d’Italia
CENTRI SOCIALI E NO TAV IN GINOCCHIO DAL PAPA. MA NON ERANO ANTICLERICALI?
ANNO LXII N.250
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
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Anna Clemente È bastata una battuta, a papa Francesco, per sgomberare il campo da qualsiasi equivoco: «Terra, lavoro, casa. Strano, ma se parlo di questo per alcuni il Papa è comunista». Bergoglio lo ha detto incontrando i rappresentanti dei movimenti popolari provenienti da tutto il mondo, invitandoli a ribellarsi ancora contro le ingiustizie sociali.
L’invito a lottare per i diritti «Diciamo insieme con il cuore: nessuna famiglia senza tetto, nessun contadino senza terra, nessun lavoratore senza diritti, nessuna persona senza la dignità del lavoro!», ha detto il Papa, esortando i suoi “ospiti” a «continuare la propria lotta: ci fa bene a tutti». Violenti e laicisti si inchinano al Pontefice
mercoledì 29/10/2014
pesinos, coloro che portano avanti le battaglie per il riscatto sociale dei poveri d’Africa o d’Asia.
Davanti a lui c’erano molti comunisti dichiarati, come gli esponenti del Leoncavallo. C’erano quelli che si sono votati a forme di lotta violenta, come i No Tav. C’erano i centri sociali del laicismo a tutti i costi, quelli che an-
cora in queste ore chiedono la rimozione dei crocifissi e dei simboli religiosi dalle aule, per esempio, dell’università di Firenze. Ma c’erano anche alcuni che sono davvero la voce degli ultimi, come i cartoneros, i cam-
«L’amore per i poveri è al centro del Vangelo» Il successore di Pietro, fino all’altro ieri nemico pubblico numero uno di numerosi dei presenti, non ha fatto altro che ricordare che «l’amore per i poveri è al centro del Vangelo». L’incontro in Vaticano «non risponde a nessuna ideologia», ha spiegato ancora il Pontefice, chiarendo al mondo (e ai convenuti) che la ribellione contro le ingiustizie sociali è un valore universale, come universali sono i valori di quella Chiesa di cui i movimenti più radicali chiedono l’esclusione dal consesso civile in nome di una male intesa laicità.
Le tre lezioni per il centrodestra che arrivano dal voto di Reggio Calabria
Lando Chiarini Sono almeno tre i segnali lanciati dalle elezioni di Reggio Calabria, trionfalmente vinte da Giuseppe Falcomatà, 31 anni, pd e figlio d’arte (anche il padre, Italo, fu sindaco della città dello Stretto). Una vittoria sicuramente resa più agevole dalle lotte intestine alla coalizione moderata e dalla imbarazzante eredità rappresentata da un consiglio comunale a maggioranza di centrodestra sciolto per infiltrazioni mafiose. 1° – L’onda lunga renziana c’è Il primo segnale ci dice che l’onda lunga renziana c’è e non si annuncia passeggera. È un messaggio che deve comprendere soprattutto la minoranza interna del Pd che accusa il premier di voler snaturar il partito portandolo a “destra”. Il successo conseguito a Reggio è invece un altro tassello che Renzi può aggiungere alla sua strategia politica. Questo, però, deve comprenderlo anche il centrodestra perché è vero che Renzi sta sfidando i vari Cuperlo, Fassina e compagni ma solo
perché si è posto l’obiettivo di conquistare il 51 per cento sfondando elettoralmente i moderati. È già bravo di suo. Davvero non occorre che ci pensi anche il centrodestra a dargli una mano. 2° – A livello locale il M5S si sta squagliando Il secondo segnale fotografa un M5S incapace di radicarsi sul territorio. Il movimento grillino non ha raggiunto neppure il due per cento. E, si badi, in un contesto nient’affatto proibitivo se si pensa che la città ha subito uno scioglimento per condizionamenti malavitosi e che la crisi economica morde al Sud molto più che al Nord. Evidentemente, le scelte effettuate a livello locale non si sono rivelate particolare felici a conferma che una cosa è parlare, altro è agire. Se ne stanno accorgendo anche i cittadini di Parma, una delle città italiane a guida (eretica) grillina dove il sindaco Pizzarotti è finito al centro di polemiche per via di un non letto fax prefettizio di allerta contro un’alluvione.
3°- Il centrodestra è in coma elettorale Il terzo conferma lo stato comatoso del centrodestra. Nel dettaglio, la performance elettorale di partiti dell’ex-Pdl è allarmante: Forza Italia è ferma all’8,41 per cento, il Ncd di Alfano ha raggranellato un misero al 3,23. Fratelli d’Italia è addirittura sotto l’uno. Fa eccezione “Reggio Futura”, lista civica ispirata dall’ex-governatore Beppe Scopel-
liti, che con il suo 9,46 per cento risulta la seconda in assoluto dietro il Pd. Certo, Reggio non è l’Italia, ma il suo risultato non può essere banalizzato alla stregua di una sagra paesana. Probabilmente è illusorio sperare che i dirigenti del centrodestra nazionale riescano a trarre immediato giovamento da questa batosta. Però un colpo, almeno uno, devono batterlo.
