanno, membro dell’ufficio di presidenza di Fratelli d’Italia – Alleanza nazionale, nel suo intervento di chiusura del Convegno di Prima l’Italia #rottamiamoRenzi concluso domenica a Orvieto. «Al termine della nostra “Leopolda” di Orvieto – ha spiegato Alemanno – abbiamo lanciato quello che potremmo definire il manifesto del lepenismo per la destra italiana».

Sfida al politicamente corretto Nel “Manifesto della rivoluzione italiana contro la crisi e il declino” «c’è una sfida profonda al politicamente corretto che sta soffocando la politica e la società italiana». «Il Front National - ha detto l’ex sindaco di Roma – è stato a lungo demonizzato in tutta Europa, anche dopo l’avvento di Marine Le Pen, e solo dopo il clamoroso ri-

sultato delle ultime elezioni europee ci si è accorti che si trattava di un movimento in crescita dirompente, in grado di aggregare a destra come a sinistra. Oggi Marine Le Pen prepara un’altra svolta, per certi versi simile a quella che si realizzò a Fiuggi con la nascita di An, anche perché può realmente diventare la prima donna Presidente della Repubblica francese. Del lepenismo riprendiamo i temi della difesa dell’interesse nazionale contro l’immigrazione di massa e contro i vincoli dell’euro e del commercio globale». Le quattro aree di intervento Nel Manifesto, un documento di 28 cartelle che si sviluppa in quattro paragrafi, articolati in 25 punti questi temi sono legati a quelli più tipicamente italiani. Tra le priorità espresse da Alemanno, al primo punto c’è l’uscita dall’euro. Questi i quattro paragrafi attorno ai quali ruotano i 25 punti. Primo: l’interesse nazionale è il vero motore dello sviluppo. Secondo: Un forte Stato-nazione per tagliare le tasse e

rilanciare gli investimenti pubblici. Terzo: l’impresa come comunità che crea lavoro, qualità e innovazione. Quarto: la crescita sociale ed economica parte dalle famiglie e dalla natalità. Per un’alternativa di governo «Vogliamo la rinascita di un forte Stato-nazione – ha spiegato Alemanno – contro l’eccesso di federalismo e di potere burocratico ed economico delle lobbies e dei poteri forti, che consenta di tagliare gli sprechi della spesa pubblica e di utilizzare il patrimonio demaniale per ridurre il debito

pubblico». Quindi l’esponente di FdI ha ricordato tra le urgenze, la necessità di «liberare la piccola e media impresa da ogni oppressione giudiziaria, fiscale e burocratica, riducendo le tasse, combattendo il potere delle banche e chiudendo Equitalia». Infine, «crediamo nella famiglia e nella sussidiarietà per vincere la sfida demografica e rigenerare la solidarietà sociale dell’Italia. Solo una destra fortemente radicata nei valori dell’identità e dell’interesse nazionale può creare un’alternativa di governo in grado di portare l’Italia fuori dalla crisi».


Ecco le 5 “bischerate” dette da Renzi alla Leopolda. Rischio scissione nel Pd Secolo

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Luca Maurelli Il finale di ieri è stato tragicomico, con Matteo Renzi che attaccava i “gufi” nel garage della Leopolda di Firenze e il gufo Fassina che dallo zoo di Roma paventava una scissione del partito mentre sullo sfondo dell’inquadratura una giraffa si aggirava in un gabbia. Una fattoria, il Pd di oggi, più che un partito politico. Il bilancio per Renzi, dopo il fine settimana segnato dalla sfida tra il suo congresso fiorentino e la manifestazione di piazza della Cgil, è solo apparentemente positivo. La stragrande maggioranza del Pd s’è ritrovata sotto il palco della Leopolda a osannare il premier, con l’incubo di elezioni vicine e una poltrona da rimediare; la minoranza ha fatto un salto dalla Cgil per manifestare solidarietà ai lavoratori; qualcun altro, come il capogruppo alla Camera, Roberto Speranza, si è nascosto in una località segreta col suo ex pigmalione Bersani. Effetti collaterali di un fine settimana che ci ha regalato liti tra donne (Bindi-Derracchiani), minacce di scissione (Fassina) e leccate di Leopolda a tutto spiano. Il Pd, oggi, è un partito con le ossa rotte. Matteo, invece, è più forte,

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troduce in aula, che ancora fa battute da Fabio Fazio, che ancora promette dispetti alla Merkel, nel frattempo in un ospizio bavarese a bere birra e fare rutti. Uno scenario apocalittico, ma la vera domanda è: con quali voti Renzi intende governare fino al 2023? Sempre con quelli di Bersani?

nonostante le “bischerate” dette dal palco, almeno cinque, niente male.