C’è poco da ridere: il governo Renzi è primo nella hit parade delle figuracce Secolo
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Girolamo Fragalà Tutti ironizzano sulla gaffe della ministra francese della Cultura, Fleur Pellerin («non leggo libri da due anni»), accompagnata da un’altra confessione, quella di non conoscere il lavoro di Patrick Modiano, lo scrittore francese che ha appena vinto il Nobel di Letteratura, ritenuto da alcuni “il Proust dei nostri tempi” e con il quale ha pure pranzato di recente. Ma noi, qui in Italia, abbiamo ben poco da ridere, perché tra ministri e sottosegretari le figuracce non si contano più. 1-Renzi, la grammatica non è il suo forte Quando ha tentato di parlare in inglese è stata la catastrofe, ma con l’italiano non gli è andata meglio. Il presidente del Consiglio, parlando dell’opportunità dell’Expo per il l’Italia e l’importanza degli investimenti dalla Cina, incespicò, non legò il soggetto con il predicato verbale e quindi venne fuori una frase ambigua: «Ma può essere, nella terra che ha dato i natali a Marco Polo e Matteo Ricci la Cina, semplicemente un grande mercato dove andare i nostri prodotti o una minaccia dalla quale difenderci?». Una frase contorta, che ha fatto il giro del web. 2-La Madia, Peppa Pig e gli indirizzi sbagliati
MERCOLEDì 29 OTTOBRE 2014
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«Non me l’aspettavo, stavo guardando Peppa Pig in tv con mio figlio»: fu questa la reazione che Marianna Madia ha avuto alla notizia della sua nomina a ministro. Una reazione che è diventata la barzelletta della rete. Ma già alla prima candidatura nel Pd diede il meglio di sé. «Perché è stata messa in lista?», le chiesero. E lei: «Per portare in dote la mia straordinaria inesperienza». Per non parlare di quando parlò con il ministro sbagliato, Zanonato, che pazientemente ascoltò le sue parole per poi dirle: «Di questo avresti dovuto parlare con il collega del Lavoro, Enrico Giovannini. Le mie competenze non sono specificamente destinate alle politiche dell’occupazione». E lei: «Ma non sei te che ti occupi di lavoro?». A
quel punto Zanonato, prendendola sottobraccio, amorevolmente le indicò il ministero del Lavoro: «È dall’altra parte. Hai sbagliato indirizzo».
3-Il sito istituzionale della Boschi «Ma è una pagina di Meetic o un sito istituzionale?»« Ah se è bella la Boschi. Ma è il caso di trasformare un sito del governo in una pagina glamour di fb?». Maria Elena Boschi, aveva scelto un profilo tutt’altro che basso. Foto a pieno schermo, sguardo languido perso nel vuoto, una posa da diva più che da ministro. Una scelta di rottura rispetto alla tradizione dei suoi predecessori. E rimediò una tale figuraccia da dover tornare velocemente sui suoi passi, a capo chino e con le guance rosse.
4-Quegli oggetti misteriosi chiamati F-35 Che saranno mai gli F-35? Non sono Ufo, questo è certo. Cacciabombardieri italiani? Chissà. Nel Pd i vertici hanno sbagliato spesso risposta. Il primo fu Francesco Boccia. presidente della commissione Bilancio alla Camera. La gaffe in un tweet di risposta alla sua compagna di partito Cristiana Alicata sugli F-35: «In sostanza non si tratta di fare guerre, con gli elicotteri si spengono incendi, trasportano malati, salvano vite umane». Ancora più clamoroso, per il ruolo che ha, il ministro della Difesa Roberta Pinotti: «Gli F-3% servono a difenderci da chi spara i missili». 5-Francesca Barracciu la combina grossa Escono i nomi della squadra di governo. Francesca Barracciu viene scelta ma c’è un piccolo particolare: farà il sottosegretario (ha accettato) ma non sa con quale delega. A una domanda su Twitter («hai la delega al turismo o alla cultura?»), lei risponde così: “Ciao, ieri sono arrivata di corsa e non ho potuto verificare nel dettaglio. Sto andando ora a verificare… poi ti dico…». Meglio la ministra francese che non legge libri da due anni.
Dolce e Gabbana, schiaffo a Pisapia: restituiamo l’Ambrogino d’Oro Antonio Marras Gliel’avevano giurata, al sindaco Pisapia, che con la sua giunta aveva duramente polemizzato con Dolce e Gabbana quando ai due stilisti milanesi era arrivata la notifica di un atto giudiziario per evasione fiscale. Ora che il contenzioso con il fisco s’è risolto a loro favore, Dolce e Gabbana annunciano che restituiranno al Comune di Milano l’Ambrogino d’oro che hanno ricevuto nel 2009.
Una vendetta postuma contro la giunta di centrosinistra «Lo renderemo come da loro richiesta!», ha scritto via twitter Stefano Gabbana, postando il link a un articolo sui nomi proposti dal sindaco Giuliano Pisapia per i riconoscimenti che saranno consegnati il 7 dicembre. Nomi che vanno dall’ex presidente dell’Inter Ernesto Pellegrini, al Centro trapianti di fegato del Policlinico, all’associazione Gea-Genitori, a Paola Bottini, presidente della Fraternità Bahiana, a Chiara Montanari, giovane capo della spedizione italo-
francese in Antartide, fino all’avvocato Remo Danovi e i pasticceri Vergani, specialisti del panetùn de Milan.
Uno strappo mai sanato dopo la “serrata” di protesta Dopo l’assoluzione in Cassazione, dunque, si sta consumando la vendetta dei due simboli della moda milanese. Non è la prima volta che lo stilista annuncia via twitter di essere pronto a restituire il premio. Lo aveva già fatto l’anno scorso a luglio quando infuocava la polemica fra D&G e il Comune dopo le frasi dell’assessore al Commercio Franco D’Alfonso, secondo cui il Comune non avrebbe dato spazi a ”evasori” come D&G. All’epoca i due stilisti – assolti nei giorni scorsi dalla Cassazione – erano stati condannati in primo grado. Nonostante D’Alfonso abbia spiegato che quella era stata una frase detta in un colloquio informale e non rispecchiava la posizione di Palazzo Marino, i due stilisti avevano comunque chiuso tre giorni ”per indignazione” i punti vendita in città.