1 – «Tranquilli, farà il premier fino al 2023» Stuzzicato da Fabio Volo, il premier, noto modestone dal profilo basso e sensibile ai richiami all’umiltà di Sant’Agostino, alla domanda su quanto intendesse governare, ha risposto: «Al massimo faccio due mandati. Massimo 2023». Il che significa almeno altri nove anni, vuol dire che a nostra figlia che ha due anni dobbiamo spiegare che quando sarà in terza elementare rischia di dover cantare le canzoncine a Matteo che si in-

Nozze gay, a Udine il primo “ordine” dei prefetti ai sindaci: cancellare l’atto

Redazione Il primo atto formale è arrivato: la prefettura di Udine ha chiesto al sindaco del capoluogo, Furio Honsell, di annullare d’ufficio la recente trascrizione nel registro comunale di stato civile del matrimonio contratto all’estero dalla cittadina udinese Adele Palmeri e dalla sua compagna Ingrid Owens, entrambe residenti in Belgio. La decisione è stata comunicata da Sara Rosso, presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Udine, tra i destinatari della comunicazione della Prefettura. «Dare tempestiva esecuzione al provvedimento» «Nella lettera – ha riferito Rosso – la Prefettura decreta l’annullamento d’ufficio della trascrizione effettuata dal sindaco Honsell, e ordina a questi, nella veste di ufficiale di stato civile, di dare tempestiva esecuzione al provvedimento e di comunicare a stretto giro alla Prefettura stessa l’avvenuto espletamento di tale operazione». Tra le motivazioni addotte dalla Prefettura, ha riferito Rosso citando la missiva, la considerazione che ”il matrimonio contratto all’estero tra soggetti dello stesso sesso non può essere qualificato come matrimonio per l’ordinamento italiano, mancando uno dei requisiti essenziali, cioè la diversità di sesso dei nubendi”. La presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Udine ha poi auspicato che ”il sindaco di Udine ricorra al Tar per difendere il diritto di una coppia e continui nella direzione di civiltà intrapresa con i sindaci di Pordenone e di Trieste”. Una “moda” che dilaga in tutta Italia Lo scontro tra il prefetto e il sindaco risale già a due settimane fa, quando i due se l’erano “giurata” attraverso i giornali. Ma la vicenda è destinata ad alimentare nuove polemiche in tutta Italia, visto che la “moda” della convalidazione dei matrimoni gay contratti all’estero da parte dei sindaci dilaga praticamente in tutti i comuni amministrati dal centrosinistra. Non senza ironie e commenti anche sui giornali stranieri.

2 – L’ossessione della Merkel «Io l’ho detto ad Angela, io alle Europee ho preso l’11,3, tu il 10,2, quindi l’Italia non accetta diktat dalla Germania…». Quindi che? Che c’entra il Pd con l’Italia? E soprattutto, quando vedremo finalmente in streaming queste coraggiose sfide che Renzi lancia alla cancelliera tedesca? Finora lo abbiamo visto sorridere, annuire, abbottonarsi male il cappotto. Però in privato, si fa sentire, eh… 3 – Il gettone da infilare nell’IPhone Carina la metafora dell’articolo 18 “che è come voler infilare un gettone nell’I-Phone”. Ma qualcuno spiegasse a Renzi che sono pochissimi gli italiani che si possono permettersi l’IPhone, che sanno cosa sia e che sorridono al paragone del gettone.

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Anche questo significa avere polso del Paese, anzi, orecchio.

4 – Il ragù di Migliore e la Chiesa di Romano Era difficile chiedere a un comunista che fino a ieri stava con la Fiom un gesto più umiliante di quello che ha imposto Renzo a Gennaro Migliore. Ma si sa, ogni poltrona ha un prezzo. Per l’ex Sel, il Migliore (figuriamoci gli altri), la mortificazione pubblica di dover disertare la piazza della Cgil e di farsi vedere nelle stesse ore alla Leopolda, in cambio della richiesta di ingresso nel Pd. Sul discorso del Migliore e la metafora del ragù della mamma per giustificare l’addio alla sinistra nostalgica, sorvoliamo. Anche perché dopo di lui Renzi, perfidamente, ha fatto parlare il tecnocrate liberista montiano Andrea Romano, a sua volta a caccia di un posto al sole, che ha citato Jovanotti e “la Chiesa che va da Che Guievara a Madre Teresa…”. 5 – Sciopero e posto fisso: la doccia fredda a sinistra Dopo lo scivolone del finanziariere amico di Renzi, Davide Serra, che ha cancellato 50 anni di lotte sindacali della sinistra definendo lo sciopero ormai anacronistico, ci ha pensato Renzi a demolire un’altra icona della sinsitra: «Il posto fisso non esiste più». Che è una semplice constatatazione, la scoperta dell’acqua calda. Ma in un congresso del Pd ha lo stesso impatto dell’Ice Bucket che Renzi sperimentò su se stesso.

L’86% degli italiani vuole lo stop all’invasione di immigrati

Guido Liberati La maggioranza degli italiani (56%) ritiene che gli immigrati in arrivo siano troppi e bisognerebbe rimandarne indietro molti. È quanto emerge da un sondaggio commissionato dal Corriere della Sera per Ipsos. Nell’articolo firmato da Nando Pagnoncelli, emergono altri dati significativi. Secondo l’84% degli intervistati «l’Europa ha lasciato solo il nostro Paese nel fronteggiare l’emergenza crescente degli sbarchi degli immigrati». Inoltre, «un italiano su due (esattamente il 50%) è del parere che siamo stati troppo tolleranti e avremmo dovuto respingerli» mentre solo il 42% «pensa che ci siamo comportati nel modo giusto, né troppo tolleranti né troppo rigidi». Le critiche all’eccesso di tolleranza, osserva Pagnoncelli, «prevalgono tra tutti gli elettori con l’eccezione di quelli del Pd. Ed è interessante sottolineare – osserva il sondaggista del Corsera – che tra i cattolici la percentuale di coloro che criticano la tolleranza è superiore (oltre 53%), nonostante le posizioni assunte da papa Francesco su questo tema a partire dalla simbolica visita a Lampedusa del luglio 2013».

Ius soli? Lo vuole solo il 26% degli interpellati Il sondaggio, condotto tra il 21 e il 22 ottobre, fornisce un quadro interessante anche sulla posizione degli intervistati relativamente alla cittadinanza agli immigrati. Solamente per il 26% degli interpellati «la cittadinanza va data a tutti i figli di immigrati nati in Italia». Per il 27% degli italiani la normativa va bene così e non va resa troppo facile la cittadinanza, mentre il 43% è possibilista, «ma solo a chi mostra di volersi integrare». Nuovi sbarchi? Stanno bene solo al 9% Altro dato significativo, al 56% degli italiani che ritengono gli immigrati troppi, va aggiunto un altro 30% che «pensa che il loro numero sia adeguato ma si debbano impedire nuovi arrivi». E solo «il 9% ritiene che tutto sommato gli extracomunitari siano pochi, tenuto conto del contributo che possono dare al nostro Paese in termini di natalità e di lavori umili che gli italiani preferiscono non svolgere». Tirando le somme, per l’86% degli italiani va detto basta a nuovi sbarchi.


Mps, la banca del Pd viene bocciata dall’Europa e sprofonda in Borsa Secolo

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Antonio Marras Non è bastato rendere noti i risultati degli “stress test” sulle banche europee nella giornata di domenica, a mercati chiusi. Stamane, all’apertura delle Borse, le “bocciate” sono puntualmente crollate. Tra loro, anche le due italiane, Carige, per peccati veniali, Mps per clamorose falle nei “paracadute” che dovrebbero aprirsi in caso di crisi di liquidità. Questa mattina, a Piazza Affari, le azioni delle due banche sono state sospese per eccesso di ribasso, ma nel caso dell’istituto senese il caso è anche politico, molto politico. Mps è la banca della sinistra da sempre, governata dal Pd, salvata tre anni fa dal governo Monti, tuttora legata a filo doppio al partito di Renzi. Che deve assistere all’ennesimo sbeffeggiamento dell’Italia da parte dei media stranieri, in primis il Financial Times, che fa notare come le banche italiane siano paragonabili a quelle greche e cipriote, anche se i realtà i colossi del credito non hanno avuto alcun problema a superare i test. Nove banche sul filo del rasoio Resta il “cartellino rosso” per Montepaschi, che valuta “opzioni strategiche” per tirarsi fuori dal caso,

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con 2,1 miliardi e 814 milioni rispettivamente da trovare al più presto.

ma anche Carige, mentre un po’ diverso è il caso delle popolari Milano e Vicenza, tecnicamente bocciate dalla Bce ma in regola con i criteri di Bankitalia. Ma in tutto sono nove le banche bocciate tecnicamente (sulla base dei dati statici a fine 2013) nello scenario peggiore dello stress test, che dopo il rafforzamento del capitale operato da Veneto Banca, Banco popolare, Creval, Sondrio e Bper nei primi nove mesi del 2014 si riducono a

Da Ponticelli a Pechino: un elicottero made in Italy conquista la Cina Valter Delle Donne L’azienda che non ti aspetti sorge alle porte di Napoli e nei prossimi anni potrebbe rivoluzionare il traffico aereo delle grandi città. Si chiama K4A (Knowledge for aviation) è a Ponticelli e produce elicotteri leggeri ad alta tecnologia. L’ultimo modello ha conquistato persino i cinesi, che nell’aprile scorso hanno siglato una joint venture dal valore di 32 milioni di dollari. Il progetto innovativo, realizzato da giovani ingegneri italiani, è quello di veri e propri taxi dei cieli. Innovativi elicotteri bimotore, con caratteristiche di sicurezza tali da consentime il volo su aree fino a oggi proibite ai monomotore. Un progetto ambizioso, portato avanti dalla società nata nel 2005 proprio con l’obiettivo di realizzare un’innovativa famiglia di elicotteri leggeri,

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quattro.Le popolari Milano e Vicenza, che Francoforte considera in difetto di capitale anche se con ogni probabilità si affiderà al giudizio di Bankitalia. In base al quale PopMilano si salva grazie alla rimozione dei requisiti prudenziali aggiuntivi imposti da Via Nazionale nel 2010, e la vicentina con il Cda in extremis di domenica che ha deciso di convertire un bond in capitale. Mentre non c’è appello per Montepaschi e Carige,

La banca rossa di D’Alema e “compagni” Negli anni ’90, grazie alla legge Amato, si tenta di ridurre la supremazia delle fondazioni bancarie all’interno dei CdA delle stesse, obbligandole a vendere parte delle quote detenute. L’unica banca nella quale la fondazione corrispettiva mantiene il pieno controllo con il 51% delle azioni è proprio quella di Siena, fondazione i cui vertici sono nominati da sempre dal Comune di Siena, feudo del centro-sinistra. La banca della sinistra. alla cui guida si alternano manager di diretta emanazione di Botteghe Oscure, si spinge negli anni in operazioni avventurose, fino all’acquisizione di Antonveneta, l’inchiesta per le tangenti, il suicidio dell’uomo della comunicazione, il pericolo di crack, i Monti-bond per salvare l’istituto nel quale Giuseppe Mussari, fedelissimo di D’Alema, faceva il bello e cattivo tempo, come tutto il Pd. Ieri e oggi neanche una parola da Renzi, come qualcuno ha fatto notare. Tranne i giornali a lui vicini controllati dalle banche…

capaci di unire i vantaggi della tecnologia ai concetti di sicurezza ed economicità.