Trattativa Stato-mafia, Napolitano risponde. Tre ore di deposizione MERCOLEDì 29 OTTOBRE 2014
Redazione Alla fine di questa surreale giornata che per la prima volta ha visto un capo dello Stato trascinato – sia pure come teste – in un processo, quello sulla presunta trattativa Stato-mafia, di cui è dubbia persino la fondatezza giuridica, resteranno probabilmente solo polemiche. In ogni caso, la deposizione di Giorgio Napolitano davanti ai giudici della Corte di Assise di Palermo c’è stata. Il tutto è avvenuto ll’interno di un Quirinale off-limits per stampa e tv. La polemica del legale di Totò Riina Il presidente ha risposto a tutte le domande pur potendosi avvalere delle prerogative del capo dello Stato. Secondo quanto reso noto dal legale dell’ex-ministro Nicola Mancino, imputato in questo processo per falsa testimonianza, la parola “trattativa”
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non sarebbe mai stata usata” e Napolitano avrebbe risposto anche ad alcune domande poste dal legale di Totò Riina, Luca Cianferoni. Proprio quest’ultimo, uscendo dal Quirinale, non ha rinunciato alla polemica. “Napolitano – ha detto il legale – ha consultato delle carte durante la
Nuova bufera su Expo, 13 arresti: legami tra ‘Ndrangheta, Pd e banche Redazione Torna a soffiare la bufera giudiziaria sull’Expo 2015. E stavolta si parla di rapporti fra la criminalità organizzata calabrese ed esponenti del mondo politico, istituzionale, imprenditoriale e bancario lombardo. Tredici, fra esponenti di due cosche della ‘Ndrangheta e politici del Pd, sono stati arrestati fra la Lombardia e la Calabria dai carabinieri del Ros perché accusati di associazione di tipo mafioso, detenzione e porto abusivo di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di denaro di provenienza illecita, abuso d’ufficio, favoreggiamento, minacce e danneggiamento mediante incendio.
Infiltrazioni nel tessuto economico e politico I due clan si erano radicati nel Comasco. E, da lì, avevano, via via, infiltrato il tessuto economico e politico lombardo portando avanti il proprio business milionario attraverso speculazioni immobiliari e in subappalti di grandi opere connesse ad Expo 2015. L’indagine portata avanti dalla Procura distrettuale antimafia di Milano, nei con-
fronti di altrettanti indagati per associazione di tipo mafioso e diretta dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini, ha portato i militari dell’Arma nelle province di Milano, Como, Monza-Brianza, Vibo Valentia e Reggio Calabria ed ha consentito di accertare che gli indagati avevano rapporti, fra l’altro, con un agente di polizia penitenziaria, un funzionario dell’Agenzia delle Entrate, un imprenditore immobiliare, attivo anche nel mondo bancario e con alcuni politici, consiglieri comunali di Comuni nel Milanese, un mondo di relazioni variegato dal quale i due sodalizi criminali ottenevano vantaggi, notizie riservate e finanziamenti. In manette consigliere del Pd: ha favorito la mafia Due dei provvedimenti restrittivi sono stati eseguiti in Calabria: a San Costantino, nel vibonese, è stato arrestato Antonio Denami, 34 anni, ritenuto in contatto con la famiglia Galati, originaria del vibonese ma da tempo stanziata a Como. L’uomo è accusato di associazione per delinquere semplice, porto abusivo di armi, minacce e danneggia-
deposizione: lui ha avuto modo di avere quelle carte che il 15 ottobre sono arrivate dai pm di Firenze e che a noi parti private hanno richiesto una certa attività. Questo un teste normale non può farlo”. “Con D’Ambrosio eravamo
menti. Il secondo provvedimento è stato notificato ad un altro vibonese, attualmente detenuto nel carcere di Reggio Calabria per esigenze processuali e già arrestato nell’ambito dell’operazione Infinito coordinata dalla Dda di Milano. Tra gli arrestati anche un ex-consigliere del Comune di Rho, in provincia di Milano, Luigi Calogero Addisi, già esponente del Pd, e prima nell’Udeur e in Forza Italia, accusato di riciclaggio e abuso d’ufficio con l’aggravante di aver favorito l’associazione mafiosa: avrebbe riciclato denaro della cosca Galati per l’acquisto di un terreno nella zona di Lucernate di Rho per poi votare a favore in Consiglio comunale per il cambio di destinazione d’uso che ne avrebbe aumentato il valore. Addisi, eletto con il Pd alle amministrative nel 2011, si era dimesso nell’aprile del 2014 quando il suo nome era finito fra gli atti dell’operazione Metastasi condotta sempre dalla Dda di Milano e dalla guardia di Finanza con accuse gravissime che avevano travolto un altro esponente del Pd, il consigliere comunale di Lecco, Ernesto Palermo, arrestato dalle Fiamme Gialle assieme ad altre 9 persone. In quel caso il Gip aveva sottolineato come Luigi Calogero Addisi poteva contare su un vasto bacino elettorale proprio grazie agli strettissimi rapporti con le famiglie calabresi. I legami tra Adisi e le cosche della ‘ndrina L’esponente del Pd, infatti, è sposato con