Lo stabilimento di produzione sarà in Cina Gli stabilimenti di produzione sorgeranno a Jing de Zhen (nella Provincia dello Jiangxi), importante polo elicotteristico cinese. Dopo il via libera dell’Easa, agenzia per la sicurezza del volo europea, a partire dal 2016, con il certificato che abilita al volo professionale, dalla fabbrica cinese usciranno 150 elicotteri biposto all’anno per tre anni, al costo di circa 250 mila euro. Un costo irrisorio per un elicottero, se si stima che con la stessa cifra i miliardari cinesi comprano un’auto sportiva. Le prime consegne ci saranno nel 2017. «Nel segmento del

personal transportation, puntiamo a volare, oltre che in Cina, in India, Arabia e in tutto il Medio Oriente», ha detto Scalella in un’intervista ad Affari e Finanza di Repubblica. A regime, tra tre anni, l’azienda costruirà 150 elicotteri l’anno. K4A si avvale della collaborazione di 28 addetti, il 68% dei quali laureato in ingegneria e con età media inferiore ai 40 anni. E’ una vittoria della ricerca italiana L’accordo consentirà a K4A di svilup-

pare anche business paralleli, come consulenze alla regolamentazione in Cina di velivoli leggeri e ultraleggeri, scuole di volo e costruzione di piccoli aeroporti per l’aeronautica generale. «Questa joint venture – ha detto Scalella – dimostra quanto sia importante investire su ricerca e innovazione, valorizzando le risorse dei nostri territori. È quanto mai urgente porre un freno alla fuga di cervelli per non disperdere il patrimonio di competenze e talenti che l’Italia possiede».


Unioni e adozioni gay, è la Boschi a volere sempre di tutto e di più Secolo

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Girolamo Fragalà I maligni dicono che sia lei l’anima nera, quella che da dietro le quinte cerca di indirizzare il governo sul nodo delle coppie omosessuali. Fatto sta Elena Boschi cambia versione di volta in volta, quando parla delle unioni gay. Sceglie strategicamente quella più adatta al pubblico che le presta ascolto. Una furbizia.

La tattica del camaleonte In questo modo la “ministra” renziana delle Riforme cerca di evitare le polemiche, offre la sua verità a piccole dosi, non scopre le sue carte. In molti però hanno capito che è lei ad agire sott’acqua e a spingere per osare di più, molto di più. Solo una volta è andata oltre e si è lasciata sfuggire una frase: «Sulle adozioni gay io, a titolo personale, sono favorevole». E subito è stata travolta dalle polemiche. Da qui la scelta di una tattica: se parla con i laici spinge sull’acceleratore; se parla con i cattolici mette il freno. Ecco le sue performance camaleontiche: Intervista a “Vanity Fair” Il pubblico è radical chic, quindi si può azzardare. Ecco cosa dice sulle adozioni gay: «Niente in contrario in linea teorica, però credo che troppo

spesso si usi questo tema delle adozioni per far saltare il banco della discussione sulla parità dei diritti – afferma la Boschi – Io sono per un approccio più moderato, che tenga conto di tutta la complessità del mondo “arcobaleno”. Cominciamo a riconoscere la parità tra coppie gay ed etero e poi, un passo alla volta, aspettiamo che il Paese sia davvero pronto ad accogliere le “nuove” famiglie». Quindi facciamo i furbi, aspettiamo che passi la tempesta e poi imponiamo le adozioni gay, cancellando il concetto che un bambino, colpito dal dramma di essere abbandonato, debba crescere con un padre e una madre.

Intervista a “Famiglia Cristiana” Il pubblico è cattolico, quindi è meglio rallentare vistosamente dicendo no al matrimonio gay e sì alle unioni civili: «Non è un problema di matrimonio ma di riconoscimento delle unioni civili anche tra persone dello stesso sesso», dice la Boschi. «Sulle adozioni gay, poi, via libera alla cosiddetta stepchild adoption, ovvero il riconoscimento giuridico della paternità-maternità da parte del coniuge o convivente del genitore naturale del bimbo. Una cosa ben diversa, dunque, dall’adozione in senso largo.

Intervista a “Che tempo che fa” Il pubblico televisivo di Fazio è ampio, ma la maggioranza è tendenzialmente di sinistra. Allora la Boschi mette il piede sull’acceleratore: «Sui gay farei una riforma ancora più coraggiosa, sarei per un passo ulteriore rispetto all’opinione del Pd e della maggioranza. Ma la contrapposizione finora ha portato a non fare nulla, andiamo avanti sul riconoscimento delle unioni civili». Poi si vedrà. Un trucco non da poco. E lei, la ministra delle Riforme, lo conosce bene. Resta da vedere quante altre volte cambierà versione.

La Pezzopane con l’ex narcos. Una foto di “Libero” fa il giro del web Redazione Prima la foto con Clooney, poi il fidanzato “tronista” e da ultimo la prefazione a un libro di un narcotrafficante con tanto di foto ricordo in una vasca idromassaggio: la senatrice del Pd Stefania Pezzopane, che ama molto mettersi in posa, continua a far parlare di sé. Pezzopane nel suo curriculum politico ha collezionato un bel po’ di stranezze.