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una squadra” Quanto al contenuto di un’informativa riservata del Sismi del ’93, anno in cui l’attuale capo dello Stato era presidente della Camera e, come tale, possibile bersaglio di attentati insieme a Giovanni Spadolini, presidente del Senato, Napolitano ha riferito di non essere stato mai “turbato” da quelle notizie perché – ha spiegato – “faceva parte del suo ruolo istituzionale”. Non sono ovviamente mancati riferimento a Loris D’Ambrosio, consigliere del Quirinale per le questioni giuridiche, e autore della lettera scritta a Napolitano un mese prima di morire per un attacco cardiaco. Missiva che lo stesso Napolitano inoltrò ai giudici palermitani non senza aver prima specificato che sul suo contenuto nulla aveva da aggiungere poiché nulla sapeva. “Con Loris D’Ambrosio – ha detto il presidente della Repubblica – eravamo una squadra di lavoro”. Annunziata Corsaro la cui madre, Antonia Mancuso, è sorella dei fratelli Mancuso, Pantaleone Mancuso – condannato a 14 anni per estorsione aggravata -, Antonio Mancuso e Cosmo Mancuso, tutti con precedenti per associazione di tipo mafioso e al vertice della omonima ‘ndrina operante nella provincia di Vibo Valentia. L’attenzione degli investigatori del Ros si era concentrata su Addisi quando, in un controllo nell’abitazione di Pantaleone Mancuso, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Limbadi in provincia di Vibo Valentia, erano stati trovati proprio Addisi e due fratelli della moglie di Addisi, nipoti, appunto, di Pantaleone Mancuso, ai vertici della cosca ‘ndranghetista.E fra gli arresti di oggi, infatti, rispunta la potente famiglia Mancuso: tra le persone destinatarie dell’ordinanza di custodia cautelare ci sono quattro “appartenenti” alla famiglia Galati radicata in provincia di Como e che sarebbe espressione, in Lombardia, proprio della cosca dei Mancuso, operante nella provincia di Vibo Valentia. Tra i presunti ‘ndranghetisti destinatari dell’ordinanza firmata dal gip di Milano Alfonsa Ferraro, su richiesta del procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini e dei pm Paolo Storari e Francesca Celle, figura, infatti, il presunto boss Antonio Galati, ritenuto il capo dell’organizzazione, padre di Giuseppe Galati e zio di Giuseppe Galati, anche loro destinatari delle misure cautelari come Fortunato Galati.
Grillo, dopo la gaffe sulla mafia arriva il sondaggio sui matrimoni gay Secolo
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Redazione Non si sono ancora spenti gli echi della gaffe di Beppe Grillo sulla mafia, (“andrebbe quotata in Borsa” e altre amenità del genere), che arriva un’altra provocazione del leader del M5S: un sondaggio on line sui matrimoni gay. Come se una materia così complessa potesse essere risolta con qualche migliaia di clic e di “mi piace” sul blog milionario di Grillo e Casaleggio. L’appello alla consultazione pubblica “Oggi martedì 28 ottobre 2014 dalle ore 10.00 alle ore 19.00 si svolgerà la consultazione online su unioni civili e disciplina delle convivenze – si legge sul blog – Potranno votare tutti gli iscritti al portale del Movimento abilitati al voto (con iscrizione anteriore al 1 luglio 2014). Sei favorevole all’introduzione nel nostro ordinamento giuridico delle unioni civili fra persone dello stesso sesso?”. I risultati saranno resi noti nelle prossime ore. Sempre che coincidano con
tinelli, blogger al quale lo scorso anno non fu rinnovato un contratto per gestire la comunicazione del gruppo parlamentare M5S alla Camera al termine del periodo di prova di tre mesi.
quello che hanno già deciso il guri e i suoi collaboratori.
Arriva un E-book contro il premier Tra un sondaggio e l’altro, Grillo lancia un nuovo banner sul sito per “promuovere” un E-book contro il premier Matteo Renzi. Il titolo è “Strenziate – Nel Paese dei balocchi”. Il libro è scritto da Daniele Mar-
L’attacco di “Avvenire” sull’endorsement alla mafia «Quelle parole in libertà e l’eloquente coincidenza di un flop»: così Avvenire commenta oggi le “incredibili e offensive parole di Beppe Grillo sulla mafia”. Ma il giornale dei Vescovi fa notare che sono “parole che cadono nel vuoto. Nel vuoto di consenso segnalato dall’impressionante ‘flop’ del M5s di Grillo a Reggio Calabria, proprio nel Sud piagato dalle mafie. Una coincidenza eloquente”. La mafia “buona” che “non uccideva bambini e non metteva bombe” – sottolinea in conclusione Avvenire – “non è mai esistita”.
Morricone contro Marino: «Sul Teatro dell’Opera un atto irresponsabile» Redazione Anche Ennio Morricone si schiera contro la scelta del sindaco Ignazio Marino di licenziare in blocco gli orchestrali del Teatro dell’Opera di Roma. «Desidero esprimere pubblicamente la mia più ferma indignazione – scrive il compositore premio Oscar alla carriera nel 2007 – per quello che sta avvenendo in queste ore all’Opera di Roma». Morricone in una lettera di solidarietà e sostegno firmata con Luigi Lanzillotta, direttore dell’Orchestra Roma Sinfonietta definisce «il licenziamento di una realtà artistica e musicale con un secolo di vita, un atto gravissimo, irreparabile, una ferita portata non solo alla Musica e alla cultura tutta, anche ai valori fondanti del nostro vivere civile».