Il libro dell’ex narcos “Malabellavita” È salita alla ribalta delle cronache quando da presidente della Provincia dell’Aquila, nel 2009 durante il G8, giocò a farsi immortalare con Obama e altre celebrità, come George Clooney e Bill Murray. Poi attirò l’attenzione dei media per essersi fidanzata con un ex tronista. Ora ha realizzato la prefazione alla terza edizione del libro Malabellavita, firmato da Gennaro Bonifacio (45 anni). Non si tratta di un libro qualsiasi, perché Bonifacio, detto Rino, è un ex narcotrafficante accusato due volte di associazione di stampo mafioso (poi assolto). Fu tra i primi a importare l’ecstasy in Italia e ha scontato tre condanne per un totale di 18 anni di vita passati in diversi carceri. La notizia è stata diffusa da Libero online che ha anche pubblicato una foto che ritrae la senatrice pd in costume in una vasca idromassaggio, all’aperto con il giovane fidanzato Simone Coccia Colaiuta e alla sua destra giusto con Gennaro Bonifacio.

Garantista a corrente alternata Lei colta di sorpresa ha cercato di minimizzare: «Non è uno scoop». E a un sito abruzzese ha cercato di spiegare le motivazioni che l’hanno spinta a scrivere la prefazione del libro. «Quella di Rino Bonifacio – si legge – è una storia criminale, crudele che provoca rabbia e disagio nel lettore per la gravità dei fatti narrati. Ho accettato di scrivere la prefazione al libro dopo averlo letto tutto d’un fiato e dopo aver conosciuto e incontrato Rino Bonifacio». Per carità tutti possono avviare un percorso di riabilitazione e reinserirsi nella società, peccato che la Pezzopane in passato con Silvio Berlusconi abbia avuto un atteggiamento tutt’altro che garantista. È stata vicepresidente della Giunta per le immunità, quella che ha decretato la decadenza del Cavaliere dal Parlamento.

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Per un naufragio in Corea c’è la pena di morte. In Italia Schettino in cattedra

Redazione Tutti ricordiamo ancora la tragedia del traghetto Sewol. Affondò il mattino del 16 aprile 2014 e provocò la morte di trecento ragazzi, in gran parte liceali in gita scolastica. Oggi la pena di morte è stata chiesta dall’accusa al processo in Corea del Sud contro il comandante del traghetto, il capitano Lee Joon-Seok, imputato davanti al Tribunale di Gwangiu per “omicidio per negligenza aggravata“. Nel corso del processo ha detto di “meritare” la pena capitale, ma ha respinto l’accusa di aver sacrificato i passeggeri per salvarsi la vita.

Dopo il naufragio la lezione all’università La prima causa della disgrazia è stata la pericolosità della zona di mare. La seconda il comportamento certamente incauto del comandante che ha ceduto il timone al terzo ufficiale, una ragazza di 26 anni con pochissima esperienza. Come nel caso di Schettino della Costa Concordia, dopo avere aspettato oltre 40 minuti prima di capire che la nave era perduta. Ha pensato solo a se stesso, dimenticando i propri doveri. Nel suo paese però la riprovazione è stata talmente forte che non sarebbe potuto accadere quanto avvenuto da noi con la beffa di una lezione universitaria sulla gestione del panico affidata al capitano Schettino, né tantomeno al capitano coreano sarebbe potuto accadere di essere conteso in patria come guest star in party esclusivi.

Il suicidio del vicepreside Opposto, dopo la tragedia del traghetto, il comportamento del cinquantaduenne Kang Min-kyu, vicepreside del liceo Danwon frequentato dalla maggior parte delle vittime, che era sul traghetto e che si salvò, fu poi trovato morto, impiccato ad un albero. Un foglio rinvenuto tra i suoi oggetti personali diceva che aveva personalmente organizzato la gita. “Sopravvivere da solo è troppo doloroso quando ci sono più di 200 dispersi. Mi assumo tutta la responsabilità.” La nota terminava con la richiesta che il suo corpo venisse cremato e che le ceneri fossero sparse nel luogo dell’incidente. “Che io possa essere un maestro in cielo per quei bambini i cui corpi non sono stati trovati.”


Lavoro, la Meloni contro Renzi e Cgil: «Avete uno straccio di idea?» MARTEDì 28 OTTOBRE 2014

Fulvio Carro Tutti a commentare la “gloriosa” frase di Renzi («il posto fisso non c’è più»). Una sequela di commenti inutili, anche irritanti, «ha ragione», «ha torto», «non sa di che parla», «che grande scoperta», «e con questo?», «l’ha detto prima D’Alema», «no, l’hanno detto prima i riformisti democratici». Lo spot è in rete, come al solito il premier ha trovato il modo di farsi un po’ di pubblicità e attirare su di sé i riflettori, come se la questione fosse il “c’è o non c’è, sfoglia la margherita e lo saprai”. La replica di Giorgia Meloni Assurdo per chi fa sacrifici e per la gente che soffre. «Il problema – replica Giorgia Meloni – non è che in Italia non si trovi più il posto fisso: in Italia non si trova proprio più il lavoro, neanche un posto precario. Servono politiche di crescita che possano rendere utile e favorevole assumere dei lavoratori. Abbiamo grandi sfide di fronte. La prima: detassare il