Un triste capitolo per la cultura italiana «Brucia ancora la sciagurata chiusura delle Orchestre e cori Rai di Roma, Milano e Napoli: fermiamoci e non annunciamo con le chiusura anche dell’Opera di Roma un altro triste capitolo per la Cultura e convivenza civile in Italia» aggiunge Morricone, secondo cui la decisione è ancora più grave perché, nel momento di una grave crisi economica come quella che stiamo vivendo, valori come questi «dovrebbero essere salvaguardati a tutela di un patrimonio che tutto il mondo ci invidia». Un altro punto che Morricone vuole evidenziare è l’impatto che esternalizzazione e precarizzazione avranno sulla qualità artistica, che «nasce dall’affiatamento e dalla consuetudine del lavoro assieme che i musicisti portano avanti con serietà, dignità e tranquillità delle loro condizioni professionali». Il musicista di colonne sonore che hanno fatto la storia del cinema aggiunge poi come non sia giusto che le responsabilità vengano addossate esclusivamente ai lavoratori della musica: «Di certo la gestione del Teatro – spiega nella lettera – può essere razionalizzata, modernizzata e
quindi migliorata, ma non possono portarne il peso unilateralmente coloro che, dopo aver vinto severi concorsi internazionali, con l’impegno costante in Orchestra e nel Coro, e attraverso il faticoso e continuo studio a casa dello strumento e della vocalità hanno fatto grandi questo Coro e questa Orchestra». La scelta del sindaco danneggia l’immagine dell’Italia Infine Morricone punta sull’immagine dell’Italia che i 182 del Costanzi portano nel mondo: «Il Coro e l’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma sono una compagine di prim’ordine, un grande Coro e una grande Orchestra italiane. E non lo affermo solo per averli diretti recentemente, o per il rapporto professionale che mi lega a tanti loro componenti, ma soprattutto perché è stato più volte dichiarato dalla stampa nazionale e internazionale, ad esempio nelle recenti tournée in Giappone e al prestigioso festival di Salisburgo dove, diretti da un Maestro del calibro di Riccardo Muti, hanno riportato caldi e unanimi consensi. C’erano loro, lì a suonare e a cantare, quelli stessi che ora si tenta di dimettere e di ridurre al silenzio».
MERCOLEDì 29 OTTOBRE 2014
Predappio, in marcia per celebrare il Duce (e ci sono anche i giovani)
Francesco Severini Incrocio di date inconciliabili per la città di Predappio, dove è nato Benito Mussolini e dove si trova la tomba di famiglia. Oggi, 28 ottobre, il paese celebrava con il sindaco e gli studenti il settentesimo anniversario della liberazione ma centinaia di persone si sono anche recate a rendere omaggio alla tomba del Duce per il 92esimo anniversario della marcia su Roma. Due giorni fa 2500 persone hanno partecipato a un corteo in ricordo dell’esordio del fascismo in Italia. Rituali nostalgici Rituali che nel passato erano animati da anziani reduci mentre pare che oggi il “pellegrinaggio” a Predappio attiri anche le giovani generazioni. Ai tempi del Msi cortei simili non erano pensabili, al massimo le sezioni di partito invitavano gli iscritti alla classica cena del 28 ottobre, con cantata finale di Faccetta nera. Abitudine seppellita dai fasti governativi del 1994. Oggi pare si sia tornati indietro di due decenni. In mezzo a quelli che “marciano” su Predappio sicuramente c’è anche qualche testa calda, qualche fanatico, ma per tutti è possibile generalizzare? La destra italiana (nei suoi tanti addentellati) dovrebbe forse interrogarsi su questo sguardo rivolto all’indietro che cattura le nuove leve, e “spiegarlo” con l’assenza di punti di riferimento attuali e con il vuoto di proposta politica.
La responsabilità degli antifascisti doc Allo stesso tempo anche chi si oppone strenuamente alla storicizzazione del fascismo (parliamo degli antifascisti in servizio permanente) ha le sue grandi responsabilità: senza conoscenza e approfondimento storico del fascismo non rimane che il folklore, affiancato magari dal business dei calendari. Una “deriva” che ha contagiato la stessa sinistra che governa Predappio, visto che il Comune (guidato da un sindaco Pd) sponsorizza il progetto di un museo dedicato a Benito Mussolini che farebbe la gioia di turisti e neofascisti portando nelle casse municipali risorse fresche sdoganate dal vecchio detto “pecunia non olet…“
Il Sud si desertifica come ai tempi della Grande Guerra: più morti che figli MERCOLEDì 29 OTTOBRE 2014
Redazione Nel profondo Sud si muore più di quanto si nasca. Come durante la Grande Guerra. L’allarme arriva dallo Svimez, che denuncia un fenomeno di arretramento demografico ormai giunto a livelli insostenibili. Nel 2013 al Sud i decessi hanno superato le nascite. Un fenomeno così grave si era verificato solo nel 1867 e nel 1918 cioè alla fine di due guerre, la terza guerra d’Indipendenza e la prima Guerra Mondiale. I nati al Sud hanno toccato il minimo storico, ovvero 177mila, il numero più basso dal 1861. Basterà la promessa di qualche euro alle famiglie per il terzo bebè, fatta da Renzi qualche giorno fa, a rilanciare le nascite al sud? La situazione può solo peggiorare Secondo il rapporto Svimez, il Sud sarà interessato nei prossimi anni “da uno stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili”. Secondo le stime dell’Istituto nei prossimi 50 anni il Mezzogiorno è destinato a perdere 4,2 milioni di abitanti. Anche perché la situazione economica è destinata a peggiorare: lo Svimez stima