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Tragedia nella Roma degli immigrati: trovati morti due bimbi e la madre

lavoro, perché in Italia un lavoratore costa a chi assume il doppio di quanto c’è in busta paga e percepisce stipendi drammaticamente bassi». Alcune proposte concrete La proposta di FdI-An, che mutua il cosiddetto Jobs Italia di Luca Ricolfi, è il “contratto di lavoro italiano”: costo totale per chi assume 1200 euro al mese, 1000 euro al mese netti in tasca al lavoratore, 200 euro in tasse. Una cosa di questo tipo sicuramente aiuterebbe ad assumere

Grillo, autogol sulla mafia: «Aveva una morale, andrebbe quotata in Borsa» Redazione «La mafia aveva una sua morale e andrebbe quotata in Borsa». Una provocazione? No, una stupidaggine. Il giorno in cui chiudono a Roma gli Stati generali dell’Antimafia e due giorni prima della deposizione del Capo dello Stato per l’inchiesta sulla trattativa Statomafia, Beppe Grillo domenica ha lanciato la sua provocazione choc da Palermo, quasi a voler sfilare la “prima pagina” alla Leopolda del premier Matteo Renzi. Ma il risultato è stato sconfortante. Lo “sfiducia day” contro Crocetta è un flop In Sicilia per lo “sfiducia day” contro il governatore Rosario Crocetta, già in bilico di suo, il leader del M5S prima ha detto che la mafia “aveva una sua morale”, ma

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“è stata corrotta dalla finanza”. Poi, ha consigliato di “quotare la mafia in Borsa” perché così ci si guadagnerebbe e sottolinea come, ora, nelle “organizzazioni criminali ci siano solo magistrati e finanzieri”. Infine ha “difeso” Riina e Bagarella: «Hanno impedito” loro di andare al Colle (per la deposizione di Napolitano ndr) ma per proteggerli: hanno già avuto il 41 bis, un Napolitano bis sarebbe stato troppo…». Tutte dichiarazioni, comprese quelle rivolte al Governatore della Sicilia (“Firmate ai banchetti per la sfiducia a questo qui e lo mandiamo via questo qui non si capisce cosa sia sotto ogni punto di vista…”) che fanno gridare allo scandalo. Anche il governatore Rosario Crocetta, oggetto della contestazione, ha avuto gioco facile nel rispondere a

nuovo personale. L’altra sfida è il tema della partecipazione dei lavoratori agli utili dell’impresa. Basta la retorica, che ho sentito anche dalla piazza dei sindacati, dello scontro tra padrone e lavoratore: è il tempo della solidarietà. Molto spesso quello che si chiama “il padrone” è disperato tanto quanto il lavoratore, se non a volte addirittura di più. Sarebbe un segnale importante prendersi per mano e dire: ce la mettiamo tutta, lo facciamo insieme e alla fine ci dividiamo gli utili e i guadagni che farà l’impresa». Grillo: «Dire che la mafia aveva valori, non uccideva i bambini e si è sporcata con gli affari è una idiozia senza precedenti». «Lo sfiducia day si è trasformato in un “vaffan…grillo”. Ieri si è visto che Grillo non ha più le folle di un tempo, la manifestazione è stata un flop. Il suo isolamento dalle ali più avanzate della società è evidente».

La condanna della vedova di Libero Grassi «Non c’è alcun pensiero dietro le frasi ad effetto di Beppe Grillo e per questo non tengo in alcuna considerazione le cose che dice, per quanto possano apparire gravi. Ritengo che il leader Cinque Stelle sia un’ invenzione mediatica». Così Pina Grassi, vedova di Libero, l’imprenditore ucciso dalla mafia nel ’91 per aver detto no agli estorsori di Cosa nostra, commenta le frasi sulla mafia pronunciate da Grillo. «Non escludo che il comico possa apparire originale e far presa su qualcuno – aggiunge – ma non certo su chi ha esperienza delle cose. Se i media smettessero di amplificare le sue sortite, non ci sarebbe più alcun fenomeno Grillo».

Franco Bianchini Davanti ai soccorritori scene terrificanti, sangue dappertutto. Corpi straziati. Bambini a cui è stata cancellata la vita in un attimo, forse un attimo di follia. Un’altra tragedia, di cui non si conoscono ancora i contorni. Una tragedia familiare, inizialmente si era pensato a omicidio e suicidio. A Roma, in un appartamento nei pressi di piazza San Giovanni, una donna non è stata trovata impiccata, come detto in un primo momento, ma ferita a morte e con il corpo riverso nella vasca da bagno. A poca distanza, nella camera accanto, c’erano i cadaveri di due bambini, i suoi figli, con ferite di arma da taglio sul corpo.

Nessuna ipotesi investigativa è esclusa Poi un altro corpicino. Stavolta il cuore batteva ancora: una bimba di circa quattro anni, con ferite inferte probabilmente con un coltello. È stata trasportata in ospedale in gravi condizioni. Le vittime sono tutte di nazionalità marocchina. Nessuna ipotesi investigativa è esclusa, compresa quella che la donna possa avere ucciso i figli in un raptus e poi si sia suicidata. Il dramma in un palazzo occupato I corpi della donna marocchina e dei due figli sono stati trovati in un palazzo occupato da circa dieci anni da famiglie di immigrati. Al piano terra dell’ edificio, la cui facciata è semicoperta da una impalcatura, si affacciano i locali del centro sociale occupato Sans Papiers. La famiglia viveva al quarto piano, secondo quanto riferito da altri occupanti che si trovano ora all’esterno dell’edificio. Tra loro sudamericani, nordafricani, immigrati dall’est Europa. Secondo la testimonianza di una donna, la famiglia, che comprende anche il marito della donna trovata impiccata, occupava l’edificio da diversi anni. Tra i migranti c’è poca voglia di parlare e tutti appaiono molto scossi da quello che è successo.