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Forza Italia pronta a scendere in piazza contro le tasse sulla casa
per il 2014 un Pil nazionale in calo dello 0,4%. Una previsione più pessimista di quanto stabilito dal Def (-0,3%). Il dato – spiegano dallo Svimez che oggi presenta il Rapporto sull’economia del Mezzogiorno 2014 – è il risultato di un Centro-Nord con crescita stabile (0%) e un Sud a -1,5%. Se queste stime saranno confermate, il 2014 sarebbe il settimo anno di recessione del Sud, recessione che – secondo Svimez – dovrebbe confermarsi anche nel 2015 con un Pil meridionale in calo dello 0,7%. La desertificazione industriale e la fiscalità di vantaggio Fiscalità di compensazione, rilancio degli investimenti, una politica industriale nazionale specifica per il Sud. Sono alcune delle proposte di policy che la
Londra boccia Triton: «È come Mare nostrum, attrae i migranti» Redazione La Gran Bretagna non sosterrà Triton né altre operazioni di soccorso per i migranti che navigando nel Mediterraneo tentano di arrivare in Europa. È quanto ha annunciato il Foreign Office in una risposta scritta alla Camera dei Lord. «Pensiamo che queste operazioni di soccorso creino un fattore di attrazione involontaria, spingendo più migranti a tentare la pericolosa attraversata via mare e causando quindi più morti tragiche e inutili», ha affermato il sottosegretario agli Esteri, la baronessa Joyce Anelay. L’annun-
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cio giunge a pochi giorni dall’inizio di Triton, la missione coordinata dall’agenzia europea Frontex, mentre dovrebbe volgere al termine l’operazione italiana Mare Nostrum, che ha recuperato oltre 150.000 migranti in un anno.
Da Londra la prima defezione importante dall’agenzia Frontex Frontex, l’agenzia per la tutela delle frontiere di Unione europea, che ha sede a Varsavia, schiererà ogni mese due navi d’altura, due navi di pattuglia costiera, due
Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno) avanza nel Rapporto 2014 sull’economia del Mezzogiorno. Di fronte all’emergenza sociale con il crollo occupazionale (a 5,8 milioni, il livello più basso dal 1977) e a quella produttiva, con il rischio di desertificazione industriale, serve – afferma la Svimez – una strategia di sviluppo nazionale centrata sul Mezzogiorno con una “logica di sistema” e un’azione strutturale di medio-lungo periodo fondata su quattro direttive di sviluppo tra loro strettamente connessi in un piano di “primo intervento”: “rigenerazione urbana, rilancio delle aree interne, creazione di una rete logistica in un’ottica mediterranea, valorizzazione del patrimonio culturale. motovedette, due aerei ed un elicottero. L’Italia contribuisce a questa flotta con quasi la metà dei mezzi: un aereo, un pattugliatore d’altura e due pattugliatori costieri. Il Centro di coordinamento della missione sarà a Pratica di Mare (Roma). «Mare Nostrum – ha detto nei giorni scorsi il ministro dell’Interno, Angelino Alfano – andrà a conclusione; ci sarà una decisione formale in uno dei prossimi consigli dei ministri, ma sono imprecisi gli accostamenti con Triton. Sbaglia di grosso chi parla soltanto di un cambio di nome». La prima è stata infatti portata avanti e finanziata dall’Italia per fronteggiare un’emergenza, l’altra nasce invece da una decisione dell’Ue, con una governance completamente affidata a Frontex. Ma la defezione annunciata di Londra è il primo durissimo colpo all’operazione. Con il rischio che finisca anche stavolta interamente sulle spalle degli italiani.
Redazione «Un vero e proprio “casa-day” da tenere nei prossimi giorni per dire stop alla tassa sulla prima casa. Dobbiamo fare della tutela di questo bene essenziale per l’ottanta per cento delle famiglie italiane la priorità di Forza Italia nel dibattito sulla legge di stabilità». A lanciare la proposta Maurizio Gasparri, che ha ricordato l’aumento esponenziale della tassazione. «Con Silvio Berlusconi al governo – osserva il vicepresidente del Senato – l’imposizione fiscale sulla casa era pari a un terzo di quella attuale. Forza Italia dovrebbe a mio avviso promuovere una giornata di impegno politico su tutto il territorio nazionale a sostegno delle nostre proposte per ridurre significativamente le imposte sugli immobili».
La prima casa non si tocca Come spiega il collega di partito Renato Brunetta, la soluzione migliore è tornare «al sistema di tassazione degli immobili come era con Berlusconi. Caratteristiche: è esclusa la prima casa; sostituisce la componente immobiliare di Irpef; non prevede aumenti di aliquota legati ai cosiddetti servizi indivisibili, per i quali già si pagano le già salate addizionali regionali e comunali. Nei fatti, tornare alla proposta di Imu federale del governo Berlusconi». Dopo il governo Berlusconi tasse aumentate di 20 miliardi Le cifre fornite dal capogruppo di Forza Italia alla Camera parlano chiaro: « Nel 2011 (governo Berlusconi, quindi prima casa esente) il gettito derivante dalla tassazione sugli immobili in Italia ammontava a 11 miliardi di euro, diventati 24 miliardi con l’Imu di Monti nel 2012 e in continuo aumento fino a 30 miliardi con l’Imu e la Tasi di Letta e di Renzi nel 2013 e nel 2014: un aumento di circa 20 miliardi, tutti gravanti sulle tasche degli italiani, che noi dal 2015 vogliamo restituire. Torniamo a un gettito totale di 11 miliardi, e le risorse necessarie per finanziare questa misura, pari a circa 20 miliardi di euro, le troviamo utilizzando il meglio della Spending review del commissario Cottarelli».
Mps, Renzi vuole salvare la banca “rossa” con i soldi pubblici 6
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salvare l’istituto senese uscito a pezzi dall’inchiesta sulla scalata di Antonveneta solo tre anni fa. E a quanto pare il governo sarebbe pronto a dilazionare il rimborso di quel “prestito”per evitare che i soci di Mps debbano rimettere mano all’ennesimo aumento di capitale. Tutto qui. Ma non sono aiutini, no…
Luca Maurelli Sia chiaro, niente aiuti di Stato, aveva annunciato al Sole24Ore Fabrizio Viola solo un giorno fa. Ma la notte porta consiglio, Consiglio dei ministri, è il caso di dire, nella figura del presidente Renzi e del titolare dell’Economia Pier Carlo Padoan. Stranamente silente in questi giorni di terremoto nella banca senese, il premier è già stato allertato e al Mef avrebbero già dato il proprio assenso per dare ossigeno alle casse asfittiche dell’istituto tanto caro alla sinistra italiana. Una banca in ginocchio, dopo la boc-
ciatura europea per gli “stress test”, ma che continua a godere di ottime referenze politiche.
Un aiutino che arriva da lontano, dai tempi di Monti… L’amministratore delegato di Monte dei Paschi di Siena in quell’intervista di ieri al Sole aveva dimenticato di approfondire un punto: la banca senese ha in pancia ancora un miliardo di Monti-bond, quelli che l’ex premier aveva fatto sottoscrivere al Tesoro (tra mille polemiche, sollevate in primis da Guido Crosetto, di Fratelli d’Italia) per
Il “prestito” di Stato dai contorni opachi Ma cosa sono i Monti-bond? Uno strumento “opaco”, lo definiva un anno fa il più autorevole sito di economisti italiani, la voce.info, ma che consentì al Mps di uscire da un tunnel giudiziario e contabile nel quale si era infilato dopo una gestione a dir poco spensierata. La banca senese, da decenni controllata dal Comune di Siena, tradizionalmente di centrosinistra, e dalla nomenklatura del Pd che ne indicava manager e obiettivi, dopo essere stata travolta dagli stress test e esser stata protagonista ieri di un clamoroso scivolone in Borsa, oggi tratta dunque con il
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Mef la dilazione del rimborso dell’ultima tranche dei Montibond (un miliardo di euro, su complessivi quattro) sottoscritti dal ministero, con due ipotesi: la proroga del rimborso o la conversione del credito di Stato in azioni. Ma non è “mano” pubblica questa?
Il titolo risale improvvisamente a Piazza Affari La situazione è critica, non c’è dubbio. Ma qualcosa si muove. “Il nodo del Mps non à da poco – scrive oggi il Sole – se sciolto a proprio favore la banca si troverà con un deficit patrimoniale ridotto a 35 miliardi..”. Altrimenti, “sullo sfondo c’è l’ipotesi di un nuovo aumento di capitale, anche se si farà di tutto per evitarlo, visto che sarebbe il quarto dal 2008”. Intanto questa mattina, per puro caso, il titolo del Monte Paschi, che ieri era stato sospeso dopo un ribasso del 20%, ha fatto segnare una avvio sprint con un netto rialzo. Forse i broker hanno letto i giornali.
«Gli ex nazisti contro l’Urss»: anche così gli Usa fecero la Guerra fredda Franco Bianchini Reclutati come spie in America nonostante fossero dei criminali di guerra. Secondo il New York Times, nei decenni successivi alla Seconda guerra mondiale, la Cia e altre agenzie degli Stati Uniti, hanno impiegato almeno un migliaio di nazisti come informatori durante la Guerra Fredda, nascondendo i legami del governo con alcuni di loro che vivevano negli Usa. Le prime prove vennero fuori negli anni Settanta Citando testimoni e documenti desecretati, il Nyt rivela che nel 1950, il capo dell’Fbi J. Edgar Hoover e Allen Dulles, responsabile della Cia, reclutarono nazisti di ogni rango come asset anti-sovietici. Erano convinti, rivelano i documenti, che i nazisti “moderati” potevano «essere utili» all’America. Lo stesso Hoover diede l’ok all’utilizzo sostenendo che le accuse nei loro confronti di aver commesso le peggiori atro-
sterminio degli ebrei nella Germania nazista. Eppure, dopo la guerra, la Cia non solo lo assunse come spia in Europa, ma sistemò lui e la sua famiglia a New York nel 1954. Una mossa considerata «una ricompensa per il suo leale servizio».