In Libano e in Afghanistan col volo di linea: l’ultima beffa per i nostri soldati 6

Secolo

d’Italia

l’anno, soldi che potrebbero essere risparmiati se si usasse esclusivamente la flotta aerea militare italiana. Secondo alcuni tecnici della Difesa, però, in questi casi si accorcerebbe la vita operativa dei velivoli, sarebbero maggiori i costi di manutenzione, e sempre di meno le disponibilità in caso di emergenze». Quindi si è scelto di far partire i militari italiani, impiegati nelle ormai famose missioni di pace, in fila agli scali aerei con uomini di affari e turisti.

Redazione In missione in Libano e in Afghanistan con le borse mimetiche e gli zaini tattici a bordo degli aerei di linea: è l’ultima follia della burocrazia italiana (in questo caso del ministero della Difesa). Con la scusa della spending review si è infatti

scelto di far viaggiare i nostri soldati con le comuni compagnie di linea con tanto di “check in” prima dell’imbarco. A denunciare il caso il quotidiano Il Messaggero. «Per il trasporto aereo delle truppe – scrive il quotidiano romano – la cifra si aggira intorno ai 14 milioni di euro

Valter Delle Donne Le elezioni brasiliane consegnano una vittoria a metà per la sinistra brasiliana: da una parte la conferma affannosa della presidente uscente, Dilma Rouseff vincitrice al ballottaggio con il 51,64 per cento sul candidato di centrodestra Aecio Neves. Dall’altra spicca il nome di un trombato eccellente come Tarso Genro, l’ex ministro della Giustizia brasiliana che si rifiutò di consegnare Cesare Battisti all’Italia, uscito sconfitto dalle elezioni come governatore dello Stato di Rio Grande do Sul. Una battuta d’arresto per la sinistra brasiliana, che sull’esempio dell’ex presidente Ignacio Lula da Silva, ha costruito da un decennio una fitta rete di clientele e di interessi che agli elettori va sempre più stretta. Ne è conferma la vittoria della Rouseff, che è stata rieletta solo al secondo turno con appena il 51,64% dei voti, pari a 54.498.042 voti. Il suo sfidante Aecio Neves ha ottenuto il 48,36%, pari a 51.040.588 preferenze. Gli aventi diritto al voto erano 142.822.046, i voti validi sono stati 105.538.630. La per-

centuale di votanti è stata del 78,9%, quella degli astenuti il 21,1%. Dilma ha vinto in 15 stati, Aecio in 12.

L’appalto con Meridiana scade nel 2014 Una situazione paradossale, che comporta imprevisti come quello capitato all’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino nei giorni scorsi. Lo sciopero della compagnia aerea Meridiana ha coinvolto anche i soldati italiani: partiti dall’aeroporto afghano di Camp Arena, hanno

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dovuto subire una serie di disguidi. Allo scalo tecnico di Abu Dabi, «il primo disservizio: l’aria condizionata del boeing è andata in tilt, circostanza che ha costretto i militari a una attesa forzata sulla pista di Al Bateen prima di salire a bordo. Solo a metà tragitto la situazione climatica si è poi sistemata». Attualmente i soldati impiegati nelle missioni all’estero sono circa seimila e di questi oltre quattromila sono impiegati tra Afghanistan e Libano. E sono questi ultimi i più penalizzati. Secondo quanto risulta al quotidiano romano, l’appalto di Meridiana con il ministero della Difesa terminerà il prossimo 31 dicembre. Quindi, «fino alla fine dell’anno i militari continueranno a volare sui jet di linea». Dalla ministra della Difesa Roberta Pinotti, finora, né un commento né tantomeno una scusa ai nostri soldati.

Brasile, “trombato” l’ex ministro che negò l’estradizione per Battisti L’ex ministro della Giustizia amico di Battisti La sorpresa più clamorosa di questa tornata elettorale, dove si è andati al ballottaggio anche per eleggere i governatori di 13 Stati della Federazione, è arrivata dal Rio Grande do Sul. Nello Stato più meridionale del Brasile, nella cui capitale, Porto Alegre, ha votato anche la presidente Rousseff, è uscito sconfitto Genro. Candidato alla rielezione per il Partito dei lavoratori della presidente, è stato sconfitto dall’outsider centrista José Ivo Sartori (Pmdb). Genro, già sindaco di Porto Alegre, tra i principali artefici del Forum dei no global che per anni ha visto riuniti esponenti della sinistra terzomondista di tutto il mondo, era stato uno dei più convinti difensori di Battisti. Condannato all’ergastolo in contumacia da un tribunale italiano per quattro omicidi compiuti negli anni ’70, Battisti fu arrestato a Rio de Janeiro nel 2007. La richiesta

di estradizione proveniente dall’Italia è stata rifiutata nel gennaio 2009 dall’allora ministro della giustizia Tarso Genro che creò un’aspra polemica fondando la sua decisione sul timore di una persecuzione di Battisti in Italia per le sue idee politiche. La Corte Suprema annullò nel novembre dello stesso anno la delibera di Genro concedendo l’estradizione condizionata però alla decisione finale del presidente Luiz Inacio Lula da Silva. Come ultimo atto, al termine del suo secondo e ultimo mandato il 31 dicembre 2010, Lula decise per il no all’estradizione, decisione ratificata con la libertà all’ex membro dei Pac (Proletari Armati per il Comunismo) concessa dal Supremo Tribunale Federale l’8 giugno 2011.