cità durante la Seconda guerra mondiale erano «una propaganda russa». Le prove dell’uso di nazisti come spie iniziò a emergere negli anni Settanta. Ma migliaia di documenti dai file desecretati, insieme con interviste a decine di funzionari governativi attuali ed ex, dimostrano che il loro reclutamento andava molto più a fondo di quanto rivelato e che la vicenda era stato nascosto per almeno mezzo secolo dopo la guerra. Le missioni ad alto rischio
Non solo. Molti nazisti venivano usati per missioni considerate «ad alto rischio». Nel 1980, scrive il Nyt, l’Fbi rifiutò di dire ai propri cacciatori di nazisti del ministero di Giustizia ciò che sapevano su 16 “collaboratori” che vivevano negli Usa «perché – si legge nei documenti – quelle spie avevano fornito informazioni su simpatizzanti comunisti e dovevano essere protetti». Una di quelle spie era un ex ufficiale delle SS, Otto von Bolschwing, stretto collaboratore di Adolf Eichmann, uno dei maggiori responsabili operativi dello
Dopo la cattura di Eichmann in Argentina Quando gli israeliani catturarono Eichmann in Argentina, nel 1960, Bolschwing andò alla Cia per farsi aiutare in quanto temeva di essere il prossimo. Gli stessi agenti si allarmarono «perché la cattura di un prezioso collaboratore di Eichmann, che lavorava come spia per gli Usa, sarebbe stato motivo di imbarazzo», si legge nei documenti. La Cia però gli garantì che sarebbe stato protetto. Visse quindi libero per altri 20 anni prima di essere processato per crimini di guerra. Bolschwing rinunciò alla cittadinanza nel 1981 e moriì pochi mesi dopo.
Cade l’accusa di concorso esterno. Per Schifani inchiesta archiviata Secolo
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Redazione Il gip di Palermo ha archiviato l’inchiesta contro Renato Schifani, accusato di concorso in associazione mafiosa. Negli ultimi quindici anni, l’ex-presidente del Senato è stato oggetto di due richieste di archiviazione e di un ordine di supplemento di indagini, emesso dall’ex-gip Piergiorgio Morosini, ora al Csm. Ma gli approfondimenti non hanno cambiato la sostanza dei fatti. Al giudice, Vittorio Anania, non è quindi restato altro se non accogliere la richiesta di archiviazione dei pm Paolo Guido e Nino Di Matteo. Alfano: ha vinto la verità “Le accuse contro di me non reggevano”, ha commentato Schifani, che poi ha aggiunto:”Ho pagato un grande prezzo in silenzio, ricompensato tuttavia dal trionfo della verità emerso attraverso il lavoro della magistratura nei cui confronti continuo a riporre massima fiducia”. Improntate a grande soddisfazione le dichiarazioni
sopravvento sulle accuse evidenziando la correttezza del suo comportamento e la serenità e con cui ha atteso la chiusura dell’inchiesta. Noi siamo sempre stati con lui, nell’assoluta certezza della sua linearità morale, professionale e politica”.
degli esponenti del Ncd, formazione alla quale il politico siciliano ha aderito dopo aver lasciato Forza Italia. Per Angelino Alfano, “la grande fiducia che il presidente Schifani ha riposto nella giustizia e’ stata ripagata. La realtà – ha proseguito il leader del Nuovo Centrodestra – ha avuto il
Scuola, schiaffeggia lo studente che lo insultava. Prof denunciato a Cagliari Redazione Ragazzini sempre più violenti e aggressivi, anche nelle aule scolastiche. Si allunga la lista dei casi di scontro tra studenti e professori. Un docente ha rifiutato di dare una sigaretta a uno studente di tredici anni delle scuole medie. Il ragazzino lo ha insultato e per reazione il docente gli ha mollato un schiaffo. La vicenda è accaduta poco prima del suono della campanella in una scuola media della provincia di Cagliari.
La denuncia Un altro alunno delle medie che stava nelle vicinanze ha immediatamente chiamato il 112: «C’è un professore che sta malmenando uno studente davanti alla
scuola», ha detto al telefono. Immediato l’intervento dei carabinieri che hanno inviato sul posto una pattuglia. Sono scattati subito gli interrogatori. Conclusione della vicenda? Il professore è stato denunciato per abuso dei mezzi di correzione o di disciplina e il ragazzino è passato per vittima. L’alunno che ha ricevuto lo schiaffo è entrato comunque a scuola, seguendo normalmente le lezioni. I militari hanno avviato le indagini per verificare dettagliatamente l’episodio e per capire come si sia svolta l’intera vicenda. La lista dei casi di minori aggressivi è lunga Quello accaduto a Cagliari non
Fondatore Franz Turchi
d’Italia
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Consiglio di Amministrazione Tommaso Foti (Presidente) Ugo Lisi (Vicepresidente) Antonio Giordano (Amministratore delegato) Italo Bocchino Antonio Tisci
“Chi paga per l’azione infondata e temeraria?” L’archiviazione è stata salutata con “particolare soddisfazione” anche dal vicepresidente del Senato, il forzista Maurizio Gasparri, non senza aver però prima evidenziato “l’incredibile ritardo” con cui si è conclusa l’inchiesta nei confronti di Schifani”. Gli fa eco Maurizio Sacconi, capogruppo al Senato del Ncd: “Resta sempre la domanda: chi restituisce a chi, come Renato Schifani, ha ricoperto la seconda carica dello Stato con dignità e competenza il tempo consumato nella immaginabile sofferenza per l’ingiustizia subita? Chi paga per l’azione temeraria e infondata?” Già, chi?
è l’unico caso. La lista dei casi di aggressività di minori è lunga. Qualche giorno fa un docente universitario è stato aggredito e pestato a sangue da un gruppo di ragazzini quindicenni, a due passi da casa, davanti agli occhi impietriti dei propri bambini. Poi c’è stato il caso del tredicenne che ha aggredito il professore di
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musica in classe perché aveva preso un brutto voto. E altri caso si affacceranno nelle cronache quotidiane. Nel caso della media di Cagliari, tuttavia, resta da stabilire chi fosse veramente la vittima: il docente insultato o l’allievo redarguito, magari in modo manesco ma sicuramente con giusta ragione?
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