Le prime parole della presidente rieletta «Sono la vincitrice di queste elezioni storiche», ha detto la presidente rieletta, nel suo primo discorso ufficiale. Dopo una campagna elettorale caratterizzata da un duro scambio di accuse tra i due candidati, la Rousseff si è

detta «disposta al dialogo e questo sarò il mio primo impegno di questo secondo mandato: dialogare». Parole in sintonia con la telefonata di complimenti ricevuta dallo sfidante di centrodestra. «Le ho chiesto di svolgere un buon governo, che unisca il Paese con un progetto dignitoso», ha dichiarato Neves subito dopo aver ammesso la sconfitta. E proprio di «unione» ha voluto parlare anche la presidente. «Non credo che queste elezioni abbiano diviso il Paese a metà», ha esordito. «Capisco che abbiamo mobilizzato idee e emozioni a volte contraddittorie – ha proseguito Dilma -, ma mosse da un sentimento comune: cercare un futuro migliore». «Invece di ampliare divergenze – ha continuato Rousseff per ribadire il concetto – ho speranza che questa energia mobilizzatrice abbia preparato un buon terreno per la costruzione di ponti». Dopo aver più volte ringraziato «il presidente Lula» per il sostegno ricevuto, Dilma ha poi sottolineato di voler essere «una presidente ancora migliore di quello che sono stata».


«Fece cose buone»: a Monselice una piazza per Mussolini Secolo

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Anna Clemente Intitolare una piazza a Benito Mussolini, per ricordarne «le tante cose buone fatte per il popolo italiano». È la proposta dell’assessore ai Lavori pubblici di Monselice, Andrea Tasinato, che ha già individuato il luogo adatto: la nuova piazza di frazione San Bartolo, che dovrebbe essere inaugurata entro Natale. «Un Ventennio di benefici e innovazioni» Tasinato ha già predisposto tutto per arrivare preparato all’appuntamento: a ore porterà la proposta in giunta e ha già individuato l’ospite d’onore per l’eventuale “taglio del nastro” toponomastico, Alessandra Mussolini. La notizia ha avuto ampio risalto sulla stampa locale, alla quale l’intraprendente assessore ha spiegato le proprie ragioni. A il Mattino di Padova Tasinato ha ricordato che «Mussolini è stato giudicato dalla storia ed evidentemente condannato per tutte le circostanze che sono arrivate

con lo scoppio della Seconda guerra mondiale», ma ha anche aggiunto che «nel suo ventennio di governo il popolo italiano ha potuto vivere una serie di innovazioni e benefici i cui frutti sono arrivati anche ai giorni nostri». Ma piazza Mussolini deve superare il voto in giunta Dunque, «penso che sia arrivato il momento di guardare avanti», ha chiarito,

Una madre chiede di staccare la spina alla figlia e commuove il Regno Unito Redazione Non ha fatto battaglie ideologiche. Non c’è stata la grande corsa a mettersi sotto i riflettori di esponenti politici pro e contro l’eutanasia. Solo una frase, una semplice frase. La coraggiosa scelta di una madre ha commosso il Regno Unito. Dolore. Lacrime. Charlotte Fitzmaurice ha deciso di staccare la spina alla figlia dodicenne Nancy. Lo strazio di una vita senza vita Disabile dalla nascita, la bambina non poteva più vivere in quelle condizioni, cieca, sofferente di meningite e idrocefalo, incapace di mangiare da sola, parlare e camminare. L’Alta corte di Londra ha dato ragione

alla donna stabilendo così uno storico precedente. È la prima volta infatti che viene autorizzato a morire un bambino che non è malato terminale e che è in grado di respirare da solo, come per l’appunto Nancy. A convincere il giudice è stata una nota inviata dalla madre al tribunale. «Mia figlia non è più mia figlia. È ora solamente un guscio. La luce è andata via dai suoi occhi e al suo posto c’è paura e il desiderio di essere in pace». L’autorizzazione dell’Alta corte a interrompere l’assistenza della bambina era arrivata il 14 agosto scorso e Nancy era morta dopo quattordici giorni. La storia è stata descritta nei dettagli solo adesso dai media del Regno Unito.

Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale Editore SECOLO D’ITALIA SRL Fondatore Franz Turchi

spiegando di essere conscio delle critiche cui si espone, ma anticipando che «a queste posizioni nemmeno risponderò». Per ora Tasinato è riuscito nel suo intento, lasciando cadere nel vuoto critiche, attacchi e polemiche giunti dagli avversari. Ma le argomentazioni e i nervi saldi dell’assessore potrebbero non bastare: per diventare realtà, adesso, piazza Mussolini dovrà superare il voto della giunta e il parere del prefetto.

d’Italia

